Tre Metri sopra il cieloFederico MocciaFederico Moccia - Tre metri sopra il cielo.lit

FEDERICO MOCCIA

TRE METRI SOPRA IL CIELO



I personaggi che appaiono in questo romanzo sono di pura fantasia. Ogni

riferimento a persone e ad avvenimenti reali è puramente casuale.

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Libri in uscita, interviste, reading,

commenti e percorsi di lettura

Aggiornamenti quotidiani

A mio padre, un grande amico,

che mi ha insegnato molto

A mia madre, bellissima,

che mi ha insegnato a ridere.


"Cathia ha il più bel culo d'Europa." Il rosso graffito splen-

de in tutta la sua sfacciataggine su una colonna del ponte di

corso Francia.

Vicino, un'aquila reale, scolpita tanto tempo fa, ha sicura-

mente visto il colpevole, ma non parlerà mai. Poco più sotto,

come un piccolo aquilotto protetto dai rapaci artigli di mar-

mo, c'è seduto lui.

Capelli corti, quasi a spazzola, sfumatura dietro il collo al-

ta come quella di un marine, un giubbotto Levi's scuro.

Il colletto tirato su, una Marlboro in bocca, i Ray-Ban agli

occhi. Ha un'aria da duro, anche se non ne ha bisogno. Un sor-

riso bellissimo, ma sono pochi quelli che hanno avuto la for-

tuna di apprezzarlo.

Alcune macchine in fondo al cavalcavia si sono fermate mi-

nacciose al semaforo. Eccole lì, in riga come in una gara, se

non fosse per la loro diversità. Una Cinquecento, una New Bea-

tle, una Micra, una macchina americana non meglio identifi-

cata, una vecchia Punto.

In una Mercedes 200, un esile dito dalle piccole unghie man-

giucchiate da una lieve spinta a un ed. Dalle casse Pioneer la-

terali la voce di un gruppo rock prende improvvisamente vita.

La macchina riparte seguendo il flusso. Lei vorrebbe sape-

re "Where is thè love...". Ma esiste davvero? Di una cosa è si-

cura, farebbe volentieri a meno di sua sorella che da dietro con-

tinua insistente a ripetere: "Metti Eros, dai, voglio sentire Eros".

La Mercedes passa proprio mentre quella sigaretta, ormai

finita, cade a terra, spinta da una schicchera precisa e aiutata

da un po' di vento. Lui scende dai gradini di marmo, si siste-

ma i suoi 501 e poi sale sull'Honda blu VF 750 Custom. Come

per incanto si ritrova fra le macchine. La sua Adidas destra

cambia le marce, richiama o lascia andare il motore, che, po-

tente, lo spinge come un'onda nel traffico.

Il sole sta salendo, è una bella mattinata. Lei sta andando

a scuola, lui non è ancora andato a dormire dalla notte prima.

Un giorno come un altro. Ma al semaforo si trovano uno ac-

canto all'altra. E allora quello non sarà un giorno come tutti

gli altri.

Rosso.

Lui la guarda. Il finestrino è abbassato. Una ciocca di capelli

biondo cenere scopre a tratti il suo collo morbido. Un profilo

leggero ma deciso, gli occhi azzurri, dolci e sereni, ascoltano so-

gnanti e socchiusi quella canzone. Tanta calma lo colpisce.

"Ehi!"

Lei si volta verso di lui, sorpresa. Lui sorride, fermo vicino

a lei, su quella moto, le spalle larghe, le mani già troppo pre-

sto abbronzate per quella metà di aprile.

"Ti va di venire a fare un giro con me?"

"No, sto andando a scuola."

"E non ci andare, fai finta, no? Ti vengo a prendere lì da-

vanti."

"Scusami." Lei fa un sorriso forzato e falso: "Ho sbagliato

risposta, non mi va di venire a fare un giro con te".

"Guarda che con me ti diverti..."

"Ne dubito."

"Risolverei tutti i tuoi problemi."

"Non ho problemi."

"Questa volta sono io a dubitarne."

Verde.

La Mercedes 200 scatta in avanti lasciando spegnersi il

riso sicuro di lui. Il padre si gira verso di lei: "Ma chi era

quello? Un tuo amico?". "No, papa, solo un cretino..."

Qualche secondo dopo l'Honda affianca di nuovo. Lui at-

tacca la mano al finestrino e con la destra da un filo di gas, tan-

to per non fare troppo sforzo, anche se con quel quaranta di

braccio non avrebbe poi tanti problemi.

L'unico che sembra avere qualche problema è il padre.

"Ma che fa questo incosciente? Perché viene così vicino?"

"Stai tranquillo papa, me ne occupo io..."

Si volta decisa verso di lui.

"Senti, ma non hai proprio niente di meglio da fare?"

"No."

"Be', trovatelo."

"Ho già trovato qualcosa che mi piace."

"E cioè?"

"Andare a fare un giro con te. Dai, ti porto sull'Olimpica,

corriamo forte con la moto, poi ti offro la colazione e ti ripor-

to per l'uscita di scuola. Te lo giuro."

"Credo che i tuoi giuramenti valgano ben poco."

"Vero," sorride, "vedi, già conosci tante cose di me, di' la

verità, già ti piaccio, eh?"

Lei ride e scuote la testa.

"Be', ora basta," e apre un libro che tira fuori dalla sua bor-

sa Nike in pelle, "devo pensare al mio vero e unico problema.

"Cioè?"

"L'interrogazione di latino."

"Credevo fosse il sesso."

Lei si gira scocciata. Questa volta non sorride più, nean-

che per finta.

"Leva la mano dal finestrino."

"E dove vuoi che la metta?"

Lei preme un pulsante. "Non posso dirtelo, c'è mio padre."

Il finestrino elettrico comincia a salire. Lui aspetta fino al-

l'ultimo istante, poi toglie la mano.

"Ci vediamo."

Non fa in tempo a sentire il suo secco "No". Piega legger-

mente verso destra. Imbocca la curva, scala e acquista poten-

za scomparendo veloce tra le macchine. La Mercedes continua

il suo viaggio, ora più tranquillo, verso la scuola.

"Ma lo sai chi è quello?" La testa della sorella spunta im-

provvisamente tra i due sedili. "Lo chiamano 10 e lode."

"Per me è solo un idiota."

Poi apre il libro di latino e comincia a ripassare l'ablativo

assoluto. A un tratto smette di leggere e guarda fuori. È vera-

mente quello il suo unico problema? Certo, non quello che di-

ce quel tipo. E comunque non l'avrebbe rivisto mai più. Ri-

prende a leggere decisa. La macchina svolta a sinistra, verso

la Falconieri.

"Sì, io non ho problemi e non lo rivedrò mai più."

Non sa, in realtà, di quanto si stia sbagliando. Su tutte e

due le cose.

2.

La luna è alta e pallida fra gli ultimi rami di un albero fron-

duto. I rumori stranamente lontani. Da una finestra arrivano

alcune note di una musica lenta e piacevole. Poco più sotto, le

linee bianche del campo da tennis risplendono dritte sotto il

pallore lunare e il fondo della piscina vuota aspetta triste l'e-

state. A un primo piano del comprensorio una ragazza bion-

da, non molto alta, con gli occhi azzurri e la pelle vellutata, si

guarda indecisa allo specchio.

"Ti serve la maglietta nera, elasticizzata della Onyx?"

"Non lo so."

"E i pantaloni blu?" urla più forte Babi dalla sua came-

ra.

"Non lo so."

"E i fuseaux, te li metti?"

Daniela ora è ferma sulla porta, guarda Babi con i casset-

ti del letto aperti e la roba sparsa un po' ovunque.

"Allora prendo questo..."

Daniela avanza fra alcune Superga di vari colori sparse per

terra, tutte trentasette.

"No! Quello non te lo metti perché ci tengo."

"Io me lo prendo lo stesso."

Babi si tira su di scatto con le mani sui fianchi: "Scusa, ma

non me lo sono mai messo...".

"Potevi mettertelo prima. E poi me lo slarghi tutto."

Daniela guarda ironica la sorella.

"Cosa? Stai scherzando? Guarda che sei tu che ti sei mes-

sa la mia gonna blu elasticizzata l'altro giorno e ora per vede-

re le mie belle curve devi essere un indovino."

"Che c'entra? Quella l'ha slargata Chicco Brandelli."

"Cosa? Chicco ci ha provato e tu non mi hai detto nulla?"

"C'è poco da raccontare."

"Non credo, a giudicare dalla mia gonna."

"È solo apparenza. Che ne dici di questa giacca blu con sot-

to la camicia rosa pesca?"

"Non cambiare discorso. Dimmi com'è andata."

"Oh, lo sai come vanno queste cose."

"No."

Babi guarda la sorella più piccola. È vero, non lo sa. An-

cora non può saperlo. È troppo rotonda e non c'è niente di ab-

bastanza bello in lei per convincere qualcuno a slargarle una

gonna.

"Niente. Ti ricordi che l'altro pomeriggio avevo detto a mam-

ma che andavo a studiare da Pallina?"

"Sì, e allora?"

"E allora sono andata al cinema con Chicco Brandelli."

"Be'?"

"Il film non era niente di che, e guardandolo meglio, nean-

che lui."

"Sì, ma arriviamo al punto. Com'è che s'è slargata la gon-

na?"

"Be', il film era iniziato da dieci minuti e lui si agitava con-

tinuamente sulla sedia. Ho pensato: è vero che questo cinema

è proprio scomodo, ma secondo me Chicco ci vuole provare.

E infatti dopo poco, ecco che si sposta un po' laterale e passa

il braccio dietro la mia spalliera. Senti, che ne dici se mi met-

to il completo, quello verde con i bottoncini davanti?"

"Continua!"

"Insomma, dalla spalliera è sceso, piano piano, sulla spal-

la."

"E tu?"

"Io... niente. Fingevo quasi di non essermi accorta di lui.

Guardavo il film, come presissima. E poi mi ha tirata a sé e mi

ha baciata."

"Ti ha baciata Chicco Brandelli? Uau!"

"Perché ti scaldi tanto?"

"Be', è un bel ragazzo."

"Sì, ma ci crede troppo... Sta sempre a controllarsi, a spec-

chiarsi.. . Be', insomma, al secondo tempo ha riconquistato qua-

si subito la sua posizione. Mi ha comprato un cornetto Algida.

Il film era nettamente migliorato, forse anche un po' per me-

rito della parte sopra del cornetto, quella con le noccioline. Era

favolosa. Così mi sono distratta e l'ho ritrovato con le mani un

po' troppo in basso per i miei gusti. Ho tentato di allontanar-

lo e lui niente, si è aggrappato alla tua gonna blu. È lì che si è

slargata."

"Che porco!"

"Già, pensa che non voleva saperne di mollare. E poi sai

che ha fatto?"

"No, che ha fatto?"

"Si è slacciato i pantaloni, mi ha preso la mano e me la

spingeva in basso. Sì, insomma, verso il suo coso..."

"No! Allora è veramente un porco! E poi?"

"Allora io per calmarlo ho dovuto sacrificare il mio cor-

netto. L'ho preso e gliel'ho infilato nei pantaloni aperti. Vedes-

si che salto ha fatto!"

"Brava sorella! Altro che cuore di panna..."

Scoppiano a ridere. Poi Daniela, approfittando dell'allegria

che si è creata, si allontana con il completo verde della sorella.

Poco più in là, nello studio, su un morbido divano a dise-

gni cachemire, Claudio si prepara la pipa. Lo diverte quel gran

da fare con il tabacco, ma in realtà è solo un compromesso.

A casa non gli permettono più di fumare le sue Marlboro. La

moglie, accanita giocatrice di tennis, e le figlie, fin troppo sa-

lutiste, lo riprendono a ogni sigaretta accesa, così è passato

alla pipa. "Ti da più classe, ti fa sembrare più riflessivo!" ave-

va detto Raffaella. E infatti lui c'ha riflettuto bene. Meglio te-

nersi quel pezzo di legno fra le labbra e un pacchetto di Marl-

boro nascosto nella tasca della giacca piuttosto che discutere

con lei.

Da un tiro alla pipa mentre fa una panoramica dei canali

televisivi. Sa già dove fermarsi. Alcune ragazze scendono da

una scala laterale canticchiando una stupida canzoncina e mo-

strando i loro sodissimi seni.

"Claudio, sei pronto?"

Cambia subito canale. "Certo tesoro."

Raffaella lo guarda. Claudio rimane seduto sul divano, per-

dendo un po' della sua sicurezza.

"Tieni, cambiati cravatta, mettiti questa bordeaux."

Raffaella lascia la stanza senza possibilità di discussione.

Claudio si scioglie il nodo della sua cravatta preferita. Poi pre-

me sul telecomando il tasto numero cinque. Ma al posto di

quelle belle ragazze si deve accontentare di una povera casa-

linga che, incorniciata dentro un alfabeto, tenta di diventare

ricca. Claudio si mette al collo la cravatta bordeaux e dedica

al nuovo nodo tutta la sua attenzione.

Nel piccolo bagno che separa le camere delle due sorelle,

Daniela sta esagerando con l'eye liner.

Babi compare vicino a lei.

"Che te ne sembra?"

Indossa un vestito a fiori, rosato e leggero. La stringe deli-

catamente in vita, lasciando il resto libero di scendere, come

meglio crede, sui suoi fianchi morbidi.

"Allora, come sto?"

"Bene."

"Ma non benissimo?"

"Molto bene."

"Sì, ma perché non dici benissimo?"

Daniela continua a cercare di fare dritta la linea che do-

vrebbe allungarle un po' gli occhi.

"Be', a me non piace il colore."

"Sì, ma a parte il colore..."

"Non mi piacciono molto le spalline così grosse."

"Sì, ma a parte le spalline..."

"Be', tu lo sai, a me non piacciono i fiori."

"No, ma tu non li considerare."

"Allora sì, stai benissimo."

Babi, per niente soddisfatta e senza sapere neanche lei co-

sa avrebbe voluto sentirsi dire, prende la boccetta di Caronne

comprata con i suoi a un duty-free di ritorno dalle Maldive.

Uscendo urta Daniela.

"Ehi, stai attenta!"

"Stai attenta tu! Ci metto molto meno io a farti un occhio

nero. Guarda come ti stai truccando!"

"Lo faccio per Andrea."

"Andrea chi?"

"Palombi. L'ho conosciuto fuori dalla Falconieri. Stava par-

lando con Mara e Francesca, quelle del quarto. Quando se ne

sono andate, gli ho detto che anch'io stavo in classe loro. Truc-

cata così, quanti anni mi daresti?"

"Be', sì, sembri più grande. Almeno quindici."

"Ma io ho quindici anni!"

"Sfuma un po' qui..." Babi si mette l'indice in bocca ba-

gnandoselo, e poi lo porta sulle palpebre della sorella massag-

giandole.

"Ecco fatto!"

"E ora?"

Babi guarda la sorella alzando il sopracciglio.

"Stai per farne sedici."

"Ancora troppo poco."

"Ragazze, siete pronte?"

Raffaella, sulla porta di casa, inserisce l'allarme. Claudio

e Daniela passano veloci davanti a lei, per ultima arriva Babi.

Entrano tutti nell'ascensore. La serata sta per iniziare. Clau-

dio si sistema meglio il nodo della cravatta. Raffaella si pas-

sa veloce più volte la mano destra sotto i capelli. Babi si si-

stema la giacca scura dalle ampie spalle. Daniela si guarda

semplicemente allo specchio, già sapendo di incontrare lo

sguardo della madre.

"Non sarai troppo truccata, tu?"

Daniela prova a rispondere.

"Lascia perdere, siamo in ritardo come al solito." E questa

volta Raffaella incrocia allo specchio lo sguardo di Claudio.

"Ma io stavo aspettando voi, ero pronto dalle otto!"

Passano in silenzio attraverso gli ultimi piani. Nell'ascen-

sore entra l'odore dello stufato della moglie del portiere. Quel

sapore di Sicilia si mischia per un attimo con quella strana

compagnia francese di Caronne, Drakkar e Opium. Claudio

sorride. "È la signora Terranova. Fa uno spezzatino favoloso."

"Ci mette troppa cipolla" è il giudizio sicuro di Raffaella,

che da un po' di tempo ha optato per la cucina francese, con

la sincera preoccupazione di tutti e la disperazione della ca-

meriera sarda.

La Mercedes si ferma davanti al portone.

Raffaella, con un rumore dorato di gioie, segno di ricor-

renze e Natali più o meno felici, quasi sempre molto costosi,

sale davanti, le due figlie dietro.

"Si può sapere perché non accostate di più la Vespa al

muro?"

"Ancora più incollata al muro? Papa, ma sei negato..."

"Daniela, non ti permettere di parlare così a tuo padre."

"Senti mamma, domani possiamo andare in Vespa a

scuola?"

"No, Babi, fa ancora troppo freddo."

"Ma abbiamo il parabrezza."

"Daniela..."

"Ma mamma, tutte le nostre amiche..."

"Le devo ancora vedere tutte queste vostre amiche con la

Vespa."

"Se è per questo, a Daniela le hanno fatto il Peugeot nuo-

vo che tra l'altro, visto che ti preoccupi tanto, corre anche di

più."

Fiore, il portiere, alza la sbarra. La Mercedes aspetta, co-

me ogni sera, il lento salire di quel lungo ferro a strisce rosse.

Claudio accenna a un saluto. Raffaella si preoccupa solo di

chiudere la discussione.

"Se la prossima settimana farà più caldo, vedremo."

La Mercedes parte con un briciolo di speranza in più tra i

sedili posteriori, e un graffio sullo specchietto laterale destro.

Il portiere riprende a guardare la sua piccola tivù.

"Allora, non mi hai detto come sto vestita così."

Daniela guarda la sorella. Ha le spalline un po' troppo lar-

ghe e per i suoi gusti è un po' troppo seriosa.

"Benissimo." Ha capito perfettamente come prenderla.

"Non è vero, ho le spalline troppo larghe e sono troppo per-

fettina, come dici tu. Sei una bugiarda, e sai che ti dico? Per

questo sarai punita. Andrea neanche ti guarderà in faccia. An-

zi, lo farà, ma con tutto quell'eye liner non ti riconoscerà e se

ne andrà con Giulia."

Daniela prova a rispondere, soprattutto riguardo a Giu-

lia, la sua peggiore amica. Ma Raffaella mette la questione a

tacere.

"Ragazze, smettetela, sennò vi riporto a casa."

"Giro?" Claudio sorride alla moglie, facendo finta di muo-

vere il volante. Ma gli basta uno sguardo per capire che non è

aria.

3.

Agile e veloce, scuro come la notte. Luce e riflessi vanno e

vengono nei piccoli specchietti della sua moto. Arriva alla piaz-

za, rallenta appena per vedere che da destra non arrivi nessu-

no, poi imbocca via di Vigna Stelluti a tutta velocità.

"Ho una voglia di vederlo, sono due giorni che non ci sen-

tiamo."

Una bella ragazza mora, dagli occhi verdi e un bel sedere

imprigionato in crudeli Miss Sixty, sorride all'amica, una bion-

dina alta come lei ma un po' più tonda.

"A Madda', sai com'è fatto, anche se c'è stato mica vuoi di'

che ora avete una storia."

Sedute sui loro motorini, fumano sigarette troppo forti,

cercando di darsi un tono e qualche anno in più.

"Che c'entra, i suoi amici mi hanno detto che lui non chia-

ma mai di solito."

"Perché, a te ti ha chiamata?"

"Sì!"

"Be', magari ha sbagliato numero."

"Due volte?"

Sorride, felice di aver messo a tacere l'amica dalla battuta

facile, che comunque non si perde d'animo.

"Degli amici non ti puoi mai fidare. Hai visto che facce?"

Vicino a loro, con le moto potenti come i loro muscoli, Pol-

lo, Lucone, Hook, il Siciliano, Bunny, Schello e tanti altri an-

cora. Nomi improbabili dalle storie difficili. Non hanno un la-

voro fisso. Alcuni neanche troppi soldi in tasca, ma si diverto-

no e sono amici. Questo basta. In più amano litigare, e quello

non manca mai. Fermi lì, a piazza Jacini, seduti sulle loro Har-

ley, su vecchie 350 Four dalle quattro marmitte originali, o con

la classica quattro in uno, dal rumore più potente. Sognate, so-

spirate e infine ottenute, grazie a estenuanti preghiere, dai lo-

ro genitori. Oppure con il sacrificio delle tasche sfortunate di

un giovane farlocco che ha lasciato il portafoglio nel cassetti-

nò di qualche Scarabeo o nella tasca interna di un Henri Lloyd

fin troppo facile da ripulire durante la ricreazione.

Statuali e sorridenti, la battuta facile, le mani tozze con

qualche segno, ricordo di una rissa. John Milius sarebbe an-

dato pazzo per loro.

Le ragazze, più silenziose, sorridono, quasi tutte scappa-

te da casa, inventando un dormire tranquillo da un'amica,

che invece siede lì vicino a loro, figlia della stessa bugia.

Gloria, una ragazza con i fuseaux blu e la maglietta dello

stesso colore con piccoli cuoricini celesti, mostra uno splen-

dido sorriso.

"Ieri mi sono divertita un mondo con Dario. Abbiamo fe-

steggiato sei mesi che stiamo insieme."

Sei mesi, pensa Maddalena. A me ne basterebbe uno solo...

Madda sospira, poi riprende a sognare nelle parole dell'a-

mica.

"Siamo stati a mangiare una pizza da Baffetto."

"Ma dai, ci sono andata pure io."

"A che ora?"

"Mah... saranno state le undici."

Odia quell'amica che interrompe il racconto. C'è sempre

qualcuno o qualcosa che disturba i tuoi sogni.

"Ah, no, eravamo già andati via."

"Insomma, volete stare a sentire?"

Un unico "sì" esce da quelle bocche dagli strani sapori di

lucidalabbra alla frutta o rossetti rubati a commessi distratti,

a bagni materni più ricchi di tante piccole profumerie.

"A un certo punto arriva il cameriere e mi porta un maz-

zo di rose rosse enorme. Dario sorride, mentre tutte le ra-

gazze lì in pizzeria mi guardano commosse e anche un po'

invidiose."

Quasi si pente di quella frase, accorgendosi di rivedere in-

torno a lei quegli stessi sguardi.

"Mica per Dario... Per le rose!"

Una sciocca risata le unisce di nuovo tutte.

"Poi mi ha dato un bacio sulle labbra, mi ha preso la ma-

no e mi ha infilato questo."

Mostra alle amiche un sottile anello con una piccola pie-

tra celeste, dai riflessi allegri quasi come quelli dei suoi occhi

innamorati. Versi di stupore e un "Bellissimo!" accolgono quel

semplice anello.

"Poi siamo andati a casa mia e siamo stati insieme. I miei

non c'erano, è stato favoloso. Ha messo il cd di Cremonini, mi

fa impazzire. Poi ci siamo stesi in terrazzo sotto il piumone a

guardare le stelle."

"Ce n'erano tante?" Maddalena è senz'altro la più roman-

tica del gruppo.

"Tantissime!"

Poco più in là, una diversa versione.

"Hei, ma ieri sera eri sempre staccato..."

Hook. Una benda sull'occhio, fissa. I capelli boccoluti e lun-

ghi, leggermente sbionditi in punta, gli danno un'aria da an-

gioletto, se non fosse per la sua fama, roba da inferno.

"Allora, si può sapere cosa hai fatto ieri sera?"

"Ma niente. Sono andato a mangiare da Baffetto con Glo-

ria e poi, siccome non c'erano i suoi, siamo andati a casa sua

e abbiamo fatto roba. Al solito, niente di speciale... Piuttosto

avete visto come hanno rifatto il Panda?"

Bario cerca di cambiare discorso. Ma Hook non molla.

"Ogni tre, quattro anni li rifanno tutti i locali... Piuttosto,

come mai non ci avete chiamato?"

"Siamo usciti senza pensarci, così, all'improvviso."

"Che strano, tu non fai quasi mai nulla così all'improvviso."

Il tono non promette niente di buono. Gli altri se ne ac-

corgono. Pollo e Lucone smettono di giocare a calcio con una

lattina acciaccata. Si avvicinano sorridenti. Schello da un tiro

più lungo alla sigaretta, e fa il suo solito ghigno.

"Sapete ragazzi, ieri Gloria e Bario facevano sei mesi e lui

ha voluto festeggiare da solo."

"Non è vero."

"Come no? Ti hanno visto a mangiare la pizzetta. Ma è ve-

ro che vuoi metterti in proprio?"

"Sì, dicono che vuoi fare il fioraio."

"Uau!" Tutti cominciano a dargli pacche e botte sulla schie-

na, mentre Hook lo prende con il braccio intorno al collo e con

il pugno chiuso gli friziona forte la testa.

"Tenerone lui..."

"Ahia! Lasciatemi..."

E tutti gli altri addosso, ridendo come matti, soffocandolo

quasi con i loro muscoli anabolizzati. Poi Bunny, mostrando i

due grossi denti davanti che gli hanno regalato quel sopran-

nome, grida senza smentirsi: "Prendiamo Gloria".

Le Ali Star celesti, con la piccola stella rossa che centra il

rotondo di gomma sulla caviglia, scendono dalla Vespa e toc-

cano agilmente terra. Gloria fa solo due passi di corsa, ma vie-

ne subito sollevata dalla presa del Siciliano. I capelli biondi di

lei fanno uno strano contrasto con l'occhio scuro del Sicilia-

no, con il suo sopracciglio cucito malamente, con quel naso

schiacciato e morbido, privato del fragile osso da un bel di*

retto, qualche mese prima, nella cantina della Fiermonti.

"Lasciami, dai, smettila."

Subito Schello, Pollo e Bunny gli sono intorno e fingono

di aiutarlo a lanciare in aria quei cinquantacinque chili ben di-

stribuiti, stando attenti a mettere le mani nei posti giusti.

"Smettetela, dai."

Anche le altre ragazze si avvicinano al gruppo.

"Lasciatela stare."

"Hanno fatto gli infamoni, invece di festeggiare con noi?

Be', li festeggiamo adesso, a modo nostro."

Lanciano Gloria di nuovo in alto, ridendo e scherzando.

Dario, anche se è un po' più piccolo degli altri e regala ro-

se, si fa largo a spintoni. Prende per mano Gloria proprio men-

tre ridiscende, portandosela dietro le spalle.

"Adesso basta, piantatela."

"Perché sennò?"

Il Siciliano sorride e si piazza davanti a lui allargando le

gambe. I jeans leggermente più chiari sui grossi quadricipiti si

tendono. Gloria, appoggiata alla spalla di Dario, spunta per

metà. Fino a quel momento ha trattenuto le lacrime, ora trat-

tiene anche il fiato.

"Sennò che fai?"

Dario guarda il Siciliano negli occhi.

"Levati, che cazzo vuoi, stai sempre a fare il coglione."

Dalle labbra del Siciliano scompare il sorriso.

"Che hai detto?"

La rabbia gli fa muovere i pettorali. Dario stringe i pugni.

Un dito nascosto fra gli altri scrocchia con un rumore sordo.

Gloria socchiude gli occhi, Schello rimane con la sigaretta pen-

zolante nella bocca aperta. Silenzio. Improvvisamente un rug-

gito rompe l'aria. La moto di Step arriva rumorosa. Piega in

fondo alla curva e si tira su veloce, frenando poco dopo in mez-

zo al gruppo.

"Be', che si fa di bello?"

Gloria finalmente sospira. Il Siciliano guarda Dario.

Un leggero sorriso sposta ad altro tempo la questione.

"Niente, Step, si chiacchiera troppo e non si fa mai un po'

di movimento."

"Hai voglia di sgranchirti un po'?"

II cavalletto scatta come un coltello a serramanico e si pian-

ta in terra. Step salta giù e si sfila il giubbotto.

"Si accettano concorrenti."

Passa vicino a Schello e, abbracciandolo, gli toglie di ma-

no la Heineken che ha appena aperto.

"Ciao, Sche'."

"Ciao."

Schello sorride, felice di essere suo amico, un po' meno di

non avere più la birra.

Quando il viso di Step torna giù da un lungo sorso, i suoi

occhi incontrano Maddalena.

"Ciao."

Le morbide labbra di lei, leggermente rosate e pallide, si

muovono appena, pronunciando quel saluto a bassa voce. I

piccoli denti bianchi, tutti pari, si illuminano, mentre gli oc-

chi verdi, bellissimi, cercano di trasmettere tutto il suo amo-

re, inutilmente. È troppo. Step le si avvicina, guardandola

negli occhi. Maddalena lo fissa, incapace di abbassare lo

sguardo, di muoversi, di fare qualunque cosa, di fermare quel

piccolo cuore, che, come impazzito, suona un "a solo" alla

Clapton.

"Tienimi questo."

Si sfila il Daytona con il cinturino d'acciaio e lo lascia nel-

le sue mani. Maddalena lo guarda allontanarsi, poi stringe l'o-

rologio portandoselo vicino all'orecchio. Sente quel leggero

ronzio, lo stesso che ha ascoltato qualche giorno prima sotto

il suo cuscino, mentre lui dormiva e lei ha vissuto, passando

minuti in silenzio, a fissarlo. Allora però, il tempo era sembrato

fermarsi.

Step si arrampica agilmente sulla tettoia sopra Lazzareschi

passando sul cancello del cinema Odeon.

"Allora, chi viene? Che, vi ci vogliono gli inviti scritti?"

Il Siciliano, Lucone e Pollo non si fanno pregare. Uno do-

po l'altro, come scimmie con al posto del pelo giubbotti Avi-

rex, scalano con facilità il cancello. Arrivano tutti sulla tettoia,

per ultimo Schello, già piegato in due per riprendere fiato.

"Oh, io sono già distrutto, faccio l'arbitro" e da un sorso al-

la Heineken che è miracolosamente riuscito a non rovesciare

nella faticosa salita, per gli altri un gioco da ragazzi, per lui

un'impresa alla Messner.

Le sagome si stagliano nella penembra della notte.

"Pronti?" Schello urla alzando la mano veloce. Uno schiz-

zo di birra raggiunge lì sotto Valentina, una bella brunetta con

la coda alta, che si è messa da poco con Gianlu, un tipo basso

figlio di un ricco cravattaio.

"Cazzo!" le esce, creando un buffo controsenso con il suo

viso elegante. "Stai attento,no?"

Le altre ridono, asciugandosi gli spruzzi che le hanno rag-

giunte.

Quasi tutti insieme, una decina di corpi muscolosi e alle-

nati si preparano sulla tettoia. Le mani avanti e parallele, le

facce tese, i petti gonfi.

"Via! Uno!" urla Schello, e tutte le braccia si piegano, sen-

za fatica. Silenziosi e ancora freschi, raggiungono il freddo

marmo, non fanno in tempo a tornare su. "Due!" Giù di nuo-

vo, più veloci e decisi. "Tre!"

Ancora, come prima, più forte di prima. "Quattro!" Le lo-

ro facce, smorfie quasi surreali, i loro nasi, con delle piccole

grinze, vanno giù contemporaneamente. Scendono veloci, con

facilità, raggiungono quasi terra e poi di nuovo su. "Cinque!"

urla Schello dando un ultimo sorso alla lattina e lanciandola

in aria. "Sei!" Con una sforbiciata precisa la colpisce. "Sette!"

La lattina vola in alto. Poi, come lenta palomba, prende in pie-

no la Vespa di Valentina.

"Cazzo, ma allora sei proprio stronzo, io me ne vado." Le

amiche scoppiano a ridere.

Gianluca, il suo ragazzo, smette di fare le flessioni e salta

giù dalla tettoia.

"No, dai Vale, non fare così."

La prende fra le braccia e cerca di fermarla, riuscendoci

con un bacio morbido che interrompe le sue parole.

"Va bene, però digli qualcosa a quello."

"Otto!" Schello balla sulla tettoia muovendo allegro le mani.

"Ragazzi, già uno, con la scusa che la donna s'è incazzata,

ha mollato. Ma la gara continua."

"Nove!" Tutti ridono e, leggermente più accaldati, scendo-

no. Gianluca guarda Valentina.

"Che vuoi dirgli a uno così?" Le prende la faccia fra le ma-

ni. "Tesoruccio, perdonalo, non sa quello che fa." Mostrando

una discreta conoscenza religiosa ma una pessima pratica, vi-

sto che appoggiato alla Vespa di Valentina comincia a pacca-

re con lei, davanti alle altre ragazze.

La voce grossa del Siciliano con quell'accento particolare

del suo paese che gli ha dato, oltre alla pelle olivastra, anche il

soprannome, echeggia nella piazza.

"A Sche', aumenta un po', mi sto addormentando."

"Dieci!"

Step scende facilmente. La corta maglietta azzurra gli sco-

pre le braccia. I muscoli sono gonfi. Nelle vene il cuore pulsa

potente, ma ancora lento e tranquillo. Non come allora. Quel

giorno il suo giovane cuore aveva cominciato a battere veloce,

come impazzito.

4.

Due anni prima. Zona Fleming.

Un pomeriggio qualsiasi, se non per la sua Vespa nuova di

zecca, in rodaggio, non ancora truccata. Step la sta provando,

passa davanti al Caffè Fleming quando si sente chiamare:

"Stefano, ciao!".

Annalisa, una bella biondina che ha conosciuto al Piper, gli

viene incontro. Stefano si ferma.

"Che fai da queste parti?"

"Niente, sono andato a studiare da un mio amico e ora sto

tornando a casa."

È un attimo. Qualcuno alle sue spalle gli sfila il cappello.

"Ti do dieci secondi per andartene di qui."

Un certo Poppy, un tipo grosso più grande di lui, gli sta da-

vanti. Ha il suo cappello fra le mani. È di moda quel cappello.

A Villa Flaminia ce l'hanno tutti. Colorato, fatto a mano, dai

ferri di qualche ragazza. Quello lì gliel'ha regalato sua madre,

prendendo il posto di quella ragazza che ancora non ha.

"Hai sentito? Vattene."

Annalisa si guarda intorno e, capendo, si allontana. Stefa-

no scende dalla Vespa. Il gruppo di amici gli si avvicina. Si pas-

sano il cappello ridendo, fino a quando finisce in mano a Poppy.

"Ridammelo!"

"Avete sentito? È un duro. Ridammelo!" lo imita facendo

ridere tutti. "Sennò che fai eh? Mi dai una stecca? Dai, dam-

mela eh? Su dai."

Poppy si avvicina con le mani basse, portando la testa al-

l'indietro. Con la mano senza cappello gli indica il suo mento.

"Dai, colpiscimi qui."

Stefano lo guarda. Per la rabbia non vede più niente. Fa

per colpirlo, ma appena muove il braccio viene bloccato da die-

tro. Poppy passa al volo il cappello a uno lì vicino e gli sferra

un pugno sull'occhio destro aprendogli il sopracciglio. Poi quel

bastardo che lo ha bloccato da dietro lo spinge avanti, verso la

saracinesca del Caffè Fleming che, visto l'andazzo, ha chiuso

prima del previsto. Stefano sbatte con il petto contro la ser-

randa, facendo un gran botto. Gli arriva subito una scarica di

pugni sulla schiena, poi qualcuno lo gira. Si ritrova intontito

contro la serranda. Prova a coprirsi, ma non ci riesce. Poppy

gli mette le mani dietro al collo e reggendosi ai tubi di ferro

della saracinesca lo tiene fermo. Comincia a dargli delle ca-

pocciate. Stefano cerca di ripararsi come può, ma quelle ma-

ni lo bloccano, non riesce a levarselo di dosso. Sente il sangue

scendere dal naso e una voce femminile che grida:

"Basta, basta, smettetela, così l'ammazzate!".

Dev'essere Annalisa, pensa. Stefano prova a scalciare, ma

le gambe non riescono a muoversi. Sente solo il rumore dei

colpi. Non fanno quasi più male. Poi arrivano degli adulti, al-

cuni passanti, la proprietaria del bar. "Via, andate via." Allon-

tanano quei ragazzi strattonandoli, tirandoli per le magliette,

per i giubbotti, levandoglieli di dosso. Stefano si accascia len-

tamente, poggia la schiena contro la serranda, finisce seduto

sul gradino. La sua Vespa è lì davanti, a terra come lui. Forse

il cofanetto laterale si è ammaccato. Peccato! Ci stava sempre

attento, quando usciva dal portone.

"Stai male, ragazzo?" Una bella signora si avvicina al suo

viso. Stefano fa segno di no con la testa. Il cappello di sua ma-

dre è lì per terra. Annalisa è andata via con gli altri. Mamma,

però il tuo cappelletto ce l'ho ancora.

"Tieni, bevi." Qualcuno arriva con un bicchiere d'acqua,

"Mandalo giù lentamente. Che disgraziati, gentaccia di strada,

ma io lo so chi è stato, sono sempre gli stessi. Quei perditem-

po che stanno ogni giorno qui al bar."

Stefano beve l'ultimo sorso, ringrazia sorridendo un signore

lì vicino che si riprende il bicchiere vuoto. Sconosciuti. Prova

ad alzarsi, ma le gambe per un attimo sembrano cedergli. Qual-

cuno se ne accorge e si butta subito in avanti per sorreggerlo.

"Ragazzo, sei sicuro di sentirti bene?"

"Sto bene, grazie. Veramente."

Stefano si batte sui calzoni. Della polvere vola via dalle gam-

be. Si asciuga il naso con il maglione ormai sbrindellato e fa

un lungo respiro. Si rimette il cappello e accende la Vespa.

Un fumo bianco e denso esce con grande rumore dalla mar-

mitta. È ingolfata. Lo sportelletto laterale destro vibra più del

solito. È ammaccato. Poi mette la prima e mentre gli ultimi si-

gnori si allontanano lascia lentamente la frizione. Senza vol-

tarsi va giù per la discesa.

Ricordi.

Poco più tardi, a casa. Stefano apre piano la porta e prova

a raggiungere la sua camera senza farsi sentire, passando per

il salotto. Ma il parquet è traditore: scricchiola.

"Sei tu, Stefano?"

La sagoma di sua madre compare sulla porta dello studio.

"Sì mamma, vado a letto."

La madre avanza un poco. "Sei sicuro di sentirti bene?"

"Ma sì mamma, sto benissimo."

Stefano cerca di raggiungere il corridoio, ma la madre è

più veloce di lui. L'interruttore del salotto scatta, illuminan-

dolo. Stefano si ferma, come immortalato da una fotografia.

"Dio mio! Giorgio, presto, vieni qui!" Il padre accorre, men-

tre la mano della madre si avvicina timorosa all'occhio di Ste-

fano.

"Che ti è successo?"

"Ma niente, sono caduto dalla Vespa."

Stefano si ritrae. "Ahi, mamma, mi fai male."

Il padre guarda le altre ferite sulle braccia, i vestiti strap-

pati, il cappello sporco.

"Di' la verità, ti hanno picchiato?"

Suo padre è sempre stato un tipo attento ai particolari. Ste-

fano racconta più o meno come si sono svolti i fatti e natural-

mente la madre, senza capire che a sedici anni ci possono es-

sere già delle regole: "Ma perché non gli hai dato il cappello?

Te ne avrei fatto un altro...".

Mentre il padre abbandona i particolari per passare a qual-

cosa di più grosso: "Stefano, di' la verità, la politica non c'en-

tra, vero?".

È stato chiamato il medico di famiglia, il quale gli ha dato

la classica aspirina e lo ha mandato a dormire. Prima di ad-

dormentarsi, Stefano decide: nessuno gli metterà mai più le

mani addosso. Mai più senza uscirne malconcio.

Al bancone della segreteria c'è una donna con i capelli di

un rosso carico, il naso un po' lungo e gli occhi sporgenti. Non

è certo una bellezza.

"Ciao, ti devi iscrivere?"

"Sì."

"Be', sì, ti può far comodo" dice accennando al suo occhio

ancora un po' pesto e prende una scheda da sotto il tavolo. Non

è neanche simpatica.

"Nome?"

"Stefano Mancini."

"Età?"

"Diciassette, a luglio, il 21."

"Via?"

"Francesco Benziacci, 39." Poi aggiunge: "3.2.9.27.14", pre-

cedendo così la domanda successiva. La donna alza il viso.

"Il telefono, no? Solo per la scheda..."

"Non certo per andare a giocare a videopoker."

Gli occhi sporgenti lo fissano per un attimo, poi finiscono

di compilare la scheda.

"Sono centoquarantacinque euro, cento per l'iscrizione e

quarantacinque ogni mese."

Stefano mette i soldi sul bancone.

La donna li infila in una sacchetta con la zip che richiude

nel primo cassetto, poi, dopo aver poggiato un timbro su una

spugnetta imbevuta di inchiostro, da un colpo deciso alla tes-

sera. Budokan.

"Si paga all'inizio di ogni mese. Lo spogliatoio è al piano

di sotto. Chiudiamo la sera alle nove."

Stefano si rimette il portafoglio in tasca, con la nuova tes-

sera nello scomparto laterale e centoquarantacinque euro in

meno.

"Tocca, tocca qua, è ferro. Ma che dico, acciaio!" Lucone,

un tipo tozzo e basso dalla faccia simpatica, mostra un bicipi-

te grosso ma poco definito.

"Ancora parli? Roba che se ti buco con uno spillo ti faccio

sparire."

Pollo si batte sulla spalla, facendo rumore. "Questa è roba

vera: sudore, fatica, bistecche, quella che hai addosso tu è tut-

ta acqua."

"Ma se sei un bambino, sei minuscolo."

"Intanto di panca ho appena staccato con centoventi! Quan-

do cazzo li fai tu?"

"Subito. Ma che, stai scherzando? Ne faccio due come nien-

te, stai a guardare, eh?"

Lucone si infila sotto il bilanciere. Allarga le braccia, im-

pugna la lunga asta e la tira su, deciso. Scende lentamente e,

guardando il bilanciere a pochi centimetri dal mento, da una

grande spinta, sforzando i pettorali. "Uno!" Poi, sempre con-

trollandolo, scende con il bilanciere, lo poggia sul petto e spin-

ge di nuovo su. "Due! E se voglio lo posso fare anche con più

peso."

Pollo non se lo fa ripetere due volte: "Davvero? Allora pro-

va con questa".

Prima che Lucone possa posare il bilanciere sui cavalietti,

infila una piccola pizza laterale da due chili e mezzo. Il bilan-

ciere comincia a piegarsi verso destra. "Ehi, che cazzo fai? Sei

scemo...?"

Lucone cerca di trattenerlo, ma piano piano il bilanciere

comincia a scendere. I muscoli lo abbandonano. Il bilanciere

di botto gli cade sul petto, pesantemente.

"Cazzo, levamelo di dosso, sto soffocando."

Pollo ride come un pazzo: "Che ci vuole, posso farlo anche

con due pizze in più. Allora? Te n'ho messa una sola e già stai

così? Stai proprio a pezzi, eh? Spingi, dai, spingi..." gli urla

quasi in faccia... "E spingi!" E giù risate.

"Me lo vuoi togliere di dosso, dai!" Lucone è diventato com-

pletamente paonazzo, un po' per la rabbia, un po' perché sta

davvero soffocando.

Due ragazzi più piccoli, alle prese con una macchina lì vi-

cino, si guardano, indecisi sul da farsi. Vedendo che Lucone

comincia a tossire e che facendo sforzi bestiali non riesce a le-

varsi quel bilanciere di dosso, decidono di aiutarlo.

Pollo è disteso per terra, a pancia sotto. Ride come un paz-

zo, battendo le mani sul legno del pavimento. A un tratto si gi-

ra di nuovo verso Lucone, con le lacrime agli occhi, ma lo vede

lì, in piedi davanti a lui. I due ragazzi lo hanno liberato.

"Oh! Come cazzo hai fatto?"

Pollo si da subito alla fuga, ancora ridendo e inciampando

su un bilanciere. Lucone, tossendo, lo insegue.

"Fermo, ti sfondo, ti ammazzo. Ti do una pizza in testa e

ti faccio diventare ancora più nano di quello che sei."

Si inseguono furiosamente per tutta la palestra. Girando

intorno alle macchine, fermandosi dietro colonne, ripartendo

improvvisamente. Pollo, nel tentativo di fermare l'amico, gli ti-

ra addosso alcuni manubri. Delle pizze di gomma rimbalzano

pesantemente a terra, schivate da Lucone che non si ferma di

fronte a nulla. Pollo imbocca la scala che porta allo spoglia-

toio femminile. Passando di corsa urta una ragazza che fini-

sce contro la porta, aprendola. Tutte le altre, nude, che si stan-

no cambiando per la lezione di aerobica, iniziano a gridare co-

me pazze. Lucone si ferma sugli ultimi scalini, estasiato di fron-

te a quel panorama di morbide colline, umane e rosate. Subi-

to Pollo torna indietro.

"Cazzo, non ci credo, questo è il paradiso..."

"Andate all'inferno!"

Una ragazza leggermente più coperta delle altre corre ver-

so la porta sbattendogliela in faccia. I due amici rimangono

per un attimo in silenzio.

"Hai visto quella in fondo a destra, che tette che aveva?"

"Perché la prima a sinistra... Il culo di quella lo butti via?"

Pollo prende l'amico sottobraccio, scuotendo la testa. "Ro-

ba da non crederci, eh? No che non lo butto via... Mica sono

frocio come te!"

Così, dopo quella breve pausa erotica, riprendono a rin-

corrersi.

Stefano apre il foglio della sua scheda, gliel'ha data Fran-

co, l'istruttore della palestra.

"Comincia con quattro serie di aperture, su quella panca.

Prendi dei pesi da cinque chili, ti devi allargare e aprire un po'

ragazzo. Più metti delle basi grosse e più ci potrai costruire so-

pra." Stefano non se lo fa ripetere.

Si distende sulla panca arcuata e comincia. Le spalle gli

fanno male, quei pesi sembrano enormi; fa degli esercizi late-

rali, scende fino a toccare terra, e di nuovo su. Poi dietro la te-

sta. Di nuovo. Quattro serie da dieci, ogni giorno, ogni setti-

mana. Dopo le prime settimane, già sta meglio, le spalle non

gli fanno più male, le braccia si sono leggermente ingrossate.

Comincia a crescergli il petto, anche le gambe si sono rinfor-

zate. Cambia alimentazione. La mattina un frullato con pro-

teine in polvere, un uovo, latte, fegato di merluzzo. A pranzo

poca pasta, una bistecca al sangue, lievito di birra e germe di

grano. La sera in palestra. Sempre. Alternando gli esercizi, la-

vorando un giorno alla parte di sopra e un altro a quella di sot-

to. I muscoli sembrano impazziti. Riposano, da buoni cristia-

ni, solo la domenica. Il lunedì si riprende. Qualche chilo in

più, settimana dopo settimana, passo dopo passo, per questo

è stato soprannominato Step. È diventato amico di Pollo e Lu-

cone e di tutti gli altri della palestra.

Un giorno, sono passati due mesi, entra il Siciliano.

"Be', chi se le fa un po' di flessioni con me?"

Il Siciliano è uno dei primi soci del Budokan. È grosso e

potente, nessuno vuole gareggiare con lui.

"Cazzo, mica vi ho invitati a fare una rapina, ho detto so-

lo facciamo un po' di flessioni."

Pollo e Lucone hanno continuato ad allenarsi in silenzio.

Con il Siciliano finisci sempre per litigare. Se perdi ti sfotte al-

l'infinito, se vinci, be', non si sa cosa ti potrebbe succedere. A

nessuno è mai capitato di battere il Siciliano.

"Allora, non c'è nessuno in questa palestra di merda che

vuoi fare qualche flessione con me?"

Il Siciliano si guarda intorno.

"Ci sono io."

Si gira. Step è davanti a lui, il Siciliano lo guarda dalla te-

sta ai piedi.

"Okay, andiamo di là."

Entrano in una piccola stanza. Il Siciliano si toglie la fel-

pa sfoderando pettorali enormi e braccia ben proporzionate.

"Allora, sei pronto?"

"Quando vuoi."

Il Siciliano si mette giù. Step di fronte a lui. Cominciano a

fare flessioni. Step resiste quanto può. Alla fine, distrutto, crol-

la a terra. Il Siciliano ne fa altre cinque veloci, poi si tira su, da

una pacca a Step.

"Bravo, ragazzo, non vai male. Le ultime le hai fatte tutte

con questa" e gli da amichevolmente un frontino. Step sorri-

de, non l'ha sfottuto. Tutti tornano ai loro esercizi. Step si mas-

saggia i muscoli indolenziti delle braccia. Non c'è stata storia:

il Siciliano è molto più forte di lui, è ancora troppo presto.

5.

Quel giorno. Solo otto mesi dopo.

Poppy e i suoi amici sono davanti al Caffè Fleming, ridono

e scherzano bevendo birra. Qualcuno mangia della pizza rossa,

ancora fumante, leccandone gli angoli laterali per bloccare il

pomodoro che cola. Qualcun altro fuma una sigaretta. Alcune

ragazze ascoltano divertite il racconto di un tipo che gesticola

troppo, parlando della lite con il suo principale: è stato licen-

ziato, ma finalmente s'è tolto una soddisfazione. Gli ha rotto

tutte le bottiglie del locale, la prima poi in modo particolare.

"Sapete che ho fatto? Mi aveva talmente rotto i coglioni che

invece del preavviso gli ho dato una bottigliata in testa."

Anche Annalisa è lì. La sera della rissa non ha chiamato

Stefano, non l'ha più cercato. Ma non importa. Step non è ti-

po da soffrire di solitudine. Da allora non ha avuto più notizie

di nessuno di loro. Quindi, un po' preoccupato, quel giorno, è

andato lui a cercarli.

"Poppy, amico mio, come stai?"

Poppy guarda quel tipo sconosciuto che gli viene incontro.

Ha qualcosa di familiare, quegli occhi, il colore dei capelli, i trat-

ti del viso, ma proprio non si ricorda. È ben piazzato, ha brac-

cia grosse e un bel torace. Step, vedendo il suo sguardo interro-

gativo, gli sorride, cercando di metterlo a suo agio.

"È un sacco di tempo che non ci vediamo, eh? Come ti va?"

Step passa il braccio dietro le spalle di Poppy, amichevol-

mente.

Il Siciliano, Pollo e Lucone, felicissimi di accompagnarlo,

si mettono in mezzo al gruppo. Annalisa sta ancora sorriden-

do, quando incontra lo sguardo di Step. È l'unica a ricono-

scerlo. Il sorriso piano piano le scompare dalle labbra. Step

smette di guardarla e si dedica totalmente al suo amico Poppy,

che continua a fissarlo perplesso.

"Scusa, ma in questo momento proprio non mi ricordo."

"Ma come!" Step gli sorride tenendolo sempre abbracciato,

come due vecchi amici che non si vedono da troppo tempo. "Mi

fai rimanere male. Aspetta. Forse ti ricordi di questo." Tira fuo-

ri dalla tasca dei jeans il cappello. Poppy guarda quel vecchio

copricapo di lana, poi la faccia sorridente di quel tipo tozzo che

lo tiene abbracciato. I suoi occhi, quei capelli. Ma certo. È quel

pischello che lui ha menato un sacco di tempo prima.

"Cazzo!" Poppy prova a sfilarsi da sotto il braccio di Step,

ma la mano di lui lo prende fulminea per i capelli, bloccan-

dolo.

"Memoria corta, eh? Ciao Poppy." E tirandolo a sé gli da

una capocciata bestiale che gli spacca il naso. Poppy si china

in avanti, portandosi il viso fra le mani. Step gli da un calcio

in faccia, con tutta la sua forza. Poppy salta quasi all'indietro,

finisce contro la serranda con un rumore di ferro.

Subito Step gli è sopra, prima che ricada lo blocca con una

mano alla gola. Con il destro gli sferra una serie di pugni, col-

pendolo dall'alto verso il basso, sulla fronte, aprendogli il so-

pracciglio, spaccandogli il labbro.

Fa un passo indietro e gli molla un calcio dritto per dritto

in piena pancia levandogli il respiro.

Qualcuno degli amici di Poppy prova a intervenire, ma il

Siciliano lo blocca subito. "Buono, calma, stai buono al tuo po-

sto eh?"

Poppy è per terra, Step lo riempie di calci sul petto, in pan-

cia. Poppy prova a chiudersi a riccio, coprendosi la faccia, ma

Step è inesorabile. Colpisce dovunque trovi uno spazio, poi co-

mincia a pestarlo da sopra. Alza la gamba e sferra un calcio

con il tacco. Secco, con forza, sull'orecchio, che si taglia subi-

to, sui muscoli delle gambe, sui fianchi, quasi saltandoci so-

pra, con tutto il suo peso. Poppy, strisciando a ogni colpo, muo-

vendosi a scatti, pronuncia un pietoso: "Basta, basta, ti pre-

go!", quasi tossendo per il sangue che dal naso gli scorre di-

rettamente in gola e sputacchiando quel po' di saliva che gli

cola dal labbro ormai completamente aperto e sanguinante.

Step si ferma. Recupera il fiato saltellando sulle gambe, guar-

dando il suo nemico a terra, fermo, finito. Poi si gira di scatto

e si avventa su un biondino alle sue spalle. È quello che otto

mesi prima lo aveva bloccato da dietro. Lo colpisce con il go-

mito in piena bocca, andandogli addosso con tutto il peso del

corpo. Al tipo saltano tre denti. I due finiscono a terra. Step gli

punta le ginocchia sulle spalle. Bloccandolo, comincia a tem-

pestargli la faccia di pugni. Poi lo prende per i capelli sbat-

tendogli la testa per terra, con violenza. All'improvviso due

braccia forti lo bloccano. È Pollo. Da sotto le ascelle lo tira su:

"Dai Step, basta, andiamo, lo stai massacrando".

Anche il Siciliano e Lucone gli vanno vicino. Il Siciliano ha

già avuto qualche problema più degli altri.

"Sì, andiamo, è meglio. Magari qualche stronzo ha chia-

mato la pula."

Step riprende a respirare normalmente, fa un mezzo giro

davanti agli amici di Poppy che lo guardano in silenzio. "Pez-

zi di merda!" E sputa su uno che sta lì vicino con un bicchie-

re di Coca-Cola in mano, colpendolo in piena faccia. Passa da-

vanti ad Annalisa e le sorride. Lei cerca di ricambiare, un po'

impaurita, senza capire bene cosa fare. Muove appena il lab-

bro superiore e ne esce fuori una strana smorfia. Step e gli al-

tri montano sui loro Vesponi e si allontanano. Lucone guida

come un pazzo, con dietro il Siciliano, urlano tutti e due, pie-

gando su e giù, padroni della strada. Poi affiancano Pollo, con

dietro Step.

"Cazzo, quella biondina te la potevi fare... Quella ci stava."

"Come sei esagerato, Lucone. Devi sempre fare tutto in-

sieme. Con calma, no? Bisogna saper aspettare. C'è un tempo

per tutto."

Quella sera Step va a casa di Annalisa e segue il consiglio

di Lucone. Più volte. Lei rimpiange di non averlo chiamato pri-

ma, giura che le dispiace, che avrebbe voluto farlo, ma che ha

avuto un sacco di cose da fare. Nei giorni seguenti Annalisa lo

chiama spesso. Step è così occupato che non riesce a trovare

il tempo neanche per rispondere al telefono.

6.

Una ragazza che abita lì vicino accende una radio portati-

le, il classico "bambino". "Centonove!"

Schello, ormai ubriaco, saltella sulla tettoia e ballando nel-

le sue Clark di pelle, sudate e senza lacci, fa un tentativo di break.

Va male. "Yahooo!" batte le mani con forza. "Centodieci."

"Attenzione, diamo la graduatoria dei più sudati. Al nu-

mero uno troviamo il Siciliano. Vistose macchie sotto le ascel-

le e sulla schiena, sembra una fontana. Centoundici."

Step, Hook e il Siciliano fanno uno sforzo incredibile. Ar-

rivano tutti e tre su, stremati, rossi e ansimanti.

"Nella nostra Hit Sudate al numero due c'è Hook. Come

potete ben vedere, la splendida maglietta Ralph Lauren ha cam-

biato colore. Ora direi che è di un verde scolorito, o meglio,

verde fradicio."

Schello, agitando i pugni vicino al petto, segue con la testa

il nuovo pezzo che il dj alla radio ha annunciato come succes-

so dell'anno: Sere nere. Fa una giravolta e continua:

"Centododici! E naturalmente l'ultimo è Step... Quasi per-

fetto, capello leggermente spettinato, anche se è talmente cor-

to che non si vede...". Schello si china per guardarlo meglio,

poi si tira su di scatto portandosi le mani al volto.

"Incredibile, ho visto una goccia di sudore, ma vi assicuro,

era una sola! Centotredici!"

Step va giù, sente gli occhi bruciargli. Alcune gocce di su-

dore gli scivolano lungo le tempie e si spezzano fra le ciglia,

spargendosi come un collirio fastidioso. Chiude gli occhi, sen-

te le spalle indolenzite, le braccia gonfie, le vene pulsanti,

spinge in avanti e lentamente sale di nuovo. "Sìììì! !" Step guar-

da lateralmente. Anche il Siciliano ce la sta facendo. Disten-

de completamente le braccia raggiungendolo. Manca solo

Hook.

Step e il Siciliano guardano il loro amico-nemico salire tre-

34

mando e sbuffando, centimetro dopo centimetr», attimo

attimo, mentre le urla da sotto aumentano: "I

"Hook, Hook, Hook...!".

Hook, come paralizzato, all'improvviso si ferma, poi tre-

mante scuote la testa: "No, non ce la faccio più". Rimane per

un attimo immobile, e quello è il suo ultimo pensiero. Cade giù

di botto, facendo appena in tempo a voltare la testa. Sbatte con

tutto il peso il petto sul marmo.

"Centoquattordici!"

Step e il Siciliano vanno giù, veloci, rallentando solo alla

fine della flessione, poi tornano su rapidi, come se avessero ri-

trovato nuova forza, nuove energie. L'essere soli al traguardo.

O primi o niente.

"Centoquindici!" Tornano giù.

Il ritmo aumenta. Come se avesse capito, Schello si azzit-

tisce.

"Centosedici!" Uno dopo l'altro pronuncia solo i numeri.

Veloce. Aspettando che arrivino su per dargli il successivo.

"Centodiciassette!" E di nuovo giù.

"Centodiciotto!" Step aumenta ancora, sbuffando.

"Centodiciannove!" Va giù e di nuovo su, subito dopo. Il Si-

ciliano lo segue, sforzandosi, gemendo, diventando sempre più

rosso.

"Centoventi, centoventuno. Incredibile, ragazzi!" Nessuno

parla più. Sotto regna il silenzio dei grandi momenti.

"Centoventidue." Solo la musica di sottofondo. "Cento-

ventitré..."

Poi il Siciliano si ferma a metà, inizia a urlare, come se

qualcosa dentro di lui lo dilaniasse.

Step, dall'alto della sua flessione, lo guarda. Il Siciliano è

come bloccato. Trema e ansima urlando, ma le sue braccia non

lo vogliono sentire, non lo ascoltano più. Allora fa un ultimo

grido, come una bestia ferita cui venga strappato un pezzo di

carne. Il suo primato. E inesorabilmente, piano piano, comincia

a scendere. Ha perso. Da sotto si alza un grido. Qualcuno apre

una birra: "Sììì, eccolo qua, il nuovo vincitore è Step!".

Schello gli si avvicina festante, ma Step scuote la testa.

Come a comando di quel gesto, nella piazza torna il silen-

zio. Da sotto, alla radio, quasi un segno del destino: un pezzo

di Springsteen, l'm going down. Step sorride dentro di sé, por-

ta la mano sinistra dietro la schiena e poi si abbassa, su una

mano sola, gridando.

Sfiora il marmo, lo guarda con gli occhi sbarrati e poi di

nuovo su, tremando e spingendo solo sulla destra, con tutta la

35

sua forza, con tutta la sua rabbia. Un urlo di liberazione esce

dalla sua gola:

"Sìììì!". Dove non è arrivata la forza, arriva la sua volontà.

Rimane immobile così, steso in avanti, con la fronte alta ver-

so il cielo, come una statua urlante, contro il buio della notte,

la bellezza delle stelle.

"Yahooo!" Schello urla come un pazzo. Nella piazza tutti

esplodono seguendo quel grido, accendono le moto e le Vespe,

suonando i clacson, urlando. Pollo inizia a prendere a calci la

serranda del giornalaio.

Lucone tira una bottiglia di birra contro una vetrina. Le fi-

nestre dei palazzi intorno si aprono. Un allarme lontano co-

mincia a suonare. Vecchie in camicia da notte escono sui bal-

coni, gridano preoccupate: "Che succede?". Qualcuno urla di

fare silenzio. Una signora minaccia di chiamare la polizia. Co-

me per incanto, tutte le moto si muovono. Pollo, Lucone e gli

altri montano in corsa, saltando sui sellini, mentre le marmit-

te fanno fumo bianco. Qualche lattina continua a fare rumo-

re rotolando, le ragazze vanno tutte a casa. Maddalena è an-

cora più innamorata.

Hook affianca Step. "Cazzo, bella sfida, eh?"

"Niente male."

Anche le altre moto si affiancano, occupano tutta la stra-

da, fregandosene di qualche macchina che suona passandogli

accanto veloce. Schello si mette in piedi sul suo Vespone scal-

cagnato. "Ho saputo che c'è una festa sulla Cassia. Al 1130. È

un comprensorio."

"Ma ci faranno entrare?"

Schello li assicura: "Conosco una che sta là".

"E chi è?"

"Francesca."

"Ma che, c'hai avuto una storia?"

"Sì."

"Allora non ci faranno entrare."

Ridendo, scalano quasi tutti insieme. Frenando e sgom-

mando girano a sinistra. Qualcuno pinnando, tutti fregando-

sene del rosso. Poi prendono la Cassia a tutta velocità.

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36

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* V- f/ì »? "*J" e -M J'afojWi fi.ll fff1- .* ,Ì ''f'«" '''

Un caldo appartamento, grandi vetrate dalle quali si vede

l'Olimpica. Bei quadri alle pareti, di certo un Fantuzzi. Quat-

tro casse agli angoli del salotto diffondono un ed ben mixato.

La musica avvolge dei ragazzi che, parlando, battono quasi tut-

ti il tempo.

"Dani, ehi, quasi non ti riconoscevo."

"Non ti ci mettere pure tu, eh?"

"Parlavo del vestito, stai benissimo, sul serio..."

Daniela si guarda la gonna, Giulia già la conosce, c'è ca-

scata per un attimo.

"A Giuli!"

"Be', che ti arrabbi? Sembri la Bonopane, quella bora del-

la terza B che la mattina viene tutta infardata..."

"Come fai a essere sempre così simpatica, eh?"

"È per questo che siamo amiche." *

"Mai detto di essere tua amica!"

Giulia si sporge in avanti.

"Bacino, facciamo pace?"

Daniela sorride. Fa per andare verso di lei quando alle sue

spalle vede Palombi.

"Andrea!"

Lascia perdere la guancia di Giulia, sperando, prima o poi,

di centrare la bocca di lui.

"Come stai?"

Andrea rimane per un attimo incerto. '

"Bene, e tu?" *

"Benissimo."

Si scambiano un bacio frettoloso. Poi lui passa avanti a

salutare qualche amico. Giulia la raggiunge e sorride al suo

fianco.

"Non ti preoccupare, fa il classico public."

Rimangono a guardarlo per un po'. Andrea parla con al-

37

cuni ragazzi, poi si volta verso di lei, la guarda di nuovo e alla

fine sorride. Finalmente ha realizzato.

"Cavoli! E sì che hai esagerato... Non ti aveva proprio ri-

conosciuto."

Babi attraversa il salotto. Alcune ragazze ballano fra loro.

In un angolo, un approssimativo dj, pseudoemulo di dj Fran-

cesco, tenta un rap di scarso successo. Una ragazza balla sca-

tenata, lanciando le braccia in alto.

Babi scuote la testa sorridendo.

"Pallina!"

Un viso leggermente tondo, incorniciato dai lunghi capel-

li castani e uno strano ciuffo laterale, si gira.

"Babi, uauuu!" Corre verso di lei e l'abbraccia baciandola,

sollevandola quasi. "Come stai?"

"Benissimo. Mi avevi detto che non venivi!"

"Sì, lo so, siamo stati a una festa all'Olgiata, ma non sai che

rottura! Stavo con Dema ma siamo scappati subito via. Ecco-

ci qua; perché, non sei felice?"

"Scherzi, felicissima. Hai preparato la lezione di latino?

Guarda che quella domani ti interroga, manchi solo tu per fi-

nire il giro."

"Sì, lo so, ho studiato tutto il pomeriggio, poi sono dovuta

uscire con mia madre, sono andata in centro. Guarda, ho pre-

so questa, ti piace?" E facendo una strana piroetta, più da bal-

lerina che da indossatrice, fa prendere aria a una divertente

tuta di raso blu.

"Molto..."

"Dema mi ha detto che ci sto benissimo..."

"Figurati. Tu sai la mia teoria, no?"

"Ancora? Ma se siamo amici da una vita!"

"E tu lasciami la mia teoria."

"Ciao Babi." Un ragazzo dall'aria simpatica, con dei ricciqti

bruni e la carnagione chiara, si avvicina.

"Ciao Dema, come stai?"

"Benissimo. Hai visto che carina la tuta di Pallina?"

"Sì. A prescindere dalla mia teoria, le sta molto bene." Ba-

bi le sorride. "Vado a salutare Roberta, che ancora non le ho

fatto gli auguri." Si allontana. Dema rimane a guardarla.

"Che voleva dire con quella storia della teoria?"

"Oh, niente, lo sai com'è fatta... È la donna dalle mille teo-

rie e nessuna pratica, o quasi."

Pallina ride, poi guarda meglio Dema. I loro sguardi si in-

contrano per un attimo. Speriamo che questa volta non abbia

proprio ragione.

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"Dai, vieni a ballare..." Pallinaka|s-ende per mano e tò'tra-

scina nel gruppo.

"Ciao Roby, tanti auguri!" -i'c f .< '* » ,"

"Oh, Babi, ciao!" Si scambiano due baci sinceri. *?

"Ti è piaciuto il regalo?"

"Bellissimo, sul serio. Proprio quello di cui avevo bisogno."

"Lo sapevamo... È stata una mia idea. Dopotutto continuavi

a saltare sempre le prime ore e poi non è che abiti molto lon-

tano, tu."

Alle loro spalle arriva Chicco Brandelli.

"Che le avete fatto?"

Babi si gira sorridente, ma vedendolo cambia espressione.

"Ciao Chicco."

"Mi hanno regalato una bellissima radiosveglia." '-

"Ah, molto carino, sul serio." i

"Sai, anche lui mi ha fatto un regalo bellissimo." «*

"Ah sì? E cosa?"

"Un cuscino tutto di pizzo. L'ho già messo sul letto."

"Stai attenta, sicuramente ti chiederà di collaudarlo" e fa-

cendo un sorriso forzato a Brandelli si allontana verso la ter-

razza. Roberta la guarda.

"A me il cuscino è piaciuto moltissimo. Sul serio..."

In realtà le piacerebbe anche collaudarlo con lui.

Chicco le sorride. "Ti credo, scusami."

"Ma... fra poco servono la pasta..." gli grida dietro Rober-

ta cercando in qualche modo di fermarlo.

Sulla terrazza, delle morbide poltrone, con cuscini chiari

ricamati a fiori, un pergolato dalle luci soffuse ben nascoste

dietro ciuffi di piante. Un gelsomino si arrampica lungo lo stec-

cato. Babi passeggia sul pavimento di cotto. Il vento fresco del-

la sera le agita i capelli, le accarezza la pelle portandole via un

po' di profumo e lasciando solo qualche lieve brivido.

"Cosa devo fare per farmi perdonare?"

Babi sorridendo fra sé si chiude la giacca, coprendosi.

"Cosa non avresti dovuto fare, per non farmi arrabbiare."

Chicco le si avvicina.

"È una notte così bella... è sciocco sprecarla per litigare."

"A me piace moltissimo litigare."

"Me ne sono accorto."

"Ma poi mi piace anche fare la pace... Anzi mi piace so-

prattutto quello. Invece con te, non so com'è, ma non riesco a

perdonarti."

"È perché sei combattuta. Un po' ti andava di stare con me,

un po' no. Classico! È una cosa tipica di tutte le donne."

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"Ecco, è quel 'tutte' che è la tua rovini? »j86si ;'4

"Mi arrendo..." -1"

"Ti è piaciuto il film l'altra sera?" "

"Se solo me lo avessero fatto vedere!"

"Ho detto che mi arrendo. Be', vorrà dire che ti manderò

la cassetta a casa. Così te lo vedi tranquilla, da sola, senza nes-

suno che ti disturba. A proposito, lo sai cosa mi hanno detto?"

"Cosa?" vr

"Che c'è molto più gusto quando sa di panna." u> J

Babi ridendo prova a colpirlo. ->'!*

"Porco!"

Chicco le ferma il braccio in alto. 'i

"Alt! Scherzavo. Pace?"

I loro visi sono vicini. Babi guarda i suoi occhi: sono mol-

to belli, quasi come il suo sorriso.

"Pace." Si arrende.

Chicco le si avvicina e le da un lieve bacio sulle labbra. Sta

per diventare qualcosa di più profondo quando Babi si stacca

e torna a guardare fuori.

"Che splendida notte, guarda che luna!"

Chicco sospirando alza gli occhi al ciclo.

Alcune nuvole leggere navigano lentamente nel blu del ciclo.

Accarezzano la luna, coprendosi di luce, schiarendosi a tratti.

"È bella, vero?"

Chicco risponde semplicemente "Sì", senza apprezzare ve-

ramente tutta la bellezza di quella notte. Babi guarda lontano.

Le case, i tetti, i prati ai bordi della città, le file di alti pini, una

lunga strada, le luci di una macchina, i rumori lontani. Se so-

lo potesse vedere meglio, si accorgerebbe di quei ragazzi che

si sorpassano, ridendo e suonando il clacson. Forse ricono-

scerebbe anche quel tipo sulla moto. È lo stesso che l'ha af-

fiancata una mattina mentre andava a scuola. E che si sta av-

vicinando.

Chicco l'abbraccia e le tocca i capelli.

"Sei bellissima stasera."

"Stasera?"

"Sempre."

"Così va meglio."

Babi si lascia baciare.

fi) >"

40

*>*tu:.

Molto più lontano, nella stessa città.

In perfetta divisa bianca, con pochi capelli in testa e suda-

ticcio, un cameriere cicciotto passa tra gli invitati con un vas-

soio d'argento. Ogni tanto una mano spunta da un gruppetto

di persone e s'impadronisce di un cocktail leggero con dentro

qualche pezzo di frutta galleggiante. Un'altra, più veloce, po-

sa un bicchiere vuoto. Sul bordo, tracce di rossetto. Si può ve-

dere perfettamente dove la donna ha bevuto e che tipo di lab-

bra ha. Il cameriere pensa che sarebbe divertente riconoscere

le donne dai singoli bicchieri. Erotiche impronte digitali. Con

questo pensiero stuzzicante rientra in cucina, dove dimentica

ben presto quelle fantasie alla Holmes. La cuoca infatti lo sgri-

da ricordandogli di portare i vassoi con i fritti.

"Cara, stai benissimo."

Nel salotto, una donna dai capelli troppo colorati si gira

verso l'amica e le sorride, stando al gioco.

"Ma hai fatto qualcosa?"

"Sì, mi sono trovata un amante." f*

"Ah, sì? E che fa?" ?

"Il chirurgo plastico." f"

Ridono tutte e due. Poi, prendendo un carciofo fritto chft

si trova a passare di là, lei confessa il suo segreto. 1

"Mi sono iscritta alla palestra di Barbara Bouchet." ^

"Ah, sì? E com'è?" «

"Favolosa! Dovresti venire."

"Lo farò sicuramente."

E, pur volendo chiederle quanto costa al mese, pensa che

lo scoprirà a sue spese, nel vero senso della parola. Poi si im-

possessa di una mozzarella fritta e la manda giù serena, tanto

l'avrebbe smaltita presto.

Claudio tira fuori il pacchetto di Marlboro e si accende una

sigaretta. Manda giù il fumo, assaporandolo fino in fondo.

41

"Ehi, hai una cravatta bellissima."

"Grazie."

"Ti sta veramente bene, sul serio." Claudio mostra orgo-

glioso la sua cravatta bordeaux poi, d'istinto, nasconde in bas-

so la sigaretta e cerca Raffaella. Guarda in giro, incrocia alcu-

ni visi appena arrivati, li saluta sorridendo poi, non trovando-

la, da un altro tiro più tranquillo.

"Molto bella, vero? È un regalo di Raffaella."

Un basso tavolino d'avorio, con sopra olive e pistacchi rac-

colti in piccole ciotole d'argento. Una mano affusolata dalle

unghie ben curate lascia cadere le bucce simmetriche di un pi-

stacchio.

"Sono preoccupata per mia figlia."

"Perché?"

Raffaella riesce a mostrarsi abbastanza interessata, quel

tanto da far continuare la confidenza di Marina.

"Frequenta un poco di buono, un nullafacente, uno che sta

sempre per strada."

"E da quant'è che si vedono?"

"Ieri hanno festeggiato sei mesi. L'ho saputo da mio figlio.

Sai cosa ha fatto lui, eh, sai cosa ha fatto?"

Raffaella lascia perdere un pistacchio troppo chiuso. Ora

è sinceramente interessata.

"No, dimmi."

"L'ha portata in pizzeria. Ma ti rendi conto? In una pizze-

ria in corso Vittorio."

"Be', ma questi ragazzi ancora non guadagnano, magari i

genitori..."

"Sì, ma chissà da chi nasce... Le ha portato dodici rose stri-

minzite, brutte, piccole, di quelle che appena arrivano a casa

perdono tutti i petali. Le avrà sicuramente comperate al se-

maforo. Stamattina in cucina allora le ho chiesto: 'Gloria, co-

s'è questo orrore?'. 'Mamma, non ti azzardare a buttarle eh?'

Figurati! Ma quando è tornata da scuola non c'erano più. Io le

ho detto che è stata Ziua, la nostra filippina, allora lei si è mes-

sa a urlare e se n'è andata sbattendo la porta."

"Su queste storie non devi assolutamente ostacolarla, se no

è peggio, che poi Gloria si ostina. Lasciali fare, vedrai che fi-

nirà per conto suo. Se c'è questa differenza... E poi è tornata?"

"No, ha telefonato che andava a dormire dalla Piristi, quel-

la bella ragazza biondina un po' tonda, la figlia di Giovanna.

Lui è l'amministratore della Serfim, lei si è rifatta tutta. Giu-

stamente, se lo può permettere."

"Sul serio? Ma non si vede niente..." wtv

42

"Usano questa nuova tecnica, ti tirano da dietro le orec-

chie. È perfettamente invisibile. Allora può uscire con Babi?

Mi farebbe tanto piacere."

"Ma certo, scherzi? Le dirò di chiamarla."

Finalmente Raffaella si concede un pistacchio. È più aper-

to degli altri. Lascia la sua buccia per la sua bocca, e per lui

non è uno scambio conveniente.

"Filippo? Raffaella ha detto che convincerà Babi a portare

Gloria con il suo gruppo."

"Ah, benissimo, ti ringrazio."

Filippo, un uomo giovane, dal viso riposato, pare interes-

sarsi anche lui più ai pistacchi che alle vicende di sua figlia. Si

piega in avanti, impossessandosi di quello che Raffaella aveva

già scelto come sua futura vittima. Lei lo guarda sospettosa

dietro le orecchie, cercando anche in lui il segno di quella ina-

spettata giovinezza.

"Ciao Claudio."

"Sei bellissima."

Un sorriso perfetto dice "Grazie", e sfiorandolo si allon-

tana con un henne da almeno centocinquanta euro. Lo ha fat-

to apposta? Nel suo pensiero lentamente quel vestito lungo

scivola via e immagina che completo porti sotto; ma poi gli

viene un dubbio: ci sarà qualcosa da immaginare? Proprio in

quel momento vede arrivare Raffaella. Claudio da un ultimo

tiro alla sigaretta e la spegne veloce nel portacenere.

"Fra poco cominciamo a giocare. Mi raccomando, non fa-

re come al solito. Quando non ti arriva la carta, dopo un po'

che non fai gin, batti."

"E se mi fa under?"

"Batti quando stai basso."

Claudio sorride composto. "Sì cara, come vuoi." La siga-

retta è passata inosservata.

"A proposito, ti avevo detto di non fumare."

Sbagliato.

"Ma una sola, non mi fa male..."

"Una o dieci... È l'odore che mi da fastidio."

Raffaella se ne va verso il tavolo verde. Anche gli altri in-

vitati prendono posto. Non c'è niente da fare, non le sfugge nul-

la. Sedendosi Raffaella squadra con sufficienza la donna dal-

l'henne da centocinquanta euro. Per un attimo Claudio ha pau-

ra che legga anche nel pensiero.

43

ili v<;.f , .

Roberta, euforica per i suoi diciott'anni, per la festa che

procede a perfezione, corre al citofono.

"Rispondo io" precedendo un tipo che passa per di là con

un piattino pieno di pizzette.

"Ciao. C'è Francesca vero?"

"Francesca chi?"

"Giacomini, quella bionda."

"Ah, sì, che devo dire?"

"Niente, se mi apri. Sono suo fratello, le devo lasciare le

chiavi."

Roberta preme una volta il pulsante del citofono poi, per es-

sere più sicura di aver aperto, lo schiaccia di nuovo. Va in cuci-

na, prende due grosse Coca-Cola dal freezer e si dirige verso il

salotto. Incontra una ragazza bionda che sta parlando con un

ragazzo con i capelli gellati indietro.

"Francesca, sta salendo tuo fratello..."

"Ah..." è l'unica cosa che Francesca riesce a dire. "Grazie."

E dopo averlo pronunciato rimane a bocca aperta. Il ragazzo

impomatato perde un po' della sua staticità e si concede un

leggero stupore.

'Trance', c'è qualcosa che non va?"

"No, non c'è niente che non va, a parte il fatto che io sono

figlia unica."

"Eccolo, è qui." Il Siciliano e Hook leggono per primi la tar-

ghetta sul campanello del quarto piano. "Micchi, no?"

Schello suona il campanello.

La porta si apre quasi subito.

Roberta rimane sulla porta, guarda quel gruppo di ragaz-

zi muscolosi e spettinati. Sono vestiti un po' casual, è così buo-

na da pensare.

"Posso fare qualcosa?"

Schello si fa avanti: "Cercavo Francesca, sono suo fratello".

44

Come per incanto, Francesca compare sulla porta, accom-

pagnata dall'impomatato.

"Ah, ecco, c'è tuo fratello."

Roberta si allontana. Francesca guarda preoccupata il

gruppo.

"E chi sarebbe mio fratello?"

"Io!" Lucone alza la mano.

Anche Pollo alza la mano. "Anch'io, siamo gemelli, come

il film con Schwarzenegger. Lui è quello scemo." Tutti ridono.

"Anche noi siamo fratelli." Uno dopo l'altro tirano su la ma-

no. "Sì, vogliamoci bene."

Il tipo impomatato non sta capendo molto. Opta per un'e-

spressione che lega bene con i suoi capelli.

Francesca prende Schello da parte.

"Ma come ti è saltato in mente di venire con tutta questa

gente, eh?"

Pollo sorride, sistemandosi il giubbotto: il risultato è sem-

pre pessimo.

"Questa festa mi sembra un mortorio, almeno la vivaciz-

ziamo un po', dai France', non t'incazzare."

"E chi s'incazza? Basta che ve ne andiate."

"A Sche', io mi so' rotto, permesso?" Il Siciliano, senza aspet-

tare che Francesca si sposti dalla porta, entra.

L'impomatato improvvisamente realizza tutto: imbucati. E

con uno sprazzo di intelligenza si dilegua raggiungendo i veri

invitati nel salotto. Francesca cerca di fermarli.

"No Schello, dai, non potete entrare."

"Scusate, permesso, scusate..."

Inesorabilmente, uno dopo l'altro, passano tutti: Hook, Lu-

cone, Pollo, Bunny, Step e gli altri.

"Dai, France', non fare così, vedrai che non succede niente."

Schello la prende sottobraccio.

"Al limite poi tu che c'entri? È colpa di tuo fratello che s'è

portato dietro tutta questa gente..." Poi, come se fosse preoc-

cupato che qualcuno si imbuchi, chiude la porta.

Il Siciliano e Hook si avventano letteralmente sul buffet,

divorano panini al salame, morbidi, con il burro spalmato sul-

la parte superiore, quella tonda, ma non li gustano, li ingoia-

no direttamente senza masticarli. È diventata quasi una gara.

E giù pizzette, tramezzini mischiati a pasticcini e cioccolatini.

Alla fine il Siciliano si strozza. Hook gli da pacche sempre più

forti sulla schiena, l'ultima così forte che il Siciliano comincia

a tossire, sputando pezzi di cibo sul buffet rimasto. La mag-

gior parte degli invitati lì vicino si mette immediatamente a

45

dieta. Schello comincia a ridere come un pazzo, Francesca a

preoccuparsi seriamente.

Bunny gira per il salotto. Sembra un attento antiquario:

prende dei piccoli oggetti, li porta vicino agli occhi, controlla

il numero stampato e se sono d'argento se li mette in tasca.

Ben presto i fumatori sono costretti a buttare la cenere nelle

piante.

Pollo, da bravo professionista, cerca subito la camera da

letto della madre. La trova. È stata saggiamente chiusa a chia-

ve. Due mandate, ma la chiave l'hanno lasciata infilata nella

toppa. Ingenui. Pollo apre la porta. Le borse delle ragazze so-

no state tutte posate lì sul letto, ordinatamente. Comincia ad

aprirle, una dopo l'altra, senza neanche troppa fretta.

I portafogli sono quasi tutti pieni, è proprio una bella festa:

gente di classe, niente da dire. Nel corridoio Hook infastidisce

un'amica di Pallina con apprezzamenti pesanti. Un ragazzo, un

po' meno impomatato degli altri, prova a fargli presente un sep-

pur vago concetto di educazione. Si lancia in una discussione

verbale. Rimedia al volo un "cinquino" forse anche più pesante

degli apprezzamenti che sono toccati alla sua ragazza. Hook non

sopporta le prediche. Suo padre è avvocato, ama le parole al-

meno quanto suo figlio odia l'idea di studiare legge.

Pallina, forse per l'emozione, si accorge di avere anche lei

qualche problema e mente, scusandosi con gli altri:

"Mi ha sbavato il rimmel, vado in bagno a rifarmi il truc-

co". Cosa che servirebbe molto di più al tipo, che si allontana

in silenzio, con la sua ragazza per mano e le cinque dita di

Hook stampate sulla faccia.

Pollo butta l'ultima borsa sul letto.

"Cavoli, che rabbina... Hai una borsa del genere, vai a una

festa così, e ti porti dietro solo dieci euro. Ma allora sei pro-

prio una poveraccia!"

Sta per andarsene quando si accorge che sulla sedia lì vi-

cino, appesa a un bracciolo, nascosta da una giacca coloniale,

c'è una borsa. La prende. È una bella borsa elegante e pesan-

te, con la tracolla lavorata e due filetti di cuoio per chiuderla.

Deve essere ben fornita, se la proprietaria si è tanto preoccu-

pata di nasconderla. Pollo comincia ad aprire il nodo dei due

filetti di cuoio, maledicendo il suo vizio di mangiarsi sempre

le unghie. Uno può soffrire di mancanza d'affetto, d'accordo,

oppure di mancanza di soldi. Ma non di tutti e due insieme. Fi-

nalmente scioglie il nodo. Proprio in quel momento si apre la

porta. Pollo nasconde la borsa dietro la schiena. Una ragazza

bruna, sorridente, entra tranquilla. Quando lo vede si ferma.

46

"Chiudi la porta."

Pallina ubbidisce. Pollo tira fuori la borsa da dietro e co-

mincia a frugarci dentro. Pallina assume un'espressione scoc-

ciata. Pollo vede che lo fissa.

"Allora, si può sapere che vuoi?"

"La mia borsa." "i

"Be', che aspetti? Prenditela, no?" l*

Pollo indica il letto pieno di borse già svuotate. '

"Non posso."

"Perché?"

"Un tipo idiota ce l'ha in mano."

"Ah." Pollo sorride. Guarda meglio la ragazza. È molto ca-

rina coi capelli neri e un ciuffo laterale e la smorfia della boc-

ca leggermente scocciata. Naturalmente ha una gonna colo-

niale. Pollo trova il portafoglio, lo prende.

"Tieni..." le lancia la borsa. "Basta chiedere..."

Pallina afferra la borsa al volo. E comincia anche lei a cer-

carci qualcosa dentro.

"Lo sai che non si fruga nelle borse delle signorine, non te

l'ha detto la mamma?"

"Mai parlato con mia madre. Ehi, piuttosto, tu dovresti far-

ti una chiacchierata con la tua."

"Perché?"

"Be', non esiste che ti manda in giro solo con cinquanta

euro."

"È la mia settimana."

Pollo se li mette in tasca.

"Era."

"Vorrà dire che starò a dieta."

"Allora ti ho fatto un piacere."

"Cretino!"

Pallina trova quello che cercava, quindi posa la borsa.

"Poi quando hai finito rimettimi dentro il portafoglio.

Grazie."

"Senti, visto che cominci a stare a dieta, magari domani ti

invito a mangiare una pizza."

"No grazie, quando pago io voglio essere almeno libera di

decidere con chi vado." Fa per andarsene.

"Ehi, aspetta un attimo."

Pollo la raggiunge.

"Cos'hai preso?"

Pallina porta la mano dietro alla schiena. "Niente che ti

debba interessare." ..»

Pollo le blocca le braccia..;* «

"Ehi, giudico io, fa' vedere."

"No, lasciami andare. I soldi li hai presi, no? Che vuoi an-

cora?"

"Quello che hai in mano."

Pollo prova a prendergliela. Pallina poggia il petto contro di

lui, allontanando il più possibile la sua piccola mano chiusa.

"Lasciami stare, guarda che mi metto a urlare."

"E io ti prendo a sculacciate."

Pollo finalmente raggiunge il polso e lo tira a sé. Le porta

il braccio con il piccolo pugno chiuso, deciso, davanti.

"Guarda, se me lo apri, ti giuro che non ti parlerò mai più..."

"Capirai, non ci siamo parlati fino a oggi, non morirò mi-

ca..."

Pollo prende la piccola mano morbida della ragazza e co-

mincia a spingerle con il palmo le dita all'indietro. Pallina cer-

ca di resistere. Inutilmente. Con le lacrime agli occhi, portan-

do il peso indietro per dare più forza alle sue piccole dita.

"Ti prego, lasciami." Pollo continua senza darle retta. Alla

fine, una dopo l'altra, le dita si piegano, vinte, svelando il loro

segreto.

Nella mano di Pallina compare la spiegazione di quei pun-

tini sul viso e del seno ingrossato. Il motivo di quel nervosismo

che, una volta al mese, prende prima o poi ogni giovane ra-

gazza e che quando non arriva le rende ancora più nervose o

le fa diventare mamme. Pallina rimane lì, davanti a lui, in si-

lenzio, mortificata. È stata umiliata. Pollo, sedendosi sul let-

to, scoppia in una risata fragorosa.

"Allora domani no, che non ti invito a cena. Sennò poi che

facciamo? Ci raccontiamo le barzellette?!"

"Ah, no, quello no, non ne conosco di così zozze da farti ri-

dere! E le altre sono sicura che non le capiresti."

"Ehi, pizzica la bambina!" Pollo rimane colpito.

"Comunque sono sicura di averti già divertito abbastanza."

"Perché?"

Pallina si massaggia le dita. Pollo se ne accorge. "Mi hai

fatto male, non era quello che volevi?"

"Capirai, si sono appena arrossate, non fare l'esagerata, fra

un po' ti passa."

"Non parlavo della mia mano." Ed esce prima di mettersi

a piangere.

Pollo rimane lì, senza sapere bene cosa fare. Tutto quello

che gli viene in mente è di rimettere a posto il portafoglio e sfo-

gliare la sua agenda. Certo, non di restituirle i cinquanta euro.

Il dj, un tipo musicale, con i capelli leggermente più lunghi

48

degli altri, a sottolineare il suo aspetto artistico, si agita sceche-

randosi a tempo. Le sue mani muovono avanti e indietro dei di-

schi su due piatti, mentre una cuffia spugnosa sulle orecchie gli

da la possibilità di un preascolto e di evitare una figuracela per

un'entrata sbagliata.

Step gironzola per la festa, si guarda intorno, ascolta di-

stratto stupidi discorsi di ragazze diciottenni: vestiti costosi vi-

sti in vetrine, motorini non comprati dai genitori, impossibili

fidanzamenti, corna assicurate, aspirazioni frustrate.

Dalla finestra in fondo al salotto, quella che da sulla ter-

razza, entra un po' di vento. Le tende si gonfiano leggermente

poi, mentre calano, due figure prendono forma sotto di esse.

Si vedono delle mani che le spingono cercando di aprirle. Un

bel ragazzo elegante ha presto la meglio, trovando lo spacco

giusto. Poco dopo al suo fianco compare una ragazza. Ride di-

vertita da quella piccola difficoltà. La luce della luna, da die-

tro, illumina leggermente il suo vestito rendendolo per un at-

timo trasparente.

Step rimane a fissarla. La ragazza muove i capelli, sorride

al tipo. Mostra denti bianchi e bellissimi. Anche da lontano si

può sentire l'intensità del suo sguardo. Gli occhi azzurri, profon-

di e puliti. Step si ricorda di lei, il loro incontro, si sono già vi-

sti. O forse è più giusto parlare di scontro. I due si dicono qual-

cosa. La ragazza annuisce e segue il ragazzo verso il tavolo del-

le bibite. Improvvisamente anche Step ha voglia di bere.

Chicco Brandelli guida Babi attraverso gli invitati. Le sfio-

ra appena la schiena con il palmo della mano, gustando a ogni

passo un po' del suo profumo leggero. Babi saluta alcuni ami-

ci che sono arrivati mentre lei era in terrazza. Raggiungono il

tavolo con la roba da bere. Improvvisamente un tipo si mette

di fronte a Babi. È Step.

"Be', vedo che mi hai dato retta, stai cercando di risolvere

i tuoi problemi" dice indicando con la testa Brandelli. "Capi-

sco che è solo un primo tentativo. Ma può andare. D'altronde,

se non hai trovato di meglio..."

Babi lo guarda, incerta. Lo conosce, ma non le è simpati-

co. Oppure sì? Cos'è successo con quel tipo?

Step le rinfresca la memoria.

"Ti ho accompagnato a scuola una mattina, un po' di gior-

ni fa."

"Impossibile, io a scuola ci vado sempre con mio padre."

"Hai ragione, diciamo che ti ho scortato. Ero attaccato al-

la tua macchina."

Babi realizzando lo guarda scocciata. .

49

< "Vedo che finalmente ti ricordi."

"Certo, eri quel tipo che diceva un sacco di cretinate. Non

sei cambiato, eh?"

"Perché dovrei, sono perfetto." Step allarga le braccia mo-

strando il suo fisico.

Babi pensa che almeno da quel punto di vista ha ragione.

È tutto il resto che non va. A cominciare dall'abbigliamento,

finendo col suo modo di comportarsi.

"Vedi, non hai detto di no."

"Neanche ti rispondo."

"Babi, ti sta dando fastidio?" Brandelli ha la malaugurata

idea di intromettersi. Step neanche lo guarda.

"No, Chicco, grazie."

"Allora, se non ti sto dando fastidio, ti sto facendo piacere..."

"Mi sei completamente indifferente, anzi direi che mi an-

noi leggermente, per essere precisa."

Chicco cerca di troncare quella discussione rivolgendosi a

Babi.

"Vuoi qualcosa da bere?"

Step risponde per lei.

"Sì, grazie, versami una Coca-Cola, va'."

Chicco non raccoglie. "Babi vuoi qualcosa?"

Step per la prima volta lo guarda. "Sì, una Coca, te l'ho già

detto, sbrigati."

Chicco rimane a guardarlo con un bicchiere in mano.

"Sbrigati. Che non ci senti, verme?"

"Lascia stare." Babi interviene togliendo il bicchiere dalla

mano di Chicco. "Faccio io."

"Vedi, quando sei gentile sei molto più carina."

Babi prende la bottiglia.

"Tieni, e sta' attento a non rovesciarla." Poi scaraventa

il bicchiere pieno di Coca-Cola in faccia a Step bagnandolo

tutto.

"Ti avevo detto di stare attento, sei proprio un bambino eh?

Non sai neanche bere."

Chicco comincia a ridere. Step gli da una spinta così forte

che lo fa volare su un tavolino basso, rovesciando tutto quello

che c'è sopra. Poi prende per i bordi la tovaglietta sulla quale

c'è la roba da bere. Tira forte, tentando di fare come alcuni pre-

stigiatori, ma il numero non gli riesce. Una decina di bottiglie

si rovesciano volando sui divani vicini e sugli invitati. Alcuni

bicchieri si rompono. Step si asciuga il viso.

Babi lo guarda schifata.

"Sei proprio una bestia." **^**?> fr*

50

"Hai ragione, ho bisogno di una bella doccia, sono tutto

appiccicoso. È colpa tua, quindi la farai con me."

Step si piega veloce prendendole le gambe e caricandose-

la sulle spalle. Babi si dimena furiosamente.

"Lasciami stare, mettimi giù! Aiutatemi!"

Nessuno degli invitati interviene. Brandelli si rialza e pro-

va a fermarlo. Step gli da un calcio in pancia che lo fa finire

contro un gruppo di invitati. Schello ride come un pazzo, bal-

la con Lucone dando schiaffi in testa a quelli che passano. Qual-

cuno reagisce. Vicino al dj scoppia una rissa. Roberta, preoc-

cupata, si ferma sulla porta, guardando esterrefatta il suo sa-

lotto devastato.

"Scusa, dov'è il bagno?"

Roberta, senza neanche stupirsi di quel tipo con una ra-

gazza sulle spalle, glielo indica.

"Di là."

Step ringrazia e segue l'indicazione. Arrivano il Siciliano e

Hook, carichi di uova e pomodori. Cominciano a centrare qua-

dri, pareti e invitati, senza fare alcuna distinzione, tirando con

violenza, a far male. Brandelli raggiunge Roberta.

"Dov e il telefono?"

"Di là." Roberta indica una direzione opposta al bagno. Le

sembra di essere un vigile che cerca di dirigere quel traffico, o

meglio quel caos terribile che è scoppiato proprio nel suo sa-

lotto. Purtroppo non ha l'autorità per fare la multa a tutti e cac-

ciarli. Qualcuno, più saggio o più vigliacco degli altri, si avvi-

cina baciandola.

"Ciao Roberta, tanti auguri. Ci dispiace, ma noi ce ne an-

diamo, eh?"

"Di là." Ormai nel pallone, indica la porta di casa dalla qua-

le, se non fosse sua, vorrebbe fuggire.

"Smettila, ti ho detto di mettermi giù. Te la farò pagare..."

"E chi mi punirà? Quella specie di stampella elegante che

aspira a fare il cameriere?"

Step entra nel bagno e apre la porta scorrevole, zigrinata,

della doccia. Babi si attacca con le mani agli infissi, cercando

di fermarlo.

"No! Aiuto! Aiutatemi!"

Step torna indietro, le prende le mani liberandole facil-

mente.

Babi decide di cambiare tattica. Cerca di fare la carina.

"Dai, va bene, va bene scusami. Adesso mettimi giù, per

favore." «*u..si.« ,.,w..j«,, .!<*£.>. . .......i» *" .*,,;, *. ... , , KJ.

51

"Che vuoi dire per favore? Mi hai tirato la Coca-Cola in fac-

cia e ora mi dici per favore?" J * s

"E va bene, ho sbagliato a tirartela." <

"E lo so che hai sbagliato."

Step entra nella doccia, si abbassa finendo sotto la cipol-

la. "Ma ormai il danno è fatto. A questo punto mi devo fare per

forza la doccia, sennò poi dici che sono pure appiccicoso."

"Ma no, che c'entra." Un getto d'acqua la colpisce in pieno

viso, affogandole quasi le parole in bocca. "Cretino!" Babi si

agita cercando di sfuggire all'acqua, ma Step la tiene ferma fa-

cendola girare per bagnarla tutta. "Lasciami, deficiente, fam-

mi scendere."

"È troppo calda?" Step, senza aspettare risposta, gira il va-

riatore di temperatura che sta proprio davanti al suo viso. Lo

porta tutto sull'azzurro. L'acqua diventa subito fredda. Babi

urla.

"Ecco quello che ci vuole, una bella doccia gelata per cal-

marti un po'. Lo sai che fa benissimo fare delle docce gelate e

poi bollenti?" E riporta il termometro sul rosso. L'acqua co-

mincia a fumare. Babi urla ancora più forte.

"Ahi, brucia! Chiudila, chiudila!"

"Guarda che fa bene veramente, allarga i pori, facilita la

circolazione, al cervello arriva più sangue, così si ragiona me-

glio e uno capisce che bisogna comportarsi bene con la gen-

te... Essere carini e magari versare una Coca-Cola, non tirar-

gliela in faccia."

Schello entra in quel momento.

"Presto Step, andiamo. Uno ha chiamato la polizia."

"Che ne sai?"

"L'ho sentito. Lucone m'ha centrato con un uovo in fronte,

io ero andato di là a pulirmi e l'ho beccato al telefono. L'ho sen-

tito io con le mie orecchie."

Step chiude la doccia, poi posa Babi per terra. Schello in-

tanto apre dei cassettini intorno alla specchiera. Trova alcuni

anelli e delle catenine, tutta roba di poco conto, ma se la met-

te in tasca lo stesso. Babi, con i capelli sul viso, completamente

bagnati, sta appoggiata al muro della doccia cercando di ri-

prendersi. Step si toglie la maglietta. Prende un asciugamano

e comincia ad asciugarsi. Addominali perfetti compaiono tra

le pieghe del tessuto di spugna. La sua pelle, liscia e tirata, sci-

vola tesa lungo gli scalini dei suoi muscoli.

Step la guarda sorridendo,

i "Ti conviene asciugarti, sennò ti prendi un raffreddore."

Babi solleva con la mano i lunghi capelli bagnati che le co-

,52

prono il viso. Scopre i suoi occhi. Sono arrabbiati e decisi. Step

finge di averne paura.

"Ohi, ohi, come non detto." Continua a frizionarsi i capel-

li. Babi rimane seduta per terra. Il vestito bagnato è diventato

trasparente. Sotto il tessuto a fiori lillà si scorgono i pizzi di

un reggisene chiaro, forse intonato alle mutandine. Step se ne

accorge.

"Allora, lo vuoi o no un asciugamano?"

"Vaffanculo."

"Che parolone! Ma come, una brava bambina come te di-

ce queste cose? Ricordami che la prossima volta che facciamo

la doccia insieme ti devo lavare la bocca con il sapone. Chia-

ro? Ricordamelo, eh?"

Strizza la maglietta e legandosela in vita esce dal bagno.

Babi lo guarda allontanarsi. Sulla sua schiena ancora bagna-

ta, alcune goccioline d'acqua scivolano tra nervi e fasci di mu-

scoli scattanti e ben delineati. Babi prende uno shampoo che

trova lì per terra e glielo tira dietro. Sentendo il rumore, Step

si abbassa istintivamente.

"Ehi, ho capito perché sei così arrabbiata, ho dimenticato

di farti lo shampoo. Va bene, adesso torno, eh?"

"Vattene! Non ci provare..."

Babi chiude veloce la porta trasparente della doccia. Step

guarda le sue piccole mani attaccate al vetro.

"Tieni!" Le lancia lo shampoo da sopra, attraverso il vetro

aperto in alto della doccia.

"Mi sa che preferisci fartelo da sola... Come tante altre co-

se... del resto!" Poi con una risata sguaiata esce dal bagno.

Alla parola polizia, nel salotto c'è un fuggifuggi generale.

La rissa finisce subito. Lucone, il Siciliano e Hook, dal passa-

to più burrascoso, sono i primi a raggiungere la porta. Alcuni

invitati rimangono a terra sanguinanti. Roberta, in un angolo,

piange. Altri ragazzi vedono degli energumeni uscire con ad-

dosso i loro piumini, gli Henri Lloyd, qualche Fay e giacche

costose. Bunny, con uno strano rumore d'argenteria, si allon-

tana più pesante del solito. Corrono giù per le scale, veloci, fa-

cendo tremare la ringhiera dove si attaccano per aiutarsi in

curva. Rovesciano i vasi costosi degli eleganti pianerottoli.

Sfondano le buche delle lettere con dei cazzotti precisi, dritti

per dritti, urlando e, dopo aver rubato qualche sella di moto-

rino, si dileguano nella notte.

5$

-ti

"ff

"Big." Raffaella posa decisa le carte sul panno verde, guar-

dando soddisfatta la sua avversaria. Una donna dagli occhiali

spessi almeno quanto la sua lentezza.

"Mettile giù, mia cara..."

Quasi le cadono dalle mani. Raffaella se ne impadronisce

velocemente.

"Questa l'attacchi qui, questa così e quest'ultima qua. Que-

ste le paghi tutte."

Fa un conto mentale veloce, poi segna il risultato parziale

su un foglio. Si alza e si mette dietro le spalle di Claudio im-

padronendosi anche del suo gioco, e dopo qualche scarto si-

curo lo convince a battere. Pure il loro compagno fa gin. Raf-

faella segna felice i punti. Se non fosse per l'under che si è fat-

to fare Claudio, li avrebbero blizzati anche in seconda. Pren-

de le carte e comincia a mischiarle, veloce. La donna dagli oc-

chiali spessi gira la vela. Anche in quello non è da meno. E len-

tissima. Raffaella non sopporterebbe di perdere, non tanto per

il punteggio, è abbastanza avanti, quanto perché le carte toc-

cherebbero a lei. Nei tavoli vicini, una linea perdente ormai da

troppo decide di cambiarsi dando la colpa così di tutte quelle

cocotte negative alla sfortuna. Qualcun altro rimette il porta-

cenere appena svuotato dalla padrona di casa dov'era prima,

alla sua destra. Un avvocato si versa un whisky, esattamente fi-

no alla fine dei disegni sul vetro. La misura giusta per vincere

rimanendo più o meno sobri. Alcune coppie all'apparenza più

innamorate di altre si scambiano un saluto affettuoso prima

di riprendere le carte in mano. In realtà, è più una specie di ri-

tuale magico che un disinteressato volersi bene. Qualche cop-

pia se ne va, giustificandosi con un'alzataccia dell'indomani

mattina o con i figli che non sono ancora rientrati. In realtà, o

lui è stato poco bene ultimamente, o lei si è annoiata quella se-

ra. Fra queste ci sono anche Marina e Filippo. Salutano tutti,

54

ringraziando la padrona di casa, mentendo sulla splendida se-

rata. Marina bacia Raffaella poi, con un sorriso più lungo del

solito, ricorda la loro segreta promessa circa le fìglie.

Dal portone 1130 della Cassia esce un gruppo di invitati.

Commentano l'accaduto. Un ragazzo sembra avere più cose da

dire di tutti. Sicuramente ha ragione, a giudicare dal suo lab-

bro gonfio. Dopo diverse, stupide, inutili domande, la polizia

è andata via da casa di Roberta. L'unica che sapeva qualcosa,

una certa Francesca, vedendo che la festa stava degenerando

si è allontanata in fretta, portando via con sé la sua borsa svuo-

tata e i nomi dei colpevoli.

Nel caos generale, Palombi e Daniela, insieme ad altri in-

vitati, sono fuggiti. Babi, completamente bagnata, ha perso sua

sorella. In compenso Roberta le ha trovato un paio di panta-

loncini che le vanno benissimo e la felpa di suo fratello più

grande nella quale ci sta quasi due volte.

"Dovresti andare più spesso vestita alle feste così, sei affa-

scinante."

"Chicco, ancora hai voglia di scherzare?" I due escono dal

portone. "Mi sono persa mia sorella e ho rovinato il vestito di

Valentino."

Mostra un'elegante busta di plastica con sopra un nome di-

verso da quello del vestito bagnato ma ugualmente famoso.

"E come se non bastasse, se mia madre mi becca che tor-

no a casa con i capelli bagnati, sono guai." Le maniche della

felpa le coprono le piccole mani. Babi se le rimbocca, tiran-

dosele su fino al gomito. Dopo appena un passo tornano giù

dispettose.

"Eccolo, è lui." Da dietro i cassonetti della spazzatura Schei-

Io indica deciso Chicco Brandelli. Step lo guarda.

"Sei sicuro?"

"Sicurissimo. L'ho sentito con le mie orecchie."

Step riconosce la ragazza che sta con quell'infame, anche

se il suo travestimento è perfetto. Non ci si dimentica facil-

mente di una donna che insiste tanto per fare la doccia con te.

"Andiamo ad avvisare gli altri."

Babi e Chicco svoltano in una stradina.

"Piuttosto, tu perché non sei intervenuto quando quel de-

ficiente mi ha messo sotto la doccia?"

"Che ne sapevo io, in quel momento ero andato di là a chia-

mare la polizia."

"Ah, sei stato tu?"

"Sì, la situazione stava degenerando, tutti che si mena-

55

vano... Hai visto ad Andrea' Mannelli che labbro gli hanno

fatto?" !'~

"Sì, poveraccio."

"Poveraccio? Quello ci va a nozze, figurati. Chissà che rac-

conterà adesso. Da solo contro tutti, l'eroe della serata. Lo co-

nosco come le mie tasche. Eccola, è questa."

Si fermano davanti a una macchina. Le frecce lampeggia-

no mentre le sicure salgono insieme. È un tipo di allarme ab-

bastanza comune, a differenza della BMW: ultimo modello, nuo-

vissimo. Chicco le apre la portiera. Babi guarda gli interni per-

fetti, in legno scuro, i sedili in pelle.

"Ti piace?"

"Molto."

"L'ho presa per te. Sapevo che ti avrei riaccompagnato a

casa stasera."

"Sul serio?"

"Certo! In realtà era tutto studiato. Quel gruppo di defi-

cienti l'ho chiamato io. Pensa, tutto quel casino è stato fatto

perché io potessi rimanere solo con te."

"Be', allora la storia della doccia te la potevi risparmiare,

almeno anche i vestiti erano all'altezza della situazione."

Chicco ride e chiude la portiera di Babi; poi fa il giro, sale

in macchina e parte.

"Tutto sommato, mi sono divertito stasera. Se non fosse

stato per quelli, sarebbe stato il solito mortorio."

"Non credo che Roberta sia dello stesso avviso." Babi po-

sa educatamente ai suoi piedi la busta plastificata. "Le hanno

distrutto la casa!"

"Capirai, che sarà, qualche piccolo danno. Dovrà ripulire i

divani e mandare in tintoria le tende."

Un rumore forte e sordo, cupo, di ferro, rompe l'atmosfe-

ra di eleganza e di armonia all'interno della macchina.

"Che è successo?" Brandelli guarda nello specchietto late-

rale. Improvvisamente compare la faccia di Lucone. Si sbelli-

ca dalle risate. Dietro di lui, Hook monta in piedi sul sellino

della moto e da un altro violento calcio alla macchina.

"Sono quei pazzi! Presto accelera." Chicco scala e comin-

cia a correre. Le moto leggere prendono subito velocità e gli

stanno addosso. Babi preoccupata si gira a guardare dietro.

Sono tutti lì, Bunny, Pollo, il Siciliano, Hook, con le loro mo-

to potenti, e in mezzo c'è Step. Il giubbotto di pelle si gonfia

aprendosi e mostrando il suo petto nudo. Step le sorride. Ba-

bi torna a guardare avanti.

"Chicco, corri più veloce che puoi, ho paura!" 4 < a.

56

Chicco non risponde e continua a guidare spingendo sul-

l'acceleratore, giù, per la discesa della Cassia, nel freddo della

notte. Ma le moto sono lì, ai fianchi della macchina, non si scol-

lano. Bunny accelera, Pollo stende la gamba e con un calcio

spacca il fanale posteriore. Il Siciliano da un calcio alla portie-

ra laterale sinistra, ammaccandogliela tutta. Le moto si piega-

no a tutta velocità, allontanandosi e avvicinandosi alla mac-

china, colpendola con forza. Rumori sordi e impietosi arriva-

no alle orecchie di Chicco.

"Cazzo, me la stanno distruggendo!"

"Chicco non ti azzardare a fermarti, che quelli distruggo-

no te."

"No, ma gli posso dire qualcosa." Preme il pulsante del fi-

nestrino elettrico, aprendolo per metà. "Sentite ragazzi" urla

mentre cerca di mantenere la calma e soprattutto la strada.

"Questa macchina è di mio padre e se..." Uno scaracchio lo

centra in piena faccia.

"Yahooo, preso, cento punti!" Pollo monta in piedi dietro

a Bunny, alzando le braccia al cielo in segno di vittoria.

Chicco, disperato, si asciuga con un panno di renna più co-

stoso e più vero dei guanti di Pollo. Babi guarda schifata quel-

lo sputo ostinato, che si stacca con difficoltà dalla sua faccia,

poi preme il pulsante richiudendo il finestrino prima che la

mira di Pollo centri qualcos'altro.

"Cerca di arrivare in centro che magari incontriamo la po-

lizia."

Chicco butta dietro il panno e continua a guidare. Arriva-

no altri rumori di carrozzeria abbozzata e fanalini rotti. Ognu-

no di questi, pensa, sono centinaia di euro di danni e lunghe

sgridate di mio padre. Allora, preso da una rabbia improvvisa,

Chicco comincia a ridere, come un pazzo, quasi in preda a una

crisi isterica.

"Vogliono la guerra? Bene, l'avranno! Li ammazzo tutti, li

schiaccio come topi!"

Da un colpo al volante, la macchina sbanda a destra, poi

di colpo a sinistra. Babi si attacca alla maniglia della portiera,

terrorizzata. Step e gli altri, vedendo la macchina che gli va

contro, allargano frenando e scalando contemporaneamente.

Chicco guarda nello specchietto retrovisore. Il gruppo è lì,

dietro di lui, sempre attaccato.

"Avete paura, eh? Bene! Beccatevi questo." Spinge di bot-

to il freno. Entra I'ABS. La macchina si ferma quasi. Quelli con

le moto laterali la schivano allargando. Schello, che sta pro-

prio in mezzo, cerca di frenare ma il suo Vespone con le ruo-

57

te lisce si mette in derapata e sbandando finisce contro il pa-

raurti. Schello cade a terra. Chicco riparte sgommando a tut-

ta velocità. Le moto, che sono rinite davanti alla macchina, si

scansano per paura di essere investite. Gli altri si fermano a

soccorrere l'amico.

"Che figlio di puttana!" Schello si rialza, ha tutti i pantalo-

ni sdruciti all'altezza del ginocchio destro. "Guardate qui."

"Capirai, col volo che hai fatto ti è andata fin troppo bene.

Hai solo un ginocchio sbucciato."

"Che cazzo me ne frega del ginocchio, quello stronzo mi

ha rovinato i Levi's, me li sono comprati l'altroieri."

Tutti ridono, divertiti e sollevati, per l'amico, che non ha

perso la vita e nemmeno la voglia di scherzare.

"Yahooo, li ho fottuti, li ho fregati quei bastardi!"

Chicco sbatte felice le mani sul volante. Butta di nuovo uno

sguardo allo specchietto retrovisore. Solo una macchina lon-

tana. Si rassicura. Non c'è più nessuno. "Stronzi, stronzi!" sal-

ta sul sedile. "Ce l'ho fatta!"

Poi si ricorda di Babi al suo fianco. "Come stai?" Torna se-

rio guardandola preoccupato.

"Meglio, grazie." Babi si stacca dalla portiera risedendosi

normalmente. "Ora però vorrei andare a casa."

"Ti ci porto subito."

Si ferma un attimo allo stop, poi continua per Ponte Mil-

vio. Chicco la guarda di nuovo: i capelli bagnati le scendono

lungo le spalle, gli occhi azzurri guardano avanti ancora un po'

impauriti.

"Mi dispiace per quello che è successo. Ti sei spaventata?"

"Abbastanza."

"Vuoi bere qualcosa?"

"No, grazie."

"Io però mi devo fermare un attimo."

il "Come vuoi."

Chicco fa un'inversione. Accosta vicino alla fontanella pro-

prio davanti alla chiesa, si butta un po' d'acqua sulla faccia, le-

vandosi gli ultimi possibili rimasugli di enzimi della saliva di

Pollo. Poi si fa passare il vento fresco della notte sul volto an-

cora bagnato, rilassandosi. Quando riapre gli occhi, guarda in

faccia la realtà. La sua macchina, o meglio, la macchina di suo

padre.

"Porca puttana!" sussurra fra sé, e fìngendo indifferenza fa

il giro, controlla i danni, toglie pezzi di fanalini rotti ancora in

bilico. Le portiere sono tutte pieni di bozzi, le fiancate stru-

sciate. In alcuni punti è saltata la vernice metallizzata. Fa una

58

specie di preventivo mentale. Sui mille euro. Se si fosse pre-

sentato a quella trasmissione dove bisogna indovinare il prez-

zo giusto non l'avrebbero preso neanche fra il pubblico. Fa un

sorriso a Babi piuttosto forzato.

"Be', c'è da rimetterla un po' a posto, ha qualche struscia-

tura."

Non fa in tempo a finire la frase. Una moto blu scura, che

con i fari spenti lo ha seguito fin lì, si ferma rombando a un

passo da lui. Chicco non riesce quasi a girarsi che viene spin-

to con violenza sul cofano abbozzandolo. Nel preventivo si ag-

giungono almeno altri cinquecento euro. Step gli si scaraven-

ta con tutto il peso addosso, sferrandogli cazzotti in faccia, vio-

lenti, cercando di centrare la bocca, riuscendoci.

Le labbra cominciano subito a sanguinargli.

"Aiuto! Aiuto!"

"Così la prossima volta impari a tenere la bocca chiusa, ver-

me, infame, pezzo di merda!" E giù cazzotti, uno dopo l'altro,

sbattendogli la testa sul cofano, facendo sempre più danni. Ora,

oltre al carrozziere, il padre dovrà pagare anche un dentista.

Babi scende dalla macchina e, presa dalla rabbia, comin-

cia a colpire Step con pugni e calci, dandogli in testa la busta

plastificata con il vestito dentro.

"Lascialo stare, vigliacco! Smettila!"

Step si gira e l'allontana con una spinta violenta. Babi va

indietro, inciampa contro il marciapiede e perde l'equilibrio

finendo per terra. Step rimane a guardarla per un attimo. Chic-

co ne approfitta e cerca di entrare in macchina. Ma Step è più

veloce.

Si butta sulla portiera bloccandogli il petto. Chicco urla dal

dolore. Step lo prende a schiaffi. Babi si rialza da terra dolo-

rante. Comincia a strillare anche lei cercando aiuto. Proprio

in quel momento passa una macchina. Sono gli Accado.

"Filippo, guarda! Che succede? Ma quella è Babi, la figlia

di Raffaella!"

Filippo frena e scende dalla macchina, lasciando la por-

tiera aperta. Babi gli corre incontro gridando:

"Divideteli, presto, si stanno ammazzando!".

Filippo si getta su Step bloccandolo da dietro. "Fermo, la-

scialo stare!" Lo abbraccia, tirandolo via dalla portiera. Chic-

co, finalmente libero da quella morsa, si massaggia il petto do-

lorante poi, terrorizzato, sale in macchina e fugge a tutta ve-

locità.

Step, cercando di liberarsi dalla stretta del signor Accado,

59

si piega in avanti e lancia con forza la testa all'mdietro. Lo col-

pisce in piena faccia. Gli occhiali del signor Accado volano via

spaccandosi, proprio come il suo setto nasale che comincia a

sanguinare. Filippo barcolla, con le mani sul naso, perdendo

sangue, non sapendo dove andare. Ora, improvvisamente mio-

pe di nuovo, quasi piange offuscato dal dolore. Marina corre

in aiuto del marito.

"Delinquente, disgraziato! Non ti avvicinare, non ti azzar-

dare a toccarlo!"

E chi vuole toccarlo! Chi se lo aspettava che fosse un vec-

chio quel pazzo che lo ha assalito alle spalle. Step guarda in si-

lenzio quella donna urlante.

"Hai capito mascalzone? Ma non finisce qua!" Marina aiu-

ta il marito a salire in macchina, poi mette in moto e si allon-

tana con qualche difficoltà. La signora Accado non guida qua-

si mai, solo in casi eccezionali. E quello lo è. Non capita spes-

so che il marito faccia a capocciate per strada.

Babi si piazza davanti a Step.

"Sei una bestia, un animale, mi fai schifo! Non hai rispet-

to per niente e per nessuno."

Lui la guarda sorridendo. Babi scuote la testa.

"Non fare quella faccia da ebete."

"Si può sapere cosa vuoi da me?"

"Niente, non posso volere niente, che si può chiedere a una

bestia? Hai colpito un signore, uno più grande di te."

"Primo, mi ha messo lui le mani addosso, secondo, chi caz-

zo lo sapeva che era un signore? Terzo, peggio per lui che non

si è fatto gli affari suoi."

"Ah sì? Allora uno che non si fa gli affari suoi tu lo colpi-

sci in faccia, lo prendi a capocciate! Ma stai zitto! Aveva pure

gli occhiali, guarda..." Raccoglie quello che ne rimane.

"Gliel'hai rotti, sei felice? Sai che è un reato colpire uno

con gli occhiali?"

"Ancora? Questa storia la sento da una vita. Ma chi l'ha mai

detta questa cosa degli occhiali?" Step va verso la moto, ci sa-

le. "Sicuramente l'ha messa in giro un occhialuto vigliacco, uno

che ha paura di fare a stecche, anzi, che proprio per questo

porta gli occhiali e racconta cazzate." Step accende la moto.

"Be', ti saluto." Babi si guarda intorno. Non passa nessuno. La

piazza è deserta.

"Come, mi saluti?"

"Allora come vuoi, non ti saluto."

Babi sbuffa scocciata.

"E io, come torno a casa?"

60

"E che cazzo ne so? Potevi farti accompagnare dall'amico1

tuo, no?"

"Impossibile, l'hai menato e l'hai fatto fuggire."

"Ah, ora è colpa mia."

"E di chi sennò? Dai, fammi salire." Babi va verso la mo-

to, solleva la gamba lateralmente per sedersi dietro. Step al-

lenta la frizione. La moto si muove leggermente. Babi lo guar-

da. Step si gira ricambiando il suo sguardo. Babi riprova a sa-

lire ma Step è più veloce di lei e va di nuovo avanti. "Dai, stai

fermo. Ma che, sei cretino?"

"Eh no, cara. Sono una bestia, un animale, ti faccio schifo

e ora vuoi salire dietro a me? Dietro uno che non ha rispetto

per niente e per nessuno? Eh, no, troppo facile! Ci vuole coe-

renza in questo mondo, coerenza."

Step la guarda seriamente, con la sua faccia da schiaffi.

"Da uno così mica puoi accettare passaggi."

Babi socchiude gli occhi, questa volta per l'odio che prova.

Poi si incammina decisa per via della Farnesina.

"Ho ragione o no?"

Babi non risponde. Step ride fra sé, poi accelera e la rag-

giunge. Le cammina al fianco, seduto sulla moto. "Scusa, io lo

faccio per te. Poi ti dispiace aver accettato un compromesso.

È meglio invece che resti della tua idea. Io sono una bestia e

tu vai a piedi fino a casa. Sei d'accordo?"

Babi non risponde, attraversa la strada, guardando dritta

davanti a sé. Sale sul marciapiede. Step fa la stessa cosa. Si al-

za sulle pedaline per attutire il colpo. "Certo..." Continua ad

accompagnarla con la moto.

"Se però mi chiedi scusa, ti rimangi quello che hai detto, e

dici che ti sei sbagliata... Allora non c'è problema... Io ti posso

accompagnare, perché in quel caso c'è coerenza."

Babi attraversa di nuovo la strada. Step la segue. Accelera

un po' accostandola, con una mano le tira la felpa.

"Allora? È facile, guarda, ripeti con me: chiedo perdono..."

Babi gli da una gomitata, si libera di lui e comincia a

correre.

"Ehi, che modi!" Step accelera e la raggiunge dopo poco.

"Allora, vuoi fartela tutta a piedi fino a casa tua? A proposito,

dove abiti? Lontano? Ah, ho capito, vuoi dimagrire. Sì, in ef-

fetti hai ragione, non è stato mica uno scherzo portarti in brac-

cio sotto la doccia." La supera sorridendole.

"E poi, se dobbiamo fare altre cose è meglio che perdi qual-

che chiletto, mica ce la faccio tutti i giorni a fare queste fati-

cate, eh? Poi io a te già ti ho capito. Sei il classico tipo che gli

61

piace stare sopra, vero? Allora devi dimagrire per forza, sennò

con tutto quel peso mi spiaccichi."

Babi non ce la fa più. Prende una bottiglia che spunta da

un secchio e gliela tira provando a colpirlo. Step frena di col-

po e si abbassa lateralmente. La bottiglia gli passa di poco so-

pra, ma la moto si spegne e gli cade di lato. Step tira in su il

manubrio, con forza, riuscendo a fermarla prima che tocchi

terra. Babi si mette a correre veloce. Step perde un po' di tem-

po a riaccendere la moto.

Da una traversa laterale sbuca, proprio in quel momento,

un boro con una Golf vecchio modello. Vede Babi correre da

sola e l'accosta.

"Ehi, bella bionda, vuoi un passaggio?"

"Ehi, brutto stronzo, vuoi un cazzotto in bocca?"

Il tipo guarda Step che improvvisamente si è infilato tra lo-

ro. Capisce che più che fica si rimediano schiaffi. Se ne va gi-

rando la testa come sdegnato.

Alza il braccio destro, cercando di darsi uno stile non ben

definito, quel fingere di essere superiore per non ammettere in

realtà di aver fatto pippa. Step lo guarda allontanarsi, poi su-

pera Babi e le taglia la strada.

"Dai, monta, basta con questa storia."

Lei prova a passargli davanti. Step la stringe contro il mu-

ro. Babi cerca di passare da dietro. Step la prende per la felpa.

"Ho detto sali!"

La tira arrabbiato a sé. Babi allontana il viso spaventata.

Lui guarda quegli occhi limpidi e profondi che lo fissano im-

pauriti. Lentamente la lascia andare, poi le sorride.

"Dai, ti accompagno a casa, sennò stasera va a finire che

litigo con mezzo mondo."

In silenzio, senza dire nulla se non dove abita, sale dietro

di lui. La moto parte veloce, con rabbia, scattando in avanti.

Babi istintivamente lo abbraccia. Le sue mani finiscono, senza

volerlo, sotto il giubbotto. La sua pelle è fresca, il suo corpo cal-

do nel freddo della notte. Babi sente scivolare sotto le sue dita

muscoli ben delineati. Si alternano perfetti a ogni suo più pic-

colo movimento. Il vento le scorre lungo le guance, i capelli ba-

gnati ondeggiano nell'aria. La moto si piega, lei lo abbraccia

più stretta e chiude gli occhi. Il cuore comincia a batterle for-

te. Si chiede se sia solo paura. Sente il rumore di alcune mac-

chine. Ora sono in una strada più grande, fa meno freddo, gi-

ra la faccia e posa la guancia sulla sua schiena, sempre senza

guardare, lasciandosi cullare da quel salire e scendere, da quel

rumore potente che sente sotto di lei. Poi più niente. Silenzio.

62

"Be', io starei così anche tutta la notte, anzi, magari andrei

avanti, approfondirei, che ne so, troverei altre posizioni!"

Babi apre gli occhi e riconosce i negozi chiusi intorno a

lei, gli stessi che vede ogni giorno da sei anni, da quando so-

no andati ad abitare lì. Scende dalla moto. Step fa un respi-

ro profondo.

"Meno male, mi stavi stritolando!"

"Scusa, avevo paura, non sono mai stata dietro in moto!"

"C'è sempre una prima volta per tutto."

Proprio in quel momento una Mercedes frena vicino a lo-

ro. Raffaella scende di corsa. Non crede ai suoi occhi.

"Babi, ti ho detto mille volte che non voglio che tu vada die-

tro in moto. E poi cosa ci fai con quei capelli bagnati?"

"Ma... veramente..."

"Signora, aspetti che le spiego. Io non volevo accompa-

gnarla, è vero? Diglielo a tua madre che non volevo. Però lei

ha insistito tanto... Perché è successo che il suo cavaliere, uno

con una bellissima BMW, ma tutta sfasciata, è scappato via."

"Come è scappato?"

"Sì, l'ha lasciata per strada! Pensi che tipo."

"Assurdo."

"Infatti! Ma io l'ho sgridato per questo, eh, signora, non si

preoccupi." Step guarda Babi. "Vero Babi?"

Poi, facendolo sentire solo a lei: "Sai una cosa... Babi. Mi

piace il tuo nome".

"Senti mamma lascia stare, eh, ne parliamo dopo."

Claudio abbassa il finestrino elettrico.

"Ciao Babi."

"Ciao papa."

Step saluta anche lui.

"Buonasera!" È divertito da quella strana riunione di fa-

miglia. Raffaella, invece, non si sta divertendo affatto.

"Come ti sei conciata? Dov'è il mio vestito di Valentino?"

Babi alza il braccio mostrando la busta.

"Qua dentro."

"E tua sorella? Si può sapere dove l'hai lasciata?"

Proprio in quel momento arriva anche Daniela. Scende dal-

la macchina insieme a Palombi che l'ha accompagnata.

"Ciao ma'."

Non fa in tempo a finire la frase. Raffaella le da un ceffo-

ne, prendendola in piena faccia.

"Così impari a non tornare con tua sorella."

"Mamma, ma non sai cos'è successo. Sono arrivati degli

imbucati e..." ,, ., , .,

63

i "Stai zitta."

Daniela si massaggia in silenzio la guancia. Palombi, se-

guendo anche lui l'ordine di Raffaella, risale in macchina e se

ne va.

Step accende la moto. Si avvicina a Babi.

"Ora capisco perché hai questo caratteraccio. Non è colpa

tua, è una cosa ereditaria."

Poi mette la prima e con un "Arnvederci" strafottente si al-

lontana nella notte.

Babi e Daniela salgono in macchina. La Mercedes entra nel

comprensorio e passa davanti al portiere. Fiore si è divertito

molto di più a vedere quei cinque minuti che tutto "Torno sa-

bato... E tre". Più tardi, mentre si spogliano, Daniela si scusa

con la sorella per averle sbrindellato la gonna che le ha pre-

stato ^

"È stato Palombi, mi ha baciata!" Ma il suo orgoglio è bloc-

cato sul nascere da un sonoro schiaffone. Quando si fanno cer-

te confidenze a una sorella, bisogna essere sicuri che i genito-

ri siano già a letto. Raffaella, dal nervoso, ci mette un po' ad

addormentarsi. Quella sera molte persone dormono male, al-

cune passano la notte all'ospedale, altri hanno degli incubi. Fra

questi Chicco Brandelli. Pensa a tutte le soluzioni possibili, la-

sciare la macchina per strada, portarla di nascosto dal carroz-

ziere l'indomani mattina, o buttarla in una scarpata e denun-

ciarne il furto. Alla fine giunge all'unica soluzione possibile.

Non ci sono soluzioni. Dovrà affrontare suo padre, proprio co-

me ha fatto Roberta quella stessa sera, con i suoi. Babi è a let-

to, stravolta dalla serata. Pensa che la colpa di tutto è di quel

deficiente, di quel cafone, di quell'animale, di quella bestia, di

quel violento, di quel maleducato, di quello strafottente, di quel-

l'idiota. Poi, pensandoci meglio, si accorge di non sapere nean-

che come si chiama.

Due raggi di sole attraversano la stanza. Salgono lungo i

bordi del letto, sulla trapunta, sui suoi capelli dorati, sulle sue

braccia scoperte. Al caldo tocco di un nuovo giorno Babi apre

gli occhi. La sveglia non ha ancora suonato. Si tira su il piu-

mino, coprendosi fin sotto il mento. Rimane con gli occhi an-

cora socchiusi, con le mani sulla pancia, senza spostare le gam-

be, immobile. Improvvisamente la sveglia suona. Fastidiosa e

insistente, preceduta solo da un piccolo scatto. Babi si muove

svogliata nel letto, allunga il braccio, cercando la sveglia a ta-

stoni sul comodino. Urta Siddharta di Resse, un libro della Your-

cenar lasciato a metà e Ballo di famiglia. Trova la sveglia, la

spegne. Poi accende la radio. È già sintonizzata sui 103.10, e

come ogni mattina Branko sta dando gli oroscopi.

"Gemelli. Anche oggi una situazione stazionaria. La luna

passa nel vostro segno. I suoi influssi vi renderanno partico-

larmente nervosi."

Capirai, papa non lo reggo normalmente, figuriamoci ades-

so con gli influssi della luna!

"Cancro. Per i nati sotto questo segno..." Lascia correre sen-

za prestare troppa attenzione alle parole. Chi è del Cancro?

Pallina? No, è nata a maggio. Maggio deve essere Toro o Pesci.

No Pesci è marzo.

Lentamente chiude gli occhi e si riaddormenta. Si lascia

andare così, in quella specie di dormiveglia leggero e piacevo-

le, ancora calda e intontita, tornata da poco da chissà quale

mondo. Ma poi, senza capire bene perché, si sveglia improv-

visamente. Forse un rumore lontano, un profumo diverso, una

sensazione di responsabilità. Apre gli occhi di corsa e si gira

veloce verso la sveglia. Ancora le 7.20. Meno male. Sono pas-

sati appena pochi secondi, ma chissà perché le sono sembrati

lunghissimi.

"Vergine. Per i nati in questo periodo..." ' '"'

65

Babi si gira verso la radio particolarmente interessata. È il

suo segno. Sei settembre, "...il passaggio di Venere porterà mo-

menti particolarmente felici nella vita degli innamorati." In-

namorati! Figurati, prima devo incontrare uno giusto. Non uno

che scappa e mi lascia per strada. Scende dal letto. Poi sente

dei rumori dalla camera vicina, corre verso il bagno ma Da-

niela è più veloce di lei e le chiude quasi la porta in faccia.

"Dai Dani, fammi entrare, sono già le sette e mezzo..."

"Sì, così ti prendi l'esclusiva del lavandino come al solito.

Non esiste."

"Dai, non fare la cretina, ti faccio posto." Daniela apre la

porta. Babi entra.

"Mi sa che non ti sono bastate le botte di ieri sera." Danie-

la le risponde con una smorfia, poi si alternano lavandosi a

pezzi, un po' per una, senza vergogna e soprattutto senza par-

lare. La mattina Babi fino a quando non ha preso il caffè è in-

trattabile, proprio come sua madre. Daniela tenta lo stesso.

"Che te ne sembra di quello che ti ha accompagnato ieri se-

ra? Ti piace?"

Babi fa uno strano verso. Non può rispondere, si sta la-

vando i denti. Guarda la sorella attraverso lo specchio con gli

occhi stralunati, poi si sciacqua veloce la bocca. "Mi piace? Ma

che, stai scherzando? Sei pazza? Come può piacermi uno co-

sì? Una bestia. Lo sai che ha fatto ieri sera? Con i suoi amici

ha sfondato la macchina di Brandelli, poi ha cominciato a fa-

re a botte con Chicco; allora si è fermato il signor Accado che

passava di lì e ha cercato di dividerli e quel tipo, quell'anima-

le, ha menato pure lui. Come può piacermi uno che adopera

la testa per darla in faccia agli altri invece che per pensare?"

"Sarà, ma a noi ci piace a tutte!"

"A voi? A voi chi?"

"A me, Giuli, Giovanna, Stefania..."

"Sì, quattro sgallettate deficienti che hanno il culto di que-

sti qui... Il mito dei picchiatori, degli idioti, mi dirai. Vorrei ca-

pire che gusto c'è ad andare in giro a distruggere tutto, a fare

sempre casino, a picchiare la gente..."

"Hanno un sacco di ragazze carine, le cambiano come e

quando vogliono lui e i suoi amici."

"Mi immagino che tipo di ragazze!"

"No, ce ne sono anche di finissime. Pensa che proprio Glo-

ria, la figlia degli Accado, sta con Dario, uno degli amici di

Stop."

^tep. " <-Sf.r "!* .»?:-* _,.!,', '*, " i"1-* ,.,' ./

66

"Sì, Stefano Mancini, quello che ti ha accompagnata. Io e

Giulia lo chiamiamo 10 e lode, ma tutti lo chiamano Step."

"Step? Passo? Ne dovrebbe fare tanti uno dopo l'altro e

buttarsi nel fiume per quanto mi riguarda. Dai, sbrigati, non

voglio sentire papa che urla come al solito perché facciamo

tardi."

Babi torna in camera e comincia a vestirsi velocemente.

La divisa è lì, sulla sedia. L'ha preparata la sera prima anche

se hanno fatto molto tardi. Ormai è diventata un'abitudine. Si

infila la camicia celeste, poi si mette la gonna.

Step. Che nome idiota. D'altronde, gli va perfetto. Babi va

in cucina.

"Ciao mamma."

Babi bacia Raffaella sulla guancia. Come ogni mattina la

colpisce il sapore di latte della sua crema Revlon.

"Ciao Babi."

Raffaella è lì che beve il suo caffè nero senza zucchero. Gli

occhi struccati e ancora insonnoliti non sono abituati alla lu-

ce. La cucina infatti è tutta in penembra. Babi si siede davan-

ti a lei. Arriva Daniela che prende posto lì vicino. Babi si ver-

sa del caffè, poi il latte, e ci mette dentro un po' di Dietor.

Anche Daniela si versa il caffè e poi del latte, ma ci mette

dello zucchero di canna. Ognuno con le proprie abitudini, il

proprio posto, la propria tazza.

"Mamma potresti comprare quei budini al riso-latte della

Danone al sapore di cioccolato. Buonissimi!"

Daniela guarda Babi cercando un'approvazione che non

trova.

"A me invece mamma dovresti prendere degli altri biscot-

ti integrali, che stanno finendo."

"Se non lo scrivete non compro nulla."

Daniela si alza e aggiunge alla lista della spesa su una men-

sola lì vicino i suoi budini e i biscotti dietetici della sorella.

"Daniela, ti avverto che se anche stavolta li fai scadere li

paghi tu."

"Ma mamma perché mi dici così?"

"Perché gli ultimi yogurt alla frutta che ti piacevano tanto

li ho dovuti buttare."

"Buongiorno a tutti! Come stanno le mie splendide don-

ne?" Claudio bacia le sue due figlie. Si siede anche lui al suo

solito posto a capotavola vicino a Raffaella.

"Malissimo, non capisco perché la mattina si debbano fa-

re sempre delle chiacchiere lunghissime e inutili. Stabiliamo

una regola. Di mattina non si parla." ,. , , ,, , (

67

Raffaella si versa un altro po' di caffè, poi si alza.

"Be', io torno a letto. Con voi due ci vediamo all'uscita di

scuola. A proposito, dite a Giovanna che oggi non voglio aspet-

tare. Ha detto mamma che se non viene subito, lei se ne va."

Da un bacio sulla guancia a Claudio e con un "Ciao tesoro!"

va via.

Claudio prende la caffettiera. L'apre e guarda dentro.

"Ma è possibile che non mi lasciate mai un po' di caffè?"

Claudio sbatte la caffettiera sul piattino di legno.

"Tutte le mattine la stessa storia. Ma insomma, non è pos-

sibile!"

Babi prende la caffettiera. "Papa, te ne preparo uno?"

"Non c'è più tempo, vorrà dire che lo prenderò fuori, al so-

lito. Ma perché non facciamo una caffettiera più grossa?"

Daniela mette a posto le tazze nel lavabo. "Perché non ce

l'abbiamo."

"E allora compriamola." Daniela gli mette davanti la lista

della spesa.

"Che c'è?"

"Tieni, scrivi. Mamma non vuole ricordarsi nulla. Qualun-

que cosa vogliamo, bisogna scriverla."

Claudio prende il foglio dalle mani di Daniela. Lo legge, poi

scrive, sotto "biscotti dietetici" con, tra parentesi, "Babi", "caf-

fettiera da venti" con, tra parentesi, "Claudio che non riesce

mai a bersi un caffè".

"Ecco fatto!" Chiude la penna e la sbatte sul tavolo. Poi si al-

za rovesciando lo sgabello dentro al quale come ogni mattina è

finita la sua gamba. "Mannaggia a questi sgabelli!" Esce dalla

porta di casa lasciandola aperta. Babi e Daniela si guardano.

"Speriamo che faccia bene manovra. Stamattina mi sem-

bra particolarmente nervoso."

"Sono gli influssi della luna. Oggi è passata nel suo segno.

Sbrigati a venire giù piuttosto."

"Sì, sbrigati, sbrigati. Intanto metto a posto sempre io."

"Perché, ieri sera la tavola chi l'ha preparata? E allora?!..."

Babi prende la borsa dei libri ed esce. Però Branko ci ha

proprio preso. Poi, mentre scende le scale, cerca di ricordarsi

il suo oroscopo. Cosa diceva la luna? Ah sì. Attenzione a pos-

sibili incontri.

,,ti' I.

, ,,,,5*»,, *,i-, - -

Nel cortile della scuola, sotto le fronde di un largo salice,

su un lungo muretto di marmo bianco alcune ragazze copia-

no frenetiche i compiti.

"Ma che c'è scritto qui? Uguale...?"

"x meno uno! Ma non sei capace neanche a copiare?"

"Ma guarda come scrivi!"

"Pure! Non fai mai niente a casa e ti lamenti anche di co-i-

me scrivo? Ma guarda che sei forte!"

"Oh, arriva la Catinelli."

Pallina chiude il quaderno di matematica e corre incontro

alla Catinelli insieme a qualche altra ragazza, tutte possibili

candidate all'interrogazione di latino.

"Dai Ale, sbrigati che fra un po' suona, dacci la versione di

latino." Le ragazze aspettano davanti alla Catinelli.

"No, niente da fare."

"Come niente da fare?"

"Che, non ci sentite? Non mi va che state a copiare la mia

versione. Va bene? Non capisco perché non potete tradurvela

a casa per conto vostro, come fanno tutti."

Pallina le si avvicina.

"Dai Ale, non fare così. Scusa, oggi la Giacci mi interroga

sicuro e pure alla Festa."

Una ragazza del gruppo ma con la divisa più disordinata

delle altre, proprio come i suoi compiti in classe, annuisce.

"Dacci la versione dai! Quella ci secca sennò!"

"Pallina non insistere."

"Che c'è Pallina? Su che stai insistendo?"

"Ah ciao Babi. C'è Ale che non vuole darci la versione. Tu

l'hai fatta?"

Per un attimo la Catinelli non è più al centro dell'attenzione.

"No, solo metà. Ma mi sa che non è neanche giusta. È che

io sono già stata interrogata. Ho controllato, oggi dovrebbe toc-

69

care a te e a Silvia Festa e poi ricomincia il giro. Ma di solito

interroga chi ha l'insufficienza."

La Catinelli prova ad allontanarsi. Pallina la tira per la

giacca.

"Hai sentito? Dai, non ci puoi lasciare così, ci rovini a tutte!"

"Non ho capito perché non fate come la Giannetti. Lei do-

po che l'ha fatta mi telefona e la ricontrolliamo insieme... Co-

sì se la prepara e il giorno dopo va bene. Come fate voi, a co-

sa vi serve?"

"Ma che ti frega? Infatti il latino non serve proprio a nien-

te. Insomma, ce la dai o no questa versione?"

"Te l'ho già detto, no. Fatevela dare dalla Giannetti."

Pallina sbuffa. "Sì, quella arriva sempre all'ultimo... Fra cin-

que minuti suona. Dai, almeno oggi... L'ultima volta, promesso."

"Lo dite ogni volta. No, questa volta è no. Non ve la do!"

La Catinelli si allontana.

"Ma guarda che stronza. È pure un mostro. Ecco perché è

così acida. Non ha mai nessuno che se la fila. È chiaro. Alme-

no noi ci divertiamo e piacciamo un sacco." Silvia Festa si av-

vicina a Pallina.

"Sì, ma non credo che a mia madre piacerà molto il tre che

ci mette la Giacci se non abbiamo fatto la versione."

"Tieni, prendete la mia". Babi tira fuori dalla borsa il suo

quaderno di latino e lo apre all'ultima pagina.

"Almeno potete dire di averci provato. L'avrete fatta per

metà ma è meglio di niente. Dite che vi siete fermate a espera-

visse. È un verbo che non so proprio da dove cavolo viene. In

effetti l'ho cercato un quarto d'ora su // ma non sono riuscita

a trovarlo. Poi mi sono scocciata e ho fatto merenda. Uno yo-

gurt magro, senza zucchero, terribile. Quasi più acido della Ca-

tinelli." Tutte ridono.

Pallina prende il quaderno e lo appoggia sul muretto. Lo

mette in mezzo alle altre. "Comunque è vero, lo studio fa in-

grassare. Io l'ho sempre detto, se avessi fatto il linguistico avrei

sicuro quattro chili in meno." Pallina comincia a copiare se-

guita da Silvia e altre ragazze, tutte possibili vittime della ter-

ribile Giacci.

Dalle grandi vetrate della classe si vedono dei prati poco lon-

tani. Alcuni bambini, vestiti uguali, giocano correndo fra l'er-

ba. Una maestra aiuta a rialzarsi un bambino che ha sporcato

di verde il suo grembiule bianco. Il sole batte sui banchi. Babi

guarda distrattamente la sua classe. La Benucci ha resistito me-

no del solito. Sta lì, con le mani sotto il banco, intenta a traffi-

70

care con la sua pizza rossa. Ne stacca un pezzo e con le dita co-

perte di pomodoro la porta veloce alla bocca. Poi comincia a

masticare, fingendo indifferenza, a bocca chiusa, ascoltando la

lezione come se niente fosse. Babi presta per un attimo atten-

zione alla spiegazione della Giacci. Una giovane donna dell'Ot-

tocento pur non sapendo andare minimamente a cavallo ha de-

ciso di farlo lo stesso. Ed è caduta. Babi non ha seguito così at-

tentamente da capire se si è fatta male o no. L'unica cosa sicu-

ra è che qualcuno, veramente a corto di idee, ci ha fatto su una

specie di romanzo.

"Bene. Questa ode, A Luigia Pallavicìni caduta da cavallo,

la portate per lunedì." L'altra cosa sicura è che loro l'avrebbe-

ro dovuta studiare. La campanella suona. La Giacci chiude il

registro.

"Vado nella sala professori a prendere il registro di latino.

Vi lascio sole. Non fate macello."

Le ragazze escono tutte dai banchi. Tre di loro prima che

la professoressa se ne vada riescono a strapparle il permesso

di andare in bagno. In realtà una sola ci va per ragioni fisiolo-

giche. Le altre due entrano in un unico bagno e si dividono fe-

lici lo stesso vizio. Una piacevole Merit alla faccia di tutti quel-

li che la indicano come la sigaretta che fa peggio di tutte.

Rientra la Giacci. Tutte le ragazze si rimettono ai loro po-

sti. Ascoltano attente la spiegazione sulla metrica latina. Qual-

cuna segna gli accenti e ricopia la frase scritta alla lavagna.

Qualcun'altra, sicura di venire interrogata, ripassa la versione.

La Benucci non riesce a resistere. Scarta di nuovo la piz-

za. Due ragazze poco più indietro masticano delle Vigorsol.

Cercano di mandare via l'odore della nicotina. Un'altra in fon-

do alla classe segue tranquilla la lezione. Il suo mal di pancia

è scomparso.

"Allora per mercoledì prossimo porterete da pagina 242 a

pagina 247: traduzione e lettura in metrica con conoscenza

perfetta delle regole degli accenti."

Babi apre il diario e segna sotto mercoledì i compiti da fa-

re. Poi quasi senza volerlo lo sfoglia, andando indietro. Pagi-

ne colorate e piene di scritte passano sotto i suoi occhi. Feste,

compleanni, frasi simpatiche di Pallina, voti dei compiti in clas-

se. Giudizi su film visti al cinema, amori possibili, impossibi-

li, passati.

"Marco T.V.B." Si ferma. Guarda quella scritta in rosso, lì in

fondo alla pagina. Un piccolo cuore a seguire. Novembre. Sì,

era novembre. E lei ne era follemente innamorata.

M «»'.»f!,N* ni, j.fc:»,t . »'»»*'»

71

Novembre. Un anno prima. "',.,'>, *."»>»

"Mamma è arrivato niente per me?"

"Sì, c'è una lettera di là in cucina. Te l'ho messa sul tavolo."

Babi corre subito in cucina, trova la lettera. Riconosce la

scrittura e l'apre felice. Sono quattro mesi che stanno insieme.

La sua storia più lunga. In realtà praticamente la sua unica sto-

ria. Legge la lettera.

Cara Babi,

in questo giorno così importante (la scoperta dell'America?

Di più! Il primo uomo sulla luna? Molto di più! L'inaugurazio-

ne del Gilda? Ci siamo quasi!)... Ehi, piccola. Sto scherzando!

Oggi sono quattro mesi che stiamo insieme e ho deciso che per

te deve essere un giorno speciale, felice, bellissimo, romantico.

Sei pronta? Prendi la Vespa dal garage ed esci. Perché è iniziata

la tua "caccia al tesoro". "Tesoro" nel senso di amore. Proprio

quello che io provo per te. Marco.

P.S. Il primo messaggio è: "C'è una villa dove vai, I ma di not-

te quasi mai, I on thè left è il terzo tree, I in inglese certo, sì. / Se

tu sotto scaverai, /qualche cosa troverai. / Sei pronta? Vai!".

Babi chiude la lettera e pensa. La villa è Villa Glori, dove

vado sempre a correre. In inglese? Ma per chi mi ha preso?

Certo è facile, è il terzo albero appena entrati sulla sinistra.

"Mamma, io esco."

"Dove vai?"

"Devo portare una cosa a Pallina."

Babi si mette il giubbotto di renna.

"A che ora torni?"

"Per cena. Studierò da lei."

Raffaella compare sulla porta.

"Mi raccomando, non fare tardi!"

"Se cambia qualcosa ti telefono."

Babi esce veloce, poi si ferma sulla porta e torna indietro.

Bacia frettolosa la madre sulla guancia e scappa via. Arrivata

in cortile apre lentamente senza far rumore la serranda del ga-

rage. Tira fuori la Vespa, poi, senza accenderla, va giù per la

discesa. Ma proprio mentre fa la curva, guarda su. Raffaella è

affacciata al balcone, i loro sguardi si incontrano.

"Mamma, in autobus ci metto troppo."

"Prenditi almeno una sciarpa."

"Mi tiro su il collo del giubbotto, non ho freddo, veramen-

te. Ciao."

Babi ingrana la seconda. La Vespa fa una piccola frenata,

poi si accende di colpo e scatta in avanti con il motore acceso.

Babi abbassa la testa passando per un pelo sotto la sbarra che

72

Fiore ha prontamente alzato. Fa tutto corso Francia e arriva a

Villa Glori. Mette la Vespa sul cavalietto ed entra di corsa nel-

la villa. Alcune donne portano i bambini a spasso. Qualche atle-

tico ragazzo fa footing. Babi si avvicina al terzo albero sulla si-

nistra. In basso, vicino alle radici, c'è un piccolo cespuglio. Lo

sposta. Sotto è stata nascosta una busta di plastica. La pren-

de. Complice e felice torna alla sua Vespa. La apre. Dentro ci

sono una bellissima sciarpa di cachemire azzurra e un biglietto:

Di sicuro non ce l'hai, / non la porti quasi mai! / Le. tonsille hai

sempre rosse / e ti viene una gran tosse. / Ben coperta ora vai / al

gran centro della RAI. / Lì di pietra c'è un cavallo, I cosa aspetti

forza, fallo. /Quando lì tu arriverai, Iqualcos'altro troverai.

Babi monta sulla Vespa e sorride divertita da quel roman-

tico gioco. Si mette la sciarpa al collo. È calda e morbida. Pro-

prio un bel regalo. È utile, visto il freddo che fa. Mamma ha

ragione. Marco è davvero un tesoro. Certo è stato un po' im-

prudente. E se l'avesse trovata qualcun altro? Ormai è andata.

Accende la Vespa e va a tutta velocità verso piazza Mazzini. Si

ferma davanti al piccolo cortile delimitato da un alto cancello

elettrico. Babi scende dalla Vespa ed entra. Il custode la guar-

da incuriosito. Poi rivolge tutta la sua attenzione a un signore

con una valigetta bisognoso di un'informazione. Babi ne ap-

profitta. Si avvicina al cavallo. Sulla sua pancia con un ges-

setto bianco è stata disegnata una freccia che indica verso il

basso. Pensa che Marco sia pazzo. Guarda meglio. C'è un al-

tro pacchetto. Lo prende. Il custode non si è accorto di nulla.

Questa volta trova un paio di occhiali. Dei bellissimi Ray-Ban

ultimo modello, quelli piccoli rettangolari. Naturalmente c'è

un altro biglietto. La prossima tappa è un indirizzo. Via Cola

di Rienzo 48. La Vespa parte a tutta velocità. Un po' per il col-

lettore che Daniela ha appena cambiato, proprio come fanno

tutti per farla andare più forte, un po' per la curiosità crescente.

Babi arriva al nuovo indirizzo. È un negozio. Lo guarda stu-

pita. Un negozio di biancheria intima. I suoi semplici completi

di cotone bianco le sono sempre stati comprati da sua madre.

Babi entra indecisa. Si guarda intorno. Una giovane commessa

sta dietro al bancone mettendo a posto dei completi di raso gri-

gio appena arrivati. Babi rilegge la fine del suo biglietto.

Se il tuo nome tu dirai, I nuove cose indosserai.

La commessa la vede e le si avvicina.

"Posso aiutarla?"

"Credo di sì, sono Babi Gervasi."

"Ah, certo." La commessa fa un simpatico sorriso. "La sta-

vamo aspettando." Va dietro il bancone. "Questi sono per lei.

73

Scelga quello che più le piace." Mette tre completi di bianche-

ria sul bancone. Sono tutti e tre di raso. Il primo è intero, ne-

ro, con disegni trasparenti sul petto e sottili spalline. Il secon-

do è un due pezzi rosa pallido con dei disegni trasparenti leg-

germente più chiari. L'ultimo è color prugna, con le spalline

sottili e le mutandine leggermente sgambate. Babi li guarda.

Si sofferma su ognuno senza avere il coraggio di alzare la te-

sta. È imbarazzata. La commessa, accorgendosene, cerca di

aiutarla.

"Credo che questo sia il più adatto a lei." Prende il pezzo

di sopra del completo rosa pallido mostrandoglielo. "Ha una

pelle così chiara, le starà benissimo."

Babi alza timidamente gli occhi. "Sì, lo credo anch'io. Al-

lora prendo questo. Grazie." Babi si allontana dal bancone

aspettando che quella commessa gentile faccia un pacchetto;

si guarda intorno nel negozio. Un freddo manichino indossa

un completo molto sexy. Babi se lo immagina addosso. Le sem-

bra naturale, dopo quella drammatica scelta.

"Signorina?" Babi si gira verso la commessa. "Ecco, quel

ragazzo che è venuto, che poi credo sia il suo ragazzo..."

"Sì, in un certo senso."

"Mi ha detto che, dopo aver scelto il completo, lei doveva

indossarlo."

"Ma... veramente..."

"Sennò mi ha assolutamente proibito di darle il prossimo

biglietto. Ha detto così..."

"Ho capito. Grazie."

Babi prende il completo rosa e va verso il camerino. La

commessa attraverso la tenda le da una busta del negozio. "Ten-

ga, qua dentro può mettere il suo vecchio completo." Babi si

cambia. Poi si guarda allo specchio. La giovane commessa ave-

va proprio ragione. Quel due pezzi le sta benissimo. Un pen-

siero le attraversa la mente. Cosa dirà mia madre quando ve-

drà questa roba fra quella sporca da lavare? Devo dire che è

stata Pallina a farmi questo regalo, così, per prendermi in gi-

ro. Magari insieme a Cristina e qualcun'altra. Babi si riveste

ed esce dal camerino. La commessa si fida. Senza guardare

dentro la busta, le consegna il nuovo biglietto. La commessa,

sognante, la guarda andare via. È abbastanza carina perché

qualcuno possa fare quel divertente gioco anche con lei. For-

se quella sera al suo ragazzo rinfaccerà di non essere poi così

fantasioso. Sicuramente dovrà sbrigarsi. Certe follie sono ve-

ramente divertenti solo a una certa età.

Babi ci mette un po' a capire qual è la nuova tappa. Alla fi-

74

ne va ai Due Pini. Nel giardinetto vicino alla sua scuola c'è una

panchina dove spesso si è baciata con Marco. Lì sotto trova

una busta con un biglietto della lotteria di Agnano e un nuo-

vo messaggio. La caccia continua. Va in una piccola gioielle-

ria del centro e lì è obbligata a cantare una canzone davanti

ad alcuni clienti. Una commessa le consegna dei bellissimi

orecchini con dei turchesi e un altro biglietto. Da Benetton l'a-

spetta una giacca con una gonna bordeaux. Il prossimo mes-

saggio la porta in un negozio di via Veneto dove, risolvendo

un rebus, riceve un paio di bellissime scarpe di pelle in tinta

con il vestito. Da qui la caccia la riporta a via di Vigna Stellu-

ti. La vecchia fioraia prima della piazza sulla destra le porge

una bella orchidea e un altro messaggio. All'Euclide lì vicino

le è stata già pagata la sua pastarella preferita. Mentre Babi

mangia una di quelle crostatine con la crema e i pezzi di frut-

ta sopra, la cassiera le da l'ultimo biglietto: La tua pasta preli-

bata I l'hai già bella che beccata /c'è qualcosa che ti manca... /

0 sei forse troppo stanca? I Se non puoi più viver senza I corri

presto alla partenza.

Babi manda giù l'ultimo pezzo di crostatina, quello cen-

trale, con il mezzo chicco d'uva. Si pulisce la bocca, poi esce.

Accende la Vespa e va giù per via di Vigna Stelluti. Se sua ma-

dre l'incontrasse adesso, non la riconoscerebbe proprio. Ha un

bellissimo tailleur bordeaux, eleganti scarpe di pelle, i Ray-Ban

piccoli, splendidi orecchini di turchesi, un'orchidea infilata tra

1 capelli e in tasca una potenziale ricchezza, il biglietto della

lotteria. Raffaella però vedendola sarebbe stata felice. Ora Ba-

bi ha anche una calda sciarpa di cachemire intorno al collo.

Babi gira in piazza Euclide e si ferma davanti al cancello di

Villa Glori. Proprio dove è iniziata la caccia al tesoro. Ricono-

sce il GT blu. Entra di corsa. Marco è lì, appoggiato a un albe-

ro. Babi gli corre incontro e lo abbraccia. Marco tira fuori da

dietro la schiena una rosa che aveva tenuto nascosta fino a quel

momento.

"Tieni, tesoro. Buon mesiversario."

Babi guarda felice la rosa. Poi gli butta di nuovo le braccia

al collo e lo bacia con passione. È proprio innamorata. Come

può non esserlo dopo tutto questo? Marco la allontana legger-

mente, sempre tenendola per le spalle.

"Fatti vedere... Stai benissimo vestita così. Sei molto ele-

gante. Ma chi ti ha scelto tutte queste belle cose?"

Marco le sistema la sciarpa azzurra intorno al collo. Babi

lo guarda sorridendo con i suoi grandi occhi azzurri.

"Tu tesoro." u

75

Marco l'abbraccia. Vanno verso l'uscita. - ">fe? * *v -,

"Puoi lasciare la Vespa qui?"

"Perché, dove andiamo?"

"A prenderci un aperitivo e poi magari a mangiare qual-

cosa."

"Devo avvisare mia madre."

Babi sale sul GT. Marco gentilmente si occupa di mettere il

fermo alla ruota anteriore della Vespa. Poi sale in macchina e

si allontana veloce nel traffico della sera. Babi telefona alla

mamma. Stanno giocando a carte dai Bonelli. Raffaella è tal-

mente presa dalle carte che ascolta distrattamente il racconto

di Babi. Si va a mangiare una pizza. C'è pure Marco, ma na-

turalmente anche un gruppetto di amici. La Vespa la lascia da

Pallina, l'avrebbe ripresa il giorno dopo, Marco le ha regalato

una sciarpa. Forse è proprio quest'ultima notizia a fare felice

Raffaella. Babi ha il permesso di andare.

Mangiano dal Matriciano, una pizzeria-ristorante in via dei

Gracchi in Prati, molto famosa perché ci vanno attori e per-

sonaggi noti.

Parlano della caccia al tesoro. Babi dice quanto si è diver-

tita. Quanto le è piaciuto tutto, quanto sarebbero state invi-

diose le sue amiche. Marco minimizza, ma non riesce a na-

scondere quanto va fiero di quell'idea.

Scherza sul fatto che è andato a Villa Glori, preoccupato

che lei non avesse capito qualche messaggio e non sarebbe mai

arrivata. Babi fa finta di offendersi. Marco le sorride. Babi si

tocca i capelli. Lui le accarezza la mano. Entra un noto attore

con una bella ragazza non ancora famosa. Lo diventerà pre-

sto, almeno su "Novella 2000", a giudicare da come si com-

porta. Un cameriere saluta l'attore e gli trova subito un posto.

Babi lo nota. Si gira più volte a guardarlo e lo dice anche a

Marco. Lui le versa da bere fingendo sufficienza e disinteres-

se a quella notizia. La maggior parte delle persone del locale

si costringe a comportarsi come Marco. Qualcuno non resi-

stendo si volta a guardare l'attore. Qualcun altro lo saluta, fie-

ro di poter dimostrare che è un suo amico. L'attore ricambia i

saluti, poi confida alla bella ragazza che non sa chi sia quella

gente. Lei ride più o meno sinceramente. Forse diventerà dav-

vero una discreta attrice. Molti continuano a mangiare fin-

gendo di vederlo ogni giorno. In realtà non si capisce bene per-

ché il Matriciano vada così forte. La gente ci va per incontra-

re personaggi famosi, ma poi quando questi arrivano tutti fin-

gono di non vederli.

Più tardi fanno una breve passeggiata in centro. Entrano

76

da Giolitti e prendono un gelato. Babi quasi litiga con il ca-

meriere per avere doppia panna. Marco paga un supplemento

pur di accontentarla. Poi discutendo ancora del gelato, del ca-

meriere, di Giolitti e della doppia panna quasi non si accor-

gono di finire a casa di Marco. Aprono piano la porta per non

svegliare i genitori. Camminano in punta di piedi fino in ca-

mera sua. Chiudono la porta e con un po' di tranquillità ac-

cendono la radio. La tengono bassa. Un tenero bacio li porta

sul letto. A Tele Radio Stereo una calda voce femminile an-

nuncia un altro disco romantico. Un po' di luna entra spaval-

da dalla finestra. In quella magica penombra Babi si lascia ac-

carezzare. Lentamente Marco si riprende il vestito che le ha

regalato. Lei rimane in reggisene e mutandine. Lui la bacia tra

il collo e le spalle, accarezzandole i capelli, le sfiora il seno, la

piccola pancia liscia. Poi si tira su e la guarda.

Babi è lì, sotto di lui. Timida e leggermente impaurita, lo

fissa. Marco le sorride. I suoi denti bianchi appaiono nella pe-

nombra.

"Ero sicuro che avresti scelto questo completo. Sei bellis-

sima."

Babi dischiude le labbra. Marco si china su di lei bacian-

dola. Lei, quasi immobile, delicata e morbida accoglie il suo

bacio. Quella notte a Tele Radio Stereo passano le più belle

canzoni mai composte. O almeno così sembra a loro. Marco è

dolce e tenero e insiste a lungo per avere qualcosa di più. Ma

non serve a nulla. Ha solo il piacere e la fortuna di vedere co-

me lei sta senza il pezzo di sopra, nulla di più. Più tardi la por-

ta a casa. L'accompagna fino alla porta e la bacia teneramen-

te nascondendo quella strana rabbia. Poi torna guidando ve-

loce nella notte. Si ricorda quella canzone di Battisti che par-

lava di una ragazza che è uguale a una torta di panna monta-

ta. Una ragazza felice di non essere stata mangiata.

"Già, praticamente uguale a lei, e io ne ho assaggiato solo

un cucchiaino." Poi pensa a tutta la caccia al tesoro, a quanto

ha speso. Il tempo che ci ha messo per fare quelle frasi in ri-

ma. I posti che ha scelto e tutto il resto. Allora gira e decide di

andare al Gilda. Un altro pensiero gli toglie anche l'ultimo scru-

polo. Oltre a tutto il resto, Babi ha avuto pure il gelato con la

doppia panna.

7t

13.-**

I ricordi...

Improvvisamente c'è uno strano silenzio. La classe è come

immobile, sospesa nell'aria. Babi guarda le ragazze intorno a

lei, le sue amiche. Simpatiche, antipatiche, magre, grasse, bel-

le, brutte, carine. Pallina. Qualcuna sfoglia veloce il libro, al-

tre rileggono preoccupate la lezione. Una, particolarmente ner-

vosa, si massaggia gli occhi e la fronte. Qualcun'altra si ab-

bassa di fianco cercando di nascondersi. È arrivato il momento

dell'interrogazione. La Giacci passa il suo indice punitivo sul

registro. È tutta scena. Sa già dove fermarsi. "Giannetti!" Una

ragazza si alza lasciando sul banco le sue speranze e un po' del

colorito. "Festa." Anche Silvia prende il suo quaderno. È riu-

scita a copiare la versione per un pelo. Avanza tra due file di

banchi, e poi va alla cattedra e consegna il quaderno. Prende

posto anche lei vicino alla porta, di fianco alla Giannetti. Le

due si guardano sconsolate, cercando di farsi forza in quella

drammatica sorte comune. La Giacci alza la testa dal registro

e si guarda in giro. Alcune ragazze sostengono il suo sguardo

per mostrare che sono tranquille e sicure. Una finta prepara-

ta bluffa vistosamente, quasi offrendosi. Tutti i cuori spingo-

no un po' sull'acceleratore.

"Lombardi."

Pallina si alza. Guarda Babi. Sembra darle l'ultimo saluto.

Poi si dirige verso la cattedra, già condannata all'insufficienza.

Pallina prende posto tra la Giannetti e Silvia Festa che le

sorride. Poi le bisbiglia un "Cerchiamo di aiutarci" che fa ca-

dere Pallina nello sconforto più totale. La prima a essere in-

terrogata è la Giannetti. Traduce un pezzo della versione in-

ciampando su qualche accento. Cerca disperatamente alcune

parole che in italiano rendano abbastanza. Non trova mai da

quale verbo viene un difficile passato remoto. Ne indovina qua-

si per caso il participio futuro, ma non le viene mai il gerun-

78

divo. Silvia Festa tentenna sulla prima parte della traduzione,

la più facile. Non indovina un verbo, non ci si avvicina nep-

pure. Ammette praticamente di aver copiato la versione. Rac-

conta poi una strana storia su sua madre che non sta proprio

benissimo, come lei del resto, in quel momento. Non si sa co-

me, declina perfettamente un nome della terza. Pallina fa sce-

na muta. Le è toccata la terza parte della versione, la più dif-

ficile. La legge veloce, senza sbagliare un accento. Ma lì si fer-

ma. Tenta una traduzione azzardata della prima frase. Ma un

accusativo al posto sbagliato ne sta dando un'interpretazione

un po' troppo fantasiosa. Babi guarda preoccupata l'amica. Pal-

lina non sa che fare. Dal suo posto Babi apre il libro. Legge il

pezzo della versione. Controlla la frase tradotta correttamen-

te sul quaderno della compagna secchiona. Poi con un legge-

ro bisbiglio richiama l'attenzione di Pallina. La Giacci con aria

di annoiata sufficienza guarda fuori dalla finestra, aspettando

risposte che non arrivano.

Babi si stende sul banco e nascosta da quella davanti sug-

gerisce alla sua amica del cuore la perfetta traduzione del pez-

zo. Pallina le manda un bacio con la mano, poi ripete ad alta

voce, nell'esatto ordine, tutto quello che Babi le ha appena sug-

gerito. La Giacci, sentendo improvvisamente delle parole giu-

ste al posto giusto, si volta verso la classe. È tutto troppo per-

fetto perché sia solo un caso. Nella classe tutto è tornato nor-

male. Le ragazze sono ognuna al loro posto, immobili. Babi,

seduta correttamente, guarda la Giacci con gli occhi ingenui e

innocenti. Pallina quasi sfidando la sorte sorride. "Mi scusi pro-

fessoressa, avevo fatto un po' di confusione, mi sono inceppa-

ta, ma capita anche ai migliori, no?" Dopo la traduzione di so-

lito iniziano le domande sui verbi, e su quelli Pallina si sente

un po' più sicura. Il peggio è passato. La Giacci sorride. "Mol-

to bene Lombardi. Senti, traducimi ancora un pezzette, ecco

fino ad habendam." Pallina ricade nello sconforto più totale. Il

peggio deve ancora venire. Fortunatamente la Giacci torna a

guardare fuori. Babi legge la traduzione della nuova frase, poi

aspetta qualche secondo. È tutto tranquillo. Si distende sul ban-

co per suggerire di nuovo all'amica. Pallina controlla un'ulti-

ma volta la Giacci. Poi guarda verso Babi pronta a ripetere il

gioco. Ma proprio in quel momento la professoressa si gira len-

tamente. Si spinge in avanti sulla cattedra e coglie Babi in fla-

grante che suggerisce. Con la mano intorno alla bocca. Babi,

quasi avvertendo la sensazione di essere scoperta, si volta di

botto. La vede. I loro sguardi si incrociano attraverso le spalle

di alcune compagne immobili. La Giacci sorride soddisfatta.

79

"Ah, molto bene. Abbiamo una ragazza veramente prepa-

rata in questa classe. Gervasi, visto che la sa così bene, venga

lei a tradurci il resto della versione."

Pallina sentendosi colpevole interrompe la Giacci.

"Professoressa, mi scusi, ma è colpa mia, sono io che le ho

chiesto delle spiegazioni."

"Molto bene Lombardi, lo apprezzo. È molto nobile da

parte sua. Nessuno infatti discute che lei non sappia assolu-

tamente nulla. Ma ora vorrei sentire la Gervasi. Venga, venga

per favore." « ^

Babi si alza ma rimane al suo posto. "i.! ;'

i "Professoressa, non sono preparata." i. . «

"Va bene, ma lei venga lo stesso, venga."

"Non vedo perché dovrei venire fino a lì a dirle la stessa co-

sa. Non sono preparata. Mi scusi, non ho potuto studiare. Mi

metta un voto da impreparata."

"Benissimo allora le metto due, è felice?"

"Quasi quanto la Catinelli quando non passa le sue versio-

ni!" Nella classe tutte ridono. La Giacci sbatte la mano sul re-

gistro.

"Silenzio. Gervasi mi porti il diario: voglio vedere se sarà

felice anche della nota che dovrà far firmare. E soprattutto mi

faccia sapere se ne sarà felice sua madre." Babi porta il diario

alla professoressa che scrive qualcosa veloce e con rabbia. Poi

chiude il diario e glielo restituisce.

"Domani lo voglio vedere firmato." Babi pensa che ci sono

cose peggiori nella vita, ma forse è meglio non dare troppa pub-

blicità a questo suo pensiero. Torna in silenzio al suo posto.

Silvia Festa prende cinque. È fin troppo per la sua scarsa in-

terrogazione. Ma forse sono state premiate le sue scuse. Anche

in quelle però deve cercare di migliorare. Con tutti quei ma-

lanni sua madre prima o poi morirà.

Pallina torna al banco con un bel quattro che di nobile non

ha proprio nulla. La Giannetti riesce a strappare per un pelo

la sufficienza. La Giacci mettendole il voto le dedica anche un

proverbio latino. La Giannetti fa una strana smorfia scusan-

dosi per non saper bene cosa dire. In realtà non ha capito un

bel nulla. Più tardi la sua compagna di banco, la Catinelli, le

traduce anche quello. È la macabra storia di uno con un oc-

chio solo che è tutto felice di vivere in un posto pieno di cie-

chi. Babi apre il diario. Va in fondo, alle ultime pagine. Vicino

all'elenco alfabetico delle sue compagne ha messo dei fogli do-

ve segna tutte quelle che vengono interrogate. Mette gli ultimi

pallini nel foglio di latino a Giannetti, Lombardi e Festa. Con

80

quella di Silvia finisce il secondo giro di interrogazioni. Poi Ba-

bi mette un pallino vicino al suo nome. La prima interrogata

del nuovo giro. Niente male iniziare con un due. Per fortuna

gli altri voti sono alti. La media matematica deve darle anco-

ra almeno un sei. Richiude il diario. Una compagna della fila

laterale le lancia un biglietto sul banco. Babi lo nasconde su-

bito. La Giacci sta scegliendo la nuova versione per la prossi-

ma settimana. Babi legge il biglietto.

Brava, bravissima! Sono fiera di avere un'amica così. Sei

una capa. P. Babi sorride, capisce subito per chi sta quella P.

Si gira verso Pallina e la guarda. È troppo simpatica. Mette il

biglietto dentro il diario. Poi improvvisamente si ricorda del-

la nota. Va subito a leggerla.

Alla gentilissima Signora Gervasi. Sua figlia è venuta alla le-

zione di latino completamente impreparata. Come se non ba-

stasse, venendo interrogata, ha risposto in maniera impertinen-

te. Desidero renderle noto questo comportamento. Cordialmen-

te, prof.ssa A. Giacci.

Babi chiude il diario. Guarda la professoressa. È proprio

una stronza. Poi pensa a sua madre. Una nota, capirai! La met-

terà probabilmente in punizione. Ne farà una storia lunghis-

sima. E chissà cos'altro ancora. Di una cosa è sicura. Sua ma-

dre non le dirà mai: "Brava Babi, sei una capa".

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81


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J* J "

Un cane lupo corre veloce sulla spiaggia con un bastone in

bocca. Raggnippa le gambe e subito le slancia, quasi sfioran-

do la sabbia, alzandone degli spruzzi. Raggiunge Step. Si la-

scia sfilare il bastone di bocca sbavando un po'. Poi si accuc-

cia, con la testa piegata tra le zampe anteriori, unite, distese

vicine a terra. Step fa finta di tirare il bastone a destra. Il cane

fa uno scatto, ma poi si accorge che sarebbe inutile. Step fin-

ta di nuovo.

Alla fine lancia il bastone lontano, nell'acqua. Il cane par-

te. Si tuffa nel mare senza indugio. Con la testa sollevata

avanza fra qualche piccola onda e una lieve corrente. Il pez-

zo di legno galleggia poco più in là. Step si siede a guarda-

re. È una bella giornata. Non c'è ancora nessuno. Improvvi-

samente, un forte rumore. Una gran luce. Il cane sparisce.

L'acqua anche, il mare, le montagne lontane, le colline lì a

destra, la sabbia.

"Che cavolo succede?"

Step si gira nel letto coprendosi la faccia con il cuscino.

"Che cazzo è quest'invasione?" Pollo dopo aver tirato su la

tapparella apre la finestra.

"Mamma mia che puzza! Meglio che apriamo un po'. Tie-

ni, ti ho portato dei tramezzini." Pollo gli butta la busta verde

di Euclide sul letto. Step si tira su e si stiracchia un po'.

"Chi t'ha aperto, Maria?"

"Sì, sta facendo il caffè."

"Ma che ore sono?" ' -

"Le dieci." - '

Step si alza dal letto.

"Mortacci tua, ma non mi potevi far dormire un po' di più?"

Step va in bagno. Tira su la tavoletta che sbatte contro le mat-

tonelle facendo un rumore secco. Nell'altra camera Pollo apre

il "Corriere dello Sport" e alza un po' la voce. - -

82

"Mi devi accompagnare a ritirare la moto da Sergio. Mi ha

telefonato che è pronta. Oh, hai visto che la Lazio ha confer-

mato Stani, il difensore del Manchester. Troppo forte Jaap."

Pollo comincia a leggere un articolo, poi, sentendo che Step

non accenna a finire:

"Oh ma che, ti sei bevuto un fiume?".

Step spinge il pulsante dello scarico.

Torna in camera da letto, prende il pacchetto di Euclide.

"Sei giustificato solo perché ti sei presentato con questi."

Poi va in cucina seguito da Pollo. La caffettiera ancora fumante

è posata su un piattino di legno. Vicino c'è un pentolino con il

latte scaldato e dell'altro freddo nel solito cartone azzurro, il

tipo intero.

Maria, la donna delle pulizie, è una piccola signora di cir-

ca cinquantanni. Esce dallo stanzino lì vicino dove ha appena

finito di stirare.

"Maria, lo vede questo?" Step indica Pollo. "Qualunque co-

sa fa o dice, in questa casa lui non deve entrare prima delle un-

dici." Maria lo guarda un po' preoccupata.

"Gliel'ho detto che lei voleva dormire. Ma sa cosa mi ha ri-

sposto? Che se non aprivo sfondava la porta." Step guarda Pollo.

"Hai detto così a Maria?"

"Ma veramente..." Pollo sorride. Step finge di essere ar-

rabbiato.

"Le hai detto questa cosa? Mi intimorisci Maria...?" Step

prende al volo il collo tozzo di Pollo portandoselo sotto il brac-

cio e immobilizzandogli la testa. "Hai detto così, eh? Fai il na-

zista a casa mia e mo' so' cavoli tuoi." Prende il bricco del lat-

te bollente e glielo avvicina alla faccia.

Pollo avverte il calore e urla esagerando. "Ahia Step, bru-

cia... Dai cazzo, mi fai male." Step stringe un po' di più.

"Ah, dici pure le parolacce, ma allora sei pazzo. Chiedi su-

bito scusa a Maria. Avanti, chiedile scusa." Maria guarda preoc-

cupata la scena. Step avvicina ancora di più il bricco alla fac-

cia di Pollo.

"Ahia, mi hai bruciato. Mi scusi Maria, scusi." Maria si sen-

te colpevole di tutto quello che sta accadendo.

"Step lo lasci. Mi sono sbagliata. Non ha detto che sfonda-

va la porta. Sono io che ho capito male. Ecco, ha detto che pas-

sava più tardi. Sì, ora mi ricordo, ha detto proprio così." Step

lascia Pollo. I due amici si guardano. Poi scoppiano a ridere.

Maria li guarda non capendo bene. A un certo punto Step si ri-

prende.

"Va bene Maria. Grazie. È che questo tipo avrebbe bisogno

83

di una lezione. Può andare di là. Vedrà che da oggi in poi si

comporterà meglio."

Maria guarda dispiaciuta Pollo. Con un'occhiata cerca di

fargli capire che non avrebbe voluto che si arrivasse a tanto.

Poi prende della roba appena stirata e la porta di là. Step di-

vertito la guarda allontanarsi. Poi si gira verso Pollo. "Ma che,

sei scemo? Dai, mi terrorizzi la cameriera?"

"Ma quella non voleva aprirmi."

"Va bene, ma tu chiedi per favore no? Che fai, le dici che

sfondi la porta? La prossima volta te la brucio sul serio quella

facciaccia che c'hai."

"Allora tu lasciami le chiavi, no?"

"Sì, così quando sto fuori mi ripulisci casa."

"Ma che, stai scherzando? Veramente pensi che potrei fa-

re una cosa simile?"

"No, forse no. Nel dubbio però è meglio non darti questa

possibilità."

"Che infame che sei, restituiscimi subito i tramezzini."

Step sorride e ne fa sparire immediatamente uno divoran-

dolo. Pollo apre il giornale e fa finta di essersi offeso. Step si

versa del caffè, poi ci mette il latte caldo e un po' di quello fred-

do. Poi guarda Pollo. "Vuoi un po' di caffè?"

"Sì, grazie" risponde con finto distacco. Non è ancora di-

sposto a cedere del tutto. Step gliene versa un po' in una tazza.

"Dai, mi faccio una doccia e ti accompagno a prendere la

moto." Pollo beve un po' di caffè.

"C'è solo un piccolo problema. Mi mancano duecento eu-

ro."

"Ma come, con tutta la roba che ti sei fottuto ieri sera?"

"Avevo un sacco di debiti. Ho dovuto pagare gli alimenta-

ri, la tintoria e poi dovevo restituire dei soldi a Furio, quello

del Toto."

"Che cazzo giochi al Toto nero se non hai mai un euro."

"È per quello, tento il colpo gobbo. Comunque mi sono te-

nuto centocinquanta euro per la moto. Invece Sergio mi ha te-

lefonato e ha detto che ha dovuto cambiare anche l'altro pi-

stone, cuscinetti e tutto il resto. Poi cambio olio completo e al-

tre cose che non mi ricordo. Morale: quattrocento euro. Caz-

zo, la moto mi serve. Stasera c'è la corsa, lì dovrei alzare al-

meno un centone. Tu che fai, vieni?"

"Non lo so. Intanto dobbiamo trovare i duecento euro."

"Già. Sennò non si va da nessuna parte."

"Tu non vai da nessuna parte." Step gli sorride, poi va nel-

la camera di Paolo, suo fratello. Comincia a frugare nelle giac-

84

che. Apre i cassetti dell'armadio. Poi passa al comodino del let-

to. Pollo è sulla porta che lo guarda. Controlla in giro. Step se

ne accorge.

"Che cazzo stai a fare lì impalato. Ti metti a fare il palo a

casa mia? Dai, dammi una mano."

Pollo non se lo fa ripetere due volte. Va dall'altra parte del

letto. Apre il cassetto dell'altro comodino.

"Tipo prudente tuo fratello, eh?" Pollo guarda Step. Ha in

mano una scatola di Settebello e un sorriso ebete sulla faccia.

"Prudentissimo! È così prudente che non lascia più nean-

che mezzo euro in giro."

"Be', ha ragione. Dopo tutte le volte che lo abbiamo ripu-

lito..." Pollo si mette tre preservativi in tasca prima di rimet-

tere a posto la scatola. Malgrado tutto è un ottimista. Step cer-

ca ancora in qualche possibile nascondiglio.

"Niente da fare, non c'è un cazzo da nessuna parte. Io non

ho un euro da prestarti." Sulla porta passa Maria con alcune

magliette e felpe di Step nella mano destra e le camicie di Pao-

lo perfettamente stirate in quella sinistra.

Pollo la indica con la testa. "E a lei? Possiamo chiederli?"

"Macché! Le devo ancora i soldi dei giornali dell'altra set-

timana."

"E allora come facciamo?"

"Ci sto pensando. Il Siciliano e gli altri sono più accanna-

ti di noi, quindi neanche a parlarne. Mia madre è fuori."

"Dove?"

"Alle Canarie credo, o alle Seychelles. Comunque anche se

fosse qui non sarebbe proprio il caso." Pollo annuisce. Sa per-

fettamente come sono i rapporti tra Step e sua madre.

"E tuo padre? Non te li potrebbe prestare?" Step prende

una maglietta appena stirata e la mette sul letto dove ha già

preparato dei boxer neri e i jeans.

"Sì, ci vado oggi a mangiare. Mi ha chiamato ieri dicendo

che mi deve parlare. Tanto già lo so che mi dice. Mi chiederà

cosa ho intenzione di fare con l'università e tutto il resto. E io

che faccio? Invece di rispondergli gli dico: papa dammi due-

cento euro che devo ritirare la moto di Pollo, eh? Direi proprio

di no. Maria!" La donna compare sulla porta. "Scusi, dove sta

il giubbotto blu?"

"Quale, Stefano?"

"È come quello verde militare, solo blu, l'ho comprato l'al-

tro giorno. È tipo quello dei poliziotti."

"Ah, ho capito qual è, l'ho messo all'entrata, nell'armadio

di suo fratello. Pensavo fosse suo." Step sorride. Paolo con un

85

giubbotto del genere. Sarebbe tutto un programma. Lui e i suoi

completi. Step va nel corridoio. Apre l'armadio. Eccolo lì il suo

giubbotto. Facile da trovare. È l'unico fra tutte quelle giacche

a quadri e quei completi grigi.

Step ne approfitta e rovista anche tra quelli, niente da fa-

re. Poi torna in camera. Pollo è sul letto. Ha il portafoglio aper-

to. Ricontrolla le sue finanze sperando in un miracolo che non

è avvenuto. Lo chiude sconfortato. "Allora?" i

"Stai allegro. Ho trovato la soluzione." '<«.««

Pollo guarda speranzoso l'amico. ' -*.«- ~:w -* , H-

"E sarebbe?" r «iti-. , < <

"I soldi ce li darà mio fratello." e-i, , \ , > ^

"E perché dovrebbe darceli?"

"Perché io lo ricatterò." ?»

Pollo è più tranquillo. "Ah certo!" D'altronde per lui ricat-

tare un fratello è la cosa più naturale del mondo. Per urtjii&tti-

mo gli dispiace di essere figlio unico. i

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Paolo, il fratello di Step, è nel suo ufficio. Vestito elegan-

temente, seduto a una scrivania che non gli è da meno, con-

trolla alcune pratiche del signor Forte, uno dei più importan-

ti clienti della finanziaria. Paolo ha studiato alla Bocconi. Lau-

reato con lode, è tornato da Milano e ha trovato subito un ot-

timo posto come commercialista. D'altronde è un bocconiano.

In realtà il padre, con tutte le sue conoscenze, lo ha racco-

mandato. Ma se è riuscito a mantenere il posto e ha la stima

di tutto il piano è merito suo. È anche vero però che m quella

finanziaria non hanno mai cacciato nessuno.

Una giovane segretaria con una camicia di seta color cre-

ma, forse un po' troppo trasparente per quel mondo di tasse e

sgravi fiscali dove la trasparenza non è proprio all'ordine del

giorno, entra nell'ufficio di Paolo.

"Dottore?"

"Sì, mi dica." Paolo smette di controllare le carte per dedi-

carsi interamente al reggisene della segretaria e subito dopo a

quello che ha da dirgli.

"C'è suo fratello con un amico. Li faccio entrare?"

Paolo non fa in tempo a inventare una scusa. Step e Pollo

piombano nel suo ufficio.

"Certo che mi fa entrare. Cazzo, sono suo fratello! Sangue

del suo sangue, signorina. Noi ci dividiamo tutto. Ha capito?

Tutto." Step tocca il braccio della segretaria alludendo così al-

l'eventuale ma remota possibilità che a Paolo quella giovane e

bella ragazza oltre alle pratiche e alla lista delle telefonate pas-

si qualcos'altro. "Quindi io qui posso entrare sempre, vero Fa'?"

Paolo annuisce.

"Certo." La segretaria guarda Step; pur essendo abituata a

trattare con signori più anziani, subdoli e incravattati, lo trat-

ta con rispetto.

"Mi scusi. Non lo sapevo." ì» ma,»

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"Bene, ora lo sa." Step le sorride. La segretaria si guarda il

braccio trattenuto da Step.

"Posso andare ora?"

Paolo, che malgrado i nuovi occhiali non si è accorto di

nulla, le da il permesso. "Certo, grazie, vada pure signorina."

Rimasti soli, Pollo e Step si siedono sulle due poltrone girevo-

li di pelle davanti alla scrivania di Paolo. Step ci si sbraca pro-

prio. Poi si da una spinta con il piede.

"Mazza, te le scegli bene le tue segretarie." Step fa un giro

completo e torna di fronte al fratello. "Di' la verità, te la sei fat-

ta, eh? O te la sei fatta o hai tentato di fartela e lei non c'è sta-

ta. In questo caso la licenzierei, che te frega."

Paolo lo guarda scocciato. "Step, è possibile che ti devo ri-

petere sempre le stesse cose? Quando vieni qua dentro non po-

tresti dire meno parolacce, fare meno casino? Io qua ci lavo-

ro. Mi conoscono tutti."

"Perché, che ho fatto? Ho fatto qualcosa Pollo? Diglielo an-

che tu che non ho fatto niente."

Pollo guarda Paolo cercando di fare il più possibile una fac-

cia convincente. "È vero, non ha fatto niente."

Paolo sospira.

"Tanto è inutile parlare con voi due, è solo fatica sprecata.

Come ieri sera. Te l'ho chiesto mille volte quando torni tardi

di fare piano, e tu niente. Fai sempre un gran macello."

"No Pa', scusa. Ieri sono tornato che avevo fame. Che fa-

cevo, non mangiavo? Mi sono solo preparato una bistecca."

Paolo fa un sorriso ironico al fratello.

"Non è che io non voglio che mangi. Il problema è come lo

fai, come fai tutto... Sempre facendo rumore, sbattendo gli

sportelli, il frigorifero, fregandotene del fatto che ci sono io che

dormo, che mi devo svegliare presto! Intanto a te che ti frega?

Ti alzi quando ti pare... Piuttosto, so che oggi vai a pranzo da

papa."

Step si siede meglio.

"Sì, perché? Avete parlato di me?"

"No, me l'ha detto lui. Mi ha telefonato prima. Figurati se

parliamo di te, io non so mai niente di te." Paolo guarda me-

glio il fratello. "So solo che ti vesti sempre così male, con que-

sti giubbotti scuri, con i jeans, le scarpe da ginnastica. Sembri

proprio un teppista."

"Ma io sono un teppista."

"Step, smettila con questa cretinata. Piuttosto, perché sei

venuto qua? Sul serio... Che, c'è qualche problema?"

Step guarda Pollo, poi di nuovo il fratello. v>

"Nessun problema, mi dovresti dare trecento euro."

"Trecento euro? Ma che, sei pazzo? E che, io i soldi li tro-

vo così?"

"Va bene, allora dammene duecento."

"Ma neanche a parlarne, non ti do un bel niente."

"Ah sì?" Step si sporge verso di lui sulla scrivania. Paolo

impaurito indietreggia. Step gli sorride. "Ehi fratello, calma,

non ti farei mai nulla, lo sai." Poi spinge l'interfono collegato

con la segretaria. "Signorina, può venire un momento?"

La segretaria non fa caso alla differenza di voce.

"Arrivo subito."

Step si siede comodo sulla poltrona, poi sorride a Paolo.

"Allora caro fratellino, se non mi dai subito i duecento euro,

quando arriva la tua segretaria io le strappo via le mutande."

"Cosa?" Paolo non fa in tempo a dire altro. La porta si apre.

La segretaria entra.

"Sì, dottore?"

Paolo cerca di salvarsi. "Niente, signorina, vada pure." Step

si alza.

"No, signorina, scusi, aspetti un momento." Step va vicino

alla segretaria. La ragazza rimane a guardare tutti e tre in si-

lenzio senza capire bene che fare. Quella situazione è un po'

diversa dai compiti che deve solitamente svolgere. La segreta-

ria guarda interrogativa Step.

"Cosa c'è?" Step la guarda sorridente.

"Vorrei sapere quanto costano le mutande che porta."

La segretaria lo guarda imbarazzata. "Ma veramente..."

Paolo si alza.

"Step ora basta! Signorina, può andare..." Step la ferma per

un braccio.

"Aspetti solo un attimo, scusi. Paolo? Dai a Pollo quello che

gli devi e dopo la signorina se ne può andare!" Paolo prende il

portafoglio dalla tasca interna della giacca, tira fuori alcune

banconote da cinquanta euro e le mette con rabbia in mano a

Pollo. Pollo le conta, poi fa segno a Step che è tutto a posto.

Step lascia andare la segretaria sorridendole... "Grazie signo-

rina, lei è il massimo dell'efficienza. Senza di lei non avrem-

mo saputo proprio come fare."

La segretaria si allontana scocciata. Non è completamen-

te stupida, e soprattutto non la diverte affatto andare in giro a

dire quanto costi la sua biancheria intima. Paolo si alza dalla

poltrona e fa il giro della scrivania.

"Bene, avete avuto i soldi. Ora fuori di qui, che mi avete

scocciato." Fa per spingerli, poi ci ripensa. È meglio colpir-

li verbalmente. "Step, continua così, finirai nei guai come al

solito!"

Step guarda il fratello. "Scherzi? Quali guai? Io non sto

mai nei guai. Io e i guai siamo due cose che non si sono mai

incontrate. I soldi li devo prestare a un mio amico, uno che ha

un piccolo problema, tutto qui." Pollo sentendosi tirato in bal-

lo sorride con gratitudine all'amico. "E poi Paolo, che figura

ci fai davanti a Pollo? Sono solo duecento euro. Sembra che ti

abbia chiesto chissà che. Ne stai facendo una storia infinita."

Paolo si siede sul bordo della scrivania.

"Non so com'è, ma con te finisce che sono sempre in torto

io..."

"Non dire così, magari a furia di stare in questo ufficio, a

trattare tutti quei soldi, vi viene una specie di malattia e non

riuscite più a dare, a prestare qualcosa."

"Allora si tratta di un prestito?"

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