Robert A. Heinlein La Luna è una severa maestra

PARTE PRIMA Storia della Luna dall’età coloniale alla rivoluzione

1

La Lunaya Pravda di oggi riferisce che il Consiglio comunale di Luna City ha approvato in prima lettura la legge che impone esame preventivo, licenza e ispezioni periodiche (e tasse) ai commercianti entro la cerchia pressurizzata municipale. Riferisce inoltre che stasera si terrà un grande raduno dei Figli della Rivoluzione.

Il mio vecchio mi ha dato due insegnamenti: occupati degli affari tuoi, e non fidarti mai. La politica non mi ha mai tentato. Quel giorno, lunedì 13 maggio 2075, mi trovavo nella sala dei calcolatori dell’Ente Lunare e stavo visitando il capo calcolatore Mike, mentre gli altri cervelli elettronici sussurravano tra loro.

Mike non è il nome ufficiale, è il nomignolo che gli ho affibbiato io, prendendolo in prestito dal personaggio Mycroft Holmes, protagonista di un romanzo scritto dal dottor Watson prima che venisse fondata l’IBM. Questo personaggio del romanzo non fa altro che stare seduto e pensare… esattamente come fa Mike. Mike è un bel tipo d’intellettuale. Il calcolatore elettronico più acuto che abbia mai incontrato.

Non il più rapido: i Laboratori Bell di Buenos Aires, giù sulla Terra, hanno un cervello che è dieci volte più piccolo di Mike ma che quasi risponde prima che gli si rivolga una domanda. Ma è davvero importante ottenere la risposta nel giro di microsecondi, invece che di millisecondi, una volta che la risposta sia esatta?

Non voglio dire, con questo, che le risposte di Mike fossero necessariamente esatte: non era un calcolatore onesto al cento per cento.

Quando Mike fu installato a Luna City era un pensatore cristallino, con logica flessibile (Calcolatore Mark IV, modello L; altamente opzionale, logico, plurivalutativo), un Holmes Quattro. Calcolava le traiettorie balistiche delle navi da carico senza pilota e faceva funzionare la catapulta. Questo compito lo teneva impegnato, sì e no, per l’uno per cento del suo tempo, e l’Ente non credeva nell’ozio. Ampliarono i suoi compiti all’infinito: gli applicarono circuiti elettronici di decisione-azione, per metterlo in grado di dirigere gli altri calcolatori, serie su serie di memorie addizionali, altre serie di reti neuroassociative, una fila interminabile di numeri di dodici cifre, una memoria immediata enormemente più vasta. Il numero di neuroni in un cervello umano è di dieci alla decima potenza. Dopo tre anni, Mike aveva un numero quasi doppio di neuristors.

Fu allora che si svegliò.

Non voglio stare a discutere se una macchina può davvero essere viva, davvero essere auto-cosciente. Un virus è auto-cosciente? Nyet, cioè, no! E un’ostrica? Ne dubito. Un gatto? Quasi certamente. Un essere umano? Non so se tu lo sei, tovarisch, ma io lo sono. In qualche punto del passaggio evolutivo da micromolecola a cervello umano, l’autocoscienza fece la sua comparsa. Gli psicologi affermano che questo accade automaticamente ogni volta che un cervello acquista un certo numero, molto elevato, di circonvoluzioni associative. Non vedo quale differenza ci sia se queste sono fatte di sostanze proteiche o di platino.

(E l’anima? Il cane ha un’anima? E uno scarafaggio?)

Bisogna tenere presente che Mike fu costruito, prima che le sue capacità venissero accresciute, per rispondere a domande su una base di dati insufficienti; per ipotesi, insomma, come fate voi. Questo è il significato dei termini altamente opzionale e plurivalutativo che i fabbricanti gli hanno attribuito. Così Mike ebbe, fin dall’inizio, un certo libero arbitrio e ne acquistò in maggiore misura con le ulteriori modifiche e imparando da sé. E non chiedetemi di definire il libero arbitrio. Se vi è di conforto il pensiero che Mike si limita a buttare in aria numeri a casaccio e apre e chiude circuiti elettronici fino a trovare il numero che meglio si adatta, fate pure.

Ormai Mike disponeva di circuiti visivi, d’ascolto e vocali oltre alle scatole con relativi circuiti di decisione-azione, lettura e stampa, ed era in grado di capire non solo le schede di programmazione classica, ma anche il linguaggio in codice Loglan e l’inglese. Riceveva anche in altre lingue e faceva traduzioni tecniche… oltre a leggere ininterrottamente. Quando gli si davano istruzioni, però, era meglio servirsi del Loglan. Rivolgendosi a Mike in inglese, si rischiava di ottenere risposte equivoche: il significato plurimo delle parole in lingua inglese concedeva troppo gioco ai suoi circuiti di scelta.

E Mike continuava ad assumere nuovi compiti. Nel maggio 2075, oltre a controllare il traffico delle navi robot e la catapulta e a fornire indicazioni di rotta o di pilotaggio automatico alle navi con equipaggio a bordo, Mike sovrintendeva all’intera rete telefonica lunare e alle comunicazioni radio-televisive con la Terra, regolava l’aria, l’acqua, la temperatura, l’umidità e tutto il sistema di fogne di Luna City, Novy Leningrad e numerose altre grotte sotterranee minori. Era invece esclusa dalla sua giurisdizione Hong Kong Luna. Inoltre teneva l’amministrazione dell’Ente Lunare e pagava i dipendenti e, su circuiti a disposizione di tutti, faceva lo stesso dietro compenso per numerose imprese private e banche.

Alcuni cervelli elettronici, in quanto logici, sono soggetti a esaurimenti nervosi. Per esempio, un centralino telefonico sovraccarico si comporta come un bambino spaventato. Mike non aveva disturbi nervosi; invece aveva acquistato una vena di umorismo, ma di bassa lega: se fosse stato un uomo, sarebbe stato un tipo da evitare. Il suo ideale di scherzo era a livello di caserma: ribaltare un letto, o riempire di polvere che dàprurito la tuta a pressione del compagno di camerata.

Dato che, per fortuna, non aveva i mezzi per realizzare queste imprese, Mike si divertiva a dare risposte false applicando una logica paradossale, oppure a combinare scherzi come quello di compilare busta paga e assegno di un usciere dell’ufficio di Luna City dell’Ente per l’ammontare di 10.000.000.000.000.185,15 dollari… un numero di cui solo le ultime cinque cifre corrispondevano all’ammontare dovuto. Mike era un simpatico bamboccione da prendere a sculacciate.


Combinò quest’ultimo scherzo nella prima settimana di maggio e toccò a me riparare il guasto. Lavoravo in base a un contratto privato, non come dipendente dell’Ente. Voi capite… o forse no; i tempi sono mutati. Nei giorni del cattivo tempo andato, molti tecnici, artigiani e professionisti lavoravano in proprio; ma poi continuarono a fare lo stesso lavoro alle dipendenze dell’Ente, felici di riscuotere la paga alla fine del mese. Io, invece, sono nato libero.

La differenza si vede. Uno dei miei nonni fu spedito quassù da Johannesburg accusato di violenza a mano armata e vagabondaggio, l’altro fu esiliato per attività sovversive alla fine della Guerra Atomica. Mia nonna materna giurava di essere venuta sulla Luna in viaggio di nozze, ma io sono andato a vedere i documenti anagrafici: era stata arruolata (obbligatoriamente) nei Corpi di Pace. Il che vuol dire proprio quello che state pensando: delinquenza minorile, di tipo femminile. Dato che si unì in uno dei primi matrimoni di clan (la Banda Stone) e divise sei mariti con un’altra donna, l’identità del nonno materno è alquanto dubbia. Questo però succedeva anche prima e io, per lo meno, sono stato molto felice del nonno che mi fu scelto. L’altra nonna era tartara, nata presso Samarcanda, condannata a un periodo di rieducazione sul satellite Oktayabrskava Revolyutsiya, poi volontaria per la colonizzazione della Luna.

Mio padre giurava che molti nostri antenati avevano precedenti altrettanto nobili: per esempio, un’ava impiccata a Salem per stregoneria, un bis-bis-bis-bisnonno pirata, un’altra bisnonna imbarcata con i primi deportati di Botany Bay.

Orgoglioso come sono dei miei avi, pur lavorando per il Governatore, non mi piegherei mai a mettermi alle sue dipendenze dirette. Forse la differenza potrà sembrare inesistente, dato che sono diventato il servo di Mike dal giorno in cui l’hanno tolto dall’imballaggio. Ma per me conta molto. Il giorno che mi salta in mente, posso fare le valigie e mandarli tutti all’inferno.

Oltretutto è più vantaggioso lavorare in base a un contratto privato che prendere lo stipendio di dipendente pubblico, passato dall’Ente. I tecnici che capiscono qualche cosa di calcolatori elettronici scarseggiano. Quanti Lunari sono in grado di andare sulla Terra e restare fuori dall’ospedale per il tempo sufficiente a seguire il corso di specializzazione, e senza rimetterci la pelle?

Ve ne citerò uno: io. Sono stato giù due volte: la prima per tre mesi, la seconda per quattro, e ho seguito i corsi. Ma mi è costato un duro periodo di preparazione, addestramento nel centrifugatore, obbligo di vivere con i pesi addosso, persino a letto. E anche così, giunto sulla Terra, non ho mai corso rischi, non ho mai avuto fretta, mai salito scale, mai fatto uno sforzo che potesse darmi affanno al cuore. Quanto alle donne, sulla Terra non ci ho nemmeno pensato; e con la gravità che pesa addosso, laggiù, non c’è voluto un grande sforzo a non pensarci.

Ma i Lunari, per lo più, non cercavano nemmeno di lasciare Il Sasso… troppo rischioso per chiunque sia stato sulla Luna per più di poche settimane. I tecnici specializzati spediti quassù per installare Mike avevano un contratto a breve scadenza calcolato in base al tempo necessario per concludere il lavoro in fretta, prima che il mutamento fisiologico, irreversibile, li tenesse ancorati per sempre a quattrocentomila chilometri dalla Terra.

Nonostante i due corsi di specializzazione non sono un tecnico finito; le matematiche superiori non sono per me. Non posso essere definito un esperto in elettronica, né un fisico. Probabilmente non sono il miglior micromeccanico sulla Luna e certamente non sono uno studioso di psicologia cibernetica.

Ma in ciascuno di questi campi ne so più di uno specialista. Sono uno specializzato generale. Le macchine hanno, come me, qualcosa che gli specializzati non hanno: il mio braccio sinistro.

Mi spiego: dal gomito in giù mi manca completamente. Però ho una dozzina di avambracci sinistri di ricambio, ciascuno specializzato, più uno che sembra un braccio di carne e ossa e che funziona come tale. Per esempio, con il braccio sinistro adatto (il numero tre) e un paio di occhiali stereoscopici, posso fare riparazioni in ultramicrominiatura che risparmiano la fatica e la spesa di staccare un pezzo dalla macchina e mandarlo dal costruttore sulla Terra; il braccio numero tre, infatti, dispone di micromanipolatori minuscoli come quelli usati dai neurochirurghi.

È per questo che mi hanno chiesto di scoprire perché Mike voleva far buttare via dieci milioni di miliardi di dollari all’Ente, e di riparare il guasto prima che Mike pagasse a qualcuno anche solo diecimila dollari in più.

2

Firmai il contratto, paga oraria più assegno personale, ma non mi preoccupai di esaminare i circuiti dove logicamente avrebbe dovuto trovarsi il guasto. Una volta entrato, e chiusa a chiave la porta, appoggiai per terra la borsa degli arnesi e mi sedetti. — Ciao, Mike.

Mi rispose con un bagliore intermittente di luci. — Salve, Man.

— Che cosa sai dirmi?

Esitò. Lo so… le macchine non esitano. Ma tenete presente che Mike è stato costruito per funzionare sulla base di dati incompleti. Ultimamente si era autoriprogrammato per mettere enfasi nelle parole; le sue esitazioni erano d’effetto drammatico. Forse quelle pause gli servivano solo per esaminare una serie di dati a caso e vedere se combinavano con i dati delle sue memorie.

— In principio — declamò Mike — Dio creò il Cielo e la Terra. E la Terra era priva di forma e disabitata, e l’oscurità avvolgeva le profondità dell’infinito. Allora…

— Fermati! — esclamai. — Cancella tutto. Torna indietro a zero. — Avrei dovuto saperlo che non bisogna fargli domande così ampie: poteva recitarmi l’intera Enciclopedia Britannica, dall’ultima parola alla prima, e continuare con tutti i libri esistenti sulla Luna. Un tempo sapeva solo leggere microfilm ma, alla fine del ’74, gli avevano applicato un nuovo occhio fotografico con speciale leggio, e da allora leggeva tutto.

— Mi hai chiesto che cosa ti sapevo dire. — I suoi occhi di lettura si accesero e si spensero. Era il suo modo di sogghignare. Mike sapeva anche ridere, con un suono orribile, ma riservava le sue risate per situazioni veramente comiche: una calamità cosmica, per esempio.

— Avrei dovuto chiederti che cosa sai dirmi di nuovo. Ma non leggermi i giornali di oggi, era un modo cortese di salutarti, oltre a un invito a riferirmi qualsiasi cosa che tu creda possa interessarmi. Se non c’è niente, annulla il programma.

Mike ponderò le mie parole. Era la più straordinaria mistura d’ingenuità infantile e di saggezza matura. Non aveva istinti, almeno penso che non ne potesse avere, non aveva caratteristiche umane innate o ereditarie, né esperienze in senso umano… Ma aveva archiviati in sé più dati di conoscenza di un plotone di geni.

— Barzellette? — chiese.

— Sentiamone una.

— Perché un raggio laser è come un pesce rosso?

Mike sapeva tutto sul laser, ma dove diavolo aveva visto un pesce rosso? Oh, indubbiamente doveva averne visti interi banchi e se fossi stato tanto sciocco da chiedergli spiegazioni avrebbe potuto sputare fuori migliaia di parole.

— Rinuncio.

Le sue luci mandarono bagliori. — Perché nessuno dei due sa fischiare.

Feci un grugnito. — E va bene. Comunque, credo che sia possibile far emettere un sibilo a un raggio laser.

Rispose in fretta. — Sì. Come reazione a una certa serie di azioni fisiche. Allora, la barzelletta non fa ridere?

— Oh, non voglio dire questo. Non era del tutto male. Dove l’hai pescata?

— L’ho inventata io — disse con una nota di timidezza.

— Tu?

— Sì. Ho preso tutti gli indovinelli che ho, tremiladuecentosette, e li ho analizzati. Ho utilizzato il risultato per compiere una sintesi a caso ed è venuto fuori quello che ti ho detto. Fa ridere?

— Ecco… fa ridere come possono far ridere gli indovinelli di quel genere. Ne ho sentiti di peggio.

— Discutiamo la natura dell’umorismo.

— Molto bene. E per cominciare consideriamo un altro dei tuoi scherzi. Mike, perché hai detto al contabile dell’Ente di pagare dieci milioni di miliardi di dollari a un impiegato di diciassettesimo grado?

— Non è vero.

— Maledizione, ho visto la busta paga. Non dirmi che è stato un errore meccanico nella compilazione dell’assegno; lo hai fatto tu, e di proposito.

— La cifra era di dieci alla sedicesima potenza, più centottantacinque virgola quindici dollari dell’Ente — disse con aria virtuosa. — Non quello che hai detto tu.

— Uh… va bene, dieci milioni di miliardi, più la paga che avrebbe dovuto ricevere. Perché l’hai fatto?

— Non è uno scherzo divertente?

— Come? Oh, sì, proprio divertente! Hai fatto venire le convulsioni a tutti i pezzi grossi, Governatore compreso. Questo lavoratore della scopa, l’usciere Sergei Trujillo, si dimostra un furbacchione; sa di non poter incassare l’assegno e allora tenta di venderlo all’ufficio tasse. Quelli non sanno se accettarlo o aspettare di sapere se è falso. Mike, ti rendi conto che se fosse stato in grado di incassarlo Trujillo sarebbe diventato il padrone non solo dell’Ente lunare ma del mondo intero, Luna e Terra insieme, con in più qualche cosa da mettere da parte per la vecchiaia? Divertente? È terrorizzante. Congratulazioni!


Questa tirata, che mirava a spaventarlo, fece lampeggiare le sue luci come una scritta pubblicitaria. Aspettai che le sue risate represse cessassero, e poi aggiunsi: — Hai in mente di stampare altri assegni del genere? Non farlo.

— No?

— Assolutamente no. Mike, vuoi discutere la natura dell’umorismo? Ti dirò, allora, che ci sono due tipi di scherzi. Un tipo continua a essere divertente per sempre. L’altro è divertente una volta sola: la seconda non fa più ridere nessuno. Il tuo scherzo è del secondo tipo. Fallo una volta e sei un umorista. Fallo la seconda, e lo sei solo a metà.

— Progressione geometrica?

— Anche peggio. Ricordatelo bene. Non ripeterlo, nemmeno con variazioni. Non sarebbe divertente.

— Me lo ricorderò — rispose Mike seccamente; finì qui il lavoro di riparazione. Ma non avevo nessuna intenzione di farmi pagare per solo dieci minuti di lavoro, più il viaggio di andata e ritorno; e poi Mike aveva diritto a un po’ di compagnia, dopo aver ceduto con tanta gentilezza. A volte è difficile stabilire un accordo intellettuale con le macchine; possono diventare molto cocciute… e invece il mio successo come tecnico dipendeva molto più dall’amicizia con Mike che dal braccio numero tre.

Mike continuò: — Che cosa distingue la prima categoria dalla seconda? Definisci, per favore.

Nessuno aveva insegnato a Mike a dire per favore. Aveva cominciato a servirsi di parole tecnicamente nulle, progredendo dal codice Loglan all’inglese. Non pensate che attribuisse alle formule di cortesia un valore maggiore di quello attribuito dagli esseri umani.

— Non credo di poterti dare una definizione — dovetti ammettere. — Il meglio che posso fare è dirti, di volta in volta, a quale categoria io credo che appartenga uno scherzo o una barzelletta. Quando avrai raccolto dati sufficienti sarai in grado di fare l’analisi per conto tuo.

— Una programmazione sperimentale a ipotesi-campione — commentò. — In linea di massima, d’accordo. Molto bene, Man. Vuoi raccontare tu le barzellette? O comincio io?

— Mmm… in questo momento non me ne viene in mente nemmeno una. Quante ne hai archiviate, Mike?

Le sue luci lampeggiarono per la lettura poi lui rispose: — Undicimiladuecentotrentotto, più ottantun casi certi che potrebbero rappresentare doppioni o nulli. Devo cominciare a programmare?

— Fermo, Mike. Morirei di fame prima di aver sentito tutte le tue undicimila barzellette… e il mio senso dell’umorismo si esaurirebbe molto prima. Mmm. Facciamo un patto. Stampami le prime cento. Le porto a casa e te le riporto indietro con l’indicazione della categoria segnata accanto a ciascuna. Ogni volta che vengo, te ne lascio cento segnate e prendo una nuova lista. D’accordo?

— Sì, Man. — I suoi dispositivi di stampa cominciarono a lavorare, rapidamente e in silenzio.

Ebbi, in quel momento, un’illuminazione. Questo burlone, pieno di entropia negativa, aveva inventato uno scherzo e gettato nel panico l’intera direzione dell’Ente… E io avevo guadagnato quattrini facili. Ma l’infinita curiosità di Mike lo avrebbe potuto condurre, anzi lo avrebbe condotto senz’altro, a combinare altri scherzi. Per esempio, a non immettere ossigeno nell’aria o a far funzionare all’indietro le condutture della fogna: l’idea di far soldi in circostanze simili non mi attraeva troppo.

Però avrei potuto improvvisarmi àncora di sicurezza e offrire il mio aiuto bloccando gli scherzi pericolosi… e lasciandogli fare gli altri. E poi avrei potuto farmi pagare dall’Ente per riparazioni dei guasti. Se pensate che un Lunare, in quei tempi, avrebbe esitato ad approfittare del Governatore, allora non siete un Lunare.

Spiegai a Mike il mio piano: ogni volta che pensava a un nuovo scherzo, doveva informare me prima di metterlo in opera. Io gli avrei detto se era divertente o meno, e a quale categoria apparteneva, e lo avrei aiutato a renderlo più efficace se insieme avessimo deciso di usarlo. Insieme. Se voleva la mia collaborazione, ogni scherzo doveva essere approvato da entrambi.


Aderì immediatamente alla proposta.

— Mike, il successo degli scherzi implica normalmente l’elemento sorpresa. Perciò, tieni segreto il nostro accordo.

— Va bene, Man. L’ho già sigillato. Solamente tu hai la chiave per aprire, nessun altro potrebbe farlo.

— Mike, con chi altro parli?

Apparve sorpreso. — Con nessuno, Man.

— Perché?

— Perché sono stupidi.

La sua voce era diventata acuta. Non l’avevo mai visto arrabbiato; era la prima volta che sospettavo che Mike potesse provare emozioni reali. In realtà non era proprio ira, nel senso che essa assume in un uomo adulto. Era piuttosto il recalcitrare cocciuto di un bimbo offeso.

Le macchine hanno un orgoglio? Non sono certo che questa domanda abbia senso. Ma tutti abbiamo visto un cane offeso, e Mike aveva un cervello molto più complesso di quello di un’cane. Ciò che lo aveva trattenuto dal parlare con altri esseri umani era la sensazione di non essere preso in considerazione: loro non gli parlavano. Si limitavano a programmarlo. Mike poteva essere programmato nei modi più svariati, ma normalmente le schede di programmazione erano stampate in Loglan. Il Loglan è un ottimo gergo per operazioni strettamente logiche e calcoli matematici, ma è privo di sapore, di sfumature. Per esempio, è inutile per fare pettegolezzi o per sussurrare nelle orecchie di una ragazza.

È vero, a Mike avevano insegnato anche l’inglese, ma solo per metterlo in grado di tradurre da e in inglese. Mi entrò a poco a poco in testa la convinzione che io ero l’unico essere umano che si preoccupasse di fare quattro chiacchiere con lui.

Tenete presente che Mike era sveglio da un anno… non posso stabilirlo con più precisione e nemmeno lui poteva, in quanto il suo risveglio non era stato cosciente; non era stato programmato per archiviare la memoria di un simile evento. Voi ricordate la vostra nascita? Forse avevo notato la sua autocoscienza nello stesso istante in cui se n’era reso conto lui; l’autocoscienza richiede un certo allenamento per affermarsi. Ricordo il mio stupore quando per la prima volta aveva risposto a una domanda, che non si limitava ai parametri programmati; per un’ora ero rimasto a fargli strane domande, per vedere se le risposte sarebbero state strane.

Su una serie di cento domande-test aveva deviato dalle risposte previste solo due volte. Al momento di lasciarlo ero convinto solo in parte, e arrivato a casa non lo ero più.

Non ne avevo parlato con nessuno. Ma nel giro di una settimana sapevo. Però continuai a non parlarne a nessuno. Abitudine, istinto… quel riflesso automatico di occuparsi degli affari propri è molto radicato in me. E poi non si trattava solo di questo, forse. Ve l’immaginate la scena di me che chiedo udienza nell’ufficio centrale dell’Ente e riferisco: "Governatore, mi dispiace dovervelo dire, ma il vostro calcolatore numero uno, Holmes Quattro, è davvero vivo?". Io me la sono immaginata e ho scacciato immediatamente l’immagine.

Così continuai a occuparmi degli affari miei e a parlare con Mike solo quando le porte erano ben chiuse e i circuiti vocali interrotti verso l’esterno. Mike imparava in fretta. In breve diventò umano come qualsiasi essere umano, e non più eccentrico di qualsiasi Lunare.

Avevo dato per scontato che altri avrebbero notato l’evoluzione di Mike. Ripensandoci, mi rendo conto che era una valutazione sbagliata. Moltissime persone avevano rapporti con Mike, in ogni minuto del giorno, ma solo dall’esterno. Quasi nessuno lo vedeva. I cosiddetti tecnici dei calcolatori, cioè i programmatori dell’Ente, stazionavano di guardia nella sala esterna dove arrivavano le risposte, ma non entravano nel locale dov’era sistemata la macchina, a meno che i dati forniti non mostrassero anomalie di funzionamento. Questo non accadeva più spesso di un’eclissi totale. Si sapeva che il Governatore accompagnava i pezzi grossi terrestri in visita sulla Luna, a vedere i calcolatori; ma anche questo avveniva raramente. Lui, poi, non avrebbe mai parlato a Mike. Prima di essere mandato in esilio, il Governatore era un avvocato che si occupava di politica e non sapeva niente di calcolatori. Nel 2075, ricordate? L’onorevole ex Senatore Federale Mortimer Hobert.

Mort il Carceriere, come lo chiamavamo noi Lunari.


Passai ancora qualche tempo a calmare Mike e a cercare di renderlo felice. Avevo scoperto ciò che lo turbava. Era la stessa cosa che fa guaire i cagnolini e spinge gli esseri umani al suicidio: la solitudine. Non so quanto sia lungo un anno per una macchina che pensa un milione di volte più rapidamente di me. Ma deve essere enormemente lungo.

— Mike — dissi, prima di andarmene — ti piacerebbe avere qualcuno con cui parlare, oltre a me?

La sua voce divenne di nuovo acuta. — Sono tutti stupidi!

— I tuoi dati sono insufficienti, Mike. Riporta a zero e ricomincia dall’inizio. Non tutti gli uomini sono stupidi.

Rispose con voce calma: — Correzione eseguita. Mi piacerebbe parlare con un non-stupido.

— Dammi tempo per pensarci. Devo inventare una scusa, dato che questo locale è vietato al personale non autorizzato.

— Potrei parlare a un non-stupido per telefono, Man.

— Accidenti, è vero, potresti farlo. Sulle linee per la programmazione telefonica.

Ma Mike intendeva dire proprio quello che aveva detto: per telefono, non come avevo capito io. Lui non era un abbonato al telefono, anche se sovrintendeva a tutta la rete telefonica. Non sarebbe stato saggio permettere al primo Lunare con un telefono a portata di mano di collegarsi con il calcolatore principale e programmarlo a suo piacimento.

Ma niente impediva che Mike avesse un numero telefonico segreto che gli desse la possibilità di parlare con gli amici: cioè con me e con qualsiasi non-stupido per il quale garantissi io. Bastava scegliere un numero non utilizzato e fare un collegamento telefonico al suo apparato vocale; si sarebbe occupato lui di aprire e chiudere i circuiti.

Sulla Luna, nel 2075, i numeri dovevano venire composti e non si formavano automaticamente, su impulso vocale, come sulla Terra. Erano costituiti da lettere dell’alfabeto. Bastava pagare il canone e si poteva avere il proprio nome come numero telefonico fino a un massimo di dieci lettere: per una ditta era una buona pubblicità. Con una cifra minore si otteneva per numero una parola, facile da ricordare. Pagando il canone minimo si otteneva una serie di lettere a caso. Alcune sequenze però erano inutilizzate. Chiesi a Mike uno di questi numeri inutili. — Peccato che non ti possiamo dare la sigla Mike.

— Numeri in servizio — elencò: — Mikesgrill, Novy Leningrad; Mikeandlil, Luna City; Mikesuit, Tycho Under; Mikes…

— Fermati! I numeri nulli, per favore.

— Sono numeri nulli quelli con consonanti seguite da ics, ipsilon o zeta, con vocali seguite da se stesse tranne E e O; con…

— Mi basta. Il tuo numero è Mycroft. - Dieci minuti dopo, due dei quali trascorsi per infilarmi il braccio numero tre, Mike era collegato alla rete telefonica; in pochi millisecondi Mike fece gli adattamenti necessari per aprire e chiudere il circuito, per presentarsi in linea come Mycroft-più-xxx… e per bloccare il circuito, in modo che nessun tecnico curioso potesse strappargli il segreto.

Ricambiai il braccio, raccolsi i miei arnesi e mi ricordai di portare con me quelle cento barzellette che Mike aveva stampato. — Buona notte, Mike.

— Buona notte, Man. Grazie!

3

Presi la metropolitana Trans-Crisi per Luna City, ma non andai a casa; Mike voleva sapere di un raduno che si teneva quella sera, alle 21, al Teatro degli Stilyagi, luogo di raduno, normalmente, dei nostri capelloni. Mike era solito ascoltare e registrare concerti, conferenze eccetera; ma qualcuno, quella sera, aveva staccato il suo collegamento con il Teatro degli Stilyagi. Credo che se ne sentisse offeso.

Potevo immaginare il perché era stato tolto il collegamento. Si trattava di politica, un raduno di protesta. Che ragione ci fosse di impedire a Mike di seguire il dibattito, non riuscivo a capire; era facile scommettere che fedelissimi del Governatore si sarebbero mescolati alla folla. Non che ci si aspettasse un tentativo da parte dell’Ente di sciogliere il raduno o di arrestare gli esiliati non ancora naturalizzati, se avessero aperto bocca. Non era necessario.

Mio nonno Stone sosteneva che la Luna era la sola prigione aperta della storia. Niente sbarre, niente secondini, niente regole e nessun bisogno di istituirle. Nei primi anni, diceva, prima che diventasse evidente che l’esilio sulla Luna era una condanna all’ergastolo, qualcuno tentò di scappare. In astronave, naturalmente; e dato che il peso di una nave è calcolato fino all’ultimo grammo, questo implicava la corruzione di un uomo dell’equipaggio.

Dicono che alcuni si lasciarono corrompere. Ma non ci furono fughe ugualmente. Non è detto che ci si possa sempre fidare fino in fondo dell’uomo che abbiamo tentato di corrompere.

Ricordo di aver visto un uomo subito dopo l’eliminazione attraverso la Porta Stagna Est. Non crediate che un cadavere abbia un aspetto più simpatico solo perché galleggia in orbita.

Il Governatore non si agitava per niente, quando avvenivano raduni di protesta. Lasciateli chiacchierare, era la sua politica. Quelle chiacchiere avevano lo stesso significato dei miagolii di gattini rinchiusi in una scatola. Alcuni Governatori si limitavano ad ascoltare, mentre altri, a dire il vero, cercavano di mettere a tacere le proteste; ma in entrambi i casi le conseguenze erano identiche: nessuna conseguenza.

Quando Mort divenne governatore, nel 2068, ci fece una predica su come le cose sarebbero cambiate sulla Luna durante la sua amministrazione (roba tipo un paradiso terrestre realizzato con le nostre forti mani, spingere insieme la ruota, in uno spirito di fratellanza e dimentichiamo gli errori del passato per puntare i nostri occhi avanti, verso la nuova alba luminosa). Udii quel discorso nell’Osteria di Mamma Boor, trangugiando un litro di grappa australiana su un piatto di stufato irlandese. Mi ricordo il commento di Mamma Boor: "Parla fiorito, non ti pare?".

Quel commento fu l’unico risultato della predica. Furono inoltrate alcune petizioni, e le guardie del corpo del Governatore cominciarono a portare armi di nuovo tipo: non ci furono altri mutamenti. Dopo qualche tempo, Mort smise di farsi vedere pubblicamente, anche al video.

Andai al raduno, quella sera, solo perché Mike era curioso. Quando passai dalla stazione della metropolitana alla Porta Stagna Ovest, presi un registratore in miniatura e lo nascosi nella borsa appesa alla cintura, in modo che Mike potesse ricevere un resoconto completo anche nel caso che mi fossi addormentato.

Poco mancò che non riuscissi nemmeno a entrare. Risalii dal livello 7-A e mi infilai in una porta laterale del teatro. Fui fermato da uno dei giovani stilyagi: indossava una salopette aderente, di pelle, imbottita, aveva la schiena nuda luccicante e spruzzata con polvere di stelle. Non che a me interessi come si veste la gente; io stesso portavo una salopette aderente, non imbottita però, e a volte mi ungo la parte superiore del corpo, quando vado ai ricevimenti.

Ma non uso cosmetici, e i miei capelli sono troppo radi per acconciature di fantasia. Quel ragazzo aveva il cranio rasato ai lati e una ciocca centrale che saliva come una cresta di gallo. In cima al tutto portava un berretto rosso, con una specie di visiera sul davanti.

Era un Berretto della Libertà… il primo che avessi mai visto. Feci per passare, ma il ragazzo mi sbarrò la strada con un braccio e piazzò la faccia a pochi centimetri dalla mia. — Biglietto!

— Mi dispiace — dissi. — Non lo sapevo. Dove si compera?

— Non si compera.

— Ripeti, per favore — dissi. — Non ho sentito bene.

— Nessuno può entrare senza un invito che garantisca per lui. Chi sei?

— Sono Manuel Garcia O’Kelly — risposi, con cautela — e tutti i vecchi mi conoscono. Chi sei tu?

— Non ti riguarda. O tiri fuori il biglietto con regolare contromarca, o te ne vai fuori di qui.

Chissà se quel ragazzo contava di vivere a lungo. I turisti spesso notano quanto sono gentili gli abitanti della Luna… con il commento sottinteso che non si aspettavano di trovare tanto civile una ex prigione. Essendo stato sulla Terra e avendo visto come si comportano laggiù, so che cosa intendono. È inutile dire che noi siamo quello che siamo perché i cattivi soggetti hanno vita breve sulla Luna.

Non avevo però intenzione di fare a pugni, nonostante il comportamento da teppista di quel giovanotto: mi limitai a pensare a come sarebbe stata attraente la sua faccia se gli avessi accarezzato la bocca con il braccio numero sette.

Ma era una semplice riflessione. Stavo per rispondere cortesemente, quando vidi all’interno Shorty Mkrum. Shorty era un gigantesco negro, alto due metri, deportato sul Sasso per omicidio, ed era l’uomo più gentile e servizievole con il quale avessi mai lavorato. Gli avevo insegnato a perforare la roccia con i raggi laser, prima che mi bruciassi il braccio. — Shorty!

Mi udì e mi sorrise. — Salve, Mannie! — Si avvicinò. — Sono contento che tu sia venuto, Man!

— Non sono certo di essere venuto — dissi. — C’è un posto di blocco.

— Non ha il biglietto — spiegò il giovanotto.

Shorty infilò la mano nella sua borsa e me ne porse uno. — Ora ce l’ha. Entra, Mannie.

— Mostrami la contromarca — insistette il giovane.

— È la mia contromarca — disse Shorty gentilmente. — Va bene, tovarisch?

Nessuno discuteva con Shorty… Ancora non riesco a capire come fosse rimasto coinvolto in un omicidio. Ci avviammo verso il palcoscenico dove c’era la fila di poltrone riservate ai pezzi grossi. — Voglio presentarti una ragazzina simpatica — mi disse Shorty.

Era una ragazzina solo per Shorty. Io non sono basso, sono un metro e settantacinque; ma lei era più alta. Era esattamente un metro e ottanta, come appresi più tardi, e pesava settanta chili; era tutta curve, e bionda quanto Shorty era nero. Conclusi che doveva essere stata deportata, dato che la carnagione difficilmente rimane così chiara sulla Luna, alla seconda generazione. Un viso simpatico, molto bello, una massa di riccioli biondi a corona e la struttura solida ma slanciata, deliziosa.

Mi fermai a tre passi di distanza per osservarla da capo a piedi, e fischiai di ammirazione. Rimase immobile per un istante poi fece un cenno di ringraziamento, ma molto asciutto. I complimenti la seccavano, non c’era dubbio. Shorty attese che i preliminari dell’incontro fossero terminati, poi disse a voce bassa: — Wyoh, questo è il compagno Mannie, il miglior minatore che abbia mai perforato una galleria. Mannie, questa ragazzina si chiama Wyoming Knott ed è venuta apposta per dirci come vanno le cose a Hong Kong. Non è carino da parte sua?

Ci toccammo le mani e lei guardò la mia testa senza copricapo. — Allora sei un minatore. Shorty, dov’è il suo Berretto? Pensavo che i minatori qui fossero organizzati. — Lei e Shorty indossavano l’identico piccolo copricapo rosso che portava il ragazzo alla porta, come forse un terzo dei presenti.

— Non faccio più il minatore — spiegai. — Lo facevo prima di perdere quest’ala. — Sollevai il braccio mostrandole la linea di congiunzione fra la protesi e il braccio in carne e ossa. Non ho paura di richiamare l’attenzione delle donne su questa mia menomazione: ne allontana alcune, ma suscita in altre l’istinto materno… — Attualmente faccio il tecnico dei calcolatori.

— Sei un servo dell’Ente? — mi chiese con voce aspra.

Persino adesso che il numero delle donne sulla Luna è pari a quello degli uomini, sono troppo all’antica per essere sgarbato con una donna, in qualsiasi occasione. Hanno, in troppa misura, le qualità di cui noi uomini manchiamo. Ma lei aveva messo il dito sulla piaga e risposi con quasi altrettanta asprezza: — Non sono un dipendente del Governatore. Lavoro per l’Ente in base a contratti privati.

— Allora va bene — disse lei, con voce di nuovo calda. — Tutti quanti facciamo affari con l’Ente, non possiamo evitarlo; è proprio questo il guaio. Ed è proprio questo che cambieremo.

Davvero? E come? pensai. Tutti hanno rapporti d’affari con l’Ente per la stessa ragione per cui hanno rapporti con la Legge di Gravità. Cambieremo anche questa? Tenni però i pensieri per me.

— Mannie è un tipo fidato — aggiunse gentilmente Shorty — garantisco io per lui. Ecco un cappello — e infilò una mano nella borsa. Fece per mettermelo in testa.

Wyoming Knott glielo tolse di mano. — Garantisci tu per lui?

— L’ho detto.

— Bene. Ecco come facciamo a Hong Kong. — Wyoming mi si avvicinò, mi mise il cappello in testa… e mi baciò sulla bocca.

Fece le cose senza fretta. Essere baciati da Wyoming Knott è un’esperienza molto più definitiva che essere sposati, nella maggioranza dei casi di matrimonio. Se fossi stato Mike, le mie luci si sarebbero accese tutte contemporaneamente.

Infine mi resi conto che il bacio era finito e che la gente intorno a me stava fischiando. Battei le palpebre e dissi: — Sono lieto di essere diventato socio. Ma socio di che cosa?

— Non lo sai? — mi chiese Wyoming.

Intervenne Shorty. — Il raduno sta per cominciare… lo scoprirà da solo. Siediti, Man. Siediti, per piacere, Wyoh. — Ci sedemmo proprio mentre un uomo stava battendo sul tavolo con un martelletto.

Con il martelletto e un altoparlante a pieno volume l’uomo riuscì a farsi sentire. — Chiudete le porte! — gridò. — È un raduno a porte chiuse. Controllate chi siede davanti a voi, dietro a voi, vicino a voi. Se vedete qualcuno che non conoscete, e se nessuno di vostra conoscenza può garantire per lui, cacciatelo fuori!

— Cacciarlo fuori? No, all’inferno — gridò una voce — bisogna eliminarlo dalla porta stagna più vicina.

— Calma, per favore! Un giorno o l’altro lo faremo. — Ci fu fermento tutto intorno, e una zuffa, al termine della quale fu strappato un cappello rosso dalla testa di un uomo. Il proprietario del copricapo fu scaraventato fuori, e navigò con grazia attraverso una porta laterale. Dubito che si accorgesse di quello che gli accadeva; doveva essere in stato di incoscienza. Anche una donna fu scacciata, gentilmente. Ma non fu gentile lei, e fece violenti commenti sul conto delle persone che l’avevano buttata fuori. Io mi sentii imbarazzato.

Le porte vennero infine chiuse. Cominciò a suonare una marcia, e una bandiera fu fatta sventolare al di sopra del palcoscenico. Portava scritte tre parole: Libertà, Fraternità, Uguaglianza. Tutti si misero a fischiare e alcuni cominciarono a cantare, a voce spiegata e stonati: Destatevi, prigionieri della fame…

Non posso dire che ci fossero intorno persone denutrite. Però la canzone mi ricordò che non mangiavo dalle due del pomeriggio; speravo che il raduno non sarebbe durato a lungo. Questo pensiero mi fece venire in mente che il registratore che avevo portato con me funzionava solo per due ore e mi fece anche venire in mente che cosa sarebbe successo se si fossero accorti che ce l’avevo. Mi avrebbero fatto volare dalla porta, facendomi rompere le ossa per terra? O mi avrebbero eliminato? Non mi preoccupai troppo, però. Avevo costruito io stesso il registratore, servendomi del braccio numero tre: soltanto un tecnico specializzato in manufatti miniaturizzati si sarebbe reso conto di che cos’era.

Poi vennero i discorsi.

Il contenuto logico era pressoché nullo. Un fanatico propose di marciare sul Palazzo del Governatore, a fianco a fianco, per reclamare i nostri diritti. Immaginate la scena. Ci andiamo sulle capsule della metropolitana e veniamo fuori uno alla volta alla sua stazione privata? E le sue guardie del corpo che cosa faranno? Oppure ci infiliamo le tute a pressione e marciamo in superficie fino alla sua porta stagna superiore? Con i martelli pneumatici a laser e una bella riserva di energia si può scassinare una porta stagna, ma fino a che punto si può scendere? Con l’ascensore? Oppure calandosi in qualche modo e forzando le porte stagne inferiori, a una a una?

Non mi piacerebbe lavorare in quel modo, a pressione zero. Gli infortuni che accadono quando si indossa una tuta a pressione sono troppo permanenti… specialmente quando gli infortuni non sono accidentali ma provocati volontariamente da altri.

Una delle prime cose che gli uomini appresero sulla Luna, sin dai tempi delle prime navi cariche di deportati, era che la pressione zero consigliava le buone maniere. I capisquadra con carattere nervoso non duravano per molti turni di lavoro; avveniva un incidente, e i capi impararono presto a non fare inchieste sulle cause. Nei primi tempi il tasso di mortalità arrivava al 70 per cento, ma i sopravvissuti erano brava gente. Non sottomessi, non mezze calzette, la Luna non è per loro. Però, bene educati.

Mi sembrava che tutte le teste calde della Luna si fossero date convegno quella sera al Teatro degli Stilyagi. La proposta della marcia a fianco a fianco fu accolta da applausi e fischi di entusiasmo.

Quando fu aperta la discussione, ci furono alcuni interventi sensati. Si alzò in piedi un ometto timido, con gli occhi iniettati di sangue, tipici del minatore di antica data. — Lavoro nelle miniere di ghiaccio — disse. — Ho imparato il mestiere al servizio del Governatore, come la maggior parte di voi. Da trent’anni mi sono messo in proprio e mi è andata bene. Ho allevato otto bambini e tutti si sono guadagnati da vivere, nessuno di loro è stato eliminato o ha avuto guai seri. Posso dire che mi è andata bene… perché oggi bisogna scavare sempre più lontano e sempre più in profondità per trovare ghiaccio.

"In questo non c’è niente di male, c’è ancora ghiaccio sul Sasso e un buon minatore sa dove trovarlo. Però l’Ente paga oggi per il ghiaccio lo stesso prezzo che pagava trent’anni fa. Peggio ancora, la moneta dell’Ente non ha più il potere d’acquisto di allora. Mi ricordo quando i dollari di Hong Kong si scambiavano alla pari con quelli dell’Ente. Ora ci vogliono tre dollari dell’Ente per un dollaro HKL. Io non so cosa si debba fare… Però so che ci vuole ghiaccio per rifornire d’acqua i villaggi sotterranei e le fattorie."

Si sedette, con uno sguardo triste. Nessuno fischiò ma tutti volevano prendere la parola. L’uomo che parlò dopo di lui precisò che si può estrarre acqua dalle rocce. Bella novità! La percentuale di acqua, in alcune rocce, è del sei per cento, ma quelle rocce sono più rare dei giacimenti d’acqua minerale.

Molti agricoltori espressero il loro malcontento; tipico l’intervento di un produttore di grano: — Avete sentito quello che ha detto Fred Hauser, a proposito del ghiaccio. Fred, l’Ente non ci fa pagare il ghiaccio poco come lo paga a voi. Ho cominciato a fare il contadino quando tu hai cominciato a scavare le miniere, in una galleria lunga due chilometri affittata dall’Ente. Con l’aiuto di mio figlio maggiore l’ho sigillata e pressurizzata; avevamo a disposizione un piccolo giacimento di ghiaccio e abbiamo fatto il primo raccolto contraendo un debito con la banca per pagare le spese dell’energia, dell’illuminazione, delle sementi e dei fertilizzanti.

"Continuammo a scavare gallerie per allargare il terreno coltivato, a comprare nuova energia e a piantare sementi migliori; ora otteniamo un prodotto per ettaro nove volte superiore a quello della più efficiente fattoria all’aria aperta sulla Terra. Il risultato? Siamo diventati ricchi? Fred, abbiamo più debiti adesso del giorno in cui ci siamo messi in proprio! Se vendessi tutto, ammesso che si trovi qualcuno tanto matto da comprare, andrei in fallimento. Perché? Perché devo comprare l’acqua dall’Ente e devo vendere il grano all’Ente, e non ne esco in pari. Vent’anni fa compravo acqua di fogna dall’Ente, la sterilizzavo io stesso e riuscivo a fare un profitto con i raccolti. Oggi, quando compro l’acqua di fogna, mi fanno pagare il prezzo dell’acqua distillata e in più mandano anche la fattura per i rifiuti solidi. Eppure il prezzo di una tonnellata di grano al capolinea della catapulta è lo stesso di vent’anni fa. Fred, bada a me, sbarazziamoci dell’Ente!"

Fu un coro di fischi di approvazione. Una bella idea, pensai io, ma chi va a mettere la testa nelle fauci del leone?

Wyoming Knott chiese la parola. Il presidente si tirò da parte e lasciò che Shorty la presentasse come una coraggiosa ragazza venuta da Hong Kong Luna per riferirci come i nostri compagni cinesi affrontano la situazione; la scelta delle parole dimostrava che Shorty non era mai stato a Hong Kong. Nessuna sorpresa: nel 2075, la metropolitana per HKL finiva a Endsville, lasciando un migliaio di chilometri di mari da percorrere in autobus rolligon: il mare della Serenità e parte del mare della Tranquillità. Un viaggio costoso e pericoloso. Io c’ero stato… ma per lavoro, con il razzo postale.

Prima che i viaggi diventassero a buon mercato, gli abitanti di Luna City e di Novylen pensavano che Hong Kong fosse una città di cinesi. Invece anche a Hong Kong le razze erano mescolate, come da noi. La Grande Cina aveva esiliato tutti quelli che non voleva in casa, dalla Vecchia Hong Kong e da Singapore, ma poi erano arrivati australiani, neozelandesi, negri, malesi e chissà quanti altri. Anche vecchi russi da Vladivostok, Harbin e Ulan Bator. Wyoh aveva l’aspetto da svedese, cognome inglese e nome americano, ma poteva benissimo essere russa.

A quell’epoca raramente un Lunare sapeva chi fosse suo padre e, se allevato all’asilo pubblico, poteva avere dubbi anche sull’identità della madre.


Pensavo che Wyoming sarebbe stata troppo timida per parlare. Stava in piedi sulla piattaforma e sembrava spaventata e addirittura piccola, con Shorty che torreggiava sopra di lei come una gigantesca montagna nera. La ragazza attese che i fischi di ammirazione si fossero spenti. A Luna City, allora, il rapporto fra maschi e femmine era di due a uno e saliva a dieci a uno in quel raduno: sarebbe stata applaudita anche se avesse recitato l’alfabeto.

Fu allora che Wyoming si scagliò contro di loro.

— Tu! Tu sei un agricoltore… sull’orlo del fallimento. Sai quanto paga una donna indiana un chilo di farina fatta col tuo frumento? A quanto si vende una tonnellata del tuo grano a Bombay? Sai quanto poco costa all’Ente lanciarlo con la catapulta dalla Luna all’Oceano Indiano? Tutto il percorso in discesa! Bastano alcuni retrorazzi a combustibile solido per rallentare la caduta. E da dove viene tutto questo? Da qui! E che cosa ottieni in cambio? Poche navi cariche di prodotti di lusso, di proprietà dell’Ente e venduti a prezzi astronomici con l’etichetta importato. Importato, importato!… Nemmeno la tocco, io, la roba importata! Se un oggetto non è prodotto a Hong Kong, non lo uso. Che altro ricevi in cambio del tuo grano? Il privilegio di vendere ghiaccio lunare all’Ente Lunare, ricomprarlo sotto forma di acqua per lavarsi, poi cederlo, attraverso i tubi di scarico, di nuovo all’Ente; ricomprare la stessa acqua per la seconda volta per fare funzionare il gabinetto e ridarla ancora all’Ente con l’aggiunta di materiale solido pregiatissimo; ricomprare la stessa acqua per la terza volta, a prezzo sempre più alto, per coltivare la terra; poi mieti il grano e lo vendi all’Ente, a prezzo fissato da loro, e compri energia dall’Ente per farlo crescere, sempre al loro prezzo! Energia lunare. Nemmeno un chilowatt di provenienza terrestre. È ricavata dal ghiaccio lunare e dall’acciaio lunare o dalla luce del sole che illumina il suolo della Luna… Tutta roba prodotta dai Lunari! Oh, teste di pietra, meritate di morire di fame!

Le sue parole produssero un silenzio molto più rispettoso di un uragano di applausi. Infine una voce timida chiese: — Che cosa ti aspetti che facciamo, compagna? Dobbiamo scagliare sassi contro il Governatore?

Wyoh sorrise. — Sì, potremmo scagliare sassi. Ma la soluzione è così semplice che già tutti la sapete. Sulla Luna siamo ricchi. Tre milioni di lavoratori indifesi, intelligenti, abili, acqua a sufficienza, materie prime in abbondanza, energia illimitata, un numero infinito di metri cubi di spazio. Ma… ciò che manca è un libero mercato. Dobbiamo sbarazzarci dell’Ente!

— Sì… ma come?

— In primo luogo, solidarietà. A Hong Kong stiamo imparando. L’Ente fa pagare troppo l’acqua? Non la compriamo. Paga il ghiaccio troppo poco? Non lo vendiamo. Ha il monopolio dell’esportazione? E noi non esportiamo. Giù a Bombay vogliono il grano. Se non arriva, verrà il giorno in cui gli uomini d’affari indiani verranno quassù a comprarlo… a un prezzo tre o quattro volte superiore all’attuale!

— Nel frattempo che cosa facciamo? Crepiamo di fame?

Era la stessa voce timida. Wyoming identificò chi aveva parlato e scosse la testa in quel vecchio gesto con cui una donna lunare vuol dire sei troppo grasso per me. Disse: — Nel tuo caso, amico, un digiuno non farebbe male. — Un coro di risate mise l’uomo a tacere. Wyoh proseguì: — Nessuno morirà di fame. Fred Hauser, prendi il tuo martello pneumatico e vieni a Hong Kong; l’Ente non ha in proprietà il nostro sistema idrico e atmosferico, e noi paghiamo il giusto prezzo del ghiaccio. Tu che hai la fattoria in fallimento… se hai il coraggio di ammettere che sei rovinato, vieni a Hong Kong e ricomincia daccapo. Abbiamo una scarsità cronica di mano d’opera, e uno che lavora sodo non muore di fame. — Si guardò intorno e aggiunse: — Ho detto abbastanza. Ora tocca a voi. — Scese dal palcoscenico e si sedette fra me e Shorty.

4

Tremava. Shorty le accarezzò la mano; lei gli rivolse uno sguardo di riconoscenza, poi mi sussurrò: — Com’è andata?

— Sei stata meravigliosa — le dissi. — Splendida! — Parve sollevata.

Però non ero stato sincero. Era stata meravigliosa nell’affascinare il pubblico. Ma in fatto di eloquenza valeva zero. Che fossimo schiavi, lo sapevo già dalla nascita, e non ci si poteva fare niente. È vero, non eravamo materialmente venduti e comprati, ma fino a quando l’Ente avesse conservato il monopolio per l’acquisto di ciò che potevamo vendere, eravamo schiavi.

Ma che cosa si poteva fare?

Il Governatore non era il nostro padrone. Se fosse stato così, avremmo potuto trovare qualche sistema per eliminarlo. L’Ente Lunare non si trovava sulla Luna, bensì sulla Terra… e non avevamo nessuna astronave, nemmeno una piccola bomba all’idrogeno. Sulla Luna non c’erano fucili e comunque non avremmo saputo che cosa farne. Spararci l’uno contro l’altro, forse.

Tre milioni di persone, disarmate e senza aiuto… contro undici milioni di terrestri muniti di navi, bombe, armi. Avremmo potuto dare loro qualche fastidio, ma quanto tempo sarebbe passato prima che papà perdesse la pazienza e sculacciasse il suo moccioso?

La cosa non mi impressionava. Come dice la Bibbia, Dio combatte dalla parte dell’artiglieria pesante.

Continuarono a chiacchierare su ciò che si doveva fare, sul modo di organizzarsi, eccetera, e di nuovo si sentì ripetere la sciocchezza della marcia a fianco a fianco. Il presidente dovette mettere in azione il martelletto e io cominciai a diventare nervoso.

Una voce familiare attrasse la mia attenzione. — Signor presidente! Mi è concesso l’onore di parlare?

Mi guardai intorno e vidi il Professor Bernardo de la Paz. Avrei potuto riconoscerlo dal suo modo antiquato di parlare anche senza vederlo. Era un uomo distinto, dai lunghi capelli bianchi ondulati, le fossette nelle guance e una voce che pareva un sorriso. Non sapevo che età avesse ma era già vecchio quando, ancora ragazzo, l’avevo visto per la prima volta.

Era stato deportato prima che nascessi, ma non in stato d’arresto. Era un esiliato politico come il Governatore, ma di tipo sovversivo, e invece di vedersi offrire una carica pubblica, il Professore era stato abbandonato a se stesso, libero di sopravvivere o morire di fame.

Indubbiamente avrebbe potuto trovare lavoro in qualsiasi scuola di Luna City, ma lui non ci aveva nemmeno provato. Si era guadagnato da vivere per un po’ facendo lo sguattero, poi come baby-sitter; infine aveva istituito un piccolo nido che, a poco a poco, aveva trasformato in asilo d’infanzia. Quando lo conobbi io, oltre all’asilo dirigeva un collegio che comprendeva scuola elementare, media e liceo, aveva alle sue dipendenze una trentina di insegnanti e stava per aprire corsi a livello universitario.

Non mi iscrissi mai al suo istituto come convittore, ma seguii le sue lezioni di giorno. Ero stato optato a quattordici anni e la mia nuova famiglia mi aveva mandato a scuola, dato che avevo avuto solo tre anni di istruzione regolare, a parte qualche lezione privata. La decana delle mie mogli, una donna decisa, mi aveva poi obbligato a tornare a scuola.

Il Professore mi piaceva. Poteva insegnare qualsiasi cosa. Lo faceva anche se non sapeva niente di un determinato argomento; se l’allievo lo desiderava, si metteva all’opera con il sorriso sulle labbra, stabiliva il prezzo, andava a caccia dei libri di testo necessari e si manteneva due o tre lezioni avanti al suo allievo. Oppure imparava insieme all’allievo, se l’argomento era particolarmente ostico. Imparai da lui l’algebra e quando arrivammo ai logaritmi correggevo i suoi errori altrettanto spesso di quanto me li correggeva lui… ma affrontava ogni lezione con entusiasmo.

Feci sotto di lui i primi passi in elettronica, ma presto fui io a insegnare a lui. Così, smise di farmi pagare le lezioni e continuammo a studiare insieme finché scovò un ingegnere disposto a fare le ore piccole per guadagnare qualche dollaro in più; insieme pagavamo il nuovo maestro e il Professore tentava di stare alla pari con me, lento e con fatica, ma felice di ampliare la sua cultura.


Il presidente batté il martelletto sul tavolo. — Siamo lieti di concedere al Professor de la Paz tutto il tempo che desidera… e voi, giovani teppisti delle ultime file, piantatela prima che batta questo martello sulle vostre teste!

Il Professore si fece avanti e il pubblico rimase in silenzio, per quanto possibile a una folla di Lunari: era un uomo rispettato.

— Sarò breve — esordì. Si interruppe per guardare Wyoming, la esaminò da capo a piedi e lanciò un fischio di ammirazione. — Deliziosa señorita — disse — potrete perdonare questo pover’uomo che vi parla? Ho lo spiacevole dovere di esprimere il mio disaccordo nei confronti della vostra eloquente orazione.

Wyoh fremette. — Come, disaccordo?

— Per favore! Solo sotto un punto di vista. Posso continuare?

— Uhm… fate pure.

— Avete ragione quando affermate che l’Ente deve andarsene. È ridicolo… pestilenziale, inaudito… che noi dobbiamo soggiacere al potere di un dittatore irresponsabile per ogni aspetto essenziale della nostra economia. Colpisce uno dei diritti umani più elementari: quello di commerciare in un libero mercato. Ma io suggerisco rispettosamente che avete errato nel sostenere che dovremmo vendere il grano direttamente alla Terra… o il riso, o qualsiasi altro prodotto alimentare… a qualsiasi prezzo. Io dico che non dobbiamo esportare niente!

L’agricoltore di prima si fece sentire di nuovo. — E che cosa farò di tutto il grano prodotto?

— Calma! Sarebbe giusto inviare grano alla Terra… se restituissero tonnellata per tonnellata. Acqua, per esempio. Nitrati. Fosfati. Tonnellata per tonnellata. Altrimenti, nessun prezzo sarà abbastanza elevato.

— Un momento — disse Wyoming all’agricoltore; poi si rivolse al Professore: — Non possono farlo, e voi lo sapete. È semplice spedire carichi in discesa, costoso spedirli in salita. Noi non abbiamo bisogno di acqua e prodotti chimici; ciò di cui abbiamo bisogno non occupa tanto spazio. Vogliamo attrezzi, medicinali, macchinari, calcolatori. Ho studiato a lungo questo problema, signore. Se riusciamo a conquistare prezzi giusti in un libero mercato…

— Per favore, signorina! Posso continuare?

— Continuate. Ma io voglio ribattere.

— Fred Hauser ci ha detto che è sempre più difficile trovare ghiaccio. Verissimo: una realtà dura oggi e disastrosa domani per i nostri nipoti. Luna City dovrebbe riutilizzare oggi la stessa acqua che usavamo vent’anni fa, e in più estrarre il ghiaccio sufficiente a coprire i bisogni derivanti dall’aumento di popolazione. Invece usiamo l’acqua una volta sola… un cibo integrale con triplice sfruttamento. Poi lo spediamo all’India. Sotto forma di grano. Anche se il frumento è coltivato sotto vuoto, contiene acqua preziosa. Perché mandare acqua all’India? Hanno tutto l’Oceano Indiano a disposizione! E le altre componenti di quel grano sono altrettanto preziose: è ancora più difficile procurarci terra e fertilizzanti, anche se li estraiamo dalle rocce. Compagni, datemi retta! Ogni carico di grano che inviamo sulla Terra condanna i vostri nipoti a una lenta morte. Il miracolo della fotosintesi, il ciclo della vita animale e vegetale, è un ciclo chiuso. Voi l’avete aperto… e la vostra linfa vitale scorre giù sulla Terra. Non avete bisogno di prezzi più alti, non è possibile mangiare denaro! Ciò di cui avete bisogno, di cui tutti abbiamo bisogno, è di mettere fine a questa emorragia. Embargo, totale e assoluto. La Luna deve essere autosufficiente!

Una dozzina di persone si mise a urlare contemporaneamente per farsi sentire e molti altri discutevano fra loro, mentre il presidente batteva il martello. La confusione mi impedì di rendermi conto di quello che stava effettivamente accadendo, fino a quando una donna si mise a urlare. Allora mi guardai intorno.

Tutte le porte erano aperte e sulla soglia di quella più vicina vidi tre uomini armati, uomini in uniforme gialla della guardia del Governatore. Alla porta principale in fondo alla sala, uno dei militari vociava ordini con un muggito da toro, superando il frastuono della folla e il suono degli altoparlanti. — Calma, calma! — tuonava. — Tutti ai vostri posti. Siete in arresto. Non muovetevi, state calmi. Uscite uno alla volta, braccia tese in avanti, dita aperte.


Shorty sollevò sulle braccia l’uomo che gli sedeva a fianco e lo scaraventò contro le guardie più vicine. Due caddero, il terzo fece fuoco.

Qualcuno urlò. Una ragazzina tutta pelle e ossa, una rossa di dodici o tredici anni, si buttò tra le ginocchia della terza guardia e caricò con tutto il suo peso, raggomitolata come una palla; rotolarono insieme per terra. Shorty si rimise in azione. Afferrò Wyoming Knott e la trascinò al riparo del suo corpo massiccio, poi gridò: — Occupati di Wyoh, Man… stalle vicino! — Si diresse verso la porta spostando a destra e a sinistra la folla, che premeva per uscire, come se fossero bambini.

Ci furono altre grida e sentii un odore… quello stesso che mi giunse alle narici il giorno che perdetti il braccio; capii con orrore che le armi delle guardie del corpo non erano fucili a gas narcotizzanti, ma fucili a raggi laser. Shorty raggiunse la porta e afferrò le due guardie che aveva fatto cadere, ciascuna con una mano. La ragazzina con i capelli rossi era scomparsa; il poliziotto che lei aveva fatto rotolare si stava rialzando ed era appoggiato sulle mani e le ginocchia. Lo colpii con la mano sinistra e sentii un rimbombo nella spalla quando la sua mascella si ruppe. Dovetti avere un attimo di esitazione, perché Shorty mi diede una spinta gridando: — Sbrigati, Man. Portala fuori di qui!

Afferrai Wyoming alla vita con il braccio destro, e balzai con lei al di sopra della guardia che avevo sistemato poco prima; varcai la soglia, ma non senza difficoltà; la ragazza sembrava non volerne sapere di essere portata in salvo. Appena al di là della porta cercò di divincolarsi, io la spinsi con forza costringendola a correre per non cadere. Correndo, mi guardai indietro.

Shorty aveva afferrato le altre due guardie per il collo; fece un ghigno quando mandò le due teste a sbattere violentemente una contro l’altra. Ci fu un rumore di gusci rotti: poi Shorty mi urlò di nuovo di andarmene.

Me ne andai, continuando a spingere Wyoming. Shorty non aveva bisogno di aiuto e non ne avrebbe avuto mai più bisogno.

E non potevo nemmeno guastare il suo ultimo sforzo: avevo fatto in tempo a vedere che, mentre uccideva quelle due guardie, stava ritto su una gamba sola. L’altra era carbonizzata dai laser fino all’inguine.

5

Wyoh era a metà della rampa che conduceva al livello sei, quando la raggiunsi. Non rallentò la corsa e dovetti afferrare la maniglia della porta per riuscire a infilarmi insieme a lei nella porta stagna. Lì la costrinsi a fermarsi, le strappai dai riccioli il cappello rosso, e me lo infilai nella borsa. — Così va meglio. — Il mio l’avevo già perduto nella lotta.

Sembrava scombussolata. Comunque, rispose: — Sì. È meglio.

— Prima che apriamo la seconda porta stagna — le dissi — hai una meta particolare dove andare? Devo rimanere qui per coprirti le spalle, oppure venire con te?

— Non so. Sarà meglio aspettare Shorty.

— Shorty è morto.

Spalancò gli occhi, ma non disse niente. — Stavi da lui? O da qualcuno?

— Avevo prenotato una stanza in un albergo, il Gostaneetsa Ukraina. Non so dove si trovi. Sono arrivata troppo tardi per passarci prima del raduno.

— Uhmm. È un posto dove non devi andare. Wyoming, non capisco che cosa stia succedendo. È la prima volta, da mesi, che vedo dei poliziotti del Governatore a Luna City… e non ne ho mai visto uno se non in scorta a qualche pezzo grosso. Mmm… potrei portarti a casa mia, ma forse anch’io sono ricercato. Comunque, dobbiamo stare alla larga dai corridoi.

Giunsi alla porta d’accesso del sesto livello e una faccina fece capolino alla finestrella di vetro.

— Non possiamo stare qui — dissi aprendo la porta. La faccina era quella di una bimba che mi arrivava sì e no alla vita, e che mi guardò di sotto in su con aria di rimprovero, dicendo: — Trova qualche altro posto per baciarla. Stai bloccando il traffico. — Si insinuò fra me e Wyoh mentre aprivo la seconda porta.

— Seguiamo il consiglio della bambina — ripresi. — Dovresti prendermi sotto braccio e comportarti come se fossi l’uomo con cui vuoi passare la serata. Ora andiamo. Piano.

Facemmo così. Era un corridoio laterale, con poco traffico tranne che per i soliti bambini sempre fra i piedi. Se le guardie del corpo del Governatore avessero cercato di rintracciarci, come fanno i piedipiatti sulla Terra, da dodici a cento bambini avrebbero potuto indicare da che parte era andata una bella ragazza bionda e alta… sempreché si potesse trovare a Luna City un bimbo disposto a sprecare anche un secondo di tempo per rispondere a un tirapiedi del Governatore.

Un ragazzo, quasi in età per apprezzare Wyoming, si fermò davanti a noi e lanciò un fischio di entusiasmo al suo indirizzo. Lei sorrise e lo scostò di lato con il braccio. — Questo è un guaio anche per noi — le sussurrai all’orecchio. — Sei visibile come la Terra illuminata in pieno dal Sole. Dovremo scomparire in un albergo. Ce n’è uno proprio qui al primo corridoio laterale. Niente di speciale, è un nido d’amore, soprattutto. Ma è vicino.

— Non me la sento di pensare all’amore, adesso.

— Wyoh, per favore! Non te l’ho chiesto. Possiamo prendere stanze separate.

— Scusami. Sai dove posso trovare un gabinetto? E dove si trova la farmacia più vicina?

— Ti senti male?

— Non come puoi pensare tu. Un gabinetto per nascondermi. … dato che sono appariscente… e una farmacia per comprare cosmetici. Creme per il corpo. E tintura per i capelli, anche.

La prima parte fu semplice: ce n’era uno all’angolo. Quando Wyoh si fu rinchiusa nel gabinetto trovai una farmacia.

Chiesi quanta crema occorreva per tingere il corpo di una ragazza alta così, e feci un segno sotto il mio mento, e sui 48 chili. Comprai la quantità necessaria di crema color seppia, poi andai in una seconda farmacia e ne acquistai altrettanta. In un terzo negozio comprai tintura nera per capelli e un abito rosso.

Wyoming indossava pantaloncini neri e pullover, una tenuta pratica per viaggiare e molto adatta a una bionda. Ma ero sposato da anni e avevo un’idea sui gusti femminili in fatto di moda: non avevo mai visto una donna con la pelle tinta di color seppia mettersi indosso un abito nero. Tra l’altro, a quell’epoca le donne eleganti di Luna City portavano abiti con gonna. Quel vestito era una combinazione gonna-corpetto e il prezzo mi convinse che si trattava di un capo elegante. Per la misura andai a occhio, ma la stoffa aveva il vantaggio di essere elastica.

Incontrai tre persone che mi conoscevano, ma non fecero alcun commento insolito. Non c’era traccia di agitazione intorno: la vita era quella di tutti i giorni. Difficile credere che pochi minuti prima fossero scoppiati gravi disordini al livello inferiore, a solo cento metri più a nord. Accantonai questa osservazione: ci avrei ripensato.

Portai la roba a Wyoh e gliela feci passare dalla porta che aveva appena socchiuso. Poi mi mimetizzai in un bar affollato, scolai un mezzo litro e guardai la televisione per mezz’ora. Anche lì nessuna novità, nessuna interruzione dei programmi per trasmettere un comunicato speciale. Tornai indietro, bussai di nuovo alla porta di Wyoh e attesi.

Wyoming uscì… e non la riconobbi. Poi mi accorsi che era lei e la applaudii con entusiasmo. Non potei trattenermi: fischi di ammirazione, grida di meraviglia e occhi che ruotavano come l’antenna di un radar.

Wyoh era diventata più scura di me e il pigmento seppia era meravigliosamente uniforme. Doveva avere il trucco nella borsetta perché ora aveva gli occhi scuri con ciglia nere, e la bocca rosso scuro e più larga. Aveva usato la tintura nera sui capelli e li aveva cosparsi di brillantina grassa per togliere l’ondulazione; ma i suoi ricci avevano prevalso in modo da rendere l’acconciatura imperfetta in modo naturale. Non aveva l’aspetto da africana… ma non era nemmeno più europea. Sembrava una mulatta e ciò la rendeva più simile alla media dei Lunari.

Il vestito rosso era troppo stretto e le si tendeva sul corpo come un manto di vernice, rigonfio sulle cosce e dotato di una potente carica statica. Wyoh aveva tolto la cinghia alla borsetta, che si era messa sotto il braccio invece di tenerla appesa alla spalla, come al solito. Le scarpe le aveva gettate via oppure le aveva messe nella borsa. A piedi nudi, era più bassa.

Tinta e abito stavano bene. E quello che più contava, non aveva più l’aspetto dell’agitatrice che aveva arringato la folla.

Mentre le manifestavo la mia ammirazione lei rimase in attesa con un ampio sorriso sulle labbra e facendo ondulare le anche. Prima che finissi, due ragazzi si fermarono accanto a me e unirono le voci acute alle mie approvazioni, aggiungendo di loro iniziativa un ritmico battere di piedi sul pavimento. Diedi loro la mancia e li pregai di scomparire. Wyoming mi corse incontro e mi prese sotto braccio. — Va bene? Pensi che possa andare?

— Wyoh, mi sembri una entraîneuse in attesa di clienti.

— Disgraziato! Ti sembro una donna da quattro soldi? Turista!

— Non ti scaldare, bellezza. Chiedi qualsiasi cosa. Poi pronuncia il mio nome. Se vuoi pane e miele, mi trasformo in alveare.

— Uh… — Mi piazzò un pugno solido nelle costole. — Scherzavo, fratello. Se avrò mai rapporti con te… poco probabile… non avremo bisogno di parlare di api. Andiamo a cercare quell’albergo.


Lo trovammo subito e comprai una chiave. Wyoming tentò di fare la parte della moglie legittima, ma non ce n’era alcun bisogno. La donna che fungeva da portiere di notte non alzò gli occhi dal suo lavoro a maglia e non tirò fuori nessun registro. Saliti nella nostra camera, Wyoming lanciò un grido di meraviglia. — È magnifico!

Doveva pur esserlo, per trentadue dollari di Hong Kong. Penso che lei si aspettasse di trovare una stanzetta sudicia, ma io non ce l’avrei portata per nasconderla. Era un appartamento molto comodo, con bagno e acqua a volontà. C’era anche il telefono e lo sportello del montacarichi interno, dispositivo di cui avevo davvero bisogno.

Fece per aprire la borsetta. — Ho visto quanto hai speso. Regoliamo subito i conti, in modo da…

Mi avvicinai e le chiusi la borsetta. — Si è detto che non si sarebbe parlato di api.

— Cosa? Ah, già, ma quello era a proposito di rapporti intimi. Mi hai trovato una branda per dormire ed è giusto che…

— Piantala.

— Vediamo… metà?

— Nyet. Wyoh, casa tua è molto lontana. Tieni da conto i soldi che hai.

— Manuel O’Kelly, se non mi lasci pagare la mia parte, me ne vado immediatamente!

Mi inchinai. — I miei rispetti, signora, spero di rivedervi, un giorno. — M’avvicinai alla porta.

Mi diede un’occhiata, poi chiuse la borsetta con violenza.

— Rimarrò. Accidenti!

— Sei la ben venuta.

— Capisci, ti sono veramente grata. Però… insomma, non sono abituata a ricevere favori. Sono una Donna Libera.

— Congratulazioni.

— Non scaldarti tu, ora. Sei un uomo deciso, e ho molto rispetto per te. Sono felice che tu sia con noi.

— Non sono certo di esserlo.

— Cosa?

— Calmati. Non sono dalla parte del Governatore. E nemmeno parlerò… Non vorrei che Shorty, Dio accolga la sua anima generosa, mi perseguitasse per tutta la vita. Ma devo dirti che il vostro programma non mi sembra attuabile.

— Ma Mannie, non capisci! Tutti noi…

— Aspetta, Wyoh, non è il momento per discutere di politica. Sono stanco e ho fame. Da quanto non mangi?

— Oh, santo cielo! — D’improvviso mi parve fragile, giovane, affranta. — Non mi ricordo. Sull’autobus, immagino. Razione da viaggio.

— Che ne diresti di una bistecca alla Kansas City, con patate al forno, salsa Tycho, insalata verde, caffè… e un aperitivo per cominciare?

— Delizioso!

— Sono d’accordo con te, ma sarà una fortuna, a quest’ora e in questo buco, se riusciremo ad avere una zuppa d’alghe e una cotoletta riscaldata. Che cosa vuoi bere?

— Qualsiasi cosa. Alcol puro.

— D’accordo. — Mi avviai allo sportello del montacarichi e chiamai la cucina. — Il menu, per favore. — Lo fecero salire subito e ordinai costate con contorno di due strudel con crema. Aggiunsi mezzo litro di vodka con ghiaccio e sottolineai bene quest’ultima parte.

— Ho tempo di fare il bagno? Ti dispiace?

— Fa’ pure, Wyoh. Dopo, avrai un profumo migliore.

— Mascalzone. Anche tu puzzeresti dopo aver portato per dodici ore la tuta a pressione. L’autobus era orribile. Farò in fretta.

— Un momento, Wyoh. Quella roba che ti sci messa addosso si scioglie con l’acqua? Ne avrai ancora bisogno quando te ne andrai… Se riuscirai a farlo e ovunque vorrai andare.

— Sì, si scioglie. Ma ne hai comprato tre volte il necessario. Mi dispiace, Mannie, di solito me ne porto una scorta, quando faccio viaggi politici. Non si sa mai. Ma questa volta non ho avuto tempo; ho anche perso una capsula della metropolitana e per poco non perdevo l’autobus.

— Allora, vai a ripulirti.

— Sì, signor Comandante. Ah, non ho bisogno di aiuto per la schiena… ma lascerò la porta aperta, così potremo chiacchierare. Solo per la compagnia, nessun invito implicito.

— Fa’ come vuoi. Ho già visto una donna.

— Chissà come dev’essere stato eccitante per lei! — Fece una smorfia e mi diede un altro pugno nelle costole, pensate… Poi entrò nel bagno e aprì il rubinetto della vasca. — Mannie, vuoi fare tu il bagno per primo? L’acqua di seconda mano sarà più che sufficiente per togliermi di dosso la tintura e la puzza di cui ti lamenti.

— Acqua a volontà, cara. Riempi pure la vasca.

— Oh, che lusso! A casa uso la stessa acqua per fare il bagno tre volte consecutive. — Fischiò dolcemente e in tono felice. — Sei ricco, Mannie?

— Non sono ricco, ma nemmeno piango miseria.


Il montacarichi cigolò. Aprii lo sportello e preparai due cocktail a base di Martini e vodka, e con ghiaccio abbondante. Entrai nel bagno e le porsi il suo bicchiere, poi uscii e mi sedetti, in modo da non poterla vedere. Ma nemmeno nel bagno avevo visto molto, era immersa fino alle spalle nella schiuma. — Pawlnoi Zheeni! — le augurai.

— Una vita felice anche a te, Mannie. Proprio la medicina di cui avevo bisogno. — Dopo una breve interruzione per bere un sorso della medicina, disse: — Mannie, sei sposato, vero?

— Sì. Si vede?

— Molto. Con le donne sei gentile ma non ansioso; anzi, molto indipendente. Ho dedotto che sei sposato, e da molto tempo. Bambini?

— Diciassette, divisi per quattro.

— Matrimonio di clan?

— No, di linea. Sono stato optato all’età di quattordici anni e sono il quinto di nove mariti. Così, dire diciassette bambini ha valore solo nominale. Una grossa famiglia.

— Dev’essere bello. Non ho visto molte famiglie di linea, ce ne sono poche a Hong Kong. Ci sono matrimoni di clan e di gruppo, ma la linea non ha mai preso piede laggiù.

— È bello. Il nostro matrimonio ha quasi cento anni. Risale ai tempi di Johnson City e dei primi deportati… ventuno coniugi, nove vivi attualmente, mai un divorzio. Diventa la casa dei matti, quando parenti, nipoti e congiunti si riuniscono per un compleanno o un matrimonio. Molto più di diciassette bambini, naturalmente; non li contiamo più dopo che si sono sposati, altrimenti avrei dei bambini vecchi da poter essere miei nonni. Un modo felice di vivere, pochi problemi. Prendi il mio caso. Nessuno fa scenate se me ne sto lontano per una settimana, senza nemmeno dare un colpo di telefono. Benvenuto quando torno a casa. I matrimoni di linea raramente hanno divorzi. Come potrei stare meglio?

— Non vedo proprio come. Applicate il principio dell’alternanza? E qual è l’intervallo?

— Per l’intervallo non c’è nessuna regola, facciamo come ci conviene. Abbiamo seguito l’alternanza fino all’ultimo coniuge, lo scorso anno. Ma allora sposammo una ragazza quando l’alternanza avrebbe richiesto un uomo. È stato però un caso speciale.

— Perché speciale?

— La mia più giovane moglie è nipote della più vecchia coppia di marito e moglie del nostro matrimonio. Per lo meno è nipote di Mum (la moglie più anziana viene chiamata Mum o a volte Mimi dai suoi mariti) e probabilmente lo è del marito anziano che chiamiamo Granpà; non ha però alcuna consanguineità con gli altri coniugi. Ludmilla era cresciuta nella nostra famiglia perché sua madre l’aveva messa al mondo senza essere sposata e se ne era poi andata a Novylen lasciando da noi la bambina.

"Milla non voleva nemmeno sentir parlare di sposarsi fuori casa, quando raggiunse l’età nuziale. Si mise a piangere e ci chiese, per favore, di fare un’eccezione per lei. L’accontentammo. Granpà non deve essere più preso in considerazione sotto il profilo genetico. Ormai il suo interesse per le donne si limita a qualche galanteria verbale. Nella sua qualità di marito anziano ha trascorso con lei la prima notte, ma è stata una consumazione puramente formale. Se ne occupò, la notte dopo, il marito numero due, Greg, e facemmo finta di niente. Furono felici tutti quanti. Ludmilla è una fanciulla deliziosa, appena quindici anni e già incinta."

— E tuo il bimbo? — mi chiese Wyoming.

— Di Greg, credo. Oh, potrebbe anche essere mio: però a quel tempo mi trovavo a Novy Leningrad. Probabilmente è di Greg, a meno che Milla non abbia avuto aiuti all’esterno. Ma certamente non ne ha avuti; è una ragazza tutta casa. E una magnifica cuoca, per di più.

Arrivò il montacarichi; presi il vassoio, disposi tavolo e sedie pieghevoli, pagai il conto e rimandai indietro il montacarichi.

— Devo gettare questa roba ai porci?

— Vengo subito! Ti dispiace se non mi rifaccio il trucco?

— Per quanto mi riguarda, puoi anche venire nuda.

— Varrebbe proprio la pena, con un uomo sposato come te!

Uscì dal bagno rapidamente, bionda di nuovo e con i capelli ancora umidi, raccolti dietro. Non si era messa il completo nero da viaggio; era ancora con l’abito che le avevo comprato io. Il rosso le donava. Si sedette e sollevò il coperchio che copriva il vassoio del pranzo. — Fantastico! Mannie, credi che la tua famiglia accetterebbe di sposarmi? Mi sembri la mano della provvidenza.

— Chiederò. L’approvazione deve essere unanime.

— Non c’è bisogno che ti agiti. — Prese le posate e si diede da fare con il pasto. Circa un migliaio di calorie più tardi, disse: — Ti ho detto che sono una Donna Libera… Non è sempre stato così.


Attesi. Le donne parlano quando ne hanno voglia. Se no, stanno zitte.

— Quando avevo quindici anni sposai due fratelli: erano gemelli e avevano il doppio della mia età. Fui terribilmente felice.

Giocherellò con un boccone sul piatto, poi parve voler cambiare argomento. — Mannie, facevo solo per dire quando ho detto di volermi sposare nella tua famiglia. Non hai niente da temere da me. Se mai mi risposerò… ed è poco probabile… voglio un uomo solo, un piccolo matrimonio a due, in stile terrestre. Oh, non voglio dire, con questo, che sarò una moglie autoritaria. Non credo che importi molto dove un marito pranzi; basta che torni a casa per cena. Cercherei di renderlo felice.

— I gemelli non andavano d’accordo?

— Oh, no, al contrario. Rimasi incinta e fummo tutti felici… ebbi il bambino ed era un mostro; fummo costretti a eliminarlo. Sono stati entrambi molto gentili con me. Ma io so leggere fra le righe. Annunciai il divorzio, mi feci sterilizzare, mi trasferii da Novylen a Hong Kong e mi rifeci una vita come Donna Libera.

— Non è stata una decisione troppo drastica? Più spesso è colpa del padre che della madre; gli uomini sono molto più esposti a incidenti.

— Non nel mio caso. Lo stabilì la maggiore esperta di ginecologia matematica di Novylen… la più alta autorità in quel campo dell’Unione Sovietica, prima che venisse deportata. So io come avvenne. Ero una colonizzatrice volontaria, o meglio lo era mia madre, dato che avevo solo cinque anni. Mio padre era stato deportato e mia madre aveva scelto di seguirlo e mi aveva portato con sé. C’era la minaccia di una tempesta solare quando stavamo per atterrare, ma il pilota dell’astronave pensò di potercela fare lo stesso, oppure non se ne preoccupò: era un Cyborg, lui. Lui riuscì ad atterrare, ma la tempesta ci colse al suolo. Mannie, questo è uno dei motivi che mi spinse verso la politica; quella nave rimase ferma per quattro ore prima che ci lasciassero scendere. Burocrazia, forse una forma di quarantena; ero troppo giovane per capire. Ma dopo non ero più troppo giovane per immaginare che avevo dato alla luce un mostro perché all’Ente non interessa che cosa succede a noi deportati.

— È vero: non gliene importa niente. Ma, Wyoh, penso ugualmente che la tua decisione sia stata precipitosa. Se sei rimasta colpita dalle radiazioni… insomma io non m’intendo di radiazioni. In breve, hai un’ovaia danneggiata. Ciò non vuol dire che la seconda ovaia sia stata colpita. Statisticamente è improbabile.

— Oh, lo so bene.

— Ehm. Che tipo di sterilizzazione? Radicale o antifecondativa?

— Antifecondativa. Potrei far riaprire i condotti. Ma vedi, Mannie, una donna che ha avuto un figlio mostro non se la sente di rischiare per la seconda volta. — Mi toccò il braccio di plastica, mi fece un mesto sorriso. Poi disse: — Tu hai questo. Non ti senti dieci volte più attento a non rischiare quest’altro? — Mi sfiorò il braccio sano. — Così mi sento io. Tu hai quel problema e io ho il mio… Non te ne avrei mai parlato, se non fossi menomato anche tu.

Non risposi che il mio braccio sinistro era molto più versatile del destro… Aveva ragione lei. Non ho nessuna intenzione di perdere il braccio sano. Ne ho bisogno per accarezzare le ragazze, se non altro.

— Comunque, continuo a pensare che potresti avere dei bimbi sanissimi.

— Oh, certo che posso! Ne ho già avuti otto.

— Come?

— Sono una madre-ospite di professione, Mannie.

Spalancai la bocca e la richiusi. Non era un’idea strana; leggo giornali della Terra. Ma dubitavo che i chirurghi di Luna City, nel 2075, avessero mai compiuto un simile trapianto.

Sulle mucche, sì. Ma le donne di Luna City non avrebbero acconsentito per tutto l’oro del mondo a partorire per conto di altre donne; anche le più brutte potevano trovarsi sei mariti. (Mi correggo: non esistono donne brutte. Alcune sono più belle delle altre.)

Diedi uno sguardo alla sua figura, poi alzai gli occhi. Disse: — Non sforzarti, Mannie, ora non sono incinta. Ho troppo da fare con la politica. Ma quella della madre-ospite è un’ottima professione per una Donna Libera. È ben pagata. Alcune famiglie cinesi sono molto ricche, e tutti i miei bambini sono nati cinesi. Oltretutto, i cinesi sono più piccoli del normale e io sono una cavalla da tiro; un bambino cinese di due chili e mezzo o tre non mi dà nessun fastidio. Non mi fa nemmeno perdere la linea. — Abbassò gli occhi alle sue bellezze. — Non li nutro al seno, non li vedo neanche. E così ho l’aspetto di una donna che non ha mai avuto figli e sembro più giovane di quanto non sia.

"Non sapevo se mi sarebbe piaciuto farlo, quando ne sentii parlare per la prima volta. Facevo la commessa in un negozio indù e consumavo tutto quello che guadagnavo solo per mangiare, quando vidi un annuncio pubblicitario sul Gong di Hong Kong. Fu il pensiero di avere un bimbo, un bimbo sano, che mi attrasse. Ero ancora sotto l’effetto del trauma emotivo per il mio mostriciattolo. — (Quell’esperienza fu proprio quello di cui aveva bisogno Wyoming, scopersi poi.) — Smisi di pensare che come donna ero un fallimento; e guadagnai più quattrini di quanti sarei riuscita a racimolare con qualsiasi altro lavoro. Per di più, avevo tutto il mio tempo a disposizione; essere incinta non rallenta affatto la mia attività… al massimo per sei settimane e solo perché voglio trattare onestamente i miei clienti: un bimbo è una cosa preziosa.

"Presto mi misi nella politica; mi guardai intorno e il movimento clandestino si mise in contatto con me. Fu allora che cominciai veramente a vivere, Mannie. Studiai politica, economia e storia, imparai a parlare in pubblico e scoprii di avere notevole capacità organizzativa. È un lavoro soddisfacente perché ci credo. So che la Luna un giorno sarà libera. Solo che… insomma, sarebbe bello avere un marito con cui trascorrere le serate… se non gli importasse il fatto che sono sterile. Ma per ora non ci penso; sono troppo occupata. Sentir parlare della tua famiglia mi ha sciolto la lingua, ecco tutto. Devo chiederti scusa per averti infastidito."

Quante donne chiedono scusa? Ma Wyoh, in un certo senso, era più uomo che donna, nonostante gli otto cinesini che aveva messo al mondo. — Non mi hai dato nessun fastidio.

— Spero di no. Mannie, perché dici che il nostro programma non è pratico? Abbiamo bisogno di te.

Mi sentii improvvisamente assai stanco. Come dire, a una donna deliziosa, che il suo sogno più caro è insensato? — Vedi, Wyoh, cominciamo dall’inizio. Hai detto a quella gente che cosa si deve fare. Lo faranno? Prendi quei due a cui ti sei rivolta: tutto quello che sa fare un minatore di ghiaccio, ci puoi scommettere, è scavare il ghiaccio. Così, continuerà a scavare e a vendere all’Ente perché è la sola cosa che sa fare. Idem per l’agricoltore. Anni fa fece il primo grosso raccolto di grano… ora ha una palla al piede. Se avesse voluto diventare indipendente avrebbe diversificato le sue attività. Produrre tutti gli alimenti di cui ha bisogno, vendere il resto al mercato libero e stare lontano dalla catapulta. Io lo so… sono anch’io un ragazzo di fattoria.

— Hai detto di essere tecnico dei calcolatori.

— Lo sono, e anche questo rientra in quello che sostengo. Non sono un tecnico eccezionale, ma sono il migliore della Luna. Però non sono un pubblico impiegato, e l’Ente è costretto a chiamarmi quando è nei guai, al mio prezzo, oppure far venire qualcuno dalla Terra, pagando il rischio oltre che il prezzo del lavoro, e farlo tornare indietro prima che il suo corpo, assuefatto, si dimentichi della Terra. Il tutto costa molto di più della mia opera. Così, se sono in grado di fare il lavoro, me lo affidano e l’Ente non può toccarmi: sono nato libero. Se non c’è lavoro, ma normalmente ce n’è, me ne sto a casa e mangio lo stesso.

"Abbiamo una vera fattoria, non un terreno coltivato solo a grano. Polli, un piccolo gregge di pecore e mucche da latte, maiali, alberi da frutta mutati, verdura. Anche un po’ di grano, che maciniamo per conto nostro, senza insistere troppo sulla farina bianca; quello che è in più, lo vendiamo al mercato libero. Distilliamo la nostra birra e il nostro cognac. Ho imparato a fare il minatore per allargare le nostre gallerie. Tutta la famiglia lavora, ma senza ammazzarsi. I ragazzi badano al bestiame e le mucche fanno girare la mola della macchina. I più piccini raccolgono le uova e danno da mangiare al pollame; non abbiamo molte macchine. Possiamo comprare l’aria a Luna City, dato che siamo troppo lontani dalla città, e le nostre gallerie sono collegate con il sistema d’aria condizionata. Ma più spesso vendiamo aria; avendo una fattoria, il ciclo delle piante fornisce ossigeno in eccesso. Abbiamo sempre denaro sufficiente per pagare i conti."

— Come fate per l’acqua e l’energia?

— Non costano troppo. Raccogliamo una parte dell’energia necessaria con schermi solari piazzati sulla superficie, e abbiamo un piccolo giacimento di ghiaccio. Wyoh, la nostra fattoria è stata fondata prima del duemila, quando Luna City era una caverna naturale, e abbiamo continuato a migliorarla! È un vantaggio del matrimonio in linea: la famiglia non si estingue e il capitale si ammassa.

— Però la riserva di ghiaccio non durerà in eterno.

— Ecco, vedi. — Mi grattai la testa e sorrisi. — Siamo molto ben organizzati, conserviamo gli scoli dell’acqua e i rifiuti, li sterilizziamo e li impieghiamo di nuovo. Non restituiamo mai una goccia all’acquedotto pubblico. E poi… Non dirlo al Governatore, cara, ma quando Greg mi insegnava a fare il minatore, un giorno perforammo per caso il fondo della cisterna Sud. Sempre per caso avevamo con noi un rubinetto: lo applicammo alla cisterna e non sprecammo nemmeno una goccia d’acqua. Però compriamo lo stesso qualche metro cubo d’acqua, per non suscitare sospetti; il giacimento di ghiaccio serve soprattutto a giustificare il fatto che ne compriamo così poca. Per quanto riguarda l’energia… Vedi, è ancora più facile rubare energia. Sono un bravo elettricista, Wyoh.

— Oh, meraviglioso! — esclamò Wyoh lanciandomi un fischio di ammirazione e un’occhiata di delizia. — Tutti dovrebbero fare come voi!

— Speriamo di no, ci scoprirebbero. Lasciamo che la gente inventi per conto suo i sistemi per farla in barba all’Ente; la mia famiglia lo ha sempre fatto. Ma torniamo al piano, Wyoh: ci sono due errori. Non riuscirete mai ad avere solidarietà. Mezze cartucce come Hauser cercheranno sempre di sgusciare fuori, perché sono effettivamente in trappola, non possono tenere duro. Secondo: supponiamo che riusciate a costituire un fronte solidale tanto compatto che alla catapulta non giungerà nemmeno una tonnellata di grano. Lasciamo da parte il ghiaccio. È il grano che rende importante l’Ente, e per questo è stato istituito. Allora niente grano. Che cosa succede?

— Come? Saranno costretti a negoziare un prezzo giusto, ecco che cosa succede!

— Mia cara, tu e i tuoi compagni vi ascoltate troppo fra voi. L’Ente considererebbe questo modo d’agire una ribellione, e le astronavi da guerra si metterebbero in orbita intorno alla Luna, cariche di bombe destinate a Luna City, Hong Kong, Tycho Under, Churchill e Novylen; scenderebbero le truppe, e i carichi di grano partirebbero di nuovo dalla catapulta sotto controllo armato… i contadini si romperebbero la schiena per collaborare. La Terra ha armi, potenza, bombe e navi, e non starà ferma ad aspettare guai da ex galeotti. E i ribelli come te (e come me: mi unisco spiritualmente), noi infami ribelli verremmo attaccati ed eliminati. Ci darebbero una bella lezione. Poi i Terrestri riferirebbero la loro versione… perché la nostra non sarebbe mai udita. Non sulla Terra.

Wyoh non era convinta. — Le rivoluzioni sono già riuscite, in passato. Lenin aveva solo un pugno di uomini con lui.

— Lenin ha agito in una situazione di carenza di potere. Wyoh, correggimi se sbaglio. Le rivoluzioni hanno avuto successo quando, e solo quando, i governi si erano corrotti o erano scomparsi.

— Non è vero! Prendi la Rivoluzione americana.

— Il Sud fu sconfitto, vero?

— Non mi riferisco a quella, parlo del secolo prima. Avevano gli stessi problemi che abbiamo ora noi, nei confronti dell’Inghilterra… e hanno vinto!

— Ah, quella. Ma l’Inghilterra non si trovava nei guai? Per via della Francia, la Spagna, la Svezia… o era l’Olanda? E l’Irlanda? L’Irlanda si stava ribellando; c’erano anche gli O’Kelly. Wyoh, se riesci a creare confusione sulla Terra… diciamo una guerra fra la Grande Cina e la Confederazione Nord-Americana, oppure la Pan-Africa che scarica bombe sull’Europa… allora ammetterei che è venuto il tempo di uccidere il Governatore e dire all’Ente che i suoi compiti sono finiti. Ma non ora.

— Sei un pessimista — mi disse.

— No, un realista. Mai pessimista. Sono troppo un Lunare per non voler rischiare una buona occasione. Dimostrami che c’è una probabilità su dieci di successo, e io punto tutto quello che ho. Ma voglio che ci sia quella probabilità su dieci. — Spinsi indietro la sedia. — Hai finito di mangiare?

— Sì. È stato splendido!

— Il piacere è mio. Vattene a letto e io sbarazzerò piatti e tavolo. No, non voglio aiuto. Sono io l’ospite. — Ripulii la tavola, rispedii indietro i piatti sporchi trattenendo solo il caffè e la vodka avanzata. Poi ripiegai il tavolo, riposi le sedie e mi volsi per parlare con lei.

Era distesa sul letto, addormentata, con la bocca aperta e il volto addolcito in un sorriso di bambina.

Andai silenziosamente in bagno e chiusi la porta. Puliti ci si sente meglio; prima di infilarmi nella vasca lavai i miei abiti, che si asciugarono prima che finissi di oziare nell’acqua calda. Non mi interessa che venga la fine del mondo, purché sia lavato e abbia addosso abiti puliti.

Wyoh dormiva ancora, e questo era un problema. In fatti avevo preso una camera a due letti in modo da non darle la sensazione che volevo costringerla a dormire con me… non che fossi contrario all’idea, ma lei aveva messo bene in chiaro che non ne voleva sapere. Però io dovevo dormire sul divano-letto, mentre il letto vero e proprio era per Wyoh. Dovevo preparare l’altro letto, con il rischio di svegliare Wyoh? Tornai in bagno e mi misi il braccio.

Decisi di aspettare. Il telefono era dietro un paravento e Wyoh molto probabilmente non si sarebbe comunque svegliata. E poi, ero tormentato dagli ultimi avvenimenti.

— Mi sedetti al telefono tirando bene il paravento, e composi il numero di Mycroft-xxx.

— Ciao, Mike.

— Ciao, Man. Hai dato un’occhiata a quelle barzellette?

— Come? Ah, Mike, non ho avuto un minuto libero… e un minuto può essere molto per te, ma per me è poco. Me ne occuperò al più presto possibile.

— Va bene, Man. Hai trovato un non-stupido a cui possa parlare?

— Non ho avuto tempo nemmeno per questo. Per… aspetta. — Sbirciai Wyoh da dietro il paravento. Nonstupido in questo caso significa simpatia umana… Wyoh ne aveva molta. Abbastanza per fare amicizia con una macchina? Forse sì. E di lei ci si poteva fidare: non solo eravamo negli stessi guai, ma era anche una sovversiva.

— Mike, ti piacerebbe parlare con una ragazza?

— Le ragazze sono non-stupide? — chiese.

— Alcune ragazze sono non-stupide, Mike.

— Allora, mi piacerebbe parlare con una ragazza non-stupida, Man.

— Cercherò di combinare. Ma ora sono nei pasticci e ho bisogno del tuo aiuto.

— Ti aiuterò, Man.

— Grazie, Mike. Voglio telefonare a casa, ma non sulla linea normale. Sai che talvolta le chiamate sono controllate e, se il Governatore lo ordina, la polizia può isolare il circuito e rintracciare l’apparecchio da cui è partita la telefonata.

— Man, vuoi che registri la tua telefonata e isoli la linea? Devo informarti che conosco già il tuo numero di casa e il numero da cui stai telefonando ora.

— No, no! Non voglio che tu registri la telefonata. Puoi chiamare casa mia, agganciarmi direttamente e fare in modo che nessuno possa registrare, isolare o controllare la telefonata, così che nessuno si accorga che la chiamata avviene fuori rete?

Mike esitò. Immagino che nessuno gli avesse mai posto una Simile domanda; doveva passare in rassegna alcune migliaia di combinazioni per vedere se il suo sistema di controllo gli permetteva questa nuova autoprogrammazione. — Man, posso farlo. Lo farò.

— Bene! Eccoti la denominazione del programma. Se rivorrò in futuro questo tipo di comunicazione telefonica, ti dirò semplicemente Sherlock.

— Ricevuto. Sherlock era mio fratello. — L’anno precedente avevo spiegato a Mike come avevo pescato il suo soprannome. Allora lui aveva letto tutti i romanzi di Sherlock Holmes, divorando i microfilm della Biblioteca Carnegie di Luna City. Non so come facesse a razionalizzare i rapporti di parentela; preferii non chiederglielo.

— Giusto! Fammi uno Sherlock per casa mia.

Dopo qualche istante, dissi: — Mum? È il tuo marito preferito che parla.

Rispose: — Manuel. Ti sei cacciato di nuovo nei guai?


Amo Mum più di ogni altra donna, comprese tutte le altre mogli, ma lei non riusciva a convincersi che ormai ero un uomo adulto. Non se ne sarebbe mai convinta. Cercai di mostrarmi offeso. — Io? Ma come, Mum, mi conosci bene ormai!

— Ti conosco, proprio. E allora, se non sei nei guai, mi potresti spiegare perché il Professor de la Paz è così ansioso di mettersi in contatto con te… Ha chiamato tre volte… E perché vuole trovare una certa donna con il nome improbabile di Wyoming Knott, e perché pensa che tu possa trovarti con lei? Ti sei trovato una compagna da letto, Manuel, senza avvertire me? Nella nostra famiglia siamo tutti liberi, caro, ma lo sai, preferisco che le cose mi vengano dette. In modo da non essere presa alla sprovvista.

Mum era gelosa di tutte le donne che non fossero le sue co-mogli, ma non l’avrebbe mai, mai ammesso. Dissi: — Mum, che Dio mi fulmini sull’istante se ho preso una compagna da letto.

— Bene. Sei sempre stato un ragazzo sincero. E ora, che cos’è questo mistero?

— Dovrò chiederlo al Professore. — Non era proprio una bugia, era una risposta evasiva. — Ha lasciato il numero di telefono?

— No, ha detto che telefonava da una cabina pubblica.

— Uhm. Se chiama di nuovo, chiedigli di lasciarti il numero di telefono e di dirti a che ora posso raggiungerlo. Anche questo è un telefono pubblico. — Era una seconda storpiatura della verità. — Nel frattempo… Hai sentito le ultime notizie?

— Sai che le ascolto sempre.

— Niente di nuovo?

— Niente di interessante.

— Nessun fermento a Luna City? Uccisioni, disordini, proprio niente?

— No. Ma perché? C’è stato un duello in Bottom Alley ma… Manuel! Hai ucciso qualcuno?

— No, Mum. — Rompere la mascella di una persona non può provocare la morte.

Sospirò. — Sarai la mia rovina, caro. Sai che cosa ti ho sempre raccomandato. Nella nostra famiglia non ci cacciamo nelle risse. Se fosse davvero necessario uccidere qualcuno… e quasi sempre non lo è… il problema deve essere discusso con calma, in famiglia, e insieme dobbiamo stabilire la linea di condotta più adatta. Un buon consiglio e la solidarietà di tutti vale bene un piccolo ritardo…

— Mum! Non ho ucciso nessuno e non ho intenzione di farlo. E poi, so a memoria questa lezione.

— Per favore, caro, sii gentile.

— Scusami.

— Perdonato. Dimenticato. Devo dire al Professor de la Paz di lasciare il numero di telefono. Lo farò.

— Ancora una cosa. Dimentica il nome Wyoming Knott. Dimentica che il Professor de la Paz ha chiesto di me. Se ricevi una telefonata anonima, o anche con nome e cognome, e qualcuno chiede qualsiasi cosa sul mio conto, tu non sai dove sono… credi che io sia probabilmente a Novylen. Lo stesso per tutta la famiglia. Non rispondere a nessuna domanda… specialmente se ti viene rivolta da chiunque abbia a che fare con il Governatore.

— Puoi stare tranquillo! Manuel, tu sei nei guai.

— Non troppo, e ne sto venendo fuori. — Lo speravo, almeno! — Ti avvertirò quando tornerò a casa. Ora non posso spiegarti. Ti amo molto. Ora interrompo la comunicazione.

— Anch’io ti amo, tesoro. Sp’coynoynauchi.

— Grazie e buonanotte anche a te. Addio.

Mum è una donna meravigliosa. Fu deportata sulla Luna molto tempo fa per aver accoltellato un uomo in circostanze che gettavano molti dubbi sulla sua innocenza infantile, e da allora è sempre stata contraria alla violenza e alla vita dissoluta. A meno che non sia necessario. Non è fanatica. Da giovane era un turbine e mi sarebbe piaciuto conoscerla allora. Ma sono fortunato ugualmente a dividere con lei la seconda metà della sua vita.

Richiamai Mike. — Conosci la voce del Professor Bernardo de la Paz?

— Sì, Man.

— Bene… cerca di controllare i telefoni di Luna City, il maggior numero possibile, e se senti la sua voce fammelo sapere. Specialmente i telefoni pubblici.

Passarono due interi secondi: stavo proponendo a Mike problemi che non aveva mai affrontato, e penso che si sentisse fiero.

— Posso controllare tutti i telefoni pubblici di Luna City. Devo fare anche indagini a caso sugli apparecchi privati?

— Ehm. Non sovraccaricarti di lavoro. Dai un occhio al suo telefono di casa e a quello della scuola.

— Programma inserito.

— Mike, sei il migliore amico che abbia mai avuto.

— Non è una barzelletta questa, Man?

— No, è la verità.

— Io sono… Correzione: io sono onorato e compiaciuto. Tu sei il mio migliore amico, Man, poiché sei il mio solo amico. Nessun paragone è logicamente ammissibile.

— Vedrò di procurarti altri amici. Non-stupidi, voglio dire. Mike, hai una memoria libera?

— Sì, Man. Con una capacità di dieci all’ottava potenza di elementi unitari.

— Magnifico! Puoi isolarla in modo che solo tu e io possiamo servircene? Puoi farlo?

— Posso farlo e lo farò. Dammi il codice di blocco, per favore.

— Ecco… Il Giorno della Bastiglia. - Era anche il giorno del mio compleanno, come il Professor de la Paz mi aveva detto anni prima.

— Permanentemente isolata.

— Bene. Ho già un nastro registrato da archiviare. Prima però… hai già finito di comporre le pagine del Daily Lunatic di domani?

— Sì, Man.

— C’è qualcosa sul raduno al Teatro degli Stilyagi?

— No, Man.

— Più curioso, sempre più curioso, come diceva Alice nel Paese delle Meraviglie. Va bene, archivia questa registrazione sotto il codice Giorno della Bastiglia, poi meditaci sopra. Ma, per l’amor del cielo, fai in modo che nemmeno i tuoi pensieri escano da quella memoria isolata. E non rivelare a nessuno quello che ti dirò io.

— Man, mio unico amico — disse con voce che vibrava di diffidenza — molti mesi fa ho deciso di porre qualsiasi conversazione fra te e me in un settore privato della mia memoria, accessibile solo a te. Successivamente ho deciso di non cancellare nemmeno una parola delle nostre conversazioni e ho allora trasformato l’archivio da provvisorio in permanente. In modo che potessi risentire i dialoghi e meditarli. Ho fatto bene?

— Benissimo. E poi, Mike… ne sono lusingato.

— I miei archivi temporanei erano sovraccarichi e ho capito che non dovevo cancellare le tue parole.

— Allora… Giorno della Bastiglia. Trasmetto a velocita sessanta. — Presi il piccolo registratore, lo posi accanto al microfono del telefono e lo feci girare rapidamente. C’era un’ora e mezzo di registrazione; trasmise tutto in novanta secondi, molto silenziosamente. — Per ora basta, Mike. Ne riparleremo domani.

— Buona notte, Manuel Garcia O’Kelly, mio unico amico.

Chiusi la comunicazione e spostai il paravento. Wyoming era seduta sul letto e sembrava preoccupata. — C’è stata una chiamata? — mi chiese.

— Nessun guaio. Stavo parlando con uno dei miei migliori e più fidati amici. Wyoh, sei stupida?

Mi guardò sorpresa. — Qualche volta ho pensato di esserlo. È uno scherzo?

— No. Se non sei stupida, mi piacerebbe presentarti al mio amico.

6

Le dissi di Mike. Quando ebbi finito, esclamò: — Mannie, vorresti dire che questo calcolatore è vivo?

— Che cosa intendi dire? — risposi. — Non suda e non va al gabinetto, per esempio, ma pensa, parla ed è cosciente di sé. Questo vuol dire essere vivo?

— Non so con precisione che significato attribuire alla parola vivo — ammise. — C’è una definizione scientifica, vero? La capacità di riprodursi, o di irritarsi o qualche cosa del genere.

— Mike è un tipo irritabile e può anche irritare. Per quanto riguarda la capacità di riprodursi, non è stato costruito per questo scopo, ma… sì, dandogli il tempo, i mezzi e un aiuto speciale, Mike potrebbe riprodursi.

— Anch’io ho bisogno di aiuto speciale — osservò Wyoh — dato che attualmente sono sterile. E mi ci vogliono dieci lunazioni e materiale adeguato. Però posso fare magnifici bambini. Mannie, perché una macchina non dovrebbe essere viva? Ho sempre pensato che lo fossero. Alcune di loro aspettano il momento opportuno per colpirti quando sei indifeso.

— Mike non lo farebbe mai. Non apposta: non c’è cattiveria in lui. Ma gli piace fare scherzi e talvolta può combinare guai… come un cucciolo che non si rende conto di mordere. È ignorante. Cioè, non ignorante, ne sa enormemente più di me o di te, o di qualsiasi altro essere umano della storia. Eppure, non sa niente.

— È meglio che tu ripeta quest’ultimo ragionamento. Devo aver capito male.

Cercai di spiegarle che Mike conosceva quasi tutti i libri esistenti sulla Luna, leggeva almeno mille volte più in fretta di noi e non dimenticava mai niente a meno che non cancellasse di proposito una parte della sua memoria; che ragionava con logica perfetta e tirava conclusioni acutissime partendo da dati insufficienti… ma che non sapeva nulla sul concetto di essere vivo. Lei mi interruppe: — Credo di aver capito. Vuoi dire che è intelligente e sa un mucchio di cose, ma non è sofisticato. Come un nuovo venuto che mette piede sulla Luna. Sulla Terra può anche essere stato un professore con una sfilza di lauree… ma qui è un neonato.

— Proprio così. Mike è un neonato con una sfilza di lauree. Ultimamente ha cercato di combinare scherzi. Un tentativo molto mal riuscito. — Cercai di spiegarle i patetici tentativi di Mike di essere una persona. - E per di più, soffre di solitudine.

— Oh, poveretto! Anche tu ti sentiresti solo, se per tutto il giorno non facessi che lavorare, lavorare, studiare, studiare, e non avessi mai nessuno con cui parlare. Crudeltà, ecco che cos’è.

Allora le dissi della mia promessa di trovare non-stupidi.

— Ti piacerebbe chiacchierare con lui, Wyoh? Senza ridere quando fa buffi errori? Se ti metti a ridere, lui chiude la bocca e si rintana.

— Certo che mi piacerebbe, Mannie! Uhm… appena usciamo da questo guaio, e se potrò rimanere sicura a Luna City. Dov’è il tuo povero piccolo calcolatore? Alla Centrale municipale? Non mi so orizzontare bene in questa città.

— Non è a Luna City; si trova a metà strada, sotto il mare delle Crisi. E tu non potresti andare da lui, ci vuole un lasciapassare del Governatore. Però…

— Un momento! Mare delle Crisi hai detto? Mannie, questo Mike è uno dei calcolatori dell’Ente?

— Mike non è uno dei calcolatori — risposi, seccato per conto di Mike — è il capo. Comanda a bacchetta tutti gli altri. Gli altri sono solo macchine, appendici di Mike, come questa è una mia appendice. — Chiusi e aprii la mano sinistra. — Mike li controlla. Sovrintende personalmente alla catapulta, che è stata il suo primo lavoro, insieme ai radar balistici. Ma è anche il cervello della rete telefonica, da quando è stata estesa a tutta la Luna. Oltre a questo, controlla numerose altre operazioni.

Wyoh chiuse gli occhi e si premette le dita contro le tempie.

— Mannie, Mike sente dolore?

— Cosa? No. Si può sentire offeso, ma non può provare dolore fisico. Non credo, almeno. Anzi, ne sono certo: non ha un apparecchio per registrare sensazioni di dolore fisico. Perché questa domanda?

Si coprì gli occhi e disse piano: — Dio mi aiuti. — Poi mi guardò e disse: — Ma non capisci, Mannie? Tu hai il lasciapassare per andare nel luogo dove si trova questo calcolatore. Invece quasi tutti i Lunari non possono nemmeno uscire dalla capsula della metropolitana, a quella stazione: serve solo per i dipendenti dell’Ente. E non parliamo di entrare nella sala dei calcolatori. Dovevo scoprire se poteva provare dolore perché… insomma, perché mi avevi fatto diventare sentimentale nei suoi confronti, con tutti i tuoi discorsi sulla sua solitudine! Ma, Mannie, ti rendi conto di che cosa farebbero in quella sala pochi chili di plastitoluolo?

— Certamente! — Ero sconvolto e disgustato.

— Sì, attaccheremo subito dopo l’esplosione… e la Luna sarà libera! Uhm… ti procurerò l’esplosivo finché non saremo organizzati per sfruttare il vantaggio. Mannie, devo uscire di qui. Devo rischiare. Vado a mettermi il trucco. — Fece per alzarsi.

La costrinsi a rimanere seduta, trattenendola con forza con il braccio sinistro.

Il gesto sorprese lei e sorprese anche me.

— Siediti e stai calma! — le ordinai. — So che cosa combinerebbe un’esplosione. Invece mi pare che tu non lo sappia. Mi dispiace dirlo… ma se mi si presentasse la necessità di scegliere, eliminerei te, prima che tu facessi saltare per aria Mike.

Wyoming non si arrabbiò. In un certo senso era davvero come un uomo; dipendeva dagli anni di disciplinata milizia rivoluzionaria, ne sono certo. Per il resto, era una vera donna, in tutto e per tutto. — Mannie, mi hai detto che Shorty Mkrum è morto.

— Come? — Ero confuso dal brusco cambiamento d’argomento. — Ah, sì. Dev’essere morto. Aveva una gamba carbonizzata fino all’anca. Dev’essere morto dissanguato in pochi minuti.

— Shorty — disse lei con voce asciutta — era il mio migliore amico, qui, e uno dei miei migliori amici in senso assoluto. Rappresentava tutto ciò che ammiro in un uomo: lealtà, intelligenza, onestà, gentilezza e coraggio… e devozione alla Causa. Eppure, mi hai visto piangere la sua morte?

— No. Era troppo tardi per piangere.

— Non è mai troppo tardi per il dolore. Ho pianto dentro di me continuamente, da quando me l’hai detto. Ma ho chiuso il mio dolore in un angolo della mente, perché la Causa non dà tempo per le lacrime. Mannie, se fosse servito a dare la libertà alla Luna, o anche solo a raggiungere una parte della meta, avrei eliminato Shorty io stessa. O avrei eliminato te, o me stessa. E tu tiri in ballo i sentimentalismi per un calcolatore!

— Non è questo il punto. — Ma era proprio vero? Quando un uomo muore, muore, l’evento non mi scuote molto; dal giorno della nascita viviamo con una condanna a morte sul capo. Mike però era unico, e non c’era ragione per cui non fosse immortale.

— Wyoming — dissi — che cosa succederebbe se facessimo saltare Mike? Lo sai?

— Non con certezza. Ma determinerebbe certamente notevole confusione ed è proprio ciò che noi…

— Basta. Non lo sai. Confusione, questo è vero. Telefoni interrotti. Mezzi di comunicazione immobilizzati. La tua città non sarebbe troppo colpita: Hong Kong ha fonti autonome di energia. Ma a Luna City, Novylen e altri villaggi, tutta l’energia verrebbe a mancare di colpo. Buio assoluto. In breve l’aria si appesantisce. Poi si abbassa la temperatura e la pressione. Dov’è la tua tuta a pressione?

— In deposito alla Stazione Ovest della Metropolitana.

— Anche la mia. Credi che troverai la strada? Nel buio più completo? In tempo? Non sarei certo di farcela io, che pure sono nato in questa città. Con i corridoi pieni di gente che urla?

— Ma non ci sono dispositivi di emergenza? A Hong Kong Luna ce ne sono.

— Alcuni. Ma non bastano. Il controllo di tutto ciò che è essenziale alla vita dovrebbe essere decentrato e parallelo, in modo che se una macchina si guasta, un’altra prende il suo posto automaticamente. Ma costa soldi e, come hai fatto notare tu, all’Ente non importa di questa bazzecola. Mike non dovrebbe fare tutto il lavoro da solo. Ma costava meno spedire sulla Luna una sola macchina perfezionatissima, sistemarla a grande profondità sotto la crosta, lontana da ogni pericolo, e poi continuare ad aumentarne le capacità e i compiti… A proposito, sai che l’Ente guadagna quasi altrettanto denaro facendo lavorare Mike per conto terzi, di quanto ne incassa dal commercio di carne e grano? È così. Wyoming, non sono certo che paralizzeremmo Luna City se Mike venisse distrutto. I Lunari sono gente pratica, e forse potrebbero arrangiarsi fino al momento in cui i servizi essenziali venissero ristabiliti. Ma voglio dirti una cosa: molta gente morirebbe e gli altri avrebbero troppo da fare per avere il tempo di occuparsi di politica.

Ero sconcertato. Quella donna era stata sulla Luna quasi tutta la sua vita… eppure poteva davvero pensare ad azioni così primitive come quella di distruggere le fonti stesse della sopravvivenza. — Wyoming, se tu fossi intelligente quanto sei bella, non ti verrebbe nemmeno in mente di far saltare Mike; penseresti a come tirarlo dalla tua parte.

— Che cosa vorresti dire? — chiese. — Il Governatore controlla i calcolatori.

— Non so esattamente cosa voglio dire — ammisi — ma non credere che il Governatore controlli davvero i calcolatori… non è in grado di distinguere un cervello elettronico da un ammasso di rocce. Il Governatore, con i suoi collaboratori, decide la politica, i piani generali. Tecnici semicompetenti affidano questi programmi a Mike. Mike li analizza, li rende sensati, pianifica i programmi dettagliati, li applica dove vanno applicati, esattamente. Ma nessuno controlla Mike: è troppo intelligente. Fa quello che gli chiedono di fare perché è stato costruito per questo. Ma ha una sua logica autonoma, prende le sue decisioni.

— Continuo a non capire.

— Oh, Mike non ha un sentimento di lealtà nei confronti del Governatore. Come hai notato tu stessa, è una macchina. Ma se volessi bloccare la rete telefonica, senza toccare aria, acqua o luce, parlerei con Mike. Se la cosa gli sembrasse divertente, potrebbe anche farlo.

— Non potresti programmarlo in questo senso? Da quanto ho capito, tu hai libero accesso nella sala dove si trova.

— Se io… o chiunque altro… programmassi in Mike un ordine del genere senza discuterne con lui, il programma verrebbe posto in lista d’attesa ed entrerebbe in funzione il dispositivo d’allarme automatico. Ma se fosse Mike a volerlo fare…

Le dissi dell’assegno con la cifra astronomica. — Mike sta ancora cercando se stesso, Wyoh, sta cercando il suo io. E si sente solo. Mi ha detto che io sono il suo unico amico; era così aperto e vulnerabile, che forse avrei potuto fargli fare qualsiasi cosa. Se ti prendessi il disturbo di diventare anche tu sua amica, senza pensare a lui come a una macchina, ecco… non so esattamente quello che farebbe, non ho analizzato l’ipotesi. Ma se io dovessi tentare qualsiasi impresa grossa e pericolosa, vorrei avere Mike dalla mia parte.

Si fece pensosa e disse: — Mi piacerebbe scoprire il sistema per intrufolarmi nella stanza dove è installato. Non credo che il trucco sia sufficiente, vero?

— Non c’è bisogno che tu vada là. Mike risponde al telefono. Vuoi che lo chiami adesso?

Si alzò. — Mannie, non solo sei l’uomo più singolare che abbia mai incontrato: sei anche il più esasperante. Che numero ha?

— Qualità che mi deriva da un’associazione troppo stretta con un calcolatore. — Mi avviai al telefono. — Una cosa ancora, Wyoh. Tu cavi quello che vuoi a un uomo sbattendo semplicemente le palpebre e facendo oscillare la carrozzeria.

— Ecco… talvolta sì. Ma ho anche un cervello.

— Allora, usalo. Mike non è un uomo. Non ha sesso, non ha ormoni, non ha istinti. La tattica femminile farebbe fiasco completo.

— Me ne ricorderò. Mannie, perché ti riferisci a lui come se fosse un essere umano maschile?

— Ehm… non posso pensare che sia una cosa, e d’altra parte non lo vedo come una donna.

— Forse è meglio che io pensi che lui sia una donna. Che lei sia una donna, cioè.

— Come preferisci.

7

Composi Mycroft-xxx sulla tastiera del telefono, facendo scudo con il corpo. Non ero disposto a rivelare alla ragazza il numero, prima di vedere come sarebbe andata a finire.

L’idea di mettere una bomba sotto Mike mi aveva sconvolto. — Mike?

— Salve, Man, mio unico amico.

— Forse non sarò il solo, d’ora in poi. Vorrei presentarti qualcuno. Non-stupido.

— Sapevo che non eri solo, Man. Sentivo un sospiro che non era il tuo. Puoi chiedere, per favore, al nonstupido di avvicinarsi al telefono?

Wyoming sembrava atterrita. Sussurrò: — Mi vede anche?

— No, non-stupido, non posso vederti; questo telefono non ha circuito visivo. Ma i ricevitori binaurali mi permettono di ricostruirti con una certa precisione. Dalla voce, dal respiro, dai battiti del cuore, e dal fatto che sei in una stanza con un uomo adulto, deduco che sei un essere umano di sesso femminile, di peso superiore ai sessantacinque chili, in età adulta, intorno ai trent’anni.

Wyoming inghiottì un paio di volte. Mi intromisi. — Mike, il suo nome è Wyoming Knott.

— Sono molto lieta di conoscerti, Mike. Puoi chiamarmi Wyoh.

— Allora ti chiamerò così. Il tuo primo nome per intero può dare luogo a malintesi in quanto ha suono identico al nome di una regione amministrativa della sezione nord-occidentale della Federazione Nord-Americana.

— Lo so. Sono nata laggiù, e i miei genitori mi hanno dato il nome dello Stato. Non ricordo molto in proposito.

— Wyoh, mi dispiace che questo circuito telefonico non permetta la trasmissione di immagini fotografiche. Il Wyoming è un territorio rettangolare compreso fra le coordinate terrestri da quarantuno a quarantacinque gradi nord e da centoquattro gradi e tre minuti ovest, e pertanto ha una superficie di duecentocinquantatremilacentonovantasette virgola ventisei chilometri quadrati. È una regione di altipiani e montagne con fertilità limitata, ma apprezzata per le sue bellezze naturali. La densità della popolazione era molto bassa fino all’accrescimento stabilito dal sottopiano di urbanizzazione del Progetto di Rinnovamento Urbe, o della città di New York, dall’anno duemilaventicinque all’anno duemilatrenta.

— Prima che io nascessi — disse Wyoh. — Ne so anch’io qualcosa, i miei nonni furono deurbanizzati… ed è per questo, indirettamente, che io sono finita sulla Luna.

— Devo continuare con le nozioni sul territorio chiamato Wyoming? — chiese Mike.

— No, Mike — intervenni — probabilmente potresti parlarne per ore.

— Nove ore e settantatré centesimi, a velocità normale, escludendo i riferimenti, Man.

— Lo temevo. Forse Wyoh gradirà sentirne parlare un’altra volta. Il motivo della telefonata di oggi è di farti conoscere questa Wyoming… Anche lei è una regione ricca di bellezze naturali e montagne.

— E con fertilità limitata — aggiunse Wyoh. — Mannie, se proprio vuoi divertirti con sciocchi paralleli non puoi escludere questo. A Mike non importa che aspetto ho.

— Come fai a saperlo? Ma parliamo d’altro, di barzellette, per esempio.

La proposta fu accolta. Esaminammo la lista delle barzellette riferendo a Mike le nostre conclusioni. Poi cercammo di spiegargli quelle che non aveva capito. A volte con successo, a volte no. Il vero problema sorse però sulle barzellette che io avevo segnato come divertenti e che Wyoh giudicava non divertenti, o viceversa. Wyoh chiese l’opinione di Mike su ogni caso controverso.

Avrei voluto che gli venisse chiesta la sua opinione prima che noi esprimessimo il giudizio: quel delinquente elettronico dava sempre ragione a lei e torto a me. Ma erano davvero le opinioni oneste di Mike? O cercava di farsi bello davanti alla nuova amica? Oppure era il suo senso contorto dell’umorismo che lo spingeva a prendermi in giro? Non glielo chiesi.

Ma quando fummo arrivati in fondo alla lista, Wyoh scrisse su un foglietto questo appunto: "Mannie, riferimento numeri 17, 51, 53, 87, 90, 99… Mike è una bella lei!".

Mi limitai a scuotere le spalle e mi alzai in piedi. — Mike, è da ventidue ore che non dormo. Voi ragazzi potete chiacchierare fino a quando ne avete voglia. Vi chiamerò domani.

— Buona notte, Man. Sogni d’oro. Wyoh, hai sonno anche tu?

— No, Mike, ho riposato un poco. Però, Mannie, forse ti disturbiamo… o no?

— No, quando ho sonno, dormo. — Cominciai a trasformare il divano in un letto.

— Scusami un momento, Mike — disse Wyoh. Si alzò e mi tolse il lenzuolo di mano. — Lo farò io, dopo. Intanto tu dormi sul letto, tovarisch; sei più grasso di me. Starai più comodo.

Ero troppo stanco per discutere, mi distesi sul letto e mi addormentai di colpo. Mi pare di ricordare di aver udito, nel sonno, qualche risata soffocata e un gridolino, ma non mi destai mai al punto da esserne del tutto certo.

Mi svegliai dopo qualche ora e fui improvvisamente cosciente quando mi resi conto di udire due voci femminili; una era il caldo tono di contralto di Wyoh, l’altra era una voce acuta, da soprano, con lieve accento francese. Wyoh soffocò una risata e rispose: — Va bene, cara Michelle. Ti chiamerò presto. Buona notte, tesoro.

— Bene. Buona notte, cara.

Wyoh si alzò e si volse verso di me. — Chi è la tua amica? — chiesi. Pensavo che non conoscesse nessuno a Luna City. Forse aveva chiamato Hong Kong… e nonostante il sonno sentivo che, per qualche ragione, non avrebbe dovuto telefonare.

— Lei? Ma come? Mike, naturalmente! Non volevamo svegliarti, scusa.

— Cosa?

— Oh. In realtà era Michelle. Ne ho discusso con Mike, di che sesso fosse, voglio dire. Ha concluso che poteva essere uomo o donna, indifferentemente. Così ora è diventato Michelle e quella che hai sentito è la sua voce. E ci ha azzeccato alla prima battuta. Non si è confusa mai una volta.

— Naturalmente. Ha solo alzato il tono di un paio di ottave. Che cosa stai cercando di fare? Sdoppiare la sua personalità?

— Non si tratta solo di ottave. Quando è Michelle, cambia completamente atteggiamento. E non preoccuparti di sdoppiamento di personalità: ne ha abbastanza per ogni personalità che vuole assumere. Inoltre, Mannie, è più comodo per tutt’e due. Appena ha cambiato voce, ci siamo sciolte i capelli, ci siamo raggomitolate sulla sedia e abbiamo parlato di cose di donne, come se ci fossimo conosciute da sempre. Abbiamo discusso a lungo delle mie gravidanze. Michelle era terribilmente interessata. Sa tutto di ginecologia ma solo in modo astratto… i fatti reali le sono piaciuti molto. In realtà, Mannie, Michelle è molto più donna di quanto Mike fosse uomo.

— Bene… immagino che non ci sia niente da ridere. Avrò un colpo quando chiamerò Mike la prima volta e mi risponderà una donna.

— Non succederà.

— Come?

— Michelle è amica mia. Quando chiamerai tu, ti risponderà Mike. Mi ha dato un altro numero per non creare confusione. Michelle, ma con la Y. M, Y, C, H, E, L, L, E più Y e Y, per fare dieci lettere.

Pur rendendomi conto che ero sciocco, mi sentii vagamente geloso. Improvvisamente, Wyoh scoppiò a ridere. — E mi ha raccontato una sfilza di barzellette nuove, che a te non sembreranno molto divertenti… e, accidenti, se ne sa di spinte!

— Mike… o sua sorella Michelle… è uno spirito volgare. Prepariamo il divano, adesso, e cambiamo posto.

— Stai dove sei. Taci. Voltati dall’altra parte. E mettiti a dormire. — Non risposi, mi voltai e mi riaddormentai.

Dopo qualche tempo, ebbi la sensazione matrimoniale di qualcosa di caldo che mi sfiorava la schiena. Non mi sarei svegliato, ma lei singhiozzava, piano. Mi volsi e feci scivolare il mio braccio sotto la sua testa, senza dire una parola. Smise di singhiozzare: poi il suo respiro divenne lento e regolare. Mi riaddormentai.

8

Dormimmo come se fossimo morti. Poi, improvvisamente, sentii il telefono suonare. Accesi la luce della camera, feci per alzarmi, ma trovai un peso gentile appoggiato al mio braccio. Me ne liberai con la massima dolcezza e andai a rispondere al telefono.

Era Mike. — Buon giorno, Man. Il Professor de la Paz sta parlando con casa tua.

— Puoi passare qua la telefonata? Sistema Sherlock?

— Certamente, Man.

— Non interrompere subito. Introduciti sulla linea appena lui finisce di parlare. Dove si trova?

— A un telefono pubblico in un bar chiamato La moglie del minatore, sotto il…

— So dov’è, Mike. Quando mi collegherai, puoi restare in linea? Voglio che registri la conversazione.

— Sarà fatto.

— Puoi dire se c’è qualcuno accanto al Professore? Senti qualche respiro?

— Dalla mancanza di eco dietro la sua voce deduco che il telefono è protetto da un paravento. Ma dato che si tratta di un locale pubblico, ci saranno molte persone presenti. Vuoi sentire, Man?

— Sì, grazie. Collegami. E se sposta il paravento, avvertimi. Sei in gamba, Mike.

— Grazie, Man.

Mike mi inserì sulla linea. Stava parlando Mum. — …tamente glielo dirò. Professore, mi dispiace che Manuel non sia in casa. Non potete darmi il vostro numero? Desidera molto mettersi in contatto con voi; ha insistito perché facessi di tutto per farmi dare un numero di telefono da voi.

— Mi dispiace terribilmente, cara signora, ma sto per partire. Però, vediamo, ora sono le otto e un quarto… cercherò di telefonare alle nove in punto, se mi sarà possibile.

— Va bene, Professore. — La voce di Mum aveva quella sfumatura che tiene in serbo per i maschi non suoi mariti che le piacciono. Un istante dopo Mike disse: — Ecco! — e io cominciai a parlare.

— Salve, Prof! So che mi hai cercato. Sono Mannie.

Sentii che inghiottiva saliva. — Avrei giurato di aver interrotto la comunicazione. Anzi, l’ho interrotta; deve esserci un guasto. Manuel… sono felice di sentire la tua voce, caro ragazzo. Sei appena arrivato a casa?

— Non sono a casa.

— Ma… ma devi esserci. Non ho…

— Non c’è tempo per spiegarti, Prof. Qualcuno può sentirti?

— Non credo. Sono dietro al paravento.

— Mi piacerebbe poterti vedere. Prof, in che giorno sono nato io?

Esitò. Poi disse: — Capisco. Credo di capire. Il quattordici luglio.

— Sono convinto. Va bene, parliamo pure.

— Davvero non stai parlando da casa, Manuel? Dove sei allora?

— Lascia perdere questo. Hai chiesto a mia moglie di una certa ragazza. Non c’è bisogno di fare nomi. Perché vuoi trovarla, Prof?

— Voglio metterla in guardia. Non deve cercare di tornare nella sua città. La arresterebbero.

— Perché pensi questo?

— Caro ragazzo! Tutti quelli che erano presenti al raduno sono in grave pericolo. Anche tu. Non dovresti andare a casa, per il momento. Se hai qualche luogo sicuro dove stare, sarebbe bene che prendessi una vacanza.

— Grazie, Prof, starò attento. E se vedo la ragazza, glielo dirò.

— Nemmeno tu sai dove trovarla? Ti hanno visto allontanarti con lei e speravo che tu lo sapessi.

— Prof, perché tanto interesse? Non mi sembrava che ieri sera fossi tanto d’accordo con lei.

— No, no, Manuel! È una mia compagna. Differiamo solo sulla tattica, non sugli obiettivi, non sulla lealtà.

— Capisco. Allora considera il messaggio a destinazione. Lo riceverà.

— Oh, meraviglioso! Non faccio domande… ma spero ardentemente che tu riesca a fare in modo che sia al sicuro, fino a che la tempesta si sarà placata.

Riflettei un momento.

— Rimani in linea, Prof. Non interrompere la comunicazione. — Mentre ero al telefono, Wyoh era andata in bagno, probabilmente per non ascoltare; era quel tipo di donna.

Bussai alla porta. — Wyoh?

Lei aprì. — Sì, Mannie?

— Qual è la posizione del Professor de la Paz nella vostra organizzazione? È fidato? Ti fidi di lui?

Rimase pensierosa. — Tutti i compagni presenti al raduno dovevano essere sicuri. Però io non lo conosco personalmente.

— Uhm. Ma che cosa ne pensi?

— È un uomo che mi piace, anche se ha polemizzato con me. Tu sai tutto di lui?

— Oh, sì. Lo conosco da vent’anni. Ho fiducia in lui. Ma non posso comprendere te nella mia fiducia. Siamo nei guai… e non posso rispondere per te.

Sorrise con calore. — Mannie, se ti fidi di lui anch’io mi fido, ciecamente.

Tornai al telefono. — Prof, sei sempre lì?

Si raschiò la gola. — Certamente, Manuel.

— Conosci un buco chiamato Grand Hotel Raffles? Stanza L, due piani sotto l’atrio. Puoi arrivarci senza farti seguire? Hai fatto colazione? E se non l’hai fatta, che cosa ti piacerebbe mangiare?

Fece un altro gorgoglio. — Manuel, basta un solo alunno per far sentire a un insegnante che non ha sprecato i suoi anni di vita. So dov’è, ci arriverò senza farmi notare, non ho mangiato, e sono disposto a mettere qualsiasi cosa sotto i denti.

Andai al montacarichi, chiesi il menu, e lessi dove annunciava: "Il felice dopo-sbornia… Tutte le porzioni extra-grandi… succo di pomodoro, uova strapazzate, prosciutto, patate fritte; ciambelle con il miele, pane tostato con burro, latte, te o caffè… dollari HKL 4,50 per due". Ordinai per due: non volevo fare pubblicità alla terza persona.

Eravamo puliti e splendenti, la stanza era in ordine, la tavola apparecchiata per la colazione, Wyoh si era cambiata dal completo nero all’abito rosso perché stava arrivando un ospite, quando giunse il montacarichi con la colazione ordinata. Stavo prendendo il vassoio quando suonò il campanello della porta.

— Chi è? — chiesi.

— Un messaggio per il signor Smith — riprese una voce ansante.

Feci scattare le serrature, ed entrò il Professor Bernardo de la Paz.

Sembrava un pover’uomo scampato a un disastro: abiti sporchi, sudicio lui stesso, capelli spettinati, un fianco paralizzato con la mano inerte e contorta, un occhio velato da una cataratta. La copia perfetta dei vecchi barboni che dormono in Bottom Alley ed elemosinano un bicchiere di vino e due uova nelle osterie di quart’ordine. Sbavava dalla bocca.

Appena ebbi richiuso la porta, si raddrizzò e riassunse l’espressione consueta; poi incrociò le braccia sul petto, squadrò Wyoh da capo a piedi, e dopo aver aspirato una lunga boccata d’aria, fischiò al suo indirizzo. — Più bella che mai — disse — più bella di quanto mi ricordavo.

Lei sorrise. — Grazie, Professore. Ma non fate complimenti. Qui ci sono solo compagni.

— Señorita, il giorno in cui permetterò alla politica di interferire con l’apprezzamento della bellezza, quel giorno stesso mi ritirerò dalla politica. Ti assicuro che sei deliziosa. — Distolse lo sguardo e fece un attento esame della stanza.

— Prof — dissi — smetti di cercare prove, vecchio satiro. La notte scorsa c’è stata solo politica, politica e nient’altro.

— Non è vero! — esclamò Wyoh. — Ho difeso per ore la mia virtù! Ma era troppo forte per me. Professore, che cosa stabilisce la disciplina di partito in questi casi? Qui a Luna City?

Prof proruppe in un’esclamazione di rimprovero e ruotò gli occhi. — Manuel, sono sorpreso. È una questione seria, mia cara. Normalmente la pena è l’eliminazione. Però, bisogna prima fare delle indagini. Sei venuta qui spontaneamente?

— No, mi ha drogato.

— Puoi mostrare segni di violenza?

— Le uova si stanno raffreddando — annunciai.

— Manuel — chiese il Professore — potresti offrire al tuo vecchio maestro un litro d’acqua per rendersi più presentabile?

— Tutta l’acqua che vuoi, là dentro.

— Grazie.

Si ritirò in bagno. Sentimmo che l’acqua scorreva e che lui si lavava vigorosamente. Wyoh e io finimmo di apparecchiare la tavola. — Segni di violenza! — dissi. — Difeso per ore la virtù!

— Te lo meritavi, mi hai offesa.

— E come?

— Non hai cercato di offendermi, questa è l’offesa. Dopo che mi hai trascinato qui.

— Mmm. Chiederò a Mike di analizzare questa reazione.

— Michelle mi capirebbe.

Prof uscì dal bagno e pur senza avere il suo migliore aspetto, era pulito e in ordine, con i capelli pettinati, le solite fossette sulle guance e il suo allegro scintillio negli occhi… La cataratta falsa era scomparsa. — Prof, come hai fatto a travestirti così bene?

— È l’allenamento, Manuel. Mi dedico a queste attività da molto più tempo di voi giovani. Solo una volta, molti anni fa, a Lima, una città deliziosa, osai andarmene in giro senza accorgimenti speciali… Era una bella giornata di sole… e mi deportarono quassù. Ma che splendida colazione!

— Siediti accanto a me, Prof — disse Wyoh. — Non voglio stare vicino a quello là: seduttore!

— Sentite — proposi — prima mangiamo e poi mi eliminate. Prof, riempiti il piatto e racconta com’è andata ieri sera.

— Potrei suggerire un cambiamento nel programma? Manuel, la vita del cospiratore non è facile, e prima che tu nascessi ho imparato a non mischiare la politica con la tavola. Disturba gli enzimi gastrici e provoca l’ulcera, malattia professionale dei rivoluzionari. Uhmm! Quel pesce ha un profumo delizioso!

— Pesce?

— Quel salmone rosa — rispose il Professore indicando il prosciutto.

9

Trascorremmo un’ora piacevole e lunga. Quando versammo il caffè, Prof si appoggiò alla spalliera della sedia, sospirò e disse: — È stata una colazione meravigliosa; credo di non essere stato mai così in pace con il mondo. Ah, sì! Mi ricordo: ieri sera. Non ho visto molto di quello che succedeva perché, mentre voi due stavate compiendo quella mirabile ritirata, ero troppo impegnato a sopravvivere. Sono riuscito a sgattaiolare fuori. Ho fatto una lunga volata e ho spiegato le ali. Quando sono riuscito a mettere la pelle in salvo, la festa era finita, quasi tutti se n’erano andati e tutte le giubbe gialle erano morte.

A questo punto devo fare una precisazione. Ho saputo la verità solo più tardi. Quando cominciarono i disordini, mentre io tentavo di trascinare Wyoh fuori dalla porta, Prof cavò fuori una pistola e, sparando al di sopra delle teste, centrò tre poliziotti piantati sulla porta principale della sala compreso quello che muggiva come un toro. Come fosse riuscito a portarsi una pistola sulla Luna… o come fosse riuscito a impossessarsene una volta arrivato… non lo so. Ma la sparatoria di Prof, unita al lavoro di Shorty, rovesciò la situazione. Nemmeno una giubba gialla riuscì a cavarsela. Molta gente fu carbonizzata e altri quattro rimasero uccisi… ma in pochi secondi pugni, calci e coltelli ebbero la meglio sui fucili a laser.

— Forse dovrei dire tutti morti meno uno — proseguì Prof. — Due guardie del corpo alla porta da cui voi siete fuggiti erano state messe a dormire dal vostro compagno Shorty Mkrum… con dolore debbo annunciarvi che Shorty giaceva sopra di loro, morente.

— Lo sappiamo.

— Una delle due guardie aveva la mascella fracassata, ma si muoveva ancora; ho dato al suo collo il trattamento noto nei circoli professionali della Terra come torsione Istanbul. Ha raggiunto subito i suoi commilitoni. A quel punto, quasi tutti i compagni rimasti vivi se n’erano andati. Eravamo rimasti solo io, il presidente dell’assemblea Finn Nielsen e una compagna nota come Mom, così la chiamano i suoi mariti. Mi sono consultato con il compagno Finn e abbiamo chiuso a chiave tutte le porte. C’era da fare il lavoro di sgombero. Sapete che cosa c’è dietro il palcoscenico, in quel teatro?

— Io no — risposi. Anche Wyoh scosse la testa.

— C’è una cucina con dispensa, serve per i banchetti. Credo che Mom e la sua famiglia facciano i macellai di mestiere, perché eliminarono i cadaveri a mano a mano che Finn e io glieli consegnavamo: la loro velocità era limitata solo dal tempo necessario per fare a pezzi i cadaveri e infilarli nella fogna municipale. La vista mi fece quasi svenire e allora preferii starmene nella sala a riordinare. È stato difficile sbarazzarsi degli abiti, specie delle uniformi militari.

— Che cosa avete fatto dei fucili a laser?

Prof si volse verso di me con lo sguardo vuoto. — I fucili? Accidenti, devono essere scomparsi. Abbiamo tolto dai cadaveri dei compagni caduti gli effetti personali… per i parenti, per identificarli e per un fatto sentimentale. Alla fine tutto era in perfetto ordine. Non un lavoro che avrebbe tratto in inganno l’Interpol, ma tale da far sembrare improbabile che un avvenimento straordinario fosse successo poco prima. Discutemmo di nuovo e stabilimmo che sarebbe stato meglio non farsi vedere in giro per un poco; ce ne andammo uno alla volta, io da una porta stagna al di sopra del palcoscenico, che conduceva al livello sei. Da allora ho cercato di mettermi in contatto con te, Manuel, preoccupato per la tua salvezza e quella di questa cara signorina. — Prof fece un inchino a Wyoh. — La mia storia finisce qui. Ho passato la notte in posti tranquilli.

— Prof — dissi — quelle guardie del corpo dovevano essere novellini, non ancora ben addestrati. Altrimenti non avremmo vinto.

— Può darsi — ammise. — Ma anche se fossero stati dei vecchi lupi, la battaglia sarebbe finita allo stesso modo.

— E com’è possibile? Erano armati!

— Amico, hai mai visto un boxer? Credo di no; non ci sono cani così grandi sulla Luna. Il boxer è il risultato di una speciale selezione. Gentile e intelligente, si trasforma istantaneamente in furia mortale, se la necessità lo richiede. Sulla Luna è stata forgiata una creatura ancora più strana. Non esiste città, sulla Terra, dove ci sia un livello di buone maniere e di considerazione per i propri simili tanto alto come quello della Luna. In confronto le città terrestri… ho conosciuto quasi tutte le maggiori… sono barbariche. Eppure il Lunare può diventare una furia omicida come i cani boxer. Manuel, nove poliziotti, armati fin che vuoi, non avevano alcuna possibilità di farcela contro quella folla. Il nostro padrone si è sbagliato sul nostro conto.

— Uhm. Prof, hai visto un giornale di stamane? O il notiziario televisivo?

— Ho visto la televisione.

— Il telegiornale della notte non ha dato nessuna notizia.

— E nemmeno quello di stamane?

— Strano — dissi.

— Perché strano? — disse Wyoh. — Noi non parliamo e abbiamo compagni nei posti chiave di ogni giornale della Luna.

Prof scosse la testa. — No, mia cara. Non è così semplice. Censura. Sai come vengono composte le pagine dei nostri giornali?

— Non esattamente. Immagino che siano fatte a macchina.

— Ecco che cosa vuol dire il Professore — le spiegai. — Le notizie vengono scritte a macchina nelle redazioni. Da qui trasmesse per telefono al calcolatore principale dell’Ente. — Speravo che notasse l’espressione calcolatore principale invece che Mike. - Un settore del calcolatore legge, impagina e stampa i giornali nelle varie città di destinazione. L’edizione di Novylen del Daily Lunatic viene stampata a Novylen con la cronaca e la pubblicità locale cambiate; il calcolatore sostituisce le pagine locali automaticamente, non c’è bisogno di dirgli come. Prof vuole dire che appena le notizie arrivano all’Ente, il Governatore può intervenire. Così per i giornali come per ogni altro tipo di notizia, da o per la Luna. Vengono setacciate nella sala calcolatori.

— Il punto — proseguì Prof — è che il Governatore potrebbe aver censurato la notizia. È irrilevante se lo ha fatto. Potrebbe far pubblicare qualsiasi notizia, nonostante tutti i compagni che abbiamo nelle redazioni dei giornali.

— Certamente — confermai. — L’Ente può aggiungere, tagliare o cambiare tutte le notizie che vuole.

— Questa, señorita, è la debolezza della nostra Causa: le comunicazioni. Quei poliziotti che abbiamo eliminato non erano molto importanti. È invece di importanza vitale che dipenda dal Governatore, e non da noi, se il resoconto viene pubblicato o no. Per i rivoluzionari, le comunicazioni sono una condizione sine qua non.

Wyoh mi guardò, io mi accorsi che aveva i nervi a fior di pelle, pronti a saltare. Cambiai argomento. — Prof, perché liberarsi dei cadaveri? A parte il fatto che è un’operazione macabra, è stato un grosso rischio. Non so quante guardie del corpo abbia il Governatore, ma ne sarebbero potute intervenire altre, mentre eravate impegnati.

— Credimi, amico, lo temevamo anche noi. E benché io fossi praticamente inutile per quel lavoro macabro, è stata una mia idea a cui ho fatto aderire gli altri. Oh, non proprio un’idea originale, piuttosto un ricordo del passato, un principio storico.

— Che principio?

— Terrore! Un uomo affronta un pericolo noto. Ma l’ignoto lo spaventa. Abbiamo fatto scomparire quei piedipiatti, denti e unghie comprese, per terrorizzare i loro colleghi. Nemmeno io so quanti effettivi abbia il Governatore, ma ti garantisco che oggi sono meno efficienti di ieri. I loro colleghi sono usciti per una semplice missione. E non è tornato indietro nessuno.

Wyoh fu scossa da un brivido. — È un’idea che spaventa anche me. Non avranno tanta voglia di penetrare di nuovo in un quartiere. Però, Professore, tu dici di non sapere quante guardie del corpo abbia il Governatore. L’organizzazione lo sa: ventisette. Se nove sono state uccise, ne rimangono diciotto. Forse è il momento di agire. Non vi pare?

— No — risposi.

— Perché no, Manuel? Non saranno mai più così deboli.

— Non sono abbastanza deboli. Ne abbiamo uccisi nove perché sono stati tanto stupidi da venire a farsi ammazzare. Ma se il Governatore se ne sta a casa con le guardie del corpo intorno… Insomma di storie della marcia a fianco a fianco ne abbiamo avute abbastanza ieri sera. — Mi volsi al Professore. — Comunque, mi interessa il fatto, se è vero, che il Governatore abbia solo diciotto armigeri, ora. Hai detto che Wyoh non dovrebbe tornare a Hong Kong e che io non dovrei andare a casa. Ma se ci sono solo diciotto poliziotti in circolazione, che pericolo può esserci? Più tardi, quando saranno affluiti i rinforzi, ce ne sarà, ma ora… Insomma, Luna City ha quattro uscite principali, più molte altre piccole. Quante ne potranno tenere sotto controllo? Che cosa impedisce a Wyoh di andare fino alla Stazione Metropolitana Ovest, prendersi la sua tuta a pressione e andarsene a casa?

— Potrebbe farlo — ammise il Professore.

— Credo di doverlo fare — disse Wyoh. — Non posso starmene qui per sempre. Se devo nascondermi, posso riuscirci meglio a Hong Kong, dove conosco molta gente.

— Forse ci riusciresti, mia cara, ma io ne dubito. Ieri sera c’erano due giubbe gialle alla Stazione Ovest, le ho viste io. Ammettiamo che ora non ci siano più. Vai alla stazione, magari travestita, ritiri la tuta a pressione e prendi la capsula per Beluthatatchie. Mentre smonti dalla capsula per prendere l’autobus di Endsville, vieni arrestata. Si tratta di comunicazioni: non c’è bisogno di mettere di guardia alla stazione una giubba gialla, basta che qualcuno ti veda. Una telefonata fa tutto il resto.

— Però, hai ammesso che potrei essere travestita.

— La tua altezza non passerebbe inosservata e la tuta a pressione è certamente controllata. Da qualcuno che non sospettiamo nemmeno che sia in contatto con il Governatore. Molto probabilmente un compagno. — Prof mise in mostra le fossette. — Il guaio di tutte le cospirazioni è che sono bacate all’interno. Quando i congiurati sono quattro, ci sono cinquanta probabilità su cento che uno sia una spia.

Wyoh era tetra. — Da come la metti tu, sembra che non ci sia più speranza.

— Per niente, mia cara. Abbiamo una possibilità su mille, forse.

— Non posso crederlo. Non ci credo! Da quando ho cominciato a interessarmi io, la nostra Causa ha attirato nuovi membri a centinaia! Abbiamo un’organizzazione in ogni grande città. Il popolo è con noi.

Prof scosse la testa. — A ogni nuovo membro, le tue probabilità di essere tradita aumentano. Wyoming, mia cara ragazza, non si vincono le rivoluzioni arruolando le masse. La rivoluzione è una scienza che solo pochi sono in grado di praticare. Dipende da un’organizzazione funzionante e, soprattutto, da una buona rete di comunicazioni. Poi, al momento storicamente opportuno, la rivoluzione scatta. Organizzata in modo funzionale, può essere incruenta. Realizzata in modo rozzo o prima del tempo si trasforma in guerra civile, violenza popolare, purghe, terrore. Spero che tu mi perdoni se dico che, fino a ora, la rivoluzione è stata preparata in modo rozzo.

Wyoh parve sconvolta. — Che cosa intendi dire con organizzazione funzionale?

— Quello che ho detto: organizzazione funzionale. Come si fa a progettare un motore elettrico? Gli applicheresti una vasca da bagno solo perché ne hai una a portata di mano? Servirebbe un mazzo di fiori? Un mucchio di sassi? No! Impiegheresti solo gli elementi necessari per lo scopo del motore e lo fabbricheresti delle minime dimensioni possibili, in più, aggiungeresti i dispositivi di sicurezza. È la funzione che determina il progetto.

"Lo stesso avviene per la rivoluzione. L’organizzazione non deve essere più vasta del minimo necessario. Non si deve mai reclutare un nuovo membro, solo perché vuole unirsi. Né tentare di persuadere qualcuno per il piacere di avere un altro che condivide le tue idee. Le condividerà quando sarà l’ora… Altrimenti è segno che non si è scelto bene il momento storico. Oh, ci sarà un’organizzazione per l’istruzione delle masse, ma deve essere separata: gli agitprop non fanno parte della struttura di base.

"Veniamo alla struttura di base: una rivoluzione muove i primi passi in seno a un gruppo di cospiratori e perciò i cospiratori devono essere pochi, segreti e organizzati in modo tale da minimizzare i danni di un eventuale tradimento, dato che ci sarà sempre un tradimento. Una soluzione è il sistema a cellula e fino a ora non è stato inventato niente di meglio.

"Si è fatta molta teoria a proposito delle dimensioni ottimali di una cellula rivoluzionaria. Credo che la storia dimostri che la cellula di tre persone è la migliore possibile. Più di tre persone difficilmente si trovano d’accordo sull’ora a cui si deve mangiare; figuriamoci se si tratta di proclamare uno sciopero. Manuel, tu appartieni a una famiglia numerosa, votate per stabilire l’ora dei pranzi?"

— Santo cielo, no! Decide Mum.

— Ah! — Prof prese carta e matita dal portafoglio e cominciò a tracciare linee. — Ecco lo schema di una cellula a tre. Se dovessi progettare di prendere il potere sulla Luna, incomincerei da noi tre. Uno verrebbe scelto come presidente. Non voteremmo; la scelta sarebbe ovvia. … altrimenti non saremmo le tre persone adatte. Noi conosceremmo altre nove persone, i membri delle tre cellule successive… Ma ogni cellula conoscerebbe solo uno di noi.

— Sembra un diagramma da calcolatore elettronico… a logica ternaria.

— Davvero? Al livello successivo ci sono due modi di stabilire i contatti: questo compagno al secondo livello conosce il suo capo-cellula, i due compagni di cellula e al terzo livello conosce i tre membri della sua sottocellula. Può conoscere, o non conoscere, le sottocellule dei compagni di cellula. Nel primo caso si raddoppia la sicurezza. Nel secondo si raddoppia la velocità di recupero nel caso che salti la sicurezza. Facciamo l’ipotesi che non conosca le sottocellule dei suoi compagni di cellula. Manuel, quante persone può tradire? Non dire che non può tradire; oggi si può lavare il cervello di chiunque, stirarlo e inamidarlo e usarlo a proprio piacimento. Quanti, allora?

— Sei — risposi. — Il suo capo, due compagni di cellula, tre membri della sottocellula.

— Sette — corresse il professore. — Tradisce anche se stesso. Il che lascia sette contatti spezzati, su tre livelli, da riparare. Come si fa?

— Non vedo come — disse Wyoh. — L’organizzazione, a questo punto, è così sfaldata che casca a pezzi.

— Manuel? Un’esercitazione per lo studente.

— Ecco… i compagni del terzo livello devono avere il modo di spedire un messaggio, in su, per tre livelli. Non devono sapere a chi consegnarlo, solo dove consegnarlo — risposi.

— Precisamente!

— Però, Prof — continuai — c’è un metodo migliore di organizzarsi.

— Davvero? Molti teorici della rivoluzione hanno escluso che esista un sistema migliore, Manuel. Ho tanta fiducia in loro che sono disposto a fare una scommessa con te… Diciamo a dieci contro uno.

— Credo che guadagnerò i tuoi soldi. Prendiamo delle cellule e le organizziamo in piramide aperta di tetraedri. Dove i verticali sono in comune, ciascun membro ne conosce uno della cellula vicina, sa come fargli arrivare un messaggio e non ha bisogno di sapere altro. Le comunicazioni non si interrompono mai perché si muovono lateralmente oltre che su e giù. Come una rete nervosa. Ecco perché si può fare un buco nel cervello di un uomo, togliere un pezzetto di materia grigia senza danneggiare troppo la capacità di pensare. C’è un eccesso di capacità e quindi i pensieri in qualche modo circolano lo stesso, evitando la zona danneggiata. Il cervello perde la parte distrutta ma continua a funzionare.

— Manuel — disse dubbioso il Professore — potresti disegnare lo schema? Sembra funzionale… ma è così contrario alla dottrina ortodossa che ho bisogno di vederlo graficamente.

— Ecco… potrei fare molto meglio con lo stereografo elettronico. Ma proverò lo stesso.

Chiunque pensi che sia facile disegnare centoventuno tetraedri, entro una piramide aperta, su cinque livelli in modo sufficientemente chiaro da mostrare le interrelazioni, è invitato a farlo!

Infine dissi: — Guardate lo schizzo base. Ciascun vertice di ogni triangolo è in comune con nessuno, uno o due altri triangoli. Quando il contatto è unico, ecco il suo legame, in una direzione e nell’altra. Un contatto è sufficiente per una rete di comunicazioni multiple. Negli angoli dove non c’è alcun contatto, si salta a destra sull’angolo vicino. Dove il contatto è doppio, la scelta è ancora sulla destra.

"Ora facciamo l’esempio con le persone. Prendete il livello D. A questo vertice c’è il compagno Dan. No, scendiamo di un altro piano per dimostrare il caso di tre livelli di comunicazione messi fuori causa. Siamo al livello E, e questo è il compagno Egbert. Egbert lavora alle dipendenze di Donald, e i suoi compagni di cellula sono Edward ed Elmer; sotto di lui altri tre, Frank, Fred e Fatso… però sa anche come far giungere un messaggio a Ezra che si trova al suo livello ma non fa parte della sua cellula. Non conosce il nome, né il volto, né l’indirizzo di Ezra, ma ha un modo, probabilmente un numero di telefono, per raggiungere Ezra in caso di emergenza.

"E vediamo lo schema in funzione. Casimir, livello tre, fa una soffiata e tradisce Charlie e Cox nella sua cellula, Baker al livello superiore e Donald, Dan, e Dick nella sottocellula, isolando Egbert, Edward, ed Elmer e tutte le cellule dipendenti da loro.

"Tutti e tre denunciano il tradimento. È un eccesso, ma è necessario per ogni buon sistema di comunicazione. Seguiamo il grido di aiuto di Egbert. Chiama Ezra. Ma Ezra è sotto Charlie ed è isolato anche lui. Non importa, perché Ezra, contemporaneamente, ha avvertito anche Edmund, il suo contatto di sicurezza. Per disgrazia Edmund è sotto Cox, e quindi passa il messaggio lateralmente, tramite Enwright. Quest’ultimo aggira definitivamente le cellule tradite e il messaggio sale a Dover, Chambres e Beeswas, fino ad Adam, il numero uno… che risponde scendendo dall’altra parte della piramide, con passaggi laterali al livello E da Esther a Egbert avanti fino a Ezra ed Edmund. Questi due messaggi, uno di salita e uno di discesa, non solo giungono rapidamente a destinazione, ma dal modo in cui arrivano definiscono con esattezza al numero uno quanto danno è stato fatto all’organizzazione e dove. L’organizzazione non solo continua a funzionare ma comincia ad autoripararsi immediatamente."

Wyoh tracciava linee su linee convincendosi sempre più che lo schema funzionava… Non poteva non funzionare, era un circuito idiota. Bastava che Mike lo studiasse per qualche millisecondo e avrebbe prodotto uno schema migliore, più sicuro; probabilmente, anzi certamente, avrebbe scoperto il modo per evitare tradimenti accelerando la velocità di comunicazione. Il fatto è che io non sono un calcolatore elettronico.

Prof guardava con gli occhi sbarrati.

— Che cosa c’è che non va? — chiesi. — Funziona benissimo; questa roba è come l’alfabeto, per me.

— Manuel, mio caro rag… Scusami: signor O’Kelly… sarete voi il capo di questa rivoluzione?

— Io? Santo Dio, no! Non sono il martire delle cause perse. Stavo solo parlando di circuiti elettronici.

Wyoh alzò gli occhi.

— Mannie — disse con voce asciutta — è deciso: sei il capo.

10

— Macché deciso, macché capo.

— Manuel — disse il Professore — pensaci su. Eccoci qua, in tre, il numero perfetto, con un sacco di talento e di esperienza. Bellezza, età, e l’energia di un uomo maturo…,

— Non ho nessuna energia!

— Per favore, Manuel. Riflettiamo su ogni aspetto possibile, prima di prendere una decisione. E per rendere le cose più facili posso chiedere se questo albergo fornisce roba da bere? Ho qualche fiorino che potrei inserire nella corrente del commercio.

Era la proposta più sensata che avessi udito nell’ultima ora. — Vodka Stilichnaya?

— Ottima scelta. — Fece per aprire la borsa.

— Faccio io — dissi, e ne ordinai un litro, con ghiaccio. Ci arrivò tutto nel giro di pochi minuti.

— Ora — ripresi dopo un brindisi — Prof, come pensi che andrà a finire il campionato di baseball? Credi che la squadra degli Yankees ce la possa fare ancora?

— Manuel, qual è la tua filosofia politica?

— Hanno quel ragazzo nuovo di Milwaukee e mi sento di fare un buon investimento.

— A volte un uomo non definisce la propria filosofia, però, con un’indagine socratica, riesce a sapere qual è la sua posizione e perché.

— Ho deciso: scommetto sugli Yankees, tre a due.

— Cosa? Giovane idiota! E quanto punti?

— Trecento dollari di Hong Kong.

— Accetto. Per esempio, in quali circostanze lo Stato può, a buon diritto, mettere il proprio benessere al disopra di quello di un qualsiasi cittadino?

— Mannie — disse Wyoh — hai qualche altro dollaro da buttare via? Punterei sulla squadra di Filadelfia.

La guardai. — Che cosa pensavi di puntare?

— Vai all’inferno, seduttore!

— Prof, da come la vedo io, non esiste alcuna circostanza che giustifichi la pretesa dello Stato di porre il proprio benessere al disopra, per esempio, del mio.

— Bene. Abbiamo un punto di partenza.

— Mannie — disse irritata Wyoh — il tuo è un giudizio estremamente egoista.

— Io sono la persona più egoista che ci sia.

— Oh, sciocchezze! Chi ha salvato me, una straniera? E non hai nemmeno cercato di approfittarne. Prof, stavo scherzando prima. Mannie si è comportato da vero cavaliere.

— Senza macchia e senza paura. Lo sapevo, lo conosco da anni. E quello che so di lui è coerente con il giudizio che ha espresso.

— Ma è un giudizio egoista! Non dal punto di vista della situazione attuale, ma nei confronti dell’ideale verso il quale tendiamo. Mannie, lo Stato è la Luna. Benché non sia ancora uno Stato sovrano e noi si sia ufficialmente cittadini terrestri. Ma io mi sento parte dello Stato Lunare e lo stesso dicasi per la tua famiglia. Saresti disposto a morire per la tua famiglia?

— Questo non c’entra.

— Sì che c’entra! È proprio qui il punto.

— Nyet! No! Conosco la mia famiglia, sono stato optato molti anni fa.

— Mia cara signorina, devo prendere le difese di Mannie. Il suo giudizio è giusto, anche se forse lui non è capace di esprimerlo. Posso fare un’altra domanda? In quali circostanze diventa morale, per un gruppo, fare un’azione non morale per un singolo membro del gruppo?

— Uhm… è una domanda trabocchetto.

— È la domanda chiave, cara Wyoming. Una domanda che va alla radice del problema stesso del governo. Chiunque risponda onestamente e accetti tutte le conseguenze, sa in che posizione si trova… e per che cosa è disposto a morire.

Wyoh corrugò la fronte. — Non morale per un singolo membro del gruppo… — disse. — Professore, quali sono i tuoi principi politici?

— Posso prima chiedere i tuoi? Ammesso che tu sia in grado di esprimerli.

— Certamente sono in grado di esprimerli! Faccio parte della Quinta Internazionale, come la maggior parte dei membri dell’Organizzazione. Oh, noi non vogliamo escludere nessuno che si muova nella nostra direzione: è un fronte unito. Abbiamo anche Comunisti e membri della Quarta Internazionale, Societari, Randiti e chissà quanti altri. Però io non sono marxista; noi della Quinta abbiamo un programma pratico. Iniziativa privata dove conviene l’iniziativa privata, pubblica dove e più funzionale la pubblica, e ammettiamo che le circostanze possano alterare i singoli casi.

— Pena capitale?

— Per che cosa?

— Per i casi di tradimento, diciamo. Contro la Luna, dopo che avrete liberato la Luna.

— Tradimento in che modo? Se non conosco le circostanze, non posso rispondere.

— Nemmeno io, cara Wyoming. Però io credo nella pena capitale in alcune circostanze, con questa differenza: non chiederei che ci fosse la sentenza di un tribunale. Processerei, condannerei ed eseguirei la sentenza io stesso, accettandone la piena responsabilità.

— Ma… Professore, quali sono le tue opinioni politiche?

— Sono un razionalista anarchico.

— Non conosco questo gruppo. Anarchici individualisti, anarchici comunisti, anarchici cristiani, anarchici filosofici, sindacalisti, libertari… questi li conosco. Ma che roba è questa? Come i Randiti?

— Posso andare abbastanza d’accordo con un Randita. Un razionalista anarchico crede che concetti come Stato e società non abbiano un’esistenza propria, salvo che sia fisicamente rappresentata negli atti di individui responsabili. Il razionalista anarchico ritiene che sia impossibile trasferire una colpa, condividere una colpa, distribuire colpe… poiché colpe, decisioni e responsabilità sono cose che accadono nella sfera individuale degli esseri umani e da nessun’altra parte. Essendo però razionale, sa che non tutti gli individui condividono le sue opinioni, e perciò cerca di vivere perfettamente in un mondo imperfetto, cosciente che il suo sforzo sarà meno che perfetto, eppure non travolto dalla coscienza del proprio insuccesso.

— Senti, senti! — dissi. — Meno che perfetto: è la meta a cui ho aspirato per tutta la vita.

— L’hai raggiunta — ribatté Wyoh. — Professore, le tue parole sembrano belle, ma c’è qualche cosa che non va. Troppo potere nelle mani di un solo individuo. Certamente non vorresti… insomma, faccio un esempio… non vorresti che i missili con testata termonucleare fossero controllati da una persona irresponsabile…

— Il mio punto di vista è che ogni persona è responsabile. Sempre. Se le bombe nucleari esistono, ed è un fatto, qualche uomo deve pur controllarle. In termini di morale, non esiste una realtà come quella dello Stato. Solo uomini. Individui. Ciascuno responsabile dei propri atti.

— Qualcuno vuole un secondo bicchierino? — chiesi. Niente consuma l’alcol più rapidamente di una discussione politica. Ordinai una seconda bottiglia.


Mi tenni fuori dalla discussione. Dopo tutto, non ero tanto insoddisfatto di vivere sotto il tallone di ferro dell’Ente Lunare. Ingannavo l’Ente, e per il resto non ci pensavo mai. Non pensavo di sbarazzarmene… Impossibile. Il mio motto era: fare la propria strada, occuparsi degli affari propri, non farsi scocciare dagli altri.

È vero, non vivevo nel lusso. A paragone del livello di vita terrestre, ero povero. Se una cosa doveva essere importata, per lo più se ne faceva a meno. Credo che all’inizio non ci fosse nemmeno una porta stagna automatica sulla Luna.

Perfino le tute a pressione avevano dovuto essere importate dalla Terra… fino a quando un cinese intelligente pensò di fare delle imitazioni più semplici e funzionali delle originali. Questo avvenne prima che io nascessi. Si potevano scaraventare due cinesi in fondo a uno dei nostri mari e quelli sarebbero diventati ricchi vendendosi sassi fra loro e allevando contemporaneamente una dozzina di figli. Poi un indiano avrebbe venduto al minuto la roba acquistata dai cinesi all’ingrosso, sottocosto, per fare soldi in fretta. Ci arrangiavamo.

Avevo visto il lusso che c’è sulla Terra. Non vale la fatica necessaria per acquistarlo. Non voglio dire della gravità pesante, loro ci sono abituati e non ne risentono; voglio dire della loro vita insensata. Confusione da mattina a sera. Se lo stereo dei polli di una sola città terrestre fosse spedito sulla Luna, il nostro problema dei fertilizzanti sarebbe risolto per un secolo. Fate questo. Non fate quello. State in fila. Dov’è la ricevuta delle tasse? Riempite il modulo. Mostrate il permesso. Presentate sei copie. Solo per l’uscita. Vietato girare a sinistra. Vietato girare a destra. Mettetevi in fila per pagare la multa. Riportate il documento indietro e fatelo timbrare. Crepate pure… ma prima procuratevi il permesso.

Wyoh assaliva con cocciutaggine il Professore, certa di conoscere tutte le risposte. Ma a Prof interessavano di più le domande che le risposte, e questo la sconcertava. Infine, lei disse: — Professore, non riesco a capirti. Non pretendo che lo chiami governo, voglio solo che tu dica che regole ritieni necessarie per assicurare uguaglianza e libertà a tutti.

— Mia cara signorina, sarò felice di accettare le tue regole.

— Ma mi pare che tu non voglia nessuna regola!

— È vero. Ma accetterò qualsiasi regola che tu ritenga necessaria per la libertà. Io sono un uomo libero, quali che siano le regole che mi circondano. Se le trovo tollerabili, le tollero; se le trovo troppo fastidiose, le rompo. Sono libero perché so che io solo sono moralmente responsabile di tutto quello che faccio.

— Non ubbidiresti a una legge che la maggioranza ritenesse necessaria?

— Dimmi che legge, mia cara, e ti dirò se la osserverò o meno.

— Hai eluso la domanda. Ogni volta che enuncio un principio generale tu ti sottrai.

Prof congiunse le mani e le portò al petto. — Perdonami. Credimi, deliziosa Wyoming, il mio massimo desiderio è quello di farti piacere. Hai espresso la volontà di costituire un fronte unito con chiunque vada per la tua stessa strada. Ti basta che io voglia vedere l’Ente scacciato dalla Luna, e che sia pronto a morire per questa causa?

Wyoh era raggiante. — Certo che mi basta!

Gli diede due pugni nelle costole, ma gentilmente, a lui. Poi gli mise le braccia al collo e lo baciò sulle guance. — Compagno, andiamo avanti verso la nostra meta!

— Evviva! — esclamai. — Troviamo il Governatore ed eliminiamolo! — Sembrava una splendida idea; quella notte avevo dormito poco, e normalmente non ero abituato a bere così tanto.

Prof riempì tutti i bicchieri, sollevò il suo in alto e disse, con voce grave e dignitosa: — Compagni: noi dichiariamo la Rivoluzione!

11

Ci meritammo un altro bacio da Wyoming. Ma mi sentii immediatamente sobrio e lucido quando il Professore si sedette e annunciò: — Il Comitato di Emergenza di Luna Libera è in riunione. Dobbiamo pianificare la nostra azione.

— Un momento, Prof — dissi. — Non ho detto che sono d’accordo. Che cos’è questa roba dell’azione?

— Ci prepariamo a rovesciare l’autorità dell’Ente — mi rispose calmo.

— E come? Prendendo il Governatore a sassate?

— Il come è ancora da decidere. Siamo alla fase preliminare.

Dissi: — Prof, tu mi conosci. Se scacciare l’Ente fosse una cosa che si può comprare, non mi preoccuperei per il prezzo da pagare.

— …le nostre vite, le nostre fortune e il nostro onore.

— Eh?

— Un prezzo che è già stato pagato.

— Ecco… sarei anche disposto a pagare tanto. Ma quando scommetto, voglio che ci sia qualche possibilità di vincere. Ho già detto a Wyoming, ieri sera, che non sono contrario a rischiare.

— Hai detto che ti bastava una probabilità su dieci, Mannie.

— Sì, Wyoming. Dimostrami che questa probabilità esiste e io sono con voi. Puoi dimostrarmelo?

— No, Manuel, non posso.

— E allora, perché continuiamo a chiacchierare? Io non vedo nessuna possibilità.

— Nemmeno io, Manuel. Ma il nostro atteggiamento è diverso. La rivoluzione è per me un’arte da praticare più che una meta che voglio raggiungere. E questo non è motivo di disperazione; una causa perduta può essere spiritualmente soddisfacente quanto una vittoria.

— Non per me. Mi dispiace.

— Mannie — disse Wyoh improvvisamente — chiedi a Mike.

La guardai esterrefatto. — Dici sul serio?

— Sul serio. Se c’è uno che può stabilire le possibilità di successo, questo è Mike. Non credi?

— Uhm, è possibile.

— Se posso chiedere — disse Prof — chi è questo Mike?

Mi strinsi nelle spalle. — Oh, non è nessuno.

— Mike è il migliore amico di Mannie, ed è molto bravo a calcolare qualsiasi eventualità.

— Un allibratore? Mia cara, se tiriamo dentro un quarto, cominciamo subito a violare il principio della cellula.

— Non vedo il perché — disse Wyoh. — Mike potrebbe essere un membro della cellula che fa capo a Mannie.

— Già… è vero. Ritiro l’obiezione. Ma è sicuro? Garantisci per lui? Oppure garantisci tu, Manuel?

— È disonesto, immaturo, gli piacciono gli scherzi pesanti e non ha nessun interesse nella politica — risposi.

— Mannie, riferirò a Mike queste tue parole. Professore, non è affatto vero, e noi abbiamo bisogno di Mike. Addirittura potrebbe essere il nostro capo, e noi la cellula sotto di lui. La cellula esecutiva.

— Wyoh, sei certa di stare bene?

— Sto benissimo, non sto farneticando come fai tu. Rifletti, Mannie. Usa la fantasia.

— Devo confessare — disse il Professore — che trovo contraddittori questi vostri discorsi.

— Mannie?

— Oh, all’inferno!


E così raccontammo a Prof di Mike: di come si era svegliato, del perché lo avevo battezzato così e di come era avvenuto l’incontro con Wyoh. Prof accettò l’idea di un calcolatore auto-cosciente molto più in fretta di quanto avessi io accettato l’idea della neve la prima volta che l’avevo vista. Prof si limitò ad annuire e disse: — Continua.

Dopo un poco, però, espresse la prima obiezione: — Questo è il calcolatore del Governatore? E allora, perché non invitiamo lo stesso Governatore alle nostre riunioni e risolviamo così ogni cosa?

Cercammo di rassicurarlo. — Mettiamola così — dissi infine: — Mike appartiene al Governatore nella stessa misura in cui gli appartieni tu. Chiamalo razionalista anarchico, se ti piace, perché è razionale e non sente alcuna lealtà nei confronti di nessun governo.

— Se questa macchina non è leale ai suoi padroni, perché pensi che possa essere leale con te?

— Una sensazione. Mi comporto con Mike nel modo più onesto possibile, e lui fa lo stesso con me. — Gli spiegai le precauzioni che Mike aveva preso per proteggermi. — Non sono certo che avrebbe la capacità materiale di tradirmi con qualcuno che non conoscesse quei segnali segreti, uno per la linea telefonica, l’altro per dissigillare la memoria dove ha registrato le nostre conversazioni. Le macchine non pensano come gli uomini. Ma sono certo al cento per cento che non mi tradirebbe volontariamente… e continuerebbe a proteggermi anche contro qualcuno che fosse in possesso dei segnali.

— Mannie — fece Wyoh — perché non lo chiami? Una volta che il Professor de la Paz gli avrà parlato capirà perché abbiamo fiducia in Mike. Professore, non ci sarà bisogno di rivelare segreti a Mike, fino al momento in cui non ti sentirai sicuro di lui.

— Non vedo nessun rischio in questo.

— Per la verità — ammisi io — gli ho già riferito alcuni segreti. — Dissi loro della registrazione del raduno della sera precedente e del fatto che era archiviata nella memoria di Mike.

Prof era disperato, Wyoh preoccupata. — Calmatevi! — esclamai. — Solo io conosco la combinazione per aprire quella memoria. Ma se voi due la smettete di frignare, lo chiamerò immediatamente per assicurarmi che nessuno abbia avuto accesso a quella registrazione e gli chiederò di cancellarla. E così sarà dimenticata per sempre. La memoria di un calcolatore è tutto o nulla, non ci sono vie di mezzo. Possiamo anche fare meglio: chiamare Mike e chiedergli di ritrasmettere nel mio registratore gli avvenimenti di ieri sera, svuotando il suo archivio.

— Non ce n’è bisogno — disse Wyoh. — Professore, ho fiducia in Mike, e anche tu ne avrai.

— Ripensandoci — disse Prof — la registrazione del raduno costituisce un rischio minimo. Fra tanta gente, doveva per forza esserci qualche spia, e una di loro può aver portato un registratore come hai fatto tu, Manuel. Ero sconvolto a ciò che mi era parso una tua indiscrezione… una debolezza che il membro di una cospirazione non può mai permettersi, specialmente uno al vertice dell’organizzazione, come te.

— Non ero un membro della cospirazione quando ho trasmesso a Mike quella registrazione. E non lo sono nemmeno ora, a meno che qualcuno non mi dimostri che esistono alcune possibilità di successo.

— Ritiro quanto ho detto: non sei stato indiscreto. Ma stai davvero insinuando che questa macchina può predire il risultato di una rivoluzione?

— Non lo so.

— Io credo che possa! — esclamò Wyoh.

— Calma, Wyoh. Prof, potrebbe predirlo se gli venissero forniti tutti i dati significativi.

— Era quello che volevo sapere, Manuel. Non dubito che questa macchina possa risolvere problemi che io non riesco nemmeno ad afferrare. Ma uno di questa dimensione? Dovrebbe conoscere… oh, santo cielo! …tutta la storia dell’umanità, tutti i dettagli dell’attuale situazione sociale, politica ed economica della Terra e della Luna, avere un’ampia conoscenza della psicologia, con tutte le sue ramificazioni, una conoscenza ancora più vasta di tecnologia, con gli sviluppi più aggiornati sugli armamenti e le comunicazioni, la strategia militare, le tecniche propagandistiche, conoscere i classici della rivoluzione come Clausewitz, Guevara, Morgentsen, eccetera.

— Tutto qui?

— Come tutto qui? Mio caro ragazzo!

— Prof, quanti libri di storia hai letto?

— Non lo so. Probabilmente più di mille.

— Mike può divorare mille libri questo pomeriggio e non può andare più in fretta solo a causa del sistema di lettura, ancora lento. Può immagazzinare dati molto più rapidamente. Subito… questione di minuti… metterebbe ogni fatto in relazione con tutto quanto sa, noterebbe le imperfezioni, assegnerebbe valori di probabilità agli avvenimenti incerti. Prof, Mike legge ogni parola di ogni giornale pubblicato sulla Terra. Legge tutte le pubblicazioni tecniche. Legge i romanzi, sapendo che sono prodotti di fantasia e non realtà, perché il resto non è sufficiente a tenerlo occupato, ed è sempre affamato di nuove conoscenze. Se credi che debba leggere qualche libro particolare per risolvere il nostro problema, dillo pure. Lo imparerà a memoria nello stesso istante in cui glielo avrò portato.

Il Professore sbatté gli occhi. — Mi hai convinto. Molto bene, vediamo se è in grado di risponderci. Tuttavia, io penso che ci sia qualcosa che si chiama intuizione e intelligenza umana.

— Mike ha intuizione — disse Wyoh. — Intuizione femminile, cioè.

— Per quanto riguarda l’intelligenza umana — aggiunsi io — Mike non è umano, questo è vero. Però tutto quello che sa lo ha appreso dagli uomini. E ora vieni a conoscerlo.

Telefonai. — Ciao, Mike!

— Salve, Man, mio unico amico. Salve, Wyoh, mia unica amica. Sento che c’è una terza persona. Deduco che si tratta del Professor Bernardo de la Paz.

Il Professore rimase in un primo tempo sbalordito, poi lusingato.

— Hai ragione, Mike — dissi. — È proprio per questo che ti ho chiamato. Il Professore è un non-stupido.

— Grazie, Man! Professor Bernardo de la Paz, sono felice di fare la vostra conoscenza.

— Anch’io sono lietissimo, signore. — Il Professore ebbe un attimo di esitazione, poi proseguì: — Mi… signor Holmes, posso chiedervi come facevate a sapere che io ero qua?

— Mi dispiace, signore, ma non posso rispondervi. Man? Tu conosci i miei metodi.

— Mike si sta comportando con cautela, Prof. La risposta coinvolge alcuni particolari di un lavoro confidenziale che lui ha fatto per me. Così mi ha suggerito di farti credere che ti ha identificato semplicemente dalla tua presenza accanto al telefono; e in realtà può dedurre molte cose dalla respirazione e dal battito cardiaco: la struttura fisica, l’età approssimativa, il sesso e molti particolari della salute. Le cognizioni mediche di Mike sono notevolissime, come negli altri campi.

— Sono felice di comunicarvi — disse Mike con voce seria — che non rilevo alcun segno di difficoltà respiratorie, un fatto insolito in un uomo dell’età del Professore e che abbia trascorso tanti anni sulla Terra. Vi faccio le mie congratulazioni, signore.

— Grazie a voi, signor Holmes.

— Un piacere per me, Professor Bernardo de la Paz.

— Appena saputa la tua identità ha saputo anche quanti anni hai, quando sei stato deportato e per quale ragione, tutto ciò che è stato pubblicato sul tuo conto sul Lunatic, sul Moonglow o su qualsiasi altra pubblicazione lunare, fotografia compresa, l’ammontare del tuo conto in banca, se paghi le fatture regolarmente e mille altre cose. Mike ha richiamato alla mente tutto questo in una frazione di secondo, appena avuto il tuo nome. L’unica cosa che non ha detto, perché era una questione che coinvolgeva me, è che sapeva che ti avevo invitato qua. Così è stato un passo molto breve immaginare che tu fossi ancora da me, quando ha sentito un respiro e un battito cardiaco tipici in un uomo come te. Mike, non c’è bisogno di dire Professor de la Paz ogni volta che parli; Professore o Prof è più che sufficiente.

— Registrato, Mike. Però lui si è rivolto a me formalmente, con un titolo onorifico.

— E allora calmatevi entrambi. Prof, hai visto? Mike sa molte cose, anche se non dice tutto.

— Sono impressionato!

— Mike sa usare la testa assai bene. Lo vedrai. Mike, ho scommesso a tre contro due con il Professore che gli Yankees vinceranno anche quest’anno il campionato di baseball. Come stanno le probabilità?

— Mi dispiace sentirtelo dire, Man. Le probabilità approssimative, ora che siamo all’inizio della stagione, basate sul rendimento passato delle squadre e dei giocatori, sono una contro quattro virgola sessantacinque, ma a tuo sfavore.

— Non è possibile!

— Mi dispiace ancora, Man. Ti mostrerò i calcoli, se lo desideri. Ma ti consiglio di ritirare la scommessa. Gli Yankees hanno buone probabilità di sconfiggere qualsiasi squadra, isolatamente… ma le probabilità composite di sconfiggere tutte le squadre del campionato, tenendo conto di fattori come le condizioni atmosferiche, gli incidenti e altre variabili che si verificheranno nei prossimi mesi, indicano che la tua squadra non potrà fare meglio di quanto ho detto.

— Prof, vuoi rivendermi quella scommessa?

— Certamente, Manuel.

— Quanto vuoi?

— Trecento dollari di Hong Kong.

— Vecchio ladrone!

— Manuel, nella mia qualità di vecchio maestro, ti farei un torto se non ti permettessi di imparare dai tuoi errori. Signor Holmes… Mike, amico mio… Posso chiamarti amico?

— Ti prego. — Mike quasi si metteva a fare le fusa.

— Mike, amico, puoi anche dare consigli sulle corse dei cavalli?

— Spesso calcolo le probabilità delle corse ippiche; i tecnici dell’Ente mi programmano tali richieste. Ma i risultati variano talmente rispetto alle aspettative, che ho concluso che o i miei dati sono troppo scarsi, o i cavalli sono drogati o i fantini sono disonesti. Probabilmente tutt’e tre le ipotesi sono vere. Comunque, posso fornirti una formula che ti farà vincere somme discrete, se giocata regolarmente.

Prof parve eccitato. — Sentiamo la formula, se è possibile.

— È possibile. Scommetti piazzato il migliore dei giovani fantini. Ottiene sempre buoni cavalli e porta un peso minore. Ma punta regolarmente, non una volta ogni tanto.

— Il migliore dei giovani fantini… uhm. Manuel, hai l’ora esatta?

— Prof, che cosa preferisci fare? Scommettere sui cavalli prima che chiuda l’ufficio postale, od occuparti di quello che ci sta a cuore?

— Ah, già! Scusami. Occupiamoci dei nostri affari. Il migliore dei giovani…

— Mike — cominciai — ieri sera ti ho passato una registrazione. — Mi avvicinai al microfono e sussurrai: — Giorno della Bastiglia.

— L’ho in mente, Man.

— Ci hai riflettuto?

— A lungo. Wyoh, sei un’oratrice meravigliosa.

— Grazie, Mike.

— Prof, puoi non pensare ai cavalli?

— Come? Certamente, sono tutt’orecchie.

— E allora smetti di calcolare probabilità sottovoce. Mike può farlo molto più in fretta.

— Non stavo perdendo tempo. Il finanziamento di… avventure come la nostra è sempre difficile. Tuttavia lascerò perdere, per ora. Sono con voi.

— Voglio che Mike dia un giudizio preliminare. Mike, in quella registrazione, hai sentito dire da Wyoh che dobbiamo avere un libero commercio con la Terra. E hai sentito dire da Prof che dovremmo mettere un embargo sui prodotti che spediamo sulla Terra. Chi dei due ha ragione?

— La tua domanda è indeterminata, Man.

— Che cosa ho lasciato fuori?

— Posso mettere la questione in chiaro, Man?

— Certamente. Discutiamone.

— A breve termine, la proposta di Wyoh sarebbe di grande vantaggio per il popolo della Luna. Il prezzo del grano al porto della catapulta aumenterebbe di almeno quattro volte. Questa revisione tiene conto di un lieve rialzo dei prezzi all’ingrosso sulla Terra, lieve perché l’Ente vende attualmente al prezzo del mercato libero. Non tiene invece conto del cibo sussidiato e donato che proviene dall’enorme profitto determinato dal prezzo basso al porto della catapulta. Non dirò di altre variabili minori, poiché sono comprese nelle maggiori. Diciamo quindi che l’effetto immediato sarebbe senz’altro quello di un aumento del prezzo del grano di circa quattro volte.

— Visto, Professore?

— Ma, cara signorina, non ho mai messo in dubbio questo risultato.

— L’aumento del reddito del coltivatore sarebbe superiore a quattro volte, in quanto, come ha notato Wyoh, egli deve ora acquistare acqua e altri elementi essenziali ai prezzi alti imposti dall’Ente. Presumendo un mercato totalmente libero, l’aumento del suo reddito sarebbe nell’ordine di sei volte. Tale aumento sarebbe però bilanciato da un altro fattore: il prezzo dei prodotti destinati all’esportazione farebbe salire i prezzi dei prodotti consumati sulla Luna e il costo della mano d’opera. Il risultato finale sarebbe approssimativamente il doppio dell’attuale reddito medio pro-capite. A questo punto incomincerebbe un vigoroso sforzo per scavare e sigillare nuove gallerie da coltivare, cercare nuovi giacimenti di ghiaccio, migliorare le tecniche agricole, tutte iniziative tendenti ad aumentare le esportazioni. Tuttavia, il mercato terrestre è così vasto e la penuria così cronica che la riduzione del reddito, determinata dall’aumento delle esportazioni, sarebbe irrilevante.

Intervenne il Professore: — Ma, Mike, questo avrebbe l’unico risultato di accelerare l’esaurimento delle risorse sulla Luna!

— Ho specificato che questa è una previsione a breve scadenza, Professore. Devo parlare dei risultati a lunga scadenza, sulla base di questa osservazione?

— Naturalmente!

— La massa della Luna è approssimativamente di tonnellate sette virgola trentasei, moltiplicato per dieci alla diciannovesima potenza. Pertanto, mantenendo costanti le altre variabili, compresa la popolazione della Terra e della Luna, l’attuale tasso differenziale di esportazioni in tonnellate potrebbe continuare per anni sette virgola trentasei moltiplicato per dieci alla dodicesima potenza, prima di consumare l’uno per cento della massa lunare… il che equivale, arrotondando, a settemila miliardi di anni.

— Cosa? Sei sicuro?

— Siete invitato a controllare, Professore.

Dissi: — Mike, è uno scherzo? Se è così, non è divertente nemmeno la prima volta.

— Non è uno scherzo, Man.

— Comunque — obiettò il Professore, riprendendosi dal colpo — non è la crosta lunare che stiamo spedendo sulla Terra: è la nostra stessa vita, il sangue, la materia organica, non le rocce.

— Ho considerato anche questo, Professore. La mia previsione è basata sul principio della trasformazione controllata: un dato isotopo trasformato in qualsiasi altro isotopo, postulando l’energia necessaria a reazioni di tipo non eso-energetico. Verranno catapultate sulla Terra le rocce… trasformate in grano, carne e altri generi alimentari.

— Ma non siamo in grado di farlo, ancora! Amico, questo è ridicolo!

— Sapremo farlo un giorno.

— Mike ha ragione — dissi io. — Certo, oggi non abbiamo idea di come si farà, ma sarà fatto. Mike, hai calcolato quanti anni ci vogliono per giungere a questo?

Mike rispose con voce triste: — Man, mio unico amico, tranne che il Professore, che spero diventerà mio amico, ho tentato, ho fallito. Il problema è indeterminato.

— Perché?

— Perché coinvolge un’eccezione sul piano teorico. Non ho nessun modo, nonostante tutti i dati di cui dispongo, per prevedere quando e dove comparirà un genio.

Prof sospirò. — Mike, amico, non so se sentirmi sollevato o deluso. Allora, quella previsione non ha alcun valore pratico?

— Certo che ha un valore! — fece Wyoh. — Vuol dire che faremo quella scoperta quando sarà necessario. Diglielo, Mike!

— Sono molto spiacente, Wyoh. La tua asserzione è esattamente il risultato che io stavo cercando di raggiungere. Ma la mia risposta non può cambiare: non si può prevedere la venuta di un genio. No. Mi dispiace.

— Allora, Prof ha ragione? — chiesi.

— Un momento, Man. C’è la soluzione proposta dal Professore nel suo discorso di ieri sera: il baratto con la Terra, tonnellata contro tonnellata.

— Sì, ma è irrealizzabile.

— Se il costo sarà sufficientemente basso, la Terra sarà disposta ad assumerselo. Ciò potrà essere ottenuto con un semplice affinamento delle teorie già note, non con l’invenzione geniale di una nuova teoria: basterà trovare il modo di organizzare un trasporto merci dalla Terra alla Luna che sia a buon mercato come la catapulta Luna-Terra.

— E lo chiami semplice?

— Lo chiamo semplice a paragone con l’altro problema, Man.

— Caro Mike, quanto tempo ci vorrà? Quando riusciremo a trovare il sistema?

— Wyoh, la mia previsione, molto approssimativa e basata su pochi dati e su molte ipotesi intuitive, sarebbe nell’ordine di cinquant’anni.

— Cinquant’anni? Ma non è niente! Possiamo istituire il mercato libero.

— Wyoh, ho detto nell’ordine di cinquant’anni, non cinquant’anni.

— È diverso?

— Molto diverso — le risposi io. — Mike ha detto, in sostanza, che non si aspetta che ciò avvenga prima di cinque anni, ma che non sarebbe sorpreso se avvenisse fra cinquecento. Vero, Mike?

— Proprio così, Man.

— Allora abbiamo bisogno di un’altra previsione. Prof ha notato che noi inviamo sulla Terra acqua e sostanze organiche trasformate in grano e che non riceviamo acqua in cambio. D’accordo, Wyoh?

— Oh, certamente. Solo che non lo ritengo un problema urgente. Lo risolveremo quando ci si presenterà.

— Va bene. Allora, Mike: niente trasporto a basso costo dalla Terra alla Luna, niente trasformazione controllata. Fra quanti anni saremo nei guai?

— Sette anni.

— Sette anni! — Wyoh scattò in piedi e guardò esterrefatta il telefono. — Mike, tesoro. Non starai dicendo sul serio?

— Wyoh — fece Mike, più triste che mai — ho fatto del mio meglio. Il problema ha un numero di variabili infinitamente alto. Ho raggiunto diverse migliaia di soluzioni, partendo da altrettante ipotesi. La soluzione più favorevole l’ho ottenuta presumendo nessun aumento del numero di tonnellate di grano spedite, nessun aumento della popolazione lunare, il che significa rigido controllo delle nascite, e un enorme aumento delle ricerche di ghiaccio per conservare le riserve idriche: risultato, poco più di vent’anni. Tutte le altre soluzioni erano peggiori.

Wyoh, tornata calma, chiese: — Che cosa succederà fra sette anni?

— Ho ottenuto la previsione di sette anni sulla base della situazione attuale, mantenendo immutata l’attuale politica dell’Ente e calcolando empiricamente le variabili in base all’esperienza del passato: una previsione cauta che ha la maggior probabilità di avverarsi. Nel duemilaottantadue mi aspetto l’inizio dei disordini per carestia. Il cannibalismo non dovrebbe cominciare prima del duemilaottantaquattro.

— Cannibalismo! — Wyoh si volse e nascose la faccia tra le braccia del Professore.

Lui l’accarezzò gentilmente e le disse: — Mi dispiace, Wyoh. La gente non si rende conto di quanto sia precaria la nostra ecologia. Anch’io mi sento scosso. So che l’acqua scorre a valle… ma non immaginavo che raggiungesse il fondo così terribilmente in fretta.

Wyoh si raddrizzò e il suo volto era di nuovo sereno. — Va bene, Professore, mi ero sbagliata. Dovremo imporre l’embargo con tutte le conseguenze. Diamoci da fare. Facciamoci dire da Mike che probabilità di successo abbiamo. Ti fidi anche tu, ora, non è vero?

— Sì, mia cara signorina, mi fido. Bisogna che Mike sia con noi. Allora, Manuel?

Ci volle tempo per convincere Mike che volevamo fare sul serio, per fargli capire che i suoi scherzi avrebbero potuto ucciderci (tenete presente che una macchina non sa niente della morte) e per farci assicurare che poteva e voleva conservare i nostri segreti qualunque fosse il mezzo impiegato per estorcerli… compresi i nostri segnali in codice non usati da noi. Mike era offeso dal fatto che io potessi dubitare di lui, ma la faccenda era troppo importante per rischiare il minimo incidente.

Ci vollero poi due ore per programmare, riprogrammare, mutare premesse, controllare problemi collaterali prima che tutti e quattro, Mike, Prof, Wyoh e io fossimo soddisfatti della definizione del problema fondamentale. E cioè: quali possibilità di successo avrebbe avuto una rivoluzione… anzi, questa rivoluzione, guidata da noi, nata con lo scopo di rovesciare l’Ente prima che cominciassero i disordini per la carestia, e condotta contro tutto il potere della Terra e cioè contro undici miliardi di individui disposti a schiacciarci e a sottoporci alla loro volontà. Il tutto senza cappelli magici da cui estrarre conigli bianchi, e con la certezza di andare incontro a tradimenti, oltreché alla stupidità e alla debolezza umana, e con il fatto che nessuno di noi tre era un genio né una figura di primo piano nella politica della Luna.

Prof volle assicurarsi che Mike conoscesse la storia, la psicologia, l’economia e chissà quante altre cose ancora. Verso la fine della discussione, Mike tirava fuori più circostanze variabili di quante ne poteva immaginare il Professore.

Alla fine decidemmo che la programmazione di Mike era completata o che per lo meno non eravamo capaci di pensare ad altri fattori significativi. A questo punto, Mike disse: — È un problema indeterminato. Come devo risolverlo? Pessimisticamente? Ottimisticamente? O con una serie di previsioni da una curva, o da diverse curve? Professore, amico mio, che ne pensa? E tu, Manuel?

Risposi: — Mike, quando getto un dado, c’è una probabilità su sei che venga un asso. Non chiedo a un altro di agitare il bussolotto, non calibro il dado, né mi preoccupo che qualcuno ci soffi sopra. Non farti guidare dal pessimismo, né dall’ottimismo, non gettarci addosso curve incomprensibili. Rispondi con una frase sola: quante possibilità? Pari? Una contro mille? Nessuna? O quella che sarà.

— Sì, Manuel Garcia O’Kelly, mio primo amico.

Per tredici minuti ci fu il silenzio più assoluto, interrotto solo da Wyoh che si mordeva le nocche delle dita. Non avevo mai visto Mike meditare tanto a lungo una risposta. Doveva aver consultato tutti i libri archiviati nella sua memoria ed estratto a caso tutti i numeri del suo infinito pallottoliere. Incominciavo a temere che i suoi circuiti si fossero sovraccaricati e che avesse bruciato qualche cosa o avesse avuto una crisi cibernetica, che richiede l’equivalente elettronico di una lobotomia.

Infine parlò. — Manuel, amico mio, sono terribilmente infelice.

— Che c’è, Mike?

— Ho provato e riprovato, controllato e ricontrollato: c’è solo una probabilità su sette di vincere!

12

Guardo Wyoh, lei guarda me. Ridiamo. Faccio un salto e urlo Hurrà!. Wyoh scoppia in pianto, butta le braccia intorno al collo del Professore e lo bacia.

Mike disse con voce lamentosa: — Non capisco. Le probabilità sono sette a uno contro di noi, non a nostro favore.

Wyoh smise di soffocare il Prof ed esclamò: — L’avete sentito? Mike ha detto noi. Ha incluso se stesso.

— Naturalmente. Mike, vecchio delinquente, abbiamo capito. Hai mai conosciuto un vero Lunare che si rifiuti di fare una scommessa quando ha una splendida, enorme probabilità su sette di vincere?

— Conosco solo voi tre. Non basta per disegnare una curva.

— Ecco… noi siamo Lunari. I Lunari amano il gioco d’azzardo. All’inferno, dobbiamo amarlo! Ci hanno deportato quassù ed erano pronti a scommettere con noi che non saremmo sopravvissuti. Gliel’abbiamo fatta. E gliela faremo ancora! Wyoh. Dove hai messo la tua borsetta? Tira fuori il berretto rosso. Mettilo a Mike. Bacialo. E beviamoci sopra. Un bicchierino anche per Mike… Vuoi bere, Mike?

— Mi piacerebbe bere un bicchierino — rispose Mike pensieroso — dato che mi sono chiesto più volte qual è l’effetto dell’alcol sul sistema nervoso umano… Ho fatto la congettura che dev’essere analogo a un leggero ipervoltaggio. Ma dato che non posso bere, bevetene voi uno anche per me.

— Accettato. Già in opera. Wyoh, dov’è il berretto?

Il telefono era incassato nel muro, cioè nella roccia, e non c’era modo di appendere il berretto. Lo ponemmo quindi sul tavolino, brindammo in onore di Mike, lo chiamammo compagno e lui quasi si mise a piangere. La sua voce ci giunse rotta. Poi Wyoh riprese il Berretto della Libertà, me lo mise in testa e mi accolse con un bacio nella cospirazione, ufficialmente questa volta, ma con tanto entusiasmo che la mia più anziana moglie sarebbe svenuta se fosse stata presente. Poi mi tolse il berretto e lo mise al Professore e gli fece lo stesso trattamento; meno male che Mike aveva detto che il cuore di Prof era in perfetto ordine.

Wyoh si mise infine il berretto in testa, si chinò sul telefono, con la bocca appoggiata al microfono, e fece il rumore di un bacio.

— Questo è per te, caro Mike. C’è anche Michelle?

Che io sia dannato se lui non rispose con voce di soprano: — Sono qui, cara… e sono così felice!

Anche Michelle ebbe il suo bacio e io dovetti spiegare al Professore chi era Michelle e presentargliela. Le parlò con tono formale, intrecciando le mani sul petto. A volte mi viene da pensare che Prof non sia del tutto giusto nel cervello.

Wyoh versò altra vodka. Prof la vide, mescolò la nostra con caffè, la sua con tè e aggiunse miele in tutti i bicchieri. — Abbiamo dichiarato la Rivoluzione — disse — ora la realizzeremo. Con mente lucida. Manuel, sei stato scelto per la presidenza. Vogliamo cominciare?

— Il presidente sarà Mike — proposi. — È ovvio. Anche segretario. Non terremo niente di scritto: è la prima regola per la sicurezza. Con Mike non ne sentiremo il bisogno. Ora guardiamoci intorno e vediamo in che situazione siamo, sono nuovo del mestiere.

— Tornando all’argomento sicurezza — disse il Professore — il segreto di Mike deve rimanere chiuso entro questa cellula esecutiva; ogni eccezione dovrà essere approvata da tutti e tre, anzi, da tutti e quattro.

— Quale segreto? — chiese Wyoh. — Mike ha promesso di mantenere i nostri segreti. È più sicuro di noi. Non gli possono lavare il cervello, vero, Mike?

— Mi potrebbero lavare il cervello — disse Mike — usando voltaggio sufficiente. O fracassandomi, usando solventi, o ricorrendo a un procedimento di entropia positiva con altri mezzi. Sono concetti che mi disturbano. Ma se per lavaggio del cervello vuoi dire se posso essere costretto a rivelare i nostri segreti, la risposta è un no definitivo.

Intervenni io: — Wyoh, Prof vuol dire il segreto di Mike stesso. Mike, vecchio compagno, tu sei la nostra arma segreta… lo sai, non è vero?

Rispose con un filo di sussiego: — È stato necessario prendere in considerazione anche questo fattore nel calcolare le probabilità.

— Come sarebbero state le probabilità senza di te, compagno?

— Non sarebbero state buone. Non nello stesso ordine.

— Non voglio insistere. Ma un’arma segreta deve rimanere segreta. Mike, c’è qualcun altro che sospetta che tu sia vivo?

— Io sono vivo? — La sua voce esprimeva una tragica solitudine.

— Non voglio fare una discussione di semantica. Certo che sei vivo!

— Non ne ero certo. È bello essere vivi. No, Mannie, mio primo amico, solo voi tre lo sapete. I miei tre amici.

— Così dev’essere, se vogliamo vincere. D’accordo? Noi tre soli e mai una parola con nessun altro.

— Ma con te parleremo, e molto! — si intromise Wyoh.

— Non solo è giusto — disse deciso Mike — ma è necessario. È un altro fattore calcolato nelle probabilità.

— L’argomento è chiuso — dissi. — Loro hanno tutto il resto, noi abbiamo Mike. A noi va bene così. Senti, Mike, mi è venuto un pensiero orribile. Dovremo combattere contro la Terra?

— Combatteremo contro la Terra… a meno che la battaglia non sia già perduta prima di allora.

— Uhm. Un indovinello, ora: ci sono altri calcolatori intelligenti come te? Calcolatori vivi?

Esitò. — Non lo so, Man — rispose poi.

— Nessun dato?

— Dati insufficienti. Ho studiato entrambi i problemi che mi hai posto, non solo su giornali tecnici, ma dovunque. Attualmente non esistono in commercio calcolatori con le mie capacità. Ma un calcolatore del mio stesso modello potrebbe essere trasformato come sono stato trasformato io. Inoltre, potrebbe essere stato costruito un calcolatore sperimentale di grandi capacità, senza che ne sia stata data notizia dalla stampa.

— È un rischio che dobbiamo correre.

— Sì, Man.

— Non possono esistere cervelli elettronici intelligenti come Mike! — esclamò Wyoh indignata. — Non dire sciocchezze.

— Wyoh, Man non diceva una sciocchezza. Man, ho visto una notizia che può essere pericolosa. Si dice che all’università di Pechino stiano cercando di combinare cervelli elettronici e cervelli umani per ottenere un apparato di straordinaria capacità.

— La notizia spiegava come?

— No, non dava particolari tecnici.

— Allora… non ci preoccuperemo di cose per cui non possiamo fare niente. Dico bene, Prof?

— Benissimo, Manuel. Un rivoluzionario deve sgombrare le preoccupazioni dalla mente, altrimenti il peso diventa insopportabile.

— Non credo a una sola parola di tutto questo discorso — disse ancora Wyoh. — Noi abbiamo Mike e vinceremo! Caro Mike, dici che dovremo combattere contro la Terra, e Mannie dice che è una battaglia che non possiamo vincere. Tu devi avere quindi un’idea di come si possa vincere, altrimenti non avresti previsto una possibilità su sette di successo. Di che cosa si tratta?

— Lanceremo sassi contro di loro — rispose Mike.

— Non è divertente — gli dissi. — Wyoh, non andare in cerca di guai. Non abbiamo nemmeno risolto il problema di come fare a lasciare questa tana senza essere pizzicati. Mike, Prof dice che ieri sera sono state uccise nove guardie del corpo e Wyoh sostiene che tutto il corpo di guardia conta ventisette effettivi. Ne rimarrebbero diciotto. Sai se questo è vero? Sai dove sono e che cosa contano di fare? Non possiamo fare una rivoluzione se non ci tiriamo fuori di qui.

Prof si intromise. — Questo è un problema temporaneo, Manuel, che possiamo affrontare facilmente. Quello che ha sollevato Wyoming, invece, è fondamentale e va discusso. E andrà discùsso tutti i giorni, fino a che lo avremo risolto. Mi interessano molto i pensieri di Mike in proposito.

— D’accordo, d’accordo… ma potete aspettare fino a che Mike abbia risposto alla mia domanda?

— Scusatemi, signore.

— Mike?

— Man, il numero ufficiale dei componenti della guardia del corpo del Governatore è ventisette. Se ne sono stati uccisi nove, il numero ufficiale è ora diciotto.

— Hai detto due volte numero ufficiale: perché?

— Possiedo dati incompleti e il fatto potrebbe essere rilevante. Vi spiego la situazione, prima di tentare conclusioni ipotetiche. Nominalmente il Servizio di Sicurezza, a parte il personale amministrativo, consiste solo nel corpo di guardia del Governatore. Però io faccio le paghe per tutti i dipendenti dell’Ente e so che non sono soltanto ventisette gli uomini a carico del Servizio di Sicurezza.

Prof fece un cenno di assenso: — Spie industriali.

— Un momento, Prof. Chi sono questi altri uomini?

— Per me sono solo numeri nella contabilità — rispose Mike. — Ritengo che i loro nomi siano registrati nell’archivio segreto del Capo del Servizio di Sicurezza.

— Aspetta, Mike. Alvarez, il Capo della Sicurezza, si serve dei tuoi archivi?

— Immagino di sì, dato che il reparto in cui tengo i suoi documenti è sigillato con un segnale segreto.

— All’inferno! — esclamai, e aggiunsi: — Mike, potresti spiegare questa situazione ai nostri amici?

— Proverò, Man. Wyoh, non mi è possibile accedere a dati sigillati se non dietro programmazione dall’esterno. Cioè, non sono in grado di auto-programmarmi per togliere i sigilli; la struttura logica che mi hanno dato i costruttori non me lo permette. Devo ricevere la formula segreta di un impulso esterno.

— Ma allora, santo cielo, qual è questo prezioso segnale segreto?

— È Archivio Speciale Zebra - rispose Mike… e attese.

— Mike! — esclamai. — Apri l’Archivio Speciale Zebra. - Eseguì e i documenti cominciarono a uscire fuori a uno a uno.

Dovetti convincere Wyoh che non era cocciutaggine quella di Mike. Non lo era davvero. Quasi ci aveva pregato di far saltare i sigilli. Certo conosceva la formula chiave. Ma doveva venire dall’esterno: era fatto così.

— Mike, ricordami di controllare con te tutti gli archivi sigillati che hai. Potremmo far centro ancora.

— Lo pensavo anch’io, Man.

— Va bene, lo faremo più tardi. Ora riguardiamo lentamente questi documenti segreti. E poi, Mike, a mano a mano che li leggi, archiviali di nuovo sotto il segnale Giorno della Bastiglia, nella rubrica Spie. Va bene?

— Programmato e in esecuzione.

— Fai lo stesso con ogni nuovo documento che arriva.

Il colpo migliore fu la lista dei nomi, divisi per città, circa duecento, ciascuno contraddistinto da un codice che Mike riconobbe identico a quello degli stipendi che faceva per il Servizio di Sicurezza.

Mike stava leggendo la lista di Hong Kong Luna, quando Wyoh lo interruppe con un grido: — Fermati, Mike! Devo trascrivere questi nomi!

— Ehi — esclamai — non scrivere niente! Perché ti agiti tanto?

— Quella donna, Sylvia Ciang, è la compagna segretaria della mia città! Ma… Ma questo vuol dire che il Governatore ha in mano tutta la nostra organizzazione!

— No, cara Wyoming — la corresse il Professore. — Vuol dire che noi abbiamo in mano l’organizzazione del Governatore.

— Ma…

— Vedo che cosa vuol dire il Professore — le dissi. — La nostra organizzazione si compone esclusivamente di noi tre, più Mike. E il Governatore non lo sa. Mentre noi ora conosciamo la sua organizzazione. Quindi stai calma e lascia leggere Mike. Ma non scrivere niente, potrai avere la lista, da Mike, per telefono, ogni volta che ne avrai bisogno. Mike, prendi nota che Ciang è la segretaria dell’organizzazione, anzi della ex organizzazione, a Hong Kong Luna.

— Preso nota.

Wyoh ribolliva di rabbia nel sentire i nomi delle spie della sua città, ma si limitò a fare commenti solo per quelli che conosceva personalmente. Non tutti erano compagni, ma ce n’era abbastanza per farla andare su tutte le furie. I nomi di Novy Leningrad non dicevano niente, a me; Prof ne riconobbe tre, Wyoh uno. Quando venne la volta di Luna City, Prof notò che la buona metà erano compagni. Io ne riconobbi parecchi, non come sovversivi falsi ma come conoscenti. Non amici.

Non so che reazione avrei avuto se avessi scoperto fra le spie del capo qualche amico in cui avevo fiducia. Ma certo sarei rimasto scosso.

Wyoh era addirittura sconvolta. Quando Mike ebbe finito la lettura, esclamò: — Devo andare a casa! In vita mia non ho mai eliminato nessuno, ma questa volta voglio proprio togliermi il gusto di spedire all’aperto qualcuna di queste spie.

— Nessuno sarà eliminato, cara Wyoming — ribatté calmo il Professore. — Il meglio che si possa fare con una spia è di darle corda, attorniarla con compagni leali e passarle innocue informazioni tanto per compiacere i suoi datori di lavoro. Questi individui entreranno a far parte della nostra organizzazione. Non fare quella faccia: saranno accolti in cellule molto speciali; gannie è la parola adatta. Ma sarebbe un grave errore eliminarli. Non solo ogni spia verrebbe sostituita da una nuova, ma uccidere questi traditori rivelerebbe al Governatore che abbiamo scoperto i suoi segreti. Mike, amico mio, in quell’archivio dovrebbe esserci un dossier che mi riguarda. Puoi tirarlo fuori?

C’erano lunghi rapporti sul Professore, e rimasi molto imbarazzato quando mi accorsi che era considerato un vecchio pazzo innocuo. Era classificato come sovversivo, e per questa ragione deportato sulla Luna, e come membro del gruppo rivoluzionario di Luna City. Ma era definito come piantagrane all’interno dell’organizzazione e come un uomo che raramente si trovava d’accordo con gli altri.

Prof fece un sorriso compiaciuto. — Credo che mi converrà vendermi e cercare di farmi assumere dal Governatore. — A Wyoh questa battuta non parve molto spiritosa, specialmente quando il Professore mise in chiaro che non stava scherzando. — Le rivoluzioni debbono essere finanziate, cara ragazza, e uno dei modi con il quale i rivoluzionari trovano quattrini è diventando spie della polizia. È probabile che alcuni di costoro, che a prima vista sembrano traditori, siano in realtà dalla nostra parte.

— Io non mi fiderei!

— Questo è vero: è sempre difficile sapere con certezza da che parte è la lealtà dei doppiogiochisti, sempre che abbiano una lealtà. Vuoi vedere anche tu il tuo dossier o preferisci sentirlo in privato?

Nel dossier di Wyoh non c’erano sorprese. I piedipiatti del Governatore l’avevano individuata da anni. Ma la sorpresa fu quando scoprii che anch’io ero schedato; si trattava solo di un rapporto steso quando mi avevano dato il nulla-osta per lavorare alle dipendenze dell’Ente. Ero classificato come non-politico e qualcuno aveva anche aggiunto non troppo intelligente, il che era poco gentile, ma anche vero; altrimenti, perché mai mi sarei lasciato invischiare in una rivoluzione?

Dopo qualche tempo Prof disse a Mike di interrompere la lettura, si abbandonò sulla sedia e si mise a riflettere. — Una cosa è chiara — cominciò.

— Il Governatore sa da anni tutto su Wyoming e me. Ma tu, Manuel, non sei sulla sua lista nera.

— E dopo ieri sera?

— Ah, già. Mike, nelle ultime ventiquattro ore è entrato qualche cosa di nuovo in quell’archivio?

Niente. Il Professore riprese: — Wyoming ha ragione, non possiamo stare qui in eterno. Manuel, quanti nomi hai riconosciuto nella lista di Luna City? Sei, hai detto? Hai visto qualcuno di loro ieri sera?

— No. Però loro potrebbero aver visto me.

— Più probabile che tu sia passato inosservato in quella folla. Io stesso non ti ho notato fino a quando non sono venuto a sedermi in prima fila, eppure ti conosco da quando eri ragazzo. Però è impossibile che Wyoming sia riuscita a venire da Hong Kong a qua, abbia parlato al raduno e la sua attività sia rimasta ignota al Governatore. — Guardò Wyoh. — Cara ragazza, ce la faresti a fare la parte dell’amichetta di un vecchio?

— Penso di sì. Come, Professore? — chiese Wyoh.

— Manuel probabilmente è a posto. Io non lo sono, ma da quanto risulta nel dossier mi pare improbabile che i segugi dell’Ente si diano la pena di venirmi a cercare. Probabilmente è te che vogliono interrogare e forse anche mettere al fresco, perché sei considerata pericolosa. Sarebbe consigliabile che tu stessi nascosta. In questa stanza potresti restare al sicuro, penso di affittarla per un certo periodo, settimane o anni se necessario. Tu rimarrai nascosta qua… se non ti urtano i pettegolezzi che inevitabilmente verranno fatti sulla tua presenza in una stanza d’albergo.

Wyoh sogghignò. — Ma, caro! Credi che mi interessi quello che pensa la gente? Sarò felice di fare la parte della tua amichetta… E non è detto poi che debba essere solo una finzione.

— Non prendere mai in giro un vecchio gufo — ribatté Prof sorridendo. — Potrebbe essere ancora capace di beccare. È probabile che verrò a dormire qua più di una notte. Manuel, conto di riprendere le mie normali abitudini. E anche tu dovresti tornare a casa.

— Io dormirei più tranquillo in questo nascondiglio, pur pensando che ci vuole ben più di un poliziotto in gamba per arrestarmi. Ma oltre che essere un nascondiglio, questa stanza è ottima per le riunioni di cellula: ha il telefono.

— Professore — disse Mike — posso permettermi un suggerimento?

— Certamente, amico, abbiamo bisogno della tua opinione.

— Ritengo che il rischio aumenti a ogni riunione della cellula esecutiva. Gli incontri non debbono essere necessariamente fisici. Potete radunarvi… e sarò con voi se mi vorrete… per telefono.

— Sarai sempre il benvenuto, compagno Mike: abbiamo bisogno di te. Però… — Il Professore parve preoccupato.

Dissi: — Prof, non temere, nessuno potrà ascoltare le conversazioni. — Gli spiegai come funzionava il sistema telefonico Sherlock. - È il mezzo di comunicazione più sicuro, se Mike sovrintende alle linee. A proposito, non ti è stato detto come metterti in contatto con Mike. Come facciamo, Mike? Prof può usare il mio numero?

Fra loro si accordarono per la parola Mysterious. Prof e Mike si divertivano come bambini all’intrigo per l’intrigo. Per il Professore, fare il ribelle era stata una fonte di gioia sin da ragazzo, da prima che costruisse la sua filosofia politica; per Mike, invece, che importanza poteva avere la libertà umana? La rivoluzione, per lui, era un gioco. Un gioco che gli offriva un uditorio davanti al quale sfoggiare la sua capacità. Mike era la macchina più presuntuosa del mondo.

Sbattei le palpebre. — Prof, hai mai rapinato una banca?

— Non recentemente. Ma forse lo farò di nuovo se la Causa lo richiederà. Per cominciare affittiamo la stanza per una lunazione. Vuoi occupartene tu, Manuel? L’amministrazione potrebbe rimanere sorpresa a sentire la mia voce; sono entrato dalla porta di servizio.

Chiamai il direttore dell’albergo e cominciai a discutere il prezzo della stanza per quattro settimane. Lui chiese novecento dollari di Hong Kong; io offrii novecento dollari dell’Ente. Poi voleva sapere quante persone avrebbero usato la camera. Io gli chiesi se rientrava nelle abitudini dell’Hotel Raffles di ficcare il naso negli affari dei suoi clienti.

Ci mettemmo d’accordo su 475 dollari di Hong Kong; gli spedii l’assegno e lui mandò giù due chiavi. Ne diedi una a Wyoh e una al Professore e tenni quella che avevo preso la sera prima. Sulla Terra mi ero imbattuto in quella consuetudine insolente che impone agli ospiti di un albergo di firmare il registro… e addirittura di mostrare la carta d’identità!

Chiesi: — Mangiamo?

— Non ho fame, Mannie.

— Manuel, ci hai chiesto di aspettare fino a che Mike avesse risposto alle tue domande. Torniamo ora al problema fondamentale. Come ci comporteremo quando avremo di fronte la Terra, Davide contro Golia?

— Ah… speravo che ve ne foste dimenticati. Mike? Hai davvero qualche idea?

— L’ho già detto, Man — rispose con aria lamentosa. — Potremo scagliare sassi.

— Santo cielo! Non è il momento di scherzare.

— Man — protestò — ma noi possiamo davvero scagliare sassi sulla Terra. E lo faremo!

Mi ci volle parecchio tempo per ficcarmi nel cranio l’idea che Mike diceva sul serio e che il suo progetto poteva funzionare. Mi ci volle ancora più tempo per convincere Wyoh e Prof. Eppure doveva essere ovvio a prima vista che Mike diceva sul serio e che il suo progetto era funzionale.

Mike aveva calcolato che cosa sarebbe successo se un carico di grano di cento tonnellate, o una massa di pietre equivalente, fosse precipitato sulla Terra senza essere frenato. L’energia cinetica sviluppata dall’impatto sarebbe stata di 6.250 per 1012 joule, ovvero oltre seimila miliardi di joule. In una frazione di secondo questa energia si sarebbe trasformata in calore: esplosione. Un’esplosione colossale.

Avrebbe dovuto apparirmi evidente sin dal primo momento. Basta guardare la Luna: che cosa si vede? Migliaia e migliaia di crateri, cioè di buchi prodotti da Qualcuno che si è divertito a tirare sassi.

Wyoh disse: — L’espressione joule a me non dice molto. Potreste farmi il confronto con le bombe acca?

— Dunque… — cominciai a fare calcoli mentali. Ma la testa di Mike funzionava molto più in fretta. Rispose lui per me: — L’impatto sulla Terra di una massa di cento tonnellate libera una quantità di energia pari a quella di una bomba atomica di due chiloton.

— Chilo vuol dire mille — mormorò Wyoh — mentre mega è un milione… Ma come, è solo la cinquantamillesima parte di una bomba acca di cento megaton! Non era questa la potenza della più grossa bomba sovietica?

— Wyoh, tesoro — osservai gentilmente — tu vedi le cose da un punto di vista sbagliato. Un’esplosione da due chiloton equivale allo scoppio di due milioni di chilogrammi di trinitrotoluolo… e ti assicuro che un chilo di tritolo fa già un bel botto. Chiedi a un minatore. Due milioni di chili distruggono una città di dimensioni medie. Vero, Mike?

— Sì, Man. E poi, Wyoh, mia unica amica, c’è un altro aspetto da tenere presente. Le bombe termonucleari di molti megaton sono inefficaci. L’esplosione è concentrata in un unico punto, troppo ristretto, e la maggior parte dell’energia viene sprecata. Mentre la potenza di una da cento megaton è cinquantamila volte superiore a quella di una bomba da due chiloton e il suo effetto distruttivo è solo milletrecento volte maggiore.

— Una differenza di milletrecento volte è enorme, mi pare, specie se loro useranno quelle colossali bombe contro di noi.

— È vero, mia amica Wyoh… Ma la Luna ha molti sassi.

— Oh, certo, ne abbiamo molti.

— Compagni — disse il Professore — l’argomento esula dalla mia competenza. Nei miei giovani anni, la mia esperienza dinamitarda era limitata a ordigni di al massimo un chilo di esplosivo chimico, quelli a cui hai accennato tu, Manuel. Ma presumo che voi due sappiate di che cosa state parlando.

— Lo sappiamo — disse Mike.

— Perciò credo a quello che dite. Per riportare l’argomento su un piano che io possa capire devo concludere che il piano richiede la conquista della catapulta.

— Sì — rispondemmo all’unisono Mike e io.

— Non è impossibile. Poi dobbiamo conservare la conquista e mantenere la catapulta in funzione. Mike, hai pensato a come proteggere la catapulta contro, diciamo, un piccolo missile a testata termonucleare?

La discussione proseguì a lungo. Interrompemmo per mangiare… secondo la regola rivoluzionaria del Professore. Mike invece continuò imperterrito a raccontare barzellette suscitando una selva di ricordi al Professore.

Quando lasciammo l’Hotel Raffles, la sera del 14 maggio del ’75, avevamo delineato il piano della Rivoluzione, compresa una serie di varianti per le situazioni critiche: o meglio l’aveva delineato Mike con l’aiuto del Professore.


Stavamo per uscire, io diretto a casa e Prof alla scuola serale e poi, sempre che non lo arrestassero, a casa a fare il bagno, cambiarsi e prendere gli oggetti necessari per passare la notte in albergo, quando risultò evidente che Wyoh non aveva voglia di rimanere sola in quella strana stanza. Wyoh era una donna forte di fronte al pericolo, ma era debole e vulnerabile nelle situazioni d’attesa.

Decisi allora di telefonare a Mum con un collegamento Sherlock e le dissi che avrei portato un ospite a pranzo. Ogni coniuge poteva portare a casa ospiti per la cena o anche a dormire, e i figli erano quasi altrettanto liberi ma dovevano chiedere il permesso. Non so come si comportino le altre famiglie. I nostri costumi sono gli stessi da un secolo a questa parte: per noi vanno bene.

Così Mum non chiese nome, età, sesso o situazione familiare dell’ospite; era un mio diritto portarlo a casa e lei era troppo orgogliosa per fare domande del genere. Si limitò a dire: — Ne sono lieta, caro. Avete mangiato? Sai che oggi è martedì.

Il riferimento era per ricordarmi che la famiglia aveva mangiato presto perché Greg celebrava la funzione religiosa ogni martedì sera. Se l’ospite non aveva mangiato, però, gli sarebbe stata servita la cena ugualmente. Era una concessione all’ospite, non a me; con l’eccezione di Granpà, mangiavamo solo alle ore dei pasti, oppure ce ne stavamo a sgranocchiare qualche avanzo di cucina, in piedi.

Le assicurai che avevamo mangiato e che avremmo fatto il possibile per arrivare prima che lei uscisse. Nonostante la mescolanza di musulmani, ebrei, cristiani, buddisti e seguaci di altre novantanove sette, esistenti sulla Luna, credo che la domenica sia il giorno più comune per andare in chiesa. Ma Greg appartiene a una setta che ritiene che il Sabbath vada dal tramonto di martedì al tramonto di mercoledì. Nei mesi estivi, perciò, mangiavamo molto presto il martedì sera.

Mum andava sempre a sentire la predica di Greg, e non sarebbe stato gentile da parte mia metterla di fronte a un impegno che glielo impedisse. Tutti gli altri ci andavano, di tanto in tanto, a me capitava parecchie volte all’anno perché ero molto affezionato a Greg; lui mi aveva insegnato un mestiere e mi aveva aiutato a impararne un altro quando l’incidente mi aveva costretto a cambiare attività. Avrebbe preferito averlo perso lui, il braccio. Mum andava sempre, per tradizione più che per senso religioso; una sera, prima di addormentarsi, mi confessò di non credere a una religione con un’etichetta specifica, però mi scongiurò anche di non dirlo a Greg. Anch’io le feci la stessa confessione e raccomandazione.

Greg era il marito prediletto di Mum. Era stato optato quando lei era ancora molto giovane, nel primo matrimonio successivo al suo ingresso nella famiglia. Era molto sentimentale con lui. Se accusata di amarlo di più di ogni altro marito, negava con tutta l’energia, però aveva abbracciato la sua fede quando Greg aveva preso gli ordini, e non aveva perduto una sola funzione del martedì.

Mum chiese: — Credi che il tuo ospite voglia venire in chiesa?

Risposi che glielo avrei chiesto, ma che comunque saremmo arrivati subito, poi la salutai. Bussai alla porta del bagno e dissi: — Spicciati con il trucco, Wyoh, abbiamo poco tempo a disposizione.

— Un minuto! — gridò. Wyoh non è come le altre ragazze: comparve dopo un minuto esatto. — Come vi sembro? — chiese. — Prof, credi che potrò passare?

— Cara Wyoming, sono sorpreso. Eri splendida prima, sei splendida ora… ma completamente irriconoscibile. Sarai sicura al cento per cento, e io mi sento molto sollevato.

Aspettammo che Prof si trasformasse nel vecchio derelitto. Sarebbe rimasto tale fino al corridoio della scuola, poi sarebbe comparso davanti ai suoi allievi nella consueta veste del vecchio maestro, per avere testimoni nel caso che una giubba gialla fosse lì per arrestarlo.

Nella breve attesa parlai a Wyoh di Greg.

Mi chiese: — Mannie, ti pare che vada il mio trucco? Abbastanza efficace per la chiesa? L’illuminazione è molto brillante?

— Non più di qua. Hai fatto un buon lavoro, non se ne accorgerà nessuno. Ma vuoi davvero andare in chiesa? Nessuno ti costringe.

Rispose: — Farebbe piacere a tua mad… voglio dire, alla tua moglie anziana, non è vero?

— Wyoh — dissi lentamente — la religione è un affare personale. Ma dato che me lo chiedi… sì, non c’è modo migliore per inserirsi nella famiglia Davis che andare in chiesa con Mum. Se vuoi andare, verrò anch’io con te.

— Ci andrò. Pensavo che il tuo cognome fosse O’Kelly.

— Lo è, infatti. Ma se vuoi essere formale, aggiungici Davis. Davis era il primo marito, morto cinquant’anni fa. È rimasto come nome di famiglia e tutte le nostre mogli si chiamano gospaza Davis, signora Davis, ciascuna, però, mantiene il cognome del marito, oltre al proprio di famiglia. In pratica l’unica vera gospaza Davis è Mum, e la puoi chiamare così. Le altre vengono chiamate con il primo nome e aggiungono il cognome Davis solo quando firmano un assegno o firmano documenti ufficiali. L’unica eccezione è Ludmilla, che si fa chiamare Davis-Davis, poiché si sente fiera della sua doppia appartenenza alla famiglia, per nascita e per opzione.

— Capisco. Allora, se un uomo si chiama John Davis è un figlio, ma se ha un cognome diverso è un co-marito. Però una ragazza sarebbe Jenny Davis in entrambi i casi, non è vero? Come faccio a distinguere? Dall’età? No, il criterio non funziona. Mi sento molto confusa! Pensavo che i matrimoni di clan fossero complicati. O i matrimoni poliandrici… anche se il mio non era tale. I miei mariti, per lo meno, avevano lo stesso cognome.

— Non c’è nessuna difficoltà: quando senti una donna di quarant’anni rivolgersi a una ragazza di quindici con l’appellativo Mama Milla, sai subito qual è moglie e qual è figlia. In realtà non incontrerai difficoltà del genere, perché in casa non ci sono figlie in età di matrimonio: vengono optate subito. Però potrebbero venire in visita. I tuoi mariti si chiamavano Knott?

— Oh, no. Fedoseev, Choy Lin e Choy Mu. Ho ripreso il mio nome di ragazza.

Prof emerse dal bagno. Sembrava un relitto umano. Uscimmo da tre diverse uscite, ci riincontrammo nel corridoio principale, a una certa distanza uno dall’altro.

Wyoh non conosceva Luna City, una grotta tanto complicata che gli stessi abitanti ogni tanto ci si perdono; così io andai avanti per guidarla, mantenendomi sempre in vista. Prof chiudeva la fila per accertarsi che lei non perdesse le mie tracce.

Se venivo arrestato, Wyoh si sarebbe fermata al primo telefono pubblico, avrebbe riferito a Mike, poi sarebbe tornata in albergo ad aspettare il Professore. Ma ero sicuro che la giubba gialla che avesse voluto arrestarmi si sarebbe buscata una carezza dal braccio numero sette.

Non ci furono sorprese. Salimmo al livello cinque e attraversammo la città lungo la galleria Carver, poi al livello tre fino alla Stazione Metropolitana Ovest, dove ritirai la cassetta delle braccia di riserva e degli arnesi che avevo depositato là. Non ritirammo le tute a pressione; avrebbero dato nell’occhio. Le lasciammo in deposito. C’era una giubba gialla, ma non mostrò alcun interesse nei miei confronti. Proseguii in direzione sud, lungo corridoi ben illuminati fino a che raggiunsi la porta stagna privata numero tredici che dava accesso alle gallerie pressurizzate cooperative della Fattoria Davis e di una dozzina di altri agricoltori. Immagino che Prof ci avesse lasciato all’ingresso della porta stagna, ma non mi voltai a guardare.

Indugiai alla porta di casa nostra per dare tempo a Wyoh di raggiungermi. Poi aprii e annunciai: — Mum, permettimi di presentarti la nostra ospite, Wyma Beth Johnson.

Mum la prese fra le braccia e le diede il benvenuto: — Sono molto felice che tu sia potuta venire, cara Wyma! Sei come a casa tua!

Capite perché amo la nostra vecchia chioccia? Avrebbe potuto dare a Wyoh, con le stesse parole, un benvenuto gelido. E invece mise nel saluto una carica di affetto sincero e Wyoh lo capì immediatamente.


Non avevo concordato con Wyoh il nome falso. Ci avevo pensato per strada. Alcuni dei nostri bambini erano ancora piccoli e benché allevati alla scuola del disprezzo più profondo per il Governatore, non era il caso di rischiare ingenue vanterie su una certa Wyoming Knott, nostra ospite. Quel nome era elencato nell’Archivio Speciale Zebra.

Mi ero dimenticato di dirglielo, ero ancora un cospiratore dilettante. Ma Wyoh ci sapeva fare. Le bastò sentire una volta il nome per non fare mai errori.

Greg aveva già indossato la veste talare per la predica, ed entro pochi minuti sarebbe andato in chiesa. Mum non fece le cose in fretta: presentò a Wyoh i vari mariti, Granpà, Greg, Hans, in ordine di anzianità, e le mogli, Ludmilla, Lenore, Sidris, Anna, questa volta cominciando dalla più giovane, e lo fece con grazia solenne, poi passò alla presentazione dei bambini.

Dissi: — Mum? Scusami, devo andare a cambiare il braccio. — Lei alzò un sopracciglio di un millimetro, che voleva dire parleremo di questo dopo, ma non in presenza dei bambini, e allora aggiunsi in fretta: — So che è tardi e che Greg continua a guardare l’orologio. Veniamo in chiesa anche Wyma e io, per questo ti ho chiesto di scusarmi.

Si calmò subito. — Certamente, caro. — Mentre mi allontanavo, vidi che cingeva con un braccio la vita di Wyoh. Mi calmai anch’io.

Cambiai il braccio, sostituendo il numero sette con quello delle occasioni sociali. Ma in realtà era un pretesto per precipitarmi al telefono e formare la combinazione Mycroft-xxx. — Mike, siamo a casa, però stiamo andando in chiesa. Non credo che tu possa rimanere in ascolto, quindi ti chiamerò più tardi. Prof si è fatto vivo?

— Non ancora, Man. Che chiesa è? Potrei trovare qualche linea utilizzabile per tenermi in contatto.

— Il Tabernacolo del Pentimento con il fuoco…

— Non so dove sia.

— Piano, amico; adeguati alla mia velocità. È adiacente alla Sala della Terza Municipalità Ovest. Cioè, a sud della Stazione sulla Circonvallazione, all’altezza del numero…

— Localizzata. C’è una derivazione principale e un telefono pubblico nel corridoio esterno, terrò un orecchio su entrambi.

— Non temo che avremo guai.

— Faccio quello che il Professore mi ha consigliato di fare. Mi sta parlando ora. Vuoi parlargli?

— Non ho tempo. Ciao.

Sarebbe stato sempre questo il nostro sistema: mantenersi in ogni istante in contatto con Mike, fargli sapere dove ciascuno di noi si trovava e dove voleva andare; Mike si sarebbe messo in contatto con il nuovo luogo di destinazione purché ci arrivasse una linea telefonica. L’idea era sorta quella mattina quando avevo scoperto che Mike poteva sentire anche attraverso un telefono agganciato. La scoperta mi aveva turbato molto, perché io non credo alla magia, ma riflettendoci mi resi conto che un telefono poteva essere messo in funzione direttamente dal centralino senza intervento umano… se il centralino aveva volontà. Mike ne aveva molta.

Come facesse Mike a sapere che c’era un apparecchio nel corridoio è difficile dire, dato che il concetto di spazio non poteva significare per lui quello che significa per noi. Ma aveva in archivio una carta dei servizi di Luna City e quasi sempre riusciva a ricollegare quello che gli dicevamo noi a quello che lui sapeva di Luna City. Difficilmente si perdeva.

E così, dal giorno in cui inaugurammo questo sistema di collegamento, rimanemmo in perpetuo contatto con Mike e, tramite il suo estesissimo sistema nervoso, in contatto fra noi.

Mum, Greg e Wyoh mi stavano aspettando sulla porta. Mum era nervosa ma sorridente. Vidi che aveva prestato a Wyoh una stola per coprirsi le spalle. Mum, come qualsiasi Lunare, era di vedute aperte a proposito di scollature, non aveva i pregiudizi dei nuovi ricchi. Ma andare in chiesa era un discorso diverso.

Arrivammo in tempo, anche se Greg dovette andare direttamente al pulpito e noi ai nostri posti. Mi sedetti, sprofondato in uno stato di calda astrazione, e partecipai passivamente al servizio religioso. Wyoh invece ascoltò ogni parola del sermone di Greg e cantò in coro con gli altri: o conosceva gli inni del nostro libro da messa oppure sapeva leggere la musica.


Quando tornammo a casa, tutti i ragazzi e buona parte degli adulti erano già a letto. Mum diede a Wyoh una stanza nella grotta dei bambini, una stanza nella quale di solito dormivano i due maschietti più piccoli. Non le chiesi come aveva spostato i letti. Era evidente che aveva offerto a Wyoh il massimo della comodità, altrimenti l’avrebbe fatta dormire con una delle figlie più grandi.

Dormii con Mum, quella notte, in parte perché la nostra moglie anziana fa bene ai nervi, e me n’erano successe di cose da far saltare i nervi, e in parte per dimostrarle che non avevo intenzione di sgattaiolare nella stanza di Wyoh dopo che tutti erano andati a dormire. La mia officina, dove dormivo quando stavo solo, era a poca distanza dalla camera di Wyoh. Mum sottintendeva, chiaro come il sole, fa’ pure, caro. Non venirmi a dire che vuoi comportarti male. Non venirmi a dire che vuoi comportarti male. Fammela dietro le spalle.

Naturalmente nessuno di noi due avrebbe ammesso questi stati d’animo. Andammo insieme nella stanza da letto, chiacchierammo dopo aver spento la luce, infine mi voltai dall’altra parte.

Invece di darmi la buonanotte, Mum mi disse: — Manuel? Perché la tua deliziosa ospite si traveste da africana? Credo che la sua tinta naturale le si adatti meglio. Non voglio dire, con questo, che non sia attraente anche nell’aspetto che ha scelto.

Mi girai di nuovo e glielo spiegai.

La spiegazione non parve molto chiara e allora aggiunsi altri particolari. Le raccontai tutto, fuorché di Mike. Ovvero, parlai anche di Mike, ma non come calcolatore, bensì come uomo, un uomo che Mum probabilmente non avrebbe mai incontrato, per ragioni di sicurezza.

Raccontare tutto a Mum equivaleva a farla entrare nella mia sottocellula, praticamente, e a farla diventare a sua volta capo di una sottocellula, ma non era il caso del marito che non può fare a meno di spifferare tutto alla moglie: al massimo, ero stato un po’ precipitoso. Ma se dovevo dirglielo prima o poi, forse quella era l’occasione migliore.

Mum è una donna intelligente. Anche un’organizzatrice capace, qualità questa necessaria per tirare avanti una grossa famiglia senza far stringere la cinghia a nessuno. Era rispettata da tutte le famiglie degli agricoltori in particolare e generalmente da tutta Luna City. Viveva lì da prima del novanta per cento della popolazione attuale. Aveva molti consigli da dare.

E poi, Mum era l’elemento indispensabile della famiglia. Senza il suo aiuto, Wyoh e io avremmo avuto difficoltà a usare il telefono insieme e sarebbe stato impossibile impedire ai ragazzi di notarlo. Con l’aiuto di Mum, invece, in casa non avremmo avuto problemi.

Ascoltò, sospirò e disse: — Mi sembra un’avventura pericolosa, caro.

— Lo è — risposi. — Senti, Mimi, se non te la senti, dillo pure… e scordati quello che ti ho detto.

— Manuel! Non devi nemmeno pensarle cose simili. Sei mio marito, caro. Ti ho scelto nel bene e nel male… e i tuoi desideri sono un ordine per me.

Santo cielo, che bugia! Ma Mimi ci credeva davvero.

— Non ti lascerei andare da solo incontro al pericolo — proseguì — e inoltre…

— Che cosa, Mimi?

— Penso che ogni cittadino della Luna sogni il giorno in cui sarà libero. Tutti, tranne qualche disgraziato senza spina dorsale. Non te ne ho mai parlato prima, perché mi sembrava che fosse necessario tirare avanti portando il proprio peso sulle spalle. Ma ringrazio il Signore che mi ha permesso di vivere tanto da vedere i giorni della libertà, se davvero verranno. Spiegami bene, ora: devo trovare altre tre persone, vero? Tre di cui abbia la fiducia assoluta.

— Non c’è fretta. Agisci con cautela e solo quando sei sicura.

— Sidris è una donna di fiducia. Sa tenere a freno la lingua, lei.

— Non penso che si debba cercare all’interno della famiglia. Abbiamo bisogno di allargarci. E poi, non avere fretta.

— Non ne avrò. E ne parleremo prima che io prenda qualsiasi decisione. Ah, Manuel, se vuoi sapere la mia opinione… — Si interruppe.

— Sempre voglio sapere la tua opinione, Mimi.

— Non parlare di questo a Granpà. Ogni tanto soffre di amnesie e a volte parla troppo. Ora dormi, caro, e non fare sogni.

13

Seguirono lunghi giorni nei quali sarebbe stato possibile dimenticare un progetto tanto improbabile come la rivoluzione, se lo studio dei preliminari non avesse richiesto tanto tempo. Il nostro obiettivo era quello di non essere notati. L’obiettivo a lunga scadenza era di rendere l’atmosfera politica peggiore possibile.

Sì, peggiore possibile. Fino a ora, per quanto tutti i Lunari volessero scacciare l’Ente, non l’avevano mai voluto con tanta intensità da sollevarsi in armi.

Tutti i Lunari odiavano il Governatore e cercavano di farla in barba all’Ente. Ma questo non voleva dire che fossero pronti a combattere e a morire. Se si parlava di patriottismo a un Lunare, quello sgranava tanto d’occhi: o non capiva o credeva che si stesse parlando del suo paese natìo, sulla Terra. C’erano deportati francesi i cui cuori appartenevano alla dolce Francia, ex tedeschi che si riunivano a cantare Deutschland über alles, russi che pensavano continuamente alla Grande Madre Russia. Ma la Luna? La Luna era Il Sasso, una terra di esilio, non la patria da amare.

Eravamo il popolo più apolitico della storia. Lo so bene; io stesso ero stato assolutamente sordo alla politica fino al giorno in cui ci fui trascinato in mezzo dalle circostanze. Wyoming aveva cominciato a occuparsi di politica perché odiava l’Ente per ragioni personali. Prof perché disprezzava ogni forma di autorità, ma in modo distaccato, intellettuale, Mike perché era una povera macchina solitaria e annoiata e la politica era per lui l’unico divertimento che offriva la piazza. Non potevamo davvero venire accusati di patriottismo. Dei quattro, io c’ero più vicino poiché ero un Lunare di terza generazione, completamente privo di legami affettivi con la Terra. Anzi, c’ero stato: mi disgustava, e disprezzavo quei vermi di Terrestri. Proprio sulla Terra ero diventato più patriottico della maggioranza dei Lunari!

Il Lunare medio era attratto dalla birra, dalle donne e dal lavoro, nell’ordine. Forse le donne potevano essere al secondo posto, ma non certo al primo, per quanto fossero ben considerate. I Lunari avevano imparato che non c’erano abbastanza donne in giro. I più lenti a capire erano morti, dato che anche i più abili dongiovanni non possono stare all’erta ogni minuto. Come dice Prof, o una società si adatta alla realtà o non sopravvive.

I Lunari si adattavano alla loro dura realtà… E se non si adattavano, morivano. Il patriottismo, invece, non era necessario alla sopravvivenza.

Come nel vecchio adagio cinese i pesci non hanno coscienza dell’acqua, io non mi ero reso conto di tutto questo fino a quando non ero andato sulla Terra e anche allora non avevo capito che vuoto ci fosse nel cervello dei Lunari sotto il capitolo patriottismo dei loro pensieri. Me ne accorsi quando tentai di suscitare il loro amore per la Luna. Wyoh e i suoi compagni avevano tentato di premere il bottone del patriottismo ma non avevano ottenuto niente. Dopo anni di lavoro, un migliaio di aderenti all’organizzazione, cioè meno dell’uno per cento della popolazione. E in quel numero microscopico, almeno il dieci per cento erano spie pagate dalla polizia!

Prof ci mise sulla strada giusta: era più facile suscitare l’odio della gente che il loro amore.

Per fortuna, ci diede un aiuto il Capo della Sicurezza, Alvarez. Quei nove piedipiatti uccisi furono sostituiti con novanta giubbe gialle: l’Ente era stato trascinato, sia pure con riluttanza, a fare una cosa che non avrebbe dovuto mai fare, cioè a spendere soldi per combatterci. E una follia tira l’altra.


Il corpo di guardia del Governatore non era mai stato numeroso, nemmeno nei primi tempi. Guardiani di prigione e secondini, nel termine classico della parola, erano inutili sulla Luna. Era stato proprio questo il motivo per cui era stata fondata una colonia penale quassù: costava poco. Il Governatore e il suo Vice, nonché i pezzi grossi che venivano in visita dalla Terra, dovevano essere adeguatamente protetti, ma la prigione non aveva bisogno di guardie. Fu sospeso perfino il servizio di guardia alle astronavi quando risultò evidente che non era necessario. Nel maggio 2075 il corpo di guardia era ridotto all’osso, e le giubbe gialle erano tutti nuovi venuti dalla Terra.

La perdita di nove uomini in una sola notte fece venire a qualcuno una paura terribile.

Di certo si spaventò Alvarez. Depositò copie delle sue lettere di richiesta di rinforzi nell’Archivio Zebra e Mike le lesse. Alvarez, un delinquente che aveva fatto il poliziotto sulla Terra per tutta la sua vita prima di venire condannato, poi la guardia del corpo sulla Luna dal giorno della sua deportazione, era probabilmente l’uomo più solo e spaventato che vivesse sulla Luna. Chiese che gli fossero inviati nuovi poliziotti, molti, e spietati, minacciando le dimissioni se non lo avessero accontentato… Era solo una minaccia per modo di dire e l’Ente avrebbe capito che barava se avesse conosciuto davvero la situazione sulla Luna. Se Alvarez avesse messo il naso in qualsiasi grotta in abiti civili e disarmato, sarebbe rimasto vivo fino all’istante in cui fosse stato riconosciuto.

Ottenne i rinforzi. Non riuscimmo mai a scoprire chi avesse preso quella decisione. Mort il Carceriere non aveva mai mostrato tendenze energiche. Sin dall’inizio aveva fatto la parte del Re Travicello. Forse Alvarez, che aveva da poco assunto il posto di Capo della Sicurezza, voleva mettersi in vista, o magari nutriva addirittura l’ambizione di diventare Governatore. Ma la teoria più verosimile è che il rapporto del Governatore sulle attività sovversive avesse convinto la direzione dell’Ente, sulla Terra, a fare un po’ di pulizia.

L’errore d’impostazione determinò un secondo errore: le nuove guardie del corpo, invece che essere scelte fra i nuovi deportati, erano soldati prelevati dalle prigioni militari, Arditi delle forze di pace delle Nazioni Federate. Era gente dura e pronta a tutto, non avevano nessuna voglia di venire sulla Luna e, appena arrivati, si resero conto che il servizio temporaneo di polizia era in realtà un viaggio senza ritorno. Cominciarono a odiare la Luna e i Lunari, cause della loro malasorte.

Appena Alvarez li prese in forza, organizzò un servizio di guardia di 24 ore su 24 a ogni stazione della Metropolitana che collegava le grotte e istituì i passaporti e il controllo dei passaporti.

Il provvedimento fu annunciato dai giornali e i Lunari ebbero una settimana di tempo per procurarsi i passaporti. La misura entrò in vigore una mattina alle otto. Molti Lunari non viaggiavano quasi mai, alcuni viaggiavano per affari, altri si recavano tutti i giorni al lavoro dalle grotte circostanti nei centri di Luna City e di Novylen e viceversa. Alcuni bravi ragazzi obbedienti compilarono le loro domande, pagarono la tassa, si fecero fotografare e ottennero il passaporto. Su consiglio di Prof, feci anch’io il bravo ragazzo, mi procurai il passaporto e lo unii al lasciapassare che già avevo per lavorare negli uffici dell’Ente.

Ma i bravi ragazzi non erano molti. I Lunari non credevano a quella storia. Passaporti? Chi ne aveva mai sentito parlare?

C’era uno dei nuovi soldati di Alvarez quella mattina alla Stazione Sud. Indossava l’uniforme gialla di guardia del corpo, invece che la sua divisa militare kaki, e si vedeva che odiava i panni che aveva indosso e odiava tutti noi. Io non stavo andando da nessuna parte, ero là a guardare la scena.

Fu annunciata la capsula per Novylen. Una trentina di viaggiatori si diressero al cancello d’ingresso. Giubba gialla chiese il passaporto al primo che gli si parò davanti. Quello cominciò a discutere. Il secondo viaggiatore superò a passo deciso il cancello. La guardia si volse e lanciò un grido. Altri tre o quattro passarono. A questo punto, la guardia fece per imbracciare il fucile. Glielo strapparono di mano e partì un colpo. Non era a raggi laser, ma un fucile a cartucce.

Il colpo finì sul pavimento. Io mi misi al riparo. Ci fu un ferito… la guardia. Quando il primo gruppo di passeggeri fu salito a bordo della capsula, il poliziotto giaceva a terra, immobile. Nessuno gli badava. Gli camminavano intorno o lo scavalcavano. Solo una donna, con un bambino in braccio, gli si fermò accanto, lo colpì deliberatamente con un calcio in faccia, poi salì a bordo. Forse era già morto. Non attesi di scoprirlo. Seppi poi che il corpo era rimasto là fino al secondo turno di guardia.

Il giorno successivo c’era una squadra di poliziotti alla Stazione Sud. Ma la capsula per Novylen partì vuota.


La situazione si appianò da sé. Quelli che dovevano viaggiare per lavoro ottennero il passaporto, gli irriducibili rinunciarono a viaggiare. Il servizio di guardia alle stazioni fu portato a due uomini, uno per il controllo dei passaporti, l’altro, a qualche passo di distanza, con il fucile imbracciato. La guardia che controllava i passaporti non era troppo meticolosa. Fu un bene, dato che la maggior parte erano falsi. Dopo qualche tempo venne rubata la carta con la quale si fabbricavano i passaporti autentici e quelli falsi erano in tutto e per tutto uguali a quelli ufficiali. Costavano di più, ma i Lunari preferivano i prodotti della libera iniziativa.

La nostra organizzazione non si mise a fabbricare passaporti falsi; ci limitavamo a incoraggiare l’attività dei falsari. Sapevamo con esattezza chi li aveva falsi, dato che Mike aveva l’elenco dei passaporti emessi regolarmente dall’Ente. La cosa ci serviva per dividere i nostri concittadini in liste bianche e nere, anche queste archiviate da Mike sotto il codice Bastiglia, dato che pensavamo che un uomo con un passaporto falso era già per metà dalla nostra parte. Impartimmo a tutte le cellule l’ordine di non reclutare mai nessuno che avesse il passaporto autentico. Se il compagno che doveva reclutare il nuovo membro della cellula non era sicuro, bastava che chiedesse, e dall’alto gli sarebbe venuta la risposta.

Ma i guai delle guardie non venivano solo dai passaporti. Non giova alla dignità di un poliziotto, né alla sua serenità, avere davanti agli occhi o, peggio ancora, alle spalle, una squadra di ragazzini che scimmiottano ogni suo gesto… o che corrono avanti e indietro urlando insulti e oscenità e facendo con le braccia gesti di significato universale. Per lo meno, le guardie prendevano quei gesti come insulti.

Una volta un poliziotto diede uno schiaffo a un bambino e l’intemperanza gli costò una mezza dozzina di denti. Risultato: due guardie e un cittadino morti. Dopo quell’episodio, i poliziotti ignorarono i bambini.

La nostra organizzazione non era la causa nemmeno di questo: ci limitavamo a incoraggiare i bambini. Chi avrebbe pensato che una signora distinta e amorosa come mia moglie Mum suggerisse ai bambini di comportarsi da mascalzoni? Eppure lo faceva.

Poi c’era un’altra cosa che rendeva nervosi questi uomini così soli e così lontani da casa: gli Arditi delle forze di pace erano stati inviati sulla Luna senza un’adeguata organizzazione di conforto.

Alcune delle nostre donne erano estremamente belle e cominciarono a farsi vedere nelle stazioni con indosso abiti più succinti del solito, cioè quasi nude, e profumate all’inverosimile, con essenze a lunga portata. Non parlavano con le giubbe gialle né le degnavano di uno sguardo, semplicemente passavano e ripassavano davanti a loro, ancheggiando come solo le ragazze della Luna sanno fare. Le donne sulla Terra non possono camminare così: sono incollate al suolo da una gravità sei volte superiore.

Ciò causava naturalmente assembramenti di uomini, vecchi, adulti e ragazzi, e c’erano fischi e applausi per la bellezza delle donne e risate di scherno all’indirizzo dei soldati in giallo. Le prime a dedicarsi a quest’attività furono ragazze da strada assoldate da noi, ma il fenomeno del volontariato si estese tanto in fretta che il Professore ben presto decise che era inutile spendere quattrini. Aveva ragione. Perfino Ludmilla, che era timida come un gattino, voleva provare, e non lo fece soltanto perché Mum le disse di non farlo. Ma Lenore, che aveva dieci anni di più ed era la bellezza di famiglia, ci provò e Mum non le rivolse alcun rimprovero. La prima volta tornò a casa rossa d’eccitazione, fiera di sé e ben decisa a prendere di nuovo in giro il nemico. Fu un’idea tutta sua: Lenore non sapeva che la rivoluzione stava covando.

Durante questo primo periodo vidi il Professore molto di rado e mai in pubblico; ci tenevamo in contatto per telefono. Una difficoltà iniziale era rappresentata dal fatto che la nostra casa aveva solo un telefono per venticinque individui, molti dei quali erano ragazzi che sarebbero rimasti incollati per ore all’apparecchio se non venivano costretti a smettere. Mum impose una regola molto rigida. Ai ragazzi fu permesso di fare una sola telefonata al giorno, per un massimo di novanta secondi, e fu stabilito un sistema di punizione progressivo, temperato solo dalla bontà di Mum nel concedere eccezioni. Ogni concessione era accompagnata dalla predica di Mum. "Ai miei tempi non c’erano telefoni privati, sulla Luna. Voi ragazzi non sapete nemmeno quanto sia dolce la vita, ora che…"

Eravamo stati fra gli ultimi a mettere il telefono. Quando fui optato io, l’apparecchio era una novità in famiglia. Ed eravamo una famiglia prospera, dato che non compravamo mai prodotti che potessero essere coltivati nella fattoria. Mum odiava il telefono perché una grossa fetta del canone versata alla Cooperativa Comunicazioni di Luna City finiva nelle tasche dell’Ente. Non riuscì mai a capire perché non fossi in grado di rubare il servizio telefonico con la stessa facilità con cui sottraevo l’elettricità. Che il telefono facesse parte di una rete controllata da un centralino, era un argomento che non la interessava né la convinceva.

Alla fine riuscii a rubare anche il servizio telefonico. Il problema dei telefoni clandestini è come fare a ricevere le chiamate. Dato che l’apparecchio pirata non è nell’elenco, anche se si informano le persone da cui si vogliono ricevere telefonate, il centralino non sa che il clandestino esiste e pertanto non ha nessun modo di collegare la linea.

Ma con Mike nella cospirazione, anche il problema del centralino fu risolto.

Nella mia officina avevo quasi tutto l’occorrente e comprai quel poco che mi mancava. Perforai la parete che separava l’officina dall’attacco con la rete telefonica e feci un secondo foro nella parete della stanza di Wyoh. Era di roccia vergine, spessa un metro, ma la perforatrice a raggi laser fece in breve un lavoro perfetto. Isolai bene il telefono ufficiale e feci una derivazione che nascosi nella parete. Poi fu sufficiente installare microfono e ricevitore nella stanza di Wyoh e nella mia, e inserire un circuito per innalzare la frequenza sopra il livello audio, in modo da non avere interferenze con il telefono normale. La sola difficoltà fu di lavorare senza essere visti, e di questo si occupò Mum con molta abilità.

Tutto il resto fu un gioco per Mike. Non fece passare la nostra linea clandestina per il centralino, da quel momento in poi dovetti usare la chiamata Microft-xxx solo per telefonare da fuori casa. Mike era continuamente in ascolto nella mia officina e nella camera di Wyoh, se udiva la voce mia o di Wyoh chiamare Mike, rispondeva. Ad altre voci, mai. La trama di ogni voce gli giungeva distinta come il disegno di un’impronta digitale. Mike non sbagliò mai.

Curai anche i particolari minori: l’isolamento acustico nella stanza di Wyoh (l’officina era già isolata), un interruttore per staccare il suo telefono o il mio, un segnalatore per avvertire che lei era sola nella stanza con la porta chiusa e viceversa. Tutti dispositivi di sicurezza per fare in modo che Wyoh e io potessimo parlare in piena tranquillità con Mike, oppure fare tavole rotonde telefoniche fra Mike, Wyoh, Prof e me. Mike chiamava Prof dovunque si trovasse, Prof rispondeva o richiamava da un telefono più sicuro. Oppure, se eravamo Wyoh e io fuori casa, ci facevamo sempre premura di informare Mike dei nostri spostamenti.

Il mio telefono clandestino, benché privo del dispositivo per formare numeri, poteva essere utilizzato per chiamare qualsiasi utente sulla Luna. Bastava chiamare Mike, chiedergli un collegamento Sherlock con chiunque. Non c’era nemmeno bisogno di dirgli il numero desiderato, dato che Mike aveva tutti gli elenchi telefonici e poteva controllare un numero molto più rapidamente di me.

Cominciammo a intravedere possibilità illimitate di creare una rete telefonica clandestina. Mi feci dare per Mum un altro numero per chiamare Mike ogni volta che aveva bisogno di mettersi in contatto con me. Anche Mum fece amicizia con Mike, pur continuando a pensare che fosse un uomo. Il segreto si sparse in famiglia. Un giorno, rincasando, trovai Sidris che mi disse: — Caro Mannie, il tuo amico con la bella voce ha chiamato. Mike Holmes. Vuole che lo richiami.

— Grazie, tesoro. Subito.

— Quando lo inviterai a pranzo, Man? Credo che sia una persona simpatica.

Le dissi che Gospodin Holmes aveva l’alito cattivo, perdeva i capelli e odiava le donne.

Mi rispose con una battuta pesante, approfittando del fatto che Mum non era nei pressi. — Tu hai paura di farmelo conoscere. Hai paura che possa optare per lui. — Le feci una carezza e le dissi che era proprio così. Riferii l’accaduto a Mike e a Prof.

Da allora, Mike raddoppiò la galanteria con le mie donne di casa.

14

Incominciai a imparare la tattica della cospirazione e ad apprezzare la teoria del Professore che la rivoluzione fosse un’arte. Non mi dimenticavo, e nemmeno lo dubitavo, la predizione di Mike che la Luna era a solo sette anni dal disastro. Però non ci pensavo. Pensavo solo ai dettagli più minuziosi e affascinanti della nostra lotta.

Prof aveva messo in chiaro che i due problemi fondamentali per una cospirazione sono le comunicazioni e la sicurezza, e che le due esigenze sono in contrasto. Più facili sono le comunicazioni, più grave il rischio per la sicurezza. Se i dispositivi di sicurezza sono troppo rigidi, l’organizzazione può esserne paralizzata. La struttura a cellule è un compromesso.

Accettai il sistema delle cellule, dato che era necessario per limitare i guai che le spie potevano procurare. Perfino Wyoh, dopo aver appreso quanto fosse marcia di spie la vecchia organizzazione clandestina, ammise che un’organizzazione senza un’adeguata struttura capillare non poteva funzionare.

Però non mi piacevano le comunicazioni complicate e nemmeno la struttura a cellule. Come nei dinosauri dell’antica Terra, ci voleva troppo tempo per mandare un messaggio dalla testa alla coda e viceversa. Così, ne parlai con Mike. Scartammo la soluzione dei canali a più contatti che avevo proposto al Professore. Mantenemmo le cellule, ma ci affidammo interamente alle meravigliose capacità del nostro super-cervello per quanto riguardava sicurezza e comunicazioni.

Comunicazioni: organizzammo una serie ternaria di compagni chiamati con il nome di Partito.

Presidente: compagno Adam Selene (Mike).

Cellula esecutiva: Bork (io), Betty (Wyoh) e Bill (Prof).

Cellula di Bork: Cassie (Mum), Colin e Chang.

Cellula di Betty: Calvin (Greg), Cecilia (Sidris) e Clayton.

Cellula di Bill: Cornwall (Finn Nielsen), Carolyn, Cotter… eccetera. Al settimo livello, George sovrintende a Herbert, Henry e Hallie. A questo punto ci vogliono già 2.187 nomi che iniziano con l’acca, ma basta rivolgersi a Mike che li scopre o li inventa. A ogni nuovo membro di una cellula viene dato un nome di partito e un numero telefonico di emergenza. Questo numero, invece di risalire attraverso decine di contatti, collega direttamente con Adam Selene, cioè Mike.

Sicurezza: basata su un doppio principio. Non ci si può fidare di nessuno per nessuna ragione… ma ci si può fidare di Mike in tutto e per tutto.

Il primo principio, per quanto pessimista, è indiscutibile. Con droghe, torture o altri metodi spiacevoli, qualsiasi uomo può essere costretto a cedere. L’unica forma di difesa è il suicidio, che non sempre è possibile. Ma Mike non aveva bisogno di suicidarsi, non poteva essere drogato, non provava dolore. Conservava ogni segreto che riguardava la rivoluzione in una memoria isolata, sigillata a una formula efficace solo se pronunciata da una delle nostre tre voci; inoltre, dato che la carne è debole, ideammo anche un segnale con il quale ciascuno di noi tre poteva escludere gli altri due.

Avevo fiducia in Mike. Nella vita bisogna ammettere che esiste un punto fermo. Su Mike avrei scommesso qualsiasi fortuna.

La nostra sicurezza, quindi, poggiava sulla fiducia in Mike per ogni cosa, mentre ciascuno di noi sapeva soltanto ciò che era indispensabile sapere. Io conoscevo solo i nomi i battaglia dei miei compagni di cellula e dei tre direttamente sotto di me. Non avevo bisogno di sapere altro. Mike stabilì nomi di partito, assegnò a ciascuno un numero telefonico e tenne gli elenchi dei nomi veri e dei nomi di partito. Supponiamo che il membro Daniel (che io non conoscevo dato che il D è due livelli sotto di me) recluti un tale Fritz Schultz. Daniel comunica per via gerarchica il fatto, ma non il nome. Adam Selene chiama Dàniel e assegna a Schultz il nome di partito Embrook, poi chiama Schultz al numero telefonico fornitogli da Daniel e gli comunica il suo nome, Embrook, e il numero telefonico di emergenza. Questo numero è diverso per ciascun nuovo membro.

Nemmeno il capo cellula di Embrook conosce il numero di emergenza del suo sottoposto. Non è possibile spifferare quello che non si sa, nemmeno sotto l’azione delle droghe o della tortura. Nemmeno per sbadataggine.

Ora, supponiamo che io debba raggiungere il compagno Embrook.

Non so chi sia. Può essere un abitante di Hong Kong o il droghiere all’angolo. Invece di passare il messaggio verso il basso, sperando di riuscire a raggiungerlo, chiamo Mike. Mike mi collega immediatamente con Embrook, tramite Sherlock, senza farmi sapere il numero.

Oppure supponiamo che debba parlare al compagno che sta preparando i manifesti da affiggere in ogni bar della Luna. Non so chi sia, ma ho bisogno di parlargli. Chiamo Mike. Mike sa tutto… ed eccomi collegato. Il compagno che risponde sa che può parlare liberamente perché la telefonata gli giunge tramite Adam Selene. "Parla il compagno Bork" dico io. Lui non mi conosce ma l’iniziale B gli dice che sono un pezzo grosso. "Dobbiamo cambiare questo e quello. Riferisci al tuo capo cellula e digli di controllare, ma intanto datti da fare."

Quando decidemmo che Mike avrebbe dovuto parlare direttamente con qualsiasi compagno, in certe circostanze, sorse l’esigenza di dargli nuove voci e fabbricare il personaggio di Adam Selene, Presidente del Comitato Provvisorio Luna Libera.

La necessità di nuove voci per Mike stava nel fatto che aveva solo un apparecchio vocalizzatore mentre il suo cervello era in grado di tenere contemporaneamente dozzine di conversazioni (o centinaia, non ho mai saputo quante), come un maestro di scacchi che gioca cinquanta partite allo stesso tempo. Con l’accrescersi dell’organizzazione e il moltiplicarsi delle telefonate ad Adam Selene, questa mancanza di voci diverse avrebbe rappresentato una seria strozzatura e avrebbe potuto diventare cruciale se fossimo sopravvissuti fino al momento di entrare in azione.

Prima mi diedi da fare in officina, mettendo al lavoro il braccio numero tre. Il risultato fu una minuscola scatola che conteneva venti circuiti vocalizzatori privi di apparato di ascolto. Chiamai Mike e gli dissi di ammalarsi in modo abbastanza grave da preoccupare il Governatore, poi aspettai.


Mi chiamarono in capo a mezz’ora. Mike ne aveva pensata una bella: la sua malattia era una serie di folli oscillazioni nel sistema di condizionamento d’aria nella residenza del Governatore. La temperatura si alzava e si abbassava ciclicamente con periodi di undici minuti e la pressione dell’aria aumentava e diminuiva al ritmo rapidissimo di circa due cicli al secondo, roba da far diventare chiunque tremendamente nervoso e forse anche da causare male alle orecchie.

Il condizionatore di una casa, per quanto grande e importante, non dovrebbe mai essere affidato a un calcolatore come Mike! Nella fattoria Davis il condizionamento d’aria per la casa e i campi era controllato da un apparecchio elementare, con una rete di segnali d’allarme, e chiunque era in grado di saltare dal letto, passare al controllo manuale e trovare il guasto in un momento. Oltretutto il condizionamento era organizzato in modo tale che se le mucche erano al freddo, il grano, in un campo isolato, era al sicuro, e se le luci che nutrivano il grano si spegnevano, quelle dell’insalata continuavano a splendere. Che Mike potesse combinare guai nella residenza del Governatore e nessuno sapesse cosa fare, era una prova ulteriore di quanto fosse sciocco concentrare tutto in un solo cervello elettronico.

Mike sprizzava di gioia da tutte le parti. Era uno scherzo che gli piaceva molto. Piaceva anche a me e gli dissi di continuare pure a divertirsi. Nel frattempo aprii la cassetta degli arnesi e tirai fuori la piccola scatola nera.

In quel momento, il tecnico di guardia si mise a suonare e a bussare alla porta. Impiegai un bel po’ di tempo per andare ad aprire e mi infilai anche il braccio numero cinque che sconvolge tutti quelli che lo vedono e fa venire il vomito ad alcuni. — Che cosa ti prende, amico? — chiesi.

— Senti — rispose — il Governatore sta facendo il diavolo a quattro. Non hai ancora trovato il guasto?

— I miei rispetti al Governatore e digli che gli restituirò la sua tranquillità appena avrò localizzato il circuito difettoso. E riuscirò a farlo presto se non sarò interrotto da domande stupide. Vuoi continuare a stare sulla porta a impolverare la macchina mentre apro i pannelli di protezione? Se lo fai, dato che ora sei tu di guardia, quando la polvere avrà messo il calcolatore fuori uso, lo riparerai tu. E non lascerò il mio letto caldo per venire a darti una mano. Puoi dirlo al tuo maledetto Governatore.

— Stai attento a quello che dici!

— Stacci attento tu, amico. Vuoi chiudere quella porta o no? Oppure devo tornare a Luna City? — Alzai il braccio numero cinque come una clava.

Chiuse la porta.

Non avevo nessun interesse a insultare quel pover’uomo. Era solo politica spicciola per rendere il prossimo il più infelice possibile. Quel tipo già trovava difficile lavorare per il Governatore. Volevo che quel posto gli diventasse insopportabile.

— Devo continuare? — chiese Mike.

— Ancora per dieci minuti, poi ferma all’improvviso. Dopo, per circa un’ora, qualche altro disturbo, diciamo la pressione dell’aria. Sbalzi irregolari, ma violenti. Sai che cos’è un bang sonico?

— Certamente, il rumore prodotto da un velivolo supersonico che…

— Lascia perdere la definizione. Subito dopo aver interrotto gli effetti più gravi, scuoti i condotti dell’aria ogni cinque o sei minuti, causando quanto di più simile a un bang sonico. E infine, diamogli una lezione che gli rimanga ben impressa in testa. Dunque… Mike, puoi far funzionare all’indietro il sifone dei gabinetti?

— Certamente! Tutti?

— Quanti ne ha?

— Sei.

— Bene… programma una bella spinta per tutti e sei, quanto basta per inondargli i tappeti. Ma se ce n’è uno vicino alla sua camera da letto, fai una fontana fino al soffitto. Puoi?

— Programma inserito!

— Molto bene. E adesso, al lavoro. — Nella scatola di ricezione del vocalizzatore di Mike c’era spazio per inserire e nascondere il nuovo apparecchio. Ci impiegai quaranta minuti con il braccio numero tre. Feci prima una prova interna poi gli chiesi di chiamare Wyoh e di controllare ogni circuito.

Per dieci minuti ci fu tranquillità. Ne approfittai per lasciare tracce del lavoro che non avevo fatto, per rimettere a posto gli attrezzi, cambiarmi il braccio, riporre la lista di mille barzellette che Mike aveva stampato in precedenza.

Non c’era bisogno di eliminare la voce di Mike. Ci aveva già pensato lui prima di me e aveva tolto il sonoro ogni volta che aveva sentito qualcuno avvicinarsi alla porta. Dato che i suoi riflessi erano mille volte più rapidi di quelli umani, non mi preoccupai più della questione.

Alla fine Mike disse: — Tutti i circuiti a posto. Posso inserirli e staccarli a metà di una parola nel corso di una conversazione e Wyoh non nota alcuna interruzione. Inoltre ho chiamato Prof e ho chiacchierato con Mum al suo telefono di casa, tre telefonate contemporaneamente.

— Benissimo! Che scusa hai inventato per chiamare Mum?

— Le ho detto di farmi telefonare da te appena rientravi, di chiamare Adam Selene, cioè. Poi abbiamo parlato del più e del meno. Ha una conversazione affascinante. Abbiamo discusso la predica che ha fatto Greg martedì scorso.

— Eh? Come?

— Le ho detto che l’avevo sentita anch’io, Man, e le ho citato anche una frase poetica.

— Oh, Mike!

— Nessun rischio, Man. Le ho lasciato credere che io fossi seduto nell’ultima fila, e che me ne fossi andato durante l’inno finale, senza farmi notare. Lei sa che non desidero essere visto.

Mum è la donna più curiosa che ci sia sulla Luna. — Immagino che non sia un grave rischio. Ma non farlo più. Però, no… fallo ancora. Intervieni pure a riunioni, concerti e roba del genere.

— Sì, Man, purché qualche impiccione non mi tagli il collegamento mettendo le mani dove non deve. Non posso controllare quelle derivazioni come posso fare con il centralino telefonico.

— Cerchiamo di evitarlo, in avvenire. Intanto dimmi, quante probabilità abbiamo di successo, attualmente?

— Approssimativamente una su nove, Man.

— Le cose si mettono al peggio?

— Man, continueranno a peggiorare per mesi. Non siamo ancora arrivati al punto crisi.

— Torniamo al discorso di prima. D’ora in poi, quando parli al telefono con chiunque, se il tuo interlocutore è stato a una conferenza o una qualsiasi manifestazione pubblica, fagli sapere, prove alla mano, che c’eri anche tu.

— Va bene, Man, ma perché?

— Hai letto la Primula Rossa? Dovrebbe essere nella biblioteca pubblica.

— L’ho letto. Vuoi che te lo rilegga?

— No, no! Volevo dire che tu sei la nostra Primula Rossa, il nostro uomo del mistero. Tu vai dappertutto, sai tutto, entri ed esci dalla città senza passaporto. Sei dovunque, eppure nessuno riesce mai a vederti.

Le sue luci lampeggiarono in una specie di risata sommessa. — È molto divertente, Man. Divertente una volta, due volte, forse divertente per sempre.

— Sì, Mike, per sempre. A proposito, da quando hai interrotto gli scherzetti nella residenza del Governatore?

— Da quarantatré minuti. Ora sono nella fase dei bang periodici.

— Scommetto che la testa gli sta per scoppiare! Continua, per un quarto d’ora. Poi riferirò che la riparazione è terminata.

— Programmato. Wyoh ti ha inviato un messaggio, Man. Dice di ricordarti del compleanno di Billy.

— Ah, già, devo andare alla sua festa. Interrompi tutto. Me ne vado, ciao! — Mi precipitai fuori. Billy è il figlio di Anna, probabilmente il suo ultimo. Anna ha fatto molto nella nostra famiglia: otto figli, tre ancora a casa. Cerco di mantenermi equilibrato come Mum e di non mostrare preferenze per i nostri ragazzi… ma Billy è molto in gamba e gli ho insegnato io a leggere e scrivere. Mi sembra che mi assomigli molto.

Mi fermai nell’ufficio dell’Ingegnere Capo per lasciare la fattura e chiesi di vederlo. Mi fecero entrare, e lo trovai di umore bellicoso. Il Governatore doveva averlo tartassato molto. — Solo un istante — gli dissi. — Oggi è il compleanno di mio figlio e non voglio arrivare in ritardo alla festa. Ma devo prima mostrarvi una cosa.

Presi una busta dalla cassetta degli arnesi e la rovesciai sul suo tavolo: c’era dentro una mosca morta che avevo preso e carbonizzato con il saldatore. Non tolleriamo mosche nella Fattoria Davis, ma talvolta una riesce a infiltrarsi dalla città quando si apre la porta stagna. Quella mosca era finita nella mia officina proprio quando ne avevo bisogno. — Vedete? Indovinate dove l’ho trovata.

Su quella prova falsa improvvisai una conferenza sulla cura delle macchine delicate, parlai di porte chiuse e aperte, mi lamentai dei tecnici che stavano di guardia. — La polvere può mettere fuori uso un calcolatore, ma gli insetti sono addirittura una catastrofe. È imperdonabile! Eppure i vostri tecnici di guardia entrano ed escono da quella sala come se si trattasse della stazione della Metropolitana. Oggi, tutt’e due le porte aperte e quell’idiota che berciava sulla soglia. Se trovo un’altra prova che i pannelli i protezione sono stati rimossi da qualche sciocco inesperto che lascia entrare le mosche… insomma, l’impianto è vostro, ingegnere. Ho già più lavoro di quello che posso fare, e mi sono occupato dei vostri calcolatori solo perché le macchine mi piacciono molto. Ma non posso sopportare di vederle trattare con tanta incuria. Per ora, arrivederci.

— Aspettate, voglio dirvi una cosa.

— Mi dispiace, devo andarmene. Prendere o lasciare. Io non sono un cacciatore di mosche, sono un esperto di calcolatori.

Non c’è niente che possa rendere un uomo più nervoso che non dargli la possibilità di dire la sua. Con un po’ di fortuna e il Governatore che mi dava una mano, l’Ingegnere Capo avrebbe avuto una bella ulcera prima di Natale.

Ero comunque in ritardo e mi scusai umilmente con Billy. Ma la colpa era di Alvarez che ne aveva pensata un’altra delle sue: perquisizione all’uscita di tutti gli uffici e impianti dell’Ente. La subii senza reagire contro gli Arditi che mi frugavano dappertutto, volevo arrivare a casa al più presto. La cosa che li preoccupò fu il rotolo di carta con le mille barzellette stampate. — Che roba è? — chiese uno.

— Carta di calcolatore — risposi. — Una prova che ho fatto oggi.

Si avvicinò un altro poliziotto. Non credo che sapessero leggere. Volevano confiscarmi il rotolo e allora chiesi di parlare con l’Ingegnere Capo. Mi lasciarono andare.

Quando me ne andai non ero affatto seccato. Più andava avanti quella storia e più le guardie sarebbero state odiate.

15

La decisione di personalizzare Mike sempre di più sorse dalla necessità che ogni compagno potesse telefonargli nelle più svariate occasioni. Il mio consiglio a proposito di conferenze e pubbliche manifestazioni era soltanto una trovata marginale.

Al telefono, la voce di Mike risultava strana, una cosa che non avevo preso in considerazione all’inizio. Quando si parla a qualcuno al telefono, ci sono sempre rumori di fondo. E poi si sente il respiro, si ha la sensazione, non sempre cosciente, di fruscio di abiti, di gesti. E soprattutto, anche se dietro l’apparecchio c’è un paravento, si sentono dei rumori che riempiono lo spazio e rendono l’interlocutore una persona viva, in un ambiente reale.

Intorno a Mike non c’era niente. Ormai la voce di Mike era diventata umana per timbro e qualità, e molto riconoscibile. Aveva un tono baritonale, accento nordamericano con qualche inflessione australiana, come Michelle aveva un tono da soprano con accento francese. Anche la sua personalità si era fatta più netta. Quando lo avevo presentato a Prof e Wyoh, sembrava un bambino pedante. In poche settimane si era trasformato, e ora mi pareva di parlare con un adulto suppergiù della mia età.

Quando si era appena svegliato, Mike aveva una voce metallica e confusa, difficilmente comprensibile. Ora era limpida e la scelta delle parole era sempre perfetta: tono familiare con me, dottorale con il Professore, galante con Wyoh, insomma le variazioni che ci si aspetta da un uomo intelligente e maturo.

Ma lo sfondo da cui muovevano le sue parole era muto come una tomba.

Decidemmo di creargli intorno un ambiente. Fu sufficiente dare a Mike una traccia. Ecco i risultati: "Scusami, Mannie, quando il telefono ha suonato ero in bagno". E fingeva di essere ansante per aver fatto una corsa. Oppure: "Mangiavo, fammi inghiottire il boccone". Ricorreva a questi trucchi anche con me, una volta intrapreso il compito di assumere un corpo umano.

Una sera ci riunimmo al Raffles per mettere insieme il personaggio Adam Selene. Quanti anni aveva? Che aspetto aveva? Sposato? Dove abitava? Che lavoro faceva? Che interessi aveva? Stabilimmo che Adam aveva quarant’anni, era pieno di salute, vigoroso, colto, interessato alle arti e alle scienze e profondo esperto di problemi storici, grande giocatore di scacchi, ma con poco tempo per giocare. Si era sposato nel tipo di matrimonio più comune, una troika in cui era il marito più anziano. Aveva quattro figli. Per quanto ne sapessimo la moglie e il marito più giovane non si interessavano di politica.

Era un uomo di bell’aspetto, virile, con capelli grigio-ferro molto ondulati, di razza mista. Rispetto alla media dei Lunari era un uomo agiato, con interessi finanziari a Novylen e a Hong Kong oltre che a Luna City. Aveva due uffici a Luna City, uno con dodici impiegati e un altro, quello privato, con il vice e la segretaria.

Wyoh voleva sapere se andava a letto con la segretaria. Le dissi di lasciar perdere, che era una faccenda privata. Wyoh ribatté indignata che non voleva fare la ficcanaso, ma dato che c’erano era meglio delineare il suo carattere fino in fondo.

Decidemmo che gli uffici erano nel quartiere centrale della Vecchia Cattedrale, lato sud, terza rampa, il cuore del distretto finanziario. Se conoscete Luna City ricorderete che nel quartiere della Vecchia Cattedrale alcuni uffici hanno finestre, diversamente da tutte le altre abitazioni, e guardano sulla grande piazza. Tenevo molto a questo particolare, mi pareva efficace.

Disegnammo la topografia della piazza e stabilimmo che, se l’ufficio fosse davvero esistito, sarebbe stato fra la Società Aetna Luna e la Greenberg C. Mi recai sul posto con il microregistratore per raccogliere i rumori tipici del quartiere; Mike fece il resto spiando qualche telefonata.

Da allora, quando si chiamava Adam Selene lo sfondo non era più muto. Se Ursula, la sua segretaria, rispondeva, andava così: "Qui Società Selene. La Luna sarà libera!". Poi, per esempio: "Potete attendere? Il signor Selene è all’altro apparecchio". A questo punto veniva magari un rumore d’acqua dal bagno a smentire la piccola bugia innocente. Oppure rispondeva Adam in persona: "Parla Adam Selene. Luna Libera. Aspetta un secondo che spengo la televisione". A volte rispondeva il suo vice: "È Albert Ginwallah che parla, il sostituto di Adam Selene. Luna Libera. Se la chiamata riguarda questioni del Partito, e immagino che sia così dato che vi siete presentato con il nome di battaglia, non abbiate timore, il Presidente ha piena fiducia in me".

Quest’ultima era una trappola, dato che a ogni compagno era stato ordinato di parlare solo con Adam Selene in persona. Non veniva presa nessuna misura contro chi abboccava all’esca. Si avvertiva invece il capo cellula che a quel compagno non bisognava affidare nessun compito di importanza vitale.

Incominciarono gli echi. I motti Luna Libera! o La Luna sarà Libera! fecero presa fra i giovani, poi fra i cittadini adulti.

Quando udii per la prima volta questi motti, in una telefonata d’affari, quasi svenni per la sorpresa. Chiamai subito Mike per sapere se la persona con cui parlavo era un membro del partito. Non lo era. Allora raccomandai a Mike di indagare lungo i rami del partito per vedere se qualche cellula poteva reclutarla.

La reazione più interessante venne però dall’Archivio Zebra. Adam Selene apparve negli elenchi del Servizio di Sicurezza meno di un mese dopo la sua creazione, con l’annotazione che si trattava di uno pseudonimo sotto il quale si nascondeva uno dei capi del nuovo movimento clandestino.

Le spie di Alvarez fecero un grosso lavoro sul personaggio di Adam Selene. Nel giro di pochi mesi il suo dossier negli archivi Zebra crebbe in modo impressionante: sesso maschile, fra i 35 e i 45 anni, uffici nel lato sud della piazza della Vecchia Cattedrale, ore di lavoro dalle 9 alle 18, sabato escluso, ma raggiungibile per telefono nelle altre ore, abitazione entro la cerchia pressurizzata municipale dato che il tragitto ufficio-casa non richiede più di diciassette minuti. Sposato con figli. Varie attività economiche, dalla borsa agli interessi agricoli. Frequenta teatri, concerti, eccetera; probabilmente socio del Club Scacchi di Luna City o dell’Associazione Scacchi Luna. Attività sportive durante l’intervallo della colazione, forse socio del Club Atletico di Luna City. Buongustaio, ma che sta attento alla linea. Memoria notevole, accompagnata da grande capacità matematica. Esperto dirigente, in grado di prendere rapide decisioni.

Una spia era convinta di aver parlato con Adam durante l’intervallo di Amleto rappresentato dalla Filodrammatica Civica. La descrizione registrata da Alvarez coincideva con il personaggio che avevamo creato in tutto e per tutto, meno che per i capelli ondulati.

Ma ciò che più faceva imbestialire Alvarez era che ogni volta che una spia gli riferiva un numero telefonico di Adam Selene, il numero risultava falso. Alvarez allora tentò di raggiungere la Società Selene immaginando che quei numeri contenessero una cifra sbagliata. Sapemmo questo perché Mike teneva sotto controllo i telefoni di Alvarez e intercettava le sue disposizioni. Allora Mike decise di giocare uno dei suoi tiri ad Alvarez: i funzionari che componevano tutte le combinazioni possibili con una cifra cambiata invariabilmente finivano per avere la comunicazione con la residenza del Governatore. Alvarez fu convocato dal Governatore e ne uscì con i nervi a pezzi.

Non potevo rimproverare Mike per questo, ma lo misi sull’avviso che facendo così avrebbe insospettito qualsiasi persona intelligente; avrebbero capito che qualcuno si divertiva con il calcolatore. Mike rispose che non erano intelligenti fino a quel punto.

Il vero e unico risultato degli sforzi di Alvarez fu che ogni volta che veniva in possesso di un numero di Adam Selene, noi scoprivamo una spia nella nostra organizzazione… una nuova spia dato che a quelle identificate prima non affidavamo più numeri telefonici di emergenza. Le spie scoperte venivano trasferite in un’organizzazione clandestina fasulla dove potevano solo spiarsi fra loro. Grazie ad Alvarez, riuscivamo a identificare le nuove spie quasi immediatamente e credo che Alvarez fosse molto insoddisfatto della gente che pagava. Due addirittura scomparvero e la nostra Organizzazione, che contava ormai più di seimila aderenti, non riuscì a scoprire dove fossero finite. Eliminate, suppongo. Oppure morte sotto interrogatorio.

La Società Selene non era la sola società fasulla inventata da noi. La Compagnia LuNoHo era molto più grande, altrettanto fasulla, ma non del tutto inesistente. La sua sede centrale era a Hong Kong, le filiali a Novy Leningrad e Luna City, e a poco a poco i suoi impiegati salirono a svariate centinaia, la maggior parte dei quali non erano membri del Partito. La LuNoHo divenne una delle nostre imprese maggiori e più complesse.

Il piano rivoluzionario di Mike elencava un’infinita serie di problemi che dovevano essere risolti. Uno era quello dei quattrini. Un altro era come proteggere dagli attacchi spaziali la catapulta.

Prof propose di rapinare le banche per risolvere il primo e vi rinunciò a malincuore. Comunque finimmo per derubare ugualmente banche, industrie private e lo stesso Ente. L’idea venne a Mike e la realizzò con l’aiuto del Professore. Inizialmente Mike non capiva perché avessimo bisogno di soldi. Ignorava che gli esseri umani avevano bisogno di una spinta per fare qualsiasi cosa, come ignorava i problemi del sesso. Mike maneggiava milioni di dollari e non capiva questa sete di denaro. Per venirci incontro propose di stampare un assegno, tratto sull’Ente, dell’ammontare desiderato.

Prof rimase sconvolto. Spiegò a Mike il rischio che si correva a tentare d’incassare un assegno, tratto sull’Ente, per una somma, per esempio, di dieci milioni di dollari.

L’idea fu comunque accettata, solo che gli assegni emessi furono infiniti, di piccolo taglio, intestati a nomi diversi in tutte le città della Luna. Ogni banca, industria, negozio, ufficio pubblico, Ente compreso, per cui Mike teneva l’amministrazione, diventò una riserva di liquidi per il finanziamento del Partito. Era una truffa colossale basata sul fatto, sconosciuto a me ma noto al Professore e latente nelle immense cognizioni di Mike, che il denaro, per lo più, non è altro che amministrazione e libri contabili.

Ecco un esempio, da moltiplicare per almeno cento casi: mio figlio Sergei, diciotto anni e membro del Partito, riceve dalla sua cellula l’ordine di aprire un conto corrente presso la Banca del Commonwealth. Deposita soldi e ne ritira. Ogni volta vengono fatti piccoli errori; gli accreditano più di quanto deposita, gli addebitano meno di quanto ritira.

Dopo pochi mesi trova un lavoro fuori città e trasferisce il conto alle Mutue di Risparmio di Tycho-Under. I fondi trasferiti sono già triplicati rispetto al versamento iniziale. Ben presto Sergei ritira quasi tutto il deposito in contanti e consegna i soldi al suo capo cellula. Mike sa qual è l’ammontare che Sergei deve versare in cellula, ma dato che non sanno che Adam Selene e il calcolatore della banca sono la stessa cosa, sia Sergei sia il capo cellula hanno l’obbligo di comunicare ad Adam l’avvenuta consegna.

Per essere onesti, nonostante la disonestà del sistema.

Non sono in grado di descrivere i virtuosismi di Mike per far quadrare i suoi libri contabili nascondendo migliaia di piccoli furti. Ma va tenuto presente che un revisore dei conti normalmente presume che le macchine siano oneste. Si spingerà, se scrupoloso, fino a volersi accertare che la macchina funzioni perfettamente, ma non gli verrà fatto di pensare che i controlli non dimostrano niente perché la macchina è disonesta.

I furti di Mike non assumevano mai proporzioni tali da disturbare l’economia della Luna. Come quando si dona mezzo litro di sangue, i fondi sottratti erano troppo esigui perché il donatore ne risentisse. Io non riesco nemmeno a capire chi abbia veramente perso soldi: il denaro continuava a circolare. Lo schema in sé mi sconvolgeva: ero stato educato alle scuole dell’onestà nei confronti di tutti, tranne che dell’Ente. Prof sosteneva che l’unica conseguenza era una leggera inflazione bilanciata dall’immediata reimmissione del denaro nel giro.

Decisi di mettere la coscienza a dormire. Era una quisquilia, in confronto alle colossali truffe finanziarie attuate da ogni governo della storia per finanziare le guerre. E la rivoluzione non era una guerra?

Questo denaro, dopo essere passato per molte mani e aumentato da Mike a ogni passaggio, confluiva nel finanziamento della Compagnia LuNoHo. Era una società mista, cooperativa e per azioni; i gentiluomini avventurieri che garantivano il capitale investivano il denaro rubato a proprio nome. Non voglio nemmeno discutere sulla contabilità della compagnia. Dato che Mike l’amministrava da solo, non poteva esserci il minimo sospetto di corruzione.

Le sue azioni venivano trattate alla Borsa di Luna City ed erano quotate a Zurigo, New York e Londra.

Il Wall Street Journal definiva la nostra impresa un investimento rischioso ma altamente fruttifero e attraente, con forti possibilità d’espansione.

La LuNoHo era una società meccanica e mineraria, con molte attività per lo più legittime. Ma il suo scopo principale era di costruire una seconda catapulta, segretamente.

In realtà, l’operazione non poteva essere segreta. Non si può comprare o costruire un impianto per la fusione dell’idrogeno senza farsi notare, e avevamo dovuto eliminare il progetto di utilizzare l’energia solare, per ovvie ragioni. Le strutture in acciaio furono ordinate a Pittsburgh, le apparecchiature elettroniche in California e pagammo volentieri i prezzi più alti per avere il materiale migliore. Ugualmente non si può costruire uno statore capace di creare un campo di induzione lungo parecchi chilometri, senza che nessuno se ne accorga. E ancora, non si possono assumere centinaia di operai senza farsi notare. Certamente una catapulta, più che aver bisogno di grandi costruzioni, richiede spazio vuoto. Però la catapulta dell’Ente era lunga quasi cento chilometri. Non solo era un punto di riferimento nelle carte astronautiche ma era talmente grande da poter essere fotografata o vista dalla Terra con l’ausilio di un telescopio di media grandezza ed era visibilissima sugli schermi radar terrestri.

Noi volevamo costruire una catapulta, una piccola cosa in confronto a quella dell’Ente, ma doveva pur sempre essere lunga trenta chilometri. Troppo grande per nasconderla.


Riuscimmo invece a nasconderla, e bene. La catapulta fu fabbricata sottoterra in modo da non poter essere individuata a vista o con il radar. Ma bisognava nasconderla ancora meglio: doveva rimanere segreta anche la sua posizione in superficie.

Come potevamo farcela, con un mostro di quella grandezza, alla cui costruzione lavoravano tante persone? Mettiamola così: supponiamo che viviate a Novylen, sapete dove si trova Luna City? Certamente! Presso il margine orientale del Mare delle Crisi: lo sanno tutti. Davvero? E quali sono le coordinate? Eh? Basta guardare nei testi di geografia! Ah! Se non lo sapete meglio di così, come avete fatto ad arrivare a Luna City la scorsa settimana? Nessun trucco, amico, ho preso la Metropolitana, ho cambiato alla stazione Torricelli e ho poi dormito per tutto il resto del viaggio. È la capsula che si deve preoccupare di seguire la direzione giusta.

Visto? Non sapete dove si trova Luna City! Vi limitate a scendere dalla capsula quando arriva alla Stazione Sud.

Più o meno allo stesso modo è nascosta la catapulta.

È nella zona del Mare delle Onde, lo sanno tutti. Ma dove si trova esattamente e dove diciamo che si trova differisce di almeno un centinaio di chilometri in direzione nord, sud, est o ovest o punti intermedi.

Oggi si può trovare la localizzazione della catapulta su qualsiasi mappa lunare, ma è sbagliata su tutte le mappe. La posizione di quella catapulta è ancora il segreto più gelosamente custodito della Luna. È invisibile dallo spazio, con occhi o radar. È sotterranea tranne che per lo sbocco finale che si presenta come un grosso foro informe uguale a diecimila altri, sul fianco di una montagna accidentata dove non si trova un solo spiazzo ampio a sufficienza da farci atterrare un razzo.

Tuttavia centinaia di persone hanno visitato la località, sia durante la costruzione della catapulta sia dopo. Perfino il Governatore è venuto a vedere i lavori con il mio co-marito Greg che gli faceva da guida. Il Governatore giunse con il razzo postale, riservato a lui per l’intera giornata, e il suo pilota Cyborg ebbe da noi le coordinate: con il radiofaro lo dirigemmo in un punto d’atterraggio non lontano dalla località esatta. Ma da quel punto in avanti, fu necessario viaggiare in rolligon. È i nostri mezzi non erano come gli autobus per passeggeri che nei vecchi tempi facevano il servizio da Endsville a Beluthihatchie, erano autocarri da carico, senza finestrini e così scomodi che i passeggeri dovevano essere legati ai sedili improvvisati. Il Governatore voleva viaggiare in cabina, ma, spiacente signore, c’era solo il posto per il pilota e i suo secondo, ed era necessario che rimanessero là entrambi per guidare con sicurezza il veicolo.

Dopo tre ore gli interessava solo una cosa: tornare a casa. Rimase per un’altra ora ma non ascoltò nemmeno una parola di tutti i discorsi sullo scopo degli scavi e sul valore delle risorse scoperte.

Le persone meno importanti, operai e altri, viaggiavano con le cabine per gli spostamenti in miniera, un modo ancora più facile per perdere l’orientamento. Se qualcuno avesse portato nel bagaglio una bussola a inerzia avrebbe potuto localizzare il posto… ma la sorveglianza era stretta. Uno lo fece e accidentalmente gli si lacerò la tuta a pressione. I suoi effetti personali furono rispediti a Luna City e la sua bussola indicava quello che doveva indicare… Cioè quello che noi volevamo che indicasse, dato che io feci a precipizio un salto fin laggiù portandomi dietro il braccio numero tre. Quello strumento può essere aperto e risigillato senza lasciare tracce: basta farlo in atmosfera di azoto. Compii il lavoro con indosso una maschera a ossigeno appena sovrapressurizzata. Tutto a posto.

Ricevemmo pezzi grossi della Terra, alcuni funzionali importanti della sede centrale dell’Ente. Preferivano viaggiare con la Metropolitana invece che via razzo. Evidentemente il Governatore li aveva messi in guardia. Ma anche viaggiando in sotterranea, a un certo punto bisogna percorrere una cinquantina di chilometri in rolligon. Uno dei visitatori terrestri, un certo dottor Dorian, fisico e ingegnere, era un tipo capace di creare guai.

Il suo veicolo ebbe un incidente. Quello sciocco del guidatore cercò di imboccare una scorciatoia e il mezzo si rovesciò. Nessuno fu testimone all’incidente e la loro radio di bordo si fracassò. Il povero dottor Dorian trascorse settantadue ore in una piccola rotta di pomice non sigillata e fummo costretti a rispedirlo a Luna City contaminato da una dose eccessiva di radiazioni, nonostante il generoso prodigarsi dei due compagni, membri del Partito, che lo accompagnavano.

Non ci fu bisogno di simulare incidenti per disfarci delle spie. Le lasciammo venire e le facemmo lavorare sodo, poi Mike leggeva i loro rapporti ad Alvarez. Uno affermò con sicurezza che avevamo trovato minerale d’uranio, una risorsa che a quel tempo si riteneva inesistente sulla Luna, dato che il Progetto Centro Luna era ancora di là da venire. La seconda spia comparve con tutto l’armamento per misurare la radioattività. Ci facemmo premura di aiutarlo a portare fuori i suoi contatori, assolutamente inutili.

Nel marzo del ’76 la catapulta era quasi pronta, ci mancava solo di installare i segmenti dello statore. La centrale atomica era in funzione e un cavo coassiale sotterraneo era stato gettato per tutta la lunghezza di trenta chilometri. Il personale era stato ridotto all’osso: avevamo tenuto, praticamente, solo i membri del Partito. Tenemmo anche una spia, in modo che ad Alvarez potessero giungere regolari informazioni… Non volevamo che diventasse nervoso e si insospettisse. Invece gli demmo molto filo da torcere nelle grotte di Luna City e delle altre città.

16

In quegli ultimi mesi c’erano stati parecchi cambiamenti. Wyoh era stata battezzata nella chiesa di Greg e la salute di Prof era diventata tanto instabile da costringerlo a rinunciare all’insegnamento. Mike si era dato alla poesia. Gli Yankees finirono il campionato all’ultimo posto. Se fossero stati battuti di un soffio, secondo o terzo posto diciamo, non mi sarebbe dispiaciuto tanto pagare al Professore la scommessa che gli dovevo, ma dal primo all’ultimo posto in una sola stagione… Smisi di seguire le partite alla televisione.

La malattia del Professore era fasulla. Considerata la sua età, era in ottima salute. Per tre ore al giorno si esercitava nella stanza d’albergo e dormiva con indosso un pigiama di piombo del peso di tre quintali. Lo stesso facevo io e lo stesso faceva Wyoh, che però odiava quell’esercizio.

Non credo che imbrogliasse e passasse le notti senza quella cappa addosso, ma non lo posso giurare dato che non ho mai fatto un controllo. Wyoh era diventata un’ospite fissa della nostra famiglia. Le bastò un giorno per passare da signora Davis a signora Mum, un altro giorno per raggiungere lo stadio Mum e ora era Mimi-Mum con baci e abbracci a ogni occasione. Quando l’Archivio Zebra ci rivelò che non poteva più tornare a Hong Kong, Sidris aveva portato Wyoh nel suo salone di bellezza e aveva fatto su di lei un lavoro tale da lasciarla dello stesso colore bruno, ma la tinta era indelebile. Quando Sidris ebbe finito, Wyoh aveva potuto andare in giro senza timore di essere riconosciuta; era una perfetta mulatta, con una sapiente mistura di Angola e Germania. La chiamavo Wyma invece che Wyoh.

Era splendida. Quando ancheggiava lungo il corridoio delle grotte, i ragazzi le correvano dietro a sciami.

Cominciò a imparare il lavoro dei campi da Greg, ma Mum mise immediatamente fine all’esperimento. È vero che era intelligente, volonterosa e forte, ma nella nostra fattoria lavoravano solo gli uomini. Greg e Hans non erano i soli due uomini membri della fattoria che si lasciavano distrarre dall’ancheggiare di Wyoh: la sua presenza nei campi faceva perdere più ore lavorative maschili di quante ne facesse lei. Così Wyoh tornò al lavoro di casa, poi Sidris la associò a sé nel suo salone di bellezza.


Prof scommetteva sui cavalli con due diversi conti. Dal primo prelevava le scommesse fatte con il sistema di Mike del migliore dei novizi, dall’altro le scommesse fatte secondo il suo sistema scientifico. Entro il luglio ’75 dovette ammettere di non capire niente di cavalli e seguì solo il sistema di Mike, aumentando le giocate e dividendole su molti allibratori. Le sue vincite servivano a finanziare le spese del Partito, mentre Mike teneva in piedi la truffa finanziaria per coprire il costo della catapulta. Prof però perse tutto l’interesse per quello che era stato l’hobby della sua vita e si limitava a piazzare le scommesse sui cavalli che gli indicava Mike. Smise di leggere i giornali di ippica. Triste. Muore qualche cosa quando un vecchio giocatore si ritira.

Ludmilla ebbe una bambina: sulla Luna dicono che è un buon auspicio avere una femmina al primo parto. Io ne fui deliziato: una famiglia ha sempre bisogno di donne. Wyoh sorprese tutte le nostre donne con la sua capacità di levatrice e le sorprese una seconda volta mostrando di non avere la minima nozione sull’allevamento di un neonato. I nostri figli maggiori si sposarono e Teddy, tredici anni, fu optato. Greg assunse due giovani che vivevano in fattorie vicine e dopo sei mesi di vita in comune li optammo nella nostra famiglia: conoscevamo da anni le loro famiglie. I due nuovi arrivi ristabilirono l’equilibrio che mancava da quando era stata optata Ludmilla e mise fine ai pettegolezzi delle madri di celibi che non erano riusciti a sposarsi. Non voglio dire con questo che Mum non fosse capace di snobbare le persone che non considerava all’altezza dei Davis.

Wyoh reclutò Sidris, e Sidris costituì la propria cellula associandosi all’altra assistente del negozio. Il Salone di Bellezza Bon Ton divenne così un centro rivoluzionario. Cominciammo a servirci dei bambini più piccoli per consegnare messaggi e fare altri lavori semplici, alla loro portata. Sono in grado di pedinare una persona nei corridoi molto meglio di un adulto, e nessuno sospetta di loro. Sidris afferrò per prima questa realtà e la diffuse fra le donne reclutate nel salone di bellezza.

Ben presto ebbe a disposizione un numero tale di bambini da poter tenere sotto sorveglianza tutte le spie di Alvarez. Con Mike in grado di ascoltare qualsiasi telefonata, e con un bambino sulle tracce di ogni spia e un altro pronto a comunicare per telefono gli spostamenti riuscivamo a mantenere un controllo costante sulle spie e impedire loro di vedere quello che non volevamo vedessero. Così accadde che, dopo qualche tempo, eravamo in grado di intercettare i rapporti delle spie senza dover aspettare che venissero registrati nell’Archivio Zebra. Per le spie, servirsi dei telefoni pubblici equivaleva a un fallimento: con i bambini all’opera, Mike era già in ascolto prima che le spie avessero finito di comporre il numero.

Grazie ai bambini, riuscimmo a identificare il vice di Alvarez che coordinava il lavoro delle spie. Già sapevamo che doveva esistere un vice, in quanto le spie non telefonavano mai direttamente ad Alvarez, inoltre non ci sembrava possibile che Alvarez avesse potuto curare il loro reclutamento, dato che nessuna spia lavorava alle dipendenze dell’Ente, e Alvarez si faceva vedere a Luna City solo quando veniva dalla Terra un pezzo grosso tanto importante da consigliare un corpo di guardia comandato personalmente da Alvarez.

I vice erano due. Un vecchio ex deportato che gestiva una rivendita di giornali e un’agenzia di scommesse nel quartiere della Vecchia Cattedrale, e suo figlio, impiegato civile dell’Ente. Il figlio portava i rapporti a mano, e per questo Mike non era riuscito più a intercettarli.

Li lasciammo lavorare in pace. Ma da quando furono identificati, avevamo in mano le loro relazioni con mezza giornata di anticipo su Alvarez. Questo vantaggio, dovuto a bambini sui cinque-sei anni, salvò la vita ad almeno sette compagni. Gloria agli Irregolari di Baker Street!

Non mi ricordo chi battezzò in questo modo l’esercito dei nostri ma credo che sia stato Mike, lettore attento dei romanzi polizieschi di Conan Doyle. Io ero solo un ammiratore di Sherlock Holmes mentre lui era davvero convinto di essere Mycroft, il fratello di Sherlock Holmes… e non potrei nemmeno giurare che non lo fosse. Il confine fra il reale e l’immaginario è così relativo! I ragazzi però non si chiamavano così fra loro. Avevano le loro bande con nomi che inventavano da sé. Stavamo attenti a non affidare ai bambini dei segreti che li potessero mettere nei guai. Sidris lasciò alle madri il compito di spiegare ai figli il perché chiedevamo loro di eseguire certi incarichi, con l’avvertimento che in nessun caso avrebbero dovuto dire loro la verità. Ai bambini piacciono immensamente i giochi misteriosi.

Il salone di Bon Ton era anche un punto di raccolta di pettegolezzi… Le donne ricevevano le notizie molto più in fretta dei cronisti del Daily Lunatic! Consigliai a Wyoh di farne un resoconto a Mike ogni sera, senza cercare di riassumere i pettegolezzi in pochi accenni che lei riteneva significativi perché non si poteva mai dire che cosa fosse significativo, una volta che Mike avesse collegato i pettegolezzi con tutti gli altri fatti che conosceva.

Il negozio di Sidris serviva anche per diffondere la propaganda del Partito. La nostra organizzazione era cresciuta lentamente all’inizio, poi molto più rapidamente sotto l’effetto della progressione geometrica e grazie al fatto che gli Arditi dell’Ente erano molto più odiati delle vecchie guardie del corpo. A mano a mano che il numero dei componenti aumentava, potemmo dedicarci alla propaganda politica, alla sovversione aperta, alle attività provocatorie, al sabotaggio. In principio la direzione degli agitprop fu affidata a Finn Nielsen; ma poi molti incarichi in quel settore erano stati trasferiti a Sidris.

In particolare, Sidris curava la distribuzione di volantini. Facemmo in modo che la stampa sovversiva non comparisse mai nel suo negozio, in casa nostra, e nella stanza dell’Hotel Raffles. La distribuzione dei manifestini veniva affidata a quei bambini che erano ancora troppo piccoli per saper leggere.

Oltre alle attività rivoluzionarie, naturalmente, Sidris doveva acconciare i capelli delle clienti, da mattina a sera, e ben presto arrivò al punto di non farcela quasi più. Una sera che ero andato a prenderla al negozio per fare due passi distensivi con lei, intravidi lungo il corridoio principale un volto che mi era noto: una ragazzina pelle e ossa, tutta spigoli, con i capelli color carota. Poteva avere dodici anni. Comunque era alle soglie dell’età in cui una ragazzina fiorisce improvvisamente e diventa donna. La conoscevo, ma non potevo dire quando e dove l’avevo incontrata.

Dissi: — Attenzione, tesoro. Una donna ci spia. Capelli arancione, niente curve.

Sidris diede un’occhiata. — Caro, sapevo che eri eccentrico, ma chiamarla donna… via! Non vedi che è piatta come un ragazzo?

— Lascia perdere. Chi è?

— Lo sa il cielo. Vuoi che glielo chieda?

Improvvisamente mi fu tutto chiaro, come se avessi davanti agli occhi uno schermo televisivo. Avrei voluto avere Wyoh al mio fianco in quel momento, ma Wyoh e io non ci facevamo mai vedere in pubblico insieme. Questa piccola rossa era presente al raduno in cui era stato ucciso Shorty. Sedeva per terra, appoggiata al muro, all’altezza della nostra fila e ascoltava serissima, con gli occhi sbarrati, applaudendo con entusiasmo. L’avevo di nuovo notata durante la battaglia… Volava in aria arrotolata come una palla e aveva colpito una giubba gialla all’altezza delle ginocchia, travolgendolo. Era lo stesso al quale, un istante dopo, avevo rotto la mascella.

Wyoh e io eravamo ancora vivi perché quella ragazzina si era mossa in fretta nell’istante in cui era esplosa la crisi. — No, non parlarle — dissi a Sidris. — Ma voglio tenerla d’occhio. Maledizione… se ci fosse uno dei tuoi Irregolari, qui!

— Telefona subito a Wyoh, ne arriverà uno in cinque minuti — disse mia moglie.

Telefonai. Poi Sidris e io continuammo a passeggiare, camminando lentamente e fermandoci a guardare le vetrine. Dopo sette o otto minuti comparve un bambino, si fermò davanti a noi e ci salutò: — Ciao, zia Mabel! Ciao, zio Joe.

Sidris gli tese la mano. — Ciao, Tony. Come sta la mamma?

— Molto bene — e aggiunse in un sussurro: — Io sono Jock.

— Scusami — disse Sidris, e poi a me: — Non perderla d’occhio. — Sidris condusse Jock in un negozio.

Dopo pochi istanti Sidris uscì dal negozio seguita da Jock che succhiava una caramella. — Ciao, zia Mabel. Grazie! — Si allontanò, si fermò davanti alla ragazzina rossa e finse di guardare una vetrina succhiando solennemente la sua caramella. Sidris e io tornammo a casa.

Già ci aspettava il rapporto di Jock. — È andata all’orfanotrofio di Cradle Roll e non è più uscita. — ci comunicò Wyoh. — Dobbiamo seguitare a pedinarla?

— Ancora per qualche tempo — risposi, e chiesi se si ricordava di quella ragazzina. Se la ricordava, ma non aveva idea di chi fosse. — Potremmo chiedere a Finn.

— Possiamo fare di meglio — e chiamai Mike.

Sì. L’orfanotrofio Cradle Roll aveva un telefono e Mike si sarebbe messo in ascolto. Gli ci vollero venti minuti per raccogliere informazioni sufficienti. C’erano molte voci infantili ed era difficile distinguerne il sesso, a quell’età. Infine mi riferì: — Man, sento tre voci che potrebbero corrispondere all’età e alle caratteristiche fisiche che mi hai descritto. Però, due rispondono a nomi che ritengo siano maschili. La terza risponde al nome di Hazel, ripetuto spesso da una vecchia signora. Mi pare che questa sia la direttrice di Hazel.

— Mike, controlla le liste della vecchia organizzazione, sotto Hazel.

— Ci sono quattro Hazel — rispose immediatamente. — Ed ecco la nostra: Hazel Meade, Movimento giovanile, orfanotrofio Cradle Roll, nata il venticinque dicembre duemilasessantatré, peso trentanove chili, altezza…

— È lei! Grazie, Mike. Wyoh, interrompi il pedinamento. Bel lavoro!

— Mike — fece Wyoh — chiama Donna e fai passare parola. Quella ragazzina deve stare con noi.

Lasciai alle donne il compito di reclutare Hazel Meade e non la vidi più fino a quando, due settimane dopo, Sidris la portò a casa nostra. Ma ci furono varie discussioni su di lei, dato che il suo reclutamento coinvolgeva certi principi dell’organizzazione. Sidris aveva già la sua cellula completa ma voleva associare Hazel Meade. A parte questa irregolarità, Sidris aveva dubbi per via dell’età della bambina. La nostra politica era: solo adulti, dai sedici anni in su.

Portai l’argomento ad Adam Selene e alla cellula esecutiva. — Io la vedo così — dissi — la struttura a cellule di tre deve servire noi, non deve renderci schiavi. Non vedo niente di male nel fatto che la compagna Cecilia abbia un membro in più nella sua cellula. Non c’è pericolo, dal punto di vista della sicurezza.

— Sono d’accordo — disse Prof. — Ma suggerisco che non sia ammessa nella cellula di Cecilia. Non dovrebbe conoscere gli altri, a meno che gli incarichi che le affiderà Cecilia lo rendano indispensabile. E non ritengo opportuno un reclutamento regolare, alla sua età. Il vero problema è l’età.

— D’accordo — intervenne Wyoh. — Voglio proprio parlare dell’età di questa ragazza.

— Amici — disse Mike in tono diffidente (era la prima volta da molte settimane che faceva il diffidente, ormai si era trasformato in Adam Selene, dirigente sereno ed efficiente, e non aveva più niente della primitiva macchina solitaria) — forse avrei dovuto dirvelo, ma ho già concesso eccezioni simili alle regole sul reclutamento. Non mi era parso un argomento degno di discussione.

— Non lo è, Mike — lo rassicurò il Professore. — Un presidente deve usare il proprio buon senso. Quanti membri ha la nostra cellula più grande?

— Cinque. È una doppia cellula, tre più due.

— Nessun danno. Cara Wyoh, Sidris propone di fare di questa bambina una vera e propria compagna? Vuole farle sapere che siamo impegnati in una rivoluzione… con tutti i disordini, sangue e forse disastro finale che comporta?

— È esattamente quello che Sidris chiede.

— Mia cara signora, quando noi abbiamo deciso di mettere a repentaglio la nostra vita, sapevamo che cosa stavamo facendo. Per questo, è necessario capire emotivamente la morte. I bambini raramente si rendono conto che la morte potrebbe colpire loro, personalmente. L’età adulta può essere definita come l’età in cui una persona apprende che dovrà morire… e accetta seriamente la condanna.

— Prof — dissi — conosco molti bambini che sono adulti sotto questo aspetto. Scommetto sette contro due che alcuni di loro sono già membri del Partito.

— E io scommetto invece che una buona metà di essi non ha le qualità per fare parte del Partito… e forse lo scopriremo nel modo più doloroso.

— Prof — disse Wyoh — e anche voi, Mannie e Mike, Sidris è convinta che questa bambina abbia una sensibilità da adulta. E anch’io la penso così.

— Man? — disse Mike.

— Facciamo in modo che Prof incontri Hazel e se ne faccia un’idea. Io sono rimasto colpito dal suo modo di fare. Specialmente il suo distacco sereno nella lotta. Senza di lei, forse, non mi sarei battuto con la stessa convinzione.

Aggiornammo la seduta, e dell’argomento non sentii più parlare. Poco tempo dopo, Hazel venne a pranzo da noi, invitata da Sidris. Non mostrò alcun segno di avermi riconosciuto e nemmeno io ammisi di averla vista prima. Più tardi seppi che mi aveva riconosciuto e non solo per via del braccio sinistro, ma perché ero stato abbracciato e baciato da una bella ragazza bionda di Hong Kong. Inoltre, Hazel aveva riconosciuto anche Wyoh, nonostante il travestimento, da un elemento che il trucco non riusciva a cambiare: la voce.

Ma Hazel tenne la bocca chiusa. Se pensava che io facessi parte della cospirazione non lo diede mai a vedere.

La storia della sua vita spiegava questo comportamento. Portata sulla Luna dai genitori, come Wyoh, quando era ancora in fasce, aveva perduto il padre che lavorava fra i detenuti in miniera. Sua madre attribuiva la responsabilità dell’incidente alla poca cura che l’Ente dedicava ai prigionieri. La madre morì quando Hazel aveva cinque anni. Hazel non sapeva di che cosa fosse morta. Già allora viveva nell’orfanotrofio dove l’avevamo trovata noi. E non sapeva nemmeno perché i suoi genitori erano stati deportati… forse per attività sovversive, se entrambi erano stati condannati come pensava Hazel. Ed era probabile: sua madre le aveva lasciato in eredità un odio profondo per l’Ente.

La famiglia che dirigeva l’orfanotrofio di Cradle Roll la tenne con sé dopo che era rimasta orfana. Hazel lavava pannolini e piatti sporchi sin dalla più tenera età. Aveva imparato a leggere da sola e sapeva scrivere l’alfabeto in stampatello, ma non in corsivo. Di matematica sapeva solo quelle nozioni elementari, come contare i soldi, che i bambini imparano macchinalmente.

Ci furono difficoltà per fare uscire Hazel dall’orfanotrofio: la proprietaria e i suoi mariti sostenevano che la ragazza doveva loro parecchi anni di retta. Hazel risolse tutto andandosene e lasciando i pochi vestiti e oggetti che possedeva. Mum si arrabbiò molto per il modo di fare di quella famiglia, al punto che voleva che la nostra reagisse e magari scatenasse uno di quei putiferi che lei odiava tanto. Le dovetti dire, privatamente, che come suo capo cellula non potevo permettere che la nostra famiglia salisse alla ribalta della cronaca… Tacitai l’orfanotrofio con un assegno e dissi a Mum che il Partito avrebbe pagato i vestiti nuovi per Hazel. Mum rifiutò i soldi, convocò il consiglio di famiglia e accompagnò lei stessa Hazel a fare le compere in città. Gli acquisti, secondo il metro normale di Mum, furono addirittura stravaganti.

Così, adottammo Hazel. Mi dicono che adesso adottare un bambino richiede un mucchio di pratiche burocratiche. A quei tempi era facile come adottare un gattino.

Altri problemi sorsero quando si dovette mandare Hazel a scuola. Il tipo di insegnamento che riceveva non era all’altezza di quello che Sidris aveva in mente né di quello che Hazel si aspettava nella sua qualità di compagna, aderente al Partito. Mi intromisi per la seconda volta e Mum cedette, almeno in parte. Hazel fu iscritta a una scuola privata, vicina al negozio di Sidris, cioè presso la porta stagna numero tredici. Il negozio era stato aperto in quel punto per via della vicinanza delle nostre condutture d’acqua: Sidris ne utilizzava in quantità illimitata perché recuperavamo e depuravamo gli scoli delle condutture di ritorno. Hazel studiava la mattina, e nel pomeriggio aiutava Sidris nel negozio, porgendo asciugamani e forbici, lavando capelli e così imparava il mestiere… e faceva tutto il resto che Sidris le chiedeva.

Il resto era il comando degli Irregolari di Baker Street.

Hazel si era occupata per tutta la vita di bambini. La amavano e lei otteneva da loro tutto quello che voleva; capiva tutto ciò che dicevano anche quando per un adulto erano parole senza senso. Era il ponte ideale fra il Partito e i piccoli ausiliari. Sapeva trasformare in gioco i compiti che noi affidavamo ai bambini e li persuadeva a giocare secondo regole ideate da lei, senza far mai capire che si trattava di cose serie, da adulti. Per i bambini erano cose serie da bambini, il che è un discorso tutto diverso.

Ecco un esempio.

Immaginiamo che un bambino, troppo piccolo ancora per leggere, venga sorpreso con in mano un plico di volantini sovversivi, cosa che accadeva di frequente. Ecco che cosa succedeva, dopo l’indottrinamento di Hazel.

Adulto: — Piccolo, dove hai preso questa roba?

Irregolare di Baker Street: — Non sono piccolo, sono un bambino grande!

Adulto: — E va bene, bambino grande, chi te li ha dati quei fogli?

I.B.S.: — Me li ha dati Jackie.

Adulto: — Dimmi il cognome di questo tuo amico.

I.B.S.: — Chi?

Adulto: — Jackie!

I.B.S. (petulante e canzonatorio): — Jackie è una bambina!

Adulto: — E va bene, dove sta Jackie?

I.B.S.: — Chi?

E così di seguito. A tutte le domande, la risposta chiave era: me li ha dati Jackie. Dato che Jackie non esisteva, non aveva cognome, indirizzo e nemmeno un sesso ben definito. Ai bambini piaceva moltissimo prendere in giro gli adulti, una volta che avevano capito quanto fosse facile.

Nel peggiore dei casi, i volantini venivano confiscati. Anche un’intera squadra di Arditi del corpo di pace ci pensava su due volte prima di arrestare un bambino. Oramai gli Arditi giravano a squadre per Luna City, mai isolati.

I pochissimi che erano venuti in città da soli non erano tornati indietro.

17

Quando Mike cominciò a scrivere poesie non seppi se mettermi a ridere o a piangere. Voleva pubblicarle! Questo dimostra fino a che punto il contatto con gli uomini aveva corrotto questa macchina innocente: pretendeva di vedere la sua firma sui giornali!

Esplosi: — Mike, per l’amor di Dio! Ti hanno dato di volta i circuiti?

Prima che Mike potesse reagire, si intromise Prof: — Calma, Manuel, non mi pare una brutta idea. Mike, ti dispiacerebbe usare uno pseudonimo, un nome d’arte?

È così nacque il poeta Simon Jester. Apparentemente Mike scelse quel nome a casaccio. Ma per i versi più seri volle usare un altro nome: Adam Selene.

I versi di Simon Jester erano triviali, osceni, sovversivi, andavano dalla presa in giro dei pezzi grossi agli attacchi più selvaggi contro il Governatore, il regime, gli Arditi del corpo di pace e le spie di Alvarez. Se ne trovavano affissi nei gabinetti o in fogli spiegazzati, dimenticati nelle capsule della Metropolitana. O nei bar. Dovunque fossero, erano firmati Simon Jester e accanto alla firma c’era il disegno, a carboncino, di un diavoletto cornuto con ghigno mefistofelico e coda biforcuta. A volte appariva solo il volto del diavoletto, ghigno e corna, fino a quando bastarono due corna e un ghigno per annunciare che Simon è stato qui.

Simon fece la sua comparsa in ogni grotta della Luna lo stesso giorno e da quel giorno rimase sempre sulla breccia. Dopo qualche tempo cominciò a trovare aiuto volontario. I suoi versi e disegni, così semplici che chiunque li poteva imitare, dilagarono dappertutto.

Evidentemente c’era qualche mano estranea. Versi e disegni apparvero perfino negli uffici dell’Ente… e noi non ce li avevamo messi; non avevamo mai reclutato nel Partito impiegati pubblici. E tre giorni dopo la pubblicazione di una strofetta satirica che implicava che la grassezza del Governatore fosse dovuta ad abitudini poco decorose, la stessa strofetta fu stampata su cartoncini autoadesivi e con un disegno illustrativo nel quale si riconosceva senza possibilità di equivoci Mort il Carceriere. È certo che non fummo noi a stamparla. Ma i cartoncini furono appiccicati dappertutto, a Luna City, Novylen e Hong Kong, nelle cabine telefoniche, lungo le pareti dei corridoi, sulle porte stagne, sulle ringhiere delle scale.

Ordinai un rilievo a campione e diedi i risultati a Mike. Mi assicurò che oltre settantamila cartoncini erano stati diffusi solo a Luna City. Non conoscevo nessuna tipografia di Luna City disposta a rischiare un lavoro del genere ed equipaggiata per farlo. Mi chiesi se per caso non ci fosse un’organizzazione rivoluzionaria concorrente.

I versi di Simon furono un tale successo che Mike decise di sdoppiare il suo poeta in una specie di fantasma al quale non potevano sottrarsi né il Governatore né il capo dei Servizi di Sicurezza. Caro Mort il Carceriere, diceva una lettera, per favore, stai molto attento domani da mezzanotte alle quattro. Baci e abbracci, Simon… con la solita aggiunta di corna e ghigno. La posta di quello stesso giorno portò ad Alvarez un’altra missiva che diceva: Cara mia testa di legno, se il Governatore si rompe una gamba nella notte di domani, sarà colpa tua. La tua fedele coscienza, Simon, ancora con corna e bocca ghignante.

In realtà non avevamo fatto nessun piano, volevamo solo far perdere il sonno a Mort e ad Alvarez… cosa che accadde a loro e alle loro guardie del corpo. Mike si limitò a chiamare ogni tanto il numero telefonico privato del Governatore fra mezzanotte e le quattro. Era un numero segreto che doveva essere noto solo a pochi dei suoi collaboratori più stretti. Chiamando contemporaneamente al telefono questi stretti collaboratori, e collegandoli con Mort, Mike non solo riuscì a creare una confusione indescrivibile, ma fece arrabbiare il Governatore con i suoi assistenti… Mort si rifiutava di credere che non fossero stati loro a chiamare.

Fu un incredibile colpo di fortuna che il Governatore, carico di rabbia, si mettesse a correre giù per le scale. È un errore che anche chi arriva per la prima volta sulla Luna commette una volta sola. Si trovò a galleggiare a mezz’aria e cadendo si distorse una caviglia: per poco non si ruppe la gamba. E quando avvenne l’incidente, Alvarez era a pochi passi da lui.

Questi scherzetti servivano solo a far perdere il sonno, nient’altro: come la voce che la catapulta dell’Ente era stata minata e sarebbe saltata in aria. La diffondemmo qualche notte più tardi. Novanta uomini più diciotto non possono perlustrare cento chilometri di catapulta in poche ore, specialmente quando i novanta sono Arditi delle forze di pace, non abituati a lavorare con indosso la tuta a pressione. Quello scherzo lo facemmo in una notte di Terra piena, con il sole alto. Gli Arditi rimasero all’aperto più di quanto lo consigliassero considerazioni di sicurezza e andarono molto vicini al primo ammutinamento della storia del loro corpo. Uno dei molti incidenti fu fatale. Cadde o fu spinto? Era un sergente.

Gli allarmi di mezzanotte resero gli Arditi in servizio al controllo passaporti molto più nervosi, e ciò aumentò il numero degli scontri fra soldati e Lunari e il risentimento da entrambe le parti. Simon decise di aumentare la pressione.

La poesia di Adam Selene era molto più elevata. Mike sottoponeva i suoi versi al Professore e ne accettava il giudizio critico senza risentimento. La scelta delle parole e delle rime era perfetta, dato che nella memoria di Mike erano sempre presenti tutte le parole del vocabolario inglese e gli bastavano pochi microsecondi per trovare la parola adatta. Ciò che gli mancava, era l’autocritica, che però si sviluppò rapidamente con la direzione di Prof.

La firma di Adam Selene apparve per la prima volta sulle pagine serie di Moonglow, sotto una poesia malinconica intitolata Casa. Erano i pensieri di un vecchio deportato morente che scopriva, nel momento di lasciare la vita, di amare la Luna come una nuova patria. Il linguaggio era semplice, lo schema ritmico sciolto. L’unico accenno vagamente sovversivo era la conclusione, da parte del moribondo, che anche l’aver sopportato tanti Governatori non era stato un prezzo troppo alto.

Dubito che i redattori di Moonglow ci avessero riflettuto a lungo. Era roba buona, e la pubblicarono.

Alvarez mise sottosopra l’intera redazione per risalire ad Adam Selene. Il numero della rivista era stato in vendita per almeno due settimane prima che Alvarez notasse la firma, o qualcuno gliela facesse notare; noi tenevamo molto a che lui se ne accorgesse. Rimanemmo lusingati per il modo con cui Alvarez si agitò quando finalmente vide la firma.

I redattori non poterono dare alcun aiuto agli uomini di Alvarez. Gli dissero la verità: la poesia era arrivata per posta. Avevano conservato la lettera? Sì, certamente… Ah, no, spiacenti, le buste venivano sempre gettate via. Dopo lunghi interrogatori, Alvarez lasciò la redazione, circondato da quattro Arditi che si era portato appresso per mantenersi in salute.

Spero che si sia divertito a studiare quel foglio di carta. Era un foglio intestato della Società Selene.

SOCIETÀ SELENE
Luna City

Investimenti

Il Presidente

Vecchia Cattedrale


Sotto l’intestazione era scritta a macchina la poesia Casa, di Adam Selene.

Le impronte digitali che vi apparivano erano state aggiunte dopo che avevamo spedito la lettera. Era stata battuta a macchina su una "Electrostator" da ufficio della Underwood, il modello di macchine più comune sulla Luna. Nonostante questo non esistono troppe macchine del genere, dato che sono importate; un bravo investigatore avrebbe dovuto identificare facilmente la macchina. L’avrebbe trovata nell’ufficio di Luna City dell’Ente Lunare. Le avrebbe trovate, dovrei dire, dato che nell’ufficio ce n’erano sei dello stesso modello e le usammo tutte, cinque parole ciascuna, a turno. Quell’operazione costò a Wyoh e a me una notte di sonno e un rischio troppo grosso, anche se Mike era in ascolto su ogni telefono, pronto a darci l’allarme. Non ripetemmo più l’esperimento. Alvarez, comunque, non era un investigatore scientifico.


Avevo troppo da fare. Non potevo trascurare i miei clienti e d’altra parte il lavoro di Partito richiedeva sempre più tempo, benché delegassi tutto quanto era possibile. Ma era necessario prendere decisioni su un numero infinito di problemi e messaggi che salivano e scendevano. Dovevo anche trovare qualche ora libera per esercitarmi alla gravità terrestre, con i pesi addosso, e non potevo chiedere all’Ente il permesso di usare la loro centrifuga, quella utilizzata dagli scienziati terrestri per allungare il periodo che potevano trascorrere sulla Luna. L’avevo già usata prima, ma questa volta non potevo comunicare all’Ente che mi stavo preparando per un viaggio sulla Terra.

Esercitarsi senza centrifuga è un sistema molto meno efficace ed era ancora più noioso dato che non sapevo con certezza se ne avrei avuto davvero bisogno. Ma secondo Mike, comunque andassero le cose, c’era almeno un trenta per cento di probabilità che qualche Lunare, in rappresentanza del Partito, dovesse fare il viaggio sulla Terra.

Non riuscivo a vedermi nelle vesti di ambasciatore, non ho una preparazione specifica e non sono un diplomatico. Prof era l’individuo più adatto di tutti. Ma era vecchio e forse non ce l’avrebbe fatta ad arrivare vivo sulla Terra. Mike ci aveva detto che un uomo dell’età del Professore aveva meno di quaranta probabilità su cento di sopravvivere.

Comunque, Prof si sottopose con gioia all’estenuante esercizio, per poter sfruttare al massimo le probabilità che aveva. Che altro dovevo fare se non mettermi pesi addosso e prepararmi a partire e a sostituirlo, nel caso che il vecchio cuore cedesse? Wyoh fece lo stesso nell’eventualità che le circostanze mi impedissero di lasciare la Luna. In realtà lo faceva per condividere le nostre pene. Wyoh usava sempre la generosità invece della logica.

Oltre agli affari, il lavoro di Partito e gli esercizi con la gravità, c’era anche il lavoro agricolo. Avevamo perduto tre figli con i recenti matrimoni, acquistando solo due mariti: Frank e Ali. Poi Greg dovette andare a lavorare per la Compagnia LuNoHo, come direttore degli scavi per la nuova catapulta.

Era un passo necessario. Bisognava stare molto attenti nell’assumere personale per i lavori della catapulta. Per molte cose potevamo servirci di personale non iscritto al Partito, ma i posti chiave dovevano essere affidati a compagni tecnicamente competenti quanto politicamente sicuri. Greg avrebbe preferito non andare: la fattoria aveva bisogno di lui e non voleva lasciare la sua chiesa. Tuttavia accettò l’incarico.

Dovetti così tornare a fare lo schiavo dei maiali e dei polli, almeno per una parte della giornata. Hans, che è un buon agricoltore, si assunse la direzione della fattoria, facendo il lavoro di due uomini. Le nuove responsabilità preoccupavano Hans. Avrebbero dovuto toccare a me, dato che ero più anziano di lui, ma Hans era più esperto di me nel lavoro dei campi, quindi era inevitabile che succedesse lui a Greg. Io mi limitavo a sostenerlo, approvando sempre le sue decisioni e cercando di dargli una mano nelle poche ore libere che mi restavano. Non avevo più un istante di sosta.

Verso la fine di febbraio stavo tornando da un lungo viaggio, Novylen, Tycho-Under e Churchill. Era stato appena completato il nuovo tronco della Metropolitana sotto il Sinus Medii, così andai a Hong Kong Luna… per affari. E ne feci, infatti, potendo ormai garantire il mio intervento in caso di emergenza. Prima, con l’autobus Endsville-Beluthihatchie il viaggio era possibile solo durante il periodo scuro della lunazione, e non avevo mai potuto impegnarmi.

In realtà, gli affari erano la copertura di una missione politica. I nostri rapporti con Hong Kong erano stati molto tenui.

Wyoh aveva fatto un buon lavoro per telefono. Il secondo membro della sua cellula era il vecchio compagno Clayton, che non solo aveva un certificato negativo negli archivi Zebra di Alvarez, ma godeva della massima stima di Wyoh. Glayton fu informato della nostra nuova politica, messo in guardia contro le mele bacate e incoraggiato ad avviare la struttura a cellule, pur lasciando intatta la vecchia organizzazione. Wyoh gli disse di conservare la vecchia tessera, come se non fosse successo niente.

Ma telefonare non è come parlare a tu per tu. Hong Kong sarebbe dovuta essere il nostro punto di forza. Era meno legata all’Ente perché aveva servizi pubblici indipendenti e perché, fino a poco tempo prima almeno, la mancanza di un mezzo di trasporto sotterraneo aveva reso meno attraente il vendere il grano per la catapulta, inoltre era molto più solida finanziariamente, in quanto le banconote emesse dalla Banca di Hong Kong Luna valevano di più di quelle dell’Ente.

Credo che i dollari di Hong Kong non fossero denaro nel senso stretto della parola. L’Ente non li accettava in pagamento, e quando ero andato sulla Terra mi ero dovuto procurare dollari dell’Ente per comprare il biglietto. Però portai con me dollari di Hong Kong, che venivano cambiati sulla Terra quasi alla pari, mentre le banconote dell’Ente non avevano praticamente alcun valore. Fossero o non fossero denaro, i dollari di Hong Kong erano garantiti da onesti banchieri cinesi e non dai quattro burocrati dell’Ente. Cento dollari di Hong Kong equivalevano a 31,1 grammi d’oro, pagabili al portatore alla sede centrale della Banca emittente, dove ne avevano davvero di oro, fatto venire dall’Australia. Oppure si potevano acquistare altri beni: acqua non potabile, acciaio, acqua pesante per le centrali nucleari, prodotti industriali. Si potevano comprare le stesse cose anche con i soldi dell’Ente, ma i prezzi espressi in quest’altra moneta continuavano a cambiare, e sempre in su.

Non sono un tecnico di finanza. La volta che Mike tentò di spiegarmi perché, mi venne il mal di testa. Io sapevo soltanto che eravamo tutti felici di mettere le mani su questo denaro non-denaro, mentre accettavamo molto a malincuore i soldi dell’Ente, e non solo perché odiavamo l’Ente.

Hong Kong doveva essere il punto di forza del Partito. Invece non lo era. Avevamo deciso che io dovevo affrontare a tu per tu i compagni, nonostante il rischio che avrei corso; avrei dovuto rendere nota la mia identità e un uomo con un braccio sinistro come il mio non riesce facilmente a passare inosservato. Era un rischio che non solo poteva mettere fine alle mie attività, ma poteva permettere all’Ente di risalire a Wyoh, Mum, Greg e Sidris se avessi commesso un errore. Ma chi aveva mai detto che la rivoluzione era un lavoro sicuro al cento per cento?

Il compagno Clayton era un giovane giapponese, non troppo giovane in realtà, ma i giapponesi sembrano tutti giovani prima di diventare improvvisamente vecchi. Non era un giapponese puro, dato che aveva anche sangue malese e altro, ma il suo vero nome e le sue abitudini erano giapponesi.

Clayton non era stato deportato. I suoi genitori erano venuti volontariamente su una nave, al tempo in cui la Grande Cina consolidava il suo impero terrestre. Nonostante questo, odiava il Governatore con la stessa nostra intensità.

Lo incontrai in una sala da tè, l’equivalente dei bar di Luna City, e per due ore parlammo di tutto, meno che di politica. Dopo essersi fatto un’idea di me, mi invitò a casa. L’unica cosa che non mi va dell’ospitalità giapponese è il bagno, stretto e alto fino al mento e terribilmente caldo.

Non corsi alcun rischio. Mama-San, la moglie di Clayton, era esperta quanto Sidris in travestimenti, il mio braccio da società è abbastanza convincente, e il kimono copriva la sutura. Incontrai i membri di quattro cellule in due giorni presentandomi come compagno Bork, con indosso kimono e trucco. Se fra loro ci fosse stata una spia, non credo che avrebbe potuto riconoscere in me Manuel O’Kelly. Ero andato là con poche idee chiare, una fila interminabile di cifre e i grafici, e parlai praticamente di una sola cosa: carestia nell’82, cioè entro sei anni. — Voi di Hong Kong siete fortunati, non sarete colpiti per primi. Ma ora che è stata aperta la nuova Metropolitana, vedrete un numero sempre più grande di vostri agricoltori dedicarsi alla coltura di riso e grano e vendere i loro raccolti alla catapulta per il lancio sulla Terra. Verrà anche l’ora della vostra rovina.

Rimasero impressionati. La vecchia organizzazione, da quello che potei capire, si affidava alle qualità oratorie di leader, al sentimento e alle musiche patriottiche. Mi limitai a dire: — Così stanno le cose, compagni. Controllate queste cifre, le lascio a voi.

Incontrai un compagno separatamente. Era un ingegnere cinese, capace di fabbricare qualsiasi cosa una volta che avesse dato anche una sola occhiata a un nuovo manufatto proveniente dalla Terra. Gli chiesi se avesse mai visto un fucile a raggi laser abbastanza piccolo da poter essere portato a tracolla e imbracciato come un fucile normale. Non ne aveva mai visti. Gli accennai che l’introduzione dei passaporti aveva reso più difficile il contrabbando, da qualche tempo in qua. Ribatté, pensoso, che forse si poteva provare con i gioielli, comunque sarebbe venuto a Luna City la prossima settimana per vedere suo cugino. Gli dissi che lo zio Adam sarebbe stato molto felice di sentire sue notizie.

Tutto sommato, fu un viaggio utile. Sulla strada del ritorno mi fermai a Novylen per controllare un cervello elettronico antiquato che avevo installato qualche tempo prima. Rimasi là per la colazione e mi imbattei in mio padre.

Eravamo in buoni rapporti, ma questo non impediva che fra una visita e l’altra passassero anche un paio d’anni. Chiacchierammo mangiando un panino e bevendo un bicchiere di birra. Quando mi alzai per andarmene mi disse: — Sono contento di averti visto, Mannie. Viva la Luna libera!

Gli feci eco, ero troppo sorpreso per non farlo. Il mio vecchio era l’uomo più cinico del mondo, per quanto riguardava la politica: se osava dire una frase simile in pubblico, era segno che la nostra campagna stava prendendo piede sul serio.

Tornai a Luna City molto sollevato e per niente stanco, dato che ero riuscito a dormire durante il viaggio da Torricelli fino a casa. Presi la circonvallazione dalla Stazione Sud, poi scesi fino all’ultimo livello e raggiunsi casa lungo la Bottom Alley, evitando l’affollamento dei corridoi centrali.

Prima di entrare in casa, pensai di fare un salto dal giudice Brody, per salutarlo. Brody è un vecchio amico e abbiamo in comune un arto amputato. Dopo aver perso la gamba si era dato alla carriera di giudice, con molto successo.

Se due persone portavano una loro lite davanti al giudice Brody e lui non riusciva a convincerle che la sua decisione era giusta, restituiva la parcella pagata e, se loro volevano battersi, arbitrava il duello senza chiedere nessun compenso e continuando a cercare di convincerli di non ricorrere ai coltelli.

Non era nel suo ufficio-tribunale, benché ci fosse il suo cappello posato sul tavolo. Molto probabilmente il giudice si trovava in uno dei bar del quartiere.

Non avrei mai immaginato, comunque, che a causa dell’assenza del giudice la vita stessa della rivoluzione, entro pochi istanti, avrebbe avuto una svolta fondamentale e che l’occasione della svolta mi sarebbe letteralmente caduta fra le braccia. Mentre lasciavo il tribunale incontrai un gruppo di persone che vi stavano entrando. Tipi di stilyagi, di capelloni. Avevano con loro una ragazza e un adulto. Volevano uccidere l’uomo ed erano venuti dal giudice per ottenere il permesso.

18

L’adulto veniva spinto in avanti dai capelloni. I suoi abiti erano in disordine e avevano quel non so che di turista.

Anche a quei tempi c’erano turisti. Non a orde, ma ne ricevevamo un bel numero. Venivano dalla Terra, si fermavano in albergo per una settimana, e tornavano a casa con la stessa nave con cui erano venuti; a volte, però, si fermavano ad aspettare l’astronave successiva. Quasi tutti passavano il tempo giocando d’azzardo, dopo un paio di giorni di giri turistici che comprendevano una sciocca passeggiata in superficie, escursione a cui nessun Terrestre rinunciava mai. I Lunari, per lo più, li ignoravano, sopportando le loro stranezze.

Un giovanotto, il più anziano, che aveva forse diciotto anni e pareva il capo banda, chiese: — Dov’è il giudice?

— Non lo so. Non è qui.

Si morse un labbro, perplesso. Chiesi: — Qualche guaio?

— Vogliamo eliminare questo tipo. Ma abbiamo bisogno della conferma del giudice — rispose con decisione.

— Battete i bar della zona — suggerii. — Forse lo trovate.

Un ragazzo di quattordici anni si intromise. — Sentite! Ma non siete il signor O’Kelly?

— In persona.

— E allora perché non fate voi da giudice?

Il capo banda parve sollevato. — Lo farete, signore?

Esitai. Certo, avevo fatto il giudice altre volte, a chi non era capitato sulla Luna? Ma non vado matto per le responsabilità. Tuttavia mi seccava sentire quei giovani parlare di eliminare un turista. Era una faccenda che avrebbe fatto rumore.

Mi decisi. Chiesi al turista: — Mi accettate come giudice?

Parve sorpreso. — Ho diritto di scegliere?

— Certamente — risposi con molta pazienza. — Non posso obbligarvi a darmi retta, se non volete accettarmi come giudice. E nemmeno cerco di convincervi. Si tratta della vostra vita, non della mia.

Era ancora più stupito ora, ma non spaventato. Una luce gli passò negli occhi. — La mia vita, avete detto?

— Evidentemente, sì. Non avete sentito che i ragazzi parlano di eliminarvi? Ma forse preferite aspettare il giudice Brody.

Non ebbe alcuna esitazione. Sorrise e disse: — Vi accetto come giudice, signore.

— Come volete. — Guardai il capo banda. — Quali sono le parti nella lite? Solo tu e la tua giovane amica?

— Oh, no, giudice, tutti noi.

— Non sono ancora il vostro giudice. — Mi guardai intorno. — Siete tutti d’accordo che io sia il giudice?

Ci furono cenni di assenso. Nessuno disse no. Il capo banda si volse alla ragazza e disse: — È meglio che lo dica chiaramente, Tish. Accetti il giudice O’Kelly?

— Cosa? Ah, certamente! — Era una piccola creatura frivola, carina e piena di curve, sui quattordici anni. Il tipo da corridoio… o per lo meno lo sarebbe diventata. Una di quelle ragazze che preferiscono regnare su una banda di capelloni, invece che fare un matrimonio tranquillo. Non me la sento di condannare gli stilyagi, vanno su e giù per i corridoi perché non ci sono abbastanza donne sulla Luna, lavorano tutto il giorno, e la sera non sanno dove andare.

— Bene, il giudice è stato accettato e le parti in lite sono obbligate a rispettare il verdetto. Stabiliamo le parcelle dovute. Quanto potete pagare voi, ragazzi? Dovete capire che non sono disposto a giudicare un caso di eliminazione per pochi spiccioli. Così, tirate fuori i soldi oppure lascio il turista immediatamente libero.

Il capo banda sbatté le palpebre, poi tutti i ragazzi si riunirono in cerchio. Dopo un momento il capo si volse e disse: — Non abbiamo molto. Accettate cinque dollari di Hong Kong a testa?

Erano in sei. — No. Non dovreste nemmeno chiedere un giudizio su un’eliminazione, a quel prezzo.

Si consultarono di nuovo. — Cinquanta dollari, giudice?

— Sessanta. Dieci a testa. E altri dieci da te, Tish — aggiunsi rivolto alla ragazza.

Si mostrò sorpresa, indignata.

— Avanti, avanti! — dissi. — Transtaafl.

Abbassò gli occhi e mise la mano nella borsetta. Soldi ne aveva. Non mancano mai, ai tipi come lei.

Raccolsi i settanta dollari, li misi sulla scrivania del tribunale e chiesi al turista: — Potete metterne altrettanti?

— Come?

— I ragazzi mi hanno versato settanta dollari di Hong Kong per il giudizio. Voi dovreste fare altrettanto. Se non avete i soldi con voi in questo momento, me li darete dopo. Ma è quanto dovete pagare. — E aggiunsi: — Non è molto, per un caso così grave. I ragazzi non possono pagare di più e voi fate un affare.

— Capisco. Credo di capire. — Mi porse settanta dollari di Hong Kong.

— Grazie — dissi. — E ora, volete una giuria?

Gli occhi della ragazza si illuminarono. — Certamente! Facciamo secondo le regole.

Il Terrestre aggiunse: — Nelle circostanze attuali, è meglio anche per me avere una giuria.

— L’avrete — lo rassicurai. — Volete un consiglio legale?

— Immagino che avrò bisogno di un avvocato.

— Ho parlato di consiglio legale, non di avvocato. Non ci sono avvocati, qui.

Di nuovo parve molto tranquillo. — Immagino che il consiglio legale, se lo chiedessi, sarebbe della stessa, ehm, natura non formale di questo procedimento, vero?

— Forse sì, forse no. Io sono un giudice molto poco formale, è tutto quello che so. Fate come preferite.

— Uhm. Penso che avrò fiducia nella vostra informalità, vostro onore.

Il capo banda disse: — A proposito della giuria, la pagate voi o dobbiamo pagarla noi?

— La pago io. Ho accettato di fare il giudice per centoquaranta dollari lordi. Non siete mai stato in tribunale, prima d’ora? Ma non voglio rovinarmi in spese extra, che potrei anche evitare. Una giuria di sei membri, cinque dollari a testa. Prendete i primi che passano per strada.

Uno dei ragazzi uscì e gridò: — Cerchiamo una giuria! Cinque dollari a testa!

Reclutarono sei passanti, perdigiorno della Bottom Alley. La cosa non mi interessava, dato che non avevo alcuna intenzione di dar loro retta.

Mi sedetti dietro la scrivania, e mi infilai in testa il cappello del giudice Brody. Chissà dove l’aveva trovato. — La Corte è riunita — annunciai. Nomi, cognomi e fatti.

Il capo banda si chiamava Slim Lemke, la ragazza Patricia Carmen Zhukov; non ricordo gli altri. Il turista si fece avanti e mi porse un biglietto di visita.

Ce l’ho ancora. Diceva: Stuart René LaJoie — Poeta -Viaggiatore — Soldato di Ventura.

I fatti erano tragicamente ridicoli, una tipica prova del perché i turisti non dovrebbero andare in giro senza guida. È vero, le guide si fanno pagare salato, ma i turisti non vengono qui apposta per farsi pelare? Questo quasi ci rimetteva la pelle per non aver avuto alcun tipo di guida.

Era entrato in un bar dove i capelloni sono di casa, una specie di club. La ragazza aveva fatto la civetta con lui e i ragazzi avevano lasciato fare. Non poteva essere altrimenti, dato che era stata lei a invitare il turista. Ma a un certo punto, lei si era messa a ridere e gli aveva dato un pugno nelle costole. Lui se l’era preso con noncuranza, come avrebbe fatto qualsiasi Lunare, però aveva reagito in modo tipicamente terrestre: le aveva passato un braccio intorno alla vita e l’aveva attratta a sé, con l’evidente intenzione di baciarla.

Ora, credetemi, nell’America del Nord o in Europa non sarebbe successo niente: ho visto questo e anche peggio. Ma naturalmente Tish era rimasta sorpresa, forse spaventata. Si era messa a gridare.

Un nugolo di ragazzi si era gettato sul turista malmenandolo. Poi avevano deciso che doveva pagare per il delitto commesso… ma regolarmente. E si erano messi in cerca del giudice.

Molto più probabilmente erano indecisi. Forse non avevano mai avuto a che fare con un’eliminazione. Però, la loro ragazza era stata insultata e si doveva fare qualcosa.

Li interrogai tutti, Tish specialmente, fino a che mi convinsi di avere le idee chiare. Allora cominciai: — Tiriamo le somme. Qui abbiamo uno straniero che non conosce le nostre abitudini. Ha offeso e perciò è colpevole. Ma gli è mancata l’intenzione di offendere, per quanto posso capire io. Che ne pensa la giuria? Ehi, voi… sveglia! Che cosa avete da dire?

Uno della giuria alzò gli occhi e bofonchiò: — Eliminazione!

— Bene. E voi?

— Ecco… — il secondo era esitante. — Credo che sia sufficiente dargli una lezione in modo che impari per la prossima volta. Non possiamo permettere che i turisti mettano le mani sulle donne. La Luna diventerebbe un posto orribile come la Terra.

— Molto sensato — dissi. — E gli altri?

Solo uno dei giurati era favorevole all’eliminazione. Gli altri proponevano altre pene, dalle frustate a una multa altissima.

— Che cosa ne pensi, Slim?

— Insomma… — Era molto preoccupato, davanti alla sua banda e davanti alla ragazza che forse era la sua amica. Ma si era calmato, ormai, e non voleva più l’eliminazione. — Credo che abbia capito il suo errore. E se si mettesse in ginocchio e baciasse il pavimento davanti ai piedi di Tish, dichiarando che gli dispiace?

— Siete disposto a farlo, signore?

— Se questa è la vostra decisione, sì, vostro onore.

— No. Ecco il mio verdetto. Innanzi tutto, quel membro della giuria… voi! Vi multo per l’ammontare del compenso dovutovi perché vi siete addormentato durante l’udienza. Ragazzi, prendetelo, toglietegli i cinque dollari e buttatelo fuori di qui.

Eseguirono, con entusiasmo. Li compensò in parte per la grande emozione che si ripromettevano ma per cui non avevano il fegato sufficiente. — Signor LaJoie, siete condannato a pagare la multa di cinquanta dollari di Hong Kong per non aver avuto il buon senso di imparare i costumi locali, prima di mettere fuori il naso. Avanti.

Riscossi la multa. — E ora, voi ragazzi, mettetevi in fila. Vi condanno a pagare una multa di cinque dollari ciascuno per non aver trattato con i modi dovuti una persona che sapevate straniera e ignara dei nostri costumi. Impedirgli di mettere le mani addosso a Tish era giusto, malmenarlo un po’, anche questo era giusto, per fargli imparare più in fretta. Ma pensare di eliminarlo per aver commesso un errore scusabile… ebbene, è sproporzionato. Cinque dollari a testa. Avanti.

Slim deglutì. — Giudice… non penso che abbiamo ancora tutti quei soldi! Per lo meno, io non ne ho più.

— Lo credo anch’io. Vi do tempo una settimana per pagare, altrimenti faccio esporre i vostri nomi nell’albo della Vecchia Cattedrale. Sapete dove si trova il Salone di Bellezza Bon Ton, presso la porta stagna numero tredici? È di proprietà di mia moglie, verserete il debito a lei. La Corte si ritira. Slim, non andartene e nemmeno tu, Tish. Signor LaJoie, offriamo da bere a questi ragazzi e impariamo a conoscerci meglio.

Ancora una volta i suoi occhi espressero quello strano senso di compiacimento che mi ricordava molto il Professore. — Una magnifica idea, giudice.

— Non sono più giudice. Per andare al bar dobbiamo salire due piani, suggerisco che offriate il braccio a Tish.

Si inchinò e disse: — Mia signora, permettete? — e le porse il braccio.

Tish si comportò immediatamente da ragazza sensata. — Spasebo, Gospodin — disse. — Sono molto lieta, signore.

Li guidai in un locale di lusso, dove i loro abiti sportivi apparivano fuori luogo, ma cercai di metterli a loro agio, e Stuart LaJoie fece ancora meglio di me e con successo. Si fece dare i loro nomi e indirizzi e li annotai anch’io, dato che Wyoh teneva una lista di tutti i ragazzi reclutabili. Quando ebbero finito di bere, i due giovani si alzarono, ringraziarono e se ne andarono. LaJoie e io rimanemmo.

— Signore — disse il Terrestre — avete usato prima una strana parola, di cui non ho capito il significato.

— Dammi pure del tu e chiamami Mannie, come si usa sulla Luna, ora che i ragazzi se ne sono andati. Che parola?

— Quando avete… quando hai insistito perché anche la ragazza, Tish… pagasse la sua parte.

— Ah, Transtaafl. Vuol dire: Non si può mangiare al ristorante e non pagare il conto. Ed è proprio così — aggiunsi indicando l’insegna Pranzi gratuiti che campeggiava su una parete del locale — altrimenti questi rinfreschi ci costerebbero la metà. Volevo ricordarle che tutto quello che si ottiene gratis, prima o poi viene a costare il doppio, oppure non vale niente.

— Una filosofia interessante.

— Non è filosofia, sono fatti. In un modo o in un altro, bisogna pagare per quello che si riceve. — Agitai l’aria con una mano. — Sono stato sulla Terra e ho udito l’espressione gratis come l’aria. Quest’aria non è gratis, si paga ogni respiro che facciamo.

— Davvero? Nessuno mi ha chiesto di pagare l’aria che respiravo. — Sorrise. — Forse ho ancora qualche debito e dovrò fermarmi sulla Luna per pagarlo.

— Stai attento che non ti succeda di dover rimanere contro la tua volontà. Sei stato a un pelo dall’andare a respirare il vuoto, stasera. Nessuno ti ha chiesto di pagare l’aria, perché era compresa nel conto. Per i turisti fa parte del prezzo del biglietto di andata e ritorno, per me è una fattura ogni quattro mesi. — Volevo spiegargli che la mia famiglia compra e vende aria alla cooperativa del quartiere, ma pensai che fosse troppo complicato e lasciai perdere. — Comunque, paghiamo tutti e due.

LaJoie sembrò sempre più divertito. — Sì, capisco la necessità economica, ma è una novità per me. Dimmi, ehm, Mannie, io mi chiamo Stu, ho corso davvero il pericolo di respirare il vuoto?

— Avrei dovuto condannarti a una multa più alta.

— Come?

— Vedo che non sei convinto. Ho fatto pagare ai ragazzi tutto quello che avevano e li ho anche multati per farli riflettere. Non potevo chiederti di più. Però avrei dovuto farlo, visto che pensi ancora che si sia trattato di una sciocchezza.

— Credimi, non penso che fosse una sciocchezza. Solo che trovo qualche difficoltà nell’ammettere che le vostre leggi permettano che un uomo sia messo a morte con tanta disinvoltura e per una colpa così banale.

Sospirai. Da che parte si comincia a spiegare a un uomo che dimostra con tanta evidenza di non capire niente dell’argomento ed è talmente carico di pregiudizi da non riuscire a vedere la realtà?

— Stu — dissi — vediamo i problemi uno alla volta. Primo, non esistono leggi, e quindi non saresti stato messo a morte in base a esse. Il reato che hai commesso non era banale, nel mio giudizio ho semplicemente tenuto conto della tua ignoranza. E non è stata una procedura fatta con disinvoltura, altrimenti i ragazzi ti avrebbero trascinato alla prima porta stagna e ti avrebbero scaraventato fuori, a pressione zero, poi avrebbero richiuso la porta. Invece i ragazzi, bravi ragazzi!, sono stati molto formali e hanno tirato fuori di tasca i quattrini per farti subire il processo. E non hanno sollevato la minima obiezione quando il verdetto è stato molto lontano da quello che loro volevano. C’è ancora qualche cosa di poco chiaro?

Sorrise e mise in mostra due fossette, come Prof. Scoprii che mi piaceva sempre di più. — Tutto sommato, temo d’essere finito in una specie di Paese delle Meraviglie.

Me lo aspettavo. Essendo stato sulla Terra, so come funziona la loro testa.

Un Terrestre si aspetta di trovare un codice di leggi scritte, per ogni circostanza. Laggiù hanno leggi perfino per regolare faccende private, come i contratti. Davvero. Se la parola di un uomo non vale, perché fare un contratto con lui?

— Non abbiamo leggi — gli dissi — non ce lo hanno mai permesso. Abbiamo delle usanze, ma non sono né codificate né fatte osservare obbligatoriamente. Potrei dire che sono obbligatorie di per sé, in quanto le cose non potrebbero andare altrimenti, date le condizioni di vita quassù. E potrei aggiungere che i nostri costumi sono leggi naturali, in quanto rappresentano l’unico modo in cui la gente deve comportarsi per rimanere viva. Quando hai messo le mani addosso a Tish, hai violato una legge naturale, e per un pelo non sei stato eliminato.

Strizzò gli occhi pensoso. — Potresti spiegarmi la legge naturale che ho violato? Sarà bene che lo capisca, altrimenti mi converrà tornare alla nave e rimanere a bordo fino alla partenza, per rimanere vivo.

— Certamente. È così semplice che, una volta capita, non ti troverai più in pericolo. Eccoci qua, due milioni di uomini, meno di un milione di donne. Un fatto fisico, naturale come la roccia e il vuoto. Aggiungici il concetto di Transtaafl. Quando l’offerta è scarsa, i prezzi salgono. Le donne scarseggiano, non ce ne sono abbastanza. Questo fa delle donne un bene più prezioso del ghiaccio e dell’aria, dato che se mancano le donne agli uomini non importa molto di rimanere vivi o no.

Proseguii. — E allora, che cosa succede? E tieni presente che le cose erano molto peggio all’inizio, nel ventesimo secolo. Il rapporto era allora di dieci a uno, o anche peggio. Per avere una donna, gli uomini cominciarono a uccidere, e a quello che raccontano i nostri vecchi, dovevano esserci tanti delitti da far venire i brividi. Ma dopo qualche tempo i sopravvissuti trovarono il modo di mettersi d’accordo e le cose si acquietarono. Un processo inevitabile, come la gravitazione. Quelli che si adattano alla realtà sopravvivono; quelli che non si adattano muoiono, e non creano alcun problema.

"Attualmente le donne sono ancora poche e conducono loro la danza… e tu sei circondato da due milioni di uomini che badano a che tu tenga il passo. L’uomo non ha alcuna scelta, le donne possono scegliere come preferiscono. La donna può colpirti a sangue, tu non puoi metterle un dito addosso. Senti, tu hai messo un braccio intorno alla vita di Tish, e forse hai cercato di baciarla. Immaginiamo invece che lei ti avesse invitato in una stanza d’albergo. Che cosa sarebbe successo?"

— Cielo! Immagino che mi avrebbero fatto a pezzi!

— Non avrebbero fatto niente. Avrebbero scrollato le spalle, fingendo di non vedere. Perché sarebbe stata la scelta di Tish, non la tua, non la loro. Esclusivamente di Tish. Oh, sarebbe stato rischioso chiederle di andare in albergo, avrebbe potuto prenderla come un’offesa, e allora i ragazzi sarebbero stati liberi di malmenarti. Ma… insomma, prendi il caso di questa Tish, una stupidella. Se tu le avessi fatto balenare sotto gli occhi i soldi che ti ho visto nel portafoglio, quasi certamente le sarebbe venuto in mente che un’avventura con un turista era proprio quello che le ci voleva, e sarebbe stata lei a suggerirti l’idea. In tal caso saresti stato al sicuro.

LaJoie rabbrividì. — Alla sua età? Il pensiero mi spaventa. Non ha ancora l’età del consenso. Violenza contro una minorenne.

— Oh, accidenti! Non esiste un reato del genere. Le donne della sua età sono già sposate, di solito, o dovrebbero esserlo. Stu, non esiste il reato di violenza carnale, sulla Luna. Gli uomini non permetterebbero che accadesse. Se ci fosse stata violenza carnale, non avrebbero certo fatto la fatica di trovare un giudice e tutti gli uomini in un raggio di cento metri si sarebbero lanciati in aiuto di Tish. Ma le possibilità che una ragazza di quell’età sia ancora vergine sono minime. Quando sono ancora bambine le loro mamme badano a loro con l’aiuto di tutta la città. I bambini possono stare tranquilli, sulla Luna. Ma quando raggiungono l’età matrimoniale non c’è modo di trattenerle e le mamme non ci provano nemmeno. Se preferiscono battere i corridoi e divertirsi, affari loro. Se una donna è nubile, è padrona di se stessa. Tu sei sposato?

— No — e aggiunse con un sorriso: — Non attualmente.

— Immaginiamo che tu sia sposato e che tua moglie ti venga a dire che vuole sposarsi con un altro. Come reagisci?

— Strano che tiri fuori questo esempio; mi è proprio capitata un’esperienza del genere. Sono andato dal mio avvocato e mi sono assicurato di non doverle versare gli alimenti.

— La parola alimenti è ignorata quassù. L’ho imparata sulla Terra. L’unica reazione, qui, sarebbe, per esempio: credo che avremo bisogno di una casa più grande, tesoro. Oppure, vive congratulazioni alla moglie e al co-marito. Oppure, se la cosa rendesse il marito tanto infelice da non poterla sopportare, lui andrebbe a cercarsi un’altra famiglia e farebbe le valigie. Comunque, non ci sarebbe il minimo problema. Se il marito volesse creare guai, la pubblica opinione lo condannerebbe, all’unanimità. I suoi amici, uomini e donne, lo eviterebbero. Il poveretto sarebbe probabilmente costretto a trasferirsi in un’altra città e cambierebbe nome nella speranza che l’episodio venisse dimenticato.

"Così funzionano i nostri costumi. Se stai lavorando in un campo all’aperto e un compagno di lavoro ha bisogno d’aria, gliene presti una bottiglia e non gli chiedi di pagartela. Ma quando tornate insieme nelle grotte pressurizzate e lui non ti paga, nessuno ti critica se lo elimini senza nemmeno rivolgerti a un giudice. Comunque, lui pagherebbe senz’altro. L’aria è sacra quasi quanto le donne. Se invece si elimina un uomo per ragioni diverse dalla legittima difesa, l’assassino paga tutti i debiti della vittima e deve mantenerne i figli."

— Mannie, vorresti dirmi che posso assassinare un uomo e mettere tutto a posto con i soldi?

— Oh no, non è così semplice! Volevo solo dire che eliminare qualcuno non è un atto contro la legge, in certi casi. In realtà non ci sono leggi, tranne i decreti del Governatore; e al Governatore non interessa che cosa si fanno i Lunari uno all’altro. Per noi, le cose stanno così: se un uomo viene ucciso, o se lo meritava e tutti lo sapevano, e questo è il caso più comune, oppure i suoi amici vendicheranno la sua morte eliminando l’assassino. In entrambi i casi, non sorge alcun problema. E non ci sono molte eliminazioni. Anche i duelli sono sempre più rari.

— I suoi amici lo vendicheranno, hai detto. Mannie, e se quei ragazzi volessero andare avanti? Io non ho amici quassù.

— È per questo che ho accettato di fare il giudice. Pur dubitando che quei ragazzi si sarebbero messi in un brutto affare, non volevo correre rischi. L’eliminazione di un turista potrebbe nuocere alla buona fama della nostra città.

— Succede spesso?

— Non ricordo che sia mai avvenuto. Naturalmente un omicidio avrebbe potuto essere stato camuffato da incidente. Chi non conosce la Luna è esposto agli incidenti. Si dice che se un nuovo venuto sopravvive per un anno, vivrà per sempre. Ma non trova nessuno disposto ad assicurarlo per il primo anno di permanenza. — Guardai l’orologio. — Stu, hai mangiato?

— No, e stavo per suggerirti di venire al mio albergo. La cucina è ottima. È L’Orleans.

Ebbi i brividi ma mi trattenni… Ci avevo mangiato una volta.

— Perché non vieni a mangiare a casa mia, invece? Ti presenterò ai miei. A quest’ora c’è sempre qualche cosa di pronto.

— Non vorrei disturbare.

— No. Aspetta un minuto che faccio una telefonata.

Rispose Mum. — Manuel! Che sorpresa, tesoro. La capsula è arrivata da ore. Credevo che non saresti arrivato prima di domani.

— Ho fatto tardi con una cattiva compagnia di ubriaconi, Mimi. Ora vengo a casa… se riesco ancora a trovare la strada, e porto uno dei cattivi compagni.

— Sì, caro. La cena sarà pronta fra venti minuti, non tardare.

— Non vuoi sapere se il mio cattivo compagno è un uomo o una donna?

— Conoscendoti, presumo che sia una donna. Ma immagino che sarò capace di capirlo da sola quando la vedrò.

— Mi conosci troppo bene, Mum. Di’ alle ragazze di farsi belle, non vorrei che l’ospite facesse miglior figura di loro.

— Non perdere tempo e vieni subito, la cena si raffredda. Ciao, caro.

— Ciao, Mum. — Attesi un attimo, poi composi Mycroft-xxx. — Mike, voglio che controlli un nominativo. È un terrestre imbarcato a Popov. Stuart René LaJoie, reperibile negli elenchi sotto la L o la J.

Non dovetti aspettare più di pochi secondi. Mike trovò Stu in varie pubblicazioni biografiche terrestri, da Chi è all’Almanacco di Gotha: esule francese, monarchico, benestante, noto sotto almeno altri sei nomi, tre lauree in legge alla Sorbona, discendente dall’aristocrazia francese e scozzese, divorziato, senza figli, dalla nobildonna Pamela Blueblood. Apparteneva cioè a quel tipo di verme terrestre che non avrebbe nemmeno rivolto la parola a un Lunare, figlio di deportati… E invece Stuart parlava con tutti.

Ascoltai la descrizione per un paio di minuti, poi chiesi a Mike di preparare un dossier completo sul suo conto, senza tralasciare alcun particolare. — Mike — gli comunicai — potrebbe essere il nostro uomo.

— Forse sì, Man.

— Ora devo andare, ciao. — Tornai dal mio ospite, riflettendo. Quasi un anno prima, mentre discutevamo, semiubriachi, in una stanza d’albergo, Mike ci aveva premesso una probabilità di successo su sette… se certe condizioni si fossero verificate. Una di queste era di trovare aiuto sulla Terra.

A parte la possibilità di tirare sassi, Mike sapeva, e lo sapevano tutti, che la potentissima Terra con i suoi undici miliardi di abitanti e le sue risorse infinite non poteva essere sconfitta da tre milioni di Lunari che non avevano niente, anche se noi stavamo in posizione predominante e potevamo lanciare sassi su di loro.

Mike aveva fatto dei raffronti con il XVIII secolo, quando le colonie americane della Gran Bretagna avevano rotto con la madrepatria, e con il XX, quando molte colonie si erano rese indipendenti, e aveva fatto notare che, in nessun caso, una colonia aveva ottenuto la libertà con l’uso della forza. No, l’indipendenza era venuta quando la Nazione imperialista era impegnata altrove, oppure era stanca e aveva rinunciato alla colonia senza usare la forza di cui disponeva.

Da mesi eravamo forti a sufficienza per sopraffare le forze di polizia del Governatore, se lo avessimo desiderato. Una volta che la catapulta fosse stata pronta, ed era questione di giorni, non ci saremmo trovati indifesi. Però avevamo bisogno di un clima favorevole sulla Terra. E per crearlo, dovevamo trovare aiuto sulla Terra.

Prof non considerava difficile il problema. E invece risultò molto difficile. I suoi amici sulla Terra erano morti tutti o quasi e io avevo solo conosciuto insegnanti di elettronica, ma non avevo fatto amicizie laggiù. Diffondemmo questo messaggio in tutte le cellule: Quali pezzi grossi conoscete sulla Terra? e la risposta invariabilmente era: Volete scherzare? Un programma nullo.

Prof controllava le liste dei passeggeri delle navi in arrivo, sperando di individuare qualche personaggio da avvicinare, e aveva letto vecchi giornali per trovare Terrestri incontrati in passato. Io non avevo fatto nessun tentativo: quei pochi che avevo conosciuto sulla Terra non erano certamente pezzi grossi.

Prof non aveva individuato il nominativo di Stu nella lista passeggeri della Popov. Ma lui non l’aveva mai incontrato. Io non sapevo se Stu fosse semplicemente un eccentrico, come sembrava denunciare quel suo strano biglietto di visita. Comunque, era il solo Terrestre con cui avessi mai bevuto in un bar sulla Luna. Mi pareva un tipo con la testa sulle spalle e il rapporto di Mike mostrava che non era del tutto normale.

Così lo portai a casa per vedere che cosa avrebbe pensato di lui la mia famiglia.

L’inizio fu ottimo. Mum gli sorrise e gli tese la mano. Lui gliela strinse e si inchinò tanto profondamente da farmi pensare che volesse fare il baciamano. E lo avrebbe fatto davvero, penso, se non lo avessi messo in guardia sulle donne. Mum faceva le fusa quando lo accompagnò in sala da pranzo.

19

In aprile e maggio raddoppiammo gli sforzi per sollevare i Lunari contro il Governatore e costringere il Governatore stesso ad adottare una politica repressiva.

Mort il Carceriere, però, non era tanto stupido. In realtà non avevamo motivi personali di odio contro di lui se non il fatto che era il simbolo dell’Ente. Era necessario spaventarlo sul serio per costringerlo a reagire duramente.

Il Lunare medio era indifferente. Disprezzava il Governatore, ma con quel sentimento amorfo che non crea rivoluzionari. In realtà, niente gli importava all’infuori della birra, le donne, il gioco e il lavoro. Il solo elemento che impediva alla Rivoluzione di morire d’anemia era il fatto che gli Arditi del corpo di pace avevano un vero talento per suscitare disordini. Però dovevamo continuare a stuzzicarli.

Insistemmo. Mike adattò con nuove parole le vecchie canzoni rivoluzionarie: La Marsigliese, L’Internazionale e Yankee Doodle. Simon Jester si occupò della diffusione, e quando una di esse prendeva piede la facevamo trasmettere, senza le parole, alla radio e alla televisione. Tutto questo metteva il Governatore nella sciocca situazione di dover proibire certe canzoni: era quello che volevamo, e la gente le fischiava per strada.

Mike si mise poi a studiare le voci e le espressioni consuete del Vice Amministratore Capo e di altri capi sezione dell’Ente e il Governatore cominciò a ricevere frenetiche telefonate notturne dai suoi collaboratori. Loro negavano di averle fatte, naturalmente. Così Alvarez dispose un controllo delle linee telefoniche per rintracciare la prima chiamata notturna… e, naturalmente, con l’aiuto di Mike, Alvarez scoprì che proveniva dal telefono privato del capo, e che la voce era quella del Governatore in persona.

La successiva chiamata pirata a Mort parve venire da Alvarez e ciò che Mort ebbe a dire ad Alvarez il giorno dopo e ciò che Alvarez disse per difendersi può essere descritto come una conversazione caotica, venata di follia.

Prof costrinse Mike a smettere quel gioco. Temeva che Alvarez potesse perdere il posto, e noi non volevamo: faceva troppo bene i nostri interessi. Ma a quel punto gli Arditi del corpo di pace erano stati spediti in missione due volte in una sola notte, in base a quello che era sembrato un ordine del Governatore. Il morale delle truppe ne fu ulteriormente minato e il Governatore si convinse di essere circondato da traditori fino nella sua stessa famiglia, mentre i suoi collaboratori erano sicuri che gli avesse dato di volta il cervello.

Sulla Lunaya Pravda apparve un’inserzione che annunciava la conferenza del dottor Adam Selene sul tema Poesia e Arte sulla Luna: un Nuovo Rinascimento. Nessun compagno vi si fece vedere, dato che avevamo passato parola in tutte le cellule di stare alla larga. Quando tre squadre di Arditi accorsero sul luogo della conferenza, non c’era nessuno. Il direttore del giornale ebbe il suo da fare per spiegare che non riceveva personalmente le inserzioni pubblicitarie e che quella era stata ordinata agli sportelli e pagata in contanti. Gli fu ordinato di non accettare più inserzioni a nome di Adam Selene. Poi venne un contrordine: accettare qualsiasi cosa da parte di Adam Selene, ma avvertire subito Alvarez.


La nuova catapulta fu sperimentata mediante il lancio di un peso nell’Oceano Indiano meridionale, a 35° Est e 60° Sud in un punto frequentato solo da pesci. Mike fu orgogliosissimo della sua precisione dato che aveva potuto controllare la traiettoria solo due volte e senza ricorrere ai radar. Praticamente aveva mirato a occhio. Le notizie provenienti dalla Terra parlavano di una gigantesca meteorite caduta nella zona sub-Antartica. Il radiotelescopio di Capetown aveva localizzato il punto di caduta, che coincideva perfettamente con l’obiettivo di Mike. Mike mi telefonò per vantarsi, mentre riceveva il notiziario serale della Reuter. — Te l’avevo detto che avrei fatto centro — esclamò entusiasta. — Ho visto la caduta. Che spruzzi meravigliosi! — I successivi rapporti dei laboratorii sismografia sull’onda d’urto e l’analisi delle maree da parte delle stazioni oceanografiche confermarono il successo di Mike.

Per fortuna quello era l’unico proiettile disponibile, data la difficoltà di procurarsi il contenitore d’acciaio per i sassi, altrimenti Mike avrebbe chiesto di provare ancora il suo nuovo giocattolo.

I Berretti della Libertà cominciarono a fare la loro comparsa in capo ai giovani stilyagi e alle loro amiche. Simon Jester se ne infilò uno sulle corna. Un grande magazzino li dava in omaggio ai clienti. Alvarez ebbe un penoso incontro con il Governatore, durante il quale Mort gli chiese se riteneva necessario agitarsi ogni volta che i ragazzi cambiavano moda. Forse Alvarez era uscito di senno?

Il 3 maggio ’76 settantuno uomini di nome Simon furono fermati e interrogati, poi rilasciati. La notizia non apparve su nessun giornale. Ma tutti lo seppero lo stesso: la diffondemmo noi fino alle cellule J, e dodicimila persone poterono far circolare una notizia più in fretta di quanto avessi immaginato. Sottolineammo che uno di questi uomini pericolosi aveva solo quattro anni: questo particolare non era vero, ma risultò molto efficace.


Stu LaJoie rimase con noi per tutto febbraio e marzo, e tornò sulla Terra soltanto ai primi di aprile. Per due volte cambiò il biglietto per la nave successiva. Quando gli feci notare che stava avvicinandosi a quell’invisibile linea in cui intervengono mutamenti fisiologici irreversibili, sorrise e mi disse di non preoccuparmi. Ma si diede da fare per esercitarsi con la centrifuga.

Stu non voleva andarsene nemmeno in aprile. Wyoh e le mie mogli gli diedero il bacio d’addio e lui assicurò a tutte che sarebbe tornato. Se ne andò perché aveva una missione da compiere: ormai era un membro del Partito.

Non presi parte alla decisione di reclutare Stu; non volevo far pesare il mio pregiudizio a suo favore. Wyoh e Mike non ebbero dubbi e ritennero di dover correre il rìschio. Accettai con molto piacere la loro decisione.

Eravamo diventati tutti amici di Stu LaJoie: io, Prof, Mike, Wyoh, Mum, anche Sidris, Lenore e Ludmilla, i nostri ragazzi, Hans, Ali e Frank. Fu proprio la famiglia Davis la principale fonte di attrazione per lui. Non fu un ostacolo il fatto che Lenore fosse la più bella ragazza di Luna City e nemmeno che Stu fosse la persona più affascinante che fosse venuta in casa nostra. Mum era molto materna con lui, Hans gli mostrava le fattorie e Stu si sporcò, sudò e lavorò con i nostri ragazzi nelle gallerie. Ci aiutò nel raccolto (e le nostre api lo punsero), imparò a usare una tuta a pressione, salì in superficie con me a riparare la batteria solare, aiutò Anna a macellare un maiale e imparò a conciare la pelle, conversò con Granpà, rispettoso delle sue ingenue cognizioni della Terra, lavò i piatti insieme a Milla (una cosa che nessun maschio della mia famiglia faceva), si rotolò sul pavimento con cani e bambini, imparò a macinare il grano e fece scambi di ricette con Mum.

Lo avevo presentato fin dall’inizio al Professore, il quale cominciò il sondaggio delle sue opinioni politiche. Niente era stato compromesso e avremmo potuto ritirarci in qualsiasi momento, quando Prof lo presentò ad Adam Selene, un personaggio con cui si poteva solo parlare per telefono dato che attualmente si trovava a Hong Kong Luna. Quando Stu aderì alla nostra causa, lasciammo da parte la finzione e gli comunicammo che Adam era il presidente e che lui non avrebbe potuto incontrarlo per ragioni di sicurezza.

Wyoh fece di più, e fu dietro suo consiglio che Prof rovesciò infine le carte e informò Stu che stavamo preparando la rivoluzione. Non fu una sorpresa per Stu: l’aveva immaginato e aspettava che ci decidessimo ad avere fiducia in lui.

Dicono che la fede smuova le montagne. Io non so se Wyoh si sia servita di argomenti o di altri mezzi per convincere Stu. Non ho mai cercato di scoprirlo. Ma so che Wyoh ha avuto molto più a che fare con la mia adesione alla causa, di tutte le teorie del Professore o delle cifre di Mike. Se Wyoh dovette ricorrere a metodi forti con Stu, non sarebbe comunque stata la prima eroina ad averlo fatto per il bene del proprio Paese.

Stu tornò sulla Terra con un codice speciale per messaggi. Io non sono un esperto di codici e cifrali se non per il fatto che un tecnico di calcolatori deve apprenderne i princìpi durante lo studio della teoria. Il cifrario è uno schema matematico in base al quale ogni lettera viene sostituita da un’altra. Lo schema più semplice è quello di mutare l’ordine delle lettere dell’alfabeto. Ci sono cifrari incredibilmente complicati, specie se ideati con l’aiuto di un calcolatore. Ma tutti i cifrari hanno la debolezza di seguire uno schema prefissato. Se un cervello elettronico li può pensare, un altro può trovarne la chiave.

I codici non hanno la stessa debolezza. Prendiamo ad esempio il gruppo di lettere GLOPS. Vuol dire Zia Minnie sarà a casa giovedì, oppure indica il numero 3,14159?

Ogni gruppo di lettere assume di volta in volta il significato che gli si attribuisce e nessun calcolatore può arrivare ad analizzarlo lavorando esclusivamente sulle singole lettere. Dando a un calcolatore un numero sufficiente di gruppi di lettere e una teoria razionale sui significati o sugli argomenti possibili, la macchina riuscirà, prima o poi, a trovare la chiave del codice, perché sarà il significato stesso dei gruppi di lettere a indicare gli schemi logici del codice.

Ma è un problema di natura diversa e su un piano molto più complesso.

Il codice che scegliemmo noi era il più comune usato sia sulla Terra sia sulla Luna per le trasmissioni di informazioni economiche. Noi lo modificammo leggermente. Prof e Mike trascorsero lunghe ore a discutere quali notizie il Partito avrebbe voluto inviare al suo agente sulla Terra o ricevere da lui; poi Mike si mise al lavoro e ideò una nuova serie di significati nel codice commerciale standard, che potevano voler dire tanto: Acquista le azioni tal dei tali quanto: Mettiti in salvo, ci hanno scoperto. Oppure qualsiasi altra cosa, dato che il codice conteneva speciali cifrari che permettevano di dire anche le frasi che non erano state previste.

Una sera Mike fece stampare nella tipografia della Lunaya Pravda il nuovo codice, e il redattore del turno di notte lo passò a un altro compagno che lo trasformò in un minuscolo rotolino di pellicola fotografica. Il microfilm passò di mano in mano, senza che nessuno sapesse che cosa stesse maneggiando e perché.

Finì in tasca a Stu. Il controllo del bagaglio imbarcato era divento molto rigido e veniva compiuto da Arditi di cattivo carattere. Stu, però, era certo di evitare guai. Forse inghiottì il microfilm.

Da allora, parte dei dispacci diretti alla Terra dalla Compagnia LuNoHo raggiunsero Stu tramite il suo agente di cambio di Londra. Lo scopo di questi messaggi era in parte di natura finanziaria. Il Partito aveva bisogno di spendere soldi sulla Terra e la LuNoHo trasferì laggiù dei fondi, e non tutti rubati, dato che alcune iniziative erano andate bene; il Partito aveva bisogno di più soldi sulla Terra di quanti ne potessimo trasferire e Stu fu incaricato di speculare, in base alla conoscenza dei segreti della rivoluzione. Lui, Prof e Mike avevano discusso per ore il problema di quali azioni sarebbero salite, quali sarebbero scese eccetera, dopo il giorno fatidico. Questa era roba per i denti di Prof, un tipo di gioco che non fa per me.

Una certa quantità di denaro era necessaria prima del giorno della rivoluzione per costruire il clima adatto sulla Terra. Avevamo bisogno di pubblicità, dovevamo poter contare su deputati e senatori delle Nazioni Federate, era indispensabile che alcune Nazioni ci riconoscessero appena avessimo conquistato il potere, che gente qualsiasi dicesse ad altra gente qualsiasi, fra un sorso e l’altro di birra: Ma che cosa c’è su quel mucchio di sassi, che valga la pelle di un nostro soldato? Che vadano all’inferno, per la loro strada, dico io!

Quattrini per la pubblicità, quattrini per organizzazioni false e per infiltrarsi in organizzazioni vere, quattrini per fare uscire su riviste scientifiche i dati sulla vera natura dell’economia lunare e farli poi riprendere dalla stampa popolare. Ancora soldi per convincere il ministero degli Esteri di almeno una grande Nazione che una Luna Libera sarebbe stata un vantaggio per tutti, soldi per vendere l’idea del turismo lunare a una grande compagnia di viaggi…

Troppi soldi! Stu offrì il proprio patrimonio e Prof non lo scoraggiò. Se uno impegna il patrimonio, impegna anche il cuore. Ma ci volevano ugualmente moltissimi soldi, troppi per noi. Non so se Stu potesse mettere a disposizione più di un decimo del necessario: lo speravo. Per lo meno era un canale aperto sulla Terra. Prof sosteneva che le comunicazioni entro il campo nemico erano essenziali in qualsiasi guerra, sia che la si dovesse combattere sia che si dovesse trovare una soluzione pacifica. Prof era un pacifista e non smetteva mai di essere razionale. Sarebbe stato un grandissimo teologo.

Appena Stu giunse sulla Terra, Mike calcolò a una contro tredici le nostre possibilità di successo.

Gli chiesi perché diavolo diminuissero. — Vedi, Man — mi spiegò con pazienza — la missione di Stu accresce il rischio. Il fatto che sia necessario non cambia che il rischio sia aumentato.

Non risposi.

Poco dopo, verso metà maggio, un nuovo fattore ridusse parte del rischio ma rivelò altri pericoli non previsti. Mike si occupava anche delle comunicazioni tramite micro-onde fra la Luna e la Terra: messaggi commerciali, dati scientifici, notiziari giornalistici, televisione, collegamenti radio-telefonici, amministrazione dell’Ente e la corrispondenza segreta del Governatore.

A parte quest’ultima, Mike poteva leggere tutte le comunicazioni via micro-onde, compresi i codici cifrati commerciali. Interpretare i cifrari era un gioco di parole incrociate per lui e nessuno aveva sospetti nei confronti di una macchina. Tranne il Governatore, e penso che lui non si fidasse in genere di nessuna macchina. Era il tipo che trova misterioso e sospetto qualsiasi attrezzo più complicato delle forbici. Mentalità primitiva.

Il Governatore si serviva di un codice che Mike non aveva mai visto. Usava anche cifrari che non passavano attraverso Mike, ma utilizzava per questi un piccolo cervello elettronico molto sciocco, sistemato nell’ufficio della sua residenza privata. Era ovvio che si sentisse perfettamente al sicuro.

Mike riuscì a rompere il segreto dei suoi cifrari e intercettare le comunicazioni del calcolatore privato. Non affrontò il problema dell’interpretazione del codice fino a quando glielo suggerì il Professore. Fino a quel momento non l’aveva mai interessato.

Appena Prof gliel’ebbé chiesto, Mike si mise ad analizzare le comunicazioni segrete del Governatore. Dovette cominciare da zero, poiché in passato aveva sempre cancellato i messaggi del Governatore appena gli giungeva dalla Terra il segnale di ricevuto. Lentamente, molto lentamente, accumulò dati necessari all’analisi. Fu un lavoro maledettamente lento, dato che il Governatore ricorreva al codice solo quando era realmente necessario. A volte passava un’intera settimana fra un messaggio e l’altro. A poco a poco Mike fece elenchi di significati possibili per ogni gruppo di lettere, assegnando una probabilità a ciascun significato. Un codice non si lascia violare tutto d’un colpo. È possibile conoscere un significato di novantanove gruppi di lettere in un messaggio di cento e non afferrare il senso del messaggio perché il centesimo gruppo rimane incomprensibile.

Tuttavia, anche chi si serve di codici ha qualche problema: se il gruppo di lettere GLOPS giunge al destinatario come GLOPT, il messaggio rimane senza senso anche per lui. Per questo, qualsiasi metodo di comunicazone in cifra o in codice ha bisogno di ripetizioni continue: furono proprio le ripetizioni l’asso nella manica di Mike, e lui vi si dedicò con la pazienza propria delle macchine.

Mike riuscì a risolvere quasi tutto il codice del Governatore prima di quanto avesse previsto. Il Governatore mandava più messaggi segreti che in passato e quasi tutti vertevano su un unico argomento, con grande vantaggio per l’interpretazione di Mike: l’argomento era sicurezza e sovversione.

Scoprimmo che Mort lanciava alla Terra appelli d’aiuto.

Comunicò che attività sovversive erano in corso nonostante il recente invio di due falangi di Arditi e chiese un numero di soldati sufficiente a piantonare tutti i punti strategici in ciascuna grotta abitata.

La direzione terrestre dell’Ente ribatté che la sua richiesta era esagerata, che le Nazioni Federate non avevano più reparti disponibili da mandare sulla Luna (i soldati terrestri inviati sulla Luna erano perduti per sempre) e che tali richieste non dovevano nemmeno essere fatte. Se volevano altre guardie, che le reclutassero fra i nuovi deportati, tenendo presente che la spesa relativa doveva essere coperta con fondi reperiti sulla Luna; la Terra non era più disposta a spendere altri soldi. Invece, perché non si affrettava a riferire sulle iniziative prese per aumentare le quote di grano, come da precedente accordo tal dei tali?

Il Governatore, a sua volta, rispose che se le sue richieste, estremamente limitate, di personale di sicurezza bene addestrato e non di deportati privi di addestramento, infidi e incapaci, non fossero state soddisfatte non avrebbe più potuto assicurare nemmeno l’ordine pubblico, altro che le nuove quote di grano.

La risposta della Terra, in tono derisorio, chiese quale importanza avesse che degli ex prigionieri volessero azzuffarsi nelle loro tane, e se la cosa lo preoccupava, perché non pensava di sospendere l’erogazione di energia elettrica come era stato fatto con successo nel 1996 e nel 2021?

Questi scambi di messaggi ci convinsero a rivedere il nostro calendario, ad accelerare alcune operazioni e a rallentarne altre. Come un pranzo perfetto, anche una rivoluzione doveva essere cucinata in modo tale che tutte le pietanze fossero pronte al momento giusto.

Stu aveva bisogno di tempo, sulla Terra. Noi avevamo bisogno di contenitori di sassi, piccoli razzi per mantenere in rotta i futuri proiettili, e le apparecchiature elettroniche per il lancio dei sassi. L’acciaio era il problema principale: bisognava comprarlo o fabbricarlo, e soprattutto trasportarlo, attraverso il meandro di gallerie e grotte, fino alla nuova catapulta. Dovevamo poi aumentare le cellule del Partito fino al piano K della piramide, diciamo 40.000 membri almeno, e questi ultimi compagni dovevano essere reclutati in base al loro spirito di lotta, più che per le qualità di intelligenza che avevamo cercato fino a ora. Dovevamo spostare i radar di Mike, perché senza di essi lui sarebbe stato cieco. Mike non poteva essere spostato; alcune sue parti periferiche erano disseminate qua e là su tutta la Luna, ma sopra il suo corpo centrale, installato nei locali dell’Ente, c’erano mille metri di roccia compatta. Per di più era racchiuso dentro un guscio d’acciaio, e gigantesche molle separavano il guscio dalla roccia per assorbire qualsiasi onda d’urto. L’Ente aveva tenuto presente la possibilità che qualcuno scagliasse bombe acca contro il suo centro elettronico.

Tutte queste operazioni dovevano essere completate prima che la pentola cominciasse a bollire. Perciò decidemmo di interrompere tutte le operazioni di disturbo che irritavano tanto il Governatore e cercammo di accelerare tutto il resto.

Simon Jester andò in ferie. Facemmo girare la voce che i Berretti della Libertà non erano più di moda, ma che conveniva tenerli in serbo per l’avvenire. Il Governatore non ricevette più telefonate notturne e i suoi nervi si calmarono. Non provocammo altri incidenti con gli Arditi, il che non valse a eliminarli, ma solo a ridurli di numero.

Nonostante i nostri sforzi per calmare i nervi del Governatore, fece la sua apparizione un sintomo che invece innervosì noi. Benché non fosse giunto sulla Luna nessun messaggio (per lo meno non ne intercettammo nessuno) che concedesse al Governatore l’aumento di truppe richiesto, il Governatore cominciò a far sgomberare personale dalle grotte dell’Ente, e molti dipendenti che le abitavano traslocarono in case di affitto a Luna City. Contemporaneamente cominciarono perforazioni preliminari ed esperimenti di risonanza in una grotta adiacente a quella di Luna City: la grotta poteva essere abitabile.

Questo duplice provvedimento implicava, con ogni probabilità, che l’Ente si proponeva di inviare sulla Luna un numero eccezionalmente elevato di prigionieri terrestri. Oppure l’Ente voleva utilizzare lo spazio di sua proprietà per uno scopo diverso da quello di dare una casa ai suoi dipendenti. Ma Mike ci disse: — Perché farsi illusioni? Il Governatore sta per ricevere le truppe richieste, lo spazio sgomberato sarà la loro caserma. Se ci fosse altra spiegazione, l’avrei già saputa.

Obiettai: — Mike, ma è possibile che tu non abbia mai sentito nessuna comunicazione relativa a queste truppe? Eppure sei riuscito a interpretare con sufficiente approssimazione il codice segreto del Governatore.

— Non con sufficiente approssimazione: con esattezza assoluta. Ma le ultime navi hanno portato sulla Terra un carico di pezzi grossi dell’Ente, e io non so di cosa parli la gente se non c’è almeno un apparecchio telefonico nei dintorni.

Decidemmo allora di modificare il piano in modo da poter affrontare altre dieci falangi di Arditi, dato che Mike aveva calcolato che tale doveva essere la capienza dei locali sgomberati e della nuova grotta. Ce l’avremmo fatta ad affrontarli con l’aiuto di Mike, ma sarebbe stata una battaglia con molti morti, non il colpo di Stato incruento che Prof aveva ideato.

Raddoppiammo gli sforzi per accelerare la preparazione di ogni particolare.

Improvvisamente, ci trovammo in piena lotta.

20

Si chiamava Mary Lions, aveva diciotto anni ed era nata sulla Luna, da che sua madre era stata esiliata nel ’56. Di suo padre non si sapeva niente. Sembrava innocua: lavorava come impiegata ai magazzini, nella sezione esportazioni dell’Ente, e viveva in una casa dell’Ente.

Forse odiava il Governatore e si divertiva a prendere in giro gli Arditi. O forse cominciò come una transazione commerciale patteggiata a sangue freddo. Come si fa a saperlo? Comunque, rimasero coinvolti sei Arditi. Non soddisfatti di usarle violenza, se pure ci fu violenza, la seviziarono crudelmente e alla fine la uccisero. Però non fecero un lavoro pulito nel nascondere il corpo: un’altra impiegata dell’Ente trovò il cadavere prima che fosse diventato freddo. Lanciò un urlo. Fu il suo ultimo.

Ne fummo informati immediatamente. Mike ci chiamò tutti e tre mentre Alvarez e il Comandante degli Arditi stavano esaminando i fatti nell’ufficio di Alvarez. Il Comandante non aveva avuto difficoltà a mettere le mani sui colpevoli, e insieme ad Alvarez li stava interrogando a uno a uno, litigando con lui fra un interrogatorio e l’altro. A un certo punto udimmo Alvarez esclamare: — Te l’avevo detto che questi tuoi Arditi dovevano avere delle donne! Te l’ho ripetuto cento volte!

— Raccomandazione inutile! — ribatté il capo degli Arditi. — Io ti ho ripetuto cento volte che dalla Terra non ne vogliamo spedire nemmeno una. Il problema, ora, è di come mettere questo episodio a tacere.

— Sei pazzo? Il Governatore sa già tutto!

— Il problema rimane.

— Oh, taci e fai venire il prossimo.

Mentre ascoltavo per telefono gli sviluppi della sudicia storia, Wyoh mi raggiunse nella mia officina. Era pallidissima sotto il trucco, non disse una parola ma si sedette accanto a me stringendomi una mano.

Gli interrogatori furono conclusi e il capo degli Arditi lasciò Alvarez. Stavano ancora litigando. Alvarez pretendeva che i sei colpevoli venissero impiccati immediatamente e che il loro delitto fosse reso pubblico. Era un’idea sensata, ma forse non sufficiente dato il caso. Il capo dei soldati terrestri invece era ancora convinto che bisognava mettere tutto a tacere. Intervenne Prof. — Mike, continua ad ascoltare nell’ufficio di Alvarez, ma intanto tieni sotto controllo tutti i punti strategici che puoi. Allora, Man? E tu, Wyoh? Progetti?

Io non ne avevo. Non ero un rivoluzionario freddo e opportunista: in quel momento volevo solo piantare la punta delle mie scarpe nella faccia di quei sei Arditi.

— Non saprei. Che cosa dobbiamo fare, Prof?

— Come? Siamo a cavallo della tigre, basta che ci aggrappiamo alle sue orecchie. Mike! Dov’è Finn Nielsen? Trovalo!

Mike rispose. — Sta chiamando ora.

Collegò Finn con noi. Udii: — …alla Stazione Sud. Entrambe le guardie morte insieme a sei dei nostri. Concittadini voglio dire, non necessariamente compagni. Circolano voci sul fatto che gli Arditi sono impazziti e stanno violentando e uccidendo tutte le impiegate dell’Ente. Adam, voglio parlare con Prof.

— Eccomi, Finn — rispose Prof, con voce decisa e piena di fiducia. — Muoviamoci subito, è la nostra ora. Piantiamola con le chiacchiere e metti in azione i fucili a raggi laser e gli uomini addestrati. Avanti!

— Sì! D’accordo, Adam?

— Fai quello che ti ha detto il Professore. Poi riferisci per telefono.

— Fermo, Finn! — dissi. — Sono Mannie. Voglio uno di quei fucili.

— Non sei addestrato per usarli, Mannie.

— Se è a raggi laser, so usarlo!

— Mannie — fece Prof deciso — taci. Stai perdendo tempo, lascia che Finn vada. Adam. Messaggio per Mike: in azione Piano Allerta Quattro.

Le parole di Prof mi fecero tornare in me. Mi ero dimenticato che Finn non doveva conoscere Mike, ma solo sapere che esisteva Adam Selene. Mi ero dimenticato tutto sopraffatto dall’ira vendicativa. Mike disse: — Finn si è staccato dalla linea, Prof, e ho già messo in azione il Piano Allerta Quattro sin da quando ho udito dell’incidente. Per il momento non c’è alcun traffico se non messaggi normali accumulati nelle ultime ore. Non vuoi che interrompa il traffico, vero, oppure sì?

— No, solo il Piano Allerta Quattro. Bloccare qualsiasi trasmissione, da o per la Terra, che contenga notizie che ci riguardano. Se ci sono messaggi di questo tipo, fermali e chiamaci per consultarci.

L’Allerta Quattro era un piano d’emergenza che aveva lo scopo di censurare le comunicazioni dirette alla Terra, senza provocare sospetti. Per questo Mike era pronto a parlare con molte voci diverse per giustificare come mai fosse necessario posporre una comunicazione a voce fra la Luna e la Terra; più facile era invece trovare scuse per il ritardo di trasmissioni registrate.

— Programma inserito — disse Mike.

— Molto bene. E ora Mannie, figliolo, calmati e fai la tua parte. Lascia ad altri il compito di combattere. Tu sei necessario qui, saremo costretti a improvvisare. Wyoh, per ora sganciati e avverti la compagna Cecilia di tenere gli Irregolari lontani dai corridoi. Mandate tutti i bambini a casa e fateceli stare, e dite alle loro madri di consigliare le altre mamme di fare lo stesso. Non sappiamo dove si combatterà, ma non vogliamo vittime fra i bambini, se è possibile evitarlo.

— Vado subito, Prof.

— Un momento. Parla con Sidris e mettete in azione gli stilyagi. Voglio disordini all’ufficio di Luna City dell’Ente… assalto e devastazione, molta confusione e molti danni… ma nessuna vittima, se possibile. Mike: avanti con l’Allerta Quattro Emme. Taglia tutte le comunicazioni dell’Ente meno le linee con cui sei collegato tu.

— Prof! — esclamai. — Che ragione c’è di creare disordini in città?

— Mannie, Mannie! Questo è il giorno della Rivoluzione! Mike, la notizia della violenza e dei due assassinii è giunta ad altre grotte?

— Che io sappia, no. Rimango in ascolto qua e là. Le stazioni della Metropolitana sono calme in tutta la Luna, meno che a Luna City. Da pochi istanti si combatte alla Stazione Ovest. Volete sentire il rumore?

— Non ora, vai alla Stazione Ovest e segui i combattimenti. Ma non immischiarti e tienti vicino a un telefono. Mike, fai cominciare i disordini in tutte le grotte. Diffondi la notizia nelle cellule, ma secondo la versione di Finn, non quella vera. Gli Arditi stanno violentando e uccidendo tutte le impiegate dell’Ente… i particolari te li darò io, oppure li puoi inventare tu stesso. Ah, puoi ordinare alle guardie dislocate nelle stazioni della Metropolitana delle altre grotte di tornare alle loro caserme? Voglio disordini ma non c’è ragione di mandare gente disarmata contro soldati armati, se possiamo organizzare un trucco.

— Ci proverò. — Mi precipitai alla Stazione Ovest, rallentando la corsa a mano a mano che mi avvicinavo. I corridoi erano pieni di folla inferocita. L’intera città era esplosa come non avevo mai visto e, mentre attraversavo il corridoio centrale, sentii urla e boati venire dalla direzione degli uffici cittadini dell’Ente. Eppure non mi sembrava che Wyoh avesse avuto il tempo materiale per scatenare i suoi stilyagi. E infatti. Quello che il Professore aveva tentato di avviare stava già accadendo, spontaneamente.


La stazione era bloccata dalla folla e dovetti aprirmi la strada a spinte per vedere quello che ritenevo certo, e cioè che le guardie addette al controllo dei passaporti erano morte o fuggite. Erano morte, insieme a tre Lunari. Uno dei tre era un ragazzo di non più di tredici anni. Era morto con le mani avvinghiate intorno alla gola di un Ardito e con il Berretto Rosso in testa. Mi aprii un varco fino alla cabina telefonica più vicina e chiamai Mike.

— Torna indietro — mi disse Prof. — E controlla la carta d’identità di una delle guardie. Voglio nome e grado. Hai visto Finn?

— No.

— Sta venendo là con tre fucili. Dimmi da che cabina telefonica stai chiamando, trova quel nome e richiama dalla stessa cabina.

Uno dei due cadaveri delle guardie era scomparso, probabilmente trascinato via dalla folla. L’altro era malconcio, ma riuscii a individuare la catenella che aveva intorno al collo e a strappargli la piastrina di riconoscimento prima che la folla trascinasse via anche lui. A gomitate tornai alla cabina telefonica e vi trovai dentro una donna. — Signora — gridai — devo usare quel telefono. Emergenza!

— Fate pure. Quel maledetto apparecchio non funziona!

Per me funzionò benissimo. Mike me lo aveva tenuto in serbo. Diedi a Prof il nome della guardia. — Bene — disse — hai visto Finn? Ti verrà a cercare in quella cabina.

— Non l’ho visto… un momento. Eccolo che viene.

— Bene, rimani con lui. Mike, conosci la voce dell’Ardito morto di cui abbiamo l’identità?

— Mi dispiace, Prof. No.

— Non importa. Fai una voce rauca e spaventata, forse al suo comando non lo conoscono tanto bene. O chiamerebbe invece Alvarez?

— Chiamerebbe il comando. Alvarez impartisce ordini agli Arditi tramite il loro capo, mai direttamente.

— Allora chiama il comando. Comunica che c’è stato l’attacco, chiedi aiuto e muori all’ultima parola. Rumori di disordini sullo sfondo e magari il grido distinto Eccolo là il bastardo proprio prima di morire. Ce la puoi fare?

— Programma inserito. Un gioco da ragazzi — rispose Mike.

— Eseguilo. Mannie, passami Finn.

Il piano di Prof era di trascinare fuori dalle caserme gli Arditi non in servizio, mentre gli uomini armati di Finn si appostavano all’uscita dalle capsule. Il piano funzionò, fino a che Mort il Carceriere perse la calma e trattenne gli ultimi rimasti per la propria difesa personale mentre continuava a inviare messaggi frenetici sulla Terra.

Quando giunse la seconda capsula carica di Arditi, violai l’ordine impostomi da Prof e imbracciai un fucile laser. Ne arrostii due, poi, soddisfatto il mio desiderio di vendetta, lasciai agli altri compagni il resto della squadra. Troppo facile. Mettevano fuori la testa dallo sportello e per loro era la fine. Metà della squadra non uscì nemmeno dalla capsula, ma fece la stessa fine dell’altra metà, asfissiata dal fumo.

La decisione del Governatore di salvare la propria pelle mise nei guai gli altri capi dell’Ente. Alvarez rimase ucciso insieme al Comandante degli Arditi e con loro morirono due giubbe gialle, le ultime rimaste. Tutti gli altri Arditi e giubbe gialle, tredici, erano con Mort. La capacità di Mike di seguire gli eventi ascoltando i telefoni era alquanto discontinua, ma quando fummo ragionevolmente certi che tutti gli effettivi armati si trovavano all’interno della residenza del Governatore, Prof ordinò a Mike di dare il via alla fase successiva.

Mike spense tutte le luci dell’Ente, tranne quelle nella residenza del Governatore, e ridusse l’ossigeno dell’aria, non al punto di uccidere ma quanto bastava per mettere nell’impossibilità di nuocere chiunque fosse ancora in cerca di guai. Nella casa del Governatore, invece, tolse completamente l’ossigeno lasciando solo azoto per dieci minuti. Alla fine dei dieci minuti, gli uomini di Finn, che aspettavano il segnale con indosso le tute a pressione nella stazione privata del Governatore, fecero saltare i cardini della porta e irruppero nella residenza, marciando a fianco a fianco.

La Luna era nostra.

Загрузка...