18 DICEMBRE 1970

ore 15.17


Era ormai dalle cinque di mattina, che pioveva a rovesci. Piove come in un romanzo della Bronte, pensò il dottor Barrett, e quasi sorrise fra sé e sé. Fatto sta, gli pareva proprio d’essere un personaggio di qualche rimodernato romanzo gotico. Quella pioggia incessante, quel freddo, quel viaggio: due ore d’auto, da Manhattan, a bordo di una enorme funerea limousine tappezzata in cuoio nero, di proprietà di Deutsch. Ed eccolo là ora che aspetta in quell’anticamera, da una mezza eternità, mentre uomini e donne dall’aria turbata vanno e vengono dalla stanza da letto di Deutsch, e gli lanciano occhiate distratte.

Tirò fuori l’orologio dal taschino del gilè, ne fece scattare il coperchio. Era già un’ora e più che aspettava. Che cosa avrà voluto, Deutsch, da lui? Certo, qualcosa attinente alla parapsicologia. Il vecchio era proprietario di una catena di giornali e riviste, che spesso pubblicavano articoli su questa materia. Ritorno dall’oltretomba, La ragazza che non voleva morire, roba del genere: sensazionale sempre, di rado, diciamo, attendibile.

Il dottor Barrett accavallò le gambe, con una smorfia che tradì lo sforzo. Era un uomo alto, passata la cinquantina, leggermente pingue, i cui capelli biondi, un po’ sraditi, conservavano il loro colore, mentre la barba recava tracce di grigio. Sedeva eretto su una sedia dallo schienale rigido, tenendo gli occhi fissi sulla porta della camera di Deutsch. Chissà Edith come sarà impaziente a quest’ora, pensò. E gli dispiacque di averla condotta con sé. Ma non poteva mica prevedere che c’era da perdere tutto quel tempo.

La porta della camera da letto si dischiuse, e il segretario di Deutsch, Hanley, apparve sulla soglia. «Dottore» disse.

Barrett afferrò il suo bastone e, alzatosi, attraversò zoppicando l’anticamera. Si fermò di fronte al segretario, più basso di lui, e attese che questi, rigirandosi, annunciasse dalla porta: «Il dottor Barrett, signore». Allora passò oltre ed entrò nella camera, mentre Hanley richiudeva il battente alle sue spalle.

La stanza da letto era immensa, con pannelli scuri alle pareti. Eccomi nel sancta sanctorum del re, pensò Barrett, appressandosi al letto, su cui il vecchio sedeva. Lo guardò: Rolf Rudolph Deutsch aveva ottantasette anni, era calvo, scheletrico, e i suoi occhi scuri scintillavano in fondo al pozzo delle orbite. Barrett sorrise. «Buon pomeriggio» disse, e intanto pensava, affascinato, che quel radere d’uomo imperava su un vasto dominio.

«Lei è zoppo» diceva la voce rasposa di Deutsch. «Questo non me l’avevano detto.»

«Chiedo scusa?» Barrett si era irrigidito.

«Lasciamo stare.» Deutsch tagliò corto. «Non è poi tanto importante. Lei mi è stato raccomandato da gente di cui mi fido. Mi assicurano che lei è fra i primi cinque, nel suo campo.» Il respiro del malato era affannoso. «Il suo onorario sarà di centomila dollari.»

Barrett trasalì.

«Il suo compito sarà quello di appurare dei fatti.»

«Riguardo a che cosa?» domandò Barrett.

Deutsch parve esitare prima di rispondere, quasi la cosa fosse indegna di lui. Alla fine disse: «Alla vita ultraterrena».

«Lei vuole che io?…»

«… che lei mi dica se c’è o meno un aldilà. Fatti.»

A Barrett cascarono le braccia. Quella somma di denaro era molto allettante ma, perbacco, come poteva, in coscienza, accettare un incarico del genere, a quei patti?

«Non voglio frottole» soggiunse Deutsch. «Accetterò la risposta, sì o no, quale che sia. Purché definitiva.»

Barrett ebbe un moto di disperazione. «Ma come potrò convincerla, in un senso o nell’altro?» Non era riuscito a trattenere queste parole.

«Presentandomi dei fatti» Deutsch rispose, irritato.

«E dove li dovrei trovare? Io sono un fisico. Studio parapsicologia da vent’anni, e non m’è ancora capitato…»

Deutsch l’interruppe: «Se esistono dei fatti, lei potrà accertarsene nel solo luogo su questa terra dove, ch’io sappia, la vita ultraterrena non è mai stata confutata. La casa Belasco su nel Maine».

«La Casa d’Inferno

Una luce brillò nelle pupille del vecchio.

«La Casa d’Inferno» disse.


Barrett avvertì una punta di eccitazione. «Mi risulta però che gli eredi di Belasco l’hanno fatta murare dopo quello che accadde…»

«Sono passati trent’anni da allora» l’interruppe nuovamente il vecchio. «Più di trent’anni. Ora avevano bisogno di denaro, hanno venduto, e l’ho comprata io, quella proprietà. Lei può recarsi là lunedì prossimo?»

Barrett esitò. Poi, vedendo che Deutsch si accigliava, fece un cenno di assenso. «Sì.» Non poteva lasciarsi scappare quell’occasione.

«Con lei verranno altre due persone» disse Deutsch.

«Posso chiederle chi?…»

«Florence Tanner e Benjamin Franklin Fischer.»

Barrett cercò di non tradire il suo disappunto. Quei due lì! una medium spiritualista iperemotiva e l’unico superstite del disastro del 1940! Rifletté, se valesse la pena di sollevare obiezioni. Lui aveva già i propri assistenti, dotati di virtù medianiche, e non vedeva proprio come Florence Tanner oppure quel Fischer gli sarebbero stati d’aiuto. Fischer, sì, da ragazzo, aveva dato prove strabilianti; ma, dopo il collasso subito, aveva evidentemente perso i suoi doni naturali: diverse volte era stato colto in fallo, per frodi, finché era scomparso del tutto dalla scena. Distratto da questi pensieri, quasi non ascoltava Deutsch che, frattanto, gli stava dando dei ragguagli: Florence Tanner avrebbe fatto il viaggio in aereo insieme a lui, mentre Fischer li avrebbe raggiunti poi nel Maine.

Il vecchio notò la sua espressione. «Non si preoccupi, sarà lei a comandare,» disse «e se le affianco la Tanner è solo perché i miei consulenti m’assicurano ch’è una medium di prim’ordine…»

«Una medium mentale però» disse Barrett.

«… e io desidero che, oltre al suo, dottore, si segna anche il metodo medianico» seguitò Deutsch, come se l’altro non avesse interloquito. «Quanto a Fischer, la sua presenza è ovvia.»

Barrett annuì. Si rendeva conto che non c’era altro da fare. Tuttavia, una volta avviate le cose, avrebbe fatto lo stesso venire uno dei suoi assistenti. «Quanto alle spese…» cominciò.

Il vecchio l’interruppe con un gesto. «Se la veda con Hanley. I fondi a sua disposizione saranno illimitati.»

«E quanto al tempo?»

«Questo è invece limitato» disse Deutsch. «Io voglio la risposta in capo a una settimana.»

Barrett si mostrò perplesso.

«Prendere o lasciare!» esclamò il vecchio, digrignando i denti, con rabbia nella voce e nel viso. Barrett capì che doveva acconsentire, per non perdere quell’opportunità: ma sì, forse ci sarebbe riuscito a costruire in tempo la sua macchina.

Sicché annuì brevemente. «Una settimana» disse.


ore 15.30


«Occorre altro?» domandò Hanley.

Barrett ricapitolò mentalmente le sue richieste. Un elenco completo di tutti i fenomeni osservati nella casa dei Belasco. Ripristino dell’impianto elettrico. Installazione di apparecchi telefonici. Una piscina e un bagno turco per lui. (A questo punto Barrett aveva ignorato il lieve cipiglio del segretario: per lui, una nuotata e un bagno a vapore ogni giorno erano una necessità.)

«Ancora una cosa» disse. Cercò di dirlo in tono noncurante, ma era troppo eccitato per riuscirci. «Ho bisogno di far costruire una macchina. Ho già pronto lo schema, i disegni, tutto quanto, a casa mia.»

«E per quando le occorre?» chiese Hanley.

«Al più presto possibile.»

«Quant’è grande?»

Dodici anni, Barrett pensò. Ma disse: «Piuttosto grande».

«Ed è tutto?»

«Non c’è altro pel momento, mi pare. Ah, naturalmente non ho accennato ai mezzi di sussistenza.»

«Non si preoccupi, diverse stanze sono state rimesse a nuovo. Quanto ai pasti, provvederanno due persone della vicina Caribou Falls, marito e moglie, che però si sono rifiutati di alloggiare nella casa.»

Barrett disse: «Meglio così. Sarebbero stati d’impiccio e nient’altro».

Si trovavano nella biblioteca. Hanley fece per accompagnare l’ospite verso la porta, ma questa fu spalancata di colpo. Un uomo s’inquadrò sulla soglia e guardò Barrett con aria fosca. Benché avesse quarant’anni di meno e pesasse mezzo quintale di più, la somiglianza di William Reinhardt Deutsch con suo padre balzava all’occhio.

Costui richiuse la porta dietro di sé. «L’avverto, senza tanti preamboli,» disse «che intendo bloccare questa faccenda.»

Barrett lo guardò fisso.

«Proprio così» disse Deutsch il giovane. «È una perdita di tempo, non è vero? Me lo metta per iscritto e io le stacco un assegno da mille dollari seduta stante.»

Barrett s’irrigidì. «Ho paura però…»

«Non c’è niente di sovrannaturale, non è così?» Il collo gli si era fatto tutto rosso.

«Esatto» disse Barrett. E, mentre l’altro già sorrideva con aria di trionfo, soggiunse: «La parola è sovranormale. La natura non può venir trascesa…».

«Che differenza fa?» l’interruppe Deutsch. «Si tratta solo di superstizione.»

«Mi spiace, non sono d’accordo.» Barrett fece per avviarsi. «E adesso, se vuole scusarmi.»

Deutsch lo prese per un braccio. «Badi bene, è meglio che lei lasci perdere questa faccenda. Troverò la maniera di non farle avere un soldo di…»

Barrett si liberò con uno strattone. «Faccia quel che le pare» disse. «Io, per me, procederò fino a nuovo ordine, da suo padre.»

Si chiuse dietro la porta e s’avviò pel corridoio. Per quanto se ne sa, caro signore — tenne mentalmente questo discorsetto a Deutsch il giovane — chiunque definisce superstizione i fenomeni psichici è, semplicemente, uno che non ha capito niente del mondo e di quanto avviene nel mondo. La documentazione è imponente…

Barrett si fermò, si appoggiò al muro. La gamba cominciava a dolergli di nuovo. Per la prima volta, ammise con se stesso che una settimana nella casa dei Belasco avrebbe messo a dura prova il suo fisico.

E se davvero fosse tanto brutta quanto la si dipingeva?


ore 16.37


La Rolls-Royce filava sull’autostrada in direzione di Manhattan.

«Ma è una somma enorme di denaro!» Edith pareva ancora incredula.

«Non per lui» disse Barrett. «Specialmente se consideri che, con questo denaro, lui vuol pagarsi l’assicurazione dell’immortalità.»

«Ma deve saperlo che tu non credi…»

«Certamente lo sa» disse Barrett, interrompendola. Non era disposto ad ammettere che Deutsch non fosse stato informato. «No, non è il tipo da buttarsi in un’impresa senza aver prima assunto tutte le informazioni del caso.»

«Però, centomila dollari!»

Barrett sorrise. «Stento a crederci, anch’io» disse. «Se fossi come mia madre, lo riterrei senz’altro un miracolo di Dio. Le due cose che non sono mai riuscito a ottenere mi vengono offerte in un colpo solo: l’opportunità di dimostrare la mia teoria e la sicurezza finanziaria per la vecchiaia. Sul serio, non potrei chiedere di più.»

Edith gli disse, sorridendo a sua volta: «Sono felice per te, Lionel».

«Grazie, mia cara.» Le carezzò una mano.

«Lunedì pomeriggio, però.» Edith si fece pensierosa. «Non è da dire che hai tanto tempo di fronte a te.»

Barrett disse: «Mi sa tanto che farei bene a imbarcarmi da solo in quest’impresa».

Ella lo fissò.

«Be’, non solo del tutto, s’intende» disse lui. «Ci sono gli altri due.»

«E per mangiare?»

«Ai pasti provvedono loro. Io dovrò pensare soltanto al lavoro.»

«Io ti ho sempre aiutato, però» disse lei.

«Lo so. Ma è che, vedi…»

«Che cosa?»

Egli esitò. «Insomma, credo sia meglio che tu non sia della partita, stavolta.»

«Ma perché, Lionel?» Il disagio della donna aumentava col prolungarsi del silenzio di lui. «Si tratta di me?»

«No, no, naturalmente.» Il sorriso di Barrett aveva qualcosa di penoso, adesso. «Si tratta della casa.»

«Non è una delle solite case infestate dagli spiriti, questa? O cosiddetti spiriti?» ella chiese, rifacendo il verso a una sua espressione.

«Temo di no» ammise lui. «È il non plus ultra delle case infestate, direi. Sono stati compiuti due tentativi per svelarne il mistero, il primo nel 1931 e il secondo nel 1940. Entrambi si risolsero in un disastro. Otto vittime: chi fu ucciso, chi si suicidò, chi divenne pazzo. Un solo superstite, ma non so fino a che punto ne sia uscito indenne: Benjamin Fischer. È lui uno dei due che saranno con me.»

Dopo una pausa riprese, cercando di addolcire un po’ le sue parole: «Non è che io abbia paura di quella casa, in ultima analisi. Ho fiducia nelle mie teorie. È solo che certi particolari di questa investigazione potrebbero rivelarsi…» si strinse nelle spalle «un po’ antipatici».

«Eppure vuoi che ti lasci andar solo.»

«Mia cara…»

«E se ti succede qualcosa?»

«Non mi succederà nulla.»

«Ma mettiamo il caso. Io a Nuova York e tu lassù, nel Maine!»

«Edith, ti ho detto che non accadrà nulla.»

«Allora non vedo perché mi dovresti lasciare a casa.» Tentò di sorridere. «Non sono una paurosa, Lionel.»

«Lo so.»

«E non ti darò nessun impiccio.»

Barrett sospirò.

«Lo so che non ne capisco molto, io, di quello ch’è il tuo lavoro, ma ci sono tante cose in cui posso esserti utile. Per esempio, fare e disfare il bagaglio, montare le attrezzature. Aiutarti negli esperimenti. Battere a macchina. Non hai detto che vuoi finire il manoscritto per Capodanno? E io voglio esserti accanto, quando tu otterrai le prove della tua teoria.»

Barrett annuì. «Mah, fammici pensare.»

«Non ti sarò d’impiccio» lei ripeté. «E ci sono tante cose in cui potrò esserti d’aiuto.»

Egli annui di nuovo, cercando di riflettere. Era chiaro che Edith non voleva esser lasciata in disparte. Questo anzi gli faceva piacere. Tranne che per tre settimane nel 1962, quando lui si era recato a Londra, non erano mai stati separati da quand’erano sposati. Sarebbe stato poi tanto sbagliato, portarsela appresso? Ormai anche lei aveva assistito a tanti di quei fenomeni psichici da averci fatto il callo.

Eppure, quella casa presentava troppe incognite. Non per nulla era stata chiamata la Casa d’Inferno. Il potere in essa racchiuso era bastato a distruggere fisicamente e/o moralmente otto persone, finora: tre di loro scienziati, come lui.

Pur confidando di sapere in che cosa, esattamente, consistesse quel potere arcano, era saggio esporvi sua moglie?

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