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Non fare niente che possa danneggiare il tuo ospite! Per gli appartenenti alla razza del Cacciatore questa legge era sacra, e quasi nessuno sentiva mai nemmeno il desiderio di infrangerla. Infatti gli individui di quella razza vivevano in termini di fraterna amicizia con coloro che li ospitavano nel proprio corpo. I pochi che facevano eccezione venivano guardati con orrore. Era uno di questi individui abbietti che il Cacciatore aveva inseguito sulla Terra. E anche adesso era importante che lui lo trovasse, se non altro per proteggere la razza di quel pianeta dagli abusi di quell’essere irresponsabile.

Non fare niente che possa nuocere al tuo ospite! All’arrivo del Cacciatore i globuli bianchi contenuti nel sangue del ragazzo si erano messi in agitazione. Lui aveva evitato accuratamente il diretto contatto con loro, ma anche nei tessuti connettivi ce n’erano a sufficienza per creargli fastidi. Le cellule del suo corpo non erano immuni dal loro potere assorbente e solo un’estrema attenzione gli aveva evitato seri danni. Ma non poteva continuare così. Per prima cosa, presto avrebbe dovuto dedicare ad altro la sua attenzione, e secondariamente, un giochetto di evasione, o di contrattacco, sarebbe sfociato in un aumento di globuli bianchi con conseguenze disastrose per il suo ospite. Ma in ogni caso bisognava calmare i leucociti. La sua razza aveva elaborato un sistema per risolvere il problema, ma ogni caso andava studiato a fondo, specialmente quando si trattava di creature non familiari. Dopo una serie di esperimenti effettuati alla maggior velocità possibile, il Cacciatore determinò la natura della sostanza chimica che favoriva l’invasione dei globuli bianchi e, scelta di conseguenza un’altra sostanza chimica presente nel sangue dell’ospite, vi espose a una a una le proprie cellule.

Il provvedimento si rivelò efficace: i leucociti smisero di dargli fastidio, e lui poté servirsi delle grandi arterie per procedere nell’esplorazione del corpo che lo ospitava.

L’esplorazione continuò cauta per ore e ore, e anche quando il ragazzo si svegliò e riprese la sua frenetica attività, il Cacciatore proseguì il suo lavorio senza curarsi di guardare all’esterno. Aveva un problema importante da risolvere: distribuirsi per tutto il corpo del ragazzo senza danneggiarlo minimamente, e trovare una adeguata fonte di cibo senza compromettere la normalità dell’ospite se non per un lieve aumento di appetito. Dovendosi dedicare a questo problema non si poteva occupare d’altro. Il fatto di essersi difeso contemporaneamente da migliaia di leucociti poteva far pensare che lui riuscisse a occuparsi di parecchie cose nello stesso tempo, ma non era così. La sua azione contro i leucociti era paragonabile all’impresa di un uomo che parla mentre sale le scale.

A poco a poco il Cacciatore imparò tutto sul corpo dell’ospite: dall’uso di ogni muscolo, alla funzione di ogni ghiandola, all’utilità di ogni organo. Fu solo dopo settantadue ore dalla sua penetrazione nel corpo di Robert che il Cacciatore si sentì sufficientemente sicuro della sua posizione da dedicarsi a quello che succedeva all’esterno.

E allora riempì con la propria sostanza tutti gli spazi fra le cellule della retina del ragazzo, come aveva già fatto con lo squalo. Alla fine gli occhi di Robert servirono molto di più al Cacciatore che al suo proprietario, in quanto lo straniero vedeva con tutta la retina e non solo quello che il ragazzo guardava direttamente. Poi si occupò dell’udito, e a operazione ultimata, vedendo e sentendo perfettamente, fu pronto a iniziare il sondaggio del pianeta sul quale il destino aveva fatto naufragare lui e la sua preda. Non c’erano più motivi di ritardare le ricerche e la distruzione del criminale che adesso si aggirava libero su quel mondo. Cominciò a osservare e ad ascoltare.

Il punto di vista del Cacciatore era strano, per un poliziotto, e aveva piuttosto le caratteristiche del modo di vedere di un astronauta il quale considera un pianeta solo come un piccolo oggetto vagante nello spazio, e ritiene concluse le sue ricerche con la scoperta che l’oggetto è un mondo.

Ma bastò la prima occhiata all’esterno per dare un rude colpo alla sua teoria. La scena che gli si presentò alle retine evocava l’interno cilindrico della sua astronave. Nel cilindro c’erano diverse file di sedili, per lo più occupati da bipedi umani. Di fianco all’osservatore si apriva una finestra, dalla quale Bob stava guardando. Il primo sospetto del Cacciatore venne subito confermato da quello che si vedeva dalla finestra. Si trovavano a bordo di un aereo, e viaggiavano a grande altezza e a considerevole velocità, in una direzione che lo straniero non poté giudicare. Cominciare le ricerche del suo criminale? Prima doveva stabilire il continente giusto!

Il volo durò molte ore, e probabilmente era già iniziato da parecchio. Il Cacciatore si diede da fare per inserire nella propria memoria le caratteristiche delle terre sulle quali l’aereo passava, per poter identificare più tardi il percorso dell’apparecchio. Ma lui stesso non credeva molto in questa possibilità. Forse sarebbe stato più conveniente stabilire il tempo, più che la posizione, in modo da calcolare dove si trovava il suo ospite nel momento in cui era penetrato nel suo corpo.

Comunque continuò a guardare il paesaggio. Era un bel pianeta. Bellissimo. Montagne e pianure, fiumi e laghi, foreste e praterie che si susseguivano in un’atmosfera cristallina o velata da nubi. Anche la macchina sulla quale stavano viaggiando meritava la sua attenzione. Dal finestrino non ne poteva vedere granché, solo un pezzo di ala metallica davanti alla quale l’aria si muoveva rapidissima in moto rotatorio. Ritenendo, secondo la logica, che l’aereo fosse simmetrico, il Cacciatore pensò che i motori che facevano ruotare l’aria dovevano essere quattro. Ma non poté definirne la potenza perché probabilmente la cabina nella quale viaggiavano era antiacustica. Comunque la macchina dimostrava che la razza dei bipedi aveva raggiunto un alto grado di progresso meccanico. Questa considerazione gli fece venire in mente che forse valeva la pena di entrare in contatto diretto col suo ospite per richiederne la collaborazione.

Passò parecchio tempo prima che l’aereo cominciasse a diminuire di quota. Anche quest’ultima parte del viaggio avvenne senza scosse come il resto, e il Cacciatore ne dedusse che: o i piloti bipedi erano bravissimi, o i loro mezzi meccanici erano addirittura portentosi. Quando l’aereo, sbucato da un fitto banco di nubi, compì un ampio giro prima di effettuare l’atterraggio vero e proprio, il Cacciatore vide una immensa città costruita attorno a un porto fitto di navi.

E finalmente Robert sbarcò. Nell’avviarsi alla vasta costruzione che sorgeva da un lato della pista, Robert si voltò a guardare l’aereo, e il Cacciatore poté vedere la macchina in tutta la sua potenza. Osservandola attentamente ne arguì che doveva essere in grado di compiere almeno mezzo giro del pianeta senza scendere a rifornirsi di carburante. Compiute le formalità di sbarco Robert salì su un autobus per un altro pezzetto di viaggio, senza però uscire dalla città, poi scese, consegnò ancora le sue valigie, camminò per le strade, entrò in un cinema dove il Cacciatore si divertì a seguire il film, poi tornò alla stazione degli autobus, riprese le valigie e salì su un altro pullman che li portò fuori dalla città e dopo alcune ore li depositò ai piedi di una collina, in un punto da dove partiva un bel viale in salita, fiancheggiato da aiuole e alberi. Alla fine del viale c’era una costruzione. Lo straniero sperò ardentemente che almeno per quel giorno il viaggio fosse finito. Per una volta tanto le sue speranze non andarono deluse: quell’edificio era la scuola di Robert Kinnaird. Il ragazzo si presentò in direzione, si fece assegnare una stanza, andò a depositarvi le valigie, le svuotò, poi corse a salutare tutti i vecchi compagni. Il Cacciatore continuò a osservare e ascoltare, cercando di capire il significato delle parole che sentiva pronunciare, ma non gli fu facile perché per lo più i discorsi vertevano sulle vacanze e mancavano di riferimenti visibili che servissero da contesto. Comunque riuscì a imparare alcuni nomi degli amici del suo ospite. Dopo un paio d’ore d’ascolto attento, pensò che avrebbe fatto bene a risolvere il problema del linguaggio, dato che per il momento non poteva occuparsi della sua missione ufficiale. Se fosse riuscito a capire la lingua parlata dai bipedi, avrebbe potuto rendersi conto di quando il ragazzo sarebbe tornato nel posto in cui era avvenuto il loro incontro. Fino a quel giorno il Cacciatore non poteva far niente per localizzare ed eliminare il criminale ricercato.

Il Cacciatore spese le ore che Robert dedicò al sonno a riorganizzare nel suo cervello le poche parole che era riuscito a imparare, cercando di ricavarne regole grammaticali, e di studiare il mezzo per imparare meglio e nel più breve tempo possibile.

Certamente tutto si sarebbe semplificato se lo straniero avesse potuto controllare i movimenti del suo ospite o influenzarne le reazioni, più o meno come aveva controllato il perit. La razza del Cacciatore si serviva dei perit per sopperire alle deficienze del proprio corpo semiliquido, e faceva compiere alle bestiole opportunamente allenate tutte quelle cose che loro non avevano la forza di fare, o che richiedevano una delicatezza che gli ospiti non possedevano, o ancora, che dovevano venire fatte in posti dove gli ospiti non potevano penetrare, come ad esempio l’astronave cilindrica che aveva portato sulla Terra l’attuale simbionte di Robert Kinnaird.

Sfortunatamente il ragazzo non era un perit, e non poteva essere trattato come tale. Per il momento non c’era alcuna speranza di influenzare le sue azioni, e per il futuro era più augurabile ricorrere alla convinzione che non alla costrizione. Per ora il Cacciatore era come uno spettatore che vorrebbe cambiare la trama del film al quale sta assistendo.

Il giorno dopo l’arrivo di Robert alla scuola, cominciarono le lezioni. Quelle di fisica si rivelarono utilissime al Cacciatore poiché, essendo i principi elementari di quella scienza uguali presso tutti gli esseri intelligenti, lui poté, aiutandosi con i diagrammi che di solito accompagnano le spiegazioni di fisica, imparare molte più parole in un’ora di quante ne avesse capite in un giorno. Per un vero colpo di fortuna poi, una delle prime lezioni riguardò un problema di meccanica, per spiegare il quale l’insegnante scrisse intere frasi accanto ai diagrammi, e così il Cacciatore riuscì a collegare i suoni con la forma scritta.

All’inizio di novembre, a due mesi dalla riapertura delle scuole, il vocabolario dello straniero era pari a quello di un ragazzo intelligente di dieci anni. C’era un unico guaio: certe parole avevano per lui un significato esclusivamente scientifico. Ad esempio, il termine gravità per il Cacciatore significava soltanto il fenomeno che provoca la caduta di un corpo.

Tutto preso dalla smania di imparare, l’extraterrestre dimenticò quasi il suo dovere di poliziotto. Se ne ricordò in dicembre quando, da un colloquio tra Robert e un suo compagno credette di capire che il posto in cui il ragazzo aveva trascorso le vacanze era un’isola. Ne dedusse che il suo criminale, ammesso che fosse precipitato nello stesso punto esatto, doveva ancora trovarsi laggiù. L’esperienza che il Cacciatore aveva vissuto personalmente con lo squalo gli fece escludere che l’altro avesse potuto trovare scampo in un pesce, e lui non conosceva nessun animale a sangue caldo che vivesse nell’acqua. Balene e foche non erano mai comparse nelle conversazioni o nelle letture di Robert. Quindi, se l’altro si era rifugiato nel corpo di un bipede, o era ancora sull’isola o ne era partito in aereo, nel qual caso non sarebbe stato facile ritrovarne le tracce. Restava però ancora da localizzare l’isola. Robert riceveva spesso lettere dai suoi genitori, ma per tre mesi buoni il Cacciatore non vi trovò nessuna traccia utile, in parte perché gli riusciva ancora difficile decifrare le scritture e in parte perché ignorava la parentela tra Bob e i mittenti delle lettere. Non provava nessuno scrupolo, naturalmente, a leggere la corrispondenza del ragazzo: trovava solo la cosa alquanto difficile. Anche Bob scriveva ai suoi, per quanto irregolarmente, ma non erano le sole persone con le quali manteneva corrispondenza, quindi il fatto non agevolò il Cacciatore fino al giorno in cui arrivò una lettera scritta a macchina dalla quale capì che la maggior parte della corrispondenza arrivava a Robert da certi signori Kinnaird. Conosceva già le regole che determinavano presso i terrestri l’assegnazione dei nomi e dei cognomi perciò, aiutato dal particolare tipo di saluti in fondo alla lettera, capì quale relazione di parentela esistesse tra l’ospite e i suoi corrispondenti. Poi arrivò per deduzione a pensare che Bob aveva certo passato le vacanze con i genitori, e alla fine, dall’indirizzo della prima lettera scritta dal ragazzo ai suoi, seppe il nome dell’isola che gli interessava.

Ma ignorava dove fosse e come arrivarci. Era certo soltanto di una cosa: dovunque fosse, quell’isola si trovava a una distanza enorme dal punto in cui erano adesso, perché il viaggio in aereo era stato lunghissimo. Con ogni probabilità Bob sarebbe tornato a casa per le prossime vacanze, ma questo dava al fuggitivo altri cinque mesi di vantaggio, oltre ai cinque già trascorsi.

Nella biblioteca della scuola c’era una grande carta murale del pianeta, disseminate per tutte le classi ce n’erano altre, e altre ancora, di tutte le dimensioni, in diversi libri di testo. Il persistere in Robert dell’abitudine di dare a tutte quelle carte esclusivamente occhiate distratte minacciò di portare rapidamente alla pazzia il Cacciatore. Nello straniero, la tentazione di costringere i muscoli che comandavano la direzione dello sguardo del suo ospite a fissare a lungo quelle carte divenne sempre più forte.

Riuscì a controllarsi. O per lo meno a controllare le proprie azioni. Al contrario, si rafforzò in lui l’intenzione di chiedere il diretto aiuto dell’ospite. Riflettendo sulla situazione, il Cacciatore si era infatti detto che gli poteva anche capitare di girare tutto il mondo per tutto il tempo della vita del ragazzo senza riuscire a incontrare l’altro o, incontrandolo, di non poter far niente contro di lui. Da come stavano le cose in quel momento, l’altro poteva benissimo presentarsi in pubblico e prendere tranquillamente per il naso il Cacciatore senza correre rischi. Il poliziotto doveva escogitare qualcosa perché questo non avvenisse!

Bisognava che si rivelasse al ragazzo. Al primo momento sarebbe stato un colpo per Bob, ma il Cacciatore riteneva di poter minimizzare gli effetti del trauma.

La macchina da scrivere, per esempio, sarebbe servita benissimo allo scopo. La prima volta che Bob si fosse trovato seduto alla macchina senza saper cosa scrivere, il Cacciatore poteva fare in modo di fargli premere alcuni tasti nel proprio interesse. Le possibilità di successo per quel primo tentativo dipendevano quasi esclusivamente dalla reazione che il ragazzo avrebbe avuto accorgendosi che le sue dita si muovevano indipendentemente dalla propria volontà.

A questo riguardo lo straniero si costrinse a essere ottimista.


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