«Che ore sono?»
Manca un quarto alle dodici,
E domani è il Giorno del Giudizio.
Sei uomini scesero dalla barca quando essa si fermò, oscillando, nell’acqua bassa. Stede Bonnett, scrutando verso di loro dietro a un sanguinello sulla cresta di una collina sabbiosa che riparava il suo bivacco dal gelido vento di mare, sogghignò per il sollievo quando riconobbe colui che li guidava — era William Rhett, lo stesso colonnello dell’Esercito Inglese che aveva catturato Bonnett più di un mese prima, e adesso si trovava là chiaramente per catturarlo di nuovo dopo la sua recente fuga dalla torre di guardia che fungeva da prigione ausiliaria di Charles Town.
Grazie a Dio, pensò Bonnett; sto per essere messo di nuovo sotto chiave — se sono davvero fortunato, potrei anche essere ucciso oggi.
Si voltò in fretta e scese faticosamente per l’altro lato della collina prima che qualcuno dei suoi compagni potesse raggiungerlo e accorgersi del gruppo che stava per assalirli; e cercò di smorzare la sua eccitazione, poiché l’uomo nero poteva avvertire gli stati d’animo alla stessa stregua di Barbanera.
Trovò i tre ancora seduti intorno al fuoco, l’indiano e il nero da una parte, David Herriot dall’altra.
«Beh, David,» disse, sforzandosi di apparire entusiasta, «il tempo si è definitivamente rischiarato. Immagino che non vedi l’ora di andartene da questa dannata isola e di imbarcarti su un’altra nave, eh?»
Herriot, che era stato un docile ufficiale di rotta dal giorno in cui la Vendetta era stata messa in mare fino al giorno in cui il Colonnello Rhett aveva catturato la nave a Cape Fear River, si limitò a stringersi nelle spalle. La sua euforia infantile, quando erano fuggiti da Charles Town, aveva cominciato a trasformarsi in timore superstizioso quando, inspiegabilmente, il maltempo li aveva costretti a trovare rifugio sull’Isola di Sullivan, e fin da quando l’indiano e il negro si erano uniti a loro era sprofondato in una cupa letargia.
L’indiano e il negro si erano semplicemente fatti trovare davanti alla tenda di Bonnett una mattina di una settimana prima, e sebbene non si fossero presentati avevano chiamato Bonnett ed Herriot per nome, e avevano spiegato che erano venuti ad aiutarli a raggiungere un’altra nave. Bonnet pensò di aver visto l’indiano a bordo della Vendetta della Regina Anna a maggio, quando Barbanera aveva terrorizzato Charles Town per procurarsi le erbe medicinali che tenevano lontani gli spettri, e le gengive dell’uomo nero erano bianche come i suoi denti: il marchio dei bocor. Era stato chiaro all’ingenuo Herriot quanto a Bonnett che Barbanera li aveva trovati.
Per quasi un mese e mezzo dopo quel terribile viaggio nell’entroterra fino alla Fontana della Giovinezza, Bonnett non aveva avuto alcun controllo sulle sue azioni. La Vendetta aveva accompagnato la Vendetta della Regina Anna a nord, in Virginia, e sebbene fosse la bocca di Bonnet a gridare ordini di manovra ai suoi marinai, era Barbanera che parlava attraverso di essa. Come un sonnambulo Bonnett si trovò ad accettare il Perdono del Re dal Governatore Eden della North Carolina, e a fare preparativi per salpare verso sud, per tornare alle Barbados, dove riassumere, nei limiti del possibile, il suo ruolo di membro dell’alta società dei proprietari di piantagioni dell’isola. Barbanera stava naturalmente progettando di essere ucciso in modo da poter ritornare in un nuovo corpo, e ovviamente sentiva che sarebbe stato utile avere un ricco gentiluomo — o anche un ex-gentiluomo — che agisse come suo burattino su quella ricca isola.
Dopo aver ricevuto il perdono, Bonnett cominciò a riprendere il controllo delle sue azioni; apparentemente Barbanera avvertiva che un ritorno alla sua vita precedente era la cosa che Bonnett desiderava di più al mondo, e così non si preoccupava in particolar modo di costringerlo a cooperare.
In effetti, tuttavia, Bonnett temeva il ritorno alle Barbados più di quanto temesse la morte. Era stato un cittadino rispettato durante gli anni vissuti là — un maggiore dell’esercito a riposo e un ricco coltivatore — e non riusciva a sopportare di ritornare da ex-pirata, uno che era ancora in libertà solo perché aveva scelto di nasconderei sotto la gonna dell’amnistia reale. E ogni sua speranza che i cittadini di quella remota isola potessero ignorare la sua carriera piratesca si era infranta pochi giorni dopo il suo imbarco, poiché la seconda nave che aveva catturato era stata la Turbet… una nave delle Barbados. Anche allora, aveva capito che avrebbe dovuto uccidere tutti quelli che erano a bordo in modo da non lasciare testimoni, ma non aveva avuto il fegato di dare l’ordine… e inoltre, David Herriot non sarebbe mai rimasto a osservare che fossero state uccise delle persone con le quali aveva navigato per tutta la vita.
E l’idea di rivedere sua moglie, ora, lo faceva quasi svenire. La donna era stata una strega vituperatrice anche prima che lui partisse — sia pur nolente! — per la sua crociera criminosa, e lui si svegliava ancora di frequente coperto di sudore, con le di lei grida sprezzanti che gli rimbombavano nelle orecchie, perfettamente chiare nella mente: «Vattene via da me, essere viscido e brutale! Porco schifoso!» Se n’era sempre scappato di casa, dalla sua casa, tremante e col desiderio di commettere uxoricidio o suicidio… o entrambi.
Ma un ritorno alle Barbados e da lei era quello che gli riservava il futuro… a meno che non riuscisse a sconvolgere i piani che Barbanera aveva per lui. E così il quattordici settembre mandò Herriot nella città per radunare quanti più membri riusciva a trovare della sua ciurma originaria — non voleva nessuno che avesse navigato con Barbanera o Davies — e poi condurli a bordo della Vendetta. La nave non era un bottino ricavato dalla pirateria — Bonnett aveva pagato per ogni tavola e ogni iarda di sartiame — e così le autorità del porto non ebbero obiezioni alla sua partenza. Non appena furono fuori dal porto fece grattare via il nome Vendetta dall’arcaccia della nave e dipingere Royal James al suo posto.
Dopodiché Bonnett fece in modo da violare il suo perdono nella maniera più completa e rapida che poteva. Prima che il sole tramontasse su quel mercoledì aveva catturato una nave, e durante i successivi dieci giorni ne catturò altre undici. Il bottino fu di scarso valore — tabacco, carne di maiale, spilloni e aghi — ma lui era ormai chiaramente impegnato nella pirateria. Disse alle ciurme delle navi saccheggiate che il suo nome era Capitan Thomas, perché non voleva che la notizia della sua ricaduta raggiungesse Barbanera finché non fosse riuscito a portarsi sano e salvo lontano dalle sue grinfie.
Per portare a compimento ciò, decise di rubare a Barbanera lo scenario stabilito per la sua sconfitta — quando era interamente sotto il controllo di Barbanera, Bonnett era stata l’unica persona con la quale il pirata aveva osato discutere del piano della sua disfatta — anche se Bonnett se ne sarebbe servito per uno scopo più modesto. Poiché mentre Barbanera intendeva utilizzarlo come trampolino per l’immortalità, Bonnett aspirava solo a una rapida morte, o, se avesse fallito, a un processo e a una conclusiva impiccagione lontano dalle Barbados.
Pilotò la Royal James su per Cape Fear River, all’apparenza per carenarla ed effettuare riparazioni — ma si assicurò che il capitano e la ciurma dell’ultima nave da lui catturata vedessero dov’era il suo ancoraggio prima di essere liberati.
I cacciatori di pirati del governatore, con a capo il Colonnello Rhett, si erano cortesemente presentati sulla foce del fiume la sera del ventisei; e Bonnett si assicurò che il suo finto tentativo di fuga avvenisse alla bassa marea della mattina successiva. Sebbene Herriot fosse rimasto stupefatto davanti alla mancanza di senso pratico dei suoi ultimi ordini, Bonnett riuscì a far incagliare la nave in una posizione nella quale sarebbe stata impossibile qualsiasi manovra. All’ultimo momento Bonnett aveva tentato di far detonare i barilotti di polvere, che avrebbero sparso i suoi resti e quelli della maggior parte della ciurma sul paesaggio acquitrinoso, ma fu fermato prima che potesse dare fuoco.
C’era poi stato il viaggio di ritorno a Charles Town… in catene. La sua ciurma era stata sollecitamente rinchiusa nell’edificio delle riunioni degli Anabattisti nell’angolo meridionale della città, sotto la sorveglianza di un’intera compagnia della milizia… ma Bonnett e Herriot erano stati condotti in una torre di guardia a sud della città, su un argine del fiume Ashley, con sole due guardie assegnate loro.
La sera di due settimane dopo il loro arrivo, entrambe le guardie tornarono a piedi in città per cenare… e la serratura della porta si dimostrò così arrugginita che uno spintone fece spezzare il chiavistello. Neppure Bonnett aveva davvero desiderato affrontare l’umiliazione di un processo e di un’esecuzione pubblica, e così, esultanti per quello che sembrava un colpo di fortuna, lui e Herriot erano scivolati fuori, avevano rubato una barca e avevano remato verso est, oltre il Forte di Johnson, e fuori dal porto.
Allora il tempo si era messo al brutto, con vento e pioggia e mare agitato, e loro erano stati costretti a sbarcare sull’Isola di Sullivan, appena fuori e a nord del porto; e, troppo tardi ormai, entrambi avevano cominciato a chiedersi, inquieti, se la loro fuga era stata davvero un colpo di fortuna.
Il tempo non era migliorato. I due fuggitivi erano riusciti a erigere una tenda con le vele della barca, e per due settimane avevano vissuto di passere nere e tartarughe cotte su un fuoco accuratamente nascosto. Bonnett aveva sperato che il poco fuoco disperso dal vento passasse inosservato contro il cielo perpetuamente grigio.
Non era stato così.
Bonnett staccò una fronda a forma di ventaglio da una delle onnipresenti palme nane, e la gettò sul fuoco; essa cominciò a scoppiettare e ad arricciarsi, e lui sperò che il rumore coprisse il fruscio provocato dal Colonnello Rhett e dai suoi uomini mentre strisciavano su per il fianco della collina rivolto verso il mare. «Sì,» proseguì con voce alta, «farà bene a entrambi, David, andarcene da quest’isola. Sono pronto ad andare a catturare altre navi… e ho imparato dai miei errori! Mai più lascerò vivo qualcuno che potrà testimoniare contro di me!» Sperò che il gruppo di Rhett stesse ascoltando quelle dichiarazioni. «Stuprerò le donne e sparerò agli uomini e li getterò fuori bordo in pasto agli squali!»
Herriot aveva un’espressione ancora più infelice, e il bocor stava fissando Bonnett con evidente sospetto.
«Cosa stai facendo?» domandò il bocor. Vigile più che mai perché lontano dai protettivi loa dei Caraibi, sollevò una mano e fece filtrare la brezza fra le dita.
Dove sei, Rhett? pensò Bonnett disperato, con l’espressione allegra che cominciava a vacillare. Sei già in posizione? Pistole caricate e puntate?
L’indiano si alzò e spazzò la radura col suo sguardo. «Sì,» disse all’uomo nero, «ci sono scopi nascosti qui.»
Le dita del bocor stavano ancora ondeggiando, ma la mano era puntata contro il pendio rivolto verso il mare. «Ci sono… altri! Vicino!» Si voltò in fretta verso l’indiano. «Magia protettiva! Ora!»
La mano dell’indiano scattò verso la borsa di pelle decorata che aveva alla cintura…
«Fuoco!» strillò Bonnett.
Una dozzina di esplosioni quasi simultanee scossero l’aria mentre la sabbia schizzava in alto su tutta la radura e il fuoco proiettava un vortice di scintille. Voci stavano gridando sulla sommità del pendio, ma Bonnett non poté udire cosa stessero dicendo. Lentamente voltò la testa e guardò intorno.
L’indiano stava seduto sulla sabbia sconvolta e si stringeva la coscia lacerata e sanguinante, e il bocor si stava stringendo il polso destro e guardava con cipiglio la mano squarciata e quasi senza dita. David Herriot giaceva disteso sulla schiena, e fissava intensamente il cielo: un foro si era aperto nel mezzo della sua faccia, e il sangue aveva già creato un alone scuro nella sabbia intorno alla testa.
Addio, David, pensò Bonnett, sono contento di averti potuto dare almeno questo.
Il Colonnello Rhett e i suoi uomini stavano scivolando e correndo giù per il pendio, stando attenti a tenere delle pistole cariche puntate contro gli uomini intorno al fuoco. A Bonnett venne in mente che lui non era stato colpito da nessuna delle palle di pistola che erano state sparate nella radura.
Ciò significava che sarebbe sopravvissuto… per subire un processo pubblico, e poi fornire un morboso divertimento a tutti i cittadini di Charles Town — così come a tutti gli indiani, marinai e cacciatori di pelli che avrebbero potuto trovarsi nella città — con lo spettacolo di se stesso che si dimenava e faceva smorfie e perdeva davanti a tutti il controllo della vescica e dei visceri mentre ciondolava col collo appeso all’estremità di una corda per alcuni, lunghi minuti.
Rabbrividì, e si domandò se fosse troppo tardi per provocare gli uomini di Rhett affinchè lo uccidessero in quel preciso momento.
Lo era. Rhett stesso lo aveva raggiunto alle spalle e in quel momento gli tirò indietro le braccia e in fretta gli assicurò i polsi con una robusta corda. «Buona giornata, maggiore Bonnett,» disse Rhett con freddezza.
L’accesso di brividi era passato, e Bonnett scoprì di essere in grado di rilassarsi. Alzò lo sguardo, e raddrizzò le spalle come si addiceva a un ex-maggiore dell’esercito. Beh, morirò senza onore, pensò, ma perlomeno senza neppure un debito rilevante. Mi sono guadagnato la morte che prepareranno per me. Non con la pirateria, poiché quella non è mai stata la mia vera occupazione; ma adesso non ho più bisogno di industriarmi per escogitare altre soluzioni.
«Buon giorno, colonnello Rhett,» disse.
«Legate il negro e l’indiano,» disse Rhett a uno dei suoi uomini, «e poi fateli trottare fino alla barca. Sollecitateli con la punta di un coltello se non vogliono fare in fretta.» Poi diede a Bonnett uno spintone. «Lo stesso vale per te.»
Bonnett s’incamminò su per il pendio verso il cielo grigio. Stava quasi sorridendo. No, pensò, non c’è più bisogno che io fìnga con me stesso di essere stato drogato quando ho picchiato a morte quella povera puttana che aveva eseguito un’imitazione così convincente di mia moglie. Ora che sto per essere chiamato ad espiare, a causa di un’erronea ragione, per un crimine orribile, posso almeno essere contento che abbiano trovato un uomo che ne ha un’altra da offrire.
Pensò a Barbanera. «Non lasciatemi scappare di nuovo, avete capito?» gridò a Rhett. «Rinchiudetemi in un posto da cui non posso essere tirato fuori, e fate in modo che le guardie vigilino su di me!»
«Non preoccuparti,» disse Rhett.
Quando il pallido rosa dell’alba alle spalle dell’isola di Ocracoke divenne abbastanza luminoso da dissolvere la macchia indistinta della bocca della laguna, Barbanera ridacchiò piano nel vedere le vele delle due corvette della Navy ancorate dov’erano al crepuscolo. Il gigantesco pirata capovolse l’ultima bottiglia di rum, e quando fu vuota la agitò verso Richards. «Eccone un’altra per Miller,» disse. «Gliela porterò io.» Inspirò profondamente, assaporando il miscuglio di fredda aria aurorale e vapori di rum, e gli sembrò che l’aria fosse tesa — respirarla era come toccare una trave di legno piegata fino a un pelo dal suo punto di rottura.
Sebbene non gli piacessero, si costrinse a masticare e a ingoiare un altro boccone di palline di zucchero e cacao: si soffocò, ma le mandò giù. Così dovrebbe bastare, si disse; probabilmente nessuno al mondo ha mai bevuto tanto rum o mangiato tanti dannati dolciumi come ho fatto io stanotte. Sono sicuro che non c’è una sola goccia del mio sangue che non sia satura di zucchero e alcol.
«Possiamo ancora svignarcela verso est, capitano,» disse Richards nervosamente. «La marea è ancora abbastanza alta da consentirci di superare le secche con questa corvetta.»
Barbanera si stiracchiò. «E abbandonare la nostra preda?» domandò, facendo scattare un pollice verso la corvetta più larga, ancorata a trenta iarde di distanza a tribordo, che avevano catturato il giorno prima. «Naaa. Possiamo vedercela con questi ragazzi della Navy.»
Richards si accigliò ancora, preoccupato, ma non azzardò un’altra obiezione. Barbanera sogghignò mentre si avviava verso poppa, in direzione della scaletta del ponte dei cannoni dell’imbarcazione. Pare, pensò, che avere sparato a Israel Hands sia servito a due cose. Ho anche ottenuto che il resto di loro abbia paura di discutere con me.
Il suo sogghigno divenne più un trasalimento — su una faccia più mansueta avrebbe dato un’impressione di falsa tristezza — quando ricordò la riunione di due notti prima nella sua minuscola cabina. Da Tobias Knight, l’esattore della Dogana, era giunta notizia che il governatore Spotswood della Virginia sapeva che Barbanera si stava aggirando da quelle parti e aveva organizzato una sorta di spedizione per catturarlo. Israel Hands aveva immediatamente cominciato a fare piani per abbandonare quell’ancoraggio nella Laguna di Ocracoke.
Barbanera si era sporto in avanti, mantenendo la faccia inespressiva nella luce della lampada, e aveva riempito nuovamente diverse coppe sul tavolo rozzo. «Sei tu a decidere cosa facciamo, Israel?» aveva chiesto.
«Se non lo fai tu, Ed, allora sì, lo faccio io,» aveva replicato allegramente Hands. I due avevano navigato assieme ai tempi dei corsari, e poi ancora come pirati sotto il vecchio ammiraglio bucaniere Ben Hornigold, e Israel Hands osava essere confidenziale con Barbanera più di chiunque altro. «Perché? Vuoi rimanere e tentare di combattere con l’Avventura?» Aveva assestato due colpi sprezzanti alla paratia e al basso soffitto. «Non è nient’altro che una dannata corvetta, uomo, poco più di un guscio di tartaruga! Torniamo dove abbiamo lasciato la Vendetta della Regina Anna e riprendiamo il mare! All’inferno la schiuma e le secche — voglio sentire un vero ponte sotto i miei piedi, che si solleva sopra un vero mare.»
E mosso da un’improvvisa ondata di affetto per il suo vecchio e leale compagno di crociere, Barbanera aveva d’impulso deciso di fare un’azione misericordiosa che non sarebbe mai stata riconosciuta come tale. «Farò in modo,» disse, sottovoce, «che tu viva per navigare ancora, Israel.»
Quindi, sfilò due pistole sotto il tavolo, si chinò in avanti, spense la lampada con un soffio, incrociò le pistole e fece fuoco.
I due scoppi simultanei proiettarono un guizzo di luce gialla attraverso le crepe e i buchi nel tavolo, e Israel Hands fu scagliato via dalla sedia e mandato a sbattere contro la paratia. Quando il conseguente vociare e annaspare si fu calmato abbastanza perché qualcuno pensasse di riaccendere la lampada, Barbanera vide che la sua mira era stata perfetta — una palla si era piantata, innocua, nel ponte, e l’altra aveva trasformato in uno scempio sanguinolento il ginocchio di Israel Hands.
Gli uomini nella stretta cabina, tutti in piedi adesso, avevano fissato Barbanera con timore e stupore, ma Israel Hands, accovacciato contro la paratia e intento a fermare il sangue che gli fluiva dalla gamba rovinata, alzò lo sguardo sul vecchio compagno con un’espressione di sofferenza — e anche di delusione per l’amicizia tradita — sulla faccia improvvisamente scarna. «Perché… Ed?» riuscì a chiedere, attraverso i denti serrati.
Incapace di dirgli la verità, Barbanera gli aveva semplicemente detto, arcigno, «All’inferno… se di tanto in tanto non sparassi a uno come te dimentichereste chi sono io.»
Hands era stato portato via dal vascello la mattina dopo, febbricitante e smanioso di vendetta. Ma, pensò Barbanera mentre scendeva giù sul ponte dei cannoni dal basso soffitto, almeno tu domani sarai vivo, Israel — non sei qui.
«Eccone un’altra,» disse a Miller, che aveva già riempito una dozzina di bottiglie con proiettili e polvere, e, dopo aver ficcato una miccia lenta nel collo di ognuna, le aveva appoggiate con cura su una coperta. «Tutto pronto?»
Miller sogghignò, storcendo ancora di più la faccia già sfregiata. «Quando tu vorrai, capitano,» replicò, felice.
«Ottimo.» Con una debole eco del sentimento che aveva provato per Israel Hands, Barbanera desiderò per un momento di aver trovato una scusa per mandare via tutta la sua ciurma, e incontrare da solo i cacciatori di pirati di Spotswood. Ma più sangue sarebbe stato versato quel giorno, meglio avrebbe funzionato la sua magia, e, sentimento a parte, qualsiasi sfortuna toccata ad altri che fosse andata a suo vantaggio sarebbe stata una contropartita accettabile. «Nessuna misericordia,» disse. «Più sale-di-sangue che sale-di-mare nell’oceano, oggi, eh?»
«Maledettamente giusto,» convenne Miller, ridacchiando mentre versava la polvere con un imbuto nella bottiglia vuota.
«Maledettamente giusto,» echeggiò Barbanera.
«Le micce sono là sopra, capitano,» fece notare Miller. «Appena il sole sarà in alto, scommetto che vorrai immediatamente intrecciarle nei capelli.»
«No,» disse pensieroso Barbanera, «credo che non ne porterò nessuna oggi.» Si voltò verso la scaletta, poi si fermò per un attimo e, senza guardare indietro, fece un cenno con la mano al di sopra della spalla verso Miller e gli uomini chini sulle culatte dei cannoni. «Uh… grazie.»
Di nuovo sul ponte vide che il giorno era davvero sopraggiunto. Il debole rosa dell’est si era diffuso in un chiarore grigio che attraversava il cielo. Una fila di pellicani passò svolazzando a poche iarde dalla sabbia, e alcuni uccelli trampolieri stavano diguazzando avanti e indietro, indaffarati, sulla spiaggia dell’isola di Ocracoke, a cento iarde dalla prua, verso babordo.
«Eccoli che arrivano, capitano,» disse Richards, tetro.
Le vele delle due corvette della Navy erano adesso spiegate e gonfie, e gli stretti scafi stavano avanzando sull’acqua calma e argentea, lentamente a causa delle molte secche.
«Mi domando se hanno un pilota che conosce la laguna,» rifletté Richards.
Una delle corvette si fermò con uno scossone che fece flettere l’albero; un momento dopo anche l’altra fece la stessa cosa.
«No,» disse Barbanera, «non ce l’hanno.» Spero, pensò tetro, che tutto questo sia servito a qualcosa. Spero che questi uomini della marina non siano degli idioti incompetenti.
Vide gli spruzzi quando i marinai sui vascelli della Navy si diedero da fare a gettare zavorra fuori bordo. Fate presto, sciocchi, pensò. La marea sta calando. E se non sarò… trapiantato prima di Natale, cioè fra sole cinque settimane, la perderò: Hurwood avrà già eseguito il suo imbecille trucco matrimoniale e l’avrà eliminata.
Desiderò di aver imparato prima — o dedotto — che i suoi matrimoni magici non avrebbero più funzionato con donne ordinarie. All’inizio della sua carriera di mago aveva scoperto che nella magia c’erano sia aspetti femminili che maschili, e che nessun uomo, da solo, avrebbe potuto avere facile accesso alle aree femminili. In passato aveva sempre aggirato l’ostacolo unendosi in sacro legame con una donna e poi usando quel legame, che in effetti li rendeva eguali, per completare la sua abilità magica altrimenti unilaterale. La pronta disponibilità di mogli «fresche» lo aveva reso noncurante nei loro confronti, e loro erano morte tutte o diventate folli quasi subito dopo le nozze, dal momento che lui le consumava completamente. Quella che sarebbe diventata vedova quel giorno era la quattordicesima.
Aveva sedici anni, ed era ancora graziosa quando l’aveva vista l’ultima volta, a maggio. Le era stato legato abbastanza profondamente, finché, dopo aver usato le aree di magia potenziale della sua mente femminile per tenere Bonnett sotto controllo — per qualche ragione Bonnett era stato maggiormente vulnerabile agli aspetti femminili della magia — alla fine le aveva distrutto la mente. Si trovava in un manicomio della Virginia adesso, e quando era andato a farle visita a maggio per vedere se poteva essergli ancora utile in qualche modo, lei aveva urlato ed era fuggita, e poi aveva infranto una finestra e tentato di uccidersi con un lungo frammento di vetro. Nella conseguente confusione erano stati chiamati una levatrice e un prete, poiché il sorvegliante che l’aveva agguantata aveva creduto sulle prime che stesse tentando di procurarsi un aborto.
Ma ormai Barbanera non aveva neppure remotamente lo status magico di una donna normale. Lui aveva in maniera drastica modificato il suo rango, aveva versato il sangue nell’Erebo… per cui avrebbe potuto sposarsi con profitto solo con una donna che avesse versato anche lei il suo sangue laggiù.
Per quanto ne sapeva, c’era una sola donna vivente che lo aveva fatto.
«Potremmo cercare di aggirarli mentre sono bloccati,» osservò Richards, guardingo. «Credo che se…» Sospirò. «Non ha importanza. Stanno avanzando di nuovo.»
Barbanera trattenne un sogghigno di soddisfazione mentre scrutava davanti a sé. «Infatti.»
«Cristo,» disse Richards, con voce rauca, «è esattamente così che presero Bonnett due mesi fa — lo intrappolarono in una laguna con la bassa marea di prima mattina.»
Barbanera si accigliò. «Hai ragione.»
Richards gli lanciò un’occhiata, sperando chiaramente che il re-pirata avesse finalmente compreso l’entità del pericolo.
Ma Barbanera stava solo rammentando quello che aveva sentito a proposito della cattura di Bonnett. Sì, sangue del Baron, pensò incollerito, a parte il fatto che essa è avvenuta centocinquanta miglia a sud di qui, è stata dannatamente simile.
Bonnett ha rubato lo scenario della mia disfatta!
Non solo si è reso incapace di ricoprire il ruolo che avevo stabilito per lui, così astutamente che non me ne sono accorto finché non è stato troppo tardi e lui si era già fatto catturare, ma ha anche ricordato e rubato — piratato! — la scena della disfatta che io avevo intenzione di recitare — replicare! — oggi! E i due maghi che avevo mandato a prelevarlo da quell’isola sono tornati senza di lui, e feriti… e sabato scorso, esattamente a mezzogiorno, ho smesso di essere mentalmente consapevole di lui. A quanto sembra ha trovato un foro attraverso il quale sfuggirmi… il cappio all’estremità della corda di un boia.
«Distanza di voce fra un momento,» gracchiò Richards, con la faccia luccicante di sudore malgrado il gelo che rendeva visibile il suo fiato come vapore.
«Distanza di voce adesso,» disse Barbanera: Raddrizzò le spalle massicce e poi con passi lenti e misurati raggiunse la prua e puntellò un piede calzato di stivale sul bompresso. Si riempì i polmoni, poi gridò verso le corvette della Navy, «Maledizione a voi, chi siete? E da dove venite?»
Ci fu agitazione sul ponte della corvetta più vicina, e poi il vessillo inglese salì garrendo in cima all’albero. «Potete vederlo dai nostri colori,» fu la replica urlata, «non siamo pirati!»
Quasi formalmente, come se si trattasse di uno scambio retorico in un’antichissima litania, Barbanera gridò, «Vieni a bordo così posso vedere chi sei.»
«Non posso allontanarmi dalla mia nave,» strillò di rimando il capitano della marina, «ma verrò a bordo non appena potrò, con la mia corvetta!»
Barbanera sorrise e parve rilassarsi. Urlò a sua volta, «Che la dannazione afferri la mia anima se vi concederò misericordia, o ne accetterò da voi.»
«Non ce l’aspettiamo, ne ve la offriamo!»
Barbanera si voltò verso Richards. «Direi che è tutto chiaro,» fece notare. «Issate i nostri colori e tagliate il cavo… partiamo.»
«Certo, certo, capitano,» disse Richards. «Lasciamo il bottino?»
«Sicuro, non mi sono mai preoccupato del bottino.»
Il vascello della marina che era in testa bordeggiò verso nord, ma in un attimo la corvetta di Barbanera, l’Avventura, stava scivolando verso ovest davanti al vento sulla superficie calma dello Stretto di Pamlico, puntando dritta come una freccia fra l’altra corvetta della Navy e la spiaggia dell’isola di Ocracoke, in direzione della laguna e del mare aperto al di là di essa. Tutti gli uomini a bordo dell’Avventura, eccetto Barbanera, stavano trattenendo il fiato poiché l’acqua era profonda a malapena più di sei piedi, e la marea stava rifluendo. Diversi addirittura tirarono fuori dalle tasche delle monete e le scagliarono fuori bordo — il sole non aveva ancora superato la gibbosità dell’isola, e le monete caddero senza scintillare nell’acqua grigio-fumo.
Richards stava guardando a nord la corvetta che aveva parlato con loro. Rise piano. «Sono di nuovo arenati!» sussurrò.
Sentendosi improvvisamente stanchissimo, Barbanera sfilò una delle pistole e disse, «Allentate le vele. Faremo una pausa per mollare una bordata a questi ragazzi.»
Richards ruotò su se stesso per fronteggiarlo. «Cosa? ma ora possiamo filarcela se…»
Barbanera sollevò la pistola e colpì Richards alla bocca con la canna. «Fai allentare le vele e tieni pronti i cannoni di tribordo, maledetto te!»
«Certo!» disse Richards con una voce che era quasi un singhiozzo, voltandosi per comunicare l’ordine. La maggior parte degli uomini rimasero a bocca aperta per la sorpresa, ma videro la pistola, ed essendo il ritiro di Hands ancora nella memoria di tutti obbedirono, e l’Avventura rallentò, con le vele che fluttuavano flosce, e avanzò lentamente di fianco alla corvetta della marina.
«Fuoco ai cannoni di tribordo!» ruggì Barbanera, e l’Avventura ondeggiò quando i cannoni spararono, ammorbando l’aria mattutina con nubi di fumo acre e facendo sparpagliare strepitando gli allarmati uccelli marini.
Il fumo andò alla deriva verso ovest, in direzione della laguna, e Barbanera scoppiò a ridere nel vedere il vascello della Navy che rollava impotente, il sartiame ridotto a brandelli e la murata e le frisate a una rovina di legno frantumato.
«Spieghiamo le vele, adesso?» chiese con voce implorante Richards, adocchiando la riva di Ocracocke che si faceva sempre più vicina con la marea che rifluiva.
Anche Barbanera stava guardando. «Sì,» disse pensieroso, dopo un momento, poiché era troppo tardi.
Il vento capriccioso era calato, e sebbene i pirati si affollassero intorno a ogni iarda quadrata di vela come pescatori affamati che allargano le reti, l’Avventura andava alla deriva.
La corvetta a nord stava di nuovo galleggiando e gli uomini a bordo avevano tirato fuori i remi e stavano remando in direzione dell’Avventura.
Col più gentile dei cigolii, l’Avventura s’incagliò.
«Sbrigatevi a ricaricare i cannoni di tribordo!» gridò Barbanera. «Ragazzi,» aggiunse a un gruppo di pirati che stavano disperatamente gettando barili e catene oltre la murata, «lasciate perdere, non potete farla sollevare più in fretta di quanto la marea la faccia abbassare! Pronti con le pistole e le sciabole.»
La corvetta della marina superstite si stava avvicinando con andatura regolare. «Non fate fuoco finché non lo dirò io,» disse Barbanera.
«Giusto,» disse Richards, che aveva sfoderato la sua corta sciabola e stava lentamente roteandola a distanza di braccio in un esercizio di riscaldamento. Ora che non c’era più speranza di evitare lo scontro, gran parte della sua ansietà era scomparsa. Sogghignò a Barbanera. «Spero che questo sia il pelo più sottile per il quale tu ce l’abbia mai fatta.»
Il gigantesco pirata strinse brevemente la spalla di Richards. «Mai più così sottile,» disse piano, «te lo prometto.»
La corvetta della Navy si trovava a solo un paio di dozzine di iarde di distanza ormai, e Barbanera poteva addirittura udire, al di sopra dei tonfi dei remi nei fori di alloggiamento, i grugniti dovuti allo sforzo dei rematori. Sapeva che il capitano della marina stava decidendo quando scaricare i suoi cannoni, e quando mancò poco al completo allineamento, Barbanera gridò, «Fuoco!»
Ancora una volta i cannoni di tribordo dell’Avventura tuonarono, sparando un proiettile di piccole dimensioni, simile a una falce fischiante, attraverso il ponte dell’altro vascello. I corpi, scagliati via, rotearono come rottami scalciati in uno spruzzo di schegge e sangue, e i pirati esultarono… ma Barbanera, in piedi sul bompresso dell’Avventura, vide il giovane ufficiale che guidava frettolosamente tutti i restanti marinai in grado di camminare sottocoperta.
«Ora le granate!» urlò Barbanera con impazienza, non appena l’ultimo dei marinai illesi della Navy fu scomparso nel boccaporto.
I pirati, allegramente, si diedero da fare ad accendere le micce che sporgevano dalle bottiglie riempite di proiettili e polvere, e, non appena il fuoco scoppiettante si avvicinava al collo della bottiglia, a lanciarle sul ponte del vascello della Navy. Con una serie intermittente di detonazioni le bottiglie esplosero, scagliando proiettili in ogni direzione, che fecero scempio dei cadaveri sul ponte e stroncarono tutti gli uomini della marina che erano stati feriti troppo gravemente per scendere sottocoperta.
«Sono tutti morti, tranne tre o quattro,» gridò Barbanera, sfoderando la sciabola. «Abbordiamoli e facciamoli a pezzi!»
L’abbordaggio si rivelò facile, poiché la marea stava spingendo la corvetta della Navy verso di loro, e Barbanera fu in grado di superare con un balzo lo spazio che separava le due imbarcazioni e atterrare sul ponte rastrellato dalla bordata; nel medesimo istante la copertura del boccaporto fu spinta via e l’ufficiale che aveva il comando della corvetta della Navy, un tenente di vascello a giudicare dall’uniforme, si arrampicò sul ponte. Barbanera scoprì i denti in un ghigno che manifestava con tale chiarezza un avvenuto riconoscimento e un benvenuto che il tenente lanciò effettivamente uno sguardo alle sue spalle per vedere quale vecchio amico il pirata avesse scorto.
Ma dietro di lui c’erano soltanto i suoi uomini che salivano sulla scaletta, i diciotto — degli iniziali trentacinque — che ancora potevano impugnare una spada o fare fuoco con una pistola. I pirati stavano saltando e arrampicandosi a bordo dietro al loro capo, e il tenente di vascello e i suoi uomini ebbero appena il tempo di sguainare gli stocchi prima che i pirati urlanti fossero loro addosso.
Durante i primi momenti il ponte fu un tumulto caotico di ululati feroci, lame che cozzavano, tonfi, fendenti, punteggiato da occasionali colpi di pistola, mentre i pirati usavano le loro pesanti sciabole corte per sfondare la fila degli uomini della Navy e poi voltarsi e ripiombare su di loro. Molti degli stocchi degli uomini della marina si spezzarono nel tentativo di parare le martellate di armi che causavano pressocché lo stesso danno se usate di piatto o di taglio. Il ponte divenne ben presto scivoloso per il sangue che zampillava da moncherini, pance lacerate e gole aperte, e l’aria che vibrava per le urla e il clangore aveva il tanfo dell’odore di ferro caldo del sangue fresco.
Ma gli uomini della Navy avevano continuato a cercare semplicemente di evitare i pesanti fendenti delle sciabole piuttosto che a pensare di opporre ad essi le loro fragili lame, e, dopo il primo paio brutale di minuti, i pirati ansimanti e sudati cominciarono a maneggiare le loro sbarre d’acciaio da dieci libbre con meno rapidità e forza, e gli stocchi leggeri furono in grado di dardeggiare intorno ai colpi lenti, e di trafiggere gole e occhi e toraci. Sebbene feriti in maniera meno spettacolare, i pirati caduti furono tanti quanti gli uomini della marina.
Barbanera si era trovato a combattere vicino all’albero, schiena contro schiena con uno dei suoi uomini, ma quando la punta di uno stocco roteò intorno alla sciabola discendente dell’altro pirata e si conficcò con uno scatto nel suo cuore, e lui si afflosciò all’istante sul ponte, Barbanera si allontanò dall’albero e con la mano sinistra estrasse l’altra pistola.
Il tenente di vascello della Navy, in piedi di fronte a lui, estrasse la propria.
I due spari furono quasi simultanei, ma mentre la palla di Barbanera mancò il bersaglio e andò a perdersi nelle secche, la palla del tenente si conficcò nel ventre del pirata.
Barbanera vacillò all’indietro, ma un momento dopo emise un ruggito e balzò in avanti, facendo roteare la sciabola in un colpo di taglio che spezzò la lama dello stocco del tenente a un pollice dall’elsa. Barbanera sollevò di nuovo la sciabola per decapitare l’avversario… ma un altro uomo della Navy si portò alle sue spalle e, con un colpo che partì da sopra la testa come uno che voglia conficcare un paletto, abbatté la lama a forma di scure di una picca sulla spalla sinistra di Barbanera, mancando per poco l’orecchio. La clavicola si spezzò con uno schiocco udibile e il pirata venne scaraventato giù su un ginocchio. Lui sollevò la testa e poi, incredibilmente, raddrizzò le gambe poderose e si alzò, vacillando proprio mentre la picca ridiscendeva sibilando, cosicché essa gli tranciò la fronte e la guancia invece di sfondargli il cranio.
Barbanera aveva lasciato cadere la pistola scarica, ma la mano destra buona stringeva ancora la sciabola, e lui la fece ruotare in un arco orizzontale che mandò il corpo e la testa del picchiere a rimbalzare, separati, sul ponte.
Un’altra pistola fece fuoco direttamente al petto di Barbanera, e mentre barcollava all’indietro e il sangue si spargeva sul ponte intorno a lui, due stocchi furono conficcati nella sua schiena. Il pirata si girò su se stesso con tale rapidità che uno di essi si spezzò dentro di lui, e la sua sciabola roteante troncò il braccio dell’uomo che brandiva la spada spezzata. Altri due proiettili si piantarono nel suo corpo e un’altra lama si piantò con un tonfo nel suo fianco.
Finalmente Barbanera riuscì a portare solidamente i piedi sotto di lui e a raddrizzarsi — gli uomini della Navy si ritrassero impauriti — e poi, dritto come un albero abbattuto, crollò in avanti, e il ponte umido tremò quando lui lo colpì.
«Gesù Cristo,» esclamò il tenente, espirando e cadendo bruscamente a sedere, le mani tese per lo sfinimento ancora strette intorno alla pistola scarica e alla spada spezzata.
Dopo una pausa, uno degli uomini della marina raccolse la sciabola di Barbanera, s’inginocchiò accanto al cadavere e sollevò la pesante lama sopra la testa, cercando in maniera evidente di capire dove, sotto quel groviglio di capelli neri, fosse il collo del re-pirata. Un momento dopo si decise e abbassò con forza la lama: essa scricchiolò attraverso la spina dorsale di Barbanera e nel ponte e la testa recisa del pirata rotolò fino a fissare il cielo con un ghigno tirato ma sardonico.
Quando la marea salì di nuovo a prima sera, le quattro corvette malconce sfilarono oltre l’isola Beacon e proseguirono verso la Laguna di Ocracoke. I pirati sopravvissuti erano a bordo dell’Avventura sorvegliati da guardie armate, e la testa di Barbanera pendeva dal bompresso della corvetta della marina. Il sangue aveva smesso di gocciolare dal macabro trofeo già da diverse ore, e la maggior parte di esso aveva striato la fredda acqua salata per nutrire i piccoli pesci, ma un grumo era rimasto solido, e ora aderiva allo scafo della corvetta immediatamente al di sotto del livello dell’acqua.
Con molta lentezza, pulsava.
Il colpo di pistola rotolò via sul lungo porto dell’Isola di New Providence, e sebbene ci fosse uno scintillio sul ponte della Delicia quando uno degli ufficiali della Navy a bordo girò il cannocchiale verso la riva, nessuno sussultò per la paura di essere ucciso, o nella previsione di vedere qualcun altro ucciso, come sarebbe certamente accaduto sei mesi prima, e Jack Shandy avanzò a piedi nudi sulla sabbia cocente in direzione del pollo che aveva appena decapitato con una palla di pistola. Evidentemente era presto e le bevute giornaliere non gli avevano ancora rovinato la mira.
Raccolse la testa. Come aveva temuto, il becco aveva delle lettere scritte su di esso, e lui la lasciò cadere.
Dannazione, pensò. Basta col pollo alla griglia. Sono lieto che il vecchio Sawney non abbia ancora cominciato a trasmettere febbri magiche con le aragaste.
Si ficcò la pistola nella fusciacca e s’incamminò verso il forte. La muratura dal colore più scuro delle nuove sezioni di muro conferiva all’intero edificio un aspetto variopinto, e Shandy pensò che probabilmente erano stati i miglioramenti esteriori, più che la bandiera britannica e la presenza di Woodes Rogers, il governatore ufficiale, a spingere il vecchio e matto Governatore Sawney ad andarsene da quel luogo.
Mentre avanzava a fatica verso il gruppo di tende lanciò un’occhiata al porto, alla sua sinistra. C’erano meno barche in quei giorni di quante ce n’erano state prima dell’arrivo di Rogers, e fu facile adocchiare la vecchia Jenny. Shandy aveva abbandonato il suo grado di capitano quando aveva accettato il perdono tre mesi prima, e Venner si era fatto avanti nominando se stesso capitano. Ormai, però, tutti avevano accettato il perdono, ed era chiaro ai più che i giorni della pirateria erano defunti, per cui nessuno aveva ritenuto che la questione di diventare capitano di una vecchia corvetta malconcia potesse essere meritevole di disputa, così la pretesa di Venner non aveva incontrato ostacoli. Lui aveva fatto carenare il vascello, l’aveva ripulito e riattrezzato, ed era ovvio che intendesse violare il suo perdono e agire di propria iniziativa. Shandy aveva sentito dire che stava furtivamente reclutando una ciurma in quella fetta della popolazione che sentiva nostalgia per i vecchi e brutti tempi — non si era rivolto a Shandy, il quale ad ogni modo non era interessato.
Il brigantino della Navy che quella mattina aveva visto avanzare lentamente fra le secche adesso era ormeggiato, ma anche se i rifornimenti venivano scaricati e trasportati a riva, non c’era quell’atmosfera festiva che lui si sarebbe aspettato: gli uomini se ne stavano sulla spiaggia in piccoli gruppi, conversando piano e scuotendo le teste, e una delle prostitute stava singhiozzando teatralmente.
«Jack!» gridò qualcuno. Shandy si voltò e vide Skank che correva verso di lui.
«’Giorno, Skank,» disse quando il giovane si fermò, ansimando, di fronte a lui.
«Hai sentito le ultime notizie?»
«Probabilmente no,» disse Shandy. «Se le ho sentite, le ho dimenticate.»
«Barbanera è morto!»
Shandy sorrise al ricordo, come accade quando si viene a sapere che un antico gioco dell’infanzia diverte ancora i ragazzini di oggi. «Ah.» Continuò a camminare, e Skank trotterellò al suo fianco. «È certa questa notizia?» domandò Shandy, fermandosi davanti alla tenda che veniva utilizzata come una sorta di pub all’aria aperta.
«Oh, sì, non potrebbe essere più sicura. È stato nel North Carolina, un mese fa. Metà dei suoi uomini sono stati catturati, e la testa del vecchio Thatch è stata consegnata al governatore.»
«È morto sull’acqua, presumo,» osservò Shandy, accettando la tazza di rum che ormai non aveva più bisogno di ordinare.
Skank annuì. «Già. Si trovava nella Laguna di Ocracoke, su una corvetta chiamata Avventura. Aveva nascosto la Vendetta della Regina Anna da qualche parte, e anche tutto il suo bottino, dicono. Sostengono che non aveva un solo reale a bordo. Non ce n’erano altri come lui… probabilmente gli uomini della Navy hanno preso tutto il denaro.»
«No… scommetto…» Shandy fece una pausa per bere un lungo sorso di rum. «Scommetto che aveva nascosto tutto. Avventura, eh? Un nome perfetto… è stata la sua grande avventura, presumo.»
Skank si girò a guardare le tende e la spiaggia e gli scafi semisommersi delle navi abbandonate che il Governatore Rogers stava già facendo, smantellare e trasportare via. «Penso che questa davvero non sia più un’isola di pirati.»
Shandy scoppiò a ridere. «Te ne sei accorto solo adesso? Due giorni fa Rogers ha fatto impiccare otto uomini, ricordi? Per aver violato il perdono. E noi ci siamo limitati a guardare, e ad andarcene quando tutto è finito.»
«Sicuro, ma…» Skank lottò contro la complessità dell’idea che stava cercando di esprimere. «Ma già sapere che il vecchio Thatch si trovi da qualche parte…»
Shandy si strinse nelle spalle e annuì. «E potrebbe tornare. Sì, lo so. Ben presto ci saranno tasse, salari e leggi ai quali ormeggiare la tua barca. E sai una cosa? Penso che la magia smetterà di funzionare anche qui, com’è successo nell’est.»
«Maledizione.» Skank distrattamente prese la tazza di Shandy, bevve una lunga sorsata e poi la restituì. «Dove andrai tu, Jack? Io sto pensando di arruolarmi con Venner.»
«Oh, resterò qui finché non spenderò tutto il mio denaro per il rum, e poi suppongo che mi muoverò, cercherò un lavoro. Per l’inferno, è solo questione di tempo che l’Inghilterra dichiari nuovamente guerra alla Spagna. Allora la pirateria tornerà ad essere legale, e forse mi arruolerò su una nave corsara. Non lo so, questa è una bella giornata, è ho del rum… mi preoccuperò domani dei problemi di domani.»
«Huh. Una volta eri più…» Era il giorno di Skank per i concetti astratti. «Più… nervoso.»
«Già. Lo ero. Me lo ricordo.» Vuotò la tazza e la tese di nuovo perché venisse riempita ancora. «Ma credo che presto non lo ricorderò più.»
Oscuramente turbato, Skank annuì e s’incamminò in direzione delle barche dalle quali si stavano scaricando i rifornimenti.
Shandy si sedette sulla sabbia e sogghignò sul suo rum scaldato dal sole. Più nervoso, pensò. Beh, certo, Skank… avevo delle cose per le quali essere nervoso. Due cose. Volevo affrontare mio zio Sebastian e mostrare al mondo — e alla legge — quello che aveva fatto a mio padre; e, ancora più di questo, volevo salvare Beth Hurwood dal padre ed esporle… alcune conclusioni alle quali ero arrivato. Ma nessuna delle due cose si era dimostrata possibile.
Nel porto la vela maestra della Jenny stava sussultando, e Shandy focalizzò lo sguardo su di essa. Qualcuno apparentemente stava cercando di sollevare la randa per inclinarla maggiormente. Non si può fare, amico, pensò. Quella vecchia sella di randa di ferro battuto è stata talmente deformata dai colpi di cannone che sei già stato fortunato a sollevarla fino a quel punto — e francamente essa prende meglio il vento con poche grinze sulla gola della vela, in ogni caso. Se il vecchio Hodge fosse ancora vivo, o Davies, ti direbbero la stessa cosa. Faresti meglio a impiegare il tuo tempo rimpiazzando un po’ di quel fasciame sottoposto a tensione eccessiva.
Shandy rammentò la revisione che lui stesso aveva fatto alla Jenny, quasi quattro mesi prima ormai, dopo che la vecchia corvetta era rientrata con difficoltà nel porto tutta bruciacchiata e incrinata e rabberciata, avendo perso il suo vecchio capitano e metà della ciurma. Woodes Rogers era arrivato all’Isola di New Providence solo due settimane prima, ma il nuovo governatore aveva già cacciato via cittadini incorreggibili come Charlie Vane, e aveva fatto discorsi sull’orgoglio civico, e aveva issato la bandiera britannica, e distribuito pamphlet della «Società per la Diffusione della Coscienza Cristiana» — e così nessuno rimase terribilmente sorpreso dalle notizie della morte di Philip Davies e della scomparsa dello Strepitoso Carmichael. Sembravano al passo coi tempi.
All’inizio Shandy aveva ignorato la vecchia corvetta. L’aveva pilotata nel porto un venerdì pomeriggio, e quella sera, ubriaco, aveva realizzato il suo miglior “tentativo di bouillabaise”, utilizzando la maggior parte dell’aglio, zafferano, pomodori e olio d’oliva piratati che erano rimasti sull’isola, e si era guadagnato le lodi di Woodes Rogers in persona, che aveva domandato cos’era tutto quel subbuglio sulla spiaggia, e, dopo aver ricevuto spiegazioni, aveva richiesto un po’ dello stufato di frutti di mare per sé e i suoi capitani. Ma Shandy aveva assaggiato quel tanto che bastava di brodo e frutti di mare per assicurarsi che si erano cotti bene, e lui aveva principalmente consumato una bottiglia dopo l’altra del bordeaux Latour del 1702 accumulato da Davies. Aveva riso a ogni scherzo e si era unito agli svariati gruppi canori — nessuno di essi, per la verità, si era espresso col vigore che veniva impiegato nei tempi precedenti l’arrivo di Rogers — ma i suoi pensieri erano stati chiaramente altrove, e anche Skank se n’era accorto e gli aveva detto di mangiare e bere e di rimandare a domani le preoccupazioni per i problemi di domani.
Shandy alla fine si era avventurato lontano dai fuochi, dagli ex-pirati e dal controllo nervoso degli ufficiali della Navy, incamminandosi lungo la riva. Aveva messo piede su quell’isola, per la prima volta, solo sei settimane prima, ma essa era già per lui più di quella casa che non aveva mai avuto, e conosceva la sua gente meglio di quanto avesse conosciuto qualsiasi altra comunità. Si era fatto degli amici là, e li aveva visti morire, prima che le navi dell’attuale governatore fossero state anche solo dei puntini bianchi sull’orizzonte eternamente azzurro.
Poi aveva sentito qualcuno che camminava strascicando i piedi sulla sabbia dietro di lui, e si era voltato, spaventato… «Chi è?» aveva gridato.
Una figura tozza in un abito cencioso si era stagliata contro il fuoco. «Sono io, Jack,» era stata la bassa voce in risposta di una ragazza. «Ann. Ann Bonny.»
Ricordò di aver sentito che lei stava per ottenere il divorzio da Jim Bonny. «Ann.» Esitò, poi lentamente avanzò verso di lei. Le mise le mani sulle spalle. «Quanti di loro sono morti, Ann,» disse, domandandosi se era sul punto di piangere. «Phil… e Hodge… Mr. Bird…»
Ann rise, ma lui poté sentire le lacrime nella sua voce. «Io non sono un cane!» citò lei, piano.
«Il tempo passa così… in fretta, qui,» disse lui, facendole scivolare un braccio intorno alle spalle e facendo un cenno con la mano verso la giungla tenebrosa dell’isola. «Mi sento come se avessi vissuto qui per anni…»
Ripresero a camminare, lungo la spiaggia, insieme, lontano dai fuochi. «Significa, in qualche modo, essere adatti, Jack,» disse Ann. «Questo Governatore Rogers potrebbe vivere qui per cinquant’anni e non apparterrebbe mai a questo luogo — è tutto preso dai doveri e dalle conseguenze, e dalle punizioni per i crimini, e questo è il denaro per questo carico in questa data e in questo porto. Roba da vecchio Mondo. Ma tu, il giorno che ti ho visto per la prima volta mi sono detta, ecco un ragazzo nato per queste isole.»
Queste isole. Le parole erano pregne di immagini: stormi di fenicotteri rosa visibili all’alba dietro barriere impenetrabili di radici di mangrovie che s’inarcano verso l’alto, mucchi di frammenti di conchiglie perlacee sparsi intorno al cratere fuligginoso di un fuoco di cucina scavato nella sabbia bianca, e un mare verde-azzurro accecante per i riflessi del sole visto attraverso la foschia di un’ubriacatura da rum, batuffoli di cotone anneriti dal fumo rotolanti lungo la spiaggia dopo un duello alla pistola come i nettapenne usati di Marte in persona…
E lui si era adattato perfettamente, o quasi… c’era una parte di lui che rispondeva alla crudeltà pressocché innocente di tutto questo, alla libertà, all’abdicazione di tutte le colpe e della capacità di essere colpevole…
Ann si voltò e lo baciò e il di lui braccio libero si avvolse intorno alla vita di lei, e all’improvviso Shandy la desiderò in maniera terribile, bramò la perdita di identità che lei avrebbe potuto dargli; in pochi attimi giacquero sulla sabbia calda, e lei si stava tirando su gli abiti e lui era sopra di lei, e ansimava, febbrile…
E un colpo di pistola vicino lo assordò e per un istante illuminò la faccia tesa di Ann, e un momento dopo il calcio di una pistola si abbatté sulla parte posteriore del cranio di Jack… colpì il moncherino incatramato della sua corta coda di cavallo, tuttavia, e invece di fargli perdere i sensi il colpo lo fece solo vacillare. Rotolò via da Ann sul lato verso il mare e si rialzò faticosamente in piedi.
Ann stava ancora distesa sulla schiena; un buttero nella sabbia vicina mostrava dove si era conficcata la palla di pistola — lei non era ferita… ma stava piagnucolando, impaziente, e stava sollevandosi sopra i fianchi e mordendo l’orlo lacero del vestito, e Shandy desiderò soltanto uccidere chiunque li avesse interrotti e poi tornare da lei.
Jim Bonny stava all’altro lato di lei. Gettò via la pistola scarica e alzò una mano; Shandy avvertì il calore improvviso nell’aria intorno a lui e fece guizzare la mano destra in un rapido gesto parata-e-risposta, poi si morse a sangue la lingua e sputò verso Bonny per fornire più potere alla risposta.
I capelli di Bonny cominciarono a bruciare e a fumare, ma il calore si dissipò. «Il Compagno Premuroso mi protegge, bastardo,» sussurrò Bonny. «Lui ed io ti renderemo incapace di fare il ladro di mogli.»
Troppo impaziente e trepidante per essere spaventato, Shandy schioccò le dita e ne puntò due contro Bonny; ma la mano di Bonny stava ancora sulla palla-di-pelliccia e l’attacco rimbalzò, scaraventando a terra Shandy e facendolo piegare in due in preda a terribili crampi. Bonny colse l’opportunità per assestare alla moglie un calcio sulla spalla e indirizzare un frettoloso verso a Shandy.
Il sangue sgorgò dalle orecchie e dal naso di Shandy, che sensatamente comprese di essere surclassato nella circostanza, e che avrebbe dovuto fuggire o gridare per avere aiuto; ma voleva Ann… voleva, in realtà, prenderla col sangue caldo di Bonny sulle mani…
Ma col Compagno Premuroso che proteggeva Bonny sembrava non ci fosse molto da fare per lui. Si sollevò sulle ginocchia, ingobbendosi, e fischiò un incantesimo di cecità contro Bonny, ma pur eseguendo la migliore delle sue parate anch’esso rimbalzò su di lui, e mentre Shandy rimaneva cieco, Bonny gli mandò una fitta spastica.
Shandy crollò, muovendosi a scatti e urlando impotente sulla sabbia come chi guida la danza nel Giorno di San Vito, e sentì Bonny che scalciava di nuovo la moglie e poi la scavalcava per raggiungerlo.
Shandy sapeva che era troppo tardi ormai per tentare di ruggire o di invocare aiuto… sarebbe morto, nel giro di un momento, se non avesse escogitato qualcosa, e — cosa più insopportabile dell’idea della morte — sarebbe stato Jim Bonny a inginocchiarsi fra le cosce di Ann; e a questo punto, probabilmente, lei non si sarebbe neppure accorta della differenza, né se ne sarebbe preoccupata.
Ignorando il dolore di un taglio a un dito, ficcò la mano che si agitava nella tasca dei calzoni; c’era ancora sabbia dentro, della palla fatta col fango che aveva grattato via dallo stivale sulla costa della Florida, e lui la arrotolò in una piccola palla fra il pollice e l’indice. Poi tirò fuori di scatto la mano e lanciò il grumo verso il cielo.
E si trovò in una barca, che stava passando sotto un ponte munito di lanterne colorate, e la sua bocca aveva un gusto di fragole invece che di aglio e vino. Ricordò che era là — a Parigi — quando aveva nove anni, che il padre, avendo realizzato un po’ di denaro, lo aveva portato a fare una buona cena e un successivo giro in barca sulla Senna. La figura accanto a lui si voltò, ma questa volta non era suo padre.
Sembrava un vecchio nero, coi capelli e la corta barba bianchi e folti e ricciuti come quelli di una statua di marmo.
«Gli attacchi vodun seri generalmente hanno come bersaglio, e come terreno, i ricordi del contendente in posizione difesiva,» disse il nero in un cadenzato dialetto francese, «essendo i ricordi la sintesi di una persona. Se avessi voluto farti del male, avresti trovato questa scena ricordata, e le persone ricordate in essa, mutata in maniera spaventosa e letale… molto similmente al delirio che si sperimenta durante una febbre alta… ed essa sarebbe peggiorata sempre più finché tu non avessi contrattaccato o fossi morto.» Sorrise e tese una mano. «Il mio nome è Matre Carrefour.»
Dopo un momento di esitazione, Shandy strinse la mano dell’uomo. «Fortunatamente per me,» proseguì il nero, «io sono un loa il cui dominio sono le isole abitate. Ho molti contatti con gli uomini, e posso anticipare le loro azioni, diversamente dal loa naturale che hai incontrato nella foresta della Florida. Il pezzetto di fango che mi hai lanciato non mi avrebbe ucciso — ha perso molta della sua potenza nella settimana e mezza trascorsa da quando lo prendesti — ma tuttavia mi avrebbe ferito se fossi rimasto fermo e mi fossi astenuto dal contrattaccare. Per cui, in questo stesso istante, mi sto ritirando dal conflitto fra te e Mr. Bonny.»
Confuso, Shandy distolse lo sguardo da lui, e lo riportò sul percorso che avevano fatto. Fra i pedoni sul ponte poteva vedere diverse donne; malgrado la luce vivida delle lanterne, solo le loro facce erano particolarmente a fuoco, e gli venne in mente che quello doveva essere stato il modo in cui le donne lo avevano guardato quando aveva dieci anni. Niente a che fare col modo in cui l’aveva guardato Ann Bonny un minuto prima. Quale visione, si domandò con amarezza, è stata la più esatta?
«Uh… grazie,» borbottò Shandy. «Perché stai facendo questo, mi stai lasciando andare? Bonny ha detto che tu lo stavi proteggendo.»
«Vedo che non corre pericolo. Hai intenzione di fargli del male?»
«No… non adesso, non più.»
«Allora non sono negligente.» Qualcosa cambiò in silenzio nel cielo. Shandy alzò lo sguardo e vide che le stelle erano diventate meno chiare, come se un pannello di vetro appena smerigliato fosse sospeso fra lui e loro; Matre Carrefour stava apparentemente permettendo che l’illusione si dissipasse. Il vecchio negro ridacchiò. «Sei fortunato, Mr. Chandagnac, che io sia uno dei loa di Rada e non uno dei più giovani di Petro. Ho la facoltà di non offendermi.»
«Io, uh, sono lieto di questo.» Il gusto di fragole era svanito.
«Lo spero. Hai imparato quella tattica, quel trucco della palla di fango, da Philip Davies… e lo hai sprecato. Lui ti ha insegnato anche qualcos’altro; non mi farebbe piacere sapere che hai sprecato anche quello.»
La sabbia soffice era sotto il fianco sinistro di Shandy e la notte stellata sopra il destro, e lui realizzò che era tornato sulla spiaggia di New Providence; e quando udì il thup della pallina di fango che ricadeva sulla sabbia, seppe che la sua conversazione con Matre Carrefour non era avvenuta nel tempo locale.
Adesso era in grado di deviare gli attacchi magici di Bonny con un gesto e un fischio; lo fece, e si sollevò stancamente in piedi. Bonny li scagliò ancora, e Shandy continuò a respingerli.
«Piantala, Jim,» sospirò. «Ti stai solo procurando un mese di problemi anche solo per sollevare un forchetta. Metti in corpo un bel po’ di fegato e zibibbo e sanguinaccio e forse ti riprenderai.»
Bonny ammiccò, sorpreso, poi strinse i pugni e, con la faccia scura per lo sforzo, latrò una mezza dozzina di sillabe.
Shandy deviò l’attacco verso il mare, e un pesce balzò fuori dall’acqua ed esplose con un lampo azzurro e uno schiocco umido. Shandy scosse la testa verso Bonny. «Continua così e anche i tuoi capelli diventeranno bianchi, come le tue gengive.»
Bonny vacillò, fece un passo verso Shandy e poi si afflosciò, con la faccia a terra. Shandy girò intorno ad Ann, lo raggiunse e gli si accovacciò accanto per voltarlo, affinchè non soffocasse nella sabbia.
Ann si alzò a sedere e si girò a metà. «Vieni qui,» disse.
Lui la raggiunse ma non si sedette. «Devo andare, Ann. Quello… quello che stavamo per fare sarebbe stato bello. Resterò a New Providence solo il tempo necessario per riparare e approvvigionare la Jenny,» disse, avendolo deciso solo nel momento stesso in cui lo diceva, «poi partirò per occuparmi di alcune faccende.»
Ann fu in piedi in un istante. «È per lui?» domandò, scalciando il marito svenuto. «Questo cane spione che mantiene umidi gli stivali di Woodes Rogers leccandoli? Ho messo da parte i soldi per un divorzio-a-pagamento, e tu potresti comprarlo per me subito.»
«No, Ann, non è per lui… o almeno, non del tutto. Io…»
«Bastardo,» strillò lei, «andrai di nuovo dietro a quella puttana Hurwood!»
«Andrò ad Haiti,» disse con pazienza. «Ho uno zio laggiù che allestirà per me un tre alberi oceanico… prima di essere impiccato.»
«Bugiardo!» strillò lei. «Dannato bugiardo!»
Shandy s’incamminò verso i fuochi, con una mano che si contorceva per parare qualsiasi incantesimo malefico che lei potesse inserire nel catalogo di oscenità che gli stava urlando.
Non sto mentendo, Ann, pensò. Sto davvero per andare ad Haiti a rovinare mio zio per quanto mi sarà possibile, e a usare il suo denaro rubato per comprare una nave. Ma nello stesso tempo hai ragione. Non appena avrò una nave che mi porterà in mare apeno, andrò a cercare, e a salvare, e — se c’è ancora qualcosa di buono in me — a sposare la sola donna in cui riesco a vedere sia un corpo che un volto, e con la quale non avrò la necessità di rinunciare all’uno o all’altro di me.
E così per i successivi tre giorni si mise a corrompere la sua ciurma con le cene più sontuose che riuscì ad allestire e i migliori liquori che riuscì a recuperare, e in cambio di essi fece sgobbare tutti affinchè revisionassero la Jenny. Ma anche Venner, che si lamentava spessissimo, non poté affermare che il loro nuovo capitano stava assegnando loro una non equa quantità di lavoro, poiché Shandy era sempre il primo a svegliarsi al mattino, quello che sollevava i carichi più pesanti, quello che non si concedeva pause per riposarsi… e quando il buio della sera rendeva impossibile continuare a lavorare, Shandy era quello che cucinava ricche cene, ricavando capolavori da tutte le marinate e i brodi che lasciava a sobollire quando all’alba raggiungeva la barca.
La mattina del mercoledì, il diciassette di agosto, la Jenny salpò dall’estremità meridionale del porto di New Providence. Aveva a bordo polvere e proiettili, così come cibo e bevande, e trasportava almeno il doppio degli uomini di cui necessitava, ma il termine ultimo per chiedere il perdono distava ancora tre settimane circa, e Shandy non portava con sé nessun bocor. Era riuscito a far recapitare a Woefully Fat la richiesta di navigare con loro fino ad Haiti, ma il gigantesco stregone, che era in qualche modo riapparso sull’isola alcuni giorni prima dell’arrivo della Jenny, aveva rifiutato. Così Woodes Rogers aveva deciso di non mettere a repentaglio la sua ancora vacillante posizione col tentare di impedire la partenza della corvetta.
La ciurma di Shandy era impensierita per gli uragani, poiché quello era il pericoloso mese di agosto, e negli anni precedenti i pirati caraibici in quel periodo dell’anno avevano l’abitudine di aggirarsi nei pressi della costa americana. Ma Shandy pensava che il viaggio verso sud-est fino a Port-au-Prince era di fatto un po’ più breve, e di gran lunga più diretto, di quanto fosse stato il viaggio fino alla costa occidentale della Florida, e che mentre scendevano avrebbero costeggiato le Exumas e le Ragged Islands e le Inaguas, per cui non sarebbero mai stati più lontani di un’ora da una spiaggia protettiva. E per due volte durante il viaggio di tre giorni videro i minacciosi elmetti grigio-ferro di lontane nuvole tempestose sull’orizzonte meridionale, ma entrambe le volte le burrasche si mossero verso est per devastare Cuba, prima che la Jenny potesse giungere nelle loro vicinanze.
La mattina del sabato la Jenny virò di bordo nel porto haitiano chiamato la Baia di Leograne, superò le fortificazioni sui declivi coperti di giungla di St. Mare e attraversò il Canale di St. Marc fino al villaggio coloniale francese di L’Arcahaye. Shandy raggiunse a remi la riva sulla piccola scialuppa della corvetta, e poi utilizzò un poco dell’oro accumulato da Philip Davies per tagliarsi i capelli e comprarsi una giacca e un fazzoletto da collo per coprire la camicia logora. Con un aspetto almeno quasi rispettabile, diede a un contadino nero un paio di monete perché lo lasciasse viaggiare in un carro carico di manioche e manghi fino alla città di Port-au-Prince, diciotto miglia più in basso sulla costa.
Era tardo pomeriggio quando raggiunsero la città, e i pescatori nativi stavano già remando verso la riva, e trascinando le rozze lance sulla sabbia sotto le palme immerse nell’ombra, e sollevando pesanti ceste di paglia e gabbie di bambù in cui si aggiravano come ragni granchi e aragoste.
La città di Port-au-Prince si rivelò un reticolo di stradine disposte intorno a una piazza centrale. La piazza e la maggior parte delle strade erano lastricate di pietra bianca, sebbene intorno ai negozi e ai magazzini lungo il litorale il lastricato fosse quasi nascosto sotto centinaia — no, dovevano essere migliaia — di baccelli marroni e calpestati. Prima di entrare nella piazza affollata, Shandy raccolse uno dei baccelli e lo annusò. Era canna da zucchero, e lui realizzò che era quella la fonte di quel soffocante odore dolciastro e semifermentato che si mescolava nell’aria pomeridiana con i normali odori di pesce marcio e pietanze affumicate condivisi dai porti di mare di ogni dove. Gettò via la cosa, domandandosi per un momento se proveniva dalle piantagioni degli Chandagnac.
La maggior parte delle persone che si aggiravano nella piazza erano nere e diverse volte mentre Shandy si faceva strada verso gli edifici dall’aspetto di uffici pubblici, all’altro lato, fu cortesemente salutato con un «Bon jou’, blanc.» Buon giorno, bianco. Fece ogni volta un cenno educato con la testa, e in una occasione, quando un giovane mormorò a un compagno un frettolosa facezia in un mezzo dialetto Dahomey a proposito degli indegni polsini della camicia di Shandy, fu in grado di citare di rimando, nello stesso dialetto, un proverbio marron che suggeriva che qualsiasi tipo di polsini, oppure nessun altro, era preferibile a quelli di ferro. Il giovane scoppiò a ridere, ma seguì Shandy con sguardo incuriosito, e lui capì che avrebbe dovuto stare attento laggiù. Quella era la civiltà, non l’Isola di New Providence.
Diffidente verso qualsiasi genere di ufficiale delle forze dell’ordine — poiché era possibile che le autorità inglesi avessero parlato a quelle francesi di un certo John Chandagnac che aveva contribuito alla totale distruzione di una nave da guerra della Royal Navy meno di un mese prima — Shandy domandò a un mercante dove poteva andare per porre delle domande circa atti notarili e titoli riguardanti una proprietà locale, e venne indirizzato a uno degli uffici del governo nella piazza.
Sì, pensò mentre attraversava a lunghi passi la piazza, prima scoprirò dove si trova la vecchia fattoria, e andrò a far visita allo Zio Sebastian. Non è necessario fargli sapere subito chi sono, anche se si tratta di una cosa che farò molto presto.
L’interno dell’edificio appariva simile a un ufficio europeo — diversi bianchi erano indaffarati davanti ad alti scrittoi allineati lungo una parete e scrivevano su libri mastri — ma la brezza tropicale che faceva ondeggiare le tendine di pizzo nelle alte finestre rovinò l’illusione, e il tintinnio dei pennini contro i calamai, e poi il suono stridulo dei pennini sulla carta, sembravano assurdi là come il grido di un pappagallo in Threadneedle Street.
Uno degli impiegati alzò la testa quando Shandy entrò. «Sì?»
«Buon giorno,» disse Shandy, cercando per la prima volta in due mesi di parlare in puro francese. «Ho una domanda da porre riguardo a, uh, alla proprietà Chandagnac…»
«Sei un altro dei dipendenti? Non c’è niente che possiamo fare per aiutarvi a recuperare i salari arretrati.»
«No, non sono un dipendente.» Shandy fece appello al suo miglior accento parigino. «Ho una domanda riguardo… al diritto alla casa e alla terra.»
«Ah, capisco, siete un altro creditore. Beh, per quanto ne so, è stato venduto tutto; ma naturalmente vorrete parlare con l’esecutore testamentario.»
«Esecutore?» Lo stomaco di Shandy gelò. «È… Sebastian Chandagnac è morto?»
«Non lo sapevate? Mi dispiace. Sì, si è suicidato a una certa ora di mercoledì notte. Il suo…»
«Questo mercoledì scorso?» interruppe Shandy, lottando con se stesso per impedirsi di gridare. «Tre giorni fa?»
«Sì. Il suo corpo è stato trovato giovedì mattina dalla governante.» L’impiegato si strinse nelle spalle. «Dissesto finanziario, pare. Dicono che era stato costretto a vendere tutto, e che gli restavano ancora molti debiti.»
La faccia di Shandy si intorpidì, come se lui avesse bevuto troppo. «Io… ho sentito dire che era uno… speculatore.»
«Esattamente, m’sieu’.»
«Questo esecutore. Dove posso trovarlo?»
«A quest’ora probabilmente sta bevendo un brandy sulla terrazza sotto Vigneron. È un uomo piccolo di statura, coi denti un po’ da coniglio. Si chiama Lapin, Georges Lapin.»
Shandy trovò Mr. Lapin davanti a un tavolo dal quale si poteva guardare dall’alto il porto affollato, e dal numero di piatti davanti a lui dedusse che evidentemente stava là da un bel po’.
L’omino sobbalzò con violenza quando lo vide, poi si scusò e accettò l’offerta di Shandy di pagargli un altro brandy.
«Se ho capito bene, siete l’esecutore del testamento di Chandagnac,» cominciò Shandy quando ebbe sistemato una sedia per sé e si fu seduto. «Uh, due brandy, per favore,» aggiunse al dispensiere che lo aveva seguito con un mezzo sospetto fino al tavolo di Lapin.
«Voi appartenete alla famiglia di Sebastian,» affermò Lapin, con decisione.
«…Sì,» ammise Shandy.
«C’è rassomiglianza — per un istante ho pensato che foste lui.» Sospirò. «Sì, sono io l’esecutore. Anche se capita che non ci sia niente da eseguire — eh? — e che tutto quello che sto facendo sia mostrare l’uno all’altro i vari creditori affinchè possano scannarsi fra di loro. Sebastian si è tolto la vita senza che noi, che eravamo suoi amici, sospettassimo nulla.» Prese il suo brandy non appena il dispensiere lo ebbe appoggiato sul tavolo, e lo scolò in un sorso solo come per illustrare la sregolatezza di Sebastian Chandagnac.
«Ancora un altro per Mr. Lapin, per favore,» disse Shandy al dispensiere. Voltandosi verso Lapin, chiese, «Ed è morto? Con assoluta certezza?»
«Ho visto io stesso il corpo, M’sieur Chandagnac. Com’è strano chiamare così un’altra persona! Nessuno della sua famiglia è sopravvissuto qui, sapete. Sì, ha innescato uno schioppo e lo ha caricato con tutto l’oro e i gioielli che gli erano rimasti.» Lapin tese le mani unite a coppa. «Non era certo una fortuna, ma come carica di proiettili era regale. E poi ha sollevato l’arma in modo che la canna a campana fosse a un piede di distanza dalla faccia, ha dato un ultimo sguardo, possiamo supporre, a ciò che restava della sua fortuna, e poi si è sparato quella fortuna nel cervello! Ah, è stato poetico, in un certo senso. Anche se caotico, in senso pragmatico, è ovvio — la sua testa virtualmente intera è andata a finire nel giardino sotto la finestra della sua camera da letto. Povero Sebastian!… Sono certo che la gendarmeria locale se l’è svignata con la maggior parte delle sue… munizioni.»
Poi Shandy ricordò dove aveva sentito il nome Lapin — Skank aveva detto che quelli che facevano gli affari più grossi coi pirati ad Haiti erano «Lapin e Shander-knack.» E hai ragione, Skank, pensò Shandy… sembra proprio un coniglio.
«Suppongo di sapere perché hanno fatto in modo che sembrasse un suicidio,» disse Shandy, meditabondo.
«Vi chiedo scusa,» disse Lapin. «Sembrasse? Non c’era alcun dubbio…»
«No, no,» disse Shandy in fretta, «continuate pure a pensare quello. Certo non è mia intenzione dirvi qualcosa che non è necessario sappiate. Voi non correte alcun pericolo. Sono sicuro che non avete mai avuto a che fare coi,» si sporse in avanti e parlò piano sopra i brandy, «pirati.»
La faccia pienotta di Lapin divenne effettivamente pallida nella luce della sera. «Pirati?»
Shandy annuì. «Un governatore inglese è stato mandato sull’Isola di New Providence, che è la base dei pirati. Adesso i pirati stanno uccidendo tutti i mercanti rispettabili che una volta facevano affari con loro… per non lasciare nessuno che possa,» Shandy ammiccò, «testimoniare.» Shandy scoppiò quasi a ridere all’idea dei pirati di New Providence che si dedicavano metodicamente a qualcosa, ma si costrinse a mantenere un’espressione triste.
Lapin inghiottì. «Uccidono i mercanti?»
«Esatto. I pirati stanno solo aspettando che i mercanti stabiliscano un contatto. Non appena uno dei vecchi clienti giunge loro a tiro, o accetta di venderli se lo avvicinano,» Shandy si strinse nelle spalle, «quell’uomo è morto come Sebastian.»
«Mon Dieu!» Lapin si alzò frettolosamente in piedi, rovesciando il brandy. Lanciò un’occhiata impaurita verso il porto, come aspettandosi che i briganti si stessero riversando a terra proprio in quel momento. «È… più tardi di quel che pensavo. È stato un piacere parlare con voi, M’sieur Chandagnac, ma temo di dovermi congedare.»
Shandy non si alzò, ma sollevò il bicchiere. «Alla vostra salute, Monsieur Lapin.»
Ma dopo che Lapin si fu allontanato borbottando, il buonumore momentaneamente manifestatesi in Shandy scomparve. Suo zio era morto senza un soldo. Non ci sarebbero state né vendetta, né nave. Affittò una stanza per la notte e poi al mattino si fece dare un passaggio fuori da L’Arcahaye e fino alla Jenny in attesa.
Per le successive due settimane guidò la Jenny in un frenetico giro dei Caraibi, ma sebbene controllasse in ogni registro di porto, anche in quelli inglesi dov’era ricercato, non trovò alcuna annotazione riguardante uno Strepitoso Carmichael o anche una Charlotte Bailey che fossero stati visti in qualche luogo dopo il primo agosto, quando, dopo aver sollevato con la magia Shandy e averlo scaraventato fuori bordo, Benjamin Hurwood aveva dato ordini alla sua ciurma di cadaveri ed era salpato.
Alla fine delle due settimane di infruttuosa ricerca la sua ciurma era sul punto di ammutinarsi e il termine ultimo per accettare il Perdono del Re distava solo due giorni, così Shandy ordinò ai suoi uomini di far virare la vecchia corvetta verso l’Isola di New Providence.
Arrivarono a metà del pomeriggio del martedì, il cinque di settembre, e quando Shandy lasciò la Jenny non si voltò indietro; Venner avrebbe potuto assumerne il comando da quel momento in poi, e portarla all’Inferno o nel Regno dei Cieli per quello che gl’importava. Una volta a terra, ebbe il tempo di recarsi al fortino, accettare ufficialmente il perdono dal Governatore Rogers, e tornare sulla spiaggia per preparare una lauta cena. E, inaugurando quella che sarebbe diventata una tradizione durante i tre mesi a venire, non mangiò quasi nulla, accontentandosi invece di un’enorme quantità di bevande.
Sì, Skank, pensò ancora Shandy mentre osservava qualcuno nel porto che continuava a cercare di sollevare più in alto la randa della Jenny, sì, ero più nervoso in quei giorni. Allora avevo cose da fare; adesso mi è rimasto solo un compito… dimenticare. Si distese più comodamente sulla sabbia e fece roteare affettuosamente il rum riscaldato dal sole nella tazza.
Un giovane guardiamarina della Navy si avvicinò, esitante, a Shandy. «Scusatemi… siete Jack Shandy?»
Shandy stava terminando la tazza, e fissò con sguardo da gufo il giovane, al di sopra dell’orlo. «Esatto,» disse, dopo averla finalmente abbassata.
«Siete quello — scusatemi — che affondò la Whitney?»
«Non credo. Cos’era la Whitney?»
«Una nave da guerra che scoppiò e affondò, nel giugno scorso. Avevano catturato Philip Davies, e…»
«Oh.» Shandy notò che la sua tazza era vuota, e si alzò in piedi. «Giusto. Finora non avevo mai saputo il nome. In verità, fu Davies che la fece scoppiare… io mi limitai a dargli una mano.» Mise giù la tazza sul tavolo davanti alla tenda dei liquori e annuì verso l’uomo che la gestiva.
«E voi sparaste al capitano?» proseguì il giovane guardiamarina.
Shandy prese la tazza che era stata riempita di nuovo. «Fu molto tempo fa, non ricordo.»
Il guardiamarina parve deluso. «Sono arrivato qui con la Delicia, assieme al Governatore Rogers,» spiegò. «Io, uh… presumo che questo fosse un posto abbastanza selvaggio prima, eh? Schermaglie, sparatorie, tesori…»
Shandy rise piano e decise di non far scoppiare la bolla romantica del ragazzo. «Oh, certo, tutto questo.»
Incoraggiato, il giovane incalzò. «E voi avete navigato con Barbanera in persona, ho sentito, in quel viaggio misterioso fino alla Florida? Come fu?»
Shandy fece degli ampi gesti. «Oh… infernale, infernale. Tradimenti, schermaglie, supplizio della tavola, battaglie navali… paludi impraticabili, febbri terribili, indiani caraibici cannibali che seguivano le nostre tracce…» Fece una pausa, perché il giovane guardiamarina stava arrossendo e accigliandosi.
«Non dovete prendervi gioco di me,» scattò il giovane.
Shandy sbatté le palpebre, non ricordando con esattezza ciò che stava dicendo. «Cosa intendete dire?»
«Il fatto che io sia nuovo di qui non significa che non so nulla. So che gli spagnoli sterminarono completamente gli indiani caraibici duecento anni fa.»
«Oh.» Shandy aggrottò le sopracciglia, concentrandosi. Dove aveva sentito parlare di indiani caraibici? «Non lo sapevo. Ecco, lasciate che vi offra del rum, non intendevo…»
«Non posso bere in uniforme,» disse il guardiamarina, anche se sembrava addolcito.
«Berrò anche il vostro, allora.» Shandy scolò la tazza e la appoggiò di nuovo sul tavolo. L’uomo dietro al tavolo tornò a riempirla e tracciò un altro segno sulla sua nota di credito.
«Sembra proprio che mi sono perso i giorni migliori della pirateria,» disse con un sospiro il guardiamarina. «Davies, Bonnett, Barbanera: tutti morti. Hornigold e Shandy che hanno accettato l’indulto… anche se ce n’è uno nuovo. Conoscete Ulysse Segundo?»
«No,» disse Shandy, sollevando con cautela la tazza. «Nome raffinato.»
«Beh, certo. Ha un grosso tre-alberi chiamato Orfeo Risalito, e ha catturato una dozzina di navi negli ultimi due mesi. Viene ritenuto il più sanguinario di tutti… incute tale terrore che alcuni si sono gettati in mare e annegati quando si sono resi conto che lui stava per catturare la loro nave!»
«È piuttosto spaventosa questa cosa,» concesse Shandy, annuendo.
«Si raccontano le storie più svariate su di lui,» proseguì con fervore il guardiamarina, poi s’interruppe. «Naturalmente, io non credo alla maggior parte di esse. Eppure, un mucchio di persone sembra prestarvi fede. Dicono che riesce a richiamare con un fischio il vento dalle tue vele e a farlo soffiare nelle sue, e che può navigare e scovarti anche nella nebbia più fitta, e quando cattura una nave non solo prende tutto l’oro e i gioielli, ma anche i cadaveri di tutti i marinai uccisi nell’abbordaggio! Accidenti, non s’interessa minimamente di roba come il grano, il cuoio o le ferramenta… prende soltanto i tesori, anche se dicono che il sangue fresco per lui abbia più valore di qualsiasi altra cosa, e che a volte abbia dissanguato intere ciurme. Un capitano che perse la sua nave ma riuscì a sopravvivere, disse che c’erano cadaveri fra il sartiame dell’Orfeo, ovviamente cadaveri in decomposizione… ma che uno di essi stava parlando!»
Shandy sorrise. «E cosa avrebbe detto?»
«Beh… non credo a questo, naturalmente… ma il capitano giurò che il cadavere continuava a ripetere, “Io non sono un cane…” Ehi, state attento!» aggiunse incollerito, poiché Shandy aveva lasciato cadere la tazza, e il rum si era rovesciato sui pantaloni dell’uniforme del giovane.
«Dov’è stato visto l’ultima volta,» chiese in fretta Shandy, «e quando è stato?»
Il guardiamarina sbatté le palpebre, sorpreso per l’improvviso e acceso interesse, così insolito in quell’uomo indolente e bonaccione che era parso non avere altro scopo nella vita che essere l’ubriacone dell’insediamento. «Accidenti, non lo so, io…»
«Pensaci!» Shandy afferrò il giovane per il bavero dell’uniforme e lo scosse. «Dove e quando?»
«Uh… dalle parti della Giamaica, al largo di Montego Bay… neppure una settimana fa!»
Shandy lo spinse via, si voltò sui tacchi e corse verso la spiaggia. «Skank!» strillò. «Skank, maledizione, dove… ah, ecco. Vieni qui!»
Il giovane ex-pirata lo raggiunse, indeciso, trotterellando. «Cosa c’è, Shandy?»
«La Jenny partirà oggi, questo pomeriggio. Prendi tutti gli uomini che puoi — e le provvigioni — e portali a bordo.»
«Ma… Jack, Venner voleva aspettare fino a gennaio, per unirsi a Charlie Vane…»
«Che Venner sia dannato. Ho mai detto che rinunciavo al comando della Jenny?»
«Beh, no, Jack, ma tutti avevamo supposto…»
«Al diavolo le vostre supposizioni. Radunali e portali a bordo.»
Il cipiglio perplesso di Skank divenne un sorriso. «Sicuro… capitano.» Si voltò e si allontanò frettolosamente, i piedi nudi che sollevavano spruzzi di sabbia bianca.
Shandy aveva appena raggiunto di corsa una barca a remi tirata a riva e stava cominciando a trascinarla in acqua quando ricordò dove aveva sentito parlare degli indiani caraibici. Era stato quel vecchio pazzo del Governatore Sawney a menzionarli, la notte prima che il Carmichael e la Jenny salpassero per incontrarsi con Barbanera in Florida. Cosa aveva detto il vecchio? Qualcosa circa il fatto che aveva ucciso la sua quota di indiani, ai suoi tempi.
Shandy fece una pausa per scrutare, meditabondo, su per il pendio in direzione dell’angolo dell’insediamento dove quel vecchio bizzarro aveva eretto una tenda per sé. No, si disse, riprendendo i suoi sforzi con la pesante barca… Sawney è vecchio, ma non ha duecento anni.
Ma Shandy si fermò di nuovo un momento dopo, perché aveva rammentato qualcos’altro. Il vecchio aveva detto qualcosa del tipo «quando arrivi a quel geyser.» La Fontana della Giovinezza era una sorta di geyser. E quando Shandy aveva fatto quel primo spettacolo di marionette, e Sawney lo aveva interrotto con i suoi vaneggiamenti, non aveva detto, «facce nello spruzzo… almas de los perdidos…»? Facce nello spruzzo, anime dei dannati…
Sawney era stato là, una volta?
Se era così, avrebbe dovuto avere più di duecento anni. E ciò, in verità, non sarebbe stato sorprendente. Sebbene sia sorprendente il fatto che lui si trovi in così pietose condizioni. Mi domando, pensò mentre riprendeva ancora una volta a trascinare la barca, in che cosa abbia sbagliato.
Di nuovo si fermò. Beh, ora, se c’è qualcosa, pensò, qualche effetto, che può fare di uno stregone — che è abbastanza potente da raggiungere l’Erebo e acquisire un secolo o due di vita aggiuntiva — un idiota ciarlante, è una cosa che farei dannatamente bene a sapere… se stavolta voglio fare qualcosa di più che essere sollevato e scaraventato nell’oceano.
Lentamente all’inizio, poi più rapidamente mentre ricordava altre cose sconcertanti riguardo al vecchio Sawney — il suo spagnolo perfetto ma arcaico, la sua familiarità con la magia — Shandy risalì il pendio fino alla tenda.
«Hai visto il governatore da queste parti, oggi?» chiese a un ex-pirata vecchio e smilzo. «Sawney, intendo… non Rogers.»
Shandy stava sorridendo e aveva cercato di mantenere il suo tono noncurante, ma l’uomo aveva visto la parte conclusiva della sua conversazione col giovane guardiamarina, per cui fece un passo indietro e sollevò le mani, conciliante, mentre rispondeva, «Sicuro, Jack, sta in quella sua tenda, su verso l’insenatura. Stai calmo, huh?»
Ignaro del borbottio e dello scuotimento di testa dietro alle sue spalle, Shandy fece uno scatto di corsa sulla sabbia, superò con un salto la fossa del fuoco per cucinare, ormai fredda, e rimbalzò via in direzione dell’insenatura dove, sei mesi prima, aveva dato una mano a riparare il Carmichael. E si fermò per sogghignare e riprendere fiato quando vide il vecchio Sawney accovacciato di fronte alla vela che era diventata la tenda in cui viveva, alternativamente bevendo sorsi e scrutando in una bottiglia di rum piena per metà.
Il vecchio indossava dei calzoni cascanti, di un giallo sgargiante, e una giacca di seta ricamata, e se portava qualche specie di cravatta questa stava nascosta sotto la barba arruffata, che aveva il colore delle vecchie ossa imbiancate.
Shandy discese lentamente il pendio e si sedette vicino a lui. «Vorrei parlare con te, governatore.»
«Ah?» Sawney lo guardò di sbieco. «Non hai di nuovo la febbre, no? Stai lontano dai polli.»
«No, governatore. Voglio sapere… dei bocor, dei maghi. Specialmente di quelli che sono stati alla Fontana della Giovinezza.»
Sawney bevve un altro sorso, e diede una sbirciata nella bottiglia. «Un mucchio di bocor in giro. Io non lo sono.»
«Ma tu sai cosa voglio dire quando parlo di Fontana della Giovinezza? Il… geyser.»
L’unica risposta del vecchio fu di far girare il liquore nella bottìglia e di cantare, con voce alta e incrinata:
Mas molerà si Dios quisiere —
Cuenta y pasa, que buen viaje faza.
Shandy fece una traduzione approssimativa nella sua mente — Di più fluirà se Dio vorrà — conta e lascia che accada, e il viaggio passerà più in fretta — e decise che la cosa non gli era di aiuto. «Molto bene,» disse, controllando la sua impazienza, «cominciamo da un’altra parte. Ricordi gli indiani caraibici?»
«Già, cannibali. Li spazzammo via. Li uccidemmo tutti nella spedizione di Cordoba nel ’17 e nel ’18 li uccidemmo o li portammo a Cuba come schiavi, che significa la stessa cosa. Avevano tutti la magia; tenevano recinti per gli indiani Arawak, nella maniera in cui si tengono recinti per il bestiame. Per mangiarli, sicuro… ma sai cos’era ancora più importante? Il sangue, sangue fresco. I caraibici tenevano in vita quegli Arawak come tu terresti asciutta la polvere da sparo.»
«Conoscevano quel posto nella foresta pluviale della Florida? La Fontana nel luogo dove sembra che il suolo sia… troppo solido?»
«Ah, Dios… sì,» sussurrò Sawney, lanciando un’occhiata al porto illuminato dal sole come se qualcosa nel mare potesse origliare. «Non era così buio laggiù, ho sentito, prima che essi venissero… dannato buco nell’inferno…»
Shandy si sporse un poco in avanti e parlò piano. «Quando sei stato laggiù?»
«1521,» disse Sawney, con chiarezza. Bevve un’incredibile sorsata di rum. «Sapevo dove si trovava… potevo leggere i segni, nonostante i padri con la loro acqua santa e le preghiere… vi entrai, e tenni lontani gli sciami di spettri finché non la trovai; l’aceto può liberare il corpo dai pidocchi, ma c’è bisogno di semi di tabacco nero per scacciare gli spettri… e versai il sangue là, vicino alla Fontana… spuntò quella pianta. Lo feci giusto in tempo… non appena uscii dalla palude ci fu una scaramuccia con gli indiani, mi beccai una freccia, e la ferita suppurò… mi assicurai che un po’ del mio sangue cadesse in mare. Sangue e acqua di mare, e vivrò per sempre, continuerò a vivere, finché quella pianta sarà ancora laggiù…»
Shandy improvvisamente rammentò quell’arboscello secco e morto che aveva visto nell’Erebo, e comprese che quella probabilmente sarebbe stata l’ultima delle vite di Sawney. «Com’è potuto accadere,» chiese con gentilezza, «che uno abbastanza potente da far germogliare il sangue laggiù, e da usare il sangue e l’acqua di mare qui per acquistare molte vite, possa invecchiare? Le grandi magie possono sciuparsi, possono diventare… semplici?»
Sawney sorrise e sollevò un sopracciglio bianco. «Come me, vuoi dire, eh? Ferro.»
Anche se imbarazzato perché il vecchio lo aveva capito con quella chiarezza, Shandy insistette. «Ferro? Cosa intendi dire?»
«Devi averne sentito l’odore. La magia puzza, lo sai? Come una casseruola lasciata sul fuoco. Il ferro si sveglia. E anche il sangue fresco ha quell’odore, e la magia necessita di sangue fresco, così, ovviamente, c’è ferro in essa. Mai sentita la storia che gli dei sono giunti qui dal cielo come schizzi di ferro incandescente? No? Accidenti, gli antichi scrittori affermano che le anime delle stelle erano in quella roba, perché era l’ultima cosa che una stella esalava prima di cominciare a morire.»
Shandy ebbe paura che il vecchio avesse perso nuovamente la sua lucidità, poiché ovviamente non c’era ferro nel sangue o nelle stelle, ma decise di rischiare un’altra domanda in quella direzione. «Come può questo danneggiare i maghi?»
«Hm?» Sawney soffiò sulla bocca della bottiglia, producendo un basso fischio. «Oh, non è così.»
Shandy picchiò un pugno nella sabbia. «Maledizione, governatore, ho bisogno di sapere…»
«È il ferro freddo che li confonde… il ferro solido. È una cosa finita, capisci, e tu non puoi fare una magia vicino ad esso poiché anch’essa finisce, anche prima che tu cominci. Hai mai fatto il vino?»
Shandy roteò gli occhi. «No, ma so tutto sull’aceto e i pidocchi, grazie. Io…»
«Conosci il vino de Jerez? Sherry, lo chiamano gli inglesi. O il porto?»
«Sicuro, governatore,» disse Shandy, spazientito, domandandosi se il vecchio stesse per chiedergli di procurargli una bottiglia.
«Bene, sai come li fanno? Sai perché alcuni sono così dolci?»
«Uh… vengono rinforzati. Mescolano al vino il brandy che blocca la fermentazione, così in esso può restare un po’ di zucchero, senza trasformarsi in alcol.»
«Bravo ragazzo. Sì, il brandy blocca la fermentazione. Così puoi avere ancora zucchero, sì, ma per esso trasformarsi in alcol non è più possibile. E cos’è questa roba, questo brandy che blocca tutto?»
«Beh,» disse Shandy, disorientato, «è vino distillato.»
«Verdad. Un prodotto della fermentazione rende impossibile un’ulteriore fermentazione. Capisci?»
Il cuore di Shandy stava battendo più in fretta, perché lui pensava di aver quasi capito. «Il ferro freddo, il ferro solido, agisce sulla magia come il brandy agisce sulla fermentazione,» disse, incerto. «È questo che vuoi dire?»
«Seguro! Un coltello di ferro freddo è ottimo per sbarazzarsi di un fantasma. Sono sicuro che hai sentito storie del genere. Con un mucchio di ferro intorno, ferro solido e freddo, hai ancora il sangue, come lo zucchero nello sherry, ma questo non può essere usato per la magia. I bocor non portano ferro, e fanno magie, e hanno grande carenza di sangue. Hai visto le loro gengive? E intorno alle case dei più potenti c’è una fine polvere rossa di,» si sporse e sussurrò, «sangue.»
Shandy sentì la pelle d’oca diffonderglisi sulle braccia. «E nel Vecchio Mondo,» disse piano, «la magia smise di essere un importante fattore di vita più o meno nello stesso periodo in cui il ferro entrò nell’uso comune per gli attrezzi e le armi.»
Sawney annuì e fece un sorriso ironico attraverso l’incolta barba bianca. «Non è una… coincidenza.» Soffiò di nuovo sul collo della bottiglia: huuu. «E ogni coscienza risorta con la magia viene danneggiata dalla vicinanza del ferro freddo. (Huuu.) Poco per volta. (Huuu.) Quando l’ho capito, era troppo tardi per me. È chiaro che fin da quando uscii dal quel dannato buco della Florida avrei dovuto stare lontano dal ferro: non indossarlo, non tenerlo in mano, e neppure mangiare qualcosa che fosse stato cucinato in una pentola di ferro! (Huuu.) I grandi re usavano vivere in questo modo nel Vecchio Mondo, prima che la magia scomparisse quasi del tutto laggiù. Per l’inferno. Insalate e legumi crudi e roba simile devi mangiare se vuoi esercitarla.»
«Niente carne?» chiese Shandy, che aveva pensato una cosa.
«Oh, certo, un mucchio di carne, per i poteri magici ma anche per avere energia, poiché gli stregoni tendono a diventare pallidi e storditi e deboli. Ma naturalmente è necessario che sia carne che non sia stata uccisa o pulita o cucinata con qualcosa di ferro. (Huuu.) Ma sai, non sono dispiaciuto. Ho avuto duecento anni in più da vivere come uomo normale, per fare ciò che mi piace. Sarei stato veramente pazzo se avessi vissuto per tutto il tempo come un dannato bocor, preoccupandomi per ogni cosa che mangiavo e terrorizzato dal dover conficcare un chiodo in un asse.»
«Così tu affermi, governatore, che io potrei usare del ferro freddo per contrastare uno stregone che è tornato talmente da poco tempo dalla Fontana da avere ancora la polvere dell’Erebo nelle pieghe degli stivali?»
Sawney lo fissò per un lungo momento e poi mise giù la bottiglia. «È probabile. Chi?»
Shandy decise di essere onesto con lui. «Benjamin Hurwood. O Ulysse Segundo, come apparentemente si sta facendo chiamare adesso. È il…»
«Yo conozco, quello senza un braccio. Quello che sta preparando il corpo della figlia per lo spettro della moglie. Povera bambina… hai notato che viene nutrita solo con verdure, e biscotti conservati in cassette di legno? Vogliono che sia magicamente ricettiva, ma non vogliono che abbia alcuna forza di volontà, per cui niente carne e tutto il resto.»
Shandy annuì, avendo compreso il significato della bizzarra dieta di Beth Hurwood.
«Sicuro, ti dirò come contrastarlo. Feriscilo con una spada.»
«Governatore,» disse Shandy in un’agonia d’impazienza, «ho bisogno di qualcosa di più di questo. Lui…»
«Pensi che io sia uno sciocco? Non mi hai ascoltato? Lega il tuo sangue al ferro freddo della spada. Fai in modo che gli atomi del sangue e del ferro si allineino secondo la direzione dell’ago di una bussola che indica il nord. O viceversa. È tutto relativo. Una forza magica efficace fornirà energia, per il suo stesso annullamento. O altrimenti la forza si annulla poiché il sistema di allineamento del ferro è già energetico, capisci? Se non ti piace l’idea di un penny che cade al suolo, immagina che sia il suolo a precipitarsi su per colpire l’immobile penny, giusto? (Huuu.)»
«Grande, e come devo fare?»
«(Huuu-huuu.)»
«Governatore, come faccio a fare allineare gli atomi? Come posso legare sangue e ferro?»
Sawney scolò la bottiglia, la mise giù e cominciò a cantare:
Bendita sea el alma,
Y el Señor que los manda;
Bendila sea el dià
Y el Señor que nos lo envià.
Di nuovo Shandy tradusse mentalmente: Benedetta sia l’anima, e il Signore che la conserva; benedetto sia il giorno, e il Signore che lo fa passare.
Tentò per almeno un altro minuto di ricavare una risposta coerente alla domanda, ma il rum aveva estinto quella fugace scintilla di lucidità negli occhi del vecchio. Per cui alla fine desistette e si alzò in piedi.
«Addio, governatore.»
«Stammi bene, ragazzo. Niente polli.»
«Giusto.» Shandy si avviò, poi si fermò, voltandosi. «Ehm… come ti chiami, governatore?»
«Juan.»
Shandy aveva udito molte versioni del nome che il governatore si attribuiva, ma era sempre stato qualcosa come Sawney o ’Ponsea o Gawnsey… non aveva mai sentito Juan prima. «Qual è il tuo intero nome, governatore?»
Il vecchio ridacchiò e dissodò un po’ di sabbia, quindi alzò lo sguardo su Shandy e disse piano, ma distintamente, «Juan Ponce de Leon.»
Shandy semplicemente rimase là per diversi secondi, sentendosi gelare malgrado il sole tropicale che suscitava caldi miraggi ondeggianti sopra la sabbia bianca. Infine annuì, si voltò, e si allontanò arrancando, mentre di nuovo sentì fischiare dietro di lui.
Solo dopo essere giunto sulla sommità del pendio, e mentre stava facendosi strada a zigzag in mezzo all’intrico di tende e capanne, gli venne in mente che quel povero derelitto che aveva lasciato a fischiare in una bottiglia di rum vuota era davvero, o perlomeno era stato, governatore di quell’isola… e anche di ogni altra isola da lì alla Florida.
Stava proseguendo con passo deciso fra le tende, e calcolando mentalmente quanto denaro di Davies aveva ancora dopo tre mesi di sperpero per procurarsi rum, e domandandosi quanto fosse lungo il viaggio che poteva affrontare — naturalmente non avrebbe potuto essere molto lungo, al Natale mancavano meno di due settimane, e Hurwood aveva detto che avrebbe portato a compimento la cacciata di Beth dal suo corpo «entro Natale» — quando una figura gli si parò davanti. Shandy alzò la testa, e riconobbe Ann Bonny. Rammentò che lei aveva avviato un idillio con un altro pirata «perdonato,» Calico Jack Rackam, poco dopo la sua partenza per Haiti, e che i due avevano tentato, senza successo, di procurare ad Ann un divorzio-a-pagamento.
«Ciao, Ann,» disse, fermandosi, poiché sentiva di doverle l’opportunità di ingiuriarlo un poco.
«Bene, bene,» disse Ann, «è proprio il cuoco! Strisciato fuori dal barile del rum per una volta, eh?»
Appariva più magra e più vecchia, ma non sorprendentemente, poiché il Governatore Rogers aveva deciso di considerare quella bassa abitudine inglese del divorzio-a-pagamento come il più alto grado di turpitudine, e aveva promesso di farla pubblicamente spogliare e fustigare se lei avesse di nuovo sollevato la questione: erano spuntate, diventando popolarissime, un paio di canzoni straordinariamente volgari circa quella ventilata punizione. Eppure c’era ancora un’aura di sensualità quando assumeva quella particolare posizione con la testa inclinata.
Shandy sorrise, cauto. «È così.»
«E quanto tempo credi che manchi prima che ritorni a strisciarvi dentro?»
«Sono sicuro che ci vorranno almeno due settimane.»
«Io no. Ti do… mezzora. Morirai qui, Shandy, dopo due anni di apprendistato col Governatore Sawney. Beh, io no… Jack ed io stiamo per andarcene da qui, dannatamente presto. Ho finalmente trovato un uomo che non è spaventato dalle donne.»
«Ne sono lieto. Devo ammettere che spesso mi spaventano. Spero che tu e Rackam siate felici.»
Ann parve sconcertata, e fece un passo indietro. «Huh. Dove stai andando, tu?»
«Da qualche parte a nord della Giamaica. È stata vista una nave là che credo sia il vecchio Strepitoso Carmichael.»
Lei sogghignò e parve rilassarsi, anche se nello stesso tempo si mise a scuotere tristemente la testa. «Mio Dio, è quella ragazza, ancora, non è vero? Hurley?»
«Hurwood.» Si strinse nelle spalle. «Già, sì.»
«Questo viaggio violerà il tuo perdono?»
«Non so. Quello di Rackam implicherà la violazione del suo?»
Lei sorrise affettatamente. «Detto fra noi, Shandy: certo che lo violerà. Ma il mio Jack ha una ragazza che non ha intenzione di vivere con un fuorilegge. E tu?»
«Non so neppure questo.»
Lei esitò, poi si sporse in avanti e lo baciò… leggerissimamente.
«Perché?» chiese lui, sorpreso.
Gli occhi di Ann erano luminosi. «Perché? Per buona fortuna, uomo.»
Si voltò e si allontanò, e lui proseguì a lunghi passi verso la spiaggia. Alcuni bambini stavano giocando con una coppia di marionette che lui una volta aveva fabbricato, e mentre si scostavano in fretta dal suo cammino notò che stavano utilizzando delle corde per far muovere le piccole figure snodate. Imparate un mestiere, ragazzini, pensò. Non credo che la vostra generazione avrà un Compagno Premuroso che si prenderà cura di voi.
Qualcuno stava camminando con passo pesante dietro di lui. Shandy si fermò e si voltò, e quindi si ritrasse un poco nel vedere Woefully Fat che lo stava fissando con indifferenza. Ricordando per una volta che l’uomo era sordo, Shandy si limitò ad annuire.
«Se la caveranno senza di lui,» borbottò il gigantesco bocor. «Tutte le terre sopravvivono al tempo quando la magia funziona. Qui tutto si avvicina alla fine del tempo. Partirò, con te.»
«Oh?» Shandy era sorpreso, poiché aveva tentato, senza successo, di convincere il bocor di Davies a seguirlo nel viaggio fino ad Haiti. «Benissimo, sicuro, sembra certamente un viaggio in cui possiamo utilizzare un buon bocor, ed io sto solo perdendo tempo a parlare, no?» Si accontentò di annuire con enfasi.
«Stai andando in Giamaica.»
«Beh, no, in effetti… voglio dire, potremmo, stiamo andando nelle vicinanze…»
«Sono nato in Giamaica, anche se mi portarono in Virginia su una nave quando avevo cinque anni. E adesso sto tornando là — per morire.»
«Uhhh…» Shandy stava ancora tentando di pensare una risposta, e a come esprimerla coi gesti, quando il bocor lo superò avviandosi pesantemente verso la spiaggia, e Shandy dovette fare uno scatto per raggiungerlo.
C’era una banda di uomini che litigavano intorno alla barca che Shandy si era messo a trascinare, e quando lui si avvicinò, due di loro lo raggiunsero, agitando le braccia e gridando. Uno era Skank, e l’altro era Venner, con la faccia talmente rossa che le sue lentiggini erano invisibili.
«Uno alla volta,» disse Shandy.
Con un colpo furioso della mano Venner zittì Skank. «La Jenny non andrà da nessuna parte finché Vane non sarà qui,» dichiarò.
«Salperà per la Giamaica questo pomeriggio,» disse Shandy. Anche se aveva un sorriso largo e gentile sulla faccia, con la coda dell’occhio stava misurando iarde e pollici e domandandosi con quale rapidità avrebbe potuto raggiungere la sciabola di Skank.
«Non sei più il suo comandante,» proseguì stridulo Venner, la faccia ancora più scura.
«Sono ancora il suo capitano,» disse Shandy.
Gli uomini intorno si agitarono e borbottarono, ovviamente indecisi da che parte volevano stare. Shandy colse un frammento di una frase: «…maledettamente ubriaco per un capitano…»
Poi Woefully Fat fece un passo avanti. «Jenny andrà in Giamaica,» disse col tono di un profeta del Vecchio Testamento. «Si parte adesso.»
Gli uomini erano sorpresi, perché neppure Skank si era accorto che il bocor di Davies in quest’occasione era alleato di Shandy; e sebbene questi non staccasse gli occhi dalla faccia di Venner, poté sentire la loro fiducia spostarsi verso di lui.
Venner e Shandy si fissarono l’un l’altro per diversi secondi, poi Skank sguainò la sciabola e la lanciò a Shandy, che la afferrò per l’impugnatura senza distogliere lo sguardo da Venner. Alla fine Venner guardò la lama nella mano di Shandy, e Shandy capì che Venner aveva deciso che lui non era abbastanza ubriaco da potergliela strappare di mano. Quindi Venner guardò gli altri uomini, e la sua bocca divenne una linea stretta e amara mentre, chiaramente, realizzava che la marea emotiva si era rivolta contro di lui quando Woefully Fat aveva parlato.
«Beh,» borbottò Venner, «vorrei che tu… ci tenessi meglio informati su queste cose, capitano… Io…» Fece una pausa, poi ricominciò, espellendo le parole come se gli facessero dolere i denti mentre passavano. «Certo… non intendevo urtarti.»
Shandy sogghignò e gli diede una pacca sulla spalla. «Nessun problema!»
Si voltò ed esaminò la sua ciurma — e fece attenzione a non far apparire sul volto il disappunto e l’apprensione che provava. Questa ciurma, pensò, è una testimonianza dell’efficacia della tattica di Woodes Rogers: i soli ad arruolarsi adesso per un’azione piratesca sono quelli che sono troppo stupidi, sanguinali o indolenti per potersela cavare in una situazione in cui regna la legge. E potrà benissimo rivelarsi un viaggio piratesco questo, se non riusciremo a trovare il Carmichael — queste canaglie chiederanno un bottino.
Qui termina il mio perdono, molto probabilmente, pensò. Ma forse è meglio essere un fuorilegge con uno scopo piuttosto che un cittadino senza.
«Skank,» disse, decidendo che il giovane era il più affidabile di loro, «tu sei il quartiermastro.» Notò, ma non lo diede a vedere, il cipiglio fugace di Venner. «Conducili tutti a bordo. Partiremo prima che i ragazzi della Navy possano immaginare le nostre intenzioni.»
«Signorsì, capitano.»
E venti minuti dopo la Jenny, senza alcuna fanfara, ma con qualche occhiata incerta degli ufficiali a bordo della H.M.S. Delicia, salpò per l’ultima volta dal porto di New Providence.
Chiazze di mattutina luce solare tappezzavano il balcone rivolto a sud di una delle case più maestose sulla collina sopra Spanish Town, e quando i rami degli alberi del pepe agitati dalla brezza lasciavano trapelare il sole direttamente sull’elegante uomo barbuto seduto al tavolo della colazione, lui istintivamente si schermava il volto, poiché era importante per lui conservarsi senza rughe e giovanile per quanto gli era possibile. Innanzi tutto, gli investitori sembravano ritenere che un uomo più giovane dovesse saperne di più sui mercati correnti e gli sviluppi più recenti dei prezzi e del valore delle monete; e in secondo luogo, lo scopo di raggiungere la ricchezza veniva a mancare se colui che se lo prefiggeva era già vecchio.
Un altro gemito dal piano di sopra fece tremare la sua mano cosicché uno schizzo di tè cadde nel piattino invece che nella tazza di porcellana. Maledizione, pensò l’uomo che si faceva chiamare Joshua Hicks mentre stizzito metteva giù la teiera con un tonfo. Perché uno non può fare colazione in pace sul suo balcone senza tutti questi… lamenti? Sei giorni ancora, rammentò a se stesso, e poi avrò concluso il mio patto con quel dannato pirata. Lui farà quello che deve fare, la porterà via di qui e mi lascerà in pace.
Ma proprio mentre il pensiero passava per la sua mente, lo riconobbe come un vano desiderio. Non mi lascerà mai in pace, comprese, fin quando sarò uno strumento anche solo lontanamente utile per lui.
Forse dovrei porre fine alla mia utilità, come il povero Stede Bonnett ebbe il coraggio di fare quando si trovò in questo genere di situazione, con Barbanera… consegnarmi alle autorità, confessare… Per l’inferno, ho incontrato Bonnett un paio di volte quando i caprìcci del mercato dello zucchero lo spinsero a viaggi d’affari fino a Port-au-Prince, e lui non era né un eroe, né un santo…
No, pensò, guardando al di là della balaustra luccicante del balcone, e al di là delle fronde dei palmizi che ondeggiavano nella fredda brezza di montagna, le terrazze digradanti delle case bianche che costituivano la zona residenziale di Spanish Town, e, in distanza, appena visibile lungo il limite del mare azzurro, il rosso delle tegole della sopravvissuta propaggine di Port Royal nell’entroterra. Allungo una mano di lato, sollevò il tappo di una caraffa di cristallo e versò del cognac ambrato, che scintillava aureo nel sole mattutino, nel suo tè. No, comunque fosse, Bonnett era un uomo più coraggioso di me. Non potrei mai fare ciò che ha fatto — e anche Ulysse lo sa, dannazione a lui. Se devo vivere in una gabbia, ne preferisco una lussuosa, con sbarre che, sebbene più robuste del ferro, non si possano vedere o toccare.
Scolò il tè corretto e si alzò in piedi, assicurandosi di avere un sorriso calmo sulla faccia prima di voltarsi per fronteggiare il salotto… e la testa di cane impagliata appesa al muro come un meschino trofeo di caccia.
Attraversò l’ampio salotto fino al corridoio, ma conservò il sorriso, poiché c’era una testa di cane appesa anche là. Ricordò, con un brivido che fece vacillare il suo sorriso, il giorno di settembre, poco dopo il suo arrivo là, quando aveva coperto con un panno ogni testa di cane presente nella casa; ciò gli aveva dato una gradevole sensazione di intimità, ma nel giro di un’ora la spaventosa domestica nera era entrata, senza bussare naturalmente, aveva percorso ciabattando tutta la casa e aveva tolto i drappi. Non gli aveva mai lanciato un’occhiata, e naturalmente non avrebbe potuto parlare con la mandibola legata in quel modo, ma la visita lo aveva così sconvolto che non aveva mai più tentato di accecare le spie di Ulysse.
Rinvigorito dal brandy, e dalla consapevolezza che la domestica di solito non arrivava fino a metà mattina, Hicks salì pesantemente le scale e si mise ad ascoltare fuori dalla porta della camera dell’ospite. Non si udivano più gemiti, così tirò il chiavistello d’ottone, girò il pomello di legno e aprì la porta.
La giovane donna era addormentata, ma si svegliò con un grido quando, muovendosi in punta di piedi nella stanza in penombra, lui accidentalmente colpì con un calcio la cena intatta che lei aveva lasciato sul pavimento — la scodella di legno si capovolse a mezz’aria e cozzò contro la parete, spargendo la verdura sul tappeto. Lei si alzò a sedere sul letto e lo guardò stringendo gli occhi. «Mio Dio… John…?»
«No, maledizione,» disse Hicks, «sono io. Vi ho sentita gemere, e volevo solo assicurarmi che fosse tutto a posto. Chi è questo John? Mi avete scambiato per lui, prima.»
«Oh.» Beth Hurwood si accasciò, con la speranza che svaniva dai suoi occhi. «Sì, è tutto a posto.»
C’erano tre teste di cane in quella stanza, così Hicks si raddrizzò in tutta la sua altezza e gesticolò, severo, verso le foglie e le erbe sparse per terra. «Avete di nuovo cercato di evitare i vostri medicamenti?» chiese. «Non posso permetterlo, lo sapete. Ulysse vuole che voi li prendiate, e quello che lui vuole, io lo impongo!» Smise di annuire virtuosamente verso la testa che era inchiodata sopra il letto.
«Mio padre è un mostro,» sussurrò lei. «Un giorno imporrete la vostra stessa immolazione!»
Hicks dimenticò le teste e si accigliò, inquieto. Nei primi giorni di prigionia della donna, aveva riso alla pretesa di Beth che Ulysse Segundo fosse suo padre, poiché lei aveva sempre sostenuto che il padre aveva un braccio solo, mentre Ulysse, in maniera lampante, ne aveva due. Ma alla visita successiva del pirata, Hicks aveva lanciato un’occhiata alla mano destra di quell’uomo: era senza alcun dubbio carne viva, ma era rosa e liscia come quella di un bambino, e non aveva la più piccola cicatrice.
«Beh,» disse, burbero, «fra meno di una settimana sarà Natale. Perlomeno, allora, mi sarò liberato di voi.»
La giovane donna gettò di lato le coltri, fece ruotare le gambe e cercò di alzarsi in piedi, ma non riuscì a bloccare le ginocchia e ricadde sul letto, ansimando. «Maledizione a voi e a mio padre,» disse con voce strozzata. «Perché non posso avere del cibo?»
«Come chiamate questa roba che avete lasciato in giro perché qualcuno ci inciampi?» domandò Hicks, chinandosi per raccogliere una foglia e poi agitandola con furia davanti al volto di lei. «Fatemi vedere come la mangiate,» disse Beth. Hicks fissò dubbioso quella porzione di vegetale, poi la gettò via con una sbuffata, come per intendere che non aveva tempo per quelle sfide infantili.
«Fatemi vedere come vi leccate le dita,» insistette Beth.
«Io… non devo provarvi alcunché,» disse lui.
«Cosa accadrà sabato? Una volta avete detto qualcosa a proposito di una “procedura”.»
Hicks fu lieto che fossero tirate le tende davanti alle finestre, perché poteva sentire la sua faccia che arrossiva. «Avreste dovuto prendere i vostri medicamenti!» sbottò. «Avreste dovuto essere…» Addormentata, terminò mentalmente; sonnambolica. Non perfettamente sveglia e pronta a rivolgere imbarazzanti domande. «Inoltre, vostro pa… Capitan Segundo, voglio dire, quasi certamente sarà qui prima di allora, e io non voglio fare… quello che intendo dire è che ve la vedrete con lui!»
Annuì, risoluto, e si girò sui talloni per andarsene, ma rovinò la sua uscita dignitosa emettendo uno strillo e ritraendosi, poiché la domestica nera era entrata silenziosamente nella stanza e stava proprio dietro di lui.
Beth Hurwood scoppiò a ridere, e la domestica si limitò a tenere lo sguardo fisso, alla sua solita maniera vacua e snervante, e Hicks scappò — domandandosi, mentre aggirava in fretta la domestica, perché l’abito della donna era sempre cucito piuttosto che abbottonato, e perché, se era così fissata col cucito, non riparava le sue tasche sfondate, e perché andava sempre a piedi nudi.
Inoltre, pensò mentre si rilassava sulle scale e pescava un fazzoletto dalla manica per detergersi la fronte, mi domando perché gli altri neri temono questa donna. Accidenti, il cuoco nero che lavorava qui le gettò un’occhiata e si lanciò dalla finestra del secondo piano! E così, dopo avere scoperto che i neri si sarebbero piuttosto fatti fustigare per tutto il giorno pur di non mettere piede in questa casa per un solo secondo, sono stato costretto ad assumere dei servitori, dei bianchi. E anche molti di loro se ne sono andati.
Tornò alla sua sedia sul balcone, ma la tranquillità della mattina era infranta, e lui svuotò del tè tiepido la tazza e la riempì di cognac. Che siano dannati Ulysse e la sua “aiutante”, pensò. Non sarei mai dovuto andarmene da Haiti e cambiare nome.
Sorseggiò il brandy e aggrottò le sopracciglia, ricordando com’era stato convincente all’inizio Ulysse Segundo. L’uomo era arrivato a Port-au-Prince nella prima settimana di agosto, e aveva immediatamente cominciato a negoziare lettere di credito delle più rispettate banche europee. Aveva fatto una buona impressione: parlava francese benissimo, era colto, ben vestito, proprietario di una bella nave — che, tuttavia, teneva in un remoto ormeggio, apparentemente a causa di una donna a bordo che stava guarendo da una febbre cerebrale.
Hicks era rimasto impressionato per l’evidente ricchezza e indipendenza dell’uomo quando gli era stato presentato, e, pochi giorni dopo, quando Segundo aveva cenato con lui e gli aveva pacatamente offerto di partecipare a un paio di poco etici, ma lucrativi, investimenti era rimasto impressionato anche dalla sua intima conoscenza di quella ragnatela internazionale che era l’economia del Nuovo Mondo. Con tutta evidenza, nessuna scrittura legale o cessione o compera o frode era troppo antica od oscura perché Segundo non la conoscesse o non ne facesse spietato uso. Hicks aveva sempre pensato che uno avrebbe dovuto essere in grado di leggere la mente, o di parlare coi morti, per sapere alcune di quelle cose.
E poi, in una sera molto tarda di metà agosto, Segundo era venuto nella casa di Hicks con cattive notizie. «Temo,» aveva detto mentre Hicks batteva le palpebre per il sonno e ordinava a un servitore di portare un po’ di brandy, «che tu sia in pericolo, amico mio.»
L’uomo che adesso si faceva chiamare Hicks era sveglio solo da un minuto circa, da quando Segundo, a mezzanotte, si era messo a bussare alla porta, e all’inizio pensò che Segundo volesse dire che dei rapinatori o degli schiavi fuggiaschi si stessero avvicinando alla sua casa. «Pericolo?» disse, strofinandosi gli occhi. «Ho dieci servitori fedeli e una dozzina di pistole cariche… cosa…»
«Non mi riferisco al pericolo di essere ferito stanotte,» lo interruppe Segundo, sorridendo. «Mi riferisco al pericolo di un processo fra poco.»
Questo lo svegliò. Prese un bicchiere di brandy dal servo, lo sorseggiò, e poi fissò, cauto, Segundo. «Con quale accusa?»
«Beh,» disse Segundo con una risata mentre si sedeva su una delle sedie della sala da pranzo, «è difficile dirlo. Tu ed io abbiamo un… socio d’affari in comune, e temo che lui sia stato catturato, e stia cercando di ingraziarsi le autorità implicando tutti coloro coi quali ha avuto rapporti extra-legali… contrabbando e ricettazione, principalmente, credo. Ma lui era noto per aver fatto un altro genere di favori a certi uomini d’affari caraibici: rapimenti, assassini o incendi dolosi. Grazie,» aggiunse al servitore che gli porse un bicchiere.
Hicks si sedette all’altro lato del tavolo, di fronte a Segundo. «Chi?»
Segundo lanciò un’occhiata al servitore che sbadigliava, poi si sporse in avanti. «Lo chiameremo… Ed Thatch?»
Hicks scolò il bicchiere, fece per chiedere che fosse riempito di nuovo, poi disse al servo di lasciare la caraffa e uscire. «Di quali,» disse quando l’uomo fu andato via, «rapporti extra-legali ha parlato?» Dio sapeva che Barbanera lo aveva aiutato in svariate situazioni del genere, a cominciare dall’annegamento di una troppo bene informata zia nubile, quando lui aveva cominciato a fabbricare prove che convalidassero la storia che il fratello era morto.
«Beh, è difficile, vedi. Non so. Tutti quelli che riesce a ricordare, dobbiamo presumere.» Hicks gemette e abbassò il volto nelle mani, e Segundo si sporse e riempì il suo bicchiere. «Non disperarti,» gli disse. «Andiamo, ora, guarda me: anch’io sono implicato, almeno tanto terrìbilmente quanto te, e ti sembro abbattuto? C’è una via d’uscita da ogni disastro, eccetto quello definitivo.»
Hicks alzò la testa. «Cosa possiamo fare?»
«È semplice. Lasciare Haiti. Ti darò un passaggio sulla mia nave.»
«Ma,» aveva protestato Hicks, tristemente, «come posso portare con me tanto denaro da poter vivere senza problemi? E poi, sicuramente m’inseguiranno.»
Ulysse Segundo aveva sbattuto le palpebre. «Se tu fossi ancora qui, no. Cosa accadrebbe se fosse trovato un corpo nella tua camera da letto… un corpo della tua altezza e corporatura e colore… con la faccia devastata da un colpo di trombone… e un messaggio da suicida accanto, scritto di tuo pugno?»
«…Ma… chi…»
«Non hai degli uomini bianchi che lavorano per te? Uno non potrebbe scomparire?»
«Beh… suppongo…»
«E riguardo al denaro, rileverò tutto ciò che hai: la tua casa, la terra e tutto il resto. Prevedendo questa eventualità, ho fatto preparare dal mio avvocato una serie di rinunce, vaglia cambiari e atti di vendita, retrodatati in questi ultimi due anni, che sembreranno indicare che tu avevi ceduto ogni cosa, pezzo per pezzo, a un gruppo di creditori — un esercito internazionale di contabili impiegherebbe anni per scoprire che ognuno di quei creditori, rintracciato attraverso tutte le società silenziose e le finanziarie anonime, sia io.» Fece uno smagliante sorriso. «E in questo modo ci sarà un motivo per il tuo suicidio, capisci? Dissesto finanziario! Poiché suppongo che tu debba del danaro a svariate persone, e quando esse tenteranno di recuperarlo dalle tue proprietà, la nostra storia preconfezionata salterà fuori.»
E così avevano fatto. Hicks aveva firmato tutte le carte; poi, dopo che Segundo se n’era andato, si era recato negli alloggi dei servitori, aveva svegliato un uomo dell’età e corporatura giuste, e gli aveva ordinato seccamente di andare con lui nell’edificio principale. Senza spiegazioni, aveva guidato l’uomo nella sua camera da letto e gli aveva dato del vino drogato, e quando gli occhi disorientati dell’uomo si erano finalmente chiusi nell’incoscienza, Hicks lo aveva spogliato e aveva gettato i suoi abiti nel focolare, poi aveva vestito quel corpo rilassato con la sua camicia da notte. Aveva caricato un trombone con due buone manciate di anelli e monete e catene d’oro, e aveva impacchettato tutto quello che restava del suo oro e dei suoi gioielli in tre casse. Segundo era tornato con diversi loschi ma robusti marinai prima dell’alba, e l’ultima cosa che Sebastian Chandagnac aveva fatto, prima di abbandonare la casa ancestrale e di adottare il nome di Joshua Hicks, era stata quella di sparare in faccia al servitore privo di sensi. Il rinculo gli aveva distorto il polso, e lui era rimasto inorridito per il rumore e l’istantanea distruzione: il colpo aveva devastato un intero lato della stanza, e fatto esplodere la testa del servo, in un milione di pezzi, attraverso la finestra chiusa e fuori nel giardino.
Segundo, tuttavia, era di ottimo umore, e mentre si stavano allontanando su un carro a quattro cavalli aveva affermato di essere capace di sentire l’odore del sangue del servitore ucciso nella brezza notturna. «È questo che mi propongo adesso, sai,» aveva fatto notare mentre faceva schioccare la frusta sopra i cavalli. «Ormai ho tutta la ricchezza di cui ho bisogno… ciò che devo procurarmi adesso è acqua di mare e sangue… una quantità assolutamente folle di sangue fresco e rosso.» La sua risata vivace, quasi fanciullesca, si era persa trillando fra le palme di cocco e gli alberi del pane ai due lati della strada diretta verso la spiaggia.
Seduto sul suo balcone in Giamaica, Sebastian Chandagnac sogghignò tristemente nel brandy. Sì, pensò, avrei dovuto aspettare, e controllare io stesso. Segundo voleva semplicemente qualcuno come suo schiavo — una marionetta ben educata — affinchè sorvegliasse quella ragazza al piano di sopra. E, nel caso Segundo non fosse di ritorno entro Natale, affinchè… come si era espresso Segundo?…«eseguisse il rituale che l’avrebbe resa un vaso vuoto pronto per essere riempito.» Spero in Dio che lui ritorni prima di Natale… non solo perché non posso sopportare l’idea di eseguire quel rituale che mi ha fatto memorizzare, ma anche a causa della cena che terrò qui la notte di Natale. Dopo essermi accollato la seccatura pruriginosa di farmi crescere una barba solo perché qualcuno altrimenti avrebbe potuto riconoscermi come Sebastian Chandagnac, sarebbe una vergogna se dovessi presenziare alla mia cena di presentazione tutto coperto di sangue e piume di pollo e puzzolente di terra di cimitero.
Chandagnac scosse la testa tristemente, al ricordo della casa e della piantagione che si era lasciato alle spalle a Port-au-Prince… per nulla. Gli veniva pagata una regolare rendita da una delle banche di Segundo, ma non era mai stato discusso alcun pagamento per tutto quello che aveva ceduto a Segundo; e soltanto una settimana prima, nel corso di una breve conversazione col portalettere, aveva appreso che Barbanera era stato ucciso — non catturato — a metà novembre: esattamente tre mesi dopo la conversazione di mezzanotte nella quale Segundo aveva convinto Chandagnac che Barbanera era stato catturato e stava coinvolgendo tutti quelli che riusciva a ricordare.
Udì la porta al piano di sopra chiudersi, e il chiavistello d’ottone sferragliare fino alla posizione di blocco. Balzò in piedi, trangugiò quello che era rimasto nella sua tazza di tè, quindi afferrò la caraffa e tornò frettolosamente dentro, sperando di riuscire a chiudersi nella sua camera da letto prima che l’orribile domestica scendesse giù.
Su nel sartiame, a cavalcioni sul pennone di una delle vele dell’albero di trinchetto, al quale stava appoggiato, Jack Shandy alla fine abbassò il telescopio, dopo aver fissato per circa un quarto d’ora le onde, le nuvole a ciuffi in alto, e, con maggior attenzione, la solida nube scura e dal profilo netto che si gonfiava sull’orizzonte orientale davanti a loro. Passò in rassegna tutto il bagaglio d’informazioni sulle condizioni atmosferiche appreso da Hodge e da Davies e dall’esperienza personale e dovette ammettere, almeno con se stesso, che Venner aveva ragione. Sarebbe stato più saggio fare dietrofront e cercare di coprire in tutta fretta le sessantacinque miglia fino a Grand Cayman, virare attraverso la scogliera a Rum Point Channel e quindi trascinare in secco la Jenny, tirandosi così fuori dall’acqua. E dannatamente presto anche, poiché la tempesta si stava muovendo con maggiore rapidità della Jenny, e il vento sembrava diminuire.
Ma oggi, pensò disperatamente, è il ventitré dicembre. Dopodomani Hurwood eseguirà la magia che scaccerà l’anima di Beth dal suo corpo. Devo trovare Ulysse Segundo, come quel vecchio pazzo ama apparentemente farsi chiamare adesso, oggi o domani, o potrei anche non aver mai lasciato l’insediamento di New Providence. E se torniamo indietro verso nord-ovest e ci mettiamo al riparo evitando la tempesta, perdermo almeno quel che resta della giornata di oggi. Ma posso mai portare questi uomini in mezzo a una burrasca che potrebbe benissimo ucciderli?
Oh, all’inferno, pensò, gettando il telescopio a uno dei pirati in basso e cominciando a scendere, questo è un diritto del capitano: il mio compito non è evitare le situazioni rischiose, ma guidare noi tutti per affrontarle. E non posso credere che Woefully Fat permetterà che gli venga impedito di raggiungere il suolo giamaicano… anche spinto da un uragano.
Si lasciò cadere sul ponte e rivolse un sogghigno fiducioso a Skank. «Possiamo scivolarvi sótto anche con metà di noi ubriachi fradici,» disse. «Continueremo verso sudest.»
«Gesù Cristo, Jack,» cominciò precipitosamente Skank, ma Venner lo interruppe.
«Perché?» domandò Venner. Indicò a poppa con un braccio robusto e lentigginoso. «Gran Cayman è a sole poche ore da quella parte! E anche se questo vento muore, come è in procinto di fare, la dannata corrente ci porterà là!»
Shandy si voltò, senza fretta, verso Venner. «Non è necessario che lo spieghi, ma lo farò. Non arriveremmo a Gran Cayman. Questa tempesta sta venendo a prenderci, e sarà meglio per noi avere la prua in avanti quando arriverà.» Le spalle larghe di Venner si ingobbirono per la tensione dei muscoli, ma Shandy si costrinse a ridere. «E, per l’inferno, uomo, il famoso Segundo si trova da qualche parte davanti a noi, ricordi? Quei cacciatori di tartarughe ieri ci hanno detto di aver visto la sua nave proprio la mattina! Non solo lui ha con sé il bottino preso da una dozzina di navi depredate, ma quasi certamente si trova sul vecchio Carmichael, cui ha cambiato il nome. È la nostra nave… un vero vascello atto a tenere il mare, e noi ne abbiamo bisogno, poiché delle piccole imbarcazioni da acqua ferma come la Jenny non sono adatte alle lunghe traversate fino al Madagascar e all’Oceano Indiano, che è ciò di cui abbiamo bisogno di questi tempi. Guarda cos’è accaduto a Thatch quando ha preferito una corvetta.»
«E questo Ulysse ha quella donna,» disse Venner, quasi sputando, «e non cercare di farci credere che non sia questa la ragione per cui vuoi agguantarlo! Beh, forse lei per te vale più della tua pelle, ma per me non vale nulla. E io non rischierò la mia pelle per farti un favore.» Fronteggiò gli altri uomini. «Pensate a questo, ragazzi. Perché dovremmo raggiungere questo Ulysse o Hurwood oggi? Perché non la prossima settimana?»
Shandy non aveva dormito molto negli ultimi giorni. «Sarà oggi perché lo dico io,» disse, con una certa violenza. «Cosa pensate di questo?»
Woefully Fat si portò accanto a Shandy e la sua enorme ombra eclissò Venner. «Andremo a Giamaica,» disse.
Per diversi, lunghi secondi, mentre la nube davanti a loro cresceva e Grand Cayman diventava ancora più lontana, Venner rimase immobile, gli occhi che dardeggiavano avanti e indietro da Shandy e Woefully Fat al resto della ciurma, domandandosi ovviamente se poteva provocare un ammutinamento.
Shandy, sebbene sperasse di apparire sicuro di sé, si stava domandando la medesima cosa. Era stato un capitano abbastanza abile durante il mese successivo alla cattura del Carmichael da parte di Hurwood, e veniva ancora guardato con una certa soggezione a causa del ruolo importantissimo che aveva avuto nella fuga dalla nave da guerra della Navy, e gli era anche d’aiuto avere il sostegno del vecchio bocor di Davies, anche se la sua morte imminente sembrava essere l’argomento preferito dagli uomini in quel periodo. Ma Shandy poteva solo fare delle congetture, come ovviamente le stava facendo Venner, su quanta parte della fiducia che gli uomini avevano in lui fosse stata erosa dai suoi tre mesi di ebbra apatia nell’insediamento di New Providence.
«Shandy sa quello che fa,» borbottò un vecchio sdentato.
Skank annuì con manifesta convinzione. «Sicuro,» disse. «Non potremmo tornare a Grand Cayman prima che la tempesta ci raggiunga.»
Shandy gli fu molto grato, perché sapeva che Skank non era sincero.
Le spalle di Venner si accasciarono, e il suo sogghigno, che stava cominciando ad apparire meno come una serie di rughe di allegria che di grinze in una camicia da lungo tempo non cambiata, fu issato di nuovo sulla sua faccia. «Certo che lo sa,» disse con voce rauca. «Volevo… soltanto assicurarmi che fossimo tutti… d’accordo.» Si voltò e, spingendo da parte un paio di uomini, si allontanò vacillando verso poppa mentre Shandy ordinava di rimuovere il fiocco e terzarolare la vela maestra.
Quando la corvetta si mosse in avanti col minimo delle vele in azione e Shandy si fermò per sbirciare la nuvola che adesso faceva loro ombra, Skank gli batté leggermente su una spalla e, con uno scatto della testa, lo tirò da parte.
«Cosa c’è?» domandò Shandy, con una tensione che conferì rigidità alla sua voce.
«Venner non è minimamente soddisfatto,» disse Skank, piano. «Guardati da lui. Sarà per oggi, e probabilmente alle spalle.»
«Ah. Beh, grazie. Lo terrò d’occhio.» Shandy fece per allontanarsi, ma Skank gli si parò davanti.
«Tu non lo sai,» proseguì in fretta il giovane pirata, «non credo che tu lo sappia: è stato lui a provocare la morte di Davies.»
L’impazienza di Shandy era svanita. «Parla,» disse. Alcune pesanti gocce di pioggia caddero con un tonfo sul ponte attraverso l’aria immobile e tracciarono lunghe striature nere sulle vele. Pioggia prima del vento, pensò Shandy, rammentando un avvertimento del vecchio Hodge. «Allentate un po’ le scotte,» gridò, poi tornò a voltarsi verso Skank. «Parla.»
«Beh,» disse rapidamente Skank, scrutando impaurilo il cielo scuro mentre parlava, «il marinaio morto che lo uccise stava per uccidere te, un minuto prima — tu stavi correndo verso la ragazza sospesa in aria, e non vedesti quel morto che ti stava aspettando. Così Phil si mise a correre per inchiodare quella cosa e salvarti, senza che ci fosse alcun problema… ma Venner si accorse di quello che stava per fare, e lo bloccò… Venner non è mai stato contento che tu fossi diventato quartiermastro.»
La pioggia adesso stava cadendo con regolarità, e non c’era ancora vento. «Riducete ancora un po’ la vela maestra,» gridò Shandy, inquieto. «No… abbassate interamente la vela di randa. Incontreremo la tempesta coi pennoni nudi… e ci terremo pronti a metterci in panna.»
«Davies perse l’equilibrio,» proseguì Skank, «quando Venner lo spintonò, e ciò ti fece avanzare per altri due passi; ma Davies continuò comunque a correre, e per questa ragione il modo in cui poté colpire quella cosa non gli fu sufficiente per ammazzarla del tutto. Il suo secondo colpo le staccò la testa, ma ormai la sciabola lo aveva trafitto.»
Allora il vento li colpì, e anche coi pennoni nudi la Jenny s’ingavonò pericolosamente, perdendo l’abbrivio e inclinandosi al punto tale che gli uomini dovettero aggrapparsi alla battagliola o al sartiame per evitare di andare a sbattere contro le frisate di babordo. L’albero era quasi orizzontale.
Subito dietro al vento vennero delle onde altissime, e Skank raggiunse a fatica la poppa per aiutare il nocchiere a trascinare il timone nel mare impetuoso al fine di puntare la prua più direttamente nel vento. Con lentezza, e a fatica, l’albero ritornò dritto.
Mentre la piccola imbarcazione vacillava sulla cresta di un’onda striata di schiuma e poi scivolava dall’altro lato nel ventre, col timone che si agitava nell’aria per un momento e il lungo bompresso che trafiggeva l’erta d’acqua ripida e grigia davanti, Shandy trattenne il fiato, aspettandosi che il bompresso si spezzasse o che la prua e l’intero scafo lo seguissero, senza più risalire… Ma dopo otto rapidi battiti del cuore la prua si sollevò, col bompresso intatto, scacciando via il peso dell’acqua solida come un uomo che scaccia un branco di cani feroci che erano quasi riusciti a sopraffarlo.
Shandy espirò. Evidentemente chiunque avesse costruito la Jenny sapeva il fatto suo. Strillò l’ordine di mettersi in panna, e quando furono giunti sulla sommità dell’onda il vento era sulla prua di tribordo e abbastanza vela maestra era stata spiegata da spingere la Jenny a ricadere nello stesso punto senza prendere abbrivio. In linea di principio, avrebbero potuto in questa maniera superare la tempesta.
Shandy si arrampicò e scivolò verso poppa, dov’erano gli uomini che si stavano dando da fare con la barra. Non c’erano ulteriori ordini da dare ormai, e il vento gli avrebbe in ogni caso strappato via le parole dalla bocca scagliandole lontano senza che nessuno potesse udirle, così si limitò ad appoggiarsi all’arcaccia e a cercare di capire per quanto tempo la Jenny avrebbe potuto continuare a resistere senza spezzarsi.
Il vento caldo si stava ancora in qualche modo rafforzando, e spruzzi schizzavano in nuvole fitte come una mitraglia, e gli pungevano il volto e le mani; si leccò le labbra e il gusto salato gli fece capire che si trattava di acqua marina e non di pioggia. Le onde erano alte e solide a vedersi come scogliere, e ogni volta che la Jenny scivolava giù per il crinale sopravvento di una e cozzava contro la successiva, veniva scossa con tale violenza che l’albero oscillava paurosamente avanti e indietro sopra le loro teste. Lo spruzzo si perdeva alle loro spalle, e acqua solida vorticava intorno alle cosce di Shandy strattonandolo con sempre maggiore forza.
Continuò a guardare stringendo gli occhi contro la sferza del vento per assicurarsi che essi né fronteggiassero il vento troppo direttamente né consentissero al vento di aggirarli e colpirli sul fianco, e per diversi minuti rimase sbalordito dalla perfezione con cui quella vecchia corvetta si comportava. Poi notò dei ciuffi di vapore che fluttuavano via dal punto in cui la barra era collegata alla testa del timone, e quando scrutò con maggiore attenzione vide che il perno di ferro era diventato incandescente. Woefully Fat stava in piedi dall’altra parte della barra, e Shandy si scacciò l’acqua dagli occhi e scrutò sul ponte, con gli occhi socchiusi e brucianti, il gigantesco mago. Gli occhi del bocor erano chiusi e lui si stava mordendo le nocche di una mano. E anche se la pioggia e il mare stavano lavando la mano bruna, Shandy poté vedere il sangue rosso che sprizzava da dove i denti stavano lavorando, e comprese che il comportamento della Jenny non era dovuto interamente all’abilità del nocchiere.
Nonostante questo, ogni ondata che seguiva era più alta, e quando la piccola imbarcazione salì faticosamente in cima a quella successiva, e Shandy guardò sbattendo le palpebre il mare intorno a loro, gli parve come se la barca fosse attaccata a quel vasto telo scintillante che si estende al di sopra delle Alpi; e il fischio del vento era così furioso che lui dovette continuare a ricordare a se stesso che non c’era alcuna collera consapevole dietro di esso.
Scivolarono giù per sopravvento dell’onda e piombarono sulla successiva — la vecchia corvetta si sollevò, riversando acqua solida dai due lati — e quando la Jenny salì sul versante sottovento, Shandy si accorse che stava ruotando con forza su se stessa, e che la sella della randa, adesso scesa fino all’altezza della testa, stava emettendo uno scintillio arancione per lo sforzo.
Poi furono in cima, e il pieno vigore del vento li investì di nuovo, e con uno schianto simile a un’esplosione udibile anche al di sopra del vento la sella della randa si spezzò. Il pennone adesso era solo una lancia con l’estremità ardente allacciata a un’enorme bandiera svolazzante: colpì il ponte sotto il boma della vela maestra, rimbalzò dall’altro lato, e roteò come un ago di bussola impazzito mentre il lato sopravvento della vela si lacerava, poi sfrecciava verso poppa. La barca tremò quando l’elemento di alberatura colpì l’arcaccia.
Shandy si era abbassato quando quella cosa si era staccata con violenza, e in quel momento alzò la testa, temendo che essa potesse aver ucciso il nocchiere, o, peggio, mandato in pezzi la barra; ma il nocchiere era ancora aggrappato alla barra del timone… E solo dopo essersi chinato con sollievo, Shandy notò che il pennone con l’estremità di ferro aveva colpito Woefully Fat esattamente al centro del suo torso massiccio, e lo aveva inchiodato, dritto, all’arcaccia.
«Cristo,» gridò Shandy attraverso le labbra rese torpide dagli spruzzi. Avrebbero potuto sopravvivere senza il bocor?
Shandy non si sentiva per niente fiducioso, ma si spinse via dalla battagliola, afferrò il boma della vela maestra e si trascinò lungo di esso, superò il punto in cui la colonna della vela maestra era legata e raggiunse l’estremità rivolta verso l’albero, dove il lato sopravvento svolazzava, slegato. Qualcuno era con lui, adesso, all’altro lato del boma oscillante — era Skank, con la faccia resa scarna dallo sforzo, che aveva un coltello e un pezzo di corda. Assieme, mentre la barca deviava verso il ventre dell’onda, i due riuscirono a praticare diversi fori nell’estremità superiore di quel che restava della vela. Si aggrapparono mentre la Jenny s’infrangeva nella superfìcie screziata di un’altra onda, e poi quando l’acqua li ebbe superati, Shandy ficcò la corda attraverso i fori. Poi mentre la corvetta s’inclinava all’indietro, sollevandosi per incontrare l’onda seguente, Shandy gettò il capo della corda in alto verso il lato di babordo della prua: il vento contrario lo scagliò all’indietro intorno all’albero fino a Skank, che lo afferrò, si lasciò cadere sulla frisata di babordo e riuscì ad avvolgerlo due volte intorno a una galloccia prima che il vento li martellasse di nuovo.
Le due iarde quadrate di vele rimaste catturarono il vento abbastanza da spingere indietro la poppa, ma Shandy sapeva che non avrebbero potuto resistere a lungo. Diversi altri uomini erano strisciati sul ponte per dare una mano, tuttavia, e Shandy ricadde sulla battagliola e lasciò loro il suo posto: lo stomaco gli si era annodato, per la tensione o per qualcosa di rancido che aveva mangiato, e sperò di non essere costretto a svolgere per un po’ di tempo qualche dura incombenza.
Tutt’a un tratto divenne consapevole di un peso sulla sua giacca che tirava la parte posteriore del colletto contro la nuca, e guardò verso il basso… e si allontanò dalla battagliola, perché serrate strettamente sul davanti della giacca — e provenienti Dio sapeva da dove — c’erano quelle che sembravano essere due anguille grigie dalle teste bitorzolute. Fu solo quando ne afferrò una per strapparla via che comprese che si trattava di due braccia umane in avanzato stato di decomposizione, recise ai gomiti, con le dita che artigliavano il tessuto della sua giacca.
Una parte della sua mente si limitò a gemere per l’orrore della cosa, ma dopo il primo congelato momento di shock gli venne in mente che quella era la stessa giacca che aveva indossato il giorno in cui Hurwood sottrasse il Carmichael a Leo Friend… e quel giorno uno dei morti della ciurma di Friend si era appeso alla giacca dopo essere rotolato sopra la battagliola, ed era caduto in mare solo perché le sue braccia si erano staccate dai gomiti. Le braccia attaccate a lui erano parse scomparire poco dopo, ma apparentemente esse erano rimaste appese come spettri alla giacca fin da allora, come ragnatele di un soffitto che possono essere scorte solo con una certa luce.
Il dolore che s’intensificava nel suo stomaco lo fece ingobbire contro la murata, ma lui si costrinse a continuare a pensare. Ma allora, si chiese, qual è la luce che rende visibili queste macabre cose? Beh, ovviamente… una magia ostile, resa meno difficile per il fatto che non veniva eseguita sulla terra. Lo avresti capito anche per l’odore di ferro caldo, se non fosse stato per questo vento. Il dolore nel tuo stomaco è il dono di qualcuno.
L’acqua si sollevò sopra di lui quando la Jenny incontrò un’altra onda, e poi lui si raddrizzò contro il prepotente desiderio del suo corpo di raggomitolarsi — il sudore freddo sulla sua faccia faceva sembrare gli spruzzi ancora più caldi — allungò le mani e afferrò l’uomo più vicino, e lo tirò abbastanza vicino a sé da potergli gridare, «Dov’è,» ruggì Shandy, «Venner?»
L’uomo guardò a bocca aperta gli avambracci grigi che oscillavano dalla giacca del suo capitano, ma puntò un dito in avanti e poi verso il basso.
Shandy annuì e lo lasciò andare, e poi, un tormentato passo per volta, avanzò verso il boccaporto, aggrappandosi a ogni cosa che poteva raggiungere; un’improvvisa raffica di vento sulla cresta di un’onda gli fece perdere l’equilibrio, e lui percorse strisciando le ultime iarde, a pancia sotto, le braccia allargate che gli conferivano l’aspetto di un insetto. Con uno sforzo che parve strappargli tutti i muscoli addominali sollevò il portello del boccaporto e si rotolò e arrancò e capitombolò giù nella stiva dal basso soffitto.
C’era buio, ma lui sapeva dov’era la rastrelliera delle armi. Lasciò che il rollio successivo lo mandasse a cozzare contro di essa, e quindi afferrò un’elsa e tirò via una spada; era più leggera di una sciabola corta, ma sembrava essere della lunghezza giusta, lasciò che la sua mano si sistemasse comodamente intorno all’impugnatura. C’era un debole bagliore rosso verso prua, si curvò in quella direzione, coi macabri ornamenti del suo bavero che ondeggiavano violentemente.
Venner stava accovacciato davanti a un piccolo braciere, e sussurrava e lasciava cadere brandelli di stoffa sui carboni accesi.
Shandy allungò la spada e si tese in un doloroso allungo, ma la Jenny bruscamente oscillò in avanti sulla cresta di un’onda, e il suo allungo divenne una capriola: andò a sbattere pesantemente contro la figura tozza di Venner e tutti e due rotolarono nella pozza profonda e vorticante davanti alla paratia di prua. Anche al di sopra del loro ansimare e del cigolio delle assi sotto sforzo e dell’ululato del vento, Shandy udì il braciere sibilare per un istante quando si estinse; e anche mentre si trovava quasi a testa in giù nell’acqua fredda, nell’angolo in cui il ponte e la paratia s’incontravano, col gomito di Venner piantato nella schiena, sentì che il nodo doloroso nello stomaco improvvisamente si scioglieva e scompariva, e vide che le braccia del morto non gli strattonavano più la giacca.
La prua si abbatté su un ventre d’onda, e per diversi secondi i due uomini vennero schiacciati ancora di più contro la paratia — Shandy avvertì l’acqua che sprizzava dalle commessure del fasciame, come se il mare gli stesse sputando addosso attraverso denti di legno, e sentì il braciere ancora cocente che rotolava sulla sua gola, scottandogliela — e poi la corvetta s’inclinò ripidamente all’indietro mentre cominciava ad arrampicarsi sull’erta seguente.
Shandy e Venner e un bel mucchio d’acqua salata ruzzolarono verso poppa, e Shandy cercò di tenere la spada sollevata e puntata contro Venner. Per due volte sentì la punta penetrare in qualcosa più cedevole delle assi del ponte, e cercò di spingere, ma poiché stava scivolando bocconi sul ponte invaso dall’acqua non ricavò alcuna spinta. Una luce grigia proveniente dal boccaporto aperto proiettò per un secondo la sagoma del suo avversario, ma un momento dopo Venner si era arrampicato sulla scaletta del ponte.
Shandy balzò in piedi e lo inseguì, tenendo la spada — che, come in quel momento notò, era uno degli stocchi di riserva di Davies — fra sé e la luce per parare ogni possibile attacco di Venner. Ma quando raggiunse il ponte vide che Venner aveva proseguito la sua corsa e ora stava fronteggiandolo a dieci iarde di distanza, e puntava contro di lui una pistola che aveva strappato a qualcuno.
Shandy soffocò l’impulso istantaneo di rituffarsi nel boccaporto, poiché era il capitano, e anche in mezzo a quella tempesta la maggior parte degli uomini stava guardando a bocca aperta quella sfida… Un colpo di pistola a trenta piedi di distanza su un ponte bagnato e beccheggiante, investito da una fitta pioggia, probabilmente avrebbe fatto cilecca, e forse la pioggia si era già insinuata sotto il coperchio dello scodellino raggiungendo la polvere. Si pose, tuttavia, di profilo, guardando Venner sopra la spalla destra. Sollevò la spada in un saluto da schermidore, sia per l’apparente freddezza del gesto, sia perché sperava che la palla di pistola, se ben indirizzata, avrebbe potuto colpire la lama o la guardia.
La pioggia non aveva raggiunto la polvere. Nello stesso istante in cui vide la canna emettere un lampo, Shandy sentì la palla cocente perforargli la pelle sopra il plesso solare. Indietreggiò ma non cadde né lasciò cadere la spada, e quando ebbe recuperato le sue sparpagliate facoltà mentali, un secondo o due dopo, fece l’inchino più cortese che poteva sul ponte oscillante — per farlo dovette afferrare le griselle con la mano libera e piantare i piedi un po’ più larghi di quanto gli fosse abituale — e poi avanzò verso Venner.
Il nocchiere, distratto dal dramma che si stava svolgendo sul ponte, non mise la prua abbastanza dritta nell’onda successiva, e la Jenny la ricevette sul lato di babordo: l’imbarcazione s’ingavonò pesantemente mentre la solida acqua verde si sollevava al di sopra del ponte, s’infrangeva con un’esplosione contro l’albero e spazzava almeno un uomo fuori bordo.
Poi la Jenny si adagiò nel ventre dell’onda, di traverso rispetto al flusso. Più spaventato da questo che da Venner, Shandy arretrò in fretta verso poppa, e fu costretto a lasciare la sciabola per afferrarsi al sartiame al fine di mantenere l’equilibrio. Skank e gli altri uomini al boma della vela maestra erano riusciti a svolgere diversi piedi di vela e a infilarvi una corda, e un uomo stava cercando di arrampicarsi sull’albero vacillante con l’estremità della corda frai denti, apparentemente sperando di gettarla al di sopra dello stretto pennone della vela di gabbia, in modo che gli uomini in basso potessero usarla come drizza. Era tutto quello che potevano fare, e Shandy sapeva che non sarebbe bastato.
Dietro di lui, muovendosi lentamente perché non voleva abbandonare la sciabola che aveva raccolto, Venner stava avanzando con cautela verso poppa.
Shandy lanciò un’occhiata al nocchiere, che aveva spinto la barra tutta a babordo, e capì che avrebbe dovuto essere là ad aiutare l’uomo a tenerla ferma quando il vento li avrebbe investiti sulla cresta. Ma in quel momento vide Woefully Fat.
Il grosso bocor si era spinto via dall’arcaccia, e ora stava eretto sul ponte e artigliava l’asta di legno che lo aveva impalato; e proprio mentre Shandy osservava, Woefully Fat la piegò davanti a sé… Il vento portava con sé tutti i rumori, ma le schegge cominciarono a schizzar via fra le mani nere. Shandy suppose che il bocor stesse utilizzando la magia per fare quella cosa, ma Woefully Fat dovette girarsi su se stesso mentre l’asta veniva piegata ancora di più, e Shandy sentì che le braccia gli formicolavano per lo sgomento, perché vide la sella della randa che sporgeva per un pollice o giù di lì dall’ampio dorso. E sebbene il ferro ancora fumasse, non emetteva più il bagliore: il bocor stava spezzando il pennone con nient’altro che la sua forza fisica.
Finalmente si spezzò, e il bocor cadde in ginocchio. Shandy accorse per aiutarlo, ma Woefully Fat con una mano sola sollevò l’asta di legno e la spinse verso di lui — prodezza in se stessa impressionante, in quanto, anche spezzata, quella cosa era lunga sei piedi buoni, e da essa pendevano delle sartie e l’estremità superiore della vela maestra inzuppata d’acqua.
«Àncora galleggiante!» gridò il bocor. «Gettala a tribordo!»
Shandy d’un tratto capì, prese il pennone da Woefully Fat — dovette far uso di entrambe le mani, e comunque digrignò i denti per il peso — e si voltò e lo sollevò al di sopra della battagliola di tribordo gettandolo in mare.
In quel momento scalarono l’onda seguente, e la Jenny s’ingavonò bruscamente quando il vento li investì da babordo, e allora cominciarono a scivolare giù per il lato di sopravvento, col nocchiere che lottava per tenere la barra tutta da una parte. Shandy slegò in fretta la drizza della vela maestra e la lasciò svolgere al di sopra della battagliola per dare una certa lunghezza alla gomena dell’ancora galleggiante.
La Jenny colpì il ventre dell’onda solo di poco più dritta, e di nuovo il mare si sollevò al di sopra del ponte. Shandy si afferrò alla battagliola sotto l’acqua, domandandosi se si erano capovolti, se la Jenny stava semplicemente per implodere e affondare senza mai più riemergere. Ma poi l’acqua divenne pesante sulle sue spalle curve e defluì, liberando prima la sua testa, poi le braccia, e mentre stava ancora sciabordando intorno alle sue ginocchia lui tornò a legare la drizza, poiché quasi tutta la gomena si era ormai snodata.
Il pennone stesso era in qualche punto dietro l’ultima cresta, e proprio mentre salivano sulla successiva Shandy poté avvertirne lo strappo, e accorgersi che la vecchia corvetta si raddrizzava e poi cominciava a rispondere alla vela e al timone. La prua si stava sollevando nel vento.
Attraverso le punte delle dita aveva prestato molta attenzione alla sensazione tattile del ponte, e quando sentì un debole scricchiolio nelle vicinanze alzò la testa… e poi si appiattì di botto. La corta sciabola di Venner squarciò la murata invece della testa di Shandy.
Shandy rotolò via mentre Venner scuoteva la pesante lama per liberarla, e quando si alzò in posizione accovacciata Skank abbandonò per un attimo l’operazione di realizzare una vela maestra di fortuna, e gli lanciò la sciabola caduta.
Il ponte si stava sollevando, e con la pioggia e gli spruzzi negli occhi mancò la presa… Udì la spada ricadere con un tonfo e scivolare sul ponte bagnato, udì anche il cigolio della lama della sciabola che veniva liberata, e i passi scivolosi di Venner che si avvicinavano.
Shandy si lanciò per raggiungere la spada proprio mentre la prua cozzava contro un’onda: chiuse gli occhi e si puntellò contro la frisata mentre l’acqua si abbatteva su di lui, poi scosse la testa e si guardò freneticamente intorno, sbattendo le palpebre. La luce era scarsa, ma vide la spada rotolare nell’acqua, si gettò al suo inseguimento quasi nuotando e agguantò l’elsa.
Venner colpì mentre Shandy stava cercando di alzarsi in piedi, ma il ponte s’inclinò bruscamente all’indietro proprio mentre Venner si produceva nell’allungo, e lui perse l’equilibrio, e sebbene il colpo intorpidisse la spalla di Shandy, fu il piatto che si abbatté, non il taglio.
Questo lo fece ricadere in ginocchio, ma anche Venner era caduto, e Shandy colse l’attimo per spingere la punta della sua spada nell’unica parte di Venner raggiungibile — il ginocchio — prima di rialzarsi pesantemente in piedi.
Anche Venner si rialzò.
Shandy capì che non sarebbe stato in grado di battere Venner, che quell’interminabile combattimento sarebbe finito con la dannata sciabola che gli avrebbe spaccato la testa o squarciato l’addome… ma era troppo esausto per trarre dall’idea qualcosa di più di una tristezza opprimente. Si appoggiò contro l’arcaccia e flette la mano sull’impugnatura scivolosa della spada.
Venner mulinò la sciabola verso la testa di Shandy, e questi riuscì a sollevare il braccio intorpidito per deviare il colpo, ma riuscì solo a far girare la lama più pesante, cosicché ancora una volta fu il piatto a colpirlo… direttamente su un lato della testa adesso. Le ginocchia gli cedettero per un momento mentre il dolore cocente e nauseante sembrava vibrare nelle sue cavità.
Cercò di raddrizzarsi, ma la lama di Venner si stava avventando di punta — Shandy si lasciò cadere in avanti e poi riuscì per un pelo a piegare di lato il corpo mentre la lama colpiva. Gli graffiò le costole e penetrò in una falda della giacca, inchiodandolo alla paratia e bloccando la sua caduta; ma lui aveva sollevato la propria spada in una parata che, sebbene tardiva, aveva messo la sua punta più o meno in linea. Zoccolando, come una marionetta manovrata con negligenza, portò i piedi sotto di sé.
La sua camicia si lacerò mentre vibrava la stoccata, e quindi il davanti della giacca di Venner venne perforato per accogliere due pollici — poi quattro, mentre Shandy riprendeva l’equilibrio e assestava una rimessa — di acciaio arrugginito.
Improvvisamente pallido, Venner vacillò all’indietro, sfilandosi la lama, e la sciabola scivolò via dalla sua mano e cadde con un tintinnio sul ponte. La Jenny raggiunse la sommità di un’altra onda e s’inclinò ripidamente all’indietro per un istante. Tutti, eccetto i due contendenti, annasparono per un appiglio o tentarono di controllare la caduta, ma Shandy si produsse in un nuovo allungo, a mezz’aria mentre il ponte ricadeva sotto di lui, e spinse la punta nel largo torace di Venner con tale forza che la lama si spezzò ed entrambi volarono nell’aria pregna di pioggia verso, e sopra, la battagliola di babordo. Shandy lasciò la spada spezzata e si afferrò al sartiame, ma Venner e la spada di Davies si persero roteando fuori bordo. Poi la prua ricadde e la poppa salì, costringendo Shandy a mollare la presa e scaraventandolo giù sul ponte.
Tornò alla coscienza a tappe lente, abbandonando con riluttanza i sogni che erano così preferibili a quella situazione fredda e dolente che sembrava essere la realtà — sogni della memoria, come viaggiare con suo padre e le marionette, e sogni del desiderio, come ritrovare Beth Hurwood e finalmente dirle quelle cose che voleva dirle. All’inizio era parso che lui potesse scegliere la situazione in cui risvegliarsi, semplicemente concentrandosi su di essa; ma quella umida e fredda e ondeggiante divenne molto più insistente, e quando aprì gli occhi si trovava sul ponte della Jenny.
Cercò di alzarsi a sedere, ma una nausea improvvisa lo gettò di nuovo sulla schiena, debole e sudato. Aprì di nuovo gli occhi e vide la faccia preoccupata di Skank. Shandy fece per parlare, ma i suoi denti stavano battendo. Serrò la mandibola per un momento e poi ritentò. «Cosa… è accaduto?»
«Hai colpito duramente il ponte dopo aver ucciso Venner,» disse Skank.
«Dov’è Davies?»
Skank aggrottò le sopracciglia, perplesso. «È… uh, morto, capitano. Quando Hurwood prese il Carmichael. Ricordi, no?»
A Shandy parve di ricordare qualcosa del genere. Tentò nuovamente di alzarsi a sedere, e nuovamente ricadde, tremando. «Cos’è accaduto?»
«Beh… tu eri là, capitano. Te ne ho parlato oggi, ricordi? Di come uno dei marinai morti di Hurwood lo ha ucciso?» Skank si guardò intorno, tristemente.
«No, voglio dire cos’è accaduto adesso?»
«Sei caduto sul ponte. Te l’ho appena detto.»
«Ah.» Shandy si alzò a sedere per la terza volta e si costrinse a resistere. La nausea affluì e poi defluì. «Avresti potuto continuare a dirmelo.» Si alzò faticosamente in piedi e rimase eretto, vacillando e rabbrividendo, afferrandosi alla battagliola per bilanciarsi e guardandosi intorno stordito. «Uh… la tempesta è… passata.» notò, orgoglioso di essere in grado di dimostrare la sua consapevolezza delle cose.
«Sì, capitano. Mentre tu eri svenuto. Ci siamo limitati a tenere la barca in panna per farle superare la tempesta. La tua àncora galleggiante ha fatto la differenza.»
Shandy si strofinò con forza la faccia. «La mia ancora galleggiante.» Decise di non chiedere. «Bene. Qual è la rotta?»
«Sud-ovest, più o meno.»
Shandy fece cenno a Skank di avvicinarsi di più, e quando il giovane si fu accovacciato accanto a lui gli chiese, piano. «Dove stiamo andando?»
«In Giamaica, hai detto.»
«Ah.» Si accigliò. «Cosa speriamo di trovare laggiù?»
«Ulysse Segundo,» disse Skank, apparendo sempre più preoccupato col passare dei secondi, «e la sua nave, l’Orfeo Risalito. Hai detto che è Hurwood, e che l’Orfeo in realtà è il Carmichael. Abbiamo seguito le segnalazioni che lo riguardavano a partire dalle Cayman, dove sentisti dire che si stava dirigendo di nuovo verso la Giamaica. Ah, e anche Woefully Fat voleva andare là, in Giamaica, prima di morire.» Skank scosse tristemente la testa.
«Woefully Fat è morto?»
«La maggior parte di noi crede di sì. Il pennone di randa lo ha arpionato come un pollo allo spiedo, e lui dopo averne staccato il pezzo più grosso e avertelo dato è crollato a terra. Lo abbiamo portato sottocoperta, per seppellirlo quando raggiungeremo la riva, perché non puoi semplicemente gettare in mare un bocor morto se hai buonsenso — ma un paio di uomini dicono di aver avvertito un battito nel suo polso, e Lamont dice di non riuscire a tenere la mente sul suo lavoro perché Woefully Fat continua a mormorare sottovoce, anche se io non sento nulla.»
Shandy cercò di concentrarsi. Aveva rammentato alcune di quelle cose, vagamente, quando Skank gliele aveva descritte, e ricordava una sensazione di urgenza disperata che le riguardava, ma non riusciva a rammentarne la ragione. Ciò che più desiderava in quel momento era una cosa impossibile: un posto asciutto per dormire.
«Quella tempesta,» disse. «È stata così improvvisa? Non avremmo potuto ripararci da qualche parte?»
«Avremmo potuto tornare indietro a Gran Cayman,» gli disse Skank. «Venner voleva farlo. Tu hai detto che dovevamo proseguire.»
«Ho… detto perché?»
«Hai detto che la tempesta ci avrebbe raggiunti in ogni caso, e quindi potevamo anche continuare a inseguire l’Orfeo. Venner ha detto che tu volevi farlo a causa di quella ragazza. Sai, la figlia di Hurwood.»
«Ah!» Stava cominciando a vedere qualche tratto di disegno compiuto nei suoi ricordi scompigliati dall’urto. «Che giorno è oggi?»
«Non so. È venerdì… e, uh, domenica è Natale.»
«Capisco,» disse Shandy, teso. «Continua a ricordarmelo, va bene? E ora che la tempesta è passata, issate più vele che potete.»
La mattina dopo, all’alba, scorsero l’Orfeo Risalito… e non ci fu disaccordo su quello che si doveva fare, poiché avevano trascorso tutta la notte a sgottare acqua dalla Jenny, e nonostante avessero tirato una vela incatramata intorno alla chiglia prodiera, e avessero martellato rotoli di stoffa riempiti di riso nelle fessure del fasciame, stavano imbarcando acqua sempre più rapidamente col passare delle ore. Shandy dubitava che la vecchia e malconcia corvetta potesse reggere abbastanza a lungo da fare un altro approdo. La maggior parte delle vele erano issate, e la Jenny avanzava sbandando sulla distesa di acqua azzurra verso la nave.
Accovacciato sulla prua della corvetta, Shandy scrutava nel telescopio, stringendo gli occhi contro il riflesso accecante del sole del mattino sulle onde. «È danneggiata,» fece notare agli uomini sofferenti e tremanti intorno a lui. «Mancano degli elementi di alberatura e c’è un groviglio di sartie sull’albero di trinchetto… ma è ancora solida. Se svolgeremo bene il nostro compito nella prossima ora, ci saranno rum e cibo e abiti asciutti.»
Ci fu un brontolio generale di approvazione, perché la maggior parte dei suoi uomini aveva trascorso la notte a lavorare alle pompe di sentina sotto la pioggia, non vedendo l’ora di fare una breve pausa occasionale nella quale ingurgitare una manciata di biscotti umidi; e il barile di rum si era sganciato ed era andato in pezzi durante la burrasca, colmando la stiva dell’odore di un irraggiungibile liquore.
«È rimasta un po’ di polvere asciutta?» domandò Shandy.
Skank fece spallucce. «Forse.»
«Hm. Beh, ad ogni modo noi non vogliamo far naufragare l’Orfeo.» Abbassò il telescopio. «Presumendo che il nostro albero non si spezzi, dovremmo essere in grado di virare a sud e di superarlo… e poi penso che dovremmo semplicemente tentare di abbordarlo.»
«O questo o cominciare a nuotare per la Giamaica,» convenne un giovane pirata cencioso e con gli occhi rossi.
«Non credi che cercherà di scappare quando si accorgerà che lo stiamo inseguendo?» domandò Skank.
«Forse,» disse Shandy, «anche se scommetto che possiamo raggiungerlo, pur malconci come siamo… e comunque, non abbiamo un aspetto particolarmente formidabile.» Tornò a sollevare il telescopio. «Beh, non dobbiamo preoccuparci,» disse un momento dopo. «Di fatto, è lui che sta venendo da noi.»
Ci fu un attimo di silenzio. Poi, «Abbiamo perso alcuni uomini in quella tempesta, penso,» fece notare uno degli uomini più anziani, tetro. «Occorrono rimpiazzi.»
Skank si morse un labbro e guardò in cagnesco Shandy. «L’ultima volta che ti sei scontrato con lui ti ha sollevato e scaraventato nell’oceano. Hai… qualche ragione per credere che non accadrà la stessa cosa?»
Shandy aveva continuato a riflettere su quella questione fin da quando avevano lasciato l’Isola di New Providence. Sangue. Ricordò il Governatore Sawney che diceva: Fai in modo che gli atomi del sangue e del ferro si allineino secondo la direzione dell’ago di una bussola che indica il nord. O viceversa. È tutto relativo…
Shandy sogghignò, un po’ pallido, a dispetto dei suoi sforzi migliori. «Sarà meglio che tutti noi lo speriamo. Io sarò alla bussola… manda qualcuno a portarmi una sciabola… e un martello e un cesello stretto.»
L’Orfeo aveva virato e stava puntando direttamente a ovest, sottovento, sulla Jenny, col sole mattutino alle sue spalle che proiettava le ombre del sartiame e degli alberi sulle vele luminose. Shandy tenne d’occhio la nave mentre lavorava col martello e il cesello sull’impugnatura della sciabola che Skank gli aveva portato, e quando essa si trovava ancora a un centinaio di iarde di distanza raddrizzò e tese la spada verso l’alto, sollevandola con la lama.
Aveva tagliato via l’involucro di cuoio e metà dell’impugnatura di legno, esponendo il codolo che collegava la lama al pomo, e, proprio nel punto dove si appoggia il palmo della mano di uno spadaccino, aveva cesellato una stretta fessura nel metallo.
Shandy si alzò in piedi e si piegò sul sostegno della bussola, guardando giù attraverso il vetro. «Se dovesse… andare male per noi, stamattina,» disse a Skank, che era rimasto a fissarlo, senza capire, durante gli ultimi minuti, «dirigetevi a est della nave — nello stato in cui si trova, il Carmichael non può bordeggiare più di quanto possa filar via — e tentate di raggiungere la Giamaica.»
«Sarà meglio se non andrà male.»
Shandy sorrise, e in qualche modo ciò lo fece apparire ancora più stanco. «Giusto.» Sollevò il martello e lo abbatté con forza sul vetro della bussola, e poi lasciò cadere il martello e rovistò fra le schegge di vetro; un momento dopo sollevò l’ago della bussola con le dita insanguinate. «Tieni i ragazzi pronti con gli uncini e le corde. Con un po’ di fortuna saremo in grado di iniziare l’abbordaggio prima che loro si rendano conto che siamo degli aggressori.»
Skank gemette debolmente, ma annuì e si avviò di corsa.
Shandy inserì con cautela la punta del polo nord dell’ago della bussola nella fessura che aveva inciso nel codolo della sciabola, poi si accovacciò, raccolse di nuovo il martello e assestò all’ago un colpetto per fissarlo.
Shandy si infilò con cautela la sciabola modificata nella cintura, e per il minuto successivo si limitò a respirare profondamente, tenendo gli occhi chiusi; poi quando l’Orfeo Risalito virò bruscamente verso il fianco di babordo della Jenny, oscurandola con la sua ombra, lui afferrò un grappino, lo roteò un paio di volte in un cerchio verticale e poi lo mandò a volare verso la battagliola della grossa nave. La luce del sole si rifletté sulle punte nell’attimo in cui esso rimase fermo, poi il grappino ricadde sulla battagliola e si agganciò.
Di certo questa è l’ultima volta che la Jenny assedia il Carmichael, pensò mentre cominciava ad arrampicarsi, una mano dopo l’altra, sulla corda.
Lo sforzo gli fece cominciare a sanguinare il naso e gli fece sentire la testa come se fosse sul punto di esplodere, e quando finalmente raggiunse la sommità della corda e si fermò a cavalcioni sulla battagliola per riprendere fiato, non riuscì a ricordare perché si trovasse là. Sembrava che fosse passato un po’ di tempo — quello era lo Strepitoso Carmichael, ne era certo… ma gran parte dell’orlo di murata era scomparsa, e anche l’intera struttura del castello di prua! Non avevano ancora raggiunto la Giamaica? Dov’era Capitan Chaworth? E quella ragazza malata col grasso medico?
Il suo disorientamento diminuì un poco quando riconobbe il padre della ragazza che stava scendendo per la scaletta del ponte di poppa — come si chiamava? Hurwood, ecco — ma poi Shandy si accigliò, poiché aveva ricordato che l’uomo aveva un braccio solo.
Poi fu distratto da una scaramuccia sul casseretto, e quando guardò con maggior attenzione — era difficile mettere a fuoco con tutta quella luce solare — credette davvero di perdere la ragione. Uomini macilenti in abiti laceri ma sgargianti si stavano arrampicando a bordo intorno a lui, e stavano ingaggiando una battaglia disperata con degli impossibili cadaveri animati, le cui mani avvizzite non avrebbero dovuto essere in grado di menare fendenti. Il sangue che fluiva lento dalle orecchie di Shandy e il martellio nella sua testa privarono la scena di quasi tutti i rumori, e la questione del perché lui avesse scelto di adornare la sua giacca con due avambracci umani mummificati parve di relativa importanza.
Non si fidava del suo equilibrio, così scese con grande cautela sul ponte. L’uomo che sembrava essere Benjamin Hurwood ora si stava dirigendo verso di lui, con un sorriso di benvenuto che increspava la sua vecchia faccia…
E poi Shandy sognò — doveva essere così, perché stava accanto al padre nella penombra dell’impalcatura al di sopra di un teatrino di marionette, ed entrambi stavano fissando la luce intensa in basso e manovrando le croci che controllavano i pupazzi penzolanti. E doveva essere una scena affollata quella che stavano eseguendo, perché molte altre croci erano sospese agli uncini elastici che facevano oscillare e sussultare leggermente le marionette sottostanti, temporaneamente ferme. Per un momento dimenticò che doveva trattarsi di un sogno, e fu preso dal panico poiché non sapeva quale rappresentazione stavano eseguendo.
Guardò con gli occhi stretti le piccole figure in basso, e le riconobbe all’istante. Erano le marionette del Giulio Cesare. E fortunatamente era già cominciato il terzo atto, per cui non restava molto da fare… erano già arrivati alla scena dell’assassinio, e ai piccoli senatori di legno le normali mani destre erano state sostituite con quelle che brandivano i pugnali.
La marionetta-Cesare stava parlando — e Shandy sgranò gli occhi, perché la faccia non era più di legno ma di carne, e lui la riconobbe. Era la sua stessa faccia. «Via!» sentì dire dal suo se stesso in miniatura. «Vuoi tu sollevare l’Olimpo?»
Le marionette-senatori, che erano anch’esse di carne adesso, avanzarono per uccidere… e poi la scena bruscamente sparì in un lampo, lasciando Shandy di nuovo sul ponte del Carmichael, a guardare Hurwood con gli occhi stretti contro il bagliore del sole.
Un sorriso fiducioso stava sbiadendo sulla faccia del vecchio, ma lui colpì di nuovo, e Shandy si trovò inginocchiato sulla sabbia cocente della spiaggia dell’Isola di New Providence, mentre fissava con occhio critico i quattro pali di bambù che aveva conficcato nella sabbia. Si erano tenuti dritti abbastanza bene finché non aveva cercato di legarne altri di traverso sulla loro sommità, e adesso erano tutti inclinati verso l’esterno, come cannoni pronti a respingere un attacco proveniente da tutti i lati.
«Intrecci un canestro?» chiese Beth Hurwood alle sue spalle.
Non l’aveva sentita avvicinarsi, e per un momento fu sul punto di replicare irritato, ma poi fece un largo sorriso. «Si presume sia una capanna. Dove io possa dormire dentro.»
«Sarebbe più semplice se tu facessi un tetto a una sola falda… ecco, ti farò vedere.»
Era un giorno di luglio, durante il raddobbo del Carmichael; Beth gli aveva mostrato come mettere assieme una struttura più stabile, e c’era stato un momento in cui, stando sulle punte dei piedi per annodare una corda in cima a uno dei pali inclinati, lei era caduta contro di lui e per un momento si era trovata fra le sue braccia. E quegli occhi castani e i capelli ramati lo avevano stordito con un’emozione che includeva attrazione fisica solo nella misura in cui un’orchestra include una sezione di ottoni. Era un ricordo spesso ricorrente nei suoi sogni.
Questa volta, tuttavia, stava andando diversamente. Questa volta lei stava usando un martello e dei chiodi invece di una corda, e le sue palpebre e le labbra erano spalancate fin dove potevano e i denti e il bianco degli occhi scintillavano nel sole tropicale mentre lei appoggiava le braccia di lui lungo i pali di bambù e metteva il primo chiodo sul polso…
…e di nuovo Shandy si trovò sul ponte del Carmichael, e batté le palpebre di fronte a Hurwood.
Hurwood ora appariva chiaramente inquieto. «Cosa diavolo c’è che non va nella tua mente?» abbaiò. «È come una vite spanata.»
Shandy era propenso a convenire. Continuò a tentare di ricordare che cosa stava facendo là, e ogni volta che lanciava un’occhiata al combattimento da incubo che si stava svolgendo intorno a lui rimaneva di nuovo stupefatto e terrorizzato. E in quel momento, come per superare tutto il suo precedente disorientamento, il ponte smise di premere contro le suole dei suoi stivali e lentamente cominciò a sollevarsi nell’aria senza un sostegno.
D’istinto lui allungò le mani per afferrarsi a qualcosa — e ciò che afferrò non fu la battagliola o una sartia, ma l’elsa della sua spada. L’ago sporgente della bussola gli punse il palmo, ma il medesimo impulso che lo aveva spinto ad afferrare qualcosa lo spinse ad aggrapparvisi. Cominciò a scendere, e pochi secondi dopo era di nuovo sul ponte.
Si guardò intorno: lo scontro stava proseguendo orribile come prima, anche se tutti i rumori erano ancora smorzati per lui, ma nessuno dei combattenti si stava avvicinando a Hurwood e a Shandy… all’apparenza lo consideravano un duello privato.
C’era un’espressione di allarmata meraviglia sulla faccia di Hurwood, e lui stava dicendo qualcosa con voce troppo bassa perché Shandy potesse udire. Poi il vecchio sguainò uno stocco e corse agilmente verso di lui.
Shandy stava ancora stringendo dolorosamente l’elsa della sua spada, e in quel momento la sfilò dalla cintura giusto in tempo per deviare la punta di Hurwood con una goffa parata in prima. Poi fece un salto indietro e deviò lateralmente con maggiore facilità la successiva stoccata del vecchio — e poi ancora la seguente. Gli avambracci grigi attaccati alla sua giacca oscillavano e urtavano l’uno contro l’altro in maniera nauseante.
Il sangue che scorreva dalla sua mano trafitta rese scivolosa l’impugnatura della sciabola, e ogni volta che la sua lama cozzava contro quella di Hurwood l’ago della bussola raschiava le ossa del palmo, diffondendo un dolore lancinante, come stagnola su un dente cariato, su per la spalla.
Hurwood latrò una rauca sillaba di risata e balzò in avanti, ma Shandy strinse la mano intorno all’impugnatura della sciabola — facendo penetrare ancora più in profondità l’ago fra le ossa del palmo — e parò la lama che si avventava con un colpo a spirale che strappò l’elsa dalle dita di Hurwood. Il dolore causato dal gesto oscurò per un attimo la vista di Shandy, ma con un’ultima torsione lui mandò la spada di Hurwood a roteare al di là della battagliola, e poi si limitò a fissare il ponte e a tirare respiri profondi e ansimanti finché la vista non gli si schiarì.
Hurwood, che era arretrato frettolosamente, lanciò un’occhiata di lato e indicò con gesto imperativo Shandy. Ovviamente, non si trattava più di un duello privato.
Uno dei marinai decomposti attraversò, obbediente e barcollante, il ponte dirigendosi verso di loro; i suoi abiti erano brandelli e Shandy poté vedere la luce del sole fra le ossa di uno stinco, ma le spalle erano larghe e un polso ossuto stava mulinando la pesante sciabola corta nell’aria con la facilità con cui un velaio maneggia un ago.
Shandy era già prossimo alla spossatezza, e l’ago conficcato nella sua mano era un cocente e aspro tormento. Gli sembrava che il semplice posarsi di una farfalla sulla lama della sua sciabola sarebbe stata una tortura che non avrebbe potuto sopportare senza perdere i sensi, ma si costrinse a fare un passo indietro e a sollevare la spada, anche se il gesto fece diventare il mondo grigio e lo bagnò di sudore gelato.
Il morto si avvicinò strascicando il passo — Hurwood sorrise a quella cosa e disse, «Uccidi Shandy» — e la sciabola fu sollevata indietro sulla spalla ossuta per vibrare il colpo.
Shandy costrinse i suoi occhi a mettere a fuoco, la mano ferita a tenersi pronta…
Ma la sciabola corta sferzò di lato, abbattendosi su Hurwood e scagliandolo verso poppa sul ponte, e un istante prima che il marinaio necrotico crollasse in una scheletrica rovina e, simultaneamente, le braccia grigie evaporassero dalla giacca di Shandy, gli occhi di quest’ultimo incontrarono lo scintillio nelle orbite incavate del marinaio e ci fu il reciproco riconoscerei e un mesto saluto e un addio fra due camerati. Poi non ci fu nient’altro che un mucchio di vecchie ossa e di brandelli di un abito sgargiante sul ponte, ma Shandy lasciò andare la sciabola che lo torturava e cadde in ginocchio, e quindi sulle mani devastate. Le orecchie gli si erano schiarite al punto che udì le sue lacrime picchiettare sul ponte.
«Phil!» gemette. «Phil! Cristo, uomo, torna indietro!»
Ma Davies, e tutti gli uomini morti, se n’erano andati, e a parte Hurwood i soli uomini sul ponte soleggiato erano gli uomini che si erano arrampicati dalla Jenny.
Hurwood stava appoggiato alla battagliola di tribordo, la faccia bianca come cenere, e si stringeva il moncherino dov’era stato il braccio che gli era da poco ricresciuto. Non c’era sangue che gocciolava, ma evidentemente mantenerlo in quella condizione richiedeva tutta la concentrazione magica di quell’uomo.
Poi Hurwood si mosse. Si spinse via dalla battagliola e, un cauto e ponderoso passo per volta, arrancò verso la porta della cabina di poppa. Shandy si sollevò a fatica e si avviò strascicando i piedi dietro di lui.
Hurwood diede un calcio alla porta, che si aprì, ed entrò barcollando.
Shandy si fermò appena fuori e scrutò nel buio. «Beth!» gridò. «Sei là dentro?»
Non ci fu risposta eccetto un borbottio da parte di Hurwood, e Shandy trasse un respiro profondo, cavò fuori dalla tasca il coltello a serramanico con la mano buona, ed entrò.
Hurwood si stava appena raddrizzando dopo aver rovistato in una cassa aperta accostata alla paratia, e nella sua unica mano stava stringendo la cassetta di legno che Shandy già conosceva. Si voltò e si avviò verso Shandy, e questi sentì l’aria addensarsi, respingerlo. Lo spinse indietro nella luce del sole mentre Hurwood continuava inesorabile a fare un passo dopo l’altro, e ben presto divenne chiaro che Hurwood si stava dirigendo verso la scialuppa della nave.
Shandy aprì a metà il coltello, appoggiò l’indice sulla scanalatura e lasciò che la lama scattasse verso il basso. Il sangue sprizzò dal dito ferito, ma l’aria smise di resistergli. Evidentemente anche il ferro non magnetizzato era adesso sufficiente a neutralizzare gli incantesimi di Hurwood. Fece un passo avanti e, prima che Hurwood si accorgesse della sua improvvisa libertà di avanzare, con un pugno fece saltare via la cassetta dalla mano di Hurwood.
La cassetta rimbalzò sul ponte. Hurwood, la bocca spalancata per lo sforzo, si voltò e tentò di camminare; cadde, ma poi sulle ginocchia e sulla mano cominciò a strisciare verso la cassetta.
A malapena in grado lui stesso di muoversi meglio, Shandy si portò barcollando davanti all’uomo che strisciava, sedette sul ponte cocente accanto alla cassetta e, col dito ancora dolorante stretto sotto la lama del coltello a serramanico, rimosse annaspando il coperchio della cassetta.
«La mia sciabola,» gracchiò a Skank, che si stava legando una benda intorno alla coscia. Il giovane e stanco pirata si fermò per il tempo necessario a scalciare la spada modificata di Shandy, mandandola a scivolare con un clangore sul ponte verso di lui.
Senza staccarsi il coltello dal dito, Shandy afferrò la sciabola, conficcandosi di nuovo in profondità l’ago della bussola nella mano, e poi spinse la punta di ferro della spada dentro la cassetta.
La testa disseccata che stava all’interno esplose con un rumore simile allo strappo di una vecchia tappezzeria.
Hurwood si bloccò, con gli occhi sgranati, poi trasse un respiro rantolante e lo espulse in un ululato che fece voltare, meravigliati, anche i feriti più gravi frai pirati di Shandy. Quindi crollò, e il sangue cominciò a sgorgare dal moncherino del suo braccio.
Con un brivido Shandy lasciò cadere di nuovo la spada e si staccò il coltello dal dito. Poi cominciò a usare goffamente il coltello per tagliare dalla sua giacchetta maledetta delle strisce da utilizzare come laccio emostatico — poiché se Beth non era a bordo, non voleva che Hurwood morisse dissanguato.
Vertigini, nausea, e occasionali momenti di oblio contribuirono tutti a rendere la ricerca di Shandy sul Carmichael interminabile. Ma la ragione principale per cui gli ci volle così tanto tempo — guardò dentro le casse che non avrebbero potuto assolutamente contenere Beth Hurwood, e controllò due volte le cabine per vedere se lei vi era tornata quando lui si era allontanato — era che temeva ciò che probabilmente avrebbe dovuto fare se fosse stato certo che lei non era a bordo. Tuttavia giunse il momento, quando rinviare la decisione sarebbe stato ancora più deprimente, di dover ammettere con se stesso che aveva controllato ogni singolo piede cubo del vascello. C’erano più oro e gioielli nella stiva di quanti si potessero scaricare in un’intera giornata, ma non c’era Beth Hurwood.
Risalì svogliatamente sul ponte principale e, sbattendo gli occhi, guardò intorno a sé gli uomini malconci che lo stavano aspettando, finché non scorse Skank. «Hurwood non ha ancora ripreso conoscenza?» gli chiese.
«L’ultima volta che ho controllato no,» disse Skank. «Ascolta, hai avuto fortuna là sotto?»
«No.» Shandy si voltò con riluttanza verso la cabina dove era stato trasportato Hurwood. «Portami un…»
Skank avanzò ponendosi di fronte a lui, spalleggiato dagli uomini che ancora riuscivano a camminare; la faccia del giovane pirata era incavata e dura come un pezzo di legno alla deriva eroso dalla sabbia. «Capitano,» disse con voce stridula, «avevi detto che aveva a bordo il suo maledetto bottino, dannazione a te, la roba proveniente da tutte le navi che…»
«Oh, il bottino.» Shandy annuì. «Sì, c’è. Un bel mucchio, proprio come avevo detto. Credo di essermi spezzato la schiena a muovere casse di lingotti d’oro avanti e indietro là sotto. Potete andare tutti a… rotolarvici dentro. Ma prima, tira su per me un secchio d’acqua marina, vuoi? E vedi se riesci a trovare… del fuoco, una candela o qualcosa… da qualche parte. Vado là dentro da lui.»
Un po’ sconcertato, Skank fece un passo indietro. «Uh, sicuro capitano. Sicuro.»
Shandy scosse infelicemente la testa mentre zoppicava fino alla porta della cabina ed entrava. Hurwood giaceva privo di sensi sulle tavole del ponte, il respiro che risuonava come lenti colpi di sega in un legno secco. La camicia era più nera che bianca, e chiazze di sangue, quasi asciutto, scurivano il ponte intorno alle sue spalle, ma l’emorragia sembrava essersi fermata.
Shandy lo esaminò e si domandò chi fosse realmente quell’uomo. Il docente di Oxford, autore di In Difesa del Libero Arbitrio? Il padre di Beth? Il marito di quella Margaret intollerabilmente morta? Il pirata Ulysse Segundo? Le ossa erano sporgenti nella faccia dalla bocca spalancata, e Shandy cercò di immaginare quale fosse stato l’aspetto di Hurwood da giovane. Non vi riuscì.
Shandy si inginocchiò accanto a lui e lo scosse per la spalla buona. «Mr. Hurwood. Svegliatevi.»
Il ritmo del respiro non cambiò, le palpebre rugose non sbatterono.
«Mr. Hurwood. È importante. Per favore, svegliatevi.»
Non ci fu reazione.
Shandy rimase inginocchiato là, a fissare il vecchio devastato cercando di non pensare, finché Skank non entrò con passo pesante. La nuova luce arancione lottò debolmente con la luce solare proveniente da fuori.
«Acqua,» disse Skank, lasciando cadere con un rumore metallico sul ponte un secchio gocciolante, «e una lampada.» Dopo essersi guardato intorno, incerto, pose sul ponte anche quella.
«Ottimo,» sussurrò Shandy. «Grazie.»
Skank uscì, chiudendo la porta, e la fiamma inquieta della lampada divenne la fonte d’illuminazione della stanza.
Shandy raccolse una manciata di fredda acqua salmastra e la gettò sugli occhi chiusi di Hurwood. Il vecchio aggrottò leggermente le sopracciglia, ma quello fu tutto. «Dio ti maledica,» esplose Shandy, quasi singhiozzando, «non costringermi!» Afferrò un orecchio di Hurwood e lo torse selvaggiamente… senza alcun effetto. Con orrore e nello stesso tempo con rabbia Shandy si alzò, spingendo via la lampada con un piede, poi sollevò il secchio e ne gettò l’intero contenuto sulla testa di Hurwood. Il peso dell’acqua fece voltare la testa del vecchio e gli incollò i capelli a mo’ di corona, ma il respiro continuò regolare come prima, senza neppure un colpo di tosse.
Davvero singhiozzando adesso, Shandy si voltò e allungò una mano verso la lampada… e poi mormorò una preghiera di ringraziamento quando udì sputare e gemere alle sue spalle.
Si accovacciò accanto a Hurwood. «Svegliatevi,» disse, incalzando. «Non avrete mai un consiglio migliore di questo.»
Gli occhi di Hurwood si aprirono. «Sono… ferito,» disse, piano.
«Sì.» Shandy si asciugò le lacrime dagli occhi per vedere con maggiore chiarezza il vecchio. «Ma probabilmente vivrete. Siete già sopravvissuto una volta. Dov’è Beth, Elizabeth, vostra figlia?»
«Oh… è tutto finito, no? Tutto finito, ormai.» I suoi occhi incontrarono quelli di Shandy. «Tu! Tu l’hai distrutta… la testa di Margaret… ho sentito il suo spirito che l’abbandonava. Una semplice spada!» La sua voce era gentile, come se stesse discutendo degli eventi di un gioco che avevano visto entrambi. «Non semplicemente perché era ferro freddo…?»
«E legato al mio sangue. Sì.» Shandy tentò di imitare il tono calmo e colloquiale di Hurwood. «Dove avete nascosto vostra figlia?»
«Giamaica. A Spanish Town.»
«Ah!» Shandy annuì e sorrise. «Dove a Spanish Town?»
«Una bella casa. È sorvegliata, naturalmente. Prigioniera. Ma con tutti gli agi.»
«La casa di chi?»
«Uh… Joshua Hicks.» Hurwood parve inorgoglito come un bambino per essere stato capace di rammentare il nome. Le spalle di Shandy ricaddero per il sollievo.
«Hai dei cioccolatini?» Chiese con garbo Hurwood. «Io non ne ho nessuno.»
«Uh, no.» Shandy si alzò. «Te li compreremo in Giamaica.»
«Stiamo andando in Giamaica?»
«Hai maledettamente ragione. Non appena renderemo questo vecchio scafo un po’ più adatto a tenere il mare. Possiamo permetterci di riposare un po’, adesso che so dove lei si trova. Beth resisterà per un altro giorno o due mentre faremo alcune riparazioni.»
«Oh, certo, Hicks si prenderà buona cura di lei. Gli ho dato istruzioni severissime, e anche una domestica per essere sicuro che faccia tutto nella maniera esatta.»
Una domestica? pensò Shandy. Non riesco a immaginare una domestica che dia ordini a un membro della casta dei proprietari terrieri. «Beh, ottimo. Noi…»
«Che giorno è oggi?»
«La Vigilia di Natale.» Non lo hai dedotto dal comportamento festoso di tutti quanti? pensò.
«Domani dovrei fargli il segnale.»
Shandy, che ancora stava sorridendo sollevato, inclinò la testa. «Fare il segnale a chi?»
«Hicks. Sarà su una scogliera a Portland Point, domattina all’alba, con un telescopio.» Hurwood ridacchiò. «Non gli piace l’idea — darà una cena domani sera, e avrebbe preferito di gran lunga restare a casa per i preparativi — ma ci sarà. Mi teme. Gli ho detto di attendere l’arrivo di questa nave e assicurarsi di vedermi sul ponte, di vedere me che agito un braccio verso di lui.»
«Non saremo da nessuna parte vicino alla Giamaica, domattina all’alba,» disse Shandy. «Non credo che questa nave ce la farebbe.»
«Oh.» Hurwood chiuse gli occhi. «Allora non gli farò il segnale.»
Shandy era stato sul punto di andarsene, ma si fermò, fissando il vecchio. «Perché dovevi fargli il segnale? Perché sarà là di vedetta?»
«Voglio dormire adesso.»
«Dimmelo.» Gli occhi di Shandy dardeggiarono verso la lampada, poi se ne allontanarono. «Altrimenti niente cioccolatini.»
Hurwood strinse le labbra, con dispetto, ma rispose. «Se non proseguirò e non gli farò il segnale, lui concluderà che non arriverò in tempo, e così eseguirà la prima parte della magia. La parte che dev’essere eseguita nel giorno di Natale. Era mia intenzione trovarmi in Giamaica oggi, per risparmiargli anche il disturbo di uscire, ma la tempesta ieri e tu oggi…» Hurwood aprì gli occhi, anche se non del tutto. «Pensavo solo che se ci fossimo trovati da quelle parti domani, avrei risparmiato a lui e a tutti il disturbo. Dopo tutto, tu hai reso impossibile l’intera procedura distruggendo la testa.» Richiuse gli occhi.
«Cos’è questa… prima parte della magia?» chiese Shandy, sentendo le prime tenui ragnatele dell’ansietà ricadere su di lui.
«La parte che può essere eseguita sulla terra. La parte più importante, che avrei dovuto fare io, doveva essere fatta in mare. Domani a mezzogiorno lui farà la prima parte. Avrebbe preferito che la facessi io. Non sarà contento di non vedermi.»
«Farà cosa? Dio vi maledica, cos’è questa prima parte?»
Hurwood riaprì gli occhi e fissò con stupore Shandy. «Accidenti… l’asportazione della sua mente. La mente di Elizabeth… la sua anima. La strapperà via dal suo corpo, con la magia. Gli ho mostrato come deve fare. Tuttavia,» aggiunse con uno sbadiglio, «è una perdita di tempo ora. Ora non c’è nessuno da mettere al suo posto.»
Un dolore subitaneo alle rotule fece capire a Shandy che era caduto in ginocchio. «Lei potrà tornare, dopo?» domandò, costringendosi a non gridare. «L’anima di Beth tornerà nel suo corpo?»
Hurwood rise — la risata leggera e spensierata di un fanciullo. «Tornare indietro? No. Quando lei sarà andata, sarà… andata.»
Shandy si trattenne dal colpire o strangolare il vecchio, e non parlò finché non fu sicuro di poter nuovamente imitare il tono noncurante di Hurwood. «Beh,» cominciò, ma c’era uno spigolo scabro nella sua voce, così ricominciò. «Beh, sai cosa succederà adesso? Farò in modo che questa nave sia in Giamaica domattina all’alba. E allora tu farai il segnale al tuo… amico, questo Hicks, va bene?» Stava sorridendo, ma le sue mani menomate erano strette a pugno, serrate come nodi sottoposti a tensione.
«Molto bene.» Hurwood sbadigliò di nuovo. «Preferirei dormire, adesso.»
Shandy si alzò. «Ottima idea. Ci sveglieremo maledettamente presto domani.»
Scrutando dagli angoli degli occhi — doveva conservare l’apparenza di chi è immerso nella preghiera — il chierichetto dovette ammettere che la chiesa stava davvero diventando più buia. E pur avendo paura di quelle cose secche e polverose simili a uccelli che sarebbero state libere di uscire quando tutta la luce fosse svanita, sperava che il buio totale giungesse subito — poiché dopo la cerimonia nuziale il ministro del culto avrebbe dispensato la comunione, e il chierichetto sapeva di aver commesso troppi peccati orrendi per prenderla. E così voleva essere in grado di svignarsela inosservato… anche se ciò significava diventare lui stesso una di quelle cose fatte di ragnatele, simili a uccelli. Rabbrividì, e si domandò tristemente cosa ne fosse stato di tutte le cose belle. C’erano stati degli amici, una moglie, la cultura, il rispetto dei colleghi, il rispetto di sé… Forse tutte queste cose erano state soltanto un sogno tormentoso, e non c’era mai stato davvero nient’altro che tenebre e gelo e il lento incedere dell’imbecillità.
Trasse conforto dal pensiero.
La coppia di sposi finalmente giunse nell’ombra sotto l’altare e congiunse le braccia, lentamente, come alghe aggrovigliate dalle correnti indifferenti del fondo marino. Poi cominciarono a salire i gradini, e il chierichetto realizzò che le tenebre assolute si erano attardate troppo a lungo.
La sposa era solo un abito vuoto ma animato; non era una cosa così brutta — era sempre rassicurante trovare soltanto un’assenza dov’era sembrato potesse esserci una presenza — ma lo sposo era presente e vivo: era impossibile essere certi che fosse umano, poiché la sua carne scuoiata e sanguinante avrebbe potuto avere forma umana solo a causa della costrizione dei vestiti. Se aveva occhi erano chiusi, ma il chierichetto capì che quella cosa era viva perché il sangue continuava a scorrere dappertutto su di essa, e la sua bocca, sebbene silenziosa, si spalancava e richiudeva con uno scatto, in continuazione.
Tutt’a un tratto il chierichetto comprese che quella cosa scuoiata era lui stesso, ma la consapevolezza non portò orrore, poiché adesso lui sapeva anche che avrebbe potuto uscire da se stesso: completamente, se fosse stato pronto a liberarsi di qualsiasi cosa, abbandonandola al nonessere.
Con profondo sollievo, lo fece.
Quando i primi accenni di luce aurorale cominciarono ad offuscare lo splendore di Sirio e delle tre stelle brillanti della Lepre, Shandy gridò che gli portassero un telescopio e scrutò il tenue contrasto fra grigi scuri che era l’orizzonte sud-orientale — e poi, sebbene dopo una notte di fatica fosse troppo esausto e rauco per gridare, scoprì i denti per il compiacimento, poiché poté scorgere quell’irregolarità che non poteva essere altro che la Giamaica.
«Ci siamo, Skank,» disse piano all’uomo accanto a lui mentre gli restituiva il telescopio. «Dieci ore di navigazione notturna regolando la rotta con l’aiuto delle stelle, in linea retta poiché non avremmo potuto virare, e le prime luci dell’alba ci trovano esattamente dove volevamo essere! Per Dio, vorrei che Davies avesse potuto vederlo.»
«Già,» gracchiò Skank, debolmente.
«Ordina a uno dei ragazzi di andare a prendere Hurwood e di portarlo qui. È quasi il momento per lui di entrare in scena.»
«Sì, capitano.» Skank si allontanò barcollando nel buio, e lasciò Shandy solo a prua.
Shandy fissò l’orizzonte indistinto, cercando di scorgere di nuovo la Giamaica senza l’aiuto del telescopio, ma dopo aver trascorso due notti senza dormire, mettere a fuoco gli occhi era un vero e proprio sforzo fisico, e tutto ciò che poté vedere furono delle trasparenze illusorie che roteavano in diverse direzioni ogni volta che muoveva gli occhi. Non vedeva l’ora di salvare Beth, ma più perché non riusciva a rilassarsi e ad andare a dormire da qualche parte che per la gloria o l’appagamento che avrebbero potuto derivargli dall’esserci riuscito.
Con l’intorpidita obiettività che segue uno sforzo totale ed estenuante, si domandò se fosse stato catturato in Giamaica… e cosa sarebbe successo. Avrebbe potuto affermare di non aver violato il suo indulto, dal momento che la sola nave che aveva preso era quella, e Hurwood non ne era di certo il legittimo comandante. Rubare una cosa rubata è meno biasimevole che pianificare un furto? Beh, anche se fosse stato catturato, e la sentenza fosse stata a suo sfavore, avrebbe prima liberato Beth Hurwood… e le avrebbe fatto ascoltare la storia che suo padre aveva da raccontare, mostrandole che le cose stavano… diversamente da come lei le aveva immaginate.
Si strofinò gli occhi doloranti e, di nuovo senza una particolare emozione, pensò a tutte le cose che quell’estate e quell’autunno gli erano costate: le sue rette convinzioni, la posizione legale, il suo scetticismo, la sua giovinezza, il suo cuore… e sogghignò nelle tenebre gelide quando comprese che, quasi come di tutta l’innocenza e degli amici defunti, sentiva la mancanza di quella vecchia, malconcia, scalcagnata, rabberciata e leale corvetta chiamata Jenny. Con nessuno a manovrare le pompe di sentina durante il combattimento e il recupero del giorno prima, si era riempita ed era affondata, cosicché le cime dei grappini si erano tese e avevano fatto sbandare il Carmichael a babordo in maniera percettibile. Con tristezza aveva dato l’ordine di liberarla, e c’erano state lacrime nei suoi occhi quando aveva visto l’albero e le vele rattoppate chinarsi verso l’acqua mentre lo scafo s’inabissava a poppa… e sebbene il suo udito fosse ancora imperfetto, o forse a causa di questo, gli era parso per pochi momenti di sentire un mormorio di voci che si affievolivano, con una di esse che ancora insisteva di non essere un cane…
Udì uno scalpiccio sul ponte dietro di lui, e Skank gli diede un colpetto sulla spalla. «Uh, capitano?»
Shandy si voltò. «Sì? Dov’è Hurwood? Non m’importa se non si sente bene, deve…»
«Capitano,» disse Skank, «è morto.»
Shandy sentì delle lacrime di rabbia riempirgli gli occhi. «Morto? Cosa? No, figlio di una cagna, non può, non…»
«Capitano, è freddo e non respira più… e non sanguina se lo pungi con un coltello.»
Shandy ricadde contro la battagliola e scivolò giù finché non si sedette sul ponte. «Dio maledica quell’uomo,» stava sussurrando, con voce stridula, «Dio lo maledica, adesso dovrei nuotare fino a riva e arrampicarmi sulla scogliera e scovare questo Hicks? Come diavolo faccio a…» Abbassò la testa nelle mani, e per diversi secondi lo sgomentato Skank pensò che stesse piangendo; ma quando Shandy finalmente sollevò la testa e parlò, lo fece con voce stridula ma controllata.
«Portalo qui comunque.» Shandy si alzò lentamente in piedi, fronteggiando la Giamaica e flettendo le mani irrigidite. Il cielo si stava illuminando a est — il sole sarebbe salito terribilmente presto.
«Uh… sicuro, capitano.» Skank fece per avviarsi, ma si fermò. «Uh… perché?»
«E un paio di grossi pezzi d’alberatura lunghi una iarda, e un rotolo della corda più robusta e sottile,» Shandy proseguì, ancora fissando l’isola, «e un…» Fece una pausa, e parve soffocare.
«E cosa, capitano?» chiese piano Skank.
«Un ago acuminato da velaio.»
A cosa è servito lasciare Port-au-Prìnce, si chiese Sebastian Chandagnac, di cattivo umore, mentre cercava di trovare una posizione confortevole fra le rocce e l’erba umida di rugiada, se in questa nuova identità di Joshua Hicks sto ancora ad aggirarmi per rive desolate all’alba in attesa di segnali dalle navi pirate? Rabbrividì, si strinse ancora di più nel mantello e bevve un altro sorso dalla fiaschetta di brandy, e si sentì riscaldato sia dall’alcol che dall’invidia per il vetturino che aspettava sulla carrozza diverse iarde dietro di lui.
Guardò con cipiglio l’orizzonte, poi s’irrigidì, poiché riuscì a vedere una luce grigia che punteggiava la superficie scura del mare. Sollevò nervosamente il telescopio davanti all’occhio e scrutò attraverso di esso. Sì, era una nave, alta e a vele quadre. Impossibilitato a saperne di più per il momento, abbassò il telescopio.
Dev’essere lui, pensò. Quale altra nave passerebbe al largo di Portland Point all’alba di Natale? Lanciò un’occhiata alla carrozza alle sue spalle — il vetturino stava guardando sdegnato uno dei cavalli che batteva impaziente gli zoccoli e soffiava un pennacchio di vapore — ma non tornò verso di essa, poiché Ulysse gli aveva ordinato di attendere finché non avesse visto lui in persona sul ponte. «Potrebbe essere la mia nave, capisci,» aveva detto Segundo, con quel suo sorriso che, sebbene divertito, sembrava esporre troppi denti, «ma io potrei non essere a bordo… potrei anche essere rinchiuso da qualche parte, o forse ucciso, così soltanto dopo Natale sarei in grado di tornare qui. E lo… spossessamento dell’anima dev’essere fatto a Natale. Così fai in modo di eseguirlo tu, a meno che non mi vedrai agitare un braccio.»
Sii a bordo, pregò Chandagnac, sii a bordo e agita il braccio. Io non voglio essere coinvolto in questa faccenda. Gli venne in mente, in quel momento, che era più contento di stare su quella fredda scogliera che a casa, poiché il giorno prima quella terribile domestica nera aveva cominciato a fare i preparativi per la magia: bruciare insetti e serpenti nel focolare — incurante dei loro morsi — per poi raccoglierne con cura le ceneri e spargerne un paio di cucchiaiate sul mucchio di foglie e radici che sarebbero state la cena della ragazza prigioniera; accordare e collaudare almeno una dozzina di fischietti di latta; sussurrare dentro svariate bottiglie vecchie e sporche e immediatamente tapparle, come per imprigionarvi le parole sussurrate. Ma la cosa peggiore di tutte era stata quella che aveva spinto Chandagnac a uscire in tutta fretta per recarsi all’appuntamento molto prima del necessario: la domestica si era aperta una vena con un rasoio nel polso ossuto e ne aveva lasciato scorrere parte del contenuto in una tazza, ma ciò che ne era uscito non era stato sangue, o qualche sorta di fluido, bensì una fine polvere nera…
Rabbrividì al ricordo. Sì, pensò, sii a bordo, Ulysse, così potrai essere colui che eseguirà la tua dannata stregoneria, ed io potrò fare tutti i preparativi per la cena di stanotte. E sarà molto meglio per te se avevi ragione quando mi hai assicurato che tutti i tuoi strumenti magici saranno sgomberati dal giardino prima delle tre, quando arriveranno i servi per sistemare tutto.
Scrutò di nuovo attraverso il telescopio. Il cielo era più luminoso e la nave più vicina, e lui poté vedere che si trattava proprio dell’Orfeo Risalito… che appariva un po’ malconcio, ma procedeva abbastanza speditamente.
Fin qui tutto bene, pensò con acuta soddisfazione. Nel giro di mezzora starò correndo verso est, verso Spanish Town… pranzerò e berrò qualcosa al club, e mi terrò ben lontano da casa finché Ulysse non avrà terminato il suo spaventevole affare… quindi farò arricciare la mia parrucca e mi assicurerò che tutti i miei abiti siano immacolati. Forse schiaccerò un pisolino. È essenziale che io scacci dalla mia mente tutte queste spiacevolezze in modo da poter fare una buona impressione a questo Edmund Mordila.
Anche nella sua parziale solitudine Chandagnac aveva sentito parlare di Mordila — quell’uomo di grossa corporatura, calvo e dalla faccia liscia, ricchissimo, che aveva attraccato nel Porto di Kingston alla fine di novembre e del quale si diceva che aveva fatto sostanziosi investimenti in ogni genere di attività caraibica, dallo zucchero alle terre e agli schiavi. E Mordila la settimana precedente aveva davvero scritto a Joshua Hicks, proponendogli una società per l’acquisto di un terreno. Chandagnac aveva risposto dichiarando un entusiastico assenso, poiché vedeva Mordila come un possibile strumento per affrancarsi da Ulysse Segundo. E quando Mordila aveva a sua volta replicato con una lunga lettera amichevole, nella quale menzionava il suo desiderio di sposare qualche giovane donna vivace, preferibilmente coi capelli castani, Chandagnac era così ansioso di ingraziarselo che nella sua lettera successiva aveva menzionato la giovane donna «con appena un accenno di febbre cerebrale» che soggiornava nella sua casa. Nella medesima lettera aveva invitato Mordila alla sua cena natalizia, e rimase così compiaciuto quando Mordila gli rispose accettando l’invito che non si lasciò preoccupare dal poscritto di Mordila, nel quale quell’uomo ricchissimo dichiarava di essere fortemente interessato a incontrare la giovane donna.
Una lancia di rossa luce solare nell’angolo dell’occhio lo scosse dal suo sogno diurno, e quando lui sollevò il telescopio questa volta lo tenne sollevato, perché la nave stava passando davanti alla scogliera sulla quale era appollaiato, mostrandogli il profilo di babordo. Sembrava essersi presa la sua porzione di tempesta — diversi pennoni erano spezzati, e gran parte del sartiame era stata semplicemente recisa e slegata, e in qualche modo una delle vele inferiori del trinchetto si era lacerata e staccata, e ora formava una sorta di tenda intorno alla piattaforma delle crocette — ma lui poté chiaramente vedere degli uomini sul ponte. Li scrutò con ansia, appoggiando il fusto del telescopio sul ramo di un albero per tenerlo fermo, e dopo alcuni istanti fu certo di aver avvistato Segundo.
L’uomo stava in piedi vicino all’albero di trinchetto con la schiena alla riva, ma Chandagnac riconobbe la figura, gli abiti e i capelli bianchi… e poi Segundo si voltò per fronteggiare la scogliera, e Chandagnac scoppiò in una risata di sollievo, poiché non c’era possibilità di confondere quella faccia scoscesa e quello sguardo fisso. Mentre Chandagnac osservava, Segundo piegò il ginocchio sinistro e sollevò il piede su uno dei sostegni della battagliola, e, sebbene tenesse la mano destra nella tasca della giacca, fece ampi gesti con la sinistra, annuendo con fare rassicurante per tutto il tempo.
Chandagnac agitò il telescopio sopra la testa, anche se era improbabile che il gesto fosse visto, e non si accigliò neppure quando il cilindro scivolò dalle sue dita fredde e intorpidite e roteò via per andare a infrangersi sulle rocce sottostanti. Fischiettando allegramente, si voltò e si diresse con passo deciso verso la carrozza in attesa.
E Shandy, nascosto sulla piattaforma delle crocette dietro la vela inferiore del trinchetto, di botto si accasciò nell’imbracatura che lo teneva ancorato all’albero, mentre lo scintillio iridato dell’incoscienza, a lungo tenuto a bada, finalmente riempiva la sua visuale e lo sopraffaceva. Le sue mani scivolarono via dalla croce coperta di sangue del pupazzo che lui aveva realizzato, ed essa rimase in bilico per un momento sull’estremità del pennone, e poi cadde di lato e rimase appesa là, facendo assumere improvvisamente al pupazzo sul ponte sottostante una posizione sorprendente: il cadavere di Hurwood, sebbene tenuto ancora più o meno dritto dai fili come se fosse una marionetta, adesso era piegato all’indietro a un angolo di quarantacinque gradi, e sorrideva fiducioso verso il cielo, estendendo la gamba sinistra all’infuori e al di sopra della testa, come un danzatore congelato in un momento particolarmente dinamico.
Per diversi secondi i pirati guardarono con la bocca spalancata quel prodigio, e poi uno di loro si fece il segno della croce, sfilò la sciabola e tirò un fendente alla corda cucita alla spina dorsale di Hurwood, allo scalpo, agli arti e alla mano sinistra. La fune bruscamente allentata guizzò verso l’alto, colpendo Shandy sulla guancia, la testa di Hurwood si afflosciò all’indietro e il corpo si agitò rumorosamente e si abbatté con un tonfo sul ponte. Col sibilo della corda che scivolava rapidamente sull’estremità del pennone, la croce della marionetta venne giù e colpì il ponte un momento dopo. Il cadavere giacque scomposto come una bambola rotta, poiché il rigor mortis era già iniziato, e Shandy era stato costretto a operare con la sega prima di darsi da fare con ago e corda.
Destato dalla sferzata della corda, Shandy si guardò intorno sbattendo le palpebre e cominciò ad alzarsi e a togliere il suo peso dalla fune che gli passava sotto le braccia.
«Gettatelo fuori bordo,» disse Skank sul ponte sottostante, indicando il cadavere oltraggiato di Hurwood.
«No!» strillò Shandy, quasi riperdendo conoscenza per lo sforzo.
I pirati lo fissarono.
«Né… il suo corpo,» disse Shandy con voce stridula, ancora cercando di portare i piedi sull’estremità del pennone, «e neppure una goccia… maledizione a queste corde!… del suo sangue… devono finire in mare.» Coi piedi finalmente sotto di lui, si raddrizzò, trasse diversi respiri profondi, e quindi guardò in basso. «Mi avete capito? Dovrà essere cremato quando mi avrete portato a terra.»
«A terra,» fece eco un vecchio pirata, stancamente. «Stai per andare a terra.»
«Certo,» borbottò Shandy. Armeggiò senza risultato coi nodi delle corde che lo sorreggevano, ostacolato dagli occhi offuscati e dalle mani sanguinanti. «Qualcuno salga qui ad aiutarmi a scendere. Devo…» Capì che stava di nuovo per perdere conoscenza, ma resistette. «Devo andare a una cena.»
Il Carmichael impiegò diverse ore per arrivare all’estremità meridionale del porto di Kingston, perché la nave non era in grado di dirigere la prua nel vento, e così dovette tornare indietro sul suo percorso e continuare a far girare le vele al fine di spostare il vento da un lato all’altro della prua. E dal momento che il vento stava soffiando su di loro da Kingston, dovettero eseguire una serie diligente di “otto” per portarsi sopravvento, e il tragitto fu di sessanta miglia di costante fatica invece che di circa venticinque miglia in linea retta, come sarebbe stato per un vascello non danneggiato. Shandy ebbe un mucchio di tempo a disposizione per accorciarsi e rasarsi là barba, picchiettata di grigio e rigida per il sale marino, abbigliarsi con uno dei vestiti di Hurwood, e infilare le mani fasciate in un paio di guanti di pelle di capretto.
Il sole era alto quando finalmente fu in grado di fissare attraverso la foresta degli alberi delle navi nel porto i tetti rossi della città e, al di là e al di sopra di essi, il porpora e il verde delle montagne. Gli venne in mente che stava finalmente guardando Kingston, e dal ponte del Carmichael… sebbene con sei mesi di ritardo. Rammentò come lui e Beth Hurwood avessero prematuramente celebrato la fine imminente del viaggio gettando biscotti verminosi a un gabbiano planante, e come avesse progettato di andare a cena quella sera con Capitan Chaworth.
Fece segno al nocchiere di non avvicinarsi troppo a riva, e poi si voltò verso Skank. «Fai impacchettare il cadavere di Hurwood e fallo mettere in una scialuppa prima che sia calata. E poi falla calare con cura. Ora ho bisogno di qualcuno che mi porti a terra — dopodiché condurrai il Carmichael a sud, intorno alla Scogliera dei Relitti, e ci aspetterai là… e se non saremo tornati alla nave entro metà mattina di domani, salpa — probabilmente saremo stati catturati, e con tutte queste imbarcazioni della Navy qua intorno, il pericolo aumenterà ogni ora che passa. Sarai tu il capitano, Skank. Scappate lontano, dividetevi il bottino, e andatevene a vivere come re da qualche parte. Non so se questa sia stata o no una violazione del nostro perdono, per cui andatevene in qualche posto dove non abbiano mai sentito parlare di noi. Ingrassate, stendetevi al sole e ubriacatevi tutti i giorni, poiché berrete anche per me.»
Skank probabilmente era incapace di piangere, ma i suoi occhi piccoli luccicavano quando strinse la mano di Shandy. «Cristo, Jack, tornerai. Sei stato in posti peggiori.»
Shandy sogghignò, approfondendo le rughe sul volto. «Già, hai ragione, in non pochi posti del g’enere. Beh, manda i ragazzi a prendere Hurwood…»
«Lasciate il cadavere a bordo, per ora,» lo interruppe una voce rombante dalla scaletta che conduceva sottocoperta. Sia Shandy che Skank riconobbero la voce, e guardarono, con terrorizzato stupore, Woefully Fat che saliva pesantemente la scaletta. Il nero gigantesco si era drappeggiato addosso un pezzo di vela, a mo’ di toga, che ricopriva l’estremità spezzata del pennone sporgente dal suo petto. Si muoveva più lentamente del solito, ma per il resto sembrava quello di sempre — vigoroso, severo e impassibile. «Brucerete dopo il corpo di Hurwood. Ti porterò io a riva, adesso. Devo andare a morire sul suolo della Giamaica.»
Shandy scambiò un’occhiata smarrita con Skank, ma poi si strinse nelle spalle e annuì. «Io, uh, credo di non aver bisogno di un rematore, dopo tutto. Beh…»
«Certo che ne hai bisogno, Jack,» disse Skank. «Pare che il bocor di Davies resterà a terra, e tu non potrai remare al ritorno con le tue mani ferite.»
«Questo accadrà domani. Ci riuscirò.» Si voltò nervoso verso il bocor. Ricordando per una volta che quell’uomo era sordo, Shandy fece un gesto che significava «dopo di te» verso la battagliola e la barca che oscillava dalle gru.
Il Carmichael virò dopo aver calato la scialuppa. Il vento riempì le sue vele, e la nave scomparve dietro la punta meridionale prima che Woefully Fat avesse dato cinquanta colpi di remo. Shandy si sedette rilassato sulla traversina di poppa e, distogliendo gli occhi dalla faccia bizzarramente placida del bocor, si permise di assaporare il sole, il panorama e gli odori intensi portati dalla brezza. Ora che la nave che poteva incriminarli si era ritirata, loro erano semplicemente due uomini in una barca a remi — anche se uno sguardo dentro la toga di Fat avrebbe senza dubbio sorpreso anche il più navigato dei capitani di porto — e Shandy pensava che con tutta probabilità avrebbero potuto sbarcare senza suscitare un particolare interesse.
Anche quando una corvetta della Royal Navy venne obliquamente verso di loro, con le decorazioni metalliche che scintillavano e il suo alto fiocco bianco e intimidatorio nel sole meridiano, pensò che probabilmente l’imbarcazione aveva lasciato il porto per qualche scopo che non aveva niente a che fare con lui. Fu solo quando la corvetta tagliò loro la strada ponendosi di traverso a prua della barca a remi e poi sciolse tutte le vele e venne a fermarsi, rollando, davanti a loro che Shandy cominciò a preoccuparsi. Attirò l’attenzione di Woefully Fat e riuscì a trasmettere al bocor che c’era un ostacolo davanti a loro.
Woefully Fat guardò al di sopra della sua spalla, annuì, e sollevò i remi dall’acqua. Pochi secondi dopo la barca a remi urtò debolmente il vascello della Navy.
Affiancato da una dozzina di marinai con le pistole, un giovane ufficiale avanzò fino alla battagliola della corvetta e abbassò lo sguardo sui due uomini nella barca. «Siete John Chandagnac, altrimenti conosciuto come Jack Shandy, e lo stregone noto come Grievously Fat?» chiese nervosamente.
«Stiamo andando in Giamaica,» intervenne il bocor nel bel mezzo della domanda dell’ufficiale.
«È inutile parlargli…» cominciò Shandy.
«Ebbene? Siete voi?» domandò l’ufficiale.
«No, maledizione,» strillò Shandy, disperato, «io sono Thomas Hobbes e questo è il mio servo Leviatano. Stiamo solo…»
«Guai a te, guerriero di Babilonia,» intonò Woefully Fat con la sua voce più profonda, puntando un dito verso l’ufficiale e spalancando gli occhi preoccupanti. «Il Leone di Giuda i tuoi virgulti calpesta e lo scotto pagherai!»
«Siete in arresto!» strillò l’ufficiale, sfoderando anche lui la pistola. A uno dei suoi aggiunse, «Vai giù, assicurati che siano disarmati, e poi conducili a bordo come prigionieri!»
Il marinaio fissò l’ufficiale. «Sissignore. Ma perché, esattamente?»
«Perché? Non hai sentito cos’ha minacciato di fare al mio scroto?»
«Ha detto scotto, veramente…» cominciò Shandy, ma si fermò quando l’ufficiale puntò la pistola direttamente contro la sua faccia. Allora sollevò le mani aperte e fece un largo sorriso. «Ottimo lavoro, uomo,» sussurrò al bocor sordo.
I marinai della Navy calarono una scaletta di corda, e Shandy e Woefully Fat si arrampicarono sul ponte della corvetta mentre un paio di marinai assicuravano una cima alla barca a reni per rimorchiarla. E quando i polsi dei prigionieri furono legati davanti a loro l’ufficiale li fece condurre da lui nella linda ma stretta cabina sottocoperta. Woefully Fat dovette piegarsi quasi in due per entrare nella stanza. Shandy rammentò, sgradevolmente, la sua breve visita a bordo della nave da guerra che aveva catturato la Jenny.
«Prigionieri,» cominciò l’ufficiale, «siete stati visti sbarcare dal vascello pirata chiamato Orfeo Risalito. Abbiamo ricevuto dalla colonia di New Providence l’informazione che John Chandagnac e Woefully Fat hanno lasciato quell’isola il tredici dicembre, salpando per la Giamaica con l’intento di incontrarsi col pirata Ulysse Segundo. Negate di essere questi due uomini?»
«Sì, neghiamo,» sbottò Shandy. «Vi ho detto chi siamo. Dove ci state portando?»
«Nella prigione di Kingston dove vi sarà contestata l’accusa.» Come per enfatizzare le sue parole, la corvetta balzò in avanti quando le vele furono di nuovo issate, e un momento dopo ci fu uno strappo a poppa quando la cima della barca a remi si tese. «Le accuse contro di voi sono gravi,» aggiunse l’ufficiale con tono di biasimo. «Sarei sorpreso se non foste entrambi impiccati.»
Woefully Fat si chinò in avanti, e la testa massiccia parve riempire la cabina. «Ci state portando,» disse con veemenza, «nell’Ufficio di Diritto e Documentazione Marittima?»
Per un momento Shandy avvertì l’odore di ferro incandescente, e del fumo salì dietro le spalle del gigantesco bocor.
Come se non avesse parlato prima o non avesse udito la domanda di Woefully Fat, l’ufficiale disse, «Vi porteremo nell’Ufficio di Diritto e Documentazione Marittima.» Aggiunse, un po’ sulla difensiva, «È da lì che è partita la denuncia, dopo tutto.»
Woefully Fat si sedette, evidentemente soddisfatto. Shandy sentì l’odore della spalliera della sedia del bocor che bruciava nel punto dove premeva la sella della randa, e sperò che lo stregone moribondo non avesse qualcosa in mente. Shandy sapeva che l’Ufficio di Diritto e Documentazione era un covo di contabili, e non un luogo dove venivano materialmente condotti i criminali.
Shandy e Woefully Fat furono rinchiusi nella cabina quando l’ufficiale se ne andò, ma anche attraverso il ponte sopra di lui e le paratie ai lati Shandy poté sentire le proteste incredule dei marinai.
L’Ufficio di Diritto e Documentazione Marittima risultò essere il più a sud di una mezza dozzina di edifici governativi sul lato occidentale del porto, aveva una banchina propria, verso la quale si diresse la corvetta della Navy. Come la maggior parte delle strutture del litorale, l’edificio era di pietra imbiancata a calce, ricoperta di tegole sovrapposte di mattoni rossi che diedero a Shandy l’impressione di essere state sistemate direttamente sui rami dei palmizi. Mentre l’ufficiale e diversi marinai armati lo conducevano assieme a Woefully Fat lungo il viale che portava all’edificio, Shandy vide un paio di impiegati che già stavano scrutando con curiosità da una delle alte finestre aperte quell’assurda processione. Le sue mani erano ancora legate davanti a lui, e i suoi occhi dardeggiavano in cerca di un oggetto tagliente che potesse servire a liberarlo.
Uno dei marinai fece uno scatto di corsa e mantenne la porta aperta. L’ufficiale, che stava cominciando ad apparire un po’ meno sicuro di sé, entrò per primo, ma fu la vista di Woefully Fat nella vela a foggia di toga che fece cadere le penne e i libri mastri dalle mani degli impiegati e li fece balzare in piedi con grida di sgomento. Più alto di uno qualsiasi di loro e largo come tre, il bocor roteò gli occhi guardando con disapprovazione la stanza intorno a sé. Shandy comprese che stava cercando un tratto di suolo giamaicano, non gradendo le assi di legno del pavimento.
Uno degli impiegati, pungolato dal suo canuto superiore, si avvicinò al gruppo. «C-cosa state facendo qui?» chiese con voce tremula. Fissò, terrorizzato, Woefully Fat. «Cosa v-volete?»
L’ufficiale della Navy fece per parlare, ma la voce di Woefully Fat, simile al rombo di un terremoto, lo sovrastò facilmente. «Sono sordo. Non posso sentire,» annunciò il bocor.
L’impiegato impallidì e si voltò verso il superiore. «Oh, mio Dio, signore, dice che sta per defecare qui!»
Ci fu caos da tutte le parti mentre gli impiegati e i contabili rovesciavano tavoli e calamai nella frenesia di raggiungere le porte — diversi di loro si lanciarono semplicemente dalle finestre — ma Woefully Fat aveva avvistato, attraverso un paio di porte finestre davanti a lui, un piccolo cortile interno con marciapiedi, l’asta di una bandiera, una fontana… ed erba. Si avviò risoluto verso le porte.
«Uh, ferma!» gridò l’ufficiale della Navy. Woefully Fat continuò ad avanzare pesantemente, e l’ufficiale sfoderò la pistola. Realizzando che nessuno stava prestandogli particolare attenzione, Shandy si trascinò dietro al bocor, pochi piedi a sinistra.
Bang.
La pistola fece fuoco e uno spruzzo di sangue e brandelli di tessuto schizzarono via dal nuovo foro nel posteriore della toga di Woefully Fat, ma il colpo non scosse minimamente il bocor, che spalancò le porte finestre e uscì sul marciapiedi. Shandy fu subito dietro di lui.
L’ufficiale, che aveva lasciato cadere la pistola scarica, si lanciò di corsa e agguantò il gigantesco nero, con l’apparente intenzione di trascinarlo di nuovo dentro; ma riuscì solo a tirar via la toga di tela dalle spalle enormi.
Diverse persone, incluso l’ufficiale, strillarono quando videro il troncone del pennone di randa che sporgeva insanguinato dall’ampio dorso, ma Woefully Fat fece un altro passo avanti, e un piede nudo, e poi l’altro, calpestarono il suolo giamaicano.
Shandy lo stava seguendo, e quando il bocor improvvisamente cadde all’indietro, d’istinto lui sollevò le mani legate per interrompere la sua caduta. La sella di randa dentellata recise la corda intorno ai suoi polsi mentre il corpo flaccido crollava, e poi Woefully Fat giacque morto sul marciapiede, i piedi ancora sull’erba e un largo sorriso sul viso rivolto verso il cielo… e Shandy fece forza sulla corda danneggiata finché essa non si spezzò, e le sue mani furono libere.
Scivolò fuori nel cortile interno. Il colpo di pistola aveva richiamato delle persone su tutte le porte vicine, e un buon numero di loro stava impugnando spade e pistole. Shandy comprese che era stato nuovamente catturato… e poi gli venne in mente una cosa.
Con rapida andatura, sperando di non attirare l’attenzione, raggiunse l’asta della bandiera; poi, sbadigliando come per suggerire che si trattava di una routine giornaliera, cominciò ad arrampicarsi sull’asta di legno, afferrando diverse volte la coppia di funi che servivano a issare la bandiera per beneficiare di una trazione supplementare. Giunse a metà strada dalla sommità prima che l’ufficiale della Navy uscisse barcollando nel cortile e lo vedesse.
«Scendi giù di lì!» urlò l’uomo.
«Vieni su a prendermi,» gridò di rimando Shandy. Aveva raggiunto la sommità, ora, e stava ingobbito sulla sfera di ottone in cima al palo, con le gambe incrociate proprio sotto di essa e la bandiera britannica drappeggiata sulla testa come un cappuccio.
«Portatemi un’ascia!» strillò l’ufficiale, ma Shandy si era spinto all’indietro, tirando verso di sé l’estremità del palo. Questo s’inclinò di alcune iarde, poi si fermò, tornò dritto e superò il punto centrale per poi piegarsi dall’altro lato. Shandy rimase aggrappato, e quando il palo tornò a oscillare nella direzione originaria, tirò indietro con forza ancora maggiore… e nel punto più lontano e di maggiore tensione della curvatura, l’asta piegata si spezzò. I sei piedi superiori, con Shandy all’estremità, rotearono velocemente nell’aria e si abbatterono sul tetto di tegole mentre la parte restante del palo sferzò all’indietro l’estremità scheggiata sopra il cortile.
Mezzo stordito dall’improvvisa rotazione e dall’impatto, Shandy scivolò a testa in avanti giù per il tetto, verso la grondaia, ma riuscì ad allargare la braccia e le gambe e a fermarsi, scorticandosi: la cima dell’asta e diverse tegole infrante lo superarono rotolando nell’abisso.
Piagnucolando per le vertigini, cominciò a eseguire una sorta di spasmodico movimento dorsale sulle tegole inclinate, e quando i mattoni e la sezione di asta colpirono con fracasso il marciapiede sottostante, aveva portato le ginocchia sulla sommità del tetto. Si girò su un fianco finché non riuscì a sedersi, e poi si alzò in piedi, corse con le ginocchia piegate sulle tegole crepitanti fino ai rami di un alto albero di olivo che spazzavano il tetto, e, con la scioltezza derivatagli dalle tante ore trascorse ad arrampicarsi sul sartiame delle navi a vela, si lasciò dondolare e poi cadere al suolo. Un carro stava avanzando nel vicolo dove lui si trovava, e lui saltò sulla traversina laterale e si appiattì sul carico accidentato e setoloso di noci di cocco mentre il carro proseguiva sbatacchiando verso l’entroterra, lontano dal litorale.
Si calò giù dal carro quando si fermò davanti a una bottega col tetto di paglia nella strada principale di Kingston. La gente si mise a guardarlo, ma lui si limitò a rivolgere loro un sorriso benevolo e a incamminarsi in direzione dei negozi. Gli abiti di Hurwood erano laceri, adesso, e coperti di polvere rossa e setole di cocco, così mentre camminava frugò inosservato dentro la fodera della sua bandoliera, lacerò la debole cucitura che aveva fatto quella mattina, e poi tirò fuori un paio di scudos d’oro che aveva inserito dentro. Questi, pensò, dovrebbero essere più che sufficienti per degli abiti nuovi e una buona spada.
Si fermò quando un pensiero lo colpì, poi sorrise compiaciuto fra sé e sé e proseguì, ma dopo pochi passi si fermò di nuovo. Oh, beh, si disse, perché no… male non farà, e te la puoi certamente permettere. Sì, puoi anche comprare una bussola.
In qualche modo, il fatto che fosse la notte di Natale enfatizzava l’estraneità di quella terra: gli odori caldi di punch e di tacchino arrosto e di pasticcio di prugne rendevano gli ospiti della cena maggiormente consapevoli degli odori intensi provenienti dalla giungla dell’entroterra; la luce gialla delle lampade e la musica maestosa dei violini che si riversava dalle finestre aperte non riuscivano ad allontanarsi troppo dalla casa prima di essere assorbite dalle tenebre e dallo scricchiolare degli alti palmizi nella brezza della notte tropicale; e gli ospiti stessi sembravano leggermente a disagio nella loro eleganza europea un po’ vistosa. C’era una sfumatura di apprensione nelle loro risate, e la loro arguzia sembrava dilatarsi fino alla negligenza tanto era sofisticata.
Il ricevimento aveva tuttavia attirato parecchi ospiti. Si era sparsa voce che avrebbe partecipato Edmund Mordila, per cui molti danarosi cittadini della Giamaica, incuriositi da questo nuovo arrivato nell’aristocrazia, avevano deciso di accettare l’invito di Joshua Hicks, che per parte sua aveva ben poco, al di là del suo indirizzo, che potesse raccomandarlo.
E il loro ospite era chiaramente sopraffatto dalla gioia per il grande successo di quella serata. Si affaccendava da un capo all’altro della vasta sala da ballo, baciando le mani delle signore, assicurandosi che le coppe fossero piene, ridacchiando piano ai motti di spirito, e, quando non stava parlando con qualcuno, lanciando occhiate ansiose intorno e lisciandosi gli abiti e la barba tenuta in perfetto stato con le mani ben curate.
Alle otto, i cavalli e le carrozze in arrivo stavano tutti in fila d’attesa di fronte alla casa, e Sebastian Chandagnac si scoprì incapace di salutare ogni ospite personalmente — anche se si fece un dovere di accorrere verso la torreggiante figura di Edmund Mordila e di stringergli la mano — e avvenne che un uomo scivolò dentro, senza essere notato, e si avvicinò, senza che nessuno si rivolgesse a lui, al tavolo dov’era il recipiente di cristallo del punch.
La sua apparizione non destò particolare attenzione, poiché nessuno degli invitali avrebbe potuto sapere che la sua parrucca e la spada e la giacca di velluto erano state acquistate soltanto quel pomeriggio con l’oro dei pirati. C’erano, forse, più ondeggiamenti da marinaio nella sua andatura di quanti ci si poteva aspettare in una persona vestita così elegantemente, e c’era meno formalità del solito nella maniera in cui la sua mano guantata sfiorava di tanto in tanto l’elsa del suo stocco, ma quello era dopo tutto il Nuovo Mondo, e le persone lontane dalla loro casa erano spesso costrette ad acquisire abilità disonorevoli. Il servitore che si occupava del recipiente del punch riempì una tazza e gliela tese senza rivolgergli una seconda occhiata.
Shandy prese la tazza di punch e lo sorseggiò mentre lasciava che il suo sguardo percorresse per la sala. Non era sicuro di come procedere, e il suo unico piano fino a quel momento era di individuare chi fra quelle persone fosse Joshua Hicks, appartarsi per un po’ con lui e indurlo a rivelargli dov’era custodita Beth Hurwood, e poi liberarla, dirle in fretta una cosa o due, e tentare di fuggire sano e salvo dall’isola.
Il punch bollente, reso aspro dal limone e dal cinnamono, rammentò a Shandy i Natali della sua giovinezza, quando si affrettava con suo padre lungo le strade innevate di qualche città europea per raggiungere il tepore della solita camera in affitto, dove suo padre avrebbe preparato almeno una simbolica cena natalizia e bevuto davanti al fuoco che traeva riflessi scintillanti dagli occhi di vetro delle dozzine di marionette appese. Nessuno di quei ricordi — suo padre, gli inverni nevosi, o le marionette — era un soggetto piacevole per i suoi pensieri, e così si costrinse a concentrarsi su ciò che in quel momento lo circondava.
Era stato certamente speso molto denaro in quel posto — come una sorta di informale agente di import-export lui stesso, Shandy sapeva quanto doveva essere stato dispendioso e complicato fare arrivare con una nave dall’Europa tutti quegli enormi dipinti con cornici d’oro, quei candelabri di cristallo, quel mobilio. Niente nella sala era di manifattura locale; e, a giudicare dagli odori provenienti dalla cucina, anche il cibo doveva essere, per quanto possibile, genuinamente inglese. E ciò non era terribilmente allettante per Shandy, che era diventato sempre più amante di tartarughe marine, radici di manioca e insalate salmagundi .
Uno dei servitori di Hicks entrò in quel momento nella sala e, alzando la voce per essere udito al di sopra delle ondate della conversazione, annunciò, «Per favore, signori, da questa parte — la cena sarà servita fra breve.»
Gli ospiti cominciarono a trangugiare le ultime sorsate di punch e a strascicare i piedi sul pavimento di legno in direzione delle porte che conducevano nella sala da pranzo; Shandy continuò a sorridere e si lasciò trascinare, ma era preoccupato: se li avesse seguiti, ben presto sarebbe stato chiaro che non era stato sistemato un posto per lui, e che non era stato invitato. Dove diavolo era Hicks? Ciò di cui Shandy aveva bisogno era una diversione, lanciò occhiate intorno, sperando di avvistare una persona particolarmente grassa che avrebbe potuto far inciampare furtivamente.
Proprio quando aveva scorto un possibile candidato — un vecchio corpulento, interamente coperto di velluto rosso orlato di pizzo, che con tutta probabilità avrebbe potuto essere spinto direttamente nel recipiente del punch — si verifìcò una diversione senza il suo intervento.
All’altro lato della sala da ballo quattro uomini entrarono contemporaneamente dall’ingresso principale, facendosi strada a spintoni. Il primo aveva una barba ben curata e tenne la schiena rivolta verso Shandy per la maggior parte del tempo: sembrava essere l’ospite, poiché stava agitando le braccia e protestando per qualcosa; accanto a lui c’era un uomo gigantesco, che osservava con evidente divertimento e tirava boccate da un sottile sigaro nero — era elegantemente vestito ma non portava la parrucca: una omissione peculiare in quanto la sua testa era completamente calva; e dietro di loro, col chiaro intento di voler entrare, stavano due ufficiali della marina inglese.
«È per la vostra incolumità e per quella dei vostri ospiti,» disse a voce alta uno degli ufficiali, e l’uomo che Shandy pensava fosse Hicks finalmente si strinse nelle spalle e fece segno ai due uomini della Navy di entrare. Shandy senza essere notato arretrò in modo da trovarsi dietro al tipo grasso in velluto rosso… e, nel caso, più in prossimità della finestra. Il gigante calvo si fece da parte per far passare i due ufficiali, e il suo sogghigno dietro il piccolo sigaro era così malizioso e sornione che Shandy lo fissò con curiosità. Bruscamente gli parve di aver già visto in precedenza quell’uomo, di averne avuto soggezione… anche se quella faccia larga e priva di rughe non gli era di certo familiare.
Non ebbe comunque il tempo di rifletterci, poiché l’uomo della Navy più vicino cominciò in quel momento a parlare agli ospiti. «Sono il tenente di vascello MacKinley,» disse a gran voce. «Non prolungheremo questa interruzione della vostra cena se non per il tempo necessario ad avvertirvi che il pirata Jack Shandy è stato per poco tempo in arresto a Kingston oggi; è fuggito, tuttavia, e si trova in giro per l’isola.»
Ci fu un moto d’interesse a queste parole, e anche nel suo timore improvviso Shandy notò che il gigante calvo sollevò le sopracciglia cespugliose e si tolse il sigaro dalla bocca al fine di scrutare con maggiore attenzione i convitati. L’espressione divertita era scomparsa dalla sua faccia, sostituita da una di cautela.
«La ragione per cui riteniamo che dobbiate essere informati di questo,» proseguì MacKinley, «è che, dopo aver acquistato degli abiti nuovi, lui ha posto diverse domande sull’ubicazione di questa casa. È stato descritto come ben vestito, ma con dei guanti bianchi di pelle di capretto che mostrano macchie di sangue sulle cuciture.»
Il vecchio corpulento di fronte a Shandy si aggirò pesantemente per la sala e puntò un dito verso i guanti di Shandy. Si mise a sputacchiare, eccitato, e cercò di pronunciare delle parole.
Il tenente di vascello MacKinley non aveva ancora notato la costernazione del vecchio — anche se le persone accanto a Shandy stavano allungando il collo con curiosità — e continuò il suo discorsetto. «A noi sembra chiaro che questo Shandy abbia sentito parlare della cena, e intenda venire qui col proposito di commettere qualche furto o rapimento. Un gruppo di uomini della Marina armati in questo momento si sta radunando per venire qui ad arrestarlo, e nel frattempo il mio compagno ed io…»
Hicks aveva notato l’agitazione nelle ultime file della calca, e scrutò allarmato in quella direzione — e poi il vecchio sputacchiante cadde in ginocchio, e Shandy si trovò a fissare Hicks attraverso la sala, incontrando il suo sguardo.
Sia Shandy che Hicks indietreggiarono da ciò che sembrava la visione di uno spettro.
Dopo il primo istante di shock, Shandy seppe che non era suo padre — la faccia era troppo grassoccia, e la bocca troppo stretta — ma gli occhi, il naso, gli zigomi, la fronte, erano quelli di suo padre, e per un momento si meravigliò che il caso potesse aver prodotto una simile rassomiglianza in un estraneo; ma un momento dopo comprese di chi si trattava, e quale doveva essere stata la vera storia del «suicidio» di Sebastian Chandagnac.
«Mio Dio!» esclamò una donna accanto a Shandy. «È lui!»
Diversi uomini fra gli ospiti si accigliarono e batterono le mani sulle else delle spade da cerimonia, ma trovare spazio per sfoderare le lame significava in qualche modo allontanarsi dal pirata.
L’uomo calvo scoppiò in una improvvisa e discordante risata, un’esplosione d’ilarità profonda e rimbombante simile all’infrangersi dei marosi sulle rocce, e Shandy lo riconobbe.
Poi i due ufficiali della Navy tirarono fuori le pistole e gridarono agli ospiti di farsi da parte, e diversi uomini avanzarono con riluttanza verso Shandy, agitando quel genere di spade che si ordinano ai sarti, e Sebastian Chandagnac si mise a urlare con forza agli ufficiali che sparassero subito al pirata.
Le donne strillarono, gli uomini incespicarono sulle sedie, e Shandy balzò sul tavolo, sfilando la sciabola a mezz’aria, e scalciò il recipiente del punch sul pavimento mentre saltava giù dal tavolo in direzione della porta principale. La pistola di MacKinley esplose in un colpo assordante, ma la palla scheggiò i pannelli della parete sopra la testa di Shandy, mentre questi si allontanava dall’estremità del tavolo. Il compagno di MacKinley stava puntando la sua pistola direttamente verso il torace di Shandy, e Shandy, impossibilitato a fare altro, fece un allungo verso di lui, intercettò la lunga canna della pistola con la lama della sua sciabola e fece un rapido movimento a spirale che la fece volar via dalla mano dell’ufficiale prima che potesse far fuoco.
Gli uomini scivolavano e imprecavano sul pavimento umido dietro di lui. Un paio di spade furono lasciate cadere con fracasso, e Shandy balzò di lato, sferzò intorno la sua lama, e mise la punta contro il petto di MacKinley. Tutti s’irrigidirono. La pistola fu gettata sul pavimento e andò a sbattere con rumore di ferraglia contro la parete.
«Credo che dovrò arrendermi,» disse Shandy nel silenzio improvviso, «ma prima di farlo, voglio dirvi chi è Joshua Hicks. Lui è…»
Sebastian Chandagnac si era lanciato a raccogliere la pistola caduta e in quel momento si sollevò con essa fra le mani; seduto, fece fuoco verso Shandy.
La palla fece esplodere la testa del tenente di vascello MacKinley — e mentre il corpo rotolava via e le grida e fracasso riprendevano, con maggiore intensità, lo zio di Shandy si sollevò in fretta, snudò la sua spada da cerimonia e corse verso di lui. Shandy parò con facilità la lama, anche se i suoi guanti bianchi luccicavano di sangue lungo le cuciture, e si avventò e, con una mano sola, afferrò lo zio per la gola.
«Beth Hurwood, la ragazza che tieni prigioniera,» latrò. «Dov’è?»
Il calvo Mordila aveva fatto un passo avanti come per interferire, ma a queste parole si fermò.
«Di sopra,» piagnucolò Sebastian Chandagnac, con gli occhi chiusi, «nella stanza chiusa a chiave.»
Le donne stavano singhiozzando e diversi uomini stavano in piedi con le spade sguainate, guardandosi l’un l’altro, incerti. Il secondo ufficiale della Navy aveva sfoderato la sua spada ma sembrava riluttante ad avvicinarsi mentre Shandy, apparentemente, aveva un ostaggio.
Il pollice sinistro di Shandy era sulla laringe dello zio, e lui sapeva che avrebbe potuto schiacciarla come un uovo; ma era nauseato dalle morti, e pensava che non avrebbe ricavato alcun senso di appagamento dalla visione di quell’ometto spaventato che saltellava sul pavimento soffocato a morte dalle ossa della sua gola. Spostò la presa sul colletto dell’uomo.
«Chi… sei?» gracchiò Sebastian Chandagnac, gli occhi spalancati dal terrore.
Ad un tratto Shandy realizzò che, sbarbato e con tutte le nuove rughe dell’età e della stanchezza sul volto, doveva apparire molto simile a suo padre quando Sebastian lo aveva visto per l’ultima volta… e naturalmente quest’uomo non sapeva che suo nipote John Chandagnac era venuto nei Caraibi.
Avendo deciso di non ucciderlo, Shandy scoprì di non poter trattenersi dal rimestare nella colpa di quell’uomo. «Guardami negli occhi,» sussurrò con voce strozzata.
Il vecchio lo fece, anche se tremando e gemendo.
«Io sono tuo fratello, Sebastian,» disse Shandy attraverso i denti serrati. «Sono François.»
La faccia del vecchio divenne quasi pórpora. «Avevo sentito dire che eri… morto. Davvero morto, intendo dire.»
Shandy sogghignò con ferocia. «Sì… ma non hai mai sentito parlare di vodun?… Sono venuto dall’Inferno stanotte per portarti con me, fratello caro.»
Evidentemente Sebastian aveva sentito parlare di vodun, e trovò l’affermazione di Shandy fin troppo plausibile. I suoi occhi rotearono all’indietro nella sua testa e, con un’esalazione brusca come se avesse ricevuto un pugno nel petto, si afflosciò.
Sorpreso ma non particolarmente costernato, Shandy lasciò cadere il corpo sul pavimento.
Quindi, quasi fianco a fianco, Shandy e il calvo si lanciarono verso le scale; presumibilmente Edmund stava inseguendo il pirata, ma era arduo essere sicuri che non stessero entrambi correndo verso una meta comune. Alcuni uomini con le spade balzarono sulla loro strada, e poi si scansarono, e un momento dopo Shandy salì i gradini a tre per volta, ansimando e pregando di non svenire ancora.
In cima alle scale c’era un corridoio, si fermò là, col petto che si sollevava, e voltò la faccia verso l’uomo che si faceva chiamare Mordila, che si era fermato a due gradini dal pianerottolo. I suoi occhi erano alla stessa altezza di quelli di Shandy.
«Cosa… vuoi?» disse Shandy, ansimando.
Il sorriso del gigante parve quello di un cherubino sulla sua faccia liscia. «La giovane donna.»
Le grida e il fracasso, sotto, erano aumentati, e Shandy scosse la testa con impazienza. «No. Dimenticalo. Torna giù.»
«Me la sono guadagnata… ho trascorso tutto il giorno a controllare questa casa, pronto a entrare e a intervenire al primo indizio di una magia tesa a estirpare l’anima…»
«Cosa che non è avvenuta poiché ho mandato all’aria il piano di Hurwood,» disse Shandy. «Vattene.»
L’uomo calvo sollevò la spada. «Preferirei non ucciderti, Jack, ma prometto che lo farò se sarò costretto a farlo per averla.»
Shandy, sconfitto, lasciò che le sue spalle si accasciassero e che il suo volto si rilassasse in rughe di sfinimento e disperazione — e poi si lanciò in avanti, sbattendo la spada del gigante contro la parete con l’avambraccio sinistro mentre con la mano destra conficcava la sciabola nel petto di quell’uomo. Soltanto il fatto che il calvo tenne duro impedì che Shandy precipitasse a testa in giù per le scale. Shandy ritrovò l’equilibrio, sollevò il piede destro e lo piantò sull’ampio torace dell’uomo accanto al punto dove la lama lo aveva trafitto, e poi scalciò, raddrizzandosi sul pianerottolo e proiettando il calvo in un ruzzolone all’indietro giù per le scale. Esclamazioni di orrore e sorpresa eruppero al di sopra del generale clamore sottostante.
Shandy si voltò e guardò nel corridoio. Uno dei pomelli delle porte era di legno, e lui lo raggiunse vacillando. Era bloccato, così Shandy si puntellò a fatica contro la parete di fronte, sollevò il piede, e con una replica del gesto che aveva liberato la sua lama dal petto di Mordila, proiettò il piede contro la porta. La serratura di legno si scheggiò, la porta volò verso l’interno e Shandy lasciò cadere la sciabola mentre crollava in avanti nella stanza.
Stando sulle mani e sulle ginocchia, alzò lo sguardo. C’era una lampada accesa nella stanza, ma la scena che gli si presentò era molto poco rassicurante: il pavimento era cosparso di foglie dall’odore disgustoso, qualcuno aveva appeso diverse teste di cane alle pareti, una donna nera chiaramente morta da un pezzo stava accasciata scompostamente nell’angolo, e Beth Hurwood stava rannicchiata accanto alla finestra e tentava apparentemente di mangiarne l’intelaiatura.
Ma Beth Hurwood si guardò intorno, allarmata, e i suoi occhi erano limpidi e svegli. «John!» disse con voce roca, quando vide chi era. «Mio Dio, avevo quasi rinunciato a pregare perché tu venissi! Porta qui quella spada e spezza in due questo chiavistello di legno… i miei denti non servono assolutamente a nulla.»
Lui si alzò e accorse, scivolando solo una volta sulle foglie, ed esaminò con la vista annebbiata il chiavistello. Sollevò con cautela la spada. «Sono sorpreso che tu mi abbia riconosciuto,» osservò scioccamente.
«Certo, anche se sei piuttosto malconcio. Quando hai dormito l’ultima volta?»
«…non ricordo.» Abbatté la spada. Spezzò il chiavistello, di netto. Beth tolse nervosamente i pezzi dai sostegni e spalancò la finestra, e la fredda aria notturna purificò gli odori stantii e portò con sé le strida degli uccelli tropicali della giungla.
«C’è un tetto qua fuori,» disse lei. «All’estremità settentrionale della casa la collina arriva quasi al suo livello dandoci l’opportunità di saltare senza pericolo. Ora ascolta, John, io…»
«Dandoci?» la interruppe Shandy. «No, tu sei salva, adesso. Mio zio — Joshua Hicks — è morto. Tu sei…»
«Non essere sciocco, è ovvio che verrò con te. Ma ascolta, ti prego! Quella creatura nell’angolo è crollata a terra morta — rimorta, direi — la notte scorsa, e così non ho dovuto più mangiare quelle dannate piante, ma sono terribilmente debole e mi è stato fatto un incantesimo di… non so, disorientamento. A volte è come se mi addormentassi con gli occhi aperti. Non so quanto durerà, ma sta diminuendo… così se lo faccio, se mi aggrapperò a te con lo sguardo vuoto, non preoccuparti, sorreggimi soltanto. Ne uscirò.»
«Uh… benissimo.» Shandy scavalcò la finestra e salì sul tetto. «Sei sicura di voler venire con me?»
«Sì.» Lo seguì fuori, vacillò e si aggrappò alla sua spalla, poi trasse un profondo respiro e annuì. «Sì. Andiamo.»
«Va bene.»
Attraverso la finestra aperta dietro di loro lui poté udire delle persone che salivano, titubanti ma rumorose, su per le scale, così le prese un gomito e la condusse con tutta la rapidità possibile verso l’estremità settentrionale del tetto.