La mente, libera dalla seccante prigionia del corpo del gatto, era di nuovo in se stessa. Si sentiva soddisfatta del suo comportamento, questa volta. Aveva portato il gatto-ospite in mezzo al bosco, dove, con tutta probabilità, non sarebbe stato mai più ritrovato. Staunton si sarebbe meravigliato della sua scomparsa, ma non sarebbe mai riuscito a scoprire la verità, perché quella notte, una volta addormentato, avrebbe cessato di essere Staunton. Quella notte la mente si sarebbe impadronita di lui.
I piani della mente erano semplici. Aveva avuto il tempo di pensare mentre si trovava prigioniera nella casa di Staunton fingendo di essere un gatto come tutti gli altri, ed era sicura di avere ingannato Staunton alla perfezione.
Impadronirsi di Staunton il più presto possibile era importantissimo, quindi non avrebbe perso tempo con ospiti-animali. Per il suo scopo ultimo, la signora Gross era l’ideale. Si sarebbe impadronita di lei non appena l’avesse trovata immersa nel sonno, e verso l’una, quando tutti dovevano essere addormentati, si sarebbe fatta portare fino alla fattoria di Staunton. Poi la donna poteva tornare a casa sua per morire. Sarebbe stato un incidente… una caduta dalle scale durante la notte… Certo che la morte della donna, a così breve distanza da quella del marito, sarebbe stata sospetta. Ma, dato che un minuto dopo la morte della donna lei si sarebbe impossessata di Staunton, l’unico uomo veramente pericoloso, poteva lasciare che tutti gli altri facessero delle congetture.
Usò il senso di percezione per scrutare attorno.
La signora Gross era sola in casa e stava lavorando in cucina.
Nella stalla niente era cambiato. Mancavano sole le tre mucche, ma dovevano essere fuori al pascolo.
La signora Gross uscì di casa e si portò dietro la stalla, proprio al limite del suo senso di percezione. La sentì gridare.
— Jim! Jim!
Udì una voce che rispondeva, ma era troppo lontana per capire le parole.
Ricordò. Era il figlio di Kramer. Dalle conversazioni ascoltate aveva saputo che Jim, durante tutto il periodo delle vacanze, e finché la signora Gross non avesse trovato un acquirente della fattoria, sarebbe andato ad aiutarla nel lavoro dei campi.
Con i ricordi del gatto Jerry riuscì a farsi un’immagine del figlio dei Kramer. Un ragazzo pressappoco dell’età di Tommy Hoffman. Uno schiavo migliore della vecchia signora Gross. Ma naturalmente non avrebbe dormito in quella fattoria.
— Vuoi prendere alcune pannocchie di granoturco, Jim? Le farò per colazione. Quando passi lungo il sentiero, prendi anche qualche cetriolo.
La signora Gross tornò verso casa e si chiuse in cucina.
Jim Kramer smise il lavoro che stava facendo, si asciugò la fronte con il fazzoletto e si diresse verso il campo di grano.
Colse mezza dozzina di pannocchie, poi, dopo aver fatto rapidamente un calcolo, ne staccò altre due. Il lavoro nei campi gli faceva venire un appetito formidabile. Con tutta probabilità la signora Gross non avrebbe mangiato che due pannocchie, ma lui sentiva di poterne mangiare almeno sei. Lungo la strada del ritorno si fermò a raccogliere alcuni grossi cetrioli. Girò attorno alla stalla e raggiunse la casa.
Mise il tutto sulla tavola della cucina, e senza dire una parola si voltò per tornare al lavoro.
— Aspetta, Jim. È quasi ora di pranzo. Non mi ci vorrà molto a cuocere le pannocchie e tagliare un paio di cetrioli. Tutto il resto è già pronto. È inutile tornare al campo. Mettiti a sedere e riposa un attimo. Hai lavorato sodo, questa mattina.
— Posso aiutarvi a pulire le pannocchie. Poi, fino a che non sarà tutto pronto, andrò in stalla a fare un sonnellino.
— In stalla? Perché in stalla quando nel soggiorno c’è un comodo divano? Oltre tutto mi sarà anche più facile chiamarti.
— Va bene.
Sbucciò le pannochie, poi andò nel soggiorno e dopo essersi tolte le scarpe si sdraiò sul divano. Era molto stanco, e un riposo di quindici o venti minuti era proprio quello di cui aveva bisogno. Jim era una di quelle fortunate persone che si addormentano di colpo in qualsiasi posto si trovino e che si possono svegliare completamente riposate anche dopo un sonno di dieci minuti.
Chiuse gli occhi e si addormentò… e nel suo cervello si svolse un breve conflitto.
Continuò a rimanere coricato, ma in quei brevi momenti di riposo la mente cominciò a frugare nei ricordi del ragazzo per essere pronta a recitare la parte di Jim Kramer. Per un giorno solo. Non aveva più bisogno della donna.
— Jim, è pronto! — gridò la signora Gross dalla cucina. — Sei sveglio?
— Sì — rispose. — Un secondo. — Mise i piedi a terra e si chinò a infilare le scarpe.
Raggiunse la porta, e quando fu sulla soglia si stirò.
— Mmm, che buon profumo — disse.
— Mettiti a sedere, e serviti finché è caldo.
Quando ebbe finito di mangiare tornò al campo per raccogliere i fagioli che il giorno dopo bisognava portare in città per vendere. Ma la mente sapeva che il suo nuovo ospite, Jim Kramer, il giorno dopo sarebbe stato un cadavere.
Dopo aver fatto rientrare le mucche dal pascolo e averle munte, la sua giornata finì, e il ragazzo tornò a casa.
Il Jim Kramer che mangiò quella sera con i genitori fu forse più tranquillo del solito, ma per tutto il resto si comportò normalmente. La sola cosa insolita fu il modo in cui trascorse la serata. Dopo che la madre ebbe sparecchiata la tavola, Jim prese un volume dell’enciclopedia e cominciò a leggere un paragrafo. Poi prese un secondo volume e si immerse nella lettura di un nuovo argomento. Il padre, che lo stava osservando, notò che per la prima volta Jim si era interessato della voce «Elettroni» e che ora stava leggendo ciò che era scritto alla voce «Radar».
— Invece di diventare ingegnere meccanico o chimico stai pensando di studiare elettronica?
— Stavo semplicemente guardando — rispose, senza sollevare la testa dal libro. — L’elettronica diventa sempre più importante, ed è la carriera migliore che si possa scegliere.
— Forse hai ragione. Comunque, hai ancora un anno per pensarci.
— Sì, ma la scuola comincia fra un mese, ed è meglio avere le idee chiare fin dall’inizio.
— Okay, Jim. Sai che lascio a te ogni decisione.
— Oh, un momento, papà. Domani mattina mi puoi prestare la macchina per qualche ora?
— Sì. Io non ne ho bisogno. È per fare qualche lavoro della signora Gross?
— Sì. Devo andare a vendere i fagioli. Invece di andare con il suo carro fino a Bartlesville, con la macchina posso arrivare a Green Bay. Potrei venderli a un prezzo migliore, e nello stesso tempo sbrigare una mia faccenda.
— Cosa devi fare?
— Voglio comprare qualche testo di elettronica. Sull’enciclopedia non c’è molto.
— Va bene.
Jim ripose i libri nello scaffale. Tutto il resto della serata lo trascorse in un modo più normale. Rimase davanti alla radio leggendo un numero della rivista a cui era abbonato, il «Popular Mechanics». Alle dieci, quando i suoi genitori andarono a letto, Jim abbassò il volume della radio e continuò a leggere. Verso le dieci e mezzo andò al frigorifero, come era solito fare, e si preparò un panino. Poi salì la scala per andare a letto. Ma non per dormire. Si tolse semplicemente le scarpe e rimase coricato in silenzio finché le sfere luminose del suo orologio da polso non lo avvisarono che erano le due e mezzo. Con le scarpe in mano scese silenziosamente la scala e uscì.
Era una notte di luna. Il chiarore era un vantaggio quanto poteva essere uno svantaggio. Poteva vedere senza difficoltà ma anche altre persone avrebbero potuto scorgerlo. Jim sarebbe morto il giorno dopo in un incidente di auto sulla strada che porta a Green Bay (la mente doveva per forza aspettare il mattino seguente in quanto non riusciva a trovare un modo logico per far morire il ragazzo quella notte stessa, senza sollevare confusione e indagini), e la mente non voleva che qualcuno si ricordasse di aver visto Jim in giro durante la notte.
Rapidamente raggiunse la fattoria della signora Gross, prese il corpo della mente nascosto sotto lo scalino e fece sparire tutte le tracce che potevano significare qualcosa.
Nascose il guscio nella camicia, in modo che se qualcuno l’avesse visto non potesse dire di avergli notato un oggetto tra le mani, e tornò indietro per raggiungere la casa di Staunton.
L’edificio in fondo alla strada era immerso nell’oscurità. Staunton con tutta probabilità era a letto, addormentato. Ma, per evitare sorprese, Jim fece il giro della casa a piedi nudi. C’erano dei gradini che portavano alla porta della cucina. Lì sotto avrebbe trovato un ottimo nascondiglio. Jim nascose il guscio, poi cancellò ogni traccia del suo passaggio.
Infine tornò alla sua fattoria, entrò senza far rumore e in punta di piedi raggiunse la camera da letto. Missione compiuta. Questa volta si spogliò e s’infilò tra le lenzuola in modo che sua madre, quando fosse venuta a svegliarlo, non si accorgesse di nulla. Rimase tranquillo finché la madre non aprì la porta. Allora rispose con voce assonnata e si mise a sedere sul letto, sbadigliando.
A colazione fece ancora finta di aver sonno e sbadigliò diverse volte. Quando sua madre gli chiese se fosse rimasto alzato fino a tardi, lui rispose di no, ma che non era riuscito ad addormentarsi fino al mattino.
— Se hai dormito così poco — disse il padre — non mi piace l’idea che tu vada in macchina fino a Green Bay. Potresti addormentarti al volante. Perché non torni a letto? Dirò alla signora Gross che andrai da lei nel pomeriggio.
Jim sbadigliò ancora una volta.
— Grazie, papà, ma non occorre. Mi sveglierò completamente non appena comincerò a lavorare. Questa sera andrò a letto subito dopo mangiato, e tutto tornerà come prima.
Mezz’ora dopo aveva oltrepassato Bartlesville e dirigeva verso Green Bay. Aveva fatto in modo, mentre caricava i sacchi di fagioli, che la signora Gross lo notasse due o tre volte a sbadigliare. Con i suoi genitori pronti a testimoniare che cascava dal sonno, nessuno si sarebbe stupito se fosse andato a urtare contro un albero o contro un’altra macchina. Nessuno avrebbe pensato al suicidio… solo che si era addormentato al volante.
Decise di andare a cozzare contro il muretto di cemento di un ponte situato a una decina di chilometri da lì. Lo scontro con una altra macchina sarebbe stato più violento, ma avrebbe provocato la morte di un’altra persona. Lo scartò, non per pietà verso l’altra persona che sarebbe stata coinvolta, ma perché un incidente simile avrebbe fatto parlare troppo.
Il muretto del ponte venne avanti, e Jim gli si lanciò contro a centodieci all’ora. L’urto fu sufficiente.
E all’istante la mente si ritrovò nel suo corpo, sotto i gradini della casa di Staunton.
Erano le nove e qualche minuto.