CAPITOLO SECONDO Nella tenda rossa

— Questa brodaglia è fredda — brontolò, allontanandola da sé. Poi, nel vedere l'occhiata paziente della vecchia Kerly che raccoglieva la ciotola per porla a riscaldare, si disse che era un vecchio sciocco bisbetico. Ma nessuna delle sue mogli (gliene rimaneva soltanto una), nessuna delle sue figlie, nessuna delle donne era capace di fare un piatto di bhan come lo sapeva fare Shakatany. Che cuoca era, e giovane… la sua ultima moglie giovane. Ed era morta lontano, nei territori orientali; era morta giovane, mentre lui continuava a vivere e a vivere, in attesa dell'amarissimo inverno.

Entrò una ragazza che indossava una tunica di cuoio su cui era impresso il segno a tre lobi del suo Clan; probabilmente una nipote. Assomigliava un poco a Shakatany. Ed egli le parlò, sebbene non ricordasse il suo nome. — Sei tu che sei tornata tardi ieri sera, congiunta?

Riconobbe il profilo della testa e il sorriso. Era quella ch'egli amava stuzzicare, quella che era indolente, insolente, dolce di carattere, solitaria; la bambina nata fuori stagione. Come diavolo si chiamava?

— Ti porto un messaggio, Anziano.

— Da parte di chi?

— Chiamava se stesso con un gran nome… Jakatabat-bolterra? Non riesco a ricordarlo tutto.

— Alterra? È il nome che i Nati Lontano danno ai loro capi. Dove hai visto quell'uomo?

— Non si tratta di un uomo, Anziano, si tratta di un Nato Lontano. Ti manda i suoi saluti, e il messaggio che oggi si recherà a Tevar per parlare con l'Anziano.

— L'ha davvero fatto? — disse Wold, annuendo leggermente col capo, e ammirando la sfacciataggine della ragazza. — E tu sei la sua messaggera?

— Per caso mi ha rivolto la parola…

— Certo, certo. E sapevi, cugina, che tra gli Uomini del Territorio del Pernmek, una donna non maritata che rivolge la parola a un Nato Lontano viene… punita?

— Punita in che modo?

— Non importa.

— Gli Uomini del Pernmek sono una banda di mangiatori di kloob, e si rapano il cranio. Che cosa possono saperne dei Nati Lontano? Non vengono mai alla costa… Una volta, non so più in che tenda, ho sentito dire che l'Anziano del mio Clan ha avuto una Nata Lontano come moglie. In altri tempi.

— Questo è vero. In altri tempi. — La ragazza rimaneva in attesa, e Wold andò indietro con la mente; andò molto indietro, a un'altra epoca: il passato, la primavera. Colori, fragranze da lungo tempo svanite, fiori che non sbocciavano da quaranta fasi lunari, il suono quasi dimenticato di una voce… — Era giovane. È morta giovane. Prima ancora che giungesse l'estate. — E dopo qualche istante, aggiunse: — Inoltre, il caso è diverso da quello di una ragazza non maritata che parli a un Nato Lontano. C'è davvero una differenza, congiunta.

— E perché?

Sebbene fosse impertinente, la ragazza meritava una risposta. — Ci sono molte ragioni, e alcune sono più valide delle altre. Soprattutto questa: un Nato Lontano prende una sola moglie, e quindi la vera donna che lo sposasse non avrebbe figli.

— E per quale motivo non li avrebbe, Anziano?

— Le donne non chiacchierano dunque più, nella tenda femminile? Siete tutte così ignoranti? Perché umani e Nati Lontano non possono concepire insieme! Non ne hai mai sentito parlare? O il matrimonio risulta sterile, o si hanno interruzioni della gravidanza, mostri deformi che non giungono a termine. Mia moglie, Arilia, che era una Nata Lontano, morì di parto, dando alla luce un feto deforme. La sua gente non ha leggi; le loro donne sono come gli uomini, sposano chi vogliono. Ma tra la vera Umanità c'è una legge: le donne giacciono con uomini veri, sposano uomini veri, generano figli umani!

Ella parve un po' delusa e sconsolata. Infine, guardando lontano, verso la fretta e l'alacrità di coloro che si trovavano sulle mura della Città Invernale, disse: — Ottima legge, per donne che abbiano uomini con cui giacere…

Aveva l'apparente età di venti fasi lunari, la qual cosa significava ch'era davvero la ragazza nata fuori stagione, giusto nel mezzo della Carestia Estiva, quando non nascevano bambini. I figli della primavera ormai avevano il doppio o il triplo della sua età, erano sposati una o due volte, prolifici; i nati d'autunno erano ancora bambini. Ma qualche nato di primavera l'avrebbe presa come terza o quarta moglie; non aveva ragione di lamentarsi. Forse egli stesso avrebbe potuto combinarle un matrimonio, sebbene la cosa dipendesse dalla genealogia di lei. — Chi è tua madre, congiunta?

Ella mantenne fissi gli occhi sulla sua fibbia della cintura, e disse: — Shakatany era mia madre. L'hai dimenticata?

— No, Rolery — egli rispose, dopo qualche istante. — Non l'ho dimenticata. Senti, ora, figlia, dove hai parlato con questo Alterra? Si chiamava forse Agat?

— Questa è una parte del suo nome.

— Allora io ho conosciuto suo padre, e il padre di suo padre. È un consanguineo della donna… della Nata Lontano di cui parlavamo. Probabilmente si tratta del figlio di una sua sorella o di un suo fratello.

— Un tuo nipote, dunque. Un mio cugino — disse la ragazza, e scoppiò improvvisamente in una risata. Anche Wold sorrise di fronte alla grottesca logica di quella parentela.

— L'ho incontrato quando sono andata a vedere l'oceano — ella spiegò, — laggiù sulle sabbie. Prima, avevo visto giungere un corriere, dal nord. Nessuna delle donne ne è al corrente. Ci sono notizie? La Migrazione al Sud sta per cominciare?

— Forse, forse — disse Wold. Aveva dimenticato ancora una volta il suo nome. — Corri, ragazza, va' ad aiutare le tue sorelle nei campi — disse, e scordandosi di lei e della ciotola di bhan che aspettava, si alzò pesantemente e fece il giro dell'ampia tenda dipinta di nero, per andare a osservare i lavoratori che sciamavano attorno alle case di terra e alle mura della Città Invernale, e, dietro di loro, il nord. Il cielo settentrionale, quella mattina, era molto azzurro, cristallino, gelido sopra le colline spoglie.

Ricordava in modo ancora assai vivido il tempo passato in quelle tane affollate, scavate nella terra e dal soffitto a cono: i corpi ammassati di un centinaio di dormienti, mentre le donne più anziane rimanevano sveglie e tenevano accesi i fuochi che riempivano di calore e di fumo tutti i pori, e l'odore dell'erbaverna che bolliva, il rumore, il tanfo, il tepore invernale della vicinanza, in quei covi scavati sotto il terreno ghiacciato. E la fredda, linda immobilità del mondo sovrastante, sferzato dai venti o coperto di neve, quand'egli e gli altri giovani cacciatori si spingevano assai lontano da Tevar per dar la caccia agli ucceldineve e ai korio e ai grassi wespri che scendevano dall'ultimo settentrione seguendo il tracciato dei fiumi coperti di ghiaccio. E lassù, dirimpetto a lui, sull'altro versante della vallata, da una macchia di granoverno s'era sollevata la testa ciondolante e bianca di un diavolo della neve… E prima di allora, prima della neve e del ghiaccio e delle bestie bianche dell'inverno, c'era già stato un tempo chiaro e luminoso come questo: chiare giornate di vento dai riflessi d'oro, e di cielo azzurro e gelido sulle montagne. Ed egli, che non era ancora un uomo, ma soltanto un moccioso tra gli altri mocciosi e le donne, alzava lo sguardo per osservare alcune facce bianche e dal naso schiacciato, con penne rosse e mantelli di una strana pelliccia grigia e piumosa; voci che parevano il latrato di una bestia avevano gridato parole ch'egli non comprendeva, mentre gli uomini del suo Clan e gli Anziani dell'Askatevar rispondevano con voce dura, intimando ai faccia-piatta di andarsene. E in precedenza c'era stato un uomo che era giunto dal nord, di corsa, con metà della faccia bruciata e insanguinata, gridando: «I Gaal, i Gaal! Hanno assalito il nostro accampamento di Pekna!…».

Più chiara di qualsiasi voce presente, egli aveva udito echeggiare nella sua mente quel grido roco, per tutto il corso della sua vita, per tutte le sessanta fasi lunari che lo separavano dal ragazzetto che ascoltava ad occhi spalancati, e che separavano l'antica giornata luminosa dalla giornata odierna, altrettanto luminosa. E dov'era Pekna? Perduta sotto le piogge e le nevi; e il disgelo della primavera aveva spazzato via le ossa dei massacrati, le tende rovinate, il ricordo, il nome stesso.

Ma non ci sarebbe stato alcun massacro questa volta, allorché i Gaal si fossero spinti a sud attraverso il Territorio dell'Askatevar. Se n'era preso cura personalmente. C'era qualche lato positivo, nel sopravvivere al proprio tempo e nel ricordare i passati affanni. Non un solo clan, non una sola famiglia degli Uomini dell'intero Territorio rimaneva nelle Terre Estive, a farsi cogliere alla sprovvista dai Gaal o dalla prima tormenta. Erano tutti a Tevar. Duemila uomini, e i piccoli nati dell'autunno, fitti come foglie, che ti correvano fra le gambe, e le donne che chiacchieravano e spigolavano nei campi come stormi di uccelli migratori, e gli uomini che sciamavano a costruire le case e le mura della Città Invernale, con le vecchie pietre sulle vecchie fondamenta, a dare la caccia all'ultima delle bestie in migrazione, a tagliare e accumulare un'infinita quantità di legno proveniente dalla foresta e di torba proveniente dalle Paludi Asciutte, ad accerchiare gli hann per portarli entro grandi stalle, e dar loro da mangiare finché l'erbaverna non fosse cominciata a spuntare. E tutti, in queste fatiche che ormai duravano da mezza fase lunare, avevano obbedito a lui, ed egli aveva obbedito all'antichissimo Costume dell'Uomo. Alla venuta dei Gaal, avrebbero chiuso le porte della città; alla venuta delle tormente avrebbero chiuso la porta delle case di terra, e sarebbero sopravvissuti fino a primavera. Sarebbero sopravvissuti.

Si sedette in terra, dietro la sua tenda, abbassandosi faticosamente, allungando alla luce del sole le gambe artritiche e segnate da cicatrici. Il sole appariva minuscolo e bianchiccio, sebbene il cielo fosse chiaro e senza macchie; sembrava la metà del grande sole estivo, sembrava addirittura più piccolo della luna. «Sole a luna si riduce, presto il freddo ti conduce…». Il terreno era umido delle interminabili piogge che per l'intera durata della fase lunare li avevano afflitti, e qua e là era segnato dai piccoli solchi lasciati dai radipedi migranti. Che cosa gli aveva chiesto la ragazza?… qualcosa a proposito dei Nati Lontano, a proposito del corriere, ecco. L'uomo era giunto, stremato, il giorno precedente… era davvero il giorno precedente?… per riferire che i Gaal avevano attaccato la Città Invernale di Tlokna, lassù nel nord, nei pressi delle Montagne Verdi. Ma nella sua narrazione doveva esserci stato il panico, oppure la menzogna. I Gaal non attaccavano mai le mura di pietra. Barbari dal naso camuso, con le loro penne e il loro sudiciume, correvano a sud come gli animali che non hanno casa, non appena si avvicinava l'inverno… non sarebbero mai stati capaci di conquistare una città. E comunque, Pekna era solo un piccolo accampamento di cacciatori, non una città fortificata. Il corriere mentiva. Non c'era da preoccuparsi. Sarebbero sopravvissuti. Dov'era quella sciocca donna, con la sua colazione? Laggiù, in quel momento, si stava caldi, laggiù al sole…

L'ottava moglie di Wold si trascinò fino a lui con un piatto di bhan fumante, vide che era addormentato, sospirò con irritazione e si allontanò, trascinandosi nuovamente accanto al fuoco.

Quel pomeriggio, quando il Nato Lontano giunse alla sua tenda, accompagnato da guardie che lo spiavano con sospetto e da un codazzo di ragazzini rumorosi che lo deridevano, Wold ricordò le parole che la ragazza aveva detto ridendo: «Tuo nipote, mio cugino». Perciò si sollevò in piedi e rimase fermo ad attendere il Nato Lontano, distogliendo lo sguardo e tendendo la mano in segno di saluto tra uguali.

E come un uguale salutò lo straniero, senza la minima esitazione. Avevano sempre quell'aria di arroganza, davano sempre quell'impressione di ritenersi di valore pari a quello degli uomini, indipendentemente dal fatto che lo credessero davvero. Il nuovo venuto era alto, ben fatto, ancora giovane; camminava come un capo. Ad eccezione del colore scuro della pelle, e dei suoi occhi neri e ultraterreni, lo si sarebbe potuto considerare umano.

— Sono Jakob Agat, Anziano.

— Che tu sia il benvenuto nella mia tenda e nelle tende del mio Clan, Alterra.

— Ti ascolto con il cuore — disse il Nato Lontano, facendo così comparire sulle labbra di Wold un debole sorriso; non aveva più udito quella frase, fin dal tempo di suo padre. Era strano come i Nati Lontano ricordassero sempre le antiche usanze, riportando alla luce ciò che era sepolto nel passato. Come poteva conoscere, quel giovanotto, una frase che soltanto Wold e, forse, un paio dei più vecchi di Tevar potevano ricordare? Faceva parte della diversità dei Nati Lontano: una diversità che veniva chiamata stregoneria, e che induceva la gente ad aver paura della razza nera. Ma Wold non li aveva mai temuti.

— Una nobildonna del tuo Clan ha abitato nelle mie tende, ed io ho camminato lungo le strade della tua città molte volte, in Primavera. Lo ricordo. E quindi ti dico che nessun uomo di Tevar infrangerà la pace tra i nostri due popoli, finché io vivrò.

— E nessun altro di Landin l'infrangerà finché vivrò io.

Il vecchio capo si era commosso al suo stesso discorsetto, mentre ancora lo pronunciava: ora c'erano lacrime nei suoi occhi; si mise a sedere sul baule di cuoio dipinto, schiarendosi la gola e battendo le palpebre. Agat rimase in piedi: ritto, con un mantello nero, gli occhi scuri nel volto scuro. I giovani cacciatori che lo sorvegliavano erano irrequieti, i bambini spiavano la scena, bisbigliando e dandosi spintoni, davanti al lato aperto della tenda. Con un unico gesto, Wold li cacciò via tutti. Il lembo della tenda venne abbassato, la vecchia Kerly accese il fuoco e si allontanò, ed egli rimase solo con lo straniero. — Siediti — gli disse. Ma Agat non si sedette; disse: — Ti ascolto — e rimase in piedi. Se Wold non lo invitava a sedere in presenza di altri esseri umani, egli non era disposto a sedersi ora che nessuno lo vedeva. Wold non comprese questo con un ragionamento e non prese una decisione: si limitò ad avvertire la situazione con i suoi sensi, resi sensibilissimi da una lunga vita passata a guidare e frenare le persone.

Sospirò e disse: — Moglie! — con la sua voce roca, in chiave di basso. La vecchia Kerly riapparve, con gli occhi fissi. — Siediti — Wold disse ad Agat, che si sedette a gambe incrociate, accanto al fuoco. — Vai via — Wold brontolò all'indirizzo della moglie, che si affrettò ad allontanarsi.

Silenzio. Con somma cura e attenzione, Wold sciolse i nodi di un minuscolo sacchettino di pelle che portava appeso alla cintura della tunica; estrasse un pezzettino di resina di gesin, ne prese un frammento quasi invisibile, rimise a posto la resina, legò il sacchettino, e posò il frammento su un carbone acceso, ai margini del fuoco. Un riccioletto di fumo amaro e verdognolo si sollevò; Wold e lo straniero, insieme, fiutarono profondamente, chiudendo gli occhi. Wold tornò ad appoggiarsi all'orinatoio ricoperto di pece, e disse: — Ascolto.

— Anziano, abbiamo ricevuto un messaggio dal nord.

— Anche noi. È giunto ieri un corriere. — (Era ieri?).

— Ha parlato della Città Invernale di Tlokna?

Il vecchio rimase immobile a lungo, fissando il fuoco e respirando profondamente, come se avesse voluto cogliere un'ultima particella del fumo di gesin. Si masticò l'interno delle labbra, e la sua faccia (come egli ben sapeva) era dura come un pezzo di legno, vacua, caparbia.

— Non vorrei essere il portatore di una cattiva notizia — disse lo straniero con la sua voce tranquilla e severa.

— Non lo sei. Siamo già al corrente. È molto difficile, Alterra, discernere la verità in storie che giungono da molto lontano, da altre tribù di altre montagne. Occorrono otto giorni di viaggio, anche per un corriere, da Tlokna a Tevar; il doppio di questo tempo se si viaggia con tende e hann. Chi può sapere? Le porte di Tevar saranno pronte a chiudersi, quando la Migrazione arriverà a noi. E quanto a voi, nella vostra città che non lasciate mai, certo le vostre porte non hanno bisogno di riparazioni.

— Anziano, questa volta occorreranno porte robustissime. Tlokna aveva mura, e porte, e guerrieri. Adesso non ne ha più. E non si tratta di una voce vana. Alcuni uomini di Landin erano presenti, dieci giorni fa; tenevano sotto sorveglianza i confini, in attesa che giungesse il primo Gaal. Ma i Gaal stanno arrivando tutti insieme…

— Alterra, ti ascolto… Adesso ascoltami tu. A volte gli uomini si spaventano e scappano prima ancora che sia giunto il nemico. L'abbiamo sentito raccontare, e abbiamo ascoltato anche la storia che tu mi hai riferito. Ma io sono vecchio. Ho visto due volte l'Autunno, ho visto giungere l'Inverno, ho visto i Gaal scendere a sud. Ti dirò la verità.

— Ti ascolto — disse lo straniero.

— I Gaal vivono nel nord, al di là delle più lontane catene montuose degli uomini che parlano la nostra lingua. Hanno grandi Terre Estive laggiù, ricche di erba, dice il racconto, sotto montagne la cui cima è coperta da fiumi di ghiaccio. Dopo la Metà d'Autunno, il freddo e le bestie della neve cominciano a discendere nelle loro terre, provenienti dal più lontano settentrione dove è sempre inverno, e al pari delle nostre bestie, i Gaal si muovono verso sud. Portano con sé le tende, ma non costruiscono città e non mettono da parte il grano. Attraversano il Territorio di Tevar quando le stelle della costellazione dell'Albero sorgono al tramonto, e prima che sorga la Stella della Neve, al passaggio dall'Autunno all'Inverno. Se incontrano qualche famiglia che viaggia senza protezione, o accampamenti di cacciatori, greggi o campi privi di sentinelle, allora uccidono e rubano. Se vedono una Città Invernale salda e completa, e guerrieri sugli spalti, le passano davanti, brandendo la lancia e gridando, e noi lanciamo qualche freccia nella schiena delle retroguardie… I Gaal continuano sempre ad andare avanti, e si fermano soltanto quando siano giunti in qualche loro misterioso luogo, molto a sud; alcuni dicono che il luogo in cui trascorrono l'Inverno è più caldo, ma chi lo può mai sapere? Comunque, questa è la Migrazione al Sud. Io lo so. Io l'ho vista, Alterra, e li ho visti ritornare ancora una volta a nord con il disgelo, quando la foresta ricresce. Ma non assalgono città di pietra. Sono come l'acqua: l'acqua corre rumorosa, ma lo scoglio la divide e immoto resta. Tevar è di pietra, come uno scoglio.

Il giovane Nato Lontano rimase seduto con la testa china, intento a riflettere: rimase abbastanza a lungo in quella posizione perché Wold potesse rivolgere lo sguardo direttamente sul suo viso, per un attimo.

— Tutto ciò che hai detto, Anziano, è la verità, l'intera verità, ed è sempre stata la verità negli anni passati. Ma questo è… un tempo nuovo… Io sono un capo della mia gente, così come tu lo sei della tua. Io vengo a te come un capo a un altro capo, alla ricerca di aiuto. Credimi… ascoltami, i nostri popoli si devono aiutare vicendevolmente. C'è un grande uomo tra i Gaal, un capo, e lo chiamano Kubban o Kobban. Ha unito tutte le loro tribù e ne ha fatto un esercito. I Gaal non si limitano a rubacchiare qualche hann disperso, nel corso del loro cammino: assediano e catturano le Città Invernali in tutti i Territori della costa, uccidono gli uomini Nati nella Primavera, prendono schiave le donne, lasciano guerrieri Gaal in ciascuna città da loro catturata, con la consegna di tenerla e di governarla nel corso dell'Inverno. E quando giungerà la Primavera, allorché i Gaal ritornano nuovamente a nord, questa volta si fermeranno; le nostre terre diventeranno loro proprietà… le foreste, i campi, le Terre Estive, le città e gli abitanti… o meglio, gli abitanti rimasti…

Il vecchio fissò lo sguardo in un punto a lato, per un lungo istante, e poi disse assai pesantemente, parlando con voce carica d'ira: — Tu parli, io non ascolto. Tu dici che la mia gente sarà sconfitta, uccisa, resa schiava. La mia gente è composta di uomini, e tu sei un Nato Lontano. Riserva per il tuo nero destino le tue parole buie!

— Se gli uomini sono in pericolo, noi siamo in pericolo ancor di più. Sai quanti di noi sono rimasti a Landin, ora come ora, Anziano? Meno di duemila.

— Così pochi? E le altre città? La tua gente abitava su tutta la costa fino al nord, quando ero giovane.

— Finite. I superstiti sono venuti da noi.

— Guerra? Malattie? Non avete malattie, voi Nati Lontano.

— È difficile sopravvivere in un mondo per il quale non sei nato — disse Agat, cupo e conciso. — Comunque, siamo pochi; siamo deboli di numero: chiediamo di essere gli alleati di Tevar quando giungeranno i Gaal. E giungeranno in trenta giorni.

— Giungeranno prima di trenta giorni, se ci sono Gaal a Tlokna in questo momento. Sono già in ritardo, la neve può cadere da un giorno all'altro. Avranno fretta.

— Non hanno alcuna fretta, Anziano. Arrivano lentamente, poiché arrivano tutti insieme… cinquanta, sessanta, settantamila Gaal!

Bruscamente, con profondo orrore, Wold vide l'immagine di ciò che Alterra gli diceva: vide sfilare l'orda interminabile, schiera dopo schiera, lungo i passi montani, condotta da un alto condottiero dal volto camuso, vide gli uomini di Tlokna — o erano quelli di Tevar? — giacere massacrati sotto le mura distrutte della loro città, e il ghiaccio formarsi simile a schegge sul sangue raggrumato… Scosse il capo per cancellare dalla mente quelle immagini. Che cosa gli era successo? Rimase a lungo in silenzio, masticandosi l'interno delle labbra.

— Bene, ti ho ascoltato, Alterra.

— Non completamente, Anziano. — Questa era maleducazione degna di un barbaro, ma quell'individuo era uno straniero, e in fin dei conti era un capo della sua gente. Wold gli permise di proseguire. — Abbiamo il tempo di prepararci. Se gli uomini dell'Askatevar e quelli dell'Allakskat e del Pernmek saranno disposti a stringere un'alleanza, e ad accettare il nostro aiuto, potremo avere un nostro esercito. E se attenderemo in forze, pronti ad accogliere i Gaal, al confine settentrionale dei vostri tre territori, allora l'intera Migrazione, piuttosto di affrontare un esercito così forte, potrebbe voltare di lato e discendere verso est, lungo i sentieri di montagna. Due volte, in Anni precedenti, hanno preso la strada dell'est, a quanto affermano i nostri documenti. E poiché è tardi e comincia a far freddo, e la selvaggina rimasta è scarsa, i Gaal potrebbero fare la deviazione e continuare in tutta fretta il loro viaggio, se trovassero uomini disposti a combattere. Secondo me, quel Kubban non ha una tattica vera e propria, e si limita ad affidarsi al fattore sorpresa e al numero dei suoi. Possiamo allontanarlo.

— Gli uomini del Pernmek e dell'Allakskat sono nelle loro Città Invernali, in questo momento, esattamente come noi. Non conosci ancora il Costume degli Uomini? Non si combattono battaglie nel corso dell'Inverno!

— Va' a raccontare questa legge ai Gaal, Anziano! Decidi secondo il tuo giudizio, ma fidati delle mie parole! — Il Nato Lontano si alzò, spinto in piedi dalla profondità del suo appello e del suo avviso. Wold provò dispiacere per lui, così come spesso gli succedeva di provare dispiacere per i giovani, i quali non hanno ancora visto come le passioni e i progetti vadano sprecati, una volta dopo l'altra, e come la loro vita e le loro azioni si consumino tra il desiderio e la paura.

— Ti ho ascoltato — ripeté con stolida cortesia. — Gli Anziani della mia gente ascolteranno ciò che hai detto.

— Allora, potrò venire domani a sentire…

— Domani, doman l'altro…

— Trenta giorni, Anziano! Trenta giorni al massimo!

— Alterra, i Gaal arriveranno e se ne andranno. L'Inverno arriverà e non se ne andrà. Che vale, per un guerriero vittorioso, fare ritorno a una casa incompleta, allorché la terra si trasforma in ghiaccio? Quando saremo pronti per l'Inverno ci preoccuperemo dei Gaal… Adesso rimettiti seduto. — Frugò nel sacchettino, cercando un secondo pezzetto di gesin da fiutare per il commiato. — Anche tuo padre era Agat? Lo conobbi quando era giovane. E una delle mie disutili figlie mi ha riferito di averti incontrato mentre camminava sulla sabbia.

Il Nato Lontano sollevò lo sguardo piuttosto precipitosamente, e disse: — Sì, ci siamo incontrati. Sulla sabbia fra una marea e l'altra.

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