PARTE QUINTA Markus Tmwarba

1

La bobina di nastro magnetico, l’ordine imperativo del generale Forester e l’infuriato dottor T’mwarba raggiunsero l’ufficio di Danil D. Appleby a trenta secondi di distanza l’uno dall’altro.

Lui stava aprendo il piccolo pacchetto quando il baccano nell’altra stanza gli fece sollevare gli occhi. — Michael — chiese nell’intercom — cosa succede?

— C’è un pazzo che dice di essere uno psichiatra!

— Non sono pazzo! — disse ad alta voce il dottor T’mwarba. — E so benissimo quanto tempo impiega un pacchetto ad arrivare per mezzo di corriere dal Quartier Generale dell’Alleanza alla Terra. Avrei dovuto riceverlo con la posta del mattino, e invece non si è visto. Questo significa che è stato trattenuto, ed è qui che fate cose del genere. Fatemi entrare.

Poi la porta si spalancò andando a sbattere contro il muro, e lui comparve sulla soglia. Michael si sporse oltre le spalle del dottor T’mwarba. — Mi dispiace, Dan. Chiamo subito…

Il dottor T’mwarba indicò il tavolo e disse: — Quello è mio. Datemelo.

— Lascia perdere, Michael — disse il doganiere prima che la porta fosse sbattuta una seconda volta. — Buongiorno, dottor T’mwarba. Non volete accomodarvi? Questo pacchetto è indirizzato a voi, non è vero? Oh, non sorprendetevi che io conosca il vostro nome. Sono io il responsabile dell’integrazione degli psico-indici di sicurezza, e tutti noi del dipartimento conosciamo benissimo il vostro brillante studio sulla differenziazione schizoide. Sono molto felice di potervi conoscere di persona.

— Perché non posso avere il mio pacchetto?

— Un attimo solo e lo scoprirò. — Mentre lui raccoglieva dal tavolo l’ordine, il dottor T’mwarba raccolse il pacchetto e se lo infilò in tasca.

— Ora potete spiegarmi tutto quello che vi pare.

Il doganiere aprì la lettera. — A quanto pare — disse, premendo un ginocchio contro il tavolo per scaricare parte dell’ostilità che si era accumulata in breve tempo — voi potete… ehm, tenere il nastro a condizione che in serata partiate per il Quartier Generale Amministrativo dell’Alleanza a bordo del Midnight Falcon, e che portiate il nastro con voi. Il posto è già stato prenotato, con i ringraziamenti anticipati del generale Forester per la vostra collaborazione. Cordiali saluti. X.J.

— Perché?

— Questo non lo dice. Sono spiacente, dottore, ma a meno che non acconsentiate a partire, non potrò lasciarvi quel nastro. Abbiamo i mezzi per riaverlo indietro.

— Questo lo credete voi. Avete idea di che cosa possano volere da me?

Il doganiere alzò le spalle. — Eravate voi ad aspettarlo. Chi ve lo ha spedito?

— Rydra Wong.

— Wong? — Il doganiere aveva sollevato entrambe le ginocchia contro il tavolo. Ora le lasciò cadere di colpo. — Rydra Wong, la poetessa? Anche voi conoscete Rydra?

— Sono il suo consigliere psichiatrico da quando aveva dodici anni. Voi chi siete?

— Mi chiamo Danil D. Appleby. Se avessi saputo che eravate amico di Rydra, vi avrei accompagnato io stesso fin qui! — L’ostilità aveva agito come punto di partenza per un esuberante cameratismo. — Se partite con il Falcon, avrete un po’ di tempo libero da trascorrere con me, vero? Avevo già intenzione di lasciare presto l’ufficio. Devo fare una capatina a… be’, in una certa zona della città dei Trasporti. Perché non mi avete detto subito che la conoscevate? C’è un locale deliziosamente caratteristico proprio vicino a dove devo andare. Si mangia discretamente e si beve anche meglio; seguite gli incontri di lotta? Molta gente pensa che siano illegali, ma in questo posto ci sono incontri favolosi. Stasera tocca a Ruby e al Pitone. Se volete accompagnarmi, credo che lo troverete affascinante. E vi accompagnerò al Falcon in orario.

— Penso di conoscere questo locale.

— Si scende di sotto e c’è questa grande bolla sul soffitto, dove i piloti lottano…? — Ormai scatenato, si sporse in avanti.

— A dire la verità, è stata Rydra a portarmi laggiù la prima volta.

Il dottor Tmwarba cominciò a sorridere.

Il doganiere picchiò un pugno sul tavolo. — Quella notte ci siamo divertiti come matti! Una cosa scatenata! — Socchiuse le palpebre. — Siete mai stato rimorchiato da una di quelle… — schioccò le dita tre volte — …nel settore discorporato? Oh, lo so che questo è ancora illegale, ma qualche sera fate una passeggiata da quelle parti.

— Andiamo — rise il dottore. — Una cena e qualche bicchiere; l’offerta migliore che abbia avuto in tutta la giornata. Muoio di fame e non assisto a un buon incontro da almeno quattro mesi.


— Non ero mai entrato prima in un posto del genere — disse il doganiere mentre scendevano dalla piattaforma della monorotaia. — Ho chiamato per fissare un appuntamento, ma mi hanno detto che non serviva e che bastava entrare; restavano aperti fino alle sei. Allora mi sono detto: diavolo, uscirò prima dall’ufficio. — Attraversarono la strada e superarono il chiosco dove scaricatori sporchi e con le barbe lunghe raccoglievano tabelle orarie dei voli in arrivo. Lungo il marciapiede incapparono in tre spaziali dalle uniformi verdi, che avanzavano barcollanti sostenendosi a vicenda. — Sapete — stava dicendo il doganiere — ho combattuto una lunga battaglia con me stesso, prima di prendere una decisione. Volevo farlo fin dalla prima volta che sono sceso da queste parti… diavolo, fin da quando li ho visti al cinema o nelle fotografie. Ma qualcosa di troppo bizzarro non sarebbe andato bene in ufficio. Allora mi sono detto che poteva essere qualcosa di semplice, che potevo tenere coperto indossando abiti normali. Ecco, siamo arrivati.

Il doganiere spinse la porta della Plastiplasma Plus (“Appendici, Scritte e Tatuaggi per un Corpo Magnifico”).

— E poi, da tempo volevo chiedere un parere a qualche autorità in materia; pensate che ci sia qualcosa di psicologicamente sbagliato nel desiderare una cosa simile?

— Assolutamente no.

Una fanciulla con occhi, labbra, capelli e ali della stessa tonalità di azzurro disse: — Entrare pure. A meno che prima non vogliate consultare il nostro catalogo.

— Oh, so esattamente quello che voglio — le assicurò il doganiere. — Da questa parte?

— Esatto.

— In realtà — proseguì il dottor T’mwarba — è psicologicamente molto importante sentirsi padroni del proprio corpo, sapere di poterlo cambiare e plasmare a piacere. Portare a termine una dieta di sei mesi o un programma di culturismo fisico può dare un senso di soddisfazione. Come pure un naso o un mento nuovo, una serie di scaglie o di piume.

Arrivarono in una stanza occupata da bianchi tavoli operatori. — Posso esservi utile? — chiese un sorridente cosmetochirurgo polinesiano vestito di un camice blu. — Perché non vi stendete qui?

— Io sto solo guardando — disse il dottor T’mwarba.

— È elencato nel vostro catalogo come numero 5463 — esclamò il doganiere. — E lo voglio qui. — Si colpì con una mano la spalla destra.

— Oh sì. È il mio preferito. Solo un istante. — Aprì un armadietto accanto al tavolo operatorio. Gli strumenti scintillarono.

Poi il chirurgo scomparve dietro la porta di cristallo del reparto refrigerante, e ne tornò con un vassoio colmo di diversi frammenti. L’unico facilmente riconoscibile era la metà anteriore di un minuscolo drago in miniatura con due gioielli al posto degli occhi, ricoperto di scaglie luccicanti e con un paio di ali opalescenti: il tutto non più lungo di cinque centimetri.

— Quando sarà collegato al vostro sistema nervoso, potrete farlo muovere, sibilare, ruggire, fargli agitare le ali e sputare scintille. Ma ci vorranno alcuni giorni perché venga assimilato dal corpo. Non vi sorprendete, dunque, se le prime volte il drago tossirà o sembrerà avere il mal di mare. Toglietevi la camicia, per favore.

Il doganiere obbedì.

— Ora escluderò ogni sensazione lungo tutta la spalla… ecco, così non sentirete alcun dolore. Questo? Oh, è un vasocostrittore locale per le vene e le arterie; vogliamo fare le cose pulite. Ora, dobbiamo tagliare lungo… be’, se vi dà fastidio, non guardate. Parlate con il vostro amico. Ci metteremo pochi minuti. Oh, devo avervi fatto il solletico nello stomaco! Non ci fate caso. Ancora una volta soltanto. Ecco fatto. Questa è l’articolazione della vostra spalla. Lo so, il braccio fa uno strano effetto, così penzoloni. Ora inseriamo qui dentro questa gabbietta di plastiplasma trasparente. Svolge le stesse identiche funzioni dell’articolazione della spalla e impedisce che i muscoli qui intorno siano d’impiccio. Vedete, ha perfino le scanalature per le vostre arterie. Spostate il mento, per favore. Se volete guardare, usate lo specchio. Ora arricciamo un po’ il plasma intorno ai bordi… Dovrete tenere questo vivonastro intorno ai bordi della gabbia per un paio di giorni, finché le pareti non avranno fatto presa del tutto. Non c’è pericolo che si stacchi, a meno che non tendiate il braccio di scatto, ma in ogni caso non correte alcun rischio. Adesso basta collegare questo signorino al nervo. Vi farò un po’ male…

— Gnnnnn! — Il doganiere fece per alzarsi.

— Giù! Giù! Bene, questo piolino… guardate nello specchio… serve per aprire la gabbia. Imparerete a farlo uscire e a fargli fare ogni genere di trucchetti, ma non siate impaziente. Ci vuole del tempo. Ora vi restituirò la sensibilità nel braccio.

Il chirurgo staccò gli elettrodi e il doganiere emise un fischio.

— Pruderà parecchio per un’ora. Se notate rossori o infiammazioni, non esitate a tornare subito qui. Tutto quello che esce da quella porta è perfettamente sterilizzato, ma ogni cinque o sei anni qualcuno si ritrova con un’infezione. Ora potete rimettervi la camicia.

Mentre uscivano in strada, il doganiere fletté la spalla. — Sapete, dicono che non si senta neppure la differenza. — Fece una smorfia. — Però mi sento le dita strane. Credete che mi abbia offeso un nervo?

— Ne dubito — disse T’mwarba — ma lo farete voi se continuate ad agitare il braccio a quel modo. Finirete con lo staccare il vivonastro. Andiamo a mangiare.

Il doganiere si tastò la spalla. — Dà una strana sensazione avere un buco di otto centimetri nella carne e poter muovere il braccio come se niente fosse.


— Così — disse T’mwarba al di sopra del suo boccale — è stata Rydra a portarvi la prima volta nella città dei Trasporti.

— Sì. A essere sincero… l’ho incontrata una sola volta. Stava radunando un equipaggio per una spedizione organizzata dal governo. Io dovevo approvare i loro psico-indici e sono andato con lei. Ma quella notte è successo qualcosa.

— Che cosa?

— Ho incontrato un branco delle più bizzarre e curiose persone che avessi mai visto in tutta la mia vita, e mi sono accorto che pensavano in modo diverso, si comportavano diversamente, facevano perfino l’amore in un modo che io non conoscevo. E mi hanno fatto sentire triste, mi hanno spinto a ridere e a essere felice, eccitato, e perfino a innamorarmi. — Lanciò un’occhiata alla sfera dell’arena sospesa nel locale. — E ora non mi sembrano più tanto strani.

— Il contatto con lei funzionava, quella sera?

— Penso di sì. È presuntuoso da parte mia chiamarla per nome, ma la sento ancora come… un’amica. Io sono un uomo solitario, in una città di uomini solitari. E quando uno di noi capita in un luogo in cui… trova dei contatti, ci ritorna per vedere se gli capita di nuovo.

— Ed è successo?

Danil D. Appleby abbassò gli occhi dal soffitto e cominciò a sbottonarsi la camicia. — Pensiamo alla cena — disse, e si tolse la camicia per ammirare il drago nella gabbietta dentro la spalla. — Si torna indietro comunque. — Piegò con cura la camicia e la posò sulla spalliera della sua sedia. — Dottor T’mwarba, non avete alcuna idea del perché vi vogliono al Quartier Generale dell’Alleanza?

— Presumo che riguardi Rydra e questo nastro.

— Però avete detto di essere stato il suo dottore. Spero che non si tratti di un motivo medico. Se le fosse successo qualcosa, sarebbe terribile. Per me, voglio dire. Era riuscita a dirmi tante cose, quella sera, e in modo così semplice. — Rise, e fece scorrere un dito lungo i bordi della gabbietta. La bestia all’interno emise un gorgoglio. — E mentre mi diceva quelle cose, per metà del tempo non guardava mai nella mia direzione

— Spero anch’io che stia bene — disse il dottor T’mwarba. — Sarà meglio per tutti.

2

Prima che il Midnight Falcon atterrasse, il dottor T’mwarba riuscì a indurre il capitano a lasciarlo parlare con la torre di controllo. — Voglio sapere quando è rientrata la Rimbaud.

— Un istante, signore. Non credo che sia rientrata. Certo non negli ultimi sei mesi. Ci vorrebbe un po’ di tempo per controllare più indietro, ma…

— No. Dovrebbe avere atterrato negli ultimi giorni. Siete certo che la Rimbaud non sia ritornata di recente con il capitano Rydra Wong?

— Wong? Credo che abbia atterrato ieri, ma non sulla Rimbaud. Era su un battello da combattimento privo di contrassegni. C’è stata una certa confusione poiché i numeri di serie erano stati cancellati dalle fiancate e si supponeva che si trattasse di una nave rubata.

— Ma il capitano Wong stava bene al momento dello sbarco?

— Sembrava che avesse lasciato il comando al suo… — La voce si arrestò.

— Ebbene?

— Scusate, signore. Queste notizie sono state classificate riservate. Non avevo visto il contrassegno, e devono essere state infilate per sbaglio negli archivi regolari. Non posso darvi altre informazioni. Sono riservate alle persone espressamente autorizzate.

— Sono il dottor Markus T’mwarba — disse allora lui, cercando di dare autorità alla voce ma senza sapere se sarebbe servito a qualcosa.

— Oh, c’è un appunto che vi riguarda, signore. Ma non siete nella lista delle persone autorizzate.

— E cosa diavolo dice, questo appunto?

— Solo che se desiderate informazioni, dovete rivolgervi direttamente al generale Forester.

Un’ora più tardi, il dottor T’mwarba entrò nell’ufficio del generale Forester. — Allora, cos’è successo a Rydra?

— Dov’è il nastro?

— Se Rydra ha voluto spedirlo a me, doveva avere le sue buone ragioni. Se avesse voluto farlo avere a voi, poteva consegnarvelo direttamente. Credetemi, voi non ci metterete le mani sopra a meno che io non lo voglia.

— Mi attendevo una maggiore cooperazione, dottore.

— Io sto cooperando, generale. Sono qui. Ma voi volete che io faccia qualcosa, e se non so esattamente di che cosa si tratta, non posso farlo.

— È un atteggiamento del tutto antimilitare — replicò il generale Forester girando intorno al proprio tavolo. — E ultimamente ho dovuto affrontarlo sempre più spesso. Non so neppure se mi piaccia. Ma non so nemmeno se mi dispiace. — Nella sua divisa verde da spaziale, si sedette sul bordo del tavolo e sfiorò pensosamente le stelle sul colletto. — Rydra Wong è stata la prima persona che ho incontrato in tutti questi anni alla quale non potevo dire: faccia questo, faccia quello, e che io sia dannatq se vi dirò le conseguenze che ho dovuto sopportare! La prima volta che le ho parlato di Babel-17, pensavo che le avrei dato le trascrizioni dei dialoghi e che lei me le avrebbe restituite con la traduzione in inglese. Invece lei mi disse chiaro e tondo di no: avrei dovuto dirle di più. Era la prima volta in quattordici anni che qualcuno mi diceva di fare qualcosa. Forse non mi è piaciuto; ma è sicuro come l’inferno che l’ho rispettata proprio per questo. — Intrecciò in uno strano gesto protettivo le mani sullo stomaco (Protettivo? Era stata Rydra a insegnargli come interpretare quei movimenti? meditò per un istante T’mwarba.) — È così facile rinchiudersi nel proprio frammento di mondo. Poi una voce attraversa le nostre barriere, e ci accorgiamo che è importante. Rydra Wong… — e il generale si arrestò, con un’espressione sul viso che fece accapponare la pelle al dottor T’mwarba.

— Sta bene, generale Forester? Oppure ha bisogno di cure?

— Non lo so — rispose il generale. — C’è una donna, nel mio ufficio interno… e un uomo. Non posso dirvi se la donna è Rydra Wong oppure no. Certo non è più la stessa donna con la quale ho parlato quella sera.

Ma T’mwarba era già arrivato alla porta, l’aveva spalancata.

Un uomo e una donna alzarono gli occhi. L’uomo era massiccio e aggraziato, con i capelli color ambra… un forzato, se ne accorse subito dal marchio sul braccio. La donna…

T’mwarba mise le mani sui fianchi. — Allora, cosa sono sul punto di dirti?

Lei disse: — Non comprensione.

Il modo di respirare, le mani arricciate in grembo, la curva delle spalle, tutti i particolari la cui importanza lei gli aveva dimostrato migliaia di volte; nella terrificante durata di un respiro capì quanto fossero importanti per una identificazione. Per un attimo desiderò che lei non gli avesse mai insegnato a distinguere quei segni, perché adesso erano tutti scomparsi, e la loro assenza in quel corpo familiare era peggiore di qualsiasi cicatrice o mutilazione. Cominciò allora a parlare con voce che Rydra conosceva bene, con il tono che lui aveva sempre usato per lodarla o rimproverarla: — Ero sul punto di dire… che se questo è uno scherzo, tesoro, io ti… sculaccerò a dovere. — Terminò con il tono riservato agli sconosciuti, ai piazzisti e ai numeri telefonici sbagliati, e si sentì insicuro. — Se non sei Rydra, chi sei?

Lei disse: — Non comprensione della domanda. Generale Forester, quest’uomo è il dottor Markus T’mwarba?

— Sì, è lui.

— Un momento. — T’mwarba si rivolse al generale. — Avrete già controllato le impronte digitali, i tassi metabolici, gli schemi della retina e tutto il resto, non è vero?

— Questo è il corpo di Rydra Wong, dottore.

— E va bene: ipnosi, condizionamento sperimentale, innesto di materia corticale preconnessa… conoscete qualche altro modo per inserire la mente di una persona in un’altra testa?

— Sì. Altri diciassette modi. Non c’è la minima traccia di nessuno di questi. — Il generale si avvicinò alla porta. — Lei ha detto chiaramente che vuole parlarvi da sola. Sarò qui fuori. — E chiuse la porta dietro di sé.

— Sono del tutto sicuro di chi non sei — disse il dottor T’mwarba dopo un istante.

La donna sbatté le palpebre e disse: — Messaggio da Rydra Wong, riferito testualmente, non comprensione del suo significato. — Di colpo il suo viso prese un’espressione eccitata e familiare; le sue mani si intrecciarono e lei si spinse leggermente in avanti. — Mocky, sono felice che tu sia venuto. Non posso reggere a lungo, quindi ascolta: Babel-17 è una lingua artificiale più o meno simile all’Onoff, all’Algol e al Fortran. Sono davvero telepatica, dopotutto, ma ho appena imparato il modo per controllare questa mia capacità. Ho già… abbiamo già sgombrato il campo dai tentativi di sabotaggio di Babel-17, ma adesso siamo prigionieri, e se vuoi tirarci fuori di qui, devi dimenticare chi sono io. Usa quello che c’è alla fine del nastro, e scopri chi è lui! — Indicò il Macellaio.

L’eccitazione scomparve, e il viso fu riconquistato dalla rigidità. L’intera trasformazione lasciò T’mwarba con il fiato sospeso. Poi scosse il capo e riprese a respirare normalmente. Dopo qualche istante, tornò nell’ufficio del generale. — Chi è l’avanzo di galera? — chiese senza mezzi termini.

— Stiamo facendo ricerche sul suo conto. Speravo di avere la risposta in mattinata. — Qualcosa lampeggiò sul tavolo. — Ecco qui. — Aprì uno scomparto sul ripiano del tavolo e ne tirò fuori una busta. Mentre spezzava il sigillo, fece una pausa. — Vi spiacerebbe dirmi cosa sono Onoff, Algol e Fortran?

— Per non correre rischi, ascoltare sempre dai buchi delle serrature. — T’mwarba sospirò e sedette sulla poltrona-bolla di fronte al tavolo. — Sono antichi linguaggi del ventesimo secolo… lingue artificiali usati per programmare i computer, progettati specificamente per delle macchine. Onoff era il più semplice. Riduceva tutto a una combinazione di due parole, on e off, cioè al sistema numerico binario. Gli altri erano più complessi.

Il generale annuì e terminò di aprire la busta. — Quell’uomo è arrivato con lei su un battello-ragno. L’equipaggio si è un po’ agitato quando volevano sistemarli in quartieri separati. — Sospirò. — Dev’essere qualcosa di psichico. Così li abbiamo lasciati insieme.

— Dove si trova l’equipaggio? Non potrebbe aiutarci?

— Quelli? È come cercare di parlare con creature uscite da un incubo. Gente dei Trasporti. Chi può parlare con persone come quelle?

— Rydra lo poteva — mormorò il dottor T’mwarba. — Mi piacerebbe vederli, se fosse possibile.

— Se lo volete. Li abbiamo trattenuti al Quartier Generale. — Cominciò a leggere i fogli, e si oscurò in volto.

— Strano. C’è un resoconto piuttosto dettagliato sulla sua vita che copre un periodo di cinque anni, e che inizia con qualche furtarello e lavoretti di muscolo per una banda. Poi abbiamo un paio di omicidi su commissione, una rapina a una banca… — Il generale arricciò le labbra e annuì con aria da intenditore. — Si è fatto due anni di lavori forzati nel bagno penale di Titin, poi è evaso… un ragazzo in gamba, dopotutto. Risulta scomparso nella Fessura di Specelli, presumibilmente morto o incorporato nell’equipaggio di una nave-ombra. Be’, morto non lo era di sicuro. Ma prima del dicembre ’61, sembra non essere mai esistito. Nella malavita, il suo nome era Macellaio.

Bruscamente, il generale si tuffò verso un cassetto e ne prese una cartella. — Kreto, Terra, Minosse, Callisto — lesse, poi picchiò sulla cartella con il dorso di una mano. — Aleppo, Rea, Olimpia, Paradiso, Dite!

— Che cos’è, l’itinerario del Macellaio prima di finire su Titin?

— Si dà il caso che sia proprio così. Ma è anche la successione di una serie di incidenti iniziata nel dicembre ’61, che siamo riusciti a collegare a Babel-17 solo di recente. Ci eravamo messi al lavoro solo sugli “incidenti” più recenti, ma poi è emerso questo schema che risaliva ad anni precedenti. Tutti i rapporti parlavano di strane trasmissioni radio. Credete che la signorina Wong abbia portato a casa il nostro sabotatore?

— Potrebbe essere. Solo che in quella stanza non c’è più Rydra.

— Be’, sì… immagino che in un certo senso sia vero…

— Per ragioni simili, direi anche che il gentiluomo con lei non è il Macellaio.

— Chi credete che sia?

— In questo momento non lo so. Ma credo che sia piuttosto importante scoprirlo. — Si alzò. — Dove posso trovare l’equipaggio di Rydra?

3

— Ehi, che posticino elegante! — esclamò Calli quando tutti uscirono dall’ascensore all’ultimo piano delle Torri dell’Alleanza.

— Ora è bello — disse Mollya — poter camminare in giro.

Un capocameriere nella sua divisa bianca venne verso di loro attraverso la moquette di zibetto, lanciò un’occhiata di sbieco a Ottone, e disse: — Questo è il vostro gruppo, dottor T’mwarba?

— Già. Abbiamo prenotato una nicchia accanto alla vetrata panoramica. Potete cominciare a portare da bere. Ho già fatto le ordinazioni.

Il cameriere annuì, si voltò, e fece loro strada verso un’altra vetrata che si affacciava sopra l’Alleanza Plaza. Alcune persone si girarono a guardare il gruppo.

— Il Quartier Generale può essere un luogo molto piacevole — sorrise il dottor T’mwarba.

— Se si hanno soldi — disse Ron. Contorse il collo per osservare il soffitto blu-nero, dove le luci erano state disposte in modo tale da simulare le costellazioni viste da Rymik, ed emise un fischio soffocato. — Avevo letto di posti come questo, ma non avrei mai pensato di finirci anch’io un giorno.

— Mi sarebbe piaciuto portarci i ragazzi — si rammaricò la Lumaca. — Erano convinti che la sala del barone fosse la fine del mondo.

Nella nicchia, il cameriere resse la sedia di Mollya.

— Era il barone Ver Dorco dei Cantieri di Guerra?

— Già — rispose Calli. — Agnello arrosto, vino di prugne e i più bei pavoni che avessi visto da due anni. Non li abbiamo nemmeno assaggiati. — Scosse il capo.

Tmwarba rise. — Per fortuna l’aristocrazia si sta estinguendo, e quei pochi di noi che ancora restano hanno il buon gusto di non ostentare i loro titoli.

— Era l’ultimo Mastro Armaiolo di Armsedge — intervenne Lumaca.

— Ho letto il rapporto sulla sua morte. Rydra era presente?

— C’eravamo tutti quanti. È stata una sera ’iuttosto movimentata.

— Che cos’è successo, esattamente?

Ottone scrollò la testa. — Be’, il ca’itano è arrivato ’er ’rimo… — Quando ebbe finito il suo racconto, e gli altri ebbero aggiunto i loro particolari, T’mwarba si appoggiò allo schienale della sua sedia. — I rapporti non ne parlano in questo modo. Ma non potrebbero neppure. Che cos’era, comunque, quel TW-55?

Ottone alzò le spalle.

Ci fu un clic all’orecchio del dottore, mentre il discorporafono inserito nella cavità auricolare proseguiva: — È un essere umano controllato e manipolato scientificamente ancor prima della nascita, e che ormai non è più umano — disse l’Occhio. — Io ero con il capitano Wong, quando il barone glielo mostrò.

Il dottor T’mwarba annuì. — C’è qualcos’altro che sapete?

La Lumaca, che fino a quel momento aveva lottato per trovare una sistemazione comoda contro il rigido schienale della sedia, spinse allora lo stomaco contro l’orlo del tavolo. — Perché?

Gli altri si immobilizzarono di colpo. Il ciccione fissò il resto dell’equipaggio. — Perché gli stiamo raccontando tutte queste cose? Poi lui tornerà giù e racconterà tutto agli spaziali:

— È vero — intervenne T’mwarba. — E qualcosa di quello che mi direte potrà aiutare Rydra.

Ron depose il suo bicchiere di cola ghiacciata. — Gli spaziali non sono stati molto gentili con noi, Doc — gli spiegò.

— Non ci hanno portati in nessun ristorante di lusso. — Calli si infilò il tovagliolo nella collana di zircone che si era messa per l’occasione. Un cameriere depose sul tavolo un vassoio di patatine fritte alla francese, si voltò, e ritornò con un altro vassoio colmo di hamburger.

Mollya si sporse attraverso il tavolo e sollevò la bottiglietta rossa fissandola con occhi interrogativi.

— Ketchup — le spiegò T’mwarba.

— Ohhh — sospirò Mollya, e la rimise sulla tovaglia damascata.

— Diavalo dovrebbe essere qui con noi. — Lumaca si appoggiò allo schienale distogliendo gli occhi dal dottore. — Lui è un artista con i carbo-sintetici, e con i dispensatori proteici riesce a ottenere pasti robusti a base di fagiano farcito alle noci, filetto di bufalo alla creyonnaise, e tanta altra roba solida che può accontentare un equipaggio affamato. Ma con questa cucina raffinata… — spalmò cautamente di senape il suo hamburger — …scommetto che davanti a una libbra di carne autentica macinata, scapperebbe di corsa dalla cambusa con la paura di esserne morso.

Ottone domandò: — Cosa diavolo è successo al ca’itano Wong? È questo che nessuno se la sente di domandare.

— Non lo so. Ma se voi mi direte tutto quello che sapete, avrò migliori possibilità di poterla aiutare.

— L’altra cosa che nessuno vuol dire — proseguì Ottone — è che uno di noi non vuole fare niente ’er lei. Ma noi non sa’’iamo chi è.

Gli altri si zittirono.

— C’era una s’ia sulla nave. Noi tutti lo sa’evamo. Ha tentato di distruggere due volte la nave. E io credo che sia res’onsabile anche di quello che è successo al ca’itano e al Macellaio.

— Tutti la pensiamo così — disse Lumaca.

— Ed è questo che non avete voluto dire agli spaziali?

Ottone annuì.

— Digli delle piastre stampate e della richiesta di partenza ai Cantieri di Guerra — disse Ron.

Ottone spiegò tutto.

— Se non fosse stato per il Macellaio — scattò di nuovo il discorporafono — noi saremmo rientrati nello spazio normale al centro della Nova Cygni. Il Macellaio ha convinto Jebel ad agganciarci e ci ha raccolti a bordo.

— Così — il dottor T’mwarba guardò i loro visi intorno al tavolo — uno di voi è una spia.

— Potrebbe essere uno dei ragazzi — disse Lumaca. — Non è obbligatorio che sia seduta a questo tavolo.

— Se è così — aggiunse T’mwarba — io sto parlando a tutti voi. Il generale Forester non è riuscito a cavarvi nulla. E Rydra ha bisogno dell’aiuto di qualcuno. È molto semplice.

Ottone spezzò il prolungato silenzio. — Avevo a’’ena ’erso una nave con gli Invasori, dottore; l’intera squadra dei ragazzi, e ’iù di metà degli ufficiali. ’otevo ancora lottare bene ed ero un buon ’ilota, ma l’idea di andare con il ca’itano che aveva l’intenzione di tuffarsi dalle ’arti degli Invasori non mi attirava molto. Il ca’itano Wong non era del nostro mondo. Ma quando è venuto da me, e mi ha guardato con quegli occhi che dicevano, “mi ’iace il tuo modo di lottare e voglio assumerti”, io non ho resistito. E ne sono contento.

— Lei sapeva tante cose — disse Calli. — È stato il viaggio più incredibile che ho mai fatto. Mondi. Proprio così, dottore. Lei attraversa mondi interi e non ha paura di portarti con sé. Quando mai mi avevano portato da un barone a cenare e a fare un po’ di spionaggio? E il giorno dopo mi trovo a cenare con dei pirati. E adesso sono qui. Certo che voglio aiutarla.

— Calli ragiona sempre con lo stomaco — intervenne Ron. — Il fatto è, Doc, che lei ti fa pensare. Nel mio caso, mi ha fatto pensare a Calli e a Mollya. Saprete già che era stata in trio con Muels Aranlyde, quel tipo che ha scritto Stella Imperiale. Dovete saperlo, se siete il suo dottore. Comunque, con lei intorno si comincia a pensare che forse la gente che vive in altri mondi, come diceva Calli, la gente che scrive libri o inventa armi, è reale sul serio. E se si comincia a credere in loro, si è un pochino più pronti a credere in noi stessi. Quando qualcuno che può fare questo ha bisogno di aiuto, lo si aiuta senza starci a pensare due volte.

— Dottore — mormorò Mollya — io ero morta. Lei mi ha riportato in vita. Cosa posso fare?

— Potete dirmi tutto quello che sapete — …T’mwarba si spinse verso il tavolo fissandoli a turno — …sul Macellaio.

— Il Macellaio? — chiese Ottone. Gli altri erano sorpresi. — E cosa ’ossiamo dire? Sa’’iamo solo che lui e il ca’itano erano molto amici.

— Siete stati con lui a bordo della stessa nave per tre settimane. Ditemi ogni cosa che gli avete visto fare.

Si guardarono l’un l’altro, interrogativamente.

— Non c’era nulla che potesse indicare da dove veniva?

— Titin — disse Calli. — Il marchio sul suo braccio.

— Prima di Titin, almeno cinque anni prima. Il problema è che del Macellaio non si sa nulla.

Ora gli sguardi erano ancora più perplessi. Poi Ottone disse: — La sua lingua. Il ca’itano diceva che ’arlava una lingua dove non c’era la ’arola io.

Il dottor T’mwarba aggrottò la fronte mentre il discorporafono scattava di nuovo nel suo orecchio. — Il capitano gli ha insegnato a dire tu e io. Una sera hanno gironzolato insieme nel cimitero di Tarik, e noi eravamo intorno a loro mentre si insegnavano a vicenda chi erano.

— L’io — disse T’mwarba — ecco qualcosa su cui lavorare. — Si appoggiò all’indietro. — È strano. Immagino di sapere tutto quello che c’è da sapere su Rydra, eppure…

Il discorporafono scattò una quarta volta. — Voi non sapete della gracula.

T’mwarba rimase sorpreso. — Sì che lo so. Ero presente.

L’equipaggio discorporato ridacchiò morbidamente. — Ma non vi hai mai detto perché era così spaventata.

— È stato un attacco isterico dovuto alle sue condizioni…

Di nuovo la risatina spettrale. — Il verme, dottor T’mwarba. Lei non si è spaventata per l’uccello. È rimasta terrorizzata dall’immagine telepatica di un enorme verme che strisciava verso di lei, il verme che l’uccello stava immaginando.

— Lei vi ha detto questo… — “e non lo ha mai detto a me” fu la fine di una frase iniziata con tono offeso e conclusa con una sensazione di stupore.

— Mondi — continuò lo spettro. — A volte i mondi esistono sotto i vostri stessi occhi e voi non li vedete mai. Questa sala potrebbe essere affollata di fantasmi, e non ve ne accorgereste mai. Anche il resto dell’equipaggio non può essere certo di quello che stiamo dicendo ora. Ma il capitano Wong non ha mai usato un discorporafono. Ha trovato il modo di parlare con noi senza fare ricorso a quello. Ha attraversato mondi, e ha saputo unirli, questo è l’importante, in modo che entrambi diventassero più grandi.

— Allora qualcuno deve scoprire da quale mondo, dal vostro, dal mio, o dal suo, è uscito il Macellaio. — Un ricordo cominciò a definirsi come una cadenza di chiusura, e lui rise. Gli altri lo fissarono meravigliati. — Un verme. “In qualche luogo dell’Eden, allora, un verme, un verme…” Una delle sue prime poesie. E non ci ho mai pensato.

4

— E dovrei esserne felice? — chiese il dottor T’mwarba.

— Dovreste essere almeno interessato — rispose il generale Forester.

— Avete consultato una mappa iperstatica e scoperto che tutti i sabotaggi dell’ultimo anno e mezzo si stendono nella galassia lungo una linea ordinata, e che tutti si trovano a distanza ravvicinata dalla Fessura di Specelli. Inoltre, avete scoperto che durante il periodo in cui il Macellaio si trovava su Titin, nessun “incidente” ha avuto luogo. In altre parole, avete scoperto che il Macellaio potrebbe essere responsabile di tutta la faccenda, e solo a causa della sua vicinanza fisica ai luoghi colpiti. No, non posso esserne felice.

— E perché no?

— Perché lui è una persona importante.

— Importante?

— Io so che è… importante per Rydra. L’equipaggio me lo ha detto.

— Lui? — Poi comprese. — Lui? Oh, no. Chiunque altro. Lui è la più bassa forma di… Non lui. Tradimento, sabotaggio, chissà quanti omicidi… Voglio dire che lui è…

— Voi non sapete cosa sia quell’uomo. E anche se fosse responsabile degli attacchi di Babel-17, è straordinario almeno quanto Rydra. — Il dottore si alzò dalla poltrona-bolla. — Ora volete darmi la possibilità di tentare la mia idea? Ho ascoltato per tutta la mattina la vostra. E la mia probabilmente funzionerà.

— Non capisco ancora cosa intendete fare.

Il dottor T’mwarba sospirò. “Per prima cosa voglio portare Rydra, il Macellaio, e noi stessi nel più scrupolosamente sorvegliato e impenetrabile carcere sotterraneo di cui disponga il Quartiere Generale dell’Alleanza…”

— Ma noi non abbiamo un…

— Non venite a raccontarmi balle, generale, — tagliò corto T’mwarba. — Siamo in guerra, ve lo siete dimenticato?

Il generale si accigliò. — E perché tutto questo bisogno di sicurezza?

— A causa dei danni che questo uomo ha provocato finora. Non credo che il mio piano incontrerà la sua approvazione. E credo che mi sentirei più tranquillo se avessi qualcosa, magari l’intera forza militare dell’Alleanza, al mio fianco. Allora sentirei di avere una possibilità.


Rydra sedeva su un lato della cella, il Macellaio sull’altro, entrambi legati ai sedili anatomici ricoperti di plastica che erano parti delle pareti.

Il dottor T’mwarba guardò l’equipaggiamento che veniva spinto fuori dalla stanza. — Niente carcere e niente sale di torture, eh, generale? — Lanciò un’occhiata a una macchia secca rosso-bruna sul pavimento accanto ai suoi piedi, e scrollò il capo. — Avrei preferito che il posto venisse ripulito con acido e disinfettato, ma immagino che con un preavviso così breve…

— Avete tutto l’equipaggiamento che vi serve, dottore? — si informò il generale senza badare alla stoccata di T’mwarba. — Se cambiate idea, posso avere qui una squadra completa di specialisti in quindici minuti.

— Questa cella non è grande abbastanza — disse T’mwarba. — E ho già qui nove specialisti. — Appoggiò la mano al computer di medie dimensioni che era stato disposto in un angolo. — Avrei anche preferito rimanere solo, ma visto che non volete andarvene, vi pregherei di osservare il silenzio.

— Avete detto — gli ricordò il generale — che volevate il massimo di sicurezza. Posso avere qui altrettanto facilmente un gruppo di maestri di aikido che pesano centoventi chili.

— Sono cintura nera di aikido, generale. Penso che noi due saremo sufficienti.

L’altro sollevò le sopracciglia. — Io conosco il karate. Ma l’aikido è una delle arti marziali che non ho mai realmente capito. E voi siete cintura nera?

Il dottor T’mwarba sistemò l’equipaggiamento e annuì. — Anche Rydra. Non so cosa riesca a fare il Macellaio, così preferisco che siano entrambi legati saldamente.

— Molto bene. — Il generale toccò qualcosa nell’angolo della cella e la spessa lastra metallica della porta si abbassò lentamente. L’orlo raggiunse il livello del pavimento e la giuntura scomparve.

— Ora siamo sigillati qui dentro. Ci troviamo al centro di dodici linee di difesa, tutte impenetrabili. Inoltre nessuno conosce l’ubicazione di questa cella, neppure io.

— E dopo quei labirinti che abbiamo attraversato, io non la ricordo certo — sospirò T’mwarba.

— Nel caso che qualcuno cerchi di localizzarci, la stanza viene spostata automaticamente ogni quindici secondi. Non potrà uscire. — Il generale fece un cenno verso il Macellaio.

— Io spero solo che nessuno riesca ad entrare. — T’mwarba premette un interruttore su una macchina.

— Volete ripetermi le vostre intenzioni?

— Il Macellaio è stato colpito da amnesia, dicono i dottori di Titin. Ciò significa che la sua coscienza è limitata alla sezione del cervello che contiene i ricordi datati dal ’61. La coscienza risulta in effetti ristretta a un unico segmento della corteccia. Questo apparecchio — …il dottore sollevò un elmetto metallico e lo infilò sul capo del Macellaio, continuando a lanciare occhiate a Rydra… — serve a creare una serie di “spiacevolezze” in quel segmento della corteccia e a spingere quella parte del cervello a collegarsi di nuovo con il resto, rimasto isolato.

— Ma cosa succederà se non esistono più connessioni fra quella parte della corteccia e il cervello colpito da amnesia?

— Se riusciremo a scuoterlo a sufficienza, sarà lui stesso a crearne delle nuove.

— Con il genere di vita che ha condotto finora — commentò piuttosto incredulo il generale — mi chiedo cosa ci possa essere per lui di tanto spiacevole da indurlo a fuggire dal suo cervello.

— Onoff, Algol, Fortran — rispose il dottor T’mwarba.

Il generale lo osservò stupito mentre effettuava gli ultimi collegamenti.

— Di solito, questo apparecchio crea nella mente del paziente una situazione del tipo “pozzo dei serpenti”. Ma per una mente che non conosce la parola io, o che ne è rimasta priva così a lungo, la tattica della paura non è utile.

— E allora cosa userete?

— Algol, Onoff e Fortran, con l’aiuto di un barbiere e del fatto che oggi è mercoledì.

— Dottor T’mwarba, comincio a rimpiangere di non avere dato un’occhiata preliminare al vostro psico-indice…

— So quello che sto facendo. Nessuna di quelle lingue per calcolatori possedeva la parola io. Questo particolare evitava situazioni del tipo “Io non posso risolvere il problema”, oppure “Non sono minimamente interessato”, e una risposta come, “Ho altre cose migliori con cui perdere il mio tempo”. Generale, sul versante spagnolo dei Pirenei c’è un paese dove abita un solo barbiere. Questo barbiere rade tutti gli uomini del paese che non si fanno la barba da soli. Ora, il barbiere rade anche se stesso, oppure no?

Il generale aggrottò la fronte.

— Non mi credete? Ma generale, io dico sempre la verità. Tranne ogni mercoledì: il mercoledì, ogni mia affermazione è una bugia.

— Ma oggi è mercoledì! — esclamò il generale cominciando a sentirsi confuso.

— Molto comodo. Su, su, generale, non trattenete il fiato finché non siete blu in viso.

— Io non sto trattenendo il fiato!

— Non ho detto che lo stavate facendo. E ora rispondete con un sì o un no: avete smesso di picchiare vostra moglie?

— Dannazione, non posso rispondere a una domanda che…

— Be’, mentre state pensando a vostra moglie e decidendo se trattenere il fiato, sempre tenendo a mente che oggi è mercoledì, ditemi… chi fa la barba al barbiere?

La confusione del generale scoppiò in una risata. — Paradossi! Volete dire che gli imbottirete la mente di paradossi con i quali lui dovrà lottare.

— Quando lo si fa con un computer, questo finisce con l’andare in corto circuito a meno che non sia programmato per spegnersi non appena ne incontra uno.

— E supponendo che lui decida di discorporarsi?

— Credete che una simile bazzecola possa fermarmi? — Indicò un’altra macchina. — Quella serve appunto a impedirlo.

— Un’ultima cosa. Come sapete quali paradossi fornirgli? Di sicuro quelli che avete usato con me non…

— Non funzionerebbero, lo so. Inoltre, essi esistono solo in inglese e in poche altre lingue analiticamente impacciate. I paradossi si spezzano nelle manifestazioni linguistiche della lingua in cui sono espressi. Per il barbiere spagnolo e il mercoledì, sono le parole “tutti” e “ogni” che contengono significati contraddittori. La costruzione “non… finché” possiede un’ambiguità simile. Lo stesso vale per la parola “smettere”. Il nastro che Rydra mi ha spedito conteneva una grammatica e un vocabolario di Babel-17. Affascinanti. È la lingua più analiticamente precisa che si possa immaginare. Ma questo perché in Babel-17 tutto è flessibile, e le idee compaiono in enormi quantità di conformazioni governate dalle stesse parole. Il che significa che il numero di paradossi possibile è impressionante. Rydra aveva letteralmente riempito l’ultima metà del nastro con alcuni degli esempi più ingegnosi. Se una mente limitata a pensare in Babel-17 restasse invischiata in questi paradossi, andrebbe in corto circuito, si brucerebbe…

— O fuggirebbe in un’altra zona del cervello. Capisco. Bene, procedete pure. Cominciate.

— L’ho già fatto due minuti fa.

Il generale osservò il Macellaio. — Non vedo nulla.

— E non lo vedrete per un altro minuto. — Regolò alcuni comandi. — Il sistema di paradossi che ho escogitato deve infiltrarsi attraverso l’intera parte cosciente dal suo cervello. Ci sono moltissime sinapsi che devono incominciare a scattare.

Di colpo, sul duro viso muscoloso del Macellaio, le labbra scoprirono i denti stretti in una morsa.

— Ci siamo — mormorò il dottor T’mwarba.

— Ma cosa sta succedendo alla signorina Wong?

Il volto di Rydra aveva subito la medesima contorsione.

— Avevo sperato che non sarebbe successo — sospirò T’mwarba — ma ne avevo il sospetto. Sono in unione telepatica.

Un crac improvviso dalla parte del Macellaio. La cinghia frontale si era allentata e la sua testa aveva urtato lo schienale del sedile.

Un suono lamentoso dalla parte di Rydra, che salì per un istante verso le vette di un gemito a bocca spalancata, ma subito si interruppe. I suoi occhi meravigliati ammiccarono un paio di volte, e lei gridò: — Oh, Mocky, fa male!

Una delle cinghie che legavano le braccia del Macellaio si spezzò con uno schiocco sordo, e una mano stretta a pugno si sollevò. Poi una luce accanto al pollice del dottor T’mwarba si trasformò da bianca ad ambrata, e il pollice premette con forza un pulsante. Il corpo del Macellaio ebbe un sussulto; poi si rilassò.

Il generale Forester incominciò: — Si è discorpor…

Ma il Macellaio ansimava ancora.

— Liberami, Mocky — implorò Rydra.

T’mwarba avvicinò la mano a un microinterruttore, e le cinghie che le stringevano la fronte, i polpacci, i polsi e le braccia, scivolarono di lato. Subito lei si precipitò attraverso la cella nella direzione del Macellaio. — Anche lui?

Lei annuì

T’mwarba schiacciò il secondo microinterruttore e il Macellaio scivolò in avanti fra le braccia di Rydra. Il suo peso trascinò a terra anche lei, ma subito Rydra cominciò a massaggiargli i muscoli irrigiditi sulla schiena.

Il generale Forester aveva estratto un vibratore è lo stava puntando sui corpi distesi a terra. — Chi diavolo è allora, e da dove viene? — domandò.

Il Macellaio fu sul punto di crollare ancora, ma puntò le mani sul pavimento e si sollevò a mezzo. — Ny… — cominciò. — Io… io sono Nyles Ver Dorco. — La sua voce sembrava aver perso le tonalità più raschianti. Il timbro era di un quarto più alto e una leggera pronuncia strascicata di tipo aristocratico accompagnava le sue parole. — Armsedge. Sono nato ad Armsedge. E ho… ho assassinato mio padre!

La lastra di metallo della porta si sollevò, rientrando nella parete. Ci fu un’irruzione di fumo, e un puzzo acre di metallo fuso li fece tossire. — Che razza di odore è questo? — esclamò il generale Forester. — Che cosa sta succedendo?

— Scommetto — disse il dottor T’mwarba — che una mezza dozzina delle linee di difesa che proteggevano questa camera di sicurezza sono state distrutte. Se fosse durato qualche altro minuto, ora noi non saremmo più qui.

Un fruscio di passi affrettati. Uno spaziale dal viso sporco di fumo infilò la testa nella cella. — Generale Forester, state bene? Il muro esterno è esploso e qualcosa ha bloccato i radiocomandi delle doppie cancellate. Poi… una cosa ha fuso buona parte delle pareti di ceramica. Sembrava un laser o qualcosa di simile.

Il generale si fece molto pallido. — Ma che cosa stava cercando di entrare qui dentro?

Il dottor T’mwarba guardò Rydra.

Il Macellaio si alzò in piedi, appoggiandosi alla spalla di lei. — Un paio dei più ingegnosi modelli di mio padre, primi cugini del TW-55. Dovrebbero essercene almeno sei, in posizioni non molto eminenti, nello staff dell’intero Quartier Generale. Ma non dovete più preoccuparvi per loro.

— Allora apprezzerei molto — sillabò lentamente il generale — che veniste nel mio ufficio e mi spiegaste cosa diavolo è successo.

— No. Mio padre non era un traditore, generale. Desiderava semplicemente fare di me il più potente agente segreto dell’Alleanza. Ma non è l’arma che conta; piuttosto, la conoscenza di come usarla. Gli Invasori l’avevano, e quella conoscenza è Babel-17.

— Va bene. Voi potreste anche essere Nyles Ver Dorco. Ma questo rende ancora più confuse certe cose che credevo di aver capito soltanto un’ora fa.

— Non lo fate parlare troppo — intervenne T’mwarba. — Lo sforzo che il suo sistema nervoso…

— Mi sento perfettamente bene, dottore. I miei riflessi sono superiori a quelli di un uomo normale, e ho ormai riacquistato completamente il controllo delle mie possibilità, fino alla velocità di crescita delle mie unghie. Mio padre era un uomo pignolo.

Il generale Forester appoggiò il tallone dello stivale contro lo spigolo del tavolo. — È meglio che lo lasciate proseguire, dottore. Perché se io non capisco tutta questa faccenda entro i prossimi cinque minuti, vi sbatto tutti in una cella.

Mio padre aveva appena iniziato il suo lavoro di confezionare spie, quando ebbe l’idea. Mi aveva offerto il corpo migliore che poteva produrre. Poi mi lanciò in territorio nemico con la speranza che io scatenassi la più grande confusione. E feci infatti molti danni, prima che gli Invasori mi catturassero. Un’altra cosa di cui il babbo si accorse fu che avrebbe certo fatto rapidi progressi con le nuove spie, e che forse queste mi avrebbero facilmente superato… il che era perfettamente vero. Non ho bisogno di parlare del TW-55 per fare esempi. Ma a causa di… immagino che si trattasse di un orgoglio familiare, volle mantenere il controllo delle operazioni delle nuove spie in famiglia. Ogni spia fabbricata ad Armsedge può ricevere radiocomandi attraverso una chiave prestabilita. E inserita nel mio midollo spinale c’è una trasmittente iperstatica i cui componenti sono in massima parte composti di materie elettroplastiplasmatiche. Ora non importava più di quanto sarebbero diventate complesse le nuove spie: io avrei sempre mantenuto su di loro un controllo primario. Negli ultimi anni, diverse migliaia di esse sono state liberate nel territorio degli Invasori. Fino al momento in cui io sono stato catturato, formavamo una vera forza distruttiva.

— Ma perché gli Invasori non vi uccisero? — volle sapere il generale. — Oppure avevano scoperto come rivoltare questo intero esercito di spie contro noi stessi?

— Scoprirono che io ero un’arma dell’Alleanza. Ma la trasmittente iperstatica si dissolve in certe condizioni, e viene eliminata con le materie di scarico del corpo. Mi occorrono quasi tre settimane per formarne nel midollo una nuova. Così gli Invasori non si accorsero mai che io avevo il controllo degli altri. Ma avevano appena scoperto la loro arma segreta, Babel-17. Mi procurarono un’amnesia e non mi lasciarono altra via di comunicazione all’infuori di Babel-17, poi mi permisero di fuggire da Nueva-Nueva York nel territorio dell’Alleanza. Non ricevetti nessuna istruzione diretta per sabotarvi. Ma con i poteri che possedevo, il contatto con le altre spie si rafforzò dolorosamente e lentamente. E iniziò la mia vita di sabotatore mascherato da criminale. Come, o perché, ancora lo ignoro.

— Questo penso di potervelo spiegare io, generale — disse Rydra. — Si può programmare un calcolatore perché faccia degli errori e questo non incrociando a caso dei fili, ma bensì manipolando il “linguaggio” che gli è stato insegnato per “pensare”. La mancanza della parola io esclude ogni processo autocritico. In altre parole, ciò elimina ogni coscienza del procedimento simbolico, che è il modo in cui noi distinguiamo fra la realtà e la nostra espressione della realtà.

— Cosa significa?

— Gli scimpanzé — intervenne il dottor T’mwarba — possiedono riflessi sufficientemente coordinati per imparare a guidare un’automobile, e sono intelligenti al punto da distinguere fra una luce rossa e una verde. Ma una volta imparato, non possono più tornare indietro, perché quando la luce diventerà verde, loro guideranno l’auto contro un muro se di colpo se lo troveranno davanti, e quando la luce diventerà rossa si fermeranno nel mezzo di un incrocio, anche se un autocarro starà venendo a investirli. Perché non possiedono il processo simbolico.

— Comunque — proseguì Rydra — una lingua come Babel-17 conteneva a priori un programma prestabilito per tramutare il Macellaio in un criminale e un sabotatore. Se si abbandona qualcuno privo di memoria in un paese straniero, senza alcuna conoscenza all’infuori dei nomi di certi attrezzi e di certe macchine, non c’è da stupirsi se costui si trasforma in un meccanico. Manipolando con attenzione la sua lingua, lo si può facilmente trasformare in un marinaio, o in un artista. Babel-17 è una lingua talmente esatta e analitica da assicurare la padronanza tecnica di ogni situazione da affrontare. E la mancanza della parola io elimina completamente dal cervello l’idea che possa esistere un modo più utile di guardare le cose.

— Volete dire che questa lingua potrebbe spingere chiunque a rivoltarsi contro l’Alleanza? — chiese il generale.

— Be’, — rispose Rydra — tanto per incominciare, la parola che in Babel-17 significa Alleanza, tradotta letteralmente in inglese, diventa: uno-che-ha-invaso. Come vedete è un insieme di quelle astuzie diaboliche programmate in questa lingua. Pensando in Babel-17 diventa così perfettamente logico anche il fatto di tentare di distruggere la propria nave e di auto-ipnotizzarsi per non riuscire a scoprire ciò che si sta facendo.

— Tu eri la spia! — esclamò T’mwarba.

Rydra annuì. — Babel-17 programma nella mente di chiunque l’impari una personalità schizoide, rinforzata dall’auto-ipnosi, che praticamente toglie al soggetto ogni inibizione distruttiva perché in questa lingua ogni cosa è “giusta”. Questa personalità ha dunque il desiderio generico di distruggere l’Alleanza a ogni costo, e al tempo stesso si mantiene celata alla coscienza finché non è forte abbastanza per prendere il sopravvento. Questo è quello che è successo a noi. Senza l’esperienza del Macellaio prima della cattura, noi eravamo incapaci di tenere sotto controllo le nostre personalità, anche se potevamo arrestare ogni loro atto distruttivo.

— Ma per quale motivo non sei stata dominata completamente? — chiese T’mwarba.

— Non avevano considerato la mia “abilità”, Mocky — disse Rydra. — Io l’ho analizzata con Babel-17 e tutto è stato molto semplice. Il sistema nervoso di un essere umano emette segnali radio. Ma servirebbe un’antenna che coprisse parecchi chilometri quadrati di superficie per riuscire a captare qualcosa di sensato in questa emissione. In effetti, l’unica cosa che possegga un’area di tale sviluppo è il sistema nervoso di un altro essere umano. Entro certi limiti, è una cosa che succede a tutti, ma solo a poche persone come me succede di possedere un migliore controllo su questo talento. Le personalità schizoidi non sono poi così forti, e io possiedo anche un certo controllo sulle mie emissioni. Così mi sono messa a disturbare quello che loro percepivano.

— E ora cosa dovrei fare di tutte queste spie schizoidi che ognuno di voi nasconde nel proprio cervello? Lobotomizzarvi?

— No — disse Rydra. — Per riparare un computer non si strappano i suoi cavi di collegamento. Si corregge il linguaggio, si introducono gli elementi mancanti e si compensano le ambiguità.

— Noi abbiamo introdotto i principali elementi mancanti nel cimitero di Tarik — disse il Macellaio. — E ormai siamo a buon punto anche con il resto.

Il generale si alzò lentamente. — Non può funzionare. — Scrollò il capo. — T’mwarba, dov’è quel nastro?

— Qui nella mia tasca, dove è sempre stato — disse il dottor T’mwarba, tirando fuori la bobina.

— Ora lo porto subito ai crittografi, poi ricominceremo da capo. — Si diresse verso la porta. — Oh, è chiaro che dovrò chiudervi dentro. — Uscì, e le tre persone rimaste si fissarono l’un l’altra.

5

— … sì, naturalmente avrei dovuto immaginare che un individuo capace di scardinare le difese della nostra cella di sicurezza e sabotare i nostri sforzi bellici in un intero braccio della galassia poteva anche fuggire dal mio ufficio chiuso a chiave!… Io non sto facendo lo spiritoso, ma pensavo… lo so che a te non interessa quello che penso io, ma loro… No, non sapevo che volessero rubarci un’astronave. Sì, io… Ma no, non potevo neppure immaginarlo… Sì, era una delle nostre navi da guerra più grandi. Ma loro hanno lasciato un… No, non hanno intenzione di dichiararci guerra… Non ho nessun modo per saperlo, ma mi hanno lasciato un biglietto che dice… Sì, sul mio tavolo, mi hanno lasciato un biglietto… Certo che te lo leggerò! È quello che sto cercando di fare da almeno…

Rydra entrò nella spaziosa cabina della nave da battaglia Chronos. Ratt le stava a cavalcioni sulle spalle.

Mentre lei lo scaricava a terra, il Macellaio si voltò dal quadro comandi. — Come se la cavano di sotto?

— Nessuna confusione con i nuovi controlli? — chiese Rydra.

Ratt si stiracchiò un orecchio. — Non lo so, capitano. Siamo pochi per controllare una nave così grande.

— Dobbiamo solo tornare alla Fessura e dare questa nave a Jebel e agli altri di Tarik. Ottone dice che può portarci fin là, se voi ragazzi gli date una mano.

— Stiamo tentando. Ma arrivano un sacco di ordini da tutte le parti della nave. Io dovrei essere già con gli altri.

— Ci andrai fra un minuto — disse Rydra. — Cosa ne diresti se ti facessi quipucamayocuna onorario?

— Cosa?

— È quel tizio che legge tutti i messaggi non appena arrivano, li interpreta e li distribuisce. I tuoi antenati erano indiani d’America, non è vero?

— Già. Seminoie.

Rydra scrollò le spalle. — Quipucamayocuna è Maya. C’è poca differenza. Loro davano i messaggi facendo dei nodi su una corda, noi useremo schede perforate. Ora vai, e mantienici sulla rotta. Ratt si toccò la fronte e partì via.

— Cosa pensi che abbia fatto il generale della tua nota? — le chiese il Macellaio.

— Non ha una grande importanza. La farà circolare fra gli ufficiali dello Stato Maggiore: loro staranno a pensarci sopra e la possibilità verrà impressa semanticamente nelle loro menti. Noi possediamo Babel-17 corretto… forse dovrei chiamarlo Babel-18… e si tratta del migliore strumento che ci poteva capitare per quello che intendiamo fare.

— Più il mio esercito di assistenti — aggiunse il Macellaio. — Credo che in sei mesi dovremmo farcela. Sei stata fortunata che quegli attacchi di debolezza non fossero causati dall’accelerazione metabolica di Babel-17. Mi sembrava strano. Saresti crollata prima di poter uscire da Babel-17, se fosse stato così.

— Era la configurazione schizoide che cercava di forzarsi la strada verso il predominio. Bene, non appena avremo finito con Jebel, dovremo pensare al messaggio da lasciare sul tavolo del Comandante Invasore Meihlow a Nueva-Nueva York. “Questa guerra finirà entro sei mesi” — citò lei. — La migliore frase in prosa che io abbia mai scritto. Ma dovremo lavorare per arrivarci.

— Abbiamo gli strumenti che nessuno ha mai avuto — disse il Macellaio, spostandosi per lasciarle un po’ di posto al suo fianco. — Non dovrebbe essere tanto difficile. E cosa faremo, nel nostro tempo libero?

— Penso che scriverò un poema. O forse un romanzo. Ho molte cose da dire.

— Ma io sono ancora un criminale. Cancellare le azioni malvagie con quelle buone è sempre stato un problema che ha messo nei guai parecchia gente. Specialmente quando il bene è così lontano. Io sono ancora responsabile di molti omicidi.

— L’intero meccanismo di colpa come deterrente alle azioni giuste è solo un errore linguistico. Se hai problemi di coscienza, torna indietro, fatti processare e assolvere, e ritorna poi al tuo lavoro. Lascia che sia io, il tuo lavoro, per un po’ di tempo.

— Certo. Ma chi lo dice che mi assolveranno al processo?

Rydra cominciò a ridere. Gli prese le mani e se le strinse al viso, continuando a ridere. — Ma sarò io la tua difesa! E anche senza Babel-17, dovresti ormai sapere che con le parole nessuno può tenermi testa.


FINE
Загрузка...