Arrivò da noi alla fine dell’autunno. C’era un velo di ghiaccio sulle pozzanghere, e io sentivo nelle ossa l’inverno, freddo e terribile; la fame si stava già svegliando dentro di me, si sarebbe aggirata tranquilla fino all’inizio dell’anno, prima che arrivasse la primavera avrebbe cominciato a ruggire come una tigre, consumandomi fino al disgelo, quando Maude avrebbe potuto ricominciare ad andare a caccia, e avremmo potuto andare di nuovo in città con il furgone. Non ne potevo più di mettere roba sotto vetro, ma andai a prendere un po’ dei pomodori che avevamo appeso in cantina, e li misi 156
in vaso; Maude usciva e riportava ogni pezzo di carne a cui poteva sparare e tutto il grano, la farina, il latte in polvere che poteva caricare sul furgone; dovevamo immagazzinare tutto prima che arrivasse la neve e ci isolasse. La settimana che lui arrivò Maude aveva trovato una lepre stecchita sulla strada, congelata, con le zampe rigide rivolte verso l’alto, e tutta la carne che avevamo appeso nella dispensa si era congelata. Venerdì trovammo la brina sull’erba, e quando guardai fuori dalla finestra e vidi delle impronte sulla brina dissi, Maude, c’è qualcuno nella casetta dei giochi e allora uscimmo, e lo trovammo lì. Era addormentato in mezzo ai mucchi di vestiti con cui ci mascheravamo sempre, con la testa appoggiata all’abito di velluto che mia madre aveva indossato all’Esposizione, e i piedi sull’abito di raso con cui si era sposata; si era messo il boa di piume attorno al collo, e la pelliccia di volpe attorno ai fianchi.
Prima che arrivasse lui, Maude e io passavamo l’inverno parlando dei tempi andati, evocando il passato fra di noi e lo guardavamo e Maude finiva sempre per dare la colpa a me. Avrei potuto sposare Lister Hoffman o Harry Miad e andarmene per sempre da qui, se non fosse stato per te, Lizzie. Io le dicevo, Accidenti, non ho mai avuto bisogno di te. Non li hai sposati perché non li hai sposati, avevi paura e mi hai usato come scusa. Lei allora si arrabbiava. È una bugia. Va bene, come ti pare, le dicevo, per non litigare.
Sapevamo tutt’e due che io avrei sposato il primo uomo che me l’avesse chiesto, ma nessuno l’aveva mai fatto, neppure per tutti i miei soldi, a causa della malattia. Se nessuno l’avesse saputo, magari qualcuno mi avrebbe anche sposato, ma una volta andai nei campi con Miles Harrison, quando mio padre era ancora vivo, e Miles ed io quasi lo facemmo, solo che mi prese un attacco proprio lì di fronte a lui, e così non lo feci mai. Forse nessuno l’avrebbe mai saputo, ma Miles mi vide cadere a terra. Immagino che sia stato lui a mettermi qualcosa fra i denti, ma quando tornai in me se n’era andato. La prima volta che andai in città, tutti mi guardavano in maniera strana, qualcuno faceva anche uno sforzo per essere gentile, ma erano tutti nervosi, pensando se l’avrei fatto proprio lì di fronte a loro, se avrei sbavato molto, se gli avrei fatto male, e non appena potevano dicevano, Scusa ho da fare, o qualunque cosa per andarsene in fretta e furia. Quando incontrai Miles quel giorno non volle guardarmi, e da allora nessun uomo si è più avvicinato a me, in più di cinquant’anni, ma io e Miles quasi lo facemmo, e non ho mai smesso di pensarci.
Adesso mio padre se n’è andato e mia madre se n’è andata e anche Lister Hoffman e Miles Harrison e metà dei ragazzi che mi ridevano dietro se ne sono tutti andati, ma Maude continua a darmi la colpa, ci sediamo dopo cena e mi dice, Se non fosse stato per te adesso avrei dei nipotini e io le dico che ne avrei avuto ancora prima di lei, perché a lei gli uomini non le sono mai piaciuti, li sopportava solo per avere i bambini e anche questo era troppo complicato e le avrebbe fatto male. È una bugia, Lizzie, diceva lei. Harry e io tante volte… e io le dicevo, Non l’hai mai fatto ma Miles e io… Allora tutt’e due cominciavamo a pensare a esser giovani e ad avere i ragazzi che ti toccano ma i ricordi fanno diventare acida Maude e vuole sempre avere l’ultima parola. È colpa tua dice, ma dentro di me io so che la gente si fa la propria vita con le sue mani, e lei ha sempre voluto più di ogni altra cosa restare chiusa qui dentro senza nessuno che le chiedesse di fare qualcosa, voleva stare in questa casa con me, la sua rinsecchita sorella, fredda e sicura, e se le è venuta fame, le è venuta tardi.
Dopo un po’ cominciavamo ad inventarci delle storie: Una volta sono andata con un ragazzo fino a Portland… Una volta ho ballato per tutta la notte e per mezza mattina, e lui voleva baciarmi nella piega del braccio… Cercavamo di far passare l’inverno, ma anche così non era sufficiente e restavamo sempre con la fame, per quante scorte facessimo, la carne finiva sempre prima del disgelo e immagino che in realtà erano le nostre vite che giudicavamo, ma decidevamo che non c’era niente che ci piacesse nei barattoli, così restavamo sedute e sognavamo e avevamo fame e ci chiedevamo se saremmo morte per la fame, ma finalmente arrivava il disgelo e Maude mi guardava con un sorriso: Se solo avessimo un’altra occasione…
Ora forse ce l’avremo.
Lo trovammo nella casetta dei giochi, forse era il fatto di vederlo addormentato in mezzo ai vestiti di mia madre, o forse il fatto che fosse nella casa dei giochi, dove tante volte ci vestivamo, ma ecco che c’era questo ragazzo, o uomo, e qualcosa di lui che ci richiamò alla mente i ricordi migliori, c’era una promessa scritta su di lui. Sono troppo vecchia, sono tutta inaridita, ma non ho mai smesso di pensare a quella volta e vedendo lì quel ragazzo, potevo far finta che era Miles e che io ero ancora giovane. Dovette accorgersi di noi, perché si svegliò e si rannicchiò, forse aveva un coltello, poi si accorse che eravamo solo due grosse vecchie con stivali militari, disse, Scappo dai Marines, avevo bisogno di un posto per dormire.
Maude disse, Non mi importa di cosa hai bisogno, devi andartene da qui, ma quando lui si alzò barcollava. I capelli gli cadevano dalla testa come quelli di un ragazzo che conoscevo una volta e dissi, Maude, perché non dici di sì, una volta tanto.
Aveva addosso una camicia di cotone e pantaloni che non assomigliavano a nessuna uniforme che avessi mai visto e stava dicendo, Sono successe due cose, mi sono reso conto che avrei dovuto uccidere qualcuno in guerra e poi ho fatto un errore e mi hanno picchiato, così ho tagliato la corda. Sorrise e sembrava sincero. Io guardai dura Maude e finalmente Maude mi guardò e disse, Va bene, vieni in casa a mangiare qualcosa.
Disse che si chiamava Arnold, ma quando gli chiedemmo Arnold e poi?, lui disse, Non importa. Eravamo arrivati in cucina, e aveva la testa chinata su una tazza di avena e dei biscotti che avevo fatto io, e quando guardai Maude lei stava guardando la luce che si rifletteva sui suoi capelli. Quando gli dicemmo i nostri nomi lui disse, Siete due signorine deliziose, e vidi che Maude si portava le mani alla faccia e andò nella sua stanza e quando tornò si era messa la cipria sulle guance. Mentre eravamo soli, lui disse quanto erano buoni i biscotti e che begli argenti, li lucidavo tutti io? e io dissi di sì, Maude porta le provviste e io mi occupo della casa e di fare da mangiare. Lei tornò in quel momento e ci vide con le teste vicine e disse ad Arnold, Dovrai andartene fra poco.
Non saprei, disse lui, mi staranno cercando, coi cani e i fucili.
Questo non ci riguarda.
Non ho mai fatto niente di male nei Marines, avevamo solo delle opinioni differenti. Noi due pensammo che doveva esserci sotto qualcos’altro ma lui sembrava così triste e stanco e poi era bello avere qualcuno con cui parlare, disse, Ho solo bisogno di un posto per nascondermi un po’.
Maude disse, Potresti sempre tornare dalla tua famiglia.
Lui disse, Non mi hanno mai voluto, Erano sempre cattivi, non come voi.
Io la presi da parte e le dissi, Non morirai mica a lasciarlo restare un po’, Maude, è ora che ci sia un po’ di vita in questo posto.
Non ci sarà abbastanza da mangiare per tre.
Non resterà mica a lungo. E poi potrà darti una mano con le faccende.
Lei gli guardava ancora i capelli biondi, e disse, come se la faccenda non la riguardasse, Se vuoi che resti facciamolo restare.
Lui stava dicendo, Potrei lavorare in cambio.
Va bene, dissi io, potrai restare finché non ti sarai ripreso.
Il cuore mi batteva forte. Un uomo, pensai. Un uomo. Come posso spiegarlo? Era come essere tornata giovane, ad averlo lì. Guardai Maude e vidi nei suoi occhi qualcosa del genere, fame e speranza, e pensai, Sei nostro adesso, Arnold, sei tutto nostro. Ti nutriremo, ci prenderemo cura di te, e se vorrai uscire ti lasceremo uscire, ma non ti lasceremo mai andare via.
Solo finché non si calmeranno le acque, stava dicendo.
Maude ebbe uno strano sorriso. Solo finché non si calmeranno le acque.
Bene, si mise a nevicare subito dopo buio, quel pomeriggio, perché quando ci svegliammo la casa era circondata. Dissi, Meno male che hai portato dentro la carne Maude, e lei guardò fuori, stava ancora cadendo la neve e non dava alcun segno di voler smettere, guardò fuori e disse, Immagino di sì.
Lui dormiva ancora, e dormì per tutto il giorno, e verso sera si trascinò da basso e sognò sopra un piatto del mio stufato di coniglio, io stavo lavando i piatti, e quando mi voltai lo stufato era sparito, i panini erano spariti e tutti gli avanzi nella pentola erano spariti, e per un momento ebbi paura, perché il cibo spariva troppo in fretta, poi arrivò Maude e mi sibilò, Si sta mangiando tutto, e io gli guardai le mani scure e il collo delicato e dissi, Non importa, Maude, è giovane e forte, e se restiamo senza cibo potrà uscire anche con la neve e cacciare. Quando ci voltammo di nuovo a guardare se n’era andato, fra un sogno e l’altro si era mangiato mezza torta poi era tornato a letto.
La mattina seguente si alzò prima che fosse giorno, e mentre stavamo seduti attorno al tavolo della cucina pensai a com’era bello avere un uomo in casa, potevo guardarlo e immaginare qualunque cosa volessi. Poi si alzò e disse, Sentite vorrei ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me, devo andare adesso e io dissi, Non puoi, e lui disse, Ho da fare, sono stato qui abbastanza, ma io gli dissi, Non puoi, e lo portai alla finestra. Il sole ormai si era alzato, e si vedeva la neve che arrivava quasi fino al davanzale della finestra come ogni inverno, e gli alberi erano tutti ricoperti, e si vedeva il sole che faceva scintillare la neve e io dissi, Com’è bella la neve, e lui alzò le spalle e disse, Immagino che dovrò aspettare finché non si liberi un po’. Gli toccai la spalla. Penso di sì. Non gli dissi che non sarebbe mai andato via, fino a primavera inoltrata; ma forse lui lo indovinò, comunque aveva un’aria così triste che gli diedi la tabacchiera d’argento di mio padre per consolarlo.
Divideva il suo tempo fra Maude e me, giocava con lei a tavola mulino e la faceva ridere tanto che lei gli diede i suoi orecchini con le perle e la spilla che papà le aveva portato da Quebec. Io gli diedi la spilla da cravatta coi diamanti di mio padre, perché gli piaceva molto, e per Natale gli regalammo i cammei e il bastone da passeggio di papà con l’impugnatura d’oro. Maude si prese il raffreddore l’ultimo giorno dell’anno, e così noi due passammo la sera insieme, io preparai del vino brulé e lui appese un po’ di gioielli della mamma al lampadario, e li faceva girare. Accendemmo le candele e la radio, che trasmetteva l’ultimo dell’anno a Times Square e la Festa da ballo di qualcuno, andai a versarmi un’altra tazza di vino e lui mise la sua mano sopra la mia mentre prendevo la bottiglia, e sapevo che una volta tanto le mie labbra erano rosse e il giorno seguente gli regalai il cappotto di papà col collo di pelo.
Immagino che Maude abbia sospettato che c’era qualcosa fra noi, perché aveva un’aria cupa e cattiva quando le portai il brodo, a pranzo, e disse, Dov’eri a colazione e io dissi, Maude è il primo dell’anno, avevo voglia di dormire di più, una volta tanto. Lei non mi stette neanche a sentire. Sei stata con lui. Pensai, se vuole credere una cosa del genere che lo creda pure, e feci gli occhi assonnati e dissi, Dovevamo inaugurare l’anno nuovo, non ti pare? In due giorni era già alzata, non ho mai visto nessuno uscire dal letto così in fretta dopo un’influenza. Immagino che non sopportasse l’idea di non poter vedere ogni tanto cosa facevamo. Poi mi ammalai io e mi accorsi che tortura doveva essere stata per lei, a non potersi muovere dal letto, chiamavo Maude in continuazione, e certe volte veniva, certe altre no, e quando finalmente veniva su le chiedevo, Maude dove sei stata e lei ridacchiava e non rispondeva. C’era sempre carne, arrosti e braciole e polli in fricassea, e quando le dicevo, Maude non ci resterà più niente, lei sorrideva e diceva, Voglio solo fargli vedere che ci so fare anch’io in cucina, e lui dice che sono molto più brava di te. Dopo un po’ mi alzai, dovevo farlo anche se mi sentivo debole e mi veniva da vomitare, dovevo scendere di sotto e tenerli d’occhio. Non appena mi alzai, preparai un arrosto di daino che avrebbe fatto venire l’acquolina in bocca a un morto, e da quel momento cominciammo a fare a gara l’una con l’altra in cucina. Una volta avevo in mano il manico della pentola, e lei arrivò e cercò di prendermela, dicendo, Lo servo io. Io dissi, Tu sei matta, Maude, l’ho cucinato io, e lei attraverso il vapore disse, Non ti servirà a niente, Lizzie, lui ama me, e io la spinsi da parte dicendo, Maledetta stupida, lui ama me e gli darò le mie ametiste per provarlo. Un paio di giorni dopo non riuscii più a trovarle da nessuna parte, e mi sembrò di sentire dei rumori nella stanza di dietro, e andai alla porta ma anche se erano lì non risposero, la porta era chiusa a chiave, e loro non risposero anche quando bussai. Così il giorno dopo lo portai nella mia stanza e chiudemmo la porta a chiave e gli raccontai una storia su ognuno dei miei gioielli, anche quelli di poco valore, e quando Maude bussò e cominciò a piagnucolare fuori dalla porta, noi rimanemmo in silenzio, e quando uscimmo e lei disse, Allora, Lizzie, cosa ci facevate là dentro, io ridacchiai e non dissi niente.
Non doveva farlo, eravamo tutti seduti attorno al tavolo dopo cena e lei mi guardò e disse, Sai una cosa, Arnold, io non mi avvicinerei troppo a Lizzie, ha degli attacchi. Arnold cercò di far finta che non gli importasse, ma quando Maude andò a letto io scesi per vedere come l’aveva presa. Lui era ancora in cucina, che tagliuzzava un pezzo di legno, e quando cercai di toccargli la mano si scostò.
Dissi, Non aver paura, mi capita molto di rado.
Lui disse, Non è questo che mi importa.
E allora cosa ti importa?
Non so, signorina Lizzie, credo che tu non hai fiducia in me.
Certo che ho fiducia in te, Arnold, non ti ho dato tutto?
Lui fece una faccia triste. Tutto tranne la fiducia.
Io ti devo molto, Arnold, mi fai sentire così giovane.
Lui mi sorrise. Sembri più giovane, signorina Lizzie, sei sempre più giovane ogni giorno che passa.
È merito tuo.
Se vuoi, ti potrei far diventare davvero giovane.
Sì, Arnold, sì.
Ma devo essere sicuro che tu hai fiducia in me.
Così gli feci vedere dove tenevamo i soldi. Ormai era mezzanotte passata, ed eravamo stanchi tutt’e due, disse, Domani, e lo lasciai andare a letto.
Non so cosa ci svegliò tutte e due, e ci fece alzare all’alba, ma andai a sbattere addosso a Maude, nel corridoio, e sembravamo due fantasmi, con le camicie da notte addosso. Scendemmo le scale insieme e c’era una luce in cucina, il posto dove tenevamo i soldi era aperto, vuoto, e filtrava la luce dalla porta della ghiacciaia. Mi ricordo che guardai dentro e pensai, la carne è quasi tutta finita. Aprimmo la porta ancora un po’, e lui era lì, aveva fatto una slitta, doveva essere sceso lì ogni notte, a lavorarci. Era piena di roba, la nostra roba, e aveva aperto la porta che dava fuori, aveva scavato una rampa nella neve e si stava allacciando delle scarpe da neve fatte da lui, ancora un minuto e se ne sarebbe andato.
Quando ci sentì si voltò.
Io avevo il fucile e Maude l’ascia.
Lui disse, Potete riprendervi tutta la vostra roba.
Noi dicemmo, Non ci interessa la roba, Arnold. Come facevamo a dirgli che era la nostra giovinezza che si stava portando via?
Lui ci guardò, con gli occhi annebbiati. Potete prendervi tutto, ma lasciatemi andare.
Hai detto che ci amavi.
Si stava arrampicando sulla rampa di neve. Lasciate stare quello che vi ho detto, lasciatemi andare.
Stava proprio per andarsene, così Maude lo colpì con l’ascia.
Poi chiudemmo la porta e rimanemmo lì a guardarci, non riuscivo a dire quello che avevo nel cuore, così guardai Maude, eravamo tutt’e due tristi, tristi, e dissi, Non c’è quasi più cibo.
Maude disse, Non c’è più niente. Non ci arriveremo mai alla primavera.
Io dissi, Dobbiamo arrivarci.
Maude guardò Arnold, steso a terra. Lo sai cosa mi ha detto?
Mi ha detto, Ti posso far diventare giovane.
Anche a me, dissi io. C’era qualcosa nei suoi occhi che mi obbligava a credergli.
Gli occhi di Maude brillavano. Disse, Non c’è più cibo.
Sapevo cosa voleva dire Maude, che lui ci avrebbe fatto diventare giovani. Non so come funzionerà dentro di noi, ma lui ci farà diventare giovani, sarà come se non avessi mai avuto gli attacchi, mai in tutti quegli anni. Maude mi guardava, aspettando, e dopo un minuto la guardai negli occhi e dissi, Lo so. Così ce lo mangiammo.