3

Qualcuno entrò e mi fece un’altra iniezione. Il dolore svanì, e mi addormentai.

Devo aver dormito a lungo. Ebbi sogni confusi, oppure periodi di semi-veglia, o tutte e due le cose. Almeno in parte dovette trattarsi di sogni: i cani, molti cani, parlano, però non tengono concioni sui diritti delle creature sintetiche viventi, giusto? I rumori di un tafferuglio e di gente che correva su e giù potrebbero essere stati veri. Ma a me parve tutto un incubo perché cercai di scendere dal letto e scoprii che non potevo nemmeno sollevare la testa, tanto meno alzarmi e partecipare alla festa.

A un certo punto decisi che ero davvero sveglia, perché le manette non mi imprigionavano più i polsi e non avevo nastro adesivo sugli occhi. Però non saltai su, e neanche aprii gli occhi. Sapevo che i primi secondi subito dopo aver aperto gli occhi sarebbero stati l’occasione migliore, forse l’unica, di fuggire.

Contrassi i muscoli senza muovermi. Sembrava tutto sotto controllo, anche se ero molto più che indolenzita qua e là, e in diversi altri punti. I vestiti? Meglio lasciar perdere: non solo non avevo idea di dove potevano essere i miei abiti, ma per di più non c’è tempo da perdere a rivestirsi quando si scappa per salvare la pelle.

Un piano d’azione… Nella stanza sembrava non ci fosse nessuno; c’era qualcuno al primo piano? Stai calma e ascolta. Se e quando fossi stata ragionevolmente certa di essere sola a quel piano, sarei scesa senza far rumore dal letto e avrei salito le scale come un topolino, su fino al secondo piano, e poi in soffitta, a nascondermi. Ad aspettare il buio. Poi fuori dalla soffitta, sul tetto giù per il muro del retro, e nel bosco. Una volta fra gli alberi dietro casa, non mi avrebbero più presa… ma prima di arrivarci, sarei stata un bersaglio facile.

Le probabilità? Una su nove. Forse una su sette, se mi caricavo a dovere. Il punto più debole di un piano da due soldi era l’elevata probabilità di venire individuata prima di essere al largo dalla casa; perché se mi avessero individuata (no, quando mi avessero individuata) non solo avrei dovuto uccidere, ma sarei stata costretta a farlo nel più silenzioso dei modi… perché l’alternativa era aspettare che mi terminassero; il che sarebbe accaduto non appena "il Maggiore" fosse giunto alla conclusione che non poteva spremermi più nulla. Per quanto quei gorilla fossero maldestri, non erano tanto stupidi (o almeno il Maggiore non era tanto stupido) da risparmiare la vita a un prigioniero torturato e stuprato.

Tesi le orecchie in ogni direzione e ascoltai.

"Non si muoveva nulla, nemmeno un topolino." Inutile aspettare; ogni momento di ritardo serviva solo ad avvicinare l’attimo in cui qualcuno si sarebbe mosso. Aprii gli occhi.

— Sveglia, vedo. Bene.

— Boss! Dove sono?

— Che cliché orribilmente datato. Friday, tu puoi fare di meglio. Fai marcia indietro e riprovaci.

Mi guardai attorno. Una camera da letto, forse una stanza d’ospedale. Niente finestre. Illuminazione senza riverbero. Il tipico silenzio tombale, sottolineato più che spezzato dagli esilissimi sospiri dell’impianto di aerazione.

Guardai di nuovo Boss. Uno spettacolo adorabile. La solita vecchia, rozza benda sull’occhio; perché non voleva trovare il tempo per farsi rigenerare l’occhio? I suoi bastoni erano appoggiati a un tavolo, a portata di mano. Indossava il solito completo trasandato di seta grezza, una specie di pigiama tagliato da un sarto inetto. Ero mostruosamente felice di vederlo.

— Voglio ancora sapere dove sono. E come ci sono arrivata. E perché. Un posto sottoterra, senza dubbio, ma dove?

— Sottoterra, infatti, e di parecchi metri. "Dove" lo saprai quando avrai bisogno di saperlo, o per lo meno ti diremo come andare e venire. È stato questo che ha distrutto la nostra fattoria. Un posto gradevole, ma erano in troppi a conoscerne la posizione. "Perché" è ovvio. "Come" può aspettare. Rapporto.

— Boss, sei l’uomo più esasperante che io conosca.

— Grazie alla mia lunga pratica. Rapporto.

— E tuo padre ha conosciuto tua madre in un locale malfamato. E non si è tolto il cappello.

— Si sono conosciuti a un picnic domenicale della chiesa battista e credevano tutti e due nella Buona Fatina dei Denti Caduti. Rapporto.

— Hai le orecchie luride e sei un porco. Il viaggio fino a Elle-Cinque si è svolto senza incidenti. Ho trovato il signor Mortenson e gli ho consegnato il contenuto del mio poliedrico ombelico. La normale routine è stata interrotta da un incidente molto insolito. La città spaziale era stata investita da un’epidemia di affezioni respiratorie di origine ignota, e io ho contratto la malattia. Il signor Mortenson è stato gentilissimo. Mi ha ospitata a casa sua e le sue mogli mi hanno curata con grande abilità e tenero affetto. Boss, voglio che siano ricompensate.

— Ho preso nota. Continua.

— Sono rimasta fuori di testa per quasi tutto il tempo. È per questo che sono finita in ritardo di una settimana. Ma appena sono tornata in condizioni di viaggiare, ho potuto ripartire immediatamente. Il signor Mortenson mi ha detto che avevo già addosso la merce per te. Come hanno fatto, Boss? Un’altra volta la tasca del mio ombelico?

— Sì e no.

— Bella risposta.

— La tua sacca artificiale è stata usata.

— Come pensavo. Non dovrebbero esserci terminazioni nervose, ma quando è piena sento qualcosa. Una sensazione di pressione, forse.

Premetti le mani sul ventre attorno all’ombelico e contrassi i muscoli. — Ehi, è vuota! L’avete svuotata voi?

— No. Sono stati i nostri antagonisti.

— Allora ho fallito! Dio, Boss, è mostruoso.

— No — disse dolcemente lui — sei riuscita nella missione. Di fronte a grandi pericoli e ostacoli monumentali, hai ottenuto un successo perfetto.

— Davvero? — (Vi hanno mai appuntato al petto la Croce della regina Vittoria?) — Boss, piantala coi discorsi ambigui e tracciami un diagramma.

— Sarà fatto.

Ma forse è meglio che un diagramma lo tracci prima io. Dietro l’ombelico ho una sacca artificiale, creata dalla chirurgia plastica. Non è grande, ma si possono infilare quantità gigantesche di microfilm in uno spazio di un centimetro cubo circa. La sacca non si vede perché lo sfintere che la comanda tiene chiusa la cicatrice. Il mio ombelico sembra perfettamente normale. Giudici imparziali mi dicono che ho una pancia graziosa e un ombelico avvenente… il che, per certi importanti versi, è meglio che avere un bel visino, cosa che non ho.

Lo sfintere è sintetico, di elastomero al silicone, e tiene chiuso l’ombelico in continuazione, anche quando io sono svenuta. La cosa è necessaria perché in quella zona non esistono nervi che permettano il controllo volontario di contrazione e rilassamento, come invece è possibile con lo sfintere dell’ano, della vagina, e, per certe persone, della gola. Per riempire la sacca usate un pizzico di gel K-Y o di altri lubrificanti privi di petrolio e introducete col pollice… Niente unghie appuntite, per favore! Per svuotarla, con le dita di entrambe le mani io stessa apro il più possibile lo sfintere artificiale, poi spingo al massimo coi muscoli addominali; e il contenuto dell’ombelico salta fuori.

L’arte di nascondere cose nel corpo umano ha una lunga storia. I contenitori più classici sono la bocca, le narici, lo stomaco, l’intestino, il retto, la vagina, la vescica, l’orbita oculare degli orbi, i canali auricolari: altri metodi più esotici e non molto utili si servono di tatuaggi, a volte coperti di pelo.

Ogni sistema classico è noto a tutti i funzionari doganali e agli agenti speciali, pubblici o privati del mondo intero, della Luna, delle città spaziali, degli altri pianeti, e di dovunque sia giunto l’uomo. Per cui lasciateli perdere. L’unico metodo classico che possa ancora fregare un professionista è la Lettera Rubata. Ma la Lettera Rubata è altissima arte, e, anche quando venga usata alla perfezione, deve servirsi di un innocente che non possa svelare la verità sotto droga.

Date un’occhiata ai prossimi mille ombelichi che incontrerete in società. Adesso che la mia sacca è stata compromessa, è possibile che uno o due di quegli ombelichi nascondano orifizi artificiali come il mio. È lecito aspettarsi un vero boom, per cui tra un po’ nessun chirurgo creerà più sacche ombelicali, dato che ogni tecnica di contrabbando diventa inutile una volta scoperta. Nel frattempo, gli agenti doganali vi infileranno rudi dita nell’ombelico. Spero che un sacco di quegli agenti si prendano un pugno nell’occhio da vittime imbestialite: gli ombelichi tendono a essere sensibili e soggetti al solletico.

— Friday, il punto debole della tua sacca è sempre stato che un interrogatorio ben fatto…

— Erano degli inetti.

— …O un interrogatorio duro con uso di droghe poteva costringerti a svelarne l’esistenza.

— Deve essere successo dopo l’iniezione che mi ha sciolto la lingua. Non ricordo di averne parlato.

— È probabile. Oppure potrebbero averlo saputo tramite altri canali, visto che diverse persone ne sono al corrente. Tu, io, tre infermiere, due chirurghi, un anestesista, forse altra gente. Troppi. In ogni caso, a prescindere da quanto sapevano, i nostri antagonisti hanno rimosso quello che trasportavi nell’ombelico. Ma non incupirti. Hanno avuto solo un lunghissimo elenco, ridotto a microfilm, di tutti i ristoranti riportati nell’elenco telefonico del 1928 di quella che era la città di New York. Senza dubbio in questo momento, da qualche parte, c’è un computer che ci lavora sopra per decifrare il codice segreto… Il che richiederà parecchio tempo, dato che non c’è alcun codice segreto. È solo una lista priva di senso.

— E per questo ho dovuto farmi tutta la strada fino a Elle-Cinque, mangiare cibo schifoso, stare male sulla Piantadifagiolo, e finire nelle mani di bastardi brutali?

— Mi spiace per l’ultimo particolare, Friday. Ma credi che avrei rischiato la vita del mio agente più in gamba in una missione inutile?

(Capito perché lavoro per quel bastardo arrogante? Con l’adulazione si ottiene tutto.) — Chiedo scusa, signore.

— Controlla la cicatrice dell’appendicectomia.

— Eh? — Infilai una mano sotto il lenzuolo e tastai, poi gettai indietro il lenzuolo e guardai. — Che diavolo ha?

— L’incisione era lunga meno di due centimetri e ha seguito esattamente la cicatrice. Non è stato toccato nessun tessuto muscolare. La merce è stata recuperata circa ventiquattro ore fa, riaprendo l’incisione. Con i metodi di ricicatrizzazione accelerata usati su di te, mi dicono che tra un paio di giorni non troverai più la nuova cicatrice nella vecchia. Però sono molto lieto che i Mortenson si siano presi cura di te. Sono certo che i sintomi artificiali provocati per coprire quello che bisognava farti non sono stati piacevoli. Fra parentesi, da quelle parti c’era davvero un’epidemia di infezioni catarrali… Una coincidenza fortuita.

Boss fece una pausa. Io mi rifiutai testardamente di chiedergli che cosa avessi trasportato; tanto non me lo avrebbe detto. Dopo un po’ aggiunse: — Mi stavi parlando del viaggio di ritorno.

— Il tragitto si è svolto senza incidenti. Boss, la prossima volta che mi spedisci nello spazio voglio viaggiare in prima classe, su una nave antiG. Basta con quello stupido trucchetto delle corde da fachiro.

— L’analisi strutturale indica che il Ganciaereo è più sicuro di qualunque nave. Il cavo di Quito è andato perso per un sabotaggio, non per un incidente.

— Taccagno.

— Non ho intenzioni di farti sentire al giogo. D’ora in poi potrai usare l’antiG, se le circostanze e i tempi lo permetteranno. Questa volta avevamo i nostri motivi per servirci della Piantadifagiolo Kenia.

— Sarà, però qualcuno mi ha seguita quando sono scesa dalla capsula. Appena siamo rimasti soli, l’ho ucciso.

Feci una pausa. Un giorno o l’altro, un giorno o l’altro riuscirò a far apparire la sorpresa sulla sua faccia. Riaffrontai l’argomento di sbieco.

— Boss, ho bisogno di un corso d’aggiornamento, con un riorientamento molto minuzioso.

— Davvero? A che scopo?

— Il mio riflesso a uccidere è troppo veloce. Non discrimino. Quello non aveva fatto niente per essere ucciso. Sicuro, mi seguiva. Però avrei dovuto sfuggirgli a Nairobi, oppure al massimo, metterlo fuori combattimento e chiuderlo sotto chiave, poi scappare.

— Discuteremo in seguito le tue possibili esigenze. Continua.

Gli dissi dell’Occhio Pubblico e della quadrupla identità di "Belsen" e di come l’avevo dispersa ai quattro venti, poi attaccai col viaggio verso casa. Lui mi interruppe. — Non hai parlato della distruzione di quell’hotel a Nairobi.

— Eh? Boss, io non c’entravo niente. Ero già a metà strada per Mombasa.

— Mia cara Friday, sei troppo modesta. Un vasto numero di persone e gigantesche quantità di denaro hanno cercato di impedirti di completare la missione. C’è stato persino un tentativo dell’ultimo minuto alla nostra ex fattoria. Devi presumere, se non altro come ipotesi, che l’esplosione dell’Hilton avesse come unico obiettivo la tua morte.

— Hmm. Boss, mi pare che tu sapessi già che sarebbe stata parecchio dura. Non potevi avvertirmi?

— Saresti stata più all’erta, più decisa, se ti avessi riempito il cervello con vaghi avvertimenti su pericoli ignoti? Donna, tu non commetti errori.

— Col cavolo! Zio Jim si è presentato giusto giusto all’arrivo della mia capsula, e non avrebbe dovuto saperne niente. Tutti i miei campanelli d’allarme avrebbero dovuto mettersi a squillare. Appena l’ho visto avrei dovuto infilarmi nel buco più vicino e prendere la prima capsula, per qualunque destinazione.

— Il che ci avrebbe reso estremamente difficile un rendez-vous, e la tua missione sarebbe fallita esattamente come se tu avessi perso quello che trasportavi. Figliola, se le cose fossero andate lisce, Jim ti avrebbe accolta dietro mio ordine. Tu sottovaluti la mia rete di spionaggio, nonché gli sforzi che facciamo per cercare di tenerti d’occhio. Ma non ho mandato Jim a prenderti perché al momento stavo correndo. Zoppicando, per l’esattezza. In tutta fretta. Cercavo di scappare. Immagino che Jim abbia saputo dell’ora prevista per il tuo arrivo dal nostro uomo, e da quello dei nostri antagonisti, o forse da tutti e due.

— Boss, se lo avessi saputo avrei dato Jim in pasto ai suoi cavalli. Gli volevo bene. Quando arriverà il momento, voglio terminarlo io stessa. È mio.

— Friday, nel nostro mestiere non è augurabile abbandonarsi ai risentimenti.

— Io non ne nutro molti, ma zio Jim è un caso speciale. E c’è un altro tizio di cui voglio occuparmi personalmente. Ma ne discuterò con te più avanti. Senti, è vero che zio Jim era un sacerdote papista?

Boss parve quasi sorpreso. — Dove hai sentito quest’idiozia?

— In giro. Chiacchiere.

Umano, troppo umano. Le chiacchiere sono un vizio. Chiariamo la questione. Prufit era un imbroglione. L’ho conosciuto in prigione, dove ha fatto qualcosa per me, qualcosa di tanto importante da spingermi a trovargli un posto nella nostra organizzazione. Un mio errore. Un mio imperdonabile errore, perché un imbroglione non smette mai di essere un imbroglione; non può. Ma all’epoca soffrivo del desiderio di credere, un difetto del mio carattere che pensavo di aver eliminato. Mi sbagliavo. Continua, per favore.

Dissi a Boss come mi avevano presa. — Erano in cinque, credo. Forse solo quattro.

— Sei, ritengo. Descrizioni.

— Nessuna, Boss. Avevo troppo daffare. Be’, una. Sono riuscita a vederlo bene mentre lo uccidevo. Un metro e settantacinque circa d’altezza, peso sui settantacinque o settantasei. Sui trentacinque anni. Biondiccio, ben rasato. Aria slava. Ma è l’unico che il mio occhio abbia fotografato. Perché è rimasto immobile. Involontariamente. Quando gli si è spezzato il collo.

— L’altro che hai ucciso era biondo o bruno?

— Belsen? Bruno.

— No, alla fattoria. Lascia perdere. Ne hai uccisi due e feriti tre prima che il puro accumulo di corpi sia riuscito a bloccarti di peso. Un punto di merito per il tuo istruttore, permettimi di aggiungere. Fuggendo, non eravamo riusciti a farne fuori abbastanza per impedire loro di prenderti prigioniera… Però, secondo me, sei stata tu a vincere la battaglia che ci ha permesso di liberarti. Avevi messo fuori uso parecchi dei loro uomini. Anche se in quel momento eri ammanettata e svenuta, hai vinto tu l’ultimo scontro. Continua, per favore.

— Più o meno è tutto qui, Boss. Poi c’è stato lo stupro di gruppo, seguito dall’interrogatorio. Prima diretto, poi sotto droga, e poi sotto tortura.

— Mi spiace per lo stupro, Friday. I soliti premi. Li troverai più sostanziosi del solito. A mio giudizio, le circostanze sono state estremamente umilianti.

— Oh, niente di speciale. Non sono una verginella. Ricordo ancora serate mondane quasi altrettanto sgradevoli. A parte un uomo. Non so che faccia abbia, ma posso identificarlo. Lo voglio! Lo voglio quanto voglio zio Jim. Anche di più, forse. Voglio punirlo un po’ prima di lasciarlo morire.

— Posso solo ripeterti quello che ho già detto. Per noi, i risentimenti personali sono un errore. Riducono le possibilità di sopravvivenza.

— Correrò il rischio, per quel porco. Boss, non ce l’ho con lui per lo stupro in sé. Avevano ricevuto l’ordine di violentarmi, in base alla stupida teoria che lo stupro mi avrebbe ammorbidita per l’interrogatorio. Ma quel porco dovrebbe lavarsi e farsi curare i denti e pulirseli e fare sciacqui. E qualcuno dovrebbe dirgli che non è carino prendere a schiaffi la donna con cui hai copulato. Non so che faccia abbia, però conosco la sua voce e il suo odore e la corporatura e il soprannome. Rocks o Rocky.

— Jeremy Rockford.

— Come? Lo conosci? Dov’è?

— Lo conoscevo un tempo, e ultimamente ho potuto vederlo per benino, tanto da esserne sicuro. Requiescat in pace.

— Sul serio? Diavolo. Spero che non sia morto in modo tranquillo.

— Non è morto in modo tranquillo. Friday, non ti ho detto tutto quello che so…

— Non lo fai mai.

— …Perché prima volevo il tuo rapporto. Il loro assalto alla fattoria è riuscito perché Jim Prufit aveva completamente tolto l’energia appena prima che ci attaccassero. Il che ha lasciato solo armi portatili ai pochi di noi che girano armati in fattoria, e le nude mani a tutti gli altri. Ho ordinato l’evacuazione, e la maggioranza di noi è fuggita da un tunnel costruito di nascosto quando la casa è stata ristrutturata. Sono addolorato e fiero di dire che tre dei nostri migliori uomini, i tre che erano armati al momento dell’attacco, hanno deciso di restare e sacrificarsi per gli altri. So che sono morti. Ho tenuto aperto il tunnel finché non ho capito dai rumori che vi erano penetrati gli invasori. Allora l’ho fatto saltare.

"È occorsa qualche ora per radunare gente a sufficienza e organizzare il contrattacco, soprattutto per trovare abbastanza veicoli a motore autorizzati. In teoria potevamo anche attaccare a piedi, ma serviva come minimo un Vma che facesse da ambulanza per te."

— Come sapevi che ero ancora viva?

— Nello stesso modo in cui sapevo che qualcuno, e non la nostra retroguardia, era entrato nel tunnel. Monitoraggio. Friday, tutto ciò che ti è stato fatto e che hai fatto, tutto ciò che hai detto o che ti è stato detto, è stato visto e registrato. Non ho potuto seguire di persona le registrazioni, ero preso dai preparativi del contrattacco, ma mi sono state mostrate le parti essenziali quando il tempo lo ha permesso. Lasciami aggiungere che sono orgoglioso di te.

"Conoscendo le postazioni dei monitor, sapevamo dove ti tenevano, il fatto che eri ammanettata, quante persone erano presenti nella casa, dove erano, quando dormivano, e chi restava sveglio. Le trasmissioni al Vma di comando mi hanno tenuto al corrente della situazione in casa fino al momento dell’attacco. Siamo partiti alla carica… Cioè, loro sono partiti alla carica, i nostri uomini. Io non guido gli attacchi zoppicando su quei due bastoni; io comando. I nostri hanno assalito la casa, sono entrati. I quattro designati ti hanno liberata… uno era armato solo di un taglia-bulloni… e sono usciti in tre minuti e undici secondi. Poi abbiamo appiccato il fuoco."

— Boss! La tua stupenda fattoria?

— Quando la nave affonda, non ci si preoccupa delle tovaglie del salone da pranzo. Ormai la fattoria era inutilizzabile. L’incendio ha distrutto molte registrazioni compromettenti e molte attrezzature segrete o quasi. Ma soprattutto, perché era la cosa più urgente, bruciare la casa ci ha sbarazzati in fretta del gruppo che ne aveva compromesso i segreti. Il nostro cordone era in posizione prima che usassimo le incendiarie, poi abbiamo sparato a tutti mentre tentavano di uscire.

"È stato allora che ho visto il tuo amico, Jeremy Rockford. Era ustionato a una gamba quando è uscito dalla porta est. È rientrato barcollando all’indietro, ha cambiato idea e ha cercato di nuovo di scappare, è caduto ed è rimasto intrappolato. Dai suoni che ha emesso posso assicurarti che non è morto in modo tranquillo."

— Ahi. Boss, quando ho detto che volevo punirlo prima di ucciderlo, non intendevo niente di orribile come una morte sul rogo.

— Se non gli fosse venuto in mente di fare il cavallo che torna nella stalla in fiamme, sarebbe morto come tutti gli altri. In fretta, con un raggio laser. E l’ordine era di sparare a vista, perché non volevamo fare prigionieri.

— Nemmeno per interrogarli?

— Un’infrazione alla dottrina, ne convengo. Però, mia cara Friday, tu non conosci l’atmosfera emotiva. Tutti avevano sentito i nastri, per lo meno quello dello stupro e del terzo interrogatorio sotto tortura. I nostri ragazzi e ragazze non avrebbero fatto prigionieri nemmeno se io lo avessi ordinato. Però io non ci ho provato. Voglio informarti che i tuoi colleghi nutrono la massima stima per te. Compresi i molti che non ti hanno mai conosciuta e che con ogni probabilità non conoscerai mai.

Boss arraffò i suoi bastoni, si tirò in piedi. — Ho superato di sette minuti il tempo che il tuo medico mi ha concesso. Parleremo domani. Adesso devi riposare. Verrà un’infermiera per farti dormire. Dormi e vedi di migliorare.

Mi trovai con tre o quattro minuti tutti per me, e li trascorsi avvampando in una calda aureola. "La massima stima". Se non hai mai avuto un posto e affetti solo tuoi al mondo, e non potrai mai averli, parole del genere sono tutto. Mi riscaldarono tanto che nemmeno mi importava più di non essere umana.

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