Robert Silverberg La sposa n. 91

Era un normale contratto matrimoniale di sei mesi. Io firmai, e Landy firmò, e per il momento fummo marito e moglie. Il registratore ticchettò, ronzò, e vomitò la nostra licenza. I miei amici risero, mi diedero manate sulla schiena, e urlarono le congratulazioni. Cinque sorelle di Landy sorrisero, canticchiarono, e divennero di tutti i colori dello spettro. Eravamo tutti molto felici.

«Bacia la sposa!» gridarono i miei amici e le sue sorelle.

Landy scivolò tra le mie braccia. Mi piaceva stringerla. Era sottile e pieghevole, e la sommersi nell’abbraccio. I petali della sua apertura d’ingestione vibrarono graziosamente quando li toccai con le labbra. Restammo in quella posa circa mezzo minuto. Datele tutto il credito che si merita, lei non si volle sottrarre. Sul mondo di Landy non si baciano, non con la bocca, almeno, e dubito che gioisse di quella nuova esperienza. Ma secondo i termini del nostro contratto matrimoniale noi dovevamo seguire gli usi della Terra. Una cosa che nei matrimoni interplanetari si doveva stabilire in anticipo. Noi, qui, baciamo la sposa, così baciai la sposa. Il mio amico Jim Owens si lasciò trasportare dall’euforia, prese una delle sorelle di Landy, e la baciò. Lei gli diede uno spintone e lo fece ruzzolare in mezzo alla cappella. Non era mica lei, la sposa.

La cerimonia finì. Si. tagliò la torta, e vennero distribuiti gli allucinogeni. Poi, verso mezzanotte qualcuno disse:

«Dovremmo concedere agli sposi una certa intimità.»

Cominciarono a sgombrare, e io e Landy ci preparammo alla prima notte.

Aspettammo che tutti fossero andati. Poi uscimmo dalla porta posteriore della cappella e prendemmo una capsula da trasporto per due, molto comoda. La dolce fragranza di melassa emanata da Landy mi penetrava nelle narici, e i suoi arti flessibili si strinsero ai miei.

Diedi un colpo di gomito a un bottone e scendemmo l’Harrimal Channel a circa trecento chilometri all’ora. Le correnti non erano forti, e si fece un piacevole viaggio. Landy tornò a baciarmi. Imparava i nostri usi con rapidità. In quindici minuti arrivammo a destinazione, la capsula fece una piccola svolta a sinistra e si attaccò al derma raggrinzito del nostro hotel. Il naso della capsula produsse il necessario grado di irritazione, il derma si aprì, e noi balzammo nell’edificio. Spalancai la capsula e aiutai Landy a uscire, nella nostra stanza. I suoi dolci occhi dorati, brillavano di gioia e di allegria. Feci scattare il segregamento sulle pareti filtro.

«Ti amo» disse lei in un inglese più o meno corretto.

«Ti amo» le dissi nella sua lingua.

Mi fece il broncio.

«Questo è un matrimonio terrestre, ricordi?»

«Proprio così. Certo. Champagne e caviale?»

«Naturalmente.»

Programmai l’ordinazione, e lo spuntino uscì dall’apposito scomparto, ghiacciato e invitante. Feci saltare il tappo, schiacciai il limone sul caviale, e mangiammo. Uova di pesce e succo d’uva stramatura, nient’altro, pensai.

Dopo ci portammo al tubo periscopico e guardammo oltre i cento piani dell’albergo, verso le stelle. C’era la luna piena nel cielo di quella notte, e uno dei carri stendeva la sua fila di gioielli lucenti su un arco di circa venti gradi. Ci stringemmo le mani e restammo a guardare.


Alla fine ci togliemmo gli abiti di nozze.

E alla fine consumammo il nostro matrimonio.

Non penserete che io vi voglia raccontare anche questo, vero? Certe cose sono sempre sacre, anche oggi. Se volete sapere come si fa l’amore con una suvornese, fate come me e sposatene una. Però vi voglio dare qualche piccolo accenno. Anatomicamente, per quanto riguarda i relativi ruoli del maschio e della femmina, è omologo al processo abituale della Terra. Infatti, in sostanza, l’uomo dà e la donna riceve. Ma ci sono delle differenze, è ovvio. Perché altrimenti sposare una straniera?

Confesso che ero nervoso, anche se quella era la mia novantunesima prima notte. Non avevo mai sposato una suvornese prima di allora, e quindi non ero mai stato a letto con una di loro, data la rigidità dei principi morali di quel popolo. Avevo studiato il manuale di matrimonio suvornese, è vero, ma, come ogni adolescente di qualsiasi mondo sa benissimo, tridimensionare le parole in azione è molto più difficile di quanto non possa sembrare a tutta prima.

Comunque Landy mi fu di molto aiuto. Naturalmente lei non ne sapeva di maschi terrestri più di quanto ne sapessi io sulle femmine suvornesi. Ma era avida d’imparare e preoccupata che io facessi tutte le cose giuste. Così ce la cavammo egregiamente. Ci vuole una certa abilità naturalmente, e alcuni uomini quest’abilità l’hanno, altri no. Io ce l’ho.

Il mattino seguente facemmo colazione al sole, su una terrazza che guardava su uno stagno turchese di ameboidi danzanti. Più tardi, nella giornata, lasciammo l’albergo e raggiungemmo in capsula lo spazioporto per cominciare il nostro viaggio di nozze.

«Felice?» domandai a mia moglie.

«Molto» rispose. «Sei già il mio marito preferito.»

«C’è stato qualche altro terrestre?»

«No, sai bene di no.»

Sorrisi. A un marito piace molto sapere di essere il primo.

Allo spazioporto Landy firmò come signora Paul Clay, cosa che mi fece molto piacere, e io misi la mia firma accanto alla sua. Gli inservienti ci scrutarono e ci fecero salire sull’astronave. Il personale di bordo ci sorrise amabilmente. Una ragazza dalla pelle color indaco ci accompagnò alla nostra cabina e ci augurò buon viaggio con tanta grazia che volli darle una mancia: le presi il registratore di crediti e spostai la leva di uno scatto verso l’alto. La ragazza si mostrò imbarazzata, e riportò la leva al suo posto.

«È proibito dare mance, signore!»

«Scusi. Mi sono lasciato trasportare dall’impulso.»

«Sua moglie è deliziosa. È una honirangi?»

«Suvornese.»

«Vi auguro ogni felicità.»


Fummo nuovamente soli, e strinsi Landy tra le braccia. Oggi i matrimoni interplanetari sono una mania. Io però non ho sposato Landy per essere alla moda. Ero veramente innamorato di lei, e lei di me. In tutta la galassia la gente contrae i più folli matrimoni soltanto per poter raccontare di aver avuto una strana esperienza… sposano sthenics, gruulers, e anche Hhinamor. Accoppiamenti del tutto grotteschi. Non dico che il principale scopo del matrimonio sia il sesso, né che si debba necessariamente sposare il membro di una specie con cui sia facile mantenere la relazione fisica. Ma ci dovrebbe essere un certo calore nei matrimoni. Come si può provare un vero amore per una moglie Hhinamor, che è sette rettili azzurro pallido permanentemente rinchiusi in un’atmosfera di argon? Se non altro Landy era mammifero e umanoide. Un matrimonio suvornese-terrestre non poteva naturalmente essere fertile, ma io sono quel tipo di persona convenzionale che cerca di non commettere abominazioni. Sono anche fermamente deciso di lasciare la continuazione delle specie a quelli che hanno l’incarico della riproduzione, e potete essere certi che se anche i nostri cromosomi fossero reciprocamente adatti non avrei mai proposto a Landy una cosa tanto disgustosa. Matrimonio è matrimonio, riproduzione è riproduzione. Due cose che non c’entrano niente una con l’altra.

Durante le sei settimane soggettive della nostra permanenza a bordo ci divertimmo in diversi modi. Naturalmente facemmo l’amore una quantità di volte. Praticammo del nuoto-gravità e giocammo a cricket nel salone mirastelle. Si fece conoscenza con altre coppie di sposi novelli e con una super-coppia, consistente di tre banamons e di un paio di ghinoi.

E infine Landy per farmi una speciale sorpresa, si fece trapiantare i denti.

I suvornesi hanno i denti, ma non sono uguali a quelli terrestri. Perché dovrebbero esserlo? Sono delle eleganti sottili spine, montati su basi rotanti, che i suvornesi usano per tenere fermo il cibo mentre la lingua lo raspa dal di dentro. Nei termini delle necessità suvornesi sono molto funzionali, e in confronto a quelli della specie i denti di Landy sono notevolmente belli, io trovo, almeno. Non volevo che li cambiasse. Ma lei doveva aver avuto la sensazione che io trovassi i suoi denti anti-erotici, o qualcosa del genere. Forse stavo irradiando una inconscia avversione per quella dentatura tanto diversa, anche se mi dicevo al livello del ragionamento, che quei denti erano molto belli. Così lei andò dal dentista dell’astronave e si fece mettere una serie completa di denti terrestri.

Non m’aveva detto dove andava. Sparì un attimo dopo colazione, con un pretesto qualsiasi. Così, all’oscuro di tutto, io presi le branchie, e me ne andai a nuotare, mentre Landy consegnava i suoi graziosi denti al chirurgo. Il medico vuotò gli alveoli e innestò uno strato radicante di un tessuto gommoso analogo. In questo impianto sintetico cesellò nuovi alveoli, poi scelse i denti adatti, li introdusse nella membrana paradentale, e li fissò con un cemento da innesto a presa rapida. L’intero procedimento durò meno di due ore. Quando Landy tornò da me, la sua banda di colori variabili della fronte aveva quasi raggiunto il violetto, indicando un considerevole disturbo emotivo. Io provai una strana tensione.

Mi sorrise. Sollevò i petali della sua apertura d’ingestione. E mi mostrò i nuovi denti.


«Landy! Che diavolo…» gridai sgomento.

Landy provò sgomento per il mio sgomento. La sua fronte divenne d’un colore che andava oltre lo spettro visibile, inondandomi di una luce ultravioletta che mi confuse, anche se non la potevo vedere. I suoi petali si chiusero, gli occhi luccicarono, e le narici si strinsero.

«Non ti piacciono?» mi domandò.

«Non me l’aspettavo… è stata una sorpresa…»

«L’ho fatto per te!»

«Ma i tuoi denti mi piacevano» protestai.

«No. Non proprio. Tu avevi paura dei miei denti. So come baciano i terrestri, e tu non mi hai mai baciato in quel modo. Adesso ho i denti come i tuoi. Baciami, Paul.»

La strinsi tremante tra le braccia. E la baciai.

Era la nostra prima crisi emotiva. Lei aveva fatto quella follia con i suoi denti per il solo motivo di farmi un piacere, io ero rimasto male, e lei era sconvolta. Feci tutto il possibile per addolcirla, tranne di dirle di tornare dal dentista per farsi rimettere i suoi denti. In quel modo avrei certamente peggiorato la situazione.

Mi fu difficile abituarmi a Landy con quei dentoni nella sua delicata e piccola bocca. Naturalmente le avevano messo dei denti impeccabili, due file di avorio scintillante. Ma avevano un aspetto assurdo nella sua apertura d’ingestione, e mi era difficile non reagire negativamente ogni volta che lei apriva la bocca. Quando un uomo compra una vecchia cattedrale gotica non chiama un architetto per far sostituire le strette ogive con rotondi archi di plastica. E quando un uomo sposa una suvornese, non vuole che lei si trasformi, pezzo per pezzo, in una terrestre. Dove sarebbe andata a finire? Si sarebbe fatta decorare con un ombelico sintetico, si sarebbe fatta spostare il seno, e…

Invece, non fece niente. Portò i denti terrestri per dieci giorni di navigazione, e nessuno di noi ne fece più apertamente parola. Poi, senza dir niente, tornò dal chirurgo e si fece rimettere dei denti suvornesi. Peccato per i soldi sprecati, pensai. Ma l’importante era che quel momentaneo malinteso fosse ormai superato. Ebbi, per vero dire, la sensazione che Landy pensasse ancora che al mio subconscio piacessero di più dei denti terrestri. Lei comunque non ne fece più parola, e io fui felice di rivederla completamente suvornese.

Vedete com’è il matrimonio? Due persone cercano di piacersi l’un l’altra, e non sempre ci riescono. A volte, nel tentativo di fare una cosa gradita, riescono persino a urtarsi. Così era successo tra Landy e me. Ma eravamo entrambi maturi abbastanza per superare quella grave crisi dei denti. Se quello fosse stato, diciamo, il mio decimo o undicesimo matrimonio, il tutto avrebbe potuto risolversi in un disastro. I fallimenti si evitano proprio con la grande esperienza.

Trascorremmo parecchio tempo con i nostri compagni di viaggio. E se avessimo avuto bisogno di lezioni su come non comportarsi nel matrimonio, le avremmo avute a portata di mano.

La cabina accanto alla nostra, per esempio, era occupata da un’altra coppia mista. La donna terrestre, un enorme e voluttuoso essere con capelli arancione e occhiali. Si chiamava Marje. Il suo nuovo marito era un lanamoriano, un corpulento bue umanoide dalla pelle blu raggrinzita, con quattro braccia telescopiche e una specie di tripode per gamba. In un primo tempo ci sembrarono abbastanza simpatici, sia come compagni di viaggio, turisti interstellari che erano stati in ogni luogo e che avevano visto ogni genere di cose, che come coppia che aveva stipulato il matrimonio di sei mesi. Ma subito mi accorsi che si parlavano sgarbatamente tra loro, e che si dicevano cose sgradevoli, anche di fronte a degli sconosciuti. Sarebbero finiti male.

Voi sapete, naturalmente, che cos’è un contratto matrimoniale di sei mesi. I contraenti si impegnano a restare uniti, per questo periodo di tempo, malgrado ogni eventuale risentimento o ripugnanza per il comportamento dell’altro: pena una forte multa. Ora, non è molto difficile rimanere uniti per sei mesi, e raramente una delle due parti deve pagare. Siamo una civiltà matura. Il vecchio abuso che consisteva nel disgustare appositamente il coniuge — per costringerlo all’abbandono e incassare la multa — è ormai quasi scomparso.

Ma Marje e il lanamoriano erano entrambi in cerca di quattrini. Ciascuno dei due voleva costringere l’altro all’abbandono, con tutti i mezzi possibili. Quando mi resi conto della situazione dissi a Landy che ci sarebbe convenuto trovare altri amici sulla nave.

Il che ci portò alla seconda crisi emotiva.

Nella loro campagna di repulsione reciproca, Marje e il compagno avevano deciso di puntare sui rapporti erotici con terzi. Io considero in una maniera molto antiquata il voto matrimoniale. Mi capite, vero? Mi considero impegnato ad amare fedelmente per sei mesi, senza concedermi avventure. Se un uomo non riesce a restar monogamo per sei mesi, penso io, dovrebbe farsi curare da un medico. E pensavo che Landy la pensasse alla mia maniera. Ma mi sbagliavo.


Eravamo nel salone dell’astronave, tutti e quattro, bevendo, quando Marje mi fece una proposta, senza mezzi termini. Rese trasparenti i vestiti, mi sventolò metri quadrati di seno sotto il naso, e mi disse:

«C’è un bellissimo letto nella mia cabina, caro.»

«Non è ancora ora di andare a letto» le dissi.

«Potrebbe anche esserlo.»

«No.»

«Dimostrati amico nel bisogno, Paulsie. Questo mostro striscia su di me da settimane. Voglio fare all’amore con un terrestre.»

«La nave è piena di terrestri, Marje.»

«Voglio te.»

«Non sono disponibile.»

«Ma via! Non vorresti fare un piccolo favore a una terrestre? A una tua complanetaria?»

Si alzò fremendo. La sua nudità rifulgeva in tutta la sala. In termini scabrosamente espliciti lei dimostrava al lanamoriano la sua brama di rapporti erotici, e supplicava me di soddisfarla. Io volevo restare fedele a Landy, e glielo dissi. Se in quel momento non fossi stato legittimamente unito a un’altra, le spiegai, sarei stato felice di accontentarla, ma in quelle condizioni, e con i miei principi, non potevo assolutamente. Lei mi scagliò il contenuto di un bicchiere in faccia e uscì. Il lanamoriano le andò dietro.

Mi voltai a Landy che avevo evitato di guardare durante tutto l’imbarazzante colloquio. La sua fronte aveva raggiunto il colore infrarosso, il che significava che era sul punto di piangere.

«Tu non mi ami» mi disse.

«Come?»

«Se mi amassi saresti andato con lei.»

«È qualche tipo di usanza suvornese?»

«No, certo che no» disse. «Noi siamo sposati secondo l’usanza terrestre, e questa è un’usanza terrestre.»

«Non capisco» dissi.

«Gli uomini terrestri hanno rapporti erotici extra coniugali. Lo so. L’ho letto. Ogni uomo che vuole veramente bene a sua moglie la tradisce di tanto in tanto. Ma tu…»

«Devi aver confuso leggermente le cose» dissi.

«No, non è vero!» e si accese di collera. Io cercai gentilmente di dirle che aveva letto troppi romanzi storici, che l’adulterio era completamente fuori di moda, che il rifiutare l’offerta di Marje dimostrava la solidità del mio amore coniugale. Landy non si lasciò convincere. Divenne sempre più confusa e furente, e si chiuse in se stessa tremando di rabbia. Cercai di consolarla in tutti i modi che riuscivo a immaginare. Poco a poco tornò tranquilla, ma rimase imbronciata. E io cominciai a capire che lo sposare una straniera aveva le sue complessità.


Due giorni dopo il marito di Marje fece una proposta a lei.

Persi le frasi preliminari. La nave era penetrata in uno sciame di globi d’energia, e io ero fermo di fronte alla parete panoramica con una quantità di passeggeri, intento a osservare lo spettacolo del volteggiare di quelle meraviglie dell’iperspazio. Per un certo tempo Landy rimase con me. Ma lei aveva visto moltissime volte i globi di energia, e si annoiava. Così mi disse di voler scendere nella vasca di scintillazione, fino a quando gli altri fossero rimasti a vedere i globi. Le dissi che l’avrei raggiunta. E feci così. C’erano circa una mezza dozzina di persone nella vasca. Si muovevano nel lucente fluido verde oro lasciando scie di un azzurro scintillante. Mi fermai sul bordo e cercai Landy, ma nessuna delle persone immerse aveva il suo fisico.

Poi la vidi. Era nuda e ancora tutta gocciolante di liquido policromo. Doveva essere uscita dalla vasca qualche attimo prima. Il corpulento lanamoriano le camminava accanto e la stava chiaramente molestando. La toccava in diversi modi, e lo spettro di Landy mostrava che era parecchio seccata. Balzai in suo soccorso, naturalmente. Ma non ebbe bisogno di me.

Voi vi sarete fatti l’immagine di una Landy fragile, simile a una bambola di porcellana e così era, effettivamente: che raggiungeva appena i quaranta chili, e non un solo osso in tutto il corpo, nel nostro senso di ossa… solo cartilagini. E timida, sensibile, che si turbava facilmente per una parola scortese o per la semplice espressione di un volto. Ma sempre bisognosa della protezione del marito? No! I pescecani, come i suvornesi, hanno solo delle cartilagini al posto delle ossa, ma quaranta chili di pescecane normalmente non hanno bisogno di qualcuno che li protegga. E neppure Landy.

I suvornesi sono agili, coordinati, veloci, e molto più forti di quanto non sembrino, come scoprì Jim Owens al mio matrimonio, quando tentò di baciare una sorella di Landy. E lo scoprì anche il lanamoriano. Nel tempo che trascorse dal momento in cui lo vidi molestarla a quando giunsi accanto a Landy, lei gli aveva slogato tre braccia e lo aveva fatto cadere a terra lasciandolo dolorante ad agitare nell’aria il supporto tripode. Landy, felice e soddisfatta di se stessa, mi baciò.

«Cos’è successo?» domandai.

«Mi ha fatto una proposta oscena.»

«Lo hai completamente rovinato.»

«Mi ha fatto terribilmente arrabbiare» disse, anche se non aveva più né la voce né l’aspetto arrabbiato.

Dissi: «Non è una situazione identica a quella dell’altro giorno, quando mi hai detto che non ti amavo perché avevo rifiutato la proposta di Marje? Non sei coerente, Landy. Se pensi che l’infedeltà sia essenziale nel matrimonio alla terrestre, avresti dovuto cedere, non ti pare?».

«I mariti terrestri sono infedeli. Le mogli terrestri devono essere caste. È un fatto contemplato dai più antichi codici.»

«Da che cosa?»

«Dai codici» ripeté, e cominciò a spiegarmi. Io ascoltai per un po’, poi risi delle sue dolci e innocenti parole.

«Sei deliziosa» le dissi.

«Sei un mostro. Che tipo di donna pensi che io sia? Come puoi incoraggiarmi a essere infedele?»

«Landy, io…»

Non mi volle ascoltare. Se ne andò piangendo, e avemmo la nostra terza crisi.

La poverina era decisa a seguire il matrimonio alla terrestre in tutto e per tutto, e la sua fronte diventava color infrarosso ogni volta che io facevo qualche obiezione. Per il resto della settimana si mostrò molto fredda. E anche una volta superato l’incidente, le cose non tornarono del tutto come prima. Tra di noi si stava spalancando un abisso… o meglio, l’abisso c’era sempre stato, e cominciava a diventare difficile il fingere che non esisteva.

Dopo sei settimane di queste seccanti incomprensioni, atterrammo.


La nostra destinazione era Thalia, il pianeta della luna di miele. Io vi avevo già trascorso mezza dozzina di viaggi di nozze, ma Landy non l’aveva mai visto, così avevo deciso di tornarci. Thalia, come sapete, è un pianeta di una certa grandezza. Una volta e mezzo la Terra in massa, densità e gravitazione. Con un paio di lune colorate che sembrano fatte per gli innamorati, essendo visibili sia di giorno che di notte. Il cielo è verde pallido, la vegetazione è folta, e la sua aria ha il profumo della noce moscata.

Il pianeta è proprietà di una compagnia che estrae metalli dal deserto continente orientale, e che gestisce, su un altro piccolo continente in mezzo all’oceano occidentale, un albergo per le coppie in luna di miele: una specie di vastissimo ranch galattico. Il personale è quasi tutto terrestre, ma la clientela proviene da tutte le parti del cosmo. Si possono fare meraviglie su un pianeta abitabile disabitato, se si fanno le cose con criterio.

Landy e io eravamo ancora freddi quando lasciammo l’astronave e venimmo catapultati nel nostro alloggio. Ma le bellezze del pianeta ci scaldarono subito. Ci avevano riservato una sfera mononucleare sospesa e ancorata cento metri sopra l’edificio principale. Ci trovammo nell’isolamento più totale, quello che le coppie in luna di miele desiderano (sebbene, com’è noto, ci siano anche delle eccezioni).

Ci demmo un gran da fare per godere tutte le bellezze di Thalia.

Facemmo il giro dell’intero continente in aquilone. Bevemmo cocktails ai ricevimenti. Mangiammo bistecche di alga, arrostite sulla fiamma scoppiettante. Andammo a nuotare. A caccia. A pesca. Facemmo l’amore. Facemmo la cura del sole finché la mia pelle divenne scura come il bronzo e quella di Landy verdina come le porcellane di Kang-hsi. Ci divertimmo insomma, nonostante la ragnatela di tensione che cominciava a inviluppare il nostro matrimonio.


Il tutto andò per il meglio finché il bronco non si liberò.

Non era esattamente un bronco. Era un gigantesco quadrupede vesiliano, blu con striature arancione, una grossa coda micidiale, e una spaventosa fila di denti. Due tonnellate, più o meno, di animale selvaggio. Lo tenevano in un recinto dietro uno dei serbatoi di protoni, e di tanto in tanto degli ardimentosi, vestiti da cowboy, davano spettacoli di rodeo per gli ospiti. Era impossibile domare la bestia, e nessuno riusciva mai a restarle in groppa per più di dieci secondi. C’erano stati dei morti, e parecchi avevano avuto almeno un arto maciullato.

Landy fu affascinata dall’animale. Non chiedetemi il perché. Mi trascinava al recinto tutte le volte che annunciavano uno spettacolo, e restava rapita a osservare i cowboys che venivano scaraventati per aria. Era ferma accanto alla staccionata il giorno in cui il bestione si liberò del cavaliere, ruppe la prima staccionata, e partì al galoppo verso la libertà.

«Uccidetelo!» cominciò a gridare la gente.

Ma nessuno era armato tranne i cowboys, che però si trovavano in diversi stati di stupore e di sgomento, tanto da essere incapaci di fare qualcosa di utile. Il quadrupede, rotta anche la seconda staccionata, sradicò un alberello, fece un altro balzo di una ventina di metri, poi si fermò incerto sul da farsi, con aria sicura e minacciosa. Lì attorno c’erano una cinquantina di giovani mariti, e quella era un’occasione per dimostrare alle loro mogli quali eroi fossero. Sennonché nessuno volle afferrarla, e tutti pensarono unicamente a fuggire: alcuni, trascinandosi dietro le mogli; altri, non pensando neanche a quello. Anch’io volli scappare, ma, devo dirlo a mio onore, pensai anche a Landy. Mi guardai attorno per cercarla, e la vidi che stava correndo verso la bestia. Afferrò una corda che pendeva dal fianco dell’animale e salì in groppa, dietro la criniera. Il bestione fece alcuni passi indietro e s’impennò, ma Landy si tenne salda. Sembrava un ragazzino in groppa a un elefante. Si piegò in avanti e poggiò la sua apertura d’ingestione sulla pelle dell’animale. Quest’ultimo si calmò immediatamente, emise un piacevole barrito, e partì trottando verso il recinto. Ma questa volta non ruppe la staccionata: Landy gliela fece saltare. Un attimo dopo gli sbigottiti cowboys, quelli che erano ancora in grado di connettere, legarono saldamente l’animale. Landy discese.

«Da bambina cavalcavo quegli animali tutti i giorni» mi spiegò. «So come trattarli. Sono molto più docili di quanto non sembri. Oh, è stato bello tornare a cavalcare.»

«Landy!»

«Mi sembri arrabbiato.»

«Landy è stata una pazzia la tua. Potevi morire.»

«Ma non c’è nessun rischio quando sai come trattarli.»

«In ogni modo» gridai «non fare mai più una cosa simile!»

«Perché sei così in collera?» mi chiese. «Oh, sì, capisco. Tra i terrestri la moglie non fa mai una cosa simile. Ho fatto qualcosa che spettava all’uomo, vero? Mi vuoi perdonare? Mi perdoni?»

Le perdonai. Ma ci vollero tre ore di discussione per stabilire i complessi problemi morali della situazione. In definitiva, convenimmo che se una cosa del genere si fosse ripetuta, sarei stato io a domare la bestia.

La cosa non si ripeté. E noi passammo la luna di miele nella massima felicità. I sei mesi trascorsero, e il nostro matrimonio scadde. Al momento esatto della scadenza, Landy mi abbracciò e con dolcezza sussurrò la più sconcertante proposta che avessi mai sentita.

«Sposami ancora» mi disse.

Noi terrestri, ordinariamente, non facciamo cose simili. Sei mesi di matrimonio sono più che sufficienti, e quando finiscono, finiscono. Ma io amavo Landy con tutto il cuore, e lei, d’altra parte, mi propose una variante interessantissima. Per cui, alla fine, siamo andati davanti al registratore e abbiamo stipulato un nuovo contratto di sei mesi.

Ma questa volta abbiamo convenuto che il matrimonio sarà alla suvornese, e non alla terrestre. Per cui i due matrimoni non saranno consecutivi nello spirito, anche se lo sono nel tempo. Pare infatti che un matrimonio suvornese sia molto diverso da quello terrestre.

Diverso come?

Fra qualche mese ne saprò qualcosa di più. Io e Landy partiamo domani per Suvorn. Mi sono fatto cambiare i denti, per farle un piacere, ed è molto strano andare in giro con una bocca piena di aghi. Ma finirò certo con l’abituarmi. Uno deve sopportare dei piccoli inconvenienti nel dare e avere del matrimonio. Le cinque sorelle di Landy tornano sul loro pianeta con noi. Altre undici ci aspettano. Secondo il costume suvornese io sono sposato con tutte e diciassette; a parte ogni qualsiasi altra unione che possano aver contratta.

Così la moglie novantuno è anche la moglie novantadue, e sono diciassette in una volta, tutte dal profumo di melassa, con gli occhi d’oro, e deliziosamente magre. Che felicità. Che senso di pienezza umana. Mi chiedo a volte che cosa farebbe uno come me — così curioso nella vita e nello stesso tempo così rigido quanto a principi morali — se non ci fossero questi matrimoni interplanetari.

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