Passò il lungo giorno di Aerlith, corrispondente a sei delle vecchie Unità Diurne.
Nella Valle Beata c’era un’attività rabbiosa, un’atmosfera d’impegno e di decisioni imminenti. I draghi si esercitavano in formazioni più serrate. Le guide e i suonatori di cornetta lanciavano ordini con voci più aspre. Nell’armeria si fondevano le pallottole, si preparava la polvere, si forgiavano e si affilavano le spade.
Ervis Carcolo si dava da fare con teatrale spavalderia, sfinendo un Ragno dopo l’altro e obbligando i suoi draghi alle più svariate evoluzioni. Nelle forze della Valle Beata, erano in maggioranza Rissosi, piccoli draghi attivissimi dalle scaglie rosso-ruggine, sottili teste guizzanti, zanne affilate come scalpelli. Le branchie erano forti e sviluppate. Usavano con la stessa abilità lance, sciabole corte e mazze. Un uomo opposto a un Rissoso non aveva speranze, poiché le scaglie deviavano le pallottole e i colpi più forti che un umano poteva sferrare, e un solo colpo di zanna o la lacerazione d’un artiglio falcato bastava a dare la morte all’uomo.
I Rissosi erano fecondi e resistenti, e prosperavano anche nelle condizioni degli allevamenti della Valle Beata: per questo predominavano nell’esercito di Carcolo. La situazione non entusiasmava Bast Givven, Capo dei Signori dei draghi, un uomo magro e solido con la faccia piatta, il naso adunco, gli occhi neri e vacui come gocce d’inchiostro su un piatto. Solitamente laconico e taciturno, diventò quasi eloquente per opporsi al progetto di assalire la Valle dei Banbeck. — Stai attento, Ervis Carcolo. Siamo in grado di mettere in campo un’orda di Rissosi, e un numero sufficiente di Assassini dai Grandi Passi e di Assassini dal Lungo Corno. Ma Orrori Azzurri, Diavoli e Massacratori… no! Saremo perduti, se quello ci intrappola tra i burroni!
— Non ho intenzione di combattere tra i burroni — disse Carcolo. — Costringerò Joaz Banbeck a battersi dove vogliamo noi. I suoi Massacratori e i suoi Diavoli sono inutili, sugli strapiombi. E siamo quasi pari, per quanto riguarda gli Orrori Azzurri.
— Hai trascurato una difficoltà — disse Bast Givven.
— E sarebbe?
— L’improbabilità che Joaz Banbeck abbia intenzione di lasciarti fare. Mi sembra troppo intelligente.
— Dimostramelo! — ribatté Carcolo in tono d’accusa. — Tutto quel che so di lui indica esitazione e stupidità! Perciò attaccheremo… con forza! — Carcolo si batté il pugno sul palmo. — E così la faremo finita con quegli altezzosi Banbeck!
Bast Givven si voltò per andarsene, Carcolo lo richiamò irosamente. — Non mi sembri entusiasta di questa campagna!
— Io so quel che il nostro esercito può fare e quello che non può fare — rispose francamente Givven. — Se Joaz Banbeck è l’uomo che tu credi, potremmo vincere. Se invece possiede almeno la sagacia di un paio degli stallieri che ho sentito parlare dieci minuti fa, andremo incontro al disastro.
Con voce impastata per la rabbia, Carcolo disse: — Ritorna ai tuoi Diavoli e ai tuoi Massacratori. Voglio che diventino svelti come i Rissosi.
Bast Givven se ne andò. Carcolo balzò su un Ragno, lo spronò a colpi di tallone. Il drago spiccò un salto in avanti, si arrestò di colpo, e girò il lungo collo per guardare in faccia Carcolo. Questi gridò: — Via, via! Avanti a tutta velocità, sbrigati! Fai vedere a questi infingardi cosa sono lo scatto e lo spirito! — Il Ragno schizzò via con tale veemenza che Carcolo venne disarcionato e cadde riverso: piombò a terra e restò lì, gemente.
Gli stallieri accorsero e lo portarono a una panca, su cui egli sedette bestemmiando a voce bassa. Un chirurgo lo esaminò, lo tastò, e ordinò che Carcolo se ne andasse a letto e prendesse una pozione sedativa.
Carcolo fu portato nel suo appartamento, sotto la parete occidentale della Valle Beata, e venne affidato alle cure delle sue mogli. Dormì venti ore. Quando si svegliò, la giornata volgeva ormai al termine.
Avrebbe voluto alzarsi, ma era troppo indolenzito per muoversi; si lasciò ricadere sul letto, gemendo. Poco dopo mandò a chiamare Bast Givven, che si presentò e lo ascoltò senza fare commenti.
Venne la sera. I draghi ritornarono alle caserme. Non c’era altro da fare che attendere l’alba.
Durante la lunga notte, Carcolo venne sottoposto a varie cure: massaggi, bagni caldi, infusi e impacchi. Fece diligentemente ginnastica e, alla fine della nottata, dichiarò che era in perfetta forma. In cielo, la stella Coralyne vibrava di colori velenosi, rosso, verde, bianco… era l’astro più fulgido di tutto l’ammasso. Carcolo non voleva levare gli occhi verso la stella, ma il suo splendore gli colpiva gli occhi, ogni volta che camminava nel fondovalle.
Si avvicinò l’aurora. Carcolo intendeva mettersi in marcia non appena i draghi fossero pronti. Un barlume a oriente annunciò l’imminenza del temporale dell’alba, ancora invisibile oltre l’orizzonte. Con grande cautela, i draghi furono condotti fuori dalle caserme, radunati e disposti in colonna. C’erano quasi trecento Rissosi, ottantacinque Assassini dai Grandi Passi, altrettanti Assassini dal Lungo Corno, cento Orrori Azzurri, cinquantadue Diavoli tozzi, immensamente poderosi, con le code munite di mazze ferrate; diciotto Massacratori. Ringhiavano e borbottavano malignamente tra loro, cercando l’occasione di scambiarsi calci o di strappare una gamba a uno stalliere imprudente. L’oscurità stimolava il loro odio latente per l’umanità, sebbene non sapessero nulla del loro passato, né delle circostanze che li avevano ridotti in schiavitù.
I lampi dell’alba balenarono rischiarando le guglie verticali e i picchi vertiginosi delle Montagne della Sfortuna. Il temporale passò, tra raffiche di vento ululante e scrosci di pioggia, e si diresse verso la Valle dei Banbeck. L’oriente splendeva di un pallore verdegrigio: Carcolo diede il segnale di mettersi in marcia.
Ancora indolenzito e irrigidito, si avviò zoppicando verso il suo Ragno, montò, ordinò al drago di eseguire una teatrale corvetta. Fu un errore. La malignità notturna dominava ancora la mente del drago. Concluse la corvetta con un guizzo del collo che ancora una volta scagliò Carcolo al suolo, dove giacque quasi fuori di sé per la sofferenza e la frustrazione.
Cercò di rialzarsi, ricadde; tentò di nuovo e svenne.
Rimase privo di sensi per cinque minuti, poi parve scuotersi per pura forza di volontà.
— Sollevatemi — bisbigliò con voce rauca. — Legatemi sulla sella. Dobbiamo metterci in marcia. — Poiché era chiaramente impossibile, nessuno si mosse. Carcolo s’infuriò, e alla fine chiamò Bast Givven. — Procedi; non possiamo fermarci proprio ora. Tu guiderai le truppe.
Givven annuì, lugubre. Era un onore cui non teneva affatto.
— Conosci il piano di battaglia — fece lamentosamente Carcolo. — Gira a nord della Zanna, attraversa lo Skanse a tutta velocità, devia a nord intorno al Crepaccio Azzurro, poi a sud lungo l’Orlo dei Banbeck. Si può prevedere che là Joaz Banbeck vi scopra. Dovete spiegare le vostre forze, in modo che quando lui farà avanzare i suoi Massacratori voi possiate respingerli con i Diavoli. Evita d’impegnare i nostri Massacratori. Attaccalo con i Rissosi: tieni di riserva gli Assassini per colpirlo quando arriva all’orlo. Hai capito?
— Come lo spieghi tu, la vittoria è sicura — borbottò Bast Givven.
— Lo è, infatti, a meno che tu commetta grossi errori. Ah, la mia schiena! Non posso muovermi. Mentre infunerà la grande battaglia, io dovrò starmene accanto al vivaio, a guardare le uova che si schiudono! Ora vai! Colpisci con forza, per la Valle Beata!
Givven diede l’ordine. Le truppe si misero in marcia.
I Rissosi sfrecciarono all’avanguardia, seguiti dai serici Assassini dai Grandi Passi e dai più pesanti Assassini dal Lungo Corno, che avevano il fantastico sperone pettorale munito d’un puntale d’acciaio. Dietro venivano i ponderosi Massacratori, che grugnivano e gorgogliavano e digrignavano i denti per le vibrazioni di ogni passo. A fianco dei Massacratori marciavano i Diavoli, armati di sciabole corte e pesanti, tenendo alte le mazze ferrate caudali, come lo scorpione ostenta il pungiglione. Poi, alla retroguardia, venivano gli Orrori Azzurri, massicci e svelti, buoni arrampicatori, non meno intelligenti dei Rissosi. Ai fianchi procedevano cento uomini: Signori dei draghi, cavalieri, guide e suonatori di cornetta. Erano armati di spade, pistole e fucili a trombone.
Carcolo li seguì con lo sguardo da una barella, fino a quando scomparvero, e poi si fece riportare al portale che conduceva nelle grotte della Valle Beata.
Mai, prima d’ora, le caverne gli erano sembrate tanto squallide. Guardò risentito la fila irregolare di baracche lungo lo strapiombo, costruite di pietre, lastre di lichene impregnato di resina, canne tenute insieme dal catrame. Dopo aver concluso la campagna contro Banbeck, avrebbe dato ordine di aprire nuove camere e gallerie nella roccia. Le splendide decorazioni del Villaggio di Banbeck erano famose. La Valle Beata sarebbe diventata ancora più magnifica. Le gallerie sarebbero state uno splendore d’opale e di madreperla, d’argento e d’oro… Eppure, a che scopo? Se tutto andava secondo i suoi piani, c’era il suo sogno grandioso da realizzare. E allora, che importanza avrebbero avuto le banali decorazioni delle gallerie della Valle Beata?
Gemendo, si lasciò ricondurre a letto e passò il tempo immaginando l’avanzata delle sue truppe. Ormai dovevano avere iniziato la discesa della Cresta Pendente, per aggirare la Zanna alta un miglio.
Provò a stirare le braccia, a muovere le gambe. I muscoli protestarono. Fitte dolorose gli trafiggevano il corpo… ma sembrava che le lesioni fossero meno gravi, adesso. Ormai il suo esercito stava sicuramente scalando i bastioni che cingevano l’ampia area di burroni chiamata Skanse… Il chirurgo gli portò una pozione. Carcolo la bevve e si addormentò, e si svegliò con un sussulto. Che ora era? Le sue truppe potevano aver già incominciato a battersi!
Si fece condurre al portale; e poi, non soddisfatto, ordinò ai servitori di trasportarlo attraverso la valle, al nuovo vivaio dei draghi, il cui camminamento dominava l’intera vallata. Nonostante le proteste delle sue mogli, venne portato là, e sistemato comodamente, per quanto lo permettevano le lividure e le lussazioni.
Carcolo si preparò a un’attesa interminabile. Ma non tardarono a giungere notizie.
Dalla Pista Nord arrivò un suonatore di cornetta, in sella a un Ragno coperto di bava. Carcolo gli mandò incontro uno stalliere e, dimentico dei suoi dolori, si alzò dal giaciglio. Il suonatore di cornetta si buttò dalla cavalcatura, salì vacillando la rampa e si abbandonò esausto contro la staccionata.
— Imboscata! — ansimò. — Disastro!
— Un’imboscata? — gemette Carcolo con voce cupa. — Dove?
— Mentre salivamo sui bastioni dello Skanse. Hanno atteso che i nostri Rissosi e gli Assassini fossero passati, e poi hanno caricato con gli Orrori, i Diavoli e i Massacratori. Hanno diviso in due la nostra formazione, ci hanno ricacciati, e poi hanno fatto rotolare macigni sui nostri Massacratori! Il nostro esercito è annientato!
Carcolo si abbandonò sul giaciglio, guardando il cielo. — Quanti ne abbiamo perduti?
— Non lo so. Givven ha ordinato la ritirata. Abbiamo ripiegato nel miglior modo possibile.
Carcolo sembrava in coma. Il suonatore di cornetta si lasciò cadere su una panca.
A nord apparve una colonna di polvere, e poco dopo si dissolse e si separò, rivelando un certo numero di draghi della Valle Beata. Erano tutti feriti. Marciavano, saltellavano, zoppicavano, si trascinavano a casaccio, gracchiando, lanciando occhiate feroci e barriti. Veniva per primo un gruppo di Rissosi, che facevano sfrecciare a destra e a sinistra le teste maligne; poi un paio di Orrori Azzurri, con le branchie che si torcevano e si serravano quasi come braccia umane; poi un Massacratore, massiccio, simile a un rospo, che procedeva a zampe larghe per la debolezza. Quando si avvicinò alle caserme si rigirò, cadde con un tonfo e restò immobile, con le gambe e gli artigli levati in aria.
Dalla Pista del Nord giunse Bast Givven, stravolto e coperto di polvere. Smontò dal Ragno che si reggeva a stento, salì la rampa. Con uno sforzo straziante, Carcolo si sollevò di nuovo a sedere sul giaciglio.
Givven fece il suo rapporto con una voce così normale da sembrare noncurante: ma neppure l’insensibile Carcolo si lasciò ingannare. Chiese, sgomento: — Dov’è stata l’imboscata, esattamente?
— Abbiamo scalato i Bastioni attraverso il Burrone Chloris. Dove lo Skanse scende nel burrone, c’è un grande sperone di porfido. Era là che che ci aspettavano.
Carcolo sibilò tra i denti: — Incredibile.
Bast Givven annuì appena.
Carcolo disse: — Immaginiamo che Joaz Banbeck sia partito durante il temporale dell’alba, prima di quanto io ritenessi possibile. Immaginiamo che abbia costretto le sue truppe a correre. Come poteva, in ogni caso, raggiungere i Bastioni dello Skanse prima di noi?
— Secondo me — disse Givven — l’imboscata non rappresentava una minaccia fino a quando avessimo attraversato lo Skanse. Avevo intenzione di far pattugliare il Dosso di Barch, giù per il Burrone Azzurro e fin oltre il Crepaccio Azzurro.
Carcolo annuì cupamente. — E allora, come ha fatto Joaz Banbeck a portare così in fretta le sue truppe ai Bastioni?
Givven si voltò e scrutò la valle, dove i draghi e gli uomini feriti scendevano in disordine la Pista del Nord. — Non ne ho idea.
— Una droga? — fece Carcolo, sconcertato. — Una pozione per tenere tranquilli i draghi? È possibile che abbia bivaccato sullo Skanse tutta la notte?
— Questo è possibile — ammise Givven, in tono di rancore. — Sotto la Guglia di Barch vi sono caverne vuote. Se ha acquartierato lì le sue truppe durante la notte, ha dovuto solo attraversare lo Skanse per tenderci l’agguato.
Carcolo grugnì. — Forse abbiamo sottovalutato Joaz Banbeck. — Si lasciò ricadere sul giaciglio con un gemito. — Dunque, che perdite abbiamo subito?
Il conto era spaventoso. Della squadra dei Massacratori, già insufficiente, ne restavano soltanto sei. Dei cinquantadue Diavoli, quaranta erano sopravvissuti, ma cinque erano gravemente feriti. I Rissosi, gli Orrori Azzurri e gli Assassini avevano subito grosse perdite. Moltissimi erano stati fatti a pezzi al primo assalto. Molti altri erano stati scagliati giù dai Bastioni, lasciando i loro gusci corazzati sui detriti. Dei cento uomini, dodici erano stati uccisi dalle pallottole, altri quattordici dai draghi. Altri venti erano feriti in modo più o meno grave.
Carcolo rimase disteso, a occhi chiusi, muovendo debolmente le labbra.
— Ci ha salvati la conformazione del terreno — disse Givven. — Joaz Banbeck non si è azzardato a fare avventurare le sue truppe nel burrone. Se c’è stato un errore tattico, è stato lui a commetterlo. Aveva portato un numero insufficiente di Rissosi e di Orrori Azzurri.
— È una ben misera consolazione — ringhiò Carcolo. — Dov’è il resto dell’esercito?
— Ci siamo attestati in una buona posizione sulla Cresta Pendente. Non abbiamo visto esploratori di Banbeck, né umani né Rissosi. Forse è convinto che ci siamo ritirati nella valle. Comunque, il grosso delle sue forze è ancora ammassato sullo Skanse.
Con uno sforzo immane, Carcolo si alzò in piedi.
Attraversò barcollando il camminamento per affacciarsi sul dispensario. Cinque Diavoli stavano accovacciati nelle vasche di balsamo, borbottando e sospirando. Un Orrore Azzurro era sospeso su un’amaca, e gemeva mentre i chirurghi estraevano dalla carne grigia frammenti di corazza. Mentre Carcolo stava guardando, uno dei Diavoli si alzò sulle zampe anteriori, schiumando bava dalle branchie. Lanciò uno strano grido acutissimo e ricadde morto nella vasca di balsamo.
Carcolo si rivolse a Givven. — Ecco cosa devi fare. Sicuramente Joaz Banbeck ha mandato avanti qualche pattuglia. Ritirati lungo la Cresta Pendente. Poi, cercando di non farvi scorgere dalle pattuglie, nascondetevi in una delle Gole della Disperazione. La Gola di Tormalina andrà bene. Ecco come la penso io. Banbeck penserà che vi stiate ritirando nella Valle Beata, quindi si precipiterà verso sud, intorno alla Zanna, per attaccarvi mentre scendete dalla Cresta Pendente. Quando passerà sotto la Gola di Tormalina, voi sarete in vantaggio. E allora potrete annientare Joaz Banbeck con tutte le sue truppe.
Bast Givven scosse energicamente il capo. — E se le sue pattuglie ci individuano, nonostante le nostre precauzioni? Basterà che ci segua, per imbottigliarci nella Gola di Tormalina, senz’altra via di fuga che la traversata di Monte Disperazione o del Burrone della Stella Spezzata. E se ci avventuriamo nel Burrone della Stella Spezzata, i suoi Massacratori ci annienteranno in pochi minuti.
Ervis Carcolo tornò al suo giaciglio e vi si lasciò cadere pesantemente. — Riporta le truppe alla Valle Beata. Ci raggrupperemo e attenderemo un’altra occasione.