V CYRIACA

Fui uno dei primi ospiti ad arrivare. C’erano ancora in giro più servitori che ospiti, ed i primi erano tanto affaccendati da dar l’impressione di aver cominciato il loro lavoro solo da poco e di volerlo concludere rapidamente. I servitori accesero i candelabri muniti di lenti di cristallo e le corone di luce appese ai rami superiori degli alberi, portarono fuori vassoi colmi di cibi e di bevande, li disposero in giro, li spostarono, quindi tornarono a portarli in uno degli edifici a cupola… i tre atti eseguiti in genere da tre servitori diversi, ma talvolta da uno solo (indubbiamente perché gli altri erano occupati altrove).

Per qualche tempo, gironzolai per il giardino, ammirando i fiori nella luce crepuscolare che stava rapidamente svanendo, quindi, avendo intravisto alcune persone in costume fra i pilastri di un padiglione, mi avviai all’interno per raggiungerle.

Ho già descritto come si svolga una riunione di questo tipo nella Casa Assoluta. Qui, dove la società era interamente provinciale, si aveva piuttosto l’impressione di vedere dei bambini che giocassero a travestirsi con gli indumenti dei genitori. Vidi uomini e donne mascherati da autoctoni, con i volti dipinti di rosso e chiazzati di bianco, e vidi perfino un uomo che era vestito da autoctono e che lo era realmente, con un costume che non era né più né meno autentico degli altri, tanto che mi sentii indotto a ridere di lui fino a che mi resi conto del fatto che, sebbene forse fossimo i soli a saperlo, lui era in realtà vestito in modo molto più originale di tutti gli altri, in qualità di cittadino di Thrax con il suo costume tribale. Intorno a quegli autoctoni, veri ed immaginari, c’era una mezza dozzina di altre figure non meno assurde… ufficiali vestiti da donna e donne vestite da soldati, eclettici altrettanto fasulli quanto gli autoctoni, gimnosofisti, ablegati con i loro seguaci, eremiti, eidoloni, zoantropi, metà bestie e metà uomini, deodandi e remontados vestiti di stracci pittoreschi, con gli occhi dipinti in modo che avessero una sguardo selvaggio.

Mi sorpresi a pensare quanto sarebbe stato strano se il Nuovo Sole, la Stella del Giorno, fosse apparso ora, all’improvviso, come aveva fatto tanto tempo prima, quando era stato chiamato il Conciliatore, e fosse apparso qui perché questo era il luogo meno appropriato, ed egli aveva sempre preferito comparire nei luoghi più inaspettati, per osservare tutta questa gente con occhi più freschi di quanto avrebbero mai potuto esserlo i nostri. E quanto sarebbe stato strano se egli, apparendo in questo modo, avesse decretato per mezzo della sua teurgia che tutte quelle persone (che io non conoscevo e che non conoscevano me) dovessero rivestire per sempre i ruoli scelti per quella notte, gli autoctoni accoccolati per sempre vicino a fuochi fumosi, fra le montagne, i veri autoctoni costretti in eterno ad impersonare il cittadino alla festa in maschera, le donne inviate al galoppo contro i nemici della Repubblica con la spada in pugno, i soldati costretti a fare la calza vicino alle finestre che danno a nord, fissando le strade vuote, i deodandi a lamentare in terre selvagge le loro indicibili abominazioni, i remontados a bruciare le loro case ed a tenere lo sguardo fisso sulle montagne.

E solo io sarei rimasto immutato, come si dice che rimanga immutata da trasformazioni matematiche la velocità della luce.

Poi, mentre stavo sorridendo fra me sotto la maschera, mi parve che l’Artiglio, nel suo morbido sacchetto di pelle di daino, premesse contro il mio petto per rammentarmi che il Conciliatore non era stato qualcuno su cui si potesse scherzare, e che io portavo con me un frammento del suo potere. In quel momento, nei guardare dall’altra parte della sala, al disopra delle teste coperte di elmi e di piume o da capelli scompigliati, vidi una Pellegrina.

Attraversai la sala per raggiungerla il più in fretta possibile, spingendo da un lato quelli che non si spostavano per farmi passare (che erano ben pochi perché, sebbene nessuno ritenesse che il mio abito fosse autentico, la mia altezza li induceva a scambiarmi per un esultante, dato che nelle vicinanze non ce n’era nessuno vero con cui fare un confronto).

La Pellegrina non era né giovane né vecchia; sotto lo stretto domino, il suo volto sembrava un liscio ovale, rifinito e remoto come quello della madre superiora che mi aveva permesso di uscire indenne dalla cattedrale ospitata sotto la tenda, dopo che Agia ed io avevamo distrutto l’altare. La donna aveva in mano un bicchierino di vino con cui stava giocherellando, e, quando m’iginocchiai dinnanzi a lei, lo depose su un tavolo per potermi porgere le dita da baciare.

— Confessami ed assolvimi, Domnicella — la implorai. — Ho fatto un terribile torto a te ed alle tue sorelle.

— La Morte arreca danno a tutti noi — mi rispose.

— Ma io non sono la Morte. — A quel punto sollevai lo sguardo su di lei, e fui assalito dal primo dubbio.

— Non lo sei? — Al disopra del brusio della folla la sentii trattenere bruscamente il respiro.

— No, Domnicella. — Per quanto dubitassi già di lei, ebbi timore che fuggisse dinnanzi a me, e protesi la mano per afferrare la cintura che le pendeva dalla vita. — Domnicella, perdonami, ma sei davvero un’appartenente all’ordine?

Senza parlare, la donna scosse il capo, poi si accasciò al suolo.

Non era cosa rara che qualche cliente delle nostre segrete fingesse di svenire, ma la finzione veniva rapidamente individuata, perché chi finge di svenire chiude deliberatamente gli occhi e continua a tenerli chiusi. In uno svenimento reale, invece, la vittima, uomo o donna che sia, perde dapprima il controllo degli occhi, tanto che, per un istante, essi non guardano più nella stessa direzione e talvolta tendono addirittura ad arrovesciarsi all’indietro sotto le palpebre. Le palpebre, a loro volta, raramente si chiudono del tutto, dato che la loro chiusura non dipende quasi mai da un atto deliberato, ma piuttosto da un semplice rilassamento muscolare. Di solito, quindi, si riesce a vedere una porzione di orbita fra le palpebre, come nel caso della donna che si era appena accasciata a terra.

Parecchi uomini mi aiutarono a portarla su un’alcova, quindi ci furono un mucchio di commenti sciocchi sugli effetti del caldo e dell’eccitamento, nessuna delle quali cose era esistita al momento dello svenimento.

Per qualche tempo, mi fu impossibile allontanare i curiosi, poi, quando la cosa ebbe perso la sua novità, se ne andarono tanto in fretta che sarebbe ora stato per me altrettanto impossibile trattenerli se avessi voluto farlo. A quel punto, la donna vestita di scarlatto stava cominciando a muoversi; avevo appreso da un’altra donna, all’incirca della stessa età e mascherata da bambina, che quella era la moglie di un armigero la cui villa non distava molto da Thrax, ma che attualmente si trovava a Nessus per qualche affare. Tornai al tavolo e presi il bicchierino che la donna vi aveva appoggiato, avvicinandoglielo quindi alle labbra.

— No — mi disse debolmente. — Non lo voglio… è sangria, ed io la odio… L’avevo scelta solo perché il suo colore s’intona con quello del mio abito.

— Perché sei svenuta? Perché ho creduto che fossi realmente una sacerdotessa?

— No, perché ho intuito la tua identità — mi rispose, e rimanemmo in silenzio per qualche istante, lei semisdraiata sul divano dove l’avevamo distesa ed io seduto dinnanzi a lei.

Mi feci tornare in mente l’istante in cui mi ero inginocchiato ai suoi piedi, sfruttando la mia capacità, di cui ho già parlato, di ricostruire alla perfezione qualsiasi attimo della mia vita. Infine, mi sentii spinto a domandare:

— Come hai fatto a capirlo?

— Chiunque altro, se si fosse abbigliato in quel modo e gli fosse stato chiesto se era la Morte, avrebbe risposto affermativamente. … perché avrebbe avuto coscienza di essere in maschera. Ero presente alla corte dell’arconte, una settimana fa, quando mio marito ha accusato di furto uno dei nostri peoni. Quel giorno, ti ho visto rimanere da un lato, le braccia conserte sull’impugnatura della tua spada, che hai anche ora con te, e così, quando hai detto quelle parole dopo avermi baciato le dita, ti ho riconosciuto ed ho pensato… Oh, non so cosa ho pensato! Suppongo di aver pensato che ti eri inginocchiato dinnanzi a me perché avevi intenzione di uccidermi. Quando ti ho visto nella corte, dal modo in cui stavi eretto, mi sei parso una persona che si comporterebbe cavalierescamente nei confronti della povera gente cui deve far saltare la testa, ed in particolare nei confronti delle donne.

— Mi sono inginocchiato dinnanzi a te solo perché sono ansioso di riuscire a localizzare le Pellegrine e perché il tuo costume, come il mio, non sembrava affatto un costume.

— Non lo è. Voglio dire, non ho il diritto di portarlo, ma non è semplicemente qualcosa che mi sono fatta confezionare dalle mie cameriere. È un vero abito d’investitura. — Fece una pausa. — Sai che non conosco neppure il tuo nome?

— Severian. Il tuo è Cyriaca… me lo ha detto una donna mentre ci stavamo prendendo cura di te. Posso chiederti come sei venuta in possesso di quell’abito, e se sai dove si trovino adesso le Pellegrine?

— Questo non rientra nei tuoi doveri, vero? — Per un momento mi fissò negli occhi, poi scosse il capo. — È una faccenda personale. Mi hanno allevata loro, ero una postulante, sai? Abbiamo viaggiato su e giù per il continente, ed ho appreso molte cose meravigliose nel campo della botanica semplicemente osservando i fiori e le piante che incontravamo. Qualche volta, quando ci ripenso, mi sembra che passassimo dalle palme ai pini in una settimana, anche se so che non può essere vero.

«Stavo per pronunciare i voti definitivi, e, l’anno prima dell’investitura, ti viene consegnato l’abito, in modo che tu lo possa provare e verificare che ti calzi bene, ed anche perché tu lo possa vedere fra i tuoi abiti comuni ogni volta che disfi i bagagli. È un po’ come quando una ragazza guarda l’abito da sposa di sua madre, sapendo che è stato anche di sua nonna e che lei lo indosserà a sua volta, se si sposerà. Solo che io non ho mai indossato il mio abito per l’investitura, e, quando sono tornata a casa, dopo aver atteso per lungo tempo che passassimo in quelle vicinanze, perché altrimenti non avrei avuto nessuno che mi scortasse, l’ho portato con me.

«Non ci avevo più pensato per molto tempo, poi, quando ho ricevuto l’invito dell’arconte, ho deciso di tirarlo fuori e d’indossarlo stanotte. Sono orgogliosa della mia figura, ed abbiamo dovuto allargarlo solo un poco qui e là. Credo che mi si addica, e so di avere la faccia di una Pellegrina, anche se non ho i loro occhi. In realtà, non li ho mai avuti, anche se ero solita pensare che li avrei avuti anch’io quando avessi pronunciato i miei voti, o magari più tardi. La nostra direttrice delle postulanti aveva quello sguardo: poteva starsene seduta a cucire, e osservandola, tu avevi l’impressione che stesse vedendo l’estremità di Urth, dove vivono i prischii, guardando attraverso la camicia vecchia e lacera da rammendare, la parete della tenda ed ogni altra cosa. No, non so dove siano adesso le Pellegrine… e dubito che lo sappiano loro stesse, anche se forse la Madre lo sa.

— Devi avere qualche amica fra loro — obiettai. — Non hai mantenuto i contatti con qualche altra postulante?

— Nessuna di loro mi ha mai scritto. — Cyriaca scrollò le spalle. — Davvero, non lo so.

— Ti senti abbastanza bene per tornare alle danze? — La musica stava cominciando a penetrare nella nostra alcova.

La sua testa non si mosse, ma distinsi i suoi occhi, che avevano fino ad allora fissato il corridoio del tempo, mentre lei parlava delle Pellegrine, e li vidi guardarmi obliquamente.

— È ciò che tu desideri fare? — mi chiese.

— Credo di no. Non mi sento mai del tutto a mio agio fra la folla, a meno che si tratti di amici.

— Allora hai qualche amico? — Cyriaca sembrava genuinamente sorpresa.

— Non qui… ecco, ho un solo amico qui. A Nessus, avevo i confratelli della nostra corporazione.

— Capisco. — Esitò. — Non c’è motivo per cui dobbiamo andare. Questa festa durerà tutta la notte, ed all’alba, se si starà ancora divertendo, l’arconte farà abbassare le tende per escludere la luce, e forse farà perfino sollevare la copertura del giardino. Possiamo sedere qui per tutto il tempo che vogliamo, e, ogni volta che un servitore passerà di qui, prenderemo da mangiare e da bere. Quando vedremo qualcuno con cui ci farà piacere parlare, lo fermeremo e ci faremo intrattenere.

— Temo che comincerei ad annoiarti prima che la notte sia molto avanzata — obiettai.

— Niente affatto, perché non ho intenzione di permetterti di parlare molto: voglio parlare io, e voglio che tu mi ascolti. Tanto per cominciare… lo sai che sei molto attraente?

— So che non lo sono. Ma, dato che non mi hai mai visto senza maschera, non puoi sapere quale sia il mio aspetto.

— Al contrario.

Si chinò verso di me, come per esaminare il mio volto attraverso le aperture degli occhi. La sua maschera, che era dello stesso colore dell’abito, era tanto piccola da risultare poco più di una convenzione, due cerchi di tessuto a forma di mandorla intorno agli occhi, che però le conferivano un’aria esotica che altrimenti non avrebbe posseduto e le davano anche, credo, un senso di mistero e di protezione che la sollevava da ogni responsabilità.

— Sei un uomo molto intelligente, ne sono certa, ma non sei stato a tante di queste feste quante ne ho viste io, altrimenti avresti imparato l’arte di giudicare le facce senza vederle. Naturalmente, la cosa è più difficile quando la persona che stai guardando ha una maschera di legno che non segue i lineamenti del volto, ma anche allora si possono capire molte cose. Hai il mento appuntito, vero, con una fossetta?

— Sì al mento appuntito — risposi, — e no alla fossetta.

— Stai mentendo per mandarmi fuori strada, oppure non ti sei mai accorto di averla. Posso giudicare i menti osservando la vita delle persone, particolarmente degli uomini, che sono il principale oggetto del mio interesse… Una vita stretta significa un mento appuntito, e la tua maschera di cuoio lascia scoperto quanto basta per confermare la mia tesi. Anche se profondamente infossati, i tuoi occhi sono grandi e mobili, e questo, in un uomo, denota la presenza di una fossetta nel mento, specialmente quando il volto è sottile. Hai gli zigomi alti… i loro contorni si vedono leggermente sotto la maschera, e le guance piatte li fanno apparire ancora più alti. Hai i capelli neri, naturalmente, perché noto diversi peli neri sul dorso delle tue mani; e labbra sottili che si scorgono attraverso l’apertura della maschera. Dal momento che non riesco a vederle tutte, significa che si piegano, qualità estremamente desiderabile nelle labbra di un uomo.

Non sapevo cosa dire, e, per essere sincero, in quel momento avrei dato molto per potermene andare.

— Vuoi che mi tolga la maschera — chiesi infine, — in modo che tu possa verificare l’esattezza del tuo giudizio?

— Oh, no, non farlo, almeno fino a quando suoneranno la canzone del mattino. Inoltre, devi considerare i miei sentimenti. Se tu lo facessi, ed io scoprissi che, dopo tutto, non sei attraente, sarei privata di una serata interessante. — Si era sollevata a sedere, ed ora mi sorrise e tornò ad appoggiarsi all’indietro sul divano, con i capelli che si allargavano come un’aureola intorno al suo volto. — No, Severian, invece di smascherare il tuo volto, devi smascherare il tuo spirito. Più tardi, lo farai dicendomi tutto quello che faresti se fossi libero di fare tutto quello che vuoi, ed ora comincerai raccontandomi ciò che voglio sapere di te. Sei venuto da Nessus, questo lo so. Perché sei tanto ansioso di trovare le Pellegrine?

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