"Certo, ti ho sempre restituito tutto, no?" Paolo fa una fac-

cia poco convinta. Le cose non sono andate proprio così. Step

fa fìnta di non accorgersene. "Allora di che ti preoccupi? Ti re-

stituirò anche questi. Piuttosto, dovresti svagarti un po'. Di-

vertirti. Sei così pallido... Perché non ti vieni a fare un bel gi-

ro in moto con me?"

Paolo in un eccesso di simpatia si toglie gli occhiali.

"Cosa? Stai scherzando? Mai. Piuttosto la morte. A propo-

sito di morte... visto che ci è andato molto vicino. Ieri sera so-

no andato al Tartarughino e sai chi ho incontrato?"

Step ascolta distratto. Al Tartarughino non potrebbe mai

andarci qualcuno che lo interessa. Comunque decide di far

felice il fratello. In fondo, gli ha pur sempre dato duecento

euro.

"No, chi c'era?"

"Giovanni Ambrosini."

Step ha una specie di sussulto. Un tuffo al cuore. Subito la

rabbia monta dentro di lui, ma lo nasconde perfettamente.

"Ah sì?"

Paolo continua il suo racconto.

"Stava con una bella donna, una molto più grande di lui.

Quando mi ha visto si è guardato preoccupato in giro. Sem-

brava terrorizzato. Secondo me aveva paura che ci fossi anche

tu. Poi, quando ha visto che non c'eri, si è tranquillizzato. Mi

ha perfino sorriso. Se così si può definire una specie di smor-

fia. La mascella non gli è più tornata a posto. E poi lo sai me-

glio di me. Ma si può sapere perché lo hai menato in quel mo-

do, non me l'hai mai detto..." ,$t,i SK| fei A'ìinj'rtjr <:

90

È vero, pensa Step. Lui non lo sa. Non ha mai saputo nul-

la. Step prende Pollo sottobraccio e va verso l'uscita. Sulla por-

ta si gira. Guarda il fratello. Sta lì seduto alla sua scrivania.

Con quegli occhialetti tondi, i capelli dal taglio costoso per-

fettamente pettinati, vestito in maniera impeccabile con quel-

la camicia stirata proprio come lui stesso ha insegnato a Ma-

ria. No, non avrebbe mai dovuto sapere. Step gli sorride.

"Vuoi sapere perché ho menato Ambrosini?"

Paolo annuisce.

"Sì, magari."

"Perché mi diceva sempre di vestirmi meglio."

Escono così come sono entrati. Strafottenti e divertiti. Con

quell'andatura ciondolante, un po' da duri. Passano accanto

alla segretaria. Step le dice qualcosa. Lei rimane a guardarlo.

Poi prendono l'ascensore. Arrivano al pianoterra. Step saluta

il portiere.

"Ciao Martinelli. Offrici due svapore, va'."

Martinelli tira fuori dalla tasca della giacca un pacchetto

morbido di sigarette poco costose. Fa uno scatto con la mano

verso l'alto facendone spuntare fuori alcune. Pollo e Step sac-

cheggiano il pacchetto. Ne prendono più del dovuto. Poi, sen-

za aspettare che il portiere gliele accenda, si allontanano. Mar-

tinelli guarda Step. Com'è diverso dal fratello. Il dottore dice

sempre grazie, per qualsiasi cosa.

In quel momento il citofono lì vicino suona. Martinelli guar-

da l'interno. È proprio quello dell'ufficio del fratello di Step.

Martinelli collega lo spinotto.

"Pronto dottor Mancini, mi dica."

"Può salire un attimo da me, per favore?"

"Certo, arrivo subito."

ti /-\ »

Grazie.

Martinelli prende l'ascensore e sale al quarto piano. Paolo

è lì che lo aspetta sulla porta dell'ufficio.

"Venga Martinelli, entri." Paolo lo fa accomodare, poi chiu-

de la porta. Il portiere rimane lì di fronte a lui, in piedi, leg-

germente a disagio. Paolo si siede. "Prego Martinelli, si acco-

modi." Martinelli prende posto nella poltrona di fronte a Pao-

lo, sedendosi con rispetto, quasi in punta, preoccupato di oc-

cupare troppo posto. Paolo incrocia le mani. Gli sorride. Mar-

tinelli ricambia, ma è sulle spine. Vuole sapere il perché di quel-

l'incontro. Ha fatto qualcosa di male? Ha sbagliato? Paolo so-

spira. Sembra deciso a svelargli il mistero. "Senta Martinelli,

lei dovrebbe farmi un favore." Martinelli sorride rilassato. Si tran-

quillizza e occupa più posto sulla sedia. . j» t*ii

91

: "Mi dica, dottore. Faccio tutto quello che vuole, se posso."

! Paolo si appoggia allo schienale. - >

' "Non faccia più entrare qui mio fratello."

Martinelli sgrana gli occhi.

"Cosa, Dottore? Veramente non lo devo fare più passare? E

che gli dico? Se quello si arrabbia, ci vorrebbe Tyson giù alla por-

ta." Paolo guarda meglio quel signore tranquillo, i suoi grigi ve-

stiti in tinta con il colore dei capelli e con quello di tutta un'esi-

stenza. Immagina Martinelli bloccare Step sul portone: "Mi scu-

si, ho avuto delle disposizioni. Lei non può entrare". La di-

scussione. Step che si altera. Martinelli che alza la voce. Step

che si ribella. Martinelli che lo spinge via. Step che lo prende

per la giacca, lo sbatte al muro e poi sicuramente il resto, co-

me da copione...

"Ha ragione, Martinelli. È stata un'idea sbagliata. Lasci per-

dere, me ne occuperò io. Ci parlerò a casa." Martinelli si alza.

"Qualunque altra cosa, dottore, la faccio volentieri. Sul se-

rio, ma questa..."

"No, no, ha ragione. Ho sbagliato io a chiederglielo. Gra-

zie, grazie lo stesso." Martinelli esce dall'ufficio. Prende l'a-

scensore e torna giù al pianoterra. Se l'è vista brutta. E chi lo

ferma quell'energumeno? Tira fuori il pacchetto. Decide di fe-

steggiare con una bella sigaretta lo scampato pericolo. Meno

male che il dottore è un tipo comprensivo. Non come suo fra-

tello. Step gli ha fregato mezzo pacchetto e non ha neanche

detto grazie. Nemmeno una volta.

E poi dicono che fare il portiere è un lavoro tranquillo. Mar-

tinelli sospira, poi si accende una MS.

Al quarto piano Paolo guarda fuori dalla finestra. Prova

uno strano senso di soddisfazione. In fondo, ha fatto una buo-

na azione. Ha salvato la vita a Martinelli. Torna a sedersi. Be',

senza esagerare. Gli ha risparmiato un sacco di guai. Entra la

segretaria con alcuni fascicoli.

"Tenga, queste sono le pratiche che mi ha chiesto..."

"Grazie signorina."

La segretaria lo guarda un attimo.

"È un tipo strano suo fratello. Non vi assomigliate molto

voi due."

Paolo si toglie gli occhiali, nel vano tentativo di essere più

affascinante.

"È un complimento?"

La segretaria mente.

"In un certo senso sì. Spero che lei non vada in giro a chie-

dere alle ragazze quanto costano le loro mutandine..." i-suifts

92

Paolo sorride imbarazzato. - * >

"Oh no, questo certo no."

Anche se senza occhiali non ci vede poi molto, i suoi occhi

finiscono inevitabilmente sulla camicetta trasparente. La se-

gretaria se ne accorge ma non fa assolutamente nulla.

"Ah, suo fratello mi ha detto di dirle che lei è troppo buo-

no con me, che non avrebbe dovuto pagare e fargli fare quel-

la cosa." La segretaria diviene stranamente insistente. "Se pos-

so chiederglielo... Quale cosa dottore?"

Paolo guarda la segretaria. Il suo bel corpo. Quella gonna

perfetta e impeccabile che copre le sue gambe tornite. Forse

suo fratello ha ragione. Immagina la segretaria mezza nuda

con Step che le strappa via le mutandine. Si eccita.

"Niente signorina, era solo uno scherzo."

La segretaria se ne va leggermente delusa. Paolo fa appe-

na in tempo a inforcare gli occhiali e a mettere a fuoco quel

provocante fondoschiena che si allontana più o meno profes-

sionalmente.

Che coglione! Avrei dovuto farglielo fare. Se Step non gli

avesse restituito quei soldi, sarebbe stato il peggiore affare de-

gli ultimi anni. No, non il peggiore. Quello lo ha fatto il signor

Forte. Ha affidato i suoi gravi problemi fiscali a un commer-

cialista che ancora deve risolvere i suoi problemi familiari.

Non si può passare una mattinata a discutere con il fratello e

alla fine pagarlo pur di non fargli togliere le mutande alla se-

gretaria.

Con un senso di colpa, Paolo torna alla pratica del signor

Forte.

! l'itti M

; tu

93

16.

In una piccola via stretta, dentro un semplice garage, c'è

Sergio, il meccanico. Indossa una tuta blu con un rettangolo

bianco, verde e rosso della Castrol sulla schiena. Non si capi-

sce se è stato sponsorizzato per le corse che ha fatto diversi an-

ni prima o per tutto l'olio che cambia ai motorini. Fatto sta che

ogni volta, quando gli portano una moto, qualunque proble-

ma abbia, lui, dopo averla provata, finisce sempre allo stesso

modo: "C'è da fare qualche lavoretto e poi facciamo un bel cam-

bio completo dell'olio".

Mariolino, il suo assistente, è un ragazzo dall'aria non mol-

to sveglia. Per lui Sergio è un genio, un idolo. Un dio dei mo-

tori. Quando lavorano Mariolino mette sempre su il disco di

Battisti. Io tu noi tutti. Quando nella canzone Sì, viaggiare ar-

riva il pezzo che dice "quel gran genio del mio amico, lui sa-

prebbe come fare, lui saprebbe come aggiustare, ti regolereb-

be il minimo alzandolo un po'" Mariolino fa un enorme sorri-

so. "Cazzo Se', sta proprio a parla' de te, eh?" Sergio continua

a lavorare poi si passa una mano tra i capelli rendendoli an-

cora più unti.

"Certo, mica ce la può avere con te. Tu con un cacciavite

in mano fai solo danni, altro che miracoli."

Un vecchio Free blu spinto da un giovane farlocco oc-

chialuto si ferma davanti al garage. Sono arrivati tutti e due.

Il Free ha la ruota posteriore bloccata. Il farlocco si toglie gli

occhiali e si asciuga la faccia sudata. Sergio prende in con-

segna il motorino. Deciso e sicuro sfila il copritelaio. Sem-

brerebbe un chirurgo se non fosse che non indossa i guanti

e che le sue mani sono tutte sporche d'olio. Inoltre un buon

chirurgo non si sceglierebbe mai un secondo come Marioli-

no. Il farlocco è lì davanti. Guarda preoccupato quel lento

meccanico sezionare il suo Free. Come il familiare di un pa-

ziente, preoccupato però non di quanto sia grave la sua ma-

94

lattia, ma, molto più materialmente, di quanto possa costa-

re l'intera operazione.

"C'è da cambiare il variatore, non è uno scherzo."

La moto di Step frena davanti al garage. Un'ultima sgasa-

ta fa sentire quanto quella VF 750 non abbia affatto bisogno di

cure. Sergio si asciuga le mani con uno straccio.

"Ciao Step, che c'è? Qualche problema?" Step sorride. Bat-

te la mano affettuosamente sul serbatoio della sua Honda.

"Questa moto non conosce quella parola. Siamo venuti a

ritirare il catorcio di Pollo." Pollo si è intanto avvicinato alla

sua moto. Il vecchio Kawa 550. La tragica "cassa da morto".

"È tutto a posto. Ho dovuto cambiare i pistoni, le fasce e

tutto il blocco motore. Ma alcuni pezzi te li ho presi usati." Ser-

gio elenca altri lavori molto costosi. "E poi gli abbiamo fatto

un cambio completo dell'olio." Pollo lo guarda. Con lui non at-

tacca. Sergio non ci prova nemmeno. "Ma quello non te lo met-

to in conto. È un regalo."

Un anno prima Sergio aveva avuto una violenta discussio-

ne e da allora aveva imparato a trattare con quei due.

È primavera. Step gli porta la sua Honda appena compra-

ta per fare il tagliando. "C'è anche da dare una guardata alla

cupoletta laterale che vibra..."

Qualche giorno dopo Step torna da Sergio per ritirare la

moto. Paga il conto senza fare discussioni, compreso il cam-

bio dell'olio completo. Ma quando prova la moto, la cupoletta

vibra ancora. Step torna lì con Pollo e glielo fa presente. Ser-

gio gli assicura di averla aggiustata. "Se vuoi comunque te la

metto a posto di nuovo, solo che devi prendere un altro ap-

puntamento e naturalmente pagarmi il lavoro." Come se que-

sto non bastasse, Sergio commette un errore enorme. Si avvi-

cina a Step, gli batte con la mano sulla spalla e soprattutto se

ne esce veramente male.

"E poi tu chissà come la porti quella moto. Per quello l'hai

sfasciata di nuovo la cupoletta."

Step non ci vede più. La sua moto è insieme a Pollo l'uni-

ca cosa alla quale tiene veramente. Inoltre odia quelli che ti

parlano toccandoti.

"Ti sbagli. È molto facile sfasciare i pezzi laterali di una

moto. Stai a guardare eh..."

Step va in fondo alla fila delle moto davanti al garage. Da

un calcio violento alla prima. Una Honda 1000, rossa e pesan-

te si abbatte su quella che gli sta a fianco, una 500 Custom te-

nuta perfettamente. Anche questa va giù, su una suzuki 750 e

poi giù ancora, su un SH 50 bianco e leggero. Moto costose e al-

95

la moda, motorini nuovi e modelli passati si abbattono uno sul-

l'altra con un rumore di ferraglia terribile, finendo a terra, so-

spinti da quell'onda di distruzione, tipo un piccolo grande do-

mino, giocato ad alto prezzo. Sergio prova a fermarle. È tutto

inutile. Anche l'ultimo Peugeot cade a terra lateralmente rovi-

nandosi la fiancata. Sergio rimane esterrefatto. Step gli sorri-

de. "Hai visto come è facile?" Poi, prima che Sergio possa dire

qualcosa, Step continua: "Se non mi aggiusti subito la moto, ti

do fuoco al garage". Dopo nemmeno un'ora la cupoletta è a po-

sto. Non vibrò mai più. Step naturalmente non pagò nulla.

Il farlocco aspetta silenzioso in un angolo guardando preoc-

cupato il suo Free a motore aperto. Sergio entra per prendere

le chiavi del Kawa di Pollo.

"Va bene ragazzo. Lasciamelo pure. Vediamo un po' che si

può fare." Quest'ultima espressione preoccupa ancora di più

il farlocco. Pensa giustamente che il suo Free sia ormai a una

fase terminale.

"Quando posso passare?"

"Anche domani." Il giovane occhialuto a questa notizia si

riprende un po'. Sorride e si allontana stupidamente felice. Ser-

gio consegna le chiavi a Pollo. Il Kawasaki improvvisamente

torna a ruggire. Il fumo esce potente dalle marmitte. I giri sal-

gono veloci. Pollo da gas due o tre volte, poi sorride felice. Step

lo guarda. È proprio un bambino. Pollo sorride un po' meno

quando Sergio gli fa il conto. Ma se l'aspettava. Ha grippato, e

cambiare pistoni e tutto il resto non è certo uno scherzo. Pol-

lo arriva per un pelo a pagare il conto. Sergio si mette i soldi

in tasca. Naturalmente non emette fattura.

"Mi raccomando Pollo, adesso è come in rodaggio. Vacci

piano." Pollo lascia la manopola del gas.

"Cazzo è vero, non ci avevo pensato. Stasera c'è la gara e

io non ho la moto lo stesso. Tutto questo casino non è servito

a niente."

Pollo guarda Step.

"Però tu potresti..."

Step, capendo al volo dove vuole arrivare, ferma subito l'a-

mico.

"Alt. Frena. La mia moto non si tocca. Ti presto quello che

vuoi, ma la moto no. Una volta tanto stai a guardare, eh."

"Sì, e che faccio?"

"Fai il tifo per me. Io stasera corro." V

Sergio li guarda con un senso di invidia. .f

"Sul serio andate alla serra?"

"Vieni, no? Ci diamo un appuntamento e andiamo insieme."

96

"Non posso. A proposito, c'è sempre Siga?"

"Come no, sta sempre lì."

"Be', salutatemelo tanto. Gliene ho fatti fare di soldi, eh?"

"Be', come vuoi. Se ci ripensi sai dove trovarci."

Pollo e Step salutano, poi mettono la prima. Pollo sgasa

più volte per riscaldare bene il motore. Poi sentendo quel bel

rumore profondo e sicuro si piega e da gas facendo una pin-

na. Step lo segue, alza la ruota davanti e dando gas si allonta-

na con l'amico per la strada principale. Sergio rientra nel ga-

rage. Guarda le vecchie foto che ha appeso al muro. La sua

moto, le corse. Era imbattibile. Ora sono altri tempi, sono pas-

sati tanti anni, è tardi. Si ricorda cosa disse una volta un suo

amico: "Crescere vuoi dire non prendere più i duecento". For-

se è vero. Lui è cresciuto. Ora ha delle responsabilità. Una fa-

miglia e anche un figlio. Sergio si avvicina alla vecchia radio

sul tavolaccio nero d'olio. Rimette la cassetta. Ha solo quella.

Sono anni che ascolta sempre le stesse canzoni.

Probabilmente mio papa e mia mamma, chi lo sa, deside-

ravano non me, ma un altro bambino, pensa Sergio.

Poi guarda Mariolino. È lì, piegato sul motorino rimasto

aperto in mezzo al garage. Non è solo questione di cellule, pen-

sa Sergio. Mariolino si gira verso di lui.

"A Se', ma che c'ha 'sto Free?"

"A Marioli', non lo vedi che quel ragazzo è un gaggio? L'ha

messo sulla bicicletta e gli si è bloccata la ruota. Questo Free

non c'ha un cazzo, sposta la levetta del variatore e fagli un bel

cambio d'olio completo e poi vedi che parte che è una scheggia."

Mariolino si piega sul Free. Ci mette qualche minuto pri-

ma di trovare la levetta. Sergio scuote la testa. È proprio vero,

quando hai un figlio non vai più a duecento all'ora. Quando

quel figlio poi è Mariolino non vai più da nessuna parte. Ser-

gio prende il giubbotto e se lo mette sulla tuta. Decide di ri-

schiare e uscire lo stesso. "Torno fra poco."

Mariolino lo guarda preoccupato.

"Dove vai papa?"

"A comprare il meglio di Battisti. È uscito oggi. È ora di

cambiare cassetta."

r~st

m

17.

ii ,:

In piazza Euclide, davanti all'uscita della Falconieri, di-

verse macchine sono ferme in doppia fila. Dietro di loro altri

automobilisti, pieni di impegni e privi di figlie che vanno a

quella scuola, si attaccano ai clacson: il solito terribile concerto

postmoderno.

Alcuni ragazzi con dei Peugeot e degli SH 50 si fermano pro-

prio davanti alla scalinata. Anche Raffaella arriva in quel mo-

mento. Trova un piccolo buco dall'altra parte della strada, di

fronte al benzinaio prima della chiesa, e ci si infila con la sua

Peugeot 205 quattro porte. Palombi la riconosce. Memore del-

la sera prima, decide che è meglio allontanarsi.

Raggiunge il gruppo di ragazzi ai piedi della scalinata. Ar-

gomento del giorno: la festa di Roberta e imbucati vari. Qual-

che ragazzo racconta la propria versione dei fatti. Deve essere

vera a giudicare dai segni delle botte che ha preso. Se non al-

tro c'è stato e gliele hanno date, il resto può forse anche esse-

re inventato. Brandelli raggiunge il gruppo.

"Ciao Chicco, come va?"

"Bene" mente spudoratamente. Il suo amico però gli cre-

de. Ormai Chicco è diventato un esperto in fatto di bugie. Ne

ha provate di tutti i tipi quella mattina quando suo padre ha

visto com'era ridotta la BMW. Peccato che suo padre non sia ab-

boccone come l'amico. Non ha minimamente creduto alla sto-

ria del furto. Quando Chicco poi ha deciso di raccontargli la

verità, suo padre si è addirittura arrabbiato. In effetti a ripen-

sarci bene tutta la storia è assurda. Quei tipi sono assurdi, pen-

sò Chicco. Distruggermi la macchina in quel modo. Anche se

mio padre non ci crede, gliela farò vedere. Troverò quei teppi-

sti, scoprirò i loro nomi e li denuncerò. Ecco che farò! Bene!

Tanto prima o poi li incontro, sono sicuro.

Chicco si blocca. I suoi desideri si sono immediatamente

avverati. Ma lui non sembra più esserne così felice. Step e Pol-

98

lo compaiono a tutta velocità dalla curva con le moto piegate

vicine. Scalano superando in velocità una macchina. Poi si

fermano a qualche metro da Brandelli. Chicco, prima che Step

lo riconosca, si gira su se stesso. Sale sulla Vespa, l'unico mez-

zo che ormai ha a disposizione, e si allontana veloce. Step si

accende una delle sigarette fregate a Martinelli e si rivolge a

Pollo.

"Ma sei sicuro che è qui?"

"Come no. L'ho letto sulla sua agenda. Ci siamo dati ap-

puntamento ieri sera per andare a pranzo insieme."

"Mortacci tua. Ma se non c'hai un euro. E fai pure lo splen-

dido?"

"Ma che vuoi? Ti ho portato pure la colazione. Allora stai

zitto!"

"Sì, per due miseri tramezzini."

"Ah, miseri? Ogni giorno due tramezzi, alla fine del mese

sono una cifra. Comunque non ti preoccupare, mi ha invitato

lei, sono suo ospite, non pago."

"'Mazza che culo, hai trovato pure quella ricca che offre.

Come?"

"Carina. Mi sembra pure simpatica. È un po' strana ma-

gari."

"Qualcosa di strano lo deve avere per forza se decide di ve-

nire a pranzo con te e di offrire. O è strana, o è un cesso!" Step

scoppia a ridere.

La campanella dell'ultima ora suona. Dall'alto della scali-

nata sbucano alcune ragazze. Sono tutte più o meno in divisa.

Bionde, brune, castane. Scendono saltellando, di corsa, lente

o a gruppi. Chiacchierando. Qualcuna allegra per l'interroga-

zione andata bene. Qualcun'altra incavolata per il brutto voto

del compito in classe. Alcune speranzose guardano giù il ra-

gazzo appena conquistato o quello che le ha mollate sperando

in una riappacificazione. Altre, meno carine, controllano se c'è

quello bello, quello che piace a tutte loro, le sfigate. Quello che

sicuramente si metterà con una di un'altra classe. Alcune ra-

gazze che sono andate a scuola in motorino si accendono una

sigaretta. Daniela scende veloce gli ultimi scalini e corre in-

contro a Palombi. Raffaella vede sua figlia e suona il clacson.

Le fa segno di salire subito in macchina. Daniela annuisce. Poi

si avvicina a Palombi e lo saluta con un bacio frettoloso sulla

guancia. "Ciao, c'è mia madre, devo andare. Ci sentiamo oggi

pome? Mi devi chiamare a casa perché il cellulare da me non

prende..."

"Va bene. Come va la guancia?" ' i

99

"Meglio, molto meglio! Vado però, perché non vorrei ave-

re una ricaduta."

Escono le altre classi. Alla fine è la volta dell'ultimo anno.

Babi e Pallina compaiono sulla scalinata. Pollo da una pac-

ca a Step. "Ecco, è quella là." Step guarda su. Vede alcune ra-

gazze più grandi che scendono le scale. Fra queste riconosce

Babi. Si gira verso Pollo.

"Qual è?"

"Quella con i capelli neri sciolti, quella piccoletta." Step ri-

guarda su. Deve essere la ragazza vicino a Babi.

Non sa perché, ma gli fa piacere che non sia Babi la tipa

strana che porta a pranzo Pollo, per di più offrendo.

"Carina, io conosco quella che le sta accanto."

"Ma dai? E come mai?"

"Ci ho fatto la doccia ieri sera."

"Ma che cazzo dici..."

"Te lo giuro. Chiediglielo."

"Ti pare che glielo chiedo? Che faccio, vado là e le dico: scu-

sa, che, tu ieri hai fatto la doccia con Step? Ma smettila!"

"Allora glielo dico io."

» Pallina sta ipotizzando con Babi i vari modi possibili di

presentare la nota a Raffaella, quando vede Pollo.

"Oh, no!"

Babi si gira verso di lei. "Che c'è?"

"C'è quello che ieri mi ha fregato i soldi della settimana."

"Qual è?"

"Quello lì sotto." Pallina indica Pollo. Babi guarda in quella

direzione. Pollo è in piedi e lì vicino, seduto sulla moto, c'è Step.

' "Oh-no!"

Pallina guarda preoccupata l'amica. "Che c'è? Ti ha frega-

to i soldi pure a te?"

"No, l'amico suo, quello che gli sta vicino, mi ha trascina-

to sotto la doccia!"

Pallina annuisce, come se fosse normalissimo che dei tipi

rubino nelle loro borse e le trascinino sotto la doccia.

"Ah, ho capito, non me l'avevi detto!"

"Speravo di dimenticarlo. Andiamo."

Scendono decise gli ultimi scalini. Pollo va incontro a Pal-

lina. Babi li lascia alle loro spiegazioni e si dirige spedita ver-

so Step.

"Che ci fai qua? Si può sapere che sei venuto a fare?"

"Ehi, calmina! Prima di tutto questo è un luogo pubblico,

e poi sono venuto ad accompagnare Pollo che va a pranzo con

quella là."

100

"Si da il caso che 'quella là' è la mia migliore amica. E che

Pollo invece è un ladro, visto che le ha rubato i soldi."

Step le fa il verso: "Si da il caso che Pollo è il mio migliore

amico e non è un ladro. È lei che lo ha invitato a pranzo, e tra

l'altro paga lei. Ehi, ma poi perché sei così acida? Che c'è, stai

rosicando perché io non ti porto a pranzo? Ma ti ci porto se

vuoi. Basta che paghi tu...!".

"Ma sentilo..."

"Allora facciamo così: tu domani porti i soldi, prenoti in

un bel posto e io magari ti vengo a prendere... Va bene?"

"Ma figurati se io vengo con te!"

"Be', ieri sera ci sei venuta, e stringevi pure."

"Cretino."

"Dai, monta che ti accompagno."

"Deficiente."

"È possibile che sai dire solo parolacce? Una brava ragaz-

za come te con la divisa che viene qui alla Falconieri tutta per-

benino e poi si comporta così! Non sta bene, no!"

"Stronzo."

Pollo si avvicina in tempo per sentire quell'ultimo compli-

mento.

"Vedo che state facendo amicizia. Allora, venite a pranzo

con noi?"

Babi guarda sbalordita l'amica.

"Pallina, non ci posso credere! Vai a pranzo con quel la-

dro?"

"Be', almeno recupero qualcosa, paga lui!"

Step guarda Pollo: "Che infame...! Mi avevi detto che of-

friva lei".

Pollo sorride all'amico. "Be', infatti è vero. Tu lo sai che io

non mento mai. Ieri le ho fregato i soldi e pago con quelli. Quin-

di, in un certo senso, offre lei. Che fate allora, venite o no?"

Step con aria strafottente guarda Babi: "Mi dispiace ma de-

vo andare a pranzo da mio padre. Non ci rimanere male. Al-

lora, facciamo domani?".

Babi cerca di controllarsi. "Mai!"

Pallina monta dietro a Pollo. Babi la guarda amareggiata,

si sente tradita. Pallina cerca di calmarla: "Ci vediamo più tar-

di eh, passo da te!".

Babi fa per andarsene. Step la ferma.

"Ah, aspetta. Se no passo per bugiardo. Dillo, per favore. È

vero che ieri abbiamo fatto la doccia insieme?" ,,.

Babi si libera.

"Ma va'a quel paese!" "' - , (3. 'i ° -, <- i ,*

» Step sorride a Pollo. . .*x> , " '> .«. , <

"È il suo modo di dire sì!"

Pollo scuote la testa e parte con Pallina. Step rimane a guar-

dare Babi che attraversa la strada. Cammina decisa. Una mac-

china frena per non metterla sotto. Il conducente si attacca al

clacson. Babi, senza neanche girarsi, sale in macchina.

"Ciao mamma!"

Babi bacia Raffaella.

- "È andata bene a scuola?"

"Benissimo" mente. Prendere due in latino e una nota sul

diario non è proprio quello che si dice andare benissimo.

"Pallina non viene?"

"No, torna per conto suo." Babi pensa a Pallina che va a

pranzo con quel tipo, Pollo. Assurdo. Raffaella suona il clac-

son spazientita.

"Ma insomma, che fa Giovanna? Daniela, te l'avevo detto

di dirglielo."

"Eccola, sta arrivando."

Giovanna, una ragazza bionda dall'aria un po' mortona, at-

traversa lentamente la strada e sale in macchina.

"Mi scusi signora." Raffaella non dice nulla. Mette la pri-

ma e scatta in avanti. La violenza di quella partenza è abba-

stanza eloquente. Daniela guarda dal finestrino. La sua amica

Giulia è davanti alla scuola che parla con Palombi. Daniela si

arrabbia.

"Non è possibile! Ogni volta che mi piace uno, Giulia è lì

che ci parla e fa la deficiente. Guarda che è pazzesca. Sem-

bra che lo fa apposta. Lei prima Palombi lo odiava, e ora ec-

cola lì che ci parla."

Giulia vede passare la Peugeot. Saluta Daniela e le fa se-

gno con la mano che si sarebbero sentite nel pomeriggio. Da-

niela la guarda con odio e non risponde. Poi si volta verso la

sorella.

"Babi, ma Step era venuto a prendere te?"

"No."

"Ma come no, ho visto che parlavate."

"È passato per caso."

1 "Be', potevi tornare con lui. Eccolo!"

Proprio in quel momento Step passa a tutto gas con la sua

moto vicino alla Peugeot. Raffaella sterza di botto spaventata.

Inutilmente. Step non l'avrebbe mai presa. Calcola la distanza

sempre al millimetro.

L'Honda 750 si piega due o tre volte facendo il pelo alle al-

tre macchine. Poi Step, con i Ray-Ban scuri agli occhi, gira leg-

102

r

germente la testa e sorride. È sicuro che Babi lo stia guardan-

do. Infatti non si sbaglia. Step scala e senza fermarsi al se-

maforo rosso imbocca via Siacci a tutta velocità. Una macchi-

na che viene da destra suona giustamente il clacson. Un vigi-

le non fa in tempo a leggere la targa. La moto sparisce supe-

rando altre macchine. Raffaella si ferma al semaforo e si vol-

ta verso Babi.

"Se solo ti azzardi a salire dietro quel tipo non so che ti fac-

cio. È un cretino. Hai visto come guida? Guarda Babi, non sto

scherzando, non voglio che ci vai."

Forse sua madre ha ragione. Step guida come un pazzo.

Eppure la sera prima dietro di lui, nella notte, a occhi chiusi,

in silenzio, lei non ha avuto paura. Anzi, quella corsa le è pia-

ciuta. Babi apre la busta della spesa e strappa un morbido pez-

zo di pizza bianca. Non ci si può controllare sempre. Poi, in

un impeto di trasgressione totale, decide che quello è il mo-

mento giusto. "

"Mamma, oggi ho preso una bella nota." &

103

18.

Step si versa una birra, poi accende la tele. Mette il canale

dieci. Su MTV c'è il vecchio video degli Aerosmith: Lave in an

elevator. Steven Tyler viene accolto in ascensore da una fica

spaziale. Tyler, con una faccia dieci volte meglio di Mike Jag-

ger, apprezza giustamente la ragazza. Step pensa a suo padre

seduto di fronte a lui. Chissà se l'apprezza anche lui. Il padre

prende il telecomando dal tavolo e spegne la televisione. Suo

padre è come Paolo, non sa apprezzare le cose belle.

"Non ci vediamo da tre settimane e ti metti a guardare la

tivù. Parliamo, no?"

Step beve la birra.

"Va bene, parliamo. Di cosa vuoi parlare?" " _ a*

"Vorrei sapere cosa hai deciso di fare..."

"Non lo so."

"Cosa vuoi dire non lo so?"

"È semplice... Vuoi dire che ancora non lo so."

La cameriera entra con il primo. Mette la pasta al centro

del tavolo. Step guarda la tele spenta. Chissà se Steven Tyler

ha già fatto il suo salto mortale a chiusura del pezzo. Cin-

quantacinque anni e ancora sta così. Un fisico eccezionale. Una

forza della natura. Guarda suo padre. Ha qualche difficoltà an-

che a mettersi gli spaghetti nel piatto. Step se lo immagina

qualche anno prima fare un salto mortale. Impossibile. È più

facile che Paolo vada con la sua segretaria.

Il padre gli passa la pasta. È condita con il pane grattugia-

to e le acciughe. Proprio quella che piace a lui, quella che gli

faceva sempre sua madre. Non ha un nome particolare. Sono

gli spaghetti con il pane grattugiato e basta. Anche se ci sono

le acciughe. Step si serve. Si ricorda le volte che le aveva man-

giate a quella stessa tavola, in quella casa, con Paolo e sua ma-

dre. Di solito, in un piccolo piattino di porcellana veniva ser-

vito un altro po' di condimento. Paolo e suo padre non lo vo-

104

levano, toccava sempre a lui. Sua madre gliene metteva un po'

sulla pasta con un cucchiaino. Alla fine gli sorrideva e rove-

sciava il piattino versandocelo tutto. Era la sua pasta preferi-

ta. Chissà se suo padre lo ha fatto apposta. Decide di non par-

larne. Quel giorno il piattino non c'è. Anche molte altre cose

non ci sono più. Suo padre si pulisce educatamente la bocca

con il tovagliolo.

"Hai visto, ho fatto fare la pasta che ti piace. Com'è venuta?"

"Buona. Grazie papa. È venuta benissimo."

Non è male, in effetti.

"L'unica cosa è che doveva essere magari un po' più con-

dita. Si può avere un'altra birra?"

Il padre chiama la cameriera.

"Non per essere noioso, ma perché non ti iscrivi all'uni-

versità?"

"Non lo so. Ci sto pensando. E poi dovrei decidere la fa-

coltà."

"Potresti fare Legge o Economia, come tuo fratello. Una

volta laureato ti potrei aiutare a trovare un posto."

Step si immagina vestito come suo fratello, nel suo ufficio,

con tutte quelle pratiche. Con la sua segretaria. Quell'ultima

idea per un attimo gli piace. Poi ci pensa meglio. In fondo può

sempre invitarla a uscire e continuare a non fare un cazzo.

"Non lo so. Non mi sento portato."

"Ma perché dici così? A scuola andavi bene. Non dovresti

avere problemi. Alla maturità hai preso settanta, non è anda-

ta male."

Step beve la birra appena arrivata. Sarebbe anche andata

meglio, se non ci fossero stati tutti quei casini. Dopo quella sto-

ria non ha più aperto libro. Non ha più studiato.

"Papa, non è quello il problema. Non lo so, te l'ho già det-

to. Magari dopo quest'estate. Adesso non mi va proprio di pen-

sarci."

"Cosa ti va di fare adesso, eh? Vai in giro a fare macello. Stai

sempre per strada e torni sempre tardi. Paolo me l'ha detto."

"Ma che t'ha detto Paolo se non sa un cavolo!"

"No, però lo so io. Forse era meglio se ti facevi un anno di

militare, che almeno ti inquadrava un po'."

"Sì, ci mancava solo il militare."

"Be', se sono riuscito a farti esonerare per farti stare per stra-

da e continuare a fare a botte, allora era meglio se partivi."

"Ma chi ti dice che faccio a botte... A papa, ma sei fissato!"

"No, sono spaventato. Ti ricordi cosa ha detto l'avvocato

dopo il processo? Suo figlio deve stare attento. Da questo mo-

105

mento qualunque denuncia, qualunque altra cosa succeda,

scatta automaticamente la decisione del giudice."

"Certo che me lo ricordo, me l'hai ripetuto almeno venti

volte. A proposito, l'hai più visto l'avvocato?"

"L'ho visto l'altra settimana. Ho pagato l'ultima parte del-

la parcella."

Lo dice con un tono pesante come a sottolineare che è sta-

ta sicuramente molto costosa. In questo è proprio uguale a Pao-

lo. Stanno sempre a contare i soldi. Step decide di non farci

caso.

"Porta ancora quella cravatta tremenda?"

"No, è riuscito a mettersene una ancora più brutta."

Il padre sorride. Tanto vale fare il simpatico. Con Step non

serve a niente la linea dura.

"Ma dai, mi sembra impossibile. Con tutti i soldi che gli

abbiamo dato..." Step si corregge. "Scusa papa, che gli hai da-

to, si potrebbe comprare qualche bella cravatta."

"Se è per quello potrebbe rifarsi il guardaroba..."

La cameriera porta via i piatti e torna con il secondo. È una

bistecca al sangue. Per fortuna non è collegata a nessun ricor-

do. Guarda suo padre. È lì, piegato sul piatto a tagliare la car-

ne. Tranquillo. Non come quel giorno. Tanto tempo fa, quel

terribile giorno.

Stessa stanza. Il padre cammina su e giù, veloce, agitato.

"Come 'Perché sì! Perché mi andava'? Ma allora tu sei una

bestia, un animale, uno che non ragiona. Io ho per figlio un

violento, un pazzo, un criminale. Hai rovinato quel ragazzo.

Te ne rendi conto? Potevi ucciderlo. O non ti rendi conto nep-

pure di questo?"

Step sta seduto con lo sguardo basso senza rispondere. L'av-

vocato interviene:

"Signor Mancini, ormai quel che è successo è successo. È

inutile sgridare il ragazzo. Io credo che dei motivi, anche se

nascosti, ci siano stati".

"Va bene avvocato. Allora mi dica lei: cosa dobbiamo fa-

re?"

"Per organizzarci per la difesa, per poter rispondere in tri-

bunale, dovremmo scoprirli."

Step alza la testa. Ma cosa sta dicendo? Cosa sa? L'avvoca-

to guarda Step con comprensione. Poi gli si avvicina.

"Stefano, ci sarà stato qualcosa. Uno screzio passato. Un

litigio. Una frase che questo ragazzo ha detto, qualcosa che ti

ha fatto... sì insomma, che ha scatenato la tua rabbia?"

106

Step guarda l'avvocato. Ha una terribile cravatta a losan-

ghe grigie su fondo laminato. Poi si gira verso sua madre. È lì,

seduta su una sedia in un angolo del salotto. È elegante come

sempre. Fuma tranquilla una sigaretta. Step abbassa di nuovo

lo sguardo. L'avvocato lo guarda. Rimane un attimo a riflette-

re in silenzio. Poi si volta verso la madre di Step e le sorride in

maniera diplomatica.

"Signora, ha mai saputo se suo figlio ha avuto qualcosa a

che fare con questo ragazzo? Se hanno mai avuto qualche di-

scussione?"

"No avvocato, non credo. Non sapevo neanche che si co-

noscessero."

"Signora, Stefano andrà in tribunale. È stato denunciato.

Ci sarà un giudice, una sentenza. Con le lesioni che quel ra-

gazzo ha riportato, saranno severi. Se noi non avremo niente

da ribattere... una prova, qualcosa, una minima ragione, suo

figlio finirà nei guai. Guai seri."

Step sta con la testa bassa. Si guarda le ginocchia. I suoi

jeans. Poi socchiude gli occhi. Oh Dio, mamma, perché non par-

li? Perché non mi aiuti? Io ti voglio così bene. Ti prego, non mi

lasciare. Alle parole della madre Step ha una stretta al cuore.

"Mi spiace avvocato. Non ho niente da dirle. Non so nulla.

Le pare che, se avessi qualcosa da dire, se potessi aiutare mio

figlio, non lo farei? E ora scusatemi, devo andare." La madre

di Step si alza. L'avvocato la guarda uscire dalla stanza. Poi si

rivolge per l'ultima volta a Step.

"Stefano, sei sicuro che non hai nulla da dirci?"

Step neanche gli risponde. Senza guardarlo si alza e va al-

la finestra. Guarda fuori. Quell'ultimo piano proprio di fronte

al suo. Pensa a sua madre. E in quel momento la odia, così co-

me l'ha tanto amata. Poi chiude gli occhi. Una lacrima scende

lungo la guancia. Non riesce a fermarla e soffre come non mai,

per sua madre, per ciò che non sta facendo, per quello che ha

fatto.

"Stefano, tieni, lo vuoi il caffè?" Step smette di guardare

fuori dalla finestra e si gira. Di nuovo nella stessa stanza. Ora.

Suo padre è lì tranquillo, con la tazzina in mano.

"Grazie papa." Lo beve veloce. "Ora devo proprio andare.

Ci sentiamo la prossima settimana."

"Va bene. Ci pensi alla storia dell'università?"

Step nell'ingresso si infila il giubbotto.

"Ci penserò."

"Telefona ogni tanto a tua madre. Ha detto che non ti sen-

te da tanto!"

107

"Ma papa, non c'ho mai tempo."

"Ma che ci vuole, solo una telefonata."

"Va bene, la chiamerò." Step esce di fretta. Il padre rima-

sto solo in salotto, si avvicina alla finestra e guarda fuori. Al-

l'ultimo piano in quell'attico di fronte al suo, le finestre sono

chiuse. Giovanni Ambrosini ha cambiato casa, così, da un gior-

no all'altro, proprio come ha cambiato la loro vita. Come può

avercela con suo figlio?

Step in ascensore si accende l'ultima sigaretta di Martinelli.

Si guarda allo specchio. È andata. Quei pranzi lo distruggono.

Arriva al pianoterra. Quando le porte d'acciaio si aprono, Step

che è sovrappensiero si prende un colpo.

La signora Mentarini, un'inquilina del palazzo con i capelli

malamente mesciati e il naso adunco, è lì davanti a lui.

"Ciao Stefano, come stai? È tanto tempo che non ti vedo."

E per fortuna, pensa Step. Un mostro così vederlo troppo

spesso fa male. Poi si ricorda di Steven Tyler e della fica be-

stiale che entra nel suo ascensore. A lui invece tocca la signo-

ra Mentarini. Ingiustizie del mondo. Si allontana senza salu-

tare. Nel cortile butta via la sigaretta. Fa una corsa veloce, bat-

te i piedi e buttando le mani a terra si tuffa in avanti. Non c'è

paragone. Il salto mortale lo fa molto meglio lui. D'altronde

Tyler ha cinquantacinque anni e lui solo diciannove. Chissà

cosa farà fra trent'anni. Una cosa è sicura: non il commercia-

lista.

19, , '

f, , J

1 » Ifvf'

#«.< i

Pallina, con una tuta Adidas felpata bluette proprio come

l'elastico che le stringe il ciuffo, corre quasi rimbalzando sul-

le Nike chiare.

"Allora, non mi chiedi com'è andata?"

Babi, con una tuta scura bassa in vita con la scritta Danza

e una fascia rosa che le tiene i capelli, guarda l'amica.

"Com'è andata?"

"No, se me lo chiedi così, non te lo racconto."

"Allora non me lo raccontare."

Continuano a correre in silenzio, sempre allo stesso ritmo.

Poi Pallina non ce la fa più.

"Va bene, visto che ci tieni tanto, te lo dico lo stesso. Mi so-

no divertita da morire. Non sai dove mi ha portato."

"No, non lo so."

"E dai, non fare l'antipatica!" &

"Non condivido certe amicizie e basta."

"Ehi, ma ci sono uscita solo una volta, che sarà?"

"Può essere come vuoi, basta che sia l'ultima!"

Pallina rimane un attimo in silenzio. Un ragazzo dalla tu-

ta impeccabile le supera. Le guarda tutt'e due. Poi, anche se

sfinito, controlla un cronometro che ha in mano e per darsi to-

no aumenta l'andatura, sparendo lungo una stradina.

"Be', insomma, mi ha portato a mangiare in un posto fi-

chissimo. È vicino a via Cola di Rienzo, credo che sia via Cre-

scenzio, una traversa di quelle. Si chiama La Piramide."

Babi non mostra un interesse particolare.

Pallina continua a raccontare, un po' più affannata. "La co-

sa divertentissima è questa: in ogni tavolo c'è un telefono."

"Fino a qui non mi sembra molto interessante."

"Oh msomma, che noia che sei! Questi telefoni hanno un

numero che va, fai conto, da O a 20,"

"E tu come lo sai?" **? .... . . v,*, ,,

109

"C'è scritto sul menù."

"Ah, perché si mangia pure! Pensavo ti avesse portato alla

Telecom!"

"Senti, se vuoi che te lo racconto chiudi quella bocca da

srigata acida."

"Cosa?" Babi la guarda fìngendo stupore. "Sfìgata acida a

me? Ma se sono la più corteggiata della Falconieri! Hai visto

quello che è passato prima come mi guardava? Cosa credi, che

avesse gli occhi di fuori per te?"

"Certo!"

"Ma se si è accorto che eravamo in due è grasso che cola."

"Qui a colare è solo il mio sudore e non mi dona affatto.

Non potremmo sederci su quella panchina e chiacchierare nor-

malmente?"

"Non se ne parla proprio. Io corro. Devo perdere almeno

due chili. Se ti va di venire con me, bene, se no mi metto il

Sony. Tra l'altro c'è dentro l'ultimo ed degli U2."

"Sony? E da quando ce l'hai?"

"Da ieri!"

Babi si alza la felpa mostrando il walkman MP3 della Sony,

legato in vita. Pallina non crede ai suoi occhi.

"Ma dai! Con ed e radio. Ma dove l'hai preso? Qui in Italia

non si trova."

"Me l'ha portato mia zia che è tornata ieri da Bangkok."

"Favoloso."

"Come vedi, ti ho pensato."

Babi mostra a Pallina due cuffie.

"Se mi pensavi veramente te ne facevi portare due."

"Parli sempre a sproposito! Io gliene avevo chiesti due. Ma

mia zia ha finito i soldi e ne ha preso uno soltanto. Che ti im-

porta! Tanto questo ha due cuffie e noi corriamo sempre in-

sieme."

Pallina sorride all'amica. "Hai ragione."

Babi la guarda seria. "Lo so! Ma vuoi finire o no questa sto-

ria del telefono che si mangia?"

Babi e Pallina si guardano, poi scoppiano a ridere. Due ra-

gazzi le incrociano. Vedendole così allegre le salutano speran-

zosi. Il loro coraggio però non è premiato. Pallina riprende il

racconto.

"Allora, ogni telefono corrisponde a un numero, ma nes-

suno sa a quale. Quindi tu componi un numero da O a 20 ti ri-

sponde un altro tavolo ma tu non sai qual è. Per esempio, tu

fai il 18 e ti risponde uno che magari sta nell'altra stanza. Puoi

parlarci, raccontare barzellette, descriverti inventando di es-

110

sere molto più bella di quello che sei o, come nel mio caso,

molto meno. Chiaro no?"

Babi guarda l'amica alzando il sopracciglio.

Pallina fa finta di non farci caso. "Se sei sola o con delle

amiche puoi prendere appuntamenti, fare la cretina. Capito?

Forte, no?"

Babi sorride.

"Sì, mi sembra molto divertente. È proprio carino." Palli-

na cambia espressione.

"Certo non quando ti chiama un maleducato..."

"Perché, che è successo?"

"Be', a un certo punto arriva la pasta. Avevamo preso tutti

e due penne all'arrabbiata. Non sai come erano forti, un piz-

zicore... Scottavano, poi. Ci soffiavo sopra per farle freddare e

intanto chiacchieravo con Pollo. Poi squilla il telefono. Pollo

fa per rispondere, ma io sono molto più veloce di lui, prendo

la cornetta e faccio: "Qui la segretaria del dottor Pollo. Sem-

pre molto simpatica io". Pallina fa una smorfia. Babi sorride.

La storia inizia a interessarle.

"Be'? Continua!"

"Insomma, questo cafone dall'altra parte del telefono non

sai che mi dice."

"Che ti dice?"

"Mi ha detto: 'Sei la segretaria del dottor Pollo. Be', te lo

faccio senti' su fino al collo'."

"Carino, molto inglese."

"Sì, molto boro. Io prendo e gli sbatto il telefono in faccia

e sicuramente sarò diventata rossa. Allora Pollo mi ha chiesto

cosa mi avevano detto al telefono, ma io non gli ho risposto.

Mi scocciava. Mi vergognavo. Allora sai lui che ha fatto? Mi ha

preso per il braccio e mi ha portato in giro per il locale. Così

ha pensato che quel boro vedendomi avrebbe avuto qualche

reazione..."

"Sì, va bene, ma quello che ne sapeva che eri tu la ragazza

che aveva risposto al telefono?"

"Lo sapeva, lo sapeva..." i

"E perché lo sapeva?"

"Perché ero l'unica ragazza del ristorante."

Babi scuote la testa.

"Bel posto dove andare a mangiare. L'unica ragazza con

tutti quei maniaci che ti telefonano per dire porcate... Be', al-

lora come continua?"

"Continua che uno vedendomi scoppia a ridere. Pollo lo

prende, gli sbatte la faccia nel piatto e gli versa la birra in testa!"

ili

"Ben gli sta, così impara a dire certe cose!"

"Be', magari la lezione non l'ha capita tanto." ** - »

"Perché?"

"Perché quando Pollo è andato a pagare..."

"Eh certo... con i soldi tuoi..."

"Uffa... Un tipo basso mi si avvicina e mi dice: 'Oh, che fai,

te ne vai? Mica ti sarai offesa eh? Io stavo scherzando, eh...'. Il

boro era quest'altro. Capisci, quel poveraccio di prima non c'en-

trava niente..."

"Glielo hai detto a Pollo?"

"Scherzi? Così menava pure quell'altro?"

"No, che aveva sbagliato! Questi si comportano come dei

giudici. Puniscono, picchiano e per di più commettono anche

degli errori. La cosa tragica è che magari ti sei pure divertita."

Babi ora è veramente seria. Pallina se ne accorge. Per un

po' corrono in silenzio, recuperando il fiato. Poi Pallina parla

di nuovo. Questa volta anche lei è seria.

"Non so se mi sono divertita. So solo che ho avvertito una

sensazione nuova, che non avevo mai provato prima. Mi sono

sentita tranquilla e sicura. Sì, Pollo è andato lì, ha picchiato

quello sbagliato ma mi ha difesa, capisci. Mi ha protetta."

"Ah sì? Be', è molto bello. Ma dimmi una cosa... chi è che

ti protegge da lui?"

"Che noiosa che sei... mi proteggi tu, no?"

"Scordatelo. Io quello lì e l'amico suo non li voglio vedere.

Assolutamente."

"Allora mi sa che non ci vedremo neanche noi."

"E perché mai?" ?

t "Mi ci sono messa insieme."

«' Babi si ferma di botto.

"No, questo non me lo puoi fare!" Pallina continua a cor-

rere. Senza girarsi fa segno all'amica di seguirla.

"Dai, dai, forza, corri, non fare così. Lo so che sei felice.

Sotto sotto magari, ma sei felice."

Babi riprende a correre. Allunga un po' il passo raggiun-

gendola.

"Pallina, ti prego, dimmi che stai scherzando."

"Niente da fare, e mi piace un sacco."

"Ma come può piacerti un sacco?"

"Non lo so, mi piace e basta."

1 "Ma ti ha fregato i soldi."

"Me li ha restituiti, mi ha offerto il pranzo."

"Ma che vuoi dire, allora è come se avessi pagato tu!"

"Meglio, così mi ci sono messa perché mi andava e non per-

che dovevo. Di solito, quando esci con un ragazzo e ti offre piz-

za e tutto il resto, dopo ti sembra quasi un obbligo baciarlo.

Invece così è stata una libera scelta!"

Babi rimane per un po' in silenzio, poi si ricorda di una cosa.

"Glielo hai detto a Dema?"

"No che non gliel'ho detto!"

"Glielo dovrai dire!"

"Dovrai, dovrai. Glielo dirò quando mi andrà..."

"No, diglielo subito. Se lo viene a sapere da qualcun altro

starebbe troppo male. È innamorato di te."

"Sei tu che sei fissata con questa storia. Non è assoluta-

mente vero."

"È verissimo, e lo sai. Quindi quando torni a casa gli te-

lefoni e glielo dici."

"Se mi va lo chiamo, se no, no."

"Sai che ti dico, sono felice che mia zia abbia portato un

Sony solo, non te lo meriti." Babi comincia a correre più velo-

ce. Pallina stringe i denti e decide di non mollare. "Tanto, se lo

voglio, il Sony me lo regala Pollo."

"Eh certo, lo frega a me."

Pallina si mette a ridere. Babi fa ancora per un po' l'arrab-

biata. Pallina le da una piccola spinta.

"Dai, non litighiamo. Lo so che sei un'amica. Oggi ti sei pu-

re sacrificata per salvarmi dall'interrogazione. Come ha preso

tua madre la storia della nota?"

"Meglio di come ho preso io quella di Pollo!"

"La vedi molto tragica?"

"Drammatica."

"Senti, tu non lo conosci bene. È uno pieno di problemi.

Non ha soldi, il padre lo tratta male. E poi è molto simpatico,

con me è carino, sul serio."

"Non ti importa che non lo sia con gli altri?"

"Magari migliorerà."

Babi pensa che è tutto inutile. Quando Pallina si mette una

cosa in testa, è quella.

"Va bene, basta. Staremo a vedere."

"Oh, così mi piaci." Pallina sorride. "Ti prometto che quan-

do torno a casa telefono a Dema."

Be', Babi almeno una cosa l'ha ottenuta.

Babi e Pallina continuano a correre, in silenzio, per recu-

perare un po' di fiato. Sbucano nello spiazzo attrezzato per fa-

re ginnastica. Dei bambini si lanciano giù, lungo gli scivoli, ur-

lando. Madri preoccupate li seguono da vicino pronte a soc-

113

correrli in quei tuffi da kamikaze. Un bel ragazzo alto e bion-

do e una ragazza un po' più bassa tentano di fare alcuni eser-

cizi alle sbarre. Babi e Pallina correndo gli passano vicino. Il

ragazzo vedendole smette di fare gli esercizi.

"Babi!"

Babi si ferma. È Marco. Sono più di otto mesi che non si

vedono. Anche Pallina si ferma. Babi diventa rossa. È imba-

razzata. Ma il cuore stranamente non comincia a batterle ve-

loce come al solito. Marco la bacia sulla guancia. "Come stai?"

Babi ha ritrovato il controllo.

"Bene, e tu?"

"Benissimo. Ti presento Giorgia." Marco le indica la ra-

gazza. Babi le da la mano e stranamente non si dimentica su-

bito il suo nome come accade di solito quando ti presentano

qualcuno. Anche Pallina la saluta, ma si vede benissimo che

vorrebbe evitare quell'incontro. Marco comincia a parlare. Al

solito. Frasi già sentite. Ti ho telefonato. Non ti fai mai senti-

re. Ho visto una tua amica o un tuo amico. Che stai facendo?

Ah, certo, hai la maturità. Mi raccomando, fatti onore. Un ten-

tativo di essere simpatico. Babi non ascolta quasi. Si ricorda

tutti i momenti passati con lui, l'amore che ha provato, la de-

lusione, le lacrime. Che sofferenza. Per uno così, poi. Lo guar-

da meglio. È ingrassato. Ha i capelli sporchi. Gli sembrano di

meno. E che sguardo smorto. È privo di vita. Come ha potu-

to piacerle così tanto? Uno sguardo alla ragazza. Non merita

neanche di essere presa in considerazione. Terribile, l'indiffe-

renza. Si salutano così. Dopo aver parlato per cinque minuti

e non essersi detti niente. Quel magico ponte è andato per-

duto. Babi ricomincia a correre. Si chiede dov'è andato a fi-

nire tutto l'amore che c'era. Come posso non provarlo più?

Eppure era così grande. Si mette la cuffia del Sony. Gli U2 at-

taccano il loro ultimo successo. Babi alza il volume. Guarda

Pallina. Lei le sorride con affetto. Il suo ciuffo balla nel ven-

to. Le passa una cuffia. Se la merita. In fondo, Babi non lo sa,

ma è lei che l'ha salvata.

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t*-l!: st*"> "t"* - i u ' 4)1*'

L'anno prima.

"Babi, Babi." Daniela bussa alla porta del bagno urlando.

Ma Babi non sente. Sta sotto la doccia e come se non bastas-

se la radio lì vicina trasmette a tutto volume una canzone del-

l'anno precedente degli \J2. Alla fine Babi sente qualcosa. Co-

me un forte battere che va fuori tempo con il ritmo del batte-

rista. Chiude l'acqua, poi, ancora gocciolante, allunga il brac-

cio abbassando il volume.

"Che c'è?"

Daniela da fuori sospira.

"Finalmente, è un'ora che busso. C'è Pallina al telefono."

"Dille che sono sotto la doccia, la richiamo io fra cinque

minuti."

"Ha detto che è una cosa urgentissima."

Babi sbuffa.

"Va bene! Dani, mi porti il telefono?"

"Già fatto." Babi apre la porta. Daniela è lì con il cordless

in mano.

"Non starci troppo, che aspetto una telefonata di Giulia."

Babi si asciuga l'orecchio prima di poggiarlo sul telefono.

"Che c'è di così urgente?"

"Niente, ti volevo salutare! Che fai?"

"Stavo facendo la doccia. Non so com'è, ma mi telefoni

sempre quando sto sotto l'acqua."

"Ma non esci con Marco?"

"No, stasera andava a casa di un amico suo a ripetere. Ha

l'esame fra due giorni. Biologia."

Pallina rimane per un po' in silenzio. Decide di non dire

nulla.

"Benissimo, allora ti passo a prendere tra dieci minuti."

Babi prende un asciugamano piccolo e si friziona i capelli.

"Non posso." > *« '* *>i *'**«.* > AI -j» < u-,ii M'

115

"Dai vieni, ci andiamo a fare una pizza."

"E se poi mi chiama Marco? Lui ha staccato il suo telefo-

nino, deve studiare... lui!"

"Lasci detto a Dani di telefonare più tardi, oppure ti trova

sul tuo. Dai, torniamo presto!"

Babi cerca di replicare. Ma tutte le sue scuse - stanchezza,

compiti non finiti e un incredibile desiderio di stare a casa in

vestaglia e camicia da notte davanti alla tivù - sono inutili. Po-

co dopo è seduta in Vespa dietro Pallina che guida spericolata

nel traffico delle nove.

Babi ha i capelli ancora bagnati, una felpa blu con la scrit-

ta California e l'aria scocciata.

"Mi farai prendere un accidente."

"Ma se fa caldo stasera!"

"Parlavo della tua guida."

Pallina rallenta e gira a destra a Ponte Milvio.

Babi si avvicina alla guancia di Pallina per farsi sentire.

"Che strada stai facendo?"

"Perché?"

"Non andiamo da Baffetto?"

"No."

"E che è successo?"

"Ogni tanto bisogna cambiare. Babi, sei diventata una me-

todica. Sempre da Baffetto, sempre otto in latino, sempre tut-

to uguale! A proposito, con chi stai adesso?"

"Come con chi sto? Con Marco no?"

-, Babi guarda sbalordita Pallina. Non sa perché, ma è sicu-

jra che a lei Marco non piaccia.

t "Vedi Babi, anche lì sei troppo noiosa. Dovresti cambiare."

"Scherzi? Sono stracotta!"

; "Non esagerare..."

"No, Pallina, sul serio. Mi importa un sacco!"

"Come può importartene così tanto, se ci stai da appena

cinque mesi?"

"Lo so, però sono innamorata persa, forse perché è la mia

prima storia importante."

Pallina scala le marce con rabbia. Già, la tua prima storia

importante e proprio con quel verme, pensa Pallina. Poi met-

te la terza e imbocca piazza Mazzini. Poi scala in seconda e

piega a destra. Babi le stringe i fianchi mentre a tutta velocità

imboccano la terza traversa, quella della Nuova Fiorentina. Fa-

bio, il figlio del proprietario, è sulla porta. Quando le vede, le

saluta andando loro incontro. È molto legato a tutte e due. In

realtà ha un debole per Babi, anche se l'ha sempre tenuto na-

116

scosto. Fabio le fa accomodare nella fila di tavoli a destra, ap-

pena entrati, vicino alla cassa. Da lì si può vedere tutto il lo-

cale. Un cameriere porta subito due liste per mangiare. Ma Pal-

lina sa già cosa prendere.

"Qui fanno un calzone favoloso! C'è tutto: formaggio con

le uova, mozzarella e pezzetti di prosciutto. Una cosa da sve-

nire!"

Babi controlla sul menù se c'è qualcosa di meno deleterio

per la sua dieta. Ma Pallina è convincente.

"Allora due calzoni e due birre medie chiare."

Babi guarda preoccupata l'amica.

"Pure la birra? Hai deciso di farmi scoppiare."

"Capirai, per una volta! Stasera dobbiamo festeggiare!"

"Che cosa?"

"Be', è un sacco che non uscivamo da sole."

Babi pensa che è vero. Ultimamente le poche volte che è

uscita l'ha fatto sempre con Marco. Le fa piacere essere lì in

quel momento, con la sua amica. Pallina sta trafficando con le

tasche del suo giubbotto. Alla fine tira fuori un pettinino con

degli strass e dei cuoricini di pietra dura colorata, si raccoglie

i capelli e li trafigge bloccandoli.

Il suo bel viso tondo appare in tutta la sua chiarezza. Babi

le sorride.

"È bellissimo quel pettinino. Ti sta molto bene."

"Ti piace? L'ho comprato a piazza Carli da Bruscoli."

"Ti spiace se ne prendo uno anch'io? Magari un po' diver-

so. Ne avevo uno sul genere ma l'ho perso."

"Scherzi, sono abituata a essere copiata. Sono una ragaz-

za che fa tendenza. Lo sai che quando vado nei negozi ormai

mi danno la roba gratis? Basta che me la metta. Da domani ho

deciso, chiedo anche la percentuale!"

Ridono. In quel momento arrivano le birre. Babi le guar-

da. Sono enormi.

"E questa è la media? E se fosse stata la grande?"

Pallina tira su il suo boccale.

"Dai, non fare storie." Lo sbatte con forza contro quello di

Babi. Un po' di birra schizza fuori spumeggiando sulla tova-

glia^

"Alla nostra libertà."

Babi la corregge: "Provvisoria...".

Pallina le fa un piccolo sorriso come a dire: concesso. Poi

bevono tutte e due. Babi è la prima a cedere. Arrivata a un quar-

to di boccale, smette di bere. Pallina continua ancora per un

po' scolandosi più di metà birra. ?»

117

"Ahhh." Pallina sbatte il boccale sul tavolo. "Questa ci vo-

leva proprio."

E si pulisce la bocca strusciandosela violentemente con il

tovagliolo. Ogni tanto la diverte assumere quell'aria da dura.

Babi apre una busta dei grissini. Ne tira fuori uno leggermen-

te abbrustolito e lo sgranocchia. Poi si guarda intorno nel lo-

cale. Gruppi di ragazzi chiacchierano divertiti facendo picco-

li triangoli di una pizza al pomodoro. Ragazze raffinate si osti-

nano a mangiare con la forchetta perfino le olive ascolane. Una

giovane coppia chiacchiera divertita aspettando di essere ser-

vita. Lei è una bella ragazza dai capelli scuri non troppo lun-

ghi. Lui le versa gentilmente da bere. È di spalle. Babi non sa

perché, ma gli sembra di conoscerlo. Un cameriere gli passa

vicino. Il ragazzo lo ferma. Gli chiede che fine hanno fatto le

loro pizze. Babi lo vede in faccia. È Marco. Il grissino le si spez-

za tra le mani mentre qualcos'altro le si spezza dentro. Ricor-

di, emozioni, momenti bellissimi, frasi dolci sussurrate co-

minciano a girare in un vortice di illusione. Babi sbianca. Pal-

lina se ne accorge.

"Che succede?"

Babi non riesce a parlare. Le indica il fondo della sala.

Pallina si volta. Il cameriere si sta allontanando da un tavo-

lo. Pallina lo vede. Marco è lì, sorride a una ragazza seduta

davanti a lui. Le accarezza la mano, fiducioso nell'arrivo del-

le pizze e soprattutto nel seguito della serata. Pallina si vol-

ta di nuovo verso Babi.

"Che figlio di puttana. Altro che frase comune. Gli uomi-

ni sono davvero tutti uguali! Aveva l'esame di biologia, eh?

Quello lì si sta preparando per anatomia!" Babi in silenzio pie-

ga la testa verso il basso. Una lacrima ingenua le scivola lun-

go la guancia. Si ferma un attimo sul mento indecisa, poi, spin-

ta dal dolore, spicca un salto nel vuoto.

Pallina guarda dispiaciuta l'amica.

"Scusa, non volevo."

Si toglie dalla tasca dei pantaloni una bandana colorata e

gliela passa.

"Tieni, non è proprio indicata per la situazione, forse è un

po' troppo allegra, ma è meglio di niente."

Babi scoppia in una strana risata che sa un po' di pianto.

Poi si asciuga le lacrime e tira su con il naso. I suoi occhi lu-

cidi, leggermente arrossati, tornano a guardare l'amica. Babi

fa un'altra risata. In realtà suona come un singhiozzo. Pallina

le accarezza il mento, portando via un'altra lacrima indecisa.

"Dai non fare così, non se lo merita quel verme. Quando la

118

trova più una come te? È lui che dovrebbe piangere. Non sa

quello che ha perso. Sarà ridotto sempre a uscire con ragazze

tipo quella."

Pallina si volta di nuovo a guardare il tavolo di Marco. An-

che Babi lo fa. Un'altra fitta le stringe lo stomaco. La caccia al

tesoro. Le passeggiate a Villa Glori, i baci al tramonto, guar-

darsi negli occhi e dirsi ti amo. Immagini dolcemente leggere

svaniscono spazzate via da un vento di tristezza. Babi cerca di

sorridere.

"Be', tanto brutta non mi sembra."

Pallina scuote la testa. Babi è incredibile, anche in questa

situazione non riesce a non essere sincera. Babi prende la bir-

ra e ne beve un lungo sorso. Poi sbatte il boccale sul tavolo e

si pulisce violentemente la bocca con il tovagliolo proprio co-

me fa Pallina.

"Dio, come lo odio."

"Brava! Così mi piaci. Lo dobbiamo punire!" Pallina urta

il boccale dell'amica, poi tutte e due finiscono la birra con un

unico lungo e sofferto sorso. Babi leggermente confusa, non

abituata a bere e a tutto il resto, sorride decisa all'amica.

"Hai ragione, gliela devo far pagare! Ho un'idea. Andiamo

da Fabio!"

Marco ride divertito versando alla ragazza del freddo Ga-

lestro. Sa far divertire una donna almeno quanto non è in gra-

do di scegliere un vino.

Quella sera la Nuova Fiorentina può andarne fiera. Non ha

mai avuto un cameriere così carino. Una cameriera, per esse-

re precisi. Babi avanza tra i tavoli con le pizze in mano. Non

ha dubbi. Quella con la mozzarella senza alici è per Marco.

Quante volte l'ha sentito ordinarla. Quante volte poi con amo-

re gliene ha fatta assaggiare un pezzo, imboccandola.

Un'altra fitta. Decide di non pensarci. Si gira. Fabio e Pal-

lina sono vicino alla cassa. Le sorridono incitandola da lonta-

no. Babi prende coraggio. È stordita. La birra era buona e la

sta aiutando ad arrivare al tavolo di Marco.

"Questa è per lei."

Posa la focaccia bianca al prosciutto con poco olio davan-

ti alla ragazza che la guarda stupita.

"E questa è per te, verme!" Marco non fa in tempo a sor-

prendersi. La mozzarella senza alici gli cola sulla testa con tut-

to il pomodoro, mentre la pizza calda, bruciandolo, si trasfor-

ma in uno scomodo cappello. Fabio e Pallina scoppiano in un

applauso, seguiti da tutto il ristorante. Babi, leggermente ubria-

ca, si inchina ringraziando. Poi si allontana con Pallina sotto-

119

braccio seguita dai divertiti commenti dei presenti e lo sguar-

do stupito della ragazza ignara.

Tornano in Vespa in silenzio. Babi si tiene abbracciata stret-

ta stretta a Pallina. Ma non è paura. Per strada c'è molto me-

no traffico. Con la testa appoggiata sulla spalla dell'amica guar-

da gli alberi sfilare davanti a lei, le luci lontane rosse e bian-

che delle macchine. Un autobus arancione le passa vicino. Chiu-

de gli occhi. Un brivido la prende, poi la abbandona. Sente

freddo e caldo e si sente sola. Sempre in silenzio arrivano sot-

to casa. Babi scende dalla Vespa.

"Grazie Pallina."

"Di che? Non ho fatto niente."

Babi le sorride. "La birra era buonissima. Domani a scuo-

la ti offro la merenda. Dobbiamo festeggiare."

"Che cosa?"

"La completa libertà." Pallina l'abbraccia. Babi chiude gli

occhi. Le sfugge un singhiozzo, poi si stacca e scappa via. Pal-

lina la guarda fare gli scalini di corsa e scomparire dentro il

portone. Poi accende la Vespa e si allontana nella notte. Più

tardi Babi mentre si spoglia tira fuori i soldi dalla tasca dei

jeans. Quando infila la mano per vedere se c'è ancora qualco-

sa, rimane stupita. Fra tante lacrime, compare un sorriso. Il

pettinino di Pallina con gli strass e i cuoricini colorati è lì. Glie-

lo ha messo lei, mentre erano abbracciate.

Un piccolo regalo per farla stare su, per farla sorridere. C'è

riuscita. Pallina è veramente un'amica. Marco invece, pove-

raccio, è stato veramente jellato. Babi sorride infilandosi il pi-

giama. In questa tragedia pensa che c'è qualcosa di diverten-

te. Se fossimo andate come al solito da Baffetto non lo avrem-

mo mai beccato. Babi si lava i denti. Che strano, proprio sta-

sera abbiamo deciso di andare alla Nuova Fiorentina. Babi si

infila sotto le lenzuola. Sì, Marco è stato proprio jellato, e spe-

ro che lo sia per tutta la vita.

Pallina gira a destra. Decide di passare a salutare il suo

amico Dema.

Un gatto le attraversa la strada. Non controlla neanche se

è nero o no. Pallina non crede alla sfiga. Lei preferisce mille

volte la pizza di Baffetto al calzone della Nuova Fiorentina.

Non la cambierebbe per nulla al mondo. Ma quella sera, quan-

do Fabio le ha telefonato dicendole che lì da lui c'era il ragaz-

zo di Babi con un'altra, non ha avuto dubbi. È l'occasione che

aspettava da tempo. Ha saputo troppe storie sul conto di Mar-

co. Non possono essere solo voci. Ma se gliel'avesse racconta-

to, era sicura che Babi non le avrebbe creduto. O forse sì. E al-

120

lora si sarebbe rovinata un'amicizia. Meglio dare la colpa al

destino. Pallina citofona a Dema. Le risponde una voce inson-

nolita.

"Pronto, ma chi è?"

"Pallina. Tutto fatto."

"L'avete beccato?"

"In flagrante! Come un topo con il formaggio in bocca o

meglio come un verme con la pizza in testa!"

"Perché, che è successo?"

"Se scendi ti racconto."

"E come l'ha presa Babi?"

"Malino..." »

"Aspetta, mi vesto e scendo."

Pallina si pettina indietro i capelli. Solo per un attimo rim-

piange il suo pettinino. Povera Babi, ma meglio così. Forse

avrebbe sofferto un po'. Ma meglio adesso che dopo. Quando

sarebbe stata più presa. Presto sarebbe tornata allegra. E il sor-

riso di un'amica vale molto più di un pettinino, molto più di

una pizza Margherita. Anche se da Baffetto.

21.

Sotto la doccia Babì si pettina i capelli pieni di balsamo. I

103.10 della radio trasmettono gli ultimi successi americani.

Anastacia è salita al terzo posto. Babi manda la testa indietro

cullata da quel lento motivo sotto la doccia. Una cascata d'ac-

qua leggera porta via il balsamo, scivolandole lungo il viso,

sfiorandole i tratti, le morbide sporgenze.

Qualcuno bussa alla porta.

"Babi... Ti vogliono al telefono."

È Daniela.

"Arrivo subito." Si avvolge rapida in un asciugamano e va

alla porta. Daniela le da il cordless.

"Fai presto che aspetto la telefonata di Andrea." Babi si

chiude di nuovo in bagno e si siede sul morbido copritazza.

La voce di Pallina è squillante.

"Eri sotto la doccia?"

"Naturale, se no non mi avresti chiamato! Che c'è di così

urgente?"

"Mi ha telefonato Pollo dieci secondi fa. Ha detto che è sta-

to benissimo con me. Si è scusato per quello che è successo al

ristorante e mi vuole vedere. Ha chiesto se stasera vado con lui

alle corse."

"A quali corse?"

"Stasera vanno tutti quanti sull'Olimpica con le moto e fan-

no le gare. Velocità, su una ruota sola in due. Ti ricordi, ce l'ha

raccontato Francesca che c'è stata. Ha detto che è fichissimo.

Lei ha fatto perfino la camomilla...!"

"La camomilla?"

"Sì, quelle che vanno dietro le chiamano così perché han-

no la cinta doppia di Camomilla per legarsi a quello che gui-

da. La regola è che devono stare girate a faccia indietro."

"Girate a faccia indietro? Pallina ma che, sei diventata cre-

tina? Quasi mi dispiace di essermi sacrificata per te..."

122


"Ma sacrificata di che?" * ' * " > ,' > '>,ì^

"Come di che? La nota e tutto il resto!"

"Capirai, ora la stai facendo lunga con questa nota!"

"Intanto sono in punizione e non posso uscire fino a lu-

nedì."

"Va bene, ma infatti io mica ti sto chiedendo di venire con

me. Volevo solo un consiglio. Che dici, ci vado?"

"Andare a vedere quelli che corrono è ancora più da defi-

cienti che andare a correre con le moto. Poi fai come ti pare."

"Oh, forse hai ragione. A proposito. Gliel'ho detto a Dema

che mi sono messa con Pollo. Sei contenta?"

"Io? Ma a me che m'importa. L'amico è tuo. Ti ho detto so-

lo che, secondo me, se lo veniva a sapere da un altro, ci rima-

neva male!"

"Sì, ho capito. Invece è rimasto benissimo. Anzi mi è sem-

brato felice. Vedi che ti eri sbagliata. Non è vero che è inna-

morato di me."

Babi si avvicina allo specchio. Con l'asciugamano toglie un

po' di vapore. Appare la sua immagine con il telefono in ma-

no e l'aria scocciata. A volte Pallina è proprio stressante.

"Be', meglio così, no?"

"Sai che ti dico, Babi? Mi hai convinto. Non ci vado alle

corse."

"Brava! Ci sentiamo dopo."

Babi esce dal bagno. Passa davanti a Daniela e le restitui-

sce il telefono. Daniela non dice nulla, ma ha l'aria scocciata,

come a dire che la sorella è stata troppo al telefono. Babi va in

camera sua e comincia ad asciugarsi i capelli. Entra Daniela

con il telefono. "È Dema. È inutile dire che vale la stessa cosa

di prima."

Babi spegne il phon e prende il telefono.

"Ciao Dema, come stai?"

"Malissimo."

Babi ascolta in silenzio. Sembra quasi che Un'emozione per

sempre, la canzone di Eros, sia stata scritta per lui. "Vorrei po-

terti ricordare così..." Ma in che modo, se non ha niente da ri-

cordare? Babi rinuncia a dirglielo. Anche perché Dema le fa

mille domande.

"Ma come, dopo tutto il tempo che ho passato dietro a lei,

si va a mettere con questo? Ma chi è poi?"

"Si chiama Pollo, non so altro."

"Pollo? Che nome! Cosa spera di trovarci? È un violento,

uno di quei teppisti che sono venuti l'altra sera alla festa di Ro-

berta! Bella gente, e Pallina se ne è innamorata!"

123

"Mah, innamorata Dema... Le piacerà!"

"No, no, innamorata. Me l'ha detto lei!"

"Sai quante cose dice Pallina no? La conosci meglio di me.

Stasera per esempio vuole andare a vedere le corse sull'Olim-

pica... Cinque secondi dopo cambia idea. Vedi com'è? Magari

fra un po' si accorge dello sbaglio che ha fatto e torna indie-

tro. Su, Dema, vedrai che andrà così."

Dema rimane in silenzio. Ha creduto alle sue parole o co-

munque ha voluto crederci. Poveraccio, pensa Babi. E meno

male che non era innamorato!

"Sì, forse hai ragione. Magari andrà proprio così."

"Vedrai, Dema, è solo questione di tempo."

"Sì, speriamo solo che non ce ne voglia troppo." Poi cerca

di fare lo spiritoso. "Babi, per favore, non dire niente a Palli-

na di questa telefonata!"

"Figurati, e stai su, eh?"

"Sì, grazie." Attaccano.

Entra Daniela.

"Ma dai, Pallina si è messa con Pollo, pazzesco! E Dema

naturalmente è distrutto!"

"Già, poveraccio, è una vita che le sta dietro."

"Non ha speranze! È il classico amico delle donne."

Dopo questo duro giudizio Daniela si allontana con il telefo-

nino, ma non fa in tempo a uscire dalla stanza che risuona.

"Pronto. Sì, ciao, ora te la passo. Babi ti prego, non ci sta-

re un'ora."

"Chi è?"

"Pallina."

"Tenterò!" Babi prende il telefono.

"Ti sei lasciata con Pollo?"

"No!"

"Peccato..."

"Con chi parli che è sempre occupato?"

"Con Dema, è distrutto."

"No!"

"Sì, l'ha presa malissimo! Poveraccio, mi ha detto di non

dirtelo. Mi raccomando, fai finta di non sapere niente, eh!"

"Forse non dovevo dirglielo che mi sono messa con Pollo."

"Ma che dici Pallina, lo veniva a sapere ed era peggio."

"Potevo sperare di rimandare fino all'ultimo."

"Ma all'ultimo che? Potevi non mettertici e basta."

"Non tocchiamo questo tasto. Piuttosto, ho deciso che nel-

la vita è molto più divertente essere deficienti..."

"Quindi?" , ,.

124

"Quindi, vado alle corse."

Babi scuote la testa. I capelli ormai si stanno asciugando

da soli.

"Bene, divertiti."

"Mi ha chiamato Pollo e mi passa a prendere fra un po'. Ma

che dici, secondo te devo andare lì a divertirmi o fare quella

che guarda le corse e un po' si annoia?"

Questo è troppo. Babi esplode.

"Senti Pallina. Vai alle corse, vai in moto, fai le pinne, met-

titi con tutti i teppisti di questo mondo ma, ti prego, non fare

Moretti!"

Pallina scoppia a ridere.

"Hai ragione. Senti, mi devi fare un ultimo piacere. Sicco-

me non so a che ora finiscono le corse, ho detto a mia madre

che poi vengo a dormire da te."

"E se chiama tua madre?"

"Ma figurati. Quella non mi cerca mai... Piuttosto devi la-

sciarmi le chiavi sotto il tappetino del portone. Al solito posto."

"Va bene."

"Oh, non te ne dimenticare eh! Povero Dema! Secondo te

devo fare qualcosa?"

"Pallina, mi sembra che per oggi hai già fatto abbastanza."

Babi spegne il telefono. Daniela quasi glielo strappa dalle

mani.

"Per fortuna che ti ho chiesto di starci poco, eh."

"Che ci posso fare! Hai sentito no che macello è successo.

Mi raccomando, non dirlo a nessuno di Pollo e Pallina."

"A chi vuoi che lo dica?"

Il telefono squilla di nuovo. È Giulia.

"Si può sapere chi è caduto dentro la cornetta?"

"Ciao Giuli. Scusa eh, era mia sorella."

Daniela va in camera sua. Fa appena in tempo a chiudere

la porta, poi non resiste.

"Giulia non sai la notizia. Pallina si è messa con Pollo!"

"Noi"

"Sì! Dema è distrutto, ma mi raccomando, non dirlo a nes-

suno!"

"Ma certo, figurati." Giulia ascolta il resto della storia già

pensando a cosa avrebbero detto più tardi Giovanna e Stefania.

22.

Babi esce dalla sua camera. Ha la vestaglia rosa morbida

trapuntata, sotto un pigiama di felpa azzurro e ai piedi calde

pantofole. Dopo la doccia si è ripresa dalla fatica del footing,

ma non è affatto allegra. Quella sera la dieta non le permette

altro che una misera mela verde. Attraversa il corridoio. Pro-

prio in quel momento sente girare le chiavi nella toppa della

porta. Suo padre.

"Papa!" Babi gli corre incontro.

"Babi."

Suo padre è infuriato. Babi si ferma.

"Che è successo? Non mi dire che non ho messo bene la

Vespa, che non sei riuscito a entrare in garage..."

"Ma che mi frega della Vespa! Oggi sono venuti da me gli

Accado."

A quelle parole Babi sbianca. Come ha fatto a non pensar-

ci prima? Avrebbe dovuto raccontare ai suoi tutto quello che

era successo.

Raffaella, che ha appena finito di lavare due mele verdi pre-

parando così la cena, arriva in salotto.

"Che vogliono da te gli Accado? Che è successo? Che c'en-

tra Babi?"

Claudio guarda sua figlia,

"Non lo so. Diccelo tu Babi, cosa c'entri?"

"Io? Io non c'entro niente!"

Daniela compare sulla porta.

"È vero, lei non c'entra niente!" Raffaella si gira verso Da-

niela.

"Stai zitta tu, nessuno ti ha interrogata."

Claudio prende Babi per un braccio.

"Forse non è colpa tua, ma quello che era con te c'entra

eccome! Accado è andato all'ospedale. Ha il setto nasale frat-

turato in due punti. L'osso è rientrato, e il medico ha detto

126

che bastava mezzo centimetro in più perché gli bucasse il cer-

vello."

Babi rimane in silenzio. Claudio la guarda. Sua figlia è scon-

volta.

Le lascia il braccio. "Forse non hai capito Babi, mezzo cen-

timetro in più e Accado moriva..."

Babi deglutisce. La fame le è passata. Ora non le va più

neanche la mela. Raffaella guarda preoccupata la figlia, poi,

vedendola così sconvolta assume un tono calmo e tranquillo.

"Babi, per favore, puoi raccontarmi com'è andata questa

storia?"

Babi alza gli occhi. Sono chiari e spaventati. È come se la

vedesse per la prima volta quella sera. Comincia con un "Nien-

te mamma" e va avanti raccontandole tutto. La festa, gli im-

bucati, Chicco che ha chiamato la polizia, quelli che hanno fat-

to finta di fuggire e invece li hanno aspettati sotto casa. L'in-

seguimento, la BMW distrutta. Chicco che si è fermato, quel ra-

gazzo con la moto blu che lo ha picchiato, Accado che è inter-

venuto e quel ragazzo che ha menato pure lui.

"Ma come, e Accado ti ha lasciato con quel teppista? Con

quel violento, e non ti ha portato via?"

Raffaella è sconvolta. Babi non sa cosa rispondere.

"Forse avrà pensato che era un mio amico, che ne so. So

solo che dopo le botte sono scappati tutti e io sono rimasta so-

la con lui."

Claudio scuote la testa.

"E certo che Accado è scappato. Rischiava di morire dis-

sanguato con quel naso rotto. Tanto è finita per quel ragazzo.

Filippo l'ha denunciato. Oggi sono venuti da me in ufficio a

raccontarmi tutta la storia per correttezza. Hanno detto che

procederanno per vie legali. Vogliono sapere nome e cognome

di quel ragazzo. Come si chiama?"

"Step."

Claudio guarda perplesso Babi.

"Come Step?"

"Step. Si chiama così. Almeno, io l'ho sempre sentito chia-

mare così."

"Ma che, è americano?"

Daniela interviene.

"Ma che americano papa! È un soprannome."

Claudio guarda le figlie.

"Ma questo ragazzo avrà pure un nome?"

Babi gli sorride. ^ i<,

"Certo che lo avrà, ma io non lo so." «'ft,!,T..f«'t

127

Claudio perde di nuovo la pazienza.

"Ma come faccio io a dire agli Accado che mia figlia va in

giro con uno che non sa neanche come si chiama."

"Io non vado in giro con lui. Stavo con Chicco... te l'ho già

detto."

Raffaella interviene.

"Sì, ma poi sei tornata a casa in moto con lui."

"Mamma, ma se Chicco e gli Accado sono scappati, come

tornavo? Stavo lì per strada, di notte? Che facevo, tornavo a

casa da sola? Ci ho provato. Ma dopo un po' si è fermato uno

tremendo con la Golf a darmi fastidio e allora mi sono fatta

accompagnare."

Claudio non crede alle sue orecchie.

"Finisce che questo Step lo dobbiamo pure ringraziare!"

Raffaella guarda arrabbiata le figlie.

"Non possiamo fare una figura simile. Avete capito? Vo-

glio sapere al più presto il nome di questo ragazzo. È chia-

ro?" Babi si ricorda di quella mattina quando ha parlato con

Daniela. Era ancora presto, lei era ancora insonnolita, ma

non ha dubbi.

"Dani, tu lo sai come si chiama. Diglielo!"

Daniela guarda Babi sbalordita. Ma che, è pazza? Dirglie-

lo? Denunciare Step? Si ricorda quello che hanno fatto a Bran-

delli e molte altre storie che ha sentito. Le avrebbero distrut-

to la Vespa, l'avrebbero picchiata, violentata. Ci sarebbero sta-

te scritte terribili sui muri della scuola con il suo nome e cose

sconce che purtroppo non ha ancora mai fatto. Denunciarlo?

In un attimo solo perde la memoria.

"Mamma, io so solo che si chiama Step."

Babi si scaglia contro la sorella.

"Bugiarda! Sei una bugiarda! Io non me lo ricordo, ma sta-

mattina me l'hai detto come si chiama. Tu e le tue amiche lo

conoscete benissimo."

"Ma che stai dicendo?"

"Sei solo una vigliacca, tu non lo vuoi dire perché hai pau-

ra! Tu lo sai come si chiama."

"No, non lo so."

"Sì che lo sai!"

Babi improvvisamente si ferma. È come se qualcosa nella sua

mente si fosse aperto, slegato, chiarito. Se l'è ricordato.

"Stefano Mancini. Ecco, questo è il suo nome. Lo chiama-

no Step."

Poi guarda la sorella e cita le sue parole: "Io e le mie ami-

che lo chiamiamo 10 e lode".

128

"Brava, Babi." Claudio tira fuori dalla tasca un foglietto sul

quale annota sempre tutto. Si segna il nome prima di dimen-

ticarlo. Mentre scrive si innervosisce. Ha letto qualcosa che

avrebbe dovuto fare, ma ormai è troppo tardi.

Daniela guarda la sorella.

"Ti senti forte, eh? Non capisci cosa ti faranno? Ti distrug-

geranno la Vespa. Ti picchieranno, scriveranno di te sui muri

della scuola."

"Capirai, la Vespa è già distrutta. Sui muri dubito che scri-

veranno qualcosa, anche perché non credo proprio che qual-

cuno di loro sappia scrivere. E se vorranno farmi del male, mio

padre mi proteggerà, vero?"

Babi si gira verso di lui. Claudio pensa ad Accado, imma-

gina il dolore che si deve provare quando ti spaccano il naso.

"Certo Babi, ci sono io."

Si chiede quanto ci sia di vero in quell'affermazione. For-

se poco. Ma è servita allo scopo. Babi, ora più tranquilla, va in

cucina. Prende la sua mela verde e la lava di nuovo. Poi, te-

nendola sollevata nel vuoto per il picciolo, comincia a girarla.

Ogni giro, una lettera. Quando il picciolo si stacca, ecco, quel-

la è l'iniziale di chi ti pensa. A, B, e, D. Il picciolo si stacca con

un rumore secco.

È uscita la D. Chi conosce che inizia per D? Nessuno, non

le viene in mente nessuno. Per fortuna non è uscito s. È diffì-

cile che un picciolo resista tanto. Ma anche se fosse uscita quel-

la lettera non se ne sarebbe preoccupata più di tanto. Non ha

paura. Babi passa davanti a sua madre. Le sorride. Raffaella

la guarda allontanarsi. È orgogliosa di sua figlia. Babi sì che

ha preso da lei. Non come Daniela. La sua paura in fondo è

giustificata. Daniela è tutta suo padre. Claudio mette il com-

pleto grigio sul letto.

"Ah, tesoro, hai comprato la caffettiera grande?"

"No, me ne sono dimenticata."

Raffaella si chiude in bagno. Ma come, pensa Claudio, l'ho

pure scritto sulla lista della spesa. Decide di non dire nulla giu-

stificando così ancora di più il carattere di Daniela. Claudio,

scelta una camicia, la butta sul letto. Poi ci mette sopra la sua

cravatta preferita. Chissà, forse stasera riuscirà a mettersela.

I genitori escono, raccomandandosi come ogni sera di non

aprire a nessuno. Subito dopo Babi corre giù in vestaglia, e

senza farsi vedere nasconde le chiavi di casa sotto il tappeto

del portone. Chissà dov'è Pallina in questo momento. Alle cor-

se delle moto sull'Olimpica. Contenta lei... > SWK-UB

129

Daniela sta nel corridoio. Parla con Andrea Palombi al te-

lefono mentre con una penna scarabocchia i loro nomi e al-

cuni cuoricini su un foglio. Andrea, sentendo che Daniela non

risponde, si incuriosisce.

"Dani, ma che stai facendo?" , I

"Niente."

"Come niente? Sento dei rumori."

"Sto scrivendo."

"Ah, e che cosa scrivi?"

"Ma niente..." mente. "Sto facendo dei disegni."

"Ah, ho capito. E tu disegni mentre parli con me?"

"Ma no, ti ascolto. Ho capito tutto."

"Allora ripeti."

Daniela sbuffa.

"Il lunedì, mercoledì e venerdì vai in palestra e martedì e

giovedì a inglese."

"A che ora?"

Daniela ci pensa un attimo.

"Alle cinque."

"Alle sei. Lo vedi che non stai ascoltando."

"Ma sì, è che non me lo ricordo. Hai capito invece perché

prima non potevo parlare?"

"Sì, perché c'erano i tuoi che ti stavano salutando."

"Appunto: ti facevo sì, ehm, eh. E tu non capivi."

"Come faccio a capirlo se tu non me lo dici?"

"Come faccio a dirtelo se i miei stanno lì davanti? Ma guar-

da che sei forte! Ho un'idea: dobbiamo decidere una parola

convenzionale per quando non possiamo parlare."

"Tipo?"

"Che ne so, pensiamoci..."

"Potremmo dire il nome della mia scuola di inglese."

"Qual è?"

"Allora lo vedi che non mi ascolti! British."

"Sì, British mi piace."

Babi passa in quel momento nel corridoio e si ferma da-

vanti alla sorella.

"È possibile che stai sempre al telefono?"

Daniela non le risponde. Decide di sfruttare subito la nuo-

va parola.

"British."

Andrea rimane un attimo perplesso. "Che c'è, non puoi par-

lare?"

"E certo! Se no perché dico British? Così, senza senso. Al-

lora che lo abbiamo deciso a fare?" ,"),' '.i u-> < t" >,! £,

130

"Va bene, ma che ne so che ora non puoi parlare?" *

"Eh no, lo devi sapere. Ho detto British."

"Sì, però ho pensato che magari stai provando come ti

suona."

La loro discussione non proprio metafisica è interrotta im-

provvisamente dalla voce inflessibile di una signorina Telecom.

"Attenzione. Telefonata urbana urgente per il numero..."

Daniela e Andrea rimangono in silenzio. Attendono la pri-

ma cifra che avrebbe deciso chi dei due è più ricercato. "3... 2..."

Daniela copre la voce della signorina. "È per me. Sarà Giulia!"

"Ci sentiamo dopo?"

"Sì, ti telefono quando ho finito. British!" Andrea ride. In

quel caso vuole dire qualcosa tipo "Ti voglio bene".

"Anch'io." Attaccano. Babi guarda la sorella. Strano che ab-

bia ubbidito così presto.

"Ci hanno fatto l'urbana urgente."

"Mi sembrava! È troppo strano che tu attacchi solo perché

te l'ho detto io. Saranno papa e mamma scocciati che devono

dirci qualcosa e trovano sempre occupato."

"Ma che! Questa è sicuramente Giulia, avevamo detto che

ci risentivamo."

Rimangono così ad aspettare in silenzio vicino al telefono.

Pronte ad alzare la cornetta al primo squillo. Come due parte-

cipanti a un quiz televisivo dove devi spingere per primo il pul-

sante e dare la risposta esatta. Il telefono squilla. Daniela è più

veloce.

"Giulia?" Risposta sbagliata. "Ah, mi scusi, sì ora gliela pas-

so. È per te." Babi strappa la cornetta dalle mani di Daniela.

"Sì, pronto?"

Quel senso di soddisfazione diventa subito un grave imba-

razzo. È la madre di Pallina. Daniela sorride. "Non ci stare mol-

to, eh?"

Babi prova a colpirla con un calcio. Daniela lo schiva.

Babi si concentra sulla telefonata. "Ah, sì signora, buona-

sera." Ascolta la madre di Pallina. Naturalmente vuole sua fi-

glia. "Veramente sta dormendo." Poi, rischiando come non mai:

"Vuole che gliela sveglio?". Babi socchiude gli occhi e stringe

i denti in attesa della risposta.

"No, non ti preoccupare. Posso dire a te."

È andata.

"Domani mattina sono riuscita a farmi dare appuntamen-

to per le analisi del sangue. Quindi dovresti dirle di non man-

giare appena sveglia e che la vengo a prendere io verso le set-

te. Entrerà alla seconda ora, se non facciamo troppo tardi." Ba-

bi ormai è rilassata. . ,M.U-, *

131

"Sì, intanto la prima ora abbiamo religione..." Babi pensa

che quella materia per la sua amica è del tutto inutile. L'anima

di Pallina, tra bugie e fidanzati violenti, è andata completa-

mente perduta.

"Mi raccomando Babi, non farla mangiare."

"No, signora. Non si preoccupi."

Babi attacca. Daniela le passa vicino pronta a impadronir-

si di nuovo del telefono.

"Ti è andata bene, eh?"

"È andata bene a Pallina. Se la becca sono affari suoi. Io

che c'entro?" Babi prova subito a chiamare sul telefonino di

Pallina. Niente da fare: è staccato. E certo. Sta dormendo da

me e a casa mia non prende. Che telefono a fare? Ma di che mi

preoccupo? Al massimo rischia lei. Anzi, non mi devo neanche

innervosire.

Babi si fa una camomilla. Due fette di limone, una busti-

na di Dietor ed eccola lì sul divano. Le gambe piegate all'in-

dietro, i piedi infilati nella piega di un cuscino, lì dove fa più

caldo. Si mette a guardare la televisione. Daniela naturalmen-

te richiama Andrea. Gli racconta la storia di Pallina, la telefo-

nata della madre, il bluff di Babi e tante altre cose che per lo-

ro sono divertentissime. Nella televisione del salotto un po' di

zapping. Una trasmissione sulle civiltà antiche, una storia d'a-

more più contemporanea, un quiz troppo difficile. Babi rima-

ne un attimo sul divano a pensare. No. Questa risposta proprio

non la sa. La voce di Daniela arriva dal corridoio allegra e di-

vertita. Parole d'amore si confondono dolci tra fresche risate.

Babi spegne la tele. Pallina sarebbe tornata prima delle sette.

"Buonanotte Dani."

Daniela sorride alla sorella.

"Buonanotte."

Babi non tenta neanche di ripeterle di non tenere occupa-

to il telefono. A cosa sarebbe servito poi? Si lava i denti. Met-

te sulla sedia la divisa per il giorno dopo, prepara la borsa e si

infila nel letto. Dice una preghiera fissando il soffitto. Si ritro-

va un po' distratta. Poi spegne la luce. Si gira nel letto provando

a prendere sonno. Niente da fare. E se Pallina fosse andata di-

rettamente a scuola? Quella è capace di tutto. Magari fa not-

tata e si fa accompagnare da Pollo alla Falconieri mentre sua

madre viene a prenderla da lei. Mannaggia a Pallina! Ma per-

ché non fa l'innamorata semplice? Sta due ore al telefono co-

me sua sorella e pace. Non fa tanti danni, solo una bolletta un

po' più salata. No, lei deve andare alle corse. Deve fare la don-

na del duro. Mannaggia a Pallina! Scende dal letto e si veste

132

veloce. Si infila giusto una felpa e un paio di jeans, poi va in

camera di Daniela e prende le sue Superga blu. Passa davanti

alla sorella. Naturalmente sta ancora al telefono.

"Vado ad avvisare Pallina."

Daniela la guarda sbalordita.

"Vai alla serra? Voglio venire anch'io."

"Alla serra? Vado sull'Olimpica. Dove fanno le corse."

"Eh! Si chiama la serra."

"E perché?"

"Per tutti i fiori che ci sono lungo la strada! Per quelli che

sono morti."

Babi si passa la mano sulla fronte.

"Ci mancava solo questa... La serra!"

Prende il giubbotto appeso in corridoio e fa per uscire. Da-

niela la ferma.

"Ti prego, Babi, portami con te!"

"Ma che, siete diventate tutte matte? Te io e Pallina che ce

ne andiamo in giro alla serra. Magari facciamo pure una cor-

sa in moto, eh?"

"Se ti metti la cinta di Camomilla ti scelgono loro e ti por-

tano dietro, dai prendi la mia, pensa che forza, fai la 'camo-

milla'..."

Babi pensa a quella che si è bevuta per andare a letto. Tut-

to inutile. Si tira su il bavero del giubbotto. Le sembra di es-

sere seduta di fronte a un conduttore con un quiz tutto per lei.

Cosa stai andando a fare laggiù? Perché vai alla serra, tra maz-

zi di fiori per quelli che sono morti? Su quella strada dove grup-

pi di scatenati in moto rischiano di fare la stessa fine? La ri-

sposta le sembra facile. Va ad avvisare Pallina di tornare pri-

ma delle sette. Quella Pallina che ama essere nei posti assur-

di, la Pallina che non sa niente di latino. La Pallina alla quale

lei ama suggerire anche se questo vuole dire prendere una no-

ta. Sì, lei va lì soprattutto per la sua amica Pallina. O almeno

questo è quello di cui vuole essere convinta.

"Daniela, non te lo ripeto più. Attacca quel telefono." Poi

esce di corsa, con il pettinino con gli strass tra i capelli e il cuo-

re che stranamente le batte forte.

133

23.

5 ,«'

Ai bordi della grande strada dalla ampia curva c'è molta

gente. Alcune jeep Patrol con le portiere aperte sparano musi-

ca a tutto spiano. Dei ragazzi coi capelli sul biondo tinto, con

magliette e cappellini americani, dal risico asciutto, si fingono

surfisti e in pose statuarie si passano, salutisti, una birra. Po-

co più in là, vicino a un Maggiolone scoperto, un altro grup-

petto, molto più realista, si adopera per farsi una canna.

Più avanti, alcuni signori, in cerca di una serata emozio-

nante, sono intorno a una Jaguar. Vicino a loro, un'altra cop-

pia di amici guarda divertita quell'assurdo carosello.

Motorini su una ruota sola, moto che sfrecciano veloci rom-

bando, frenate e sgasate, ragazzi che passano in piedi sulle pe-

daline guardando in giro se c'è gente che conoscono, altri che

salutano amici.

Babi con il suo Vespino truccato affronta la dolce salita.

Arrivata in cima, rimane senza parole. Clacson diversi, acuti e

profondi, suonano come impazziti. Motori rombanti si ri-

spondono ruggendo. Luci di fari, colorati in maniera diversa,

illuminano la strada come se fosse un'enorme discoteca.

In un piccolo slargo c'è un chioschetto di quelli mobili che

vende bibite e panini caldi. Sta facendo affari d'oro. Babi si fer-

ma lì davanti e mette il cavalietto alla Vespa. La chiude. Un

Free su una ruota sola le sfreccia talmente vicino che Babi qua-

si perde l'equilibrio. Un ragazzo di quindici anni al massimo

ricade sulla ruota davanti ridendo sguaiatamente. Frena fa-

cendo una sgommata e riparte nel senso inverso. Pinna di nuo-

vo con le gambe scomposte, leggermente sbilanciato.

Babi si guarda distratta in giro. Poi riprende a camminare,

urta un tipo con i capelli a spazzola con il giubbotto nero di pel-

le e un orecchino a destra. Sembra avere una gran fretta.

"Guarda dove cazzo vai, no?"

Babi si scusa. Ancora di più si chiede cosa stia facendo in

134

quel posto. A un certo punto vede Gloria, la figlia degli Acca-

do. Sta lì, seduta per terra, su un giubbotto di jeans. Vicino c'è

Dario, il suo ragazzo. Babi le si avvicina.

"Ciao Gloria."

"Ciao, come stai?" -;»

"Bene."

"Conosci Dario?"

"Sì, ci siamo già visti."

Si scambiano un sorriso cercando di ricordarsi dove e

quando.

"Senti, mi dispiace per quello che è successo a tuo padre."

"Ah sì? Be', a me non me ne frega niente. Gli sta bene. Co-

sì impara a farsi i cavoli suoi. Si mette sempre in mezzo, vuo-

le sempre dire la sua. Finalmente ha trovato uno che lo ha mes-

so al suo posto."

"Ma è tuo padre!"

"Sì, ma è anche un gran rompicoglioni."

Dario si è acceso una sigaretta.

"Condivido. Anzi, di' a Step grazie da parte mia. Sai che

non mi fa salire in casa? Devo aspettare sempre giù per usci-

re con Gloria. Non che me ne freghi niente di vedere lui. È una

questione di principio, no?"

Babi pensa a quale principio si ispiri. Dario passa la siga-

retta a Gloria.

"Certo, se gliela davo io la capocciata, erano cazzi amari."

Dario scoppia a ridere.

Gloria da un tiro, poi guarda Babi sorridendo.

"Ma che, ti sei messa con Step?"

"Io? Ma sei pazza? Vi saluto, devo trovare Pallina."

Si allontana. Ha sbagliato. Sono tutti e due pazzi. Una fi-

glia felice che il padre sia stato preso a capocciate. Il suo ra-

gazzo dispiaciuto perché non gliel'ha potute dare lui. Roba

da non credere. Su una piccola altura, dietro una rete buca-

ta, c'è Pollo. È seduto su una grossa moto e chiacchiera alle-

gramente con una ragazza che tiene abbracciata fra le gam-

be. La ragazza ha un cappello blu con la visiera e la scritta

NY davanti. I capelli neri raccolti a coda le escono dal cap-

pello tra la chiusura e la cucitura. Indossa un giubbotto con

le maniche plastificate bianche da tipica ragazza pompon

americana. La doppia cinta di Camomilla, un paio di panta-

collant blu scuri e le Superga in tinta la rendono un po' più

italiana. Quella pazza scatenata che ride e muove divertita la

testa baciando ogni tanto Pollo è Pallina. Babi si avvicina.

Pallina la vede.

135

"Ehi ciao, che sorpresa!" Le corre incontro e la abbraccia.

"Come sono felice che sei venuta."

"Io per niente. Anzi, vorrei andarmene al più presto!"

"A proposito, che ci fai qua? Non è da cretini venire alle

corse?"

"Infatti sei proprio una cretina. Ha telefonato tua madre!"

"No...? E tu che le hai detto?"

"Che dormivi." , ;, ,,-

"E ci ha creduto?" ,., - , , ,/

"Sì." >( " ',,..,-,

Pallina fa un fischio. "Meno male!"

"Sì, ma ha detto che domani mattina ti passa a prendere

presto, che devi andare a fare le analisi e salti la prima ora."

Pallina fa un salto di gioia.

"Yahooo!" Il suo entusiasmo però finisce presto. "Ma do-

mani alla prima abbiamo religione, no?"

ttf~l *. il

Già.

"Che palle, non le posso fare venerdì le analisi che c'è ita-

liano?"

"Be', comunque ti passa a prendere alle sette, quindi vedi

di tornare presto, eh..."

"Ma dai, rimani!" Pallina prende sottobraccio Babi e la tra-

scina verso Pollo. "A che ora finisce qui?"

Pollo sorride a Babi che lo saluta rassegnata.

"Presto, massimo due ore ed è finito tutto. Poi ci andiamo

a mangiare una bella pizza, eh?"

Pallina guarda entusiasta l'amica.

"E dai, non fare la morta!" dice mentre Pollo sorride e si

accende una sigaretta. "Dai, che c'è pure Step... sarà felice di

vederti."

"Sì, ma non lo sono io! Pallina, io torno a casa. Vedi di far

presto. Non voglio passar guai con tua madre per colpa tua!"

Babi nota una targa per terra sul bordo della strada. È in

legno, e al centro c'è la foto di un ragazzo con vicino un tondo

metà nero e metà bianco. Il simbolo della vita. Quella stessa

vita che il ragazzo non ha più. E poi una scritta: "Era veloce e

forte, ma con lui il Signore non è stato poi un vero signore.

Non ha voluto dargli la rivincita. Gli amici".

"Begli amici che siete! E fate pure i poeti! Preferisco esse-

re da sola piuttosto che avere degli amici come voi che mi aiu-

tano ad ammazzarmi."

"Che cazzo vieni a fare qua se non ti sta bene niente?" di-

ce Pollo buttando la sigaretta.

Poi la sua voce. "È possibile che non riesci ad andare d'ac-

cordo con nessuno? Hai proprio un caratteraccio, eh?" U.VT

136

È Step. Fermo di fronte a lei con il suo sorriso spavaldo.

"Si da il caso che io vada d'accordo con tutti. Nella mia vi-

ta non ho mai avuto discussioni, forse perché ho sempre fre-

quentato un certo tipo di gente. È ultimamente che le mie co-

noscenze sono peggiorate, forse per colpa di qualcuno..." Guar-

da allusivamente Pallina che alza gli occhi al ciclo sbuffando.

"Lo so, tanto comunque la giri, è sempre colpa mia."

"Ah perché, non è per avvisarti che vengo quaggiù?"

"Ma come, non vieni per me?" Step le si mette davanti. "So-

no sicuro che sei venuta a vedermi correre..."

Si avvicina un po' troppo pericolosamente con il viso al suo.

Babi lo schiva superandolo.

"Ma se non sapevo neanche che c'eri." Arrossisce.

"Lo sapevi, lo sapevi. Sei diventata tutta rossa. Vedi, tu non

devi dire le bugie, non sei capace."

Babi rimane in silenzio. Se la prende con quel maledetto

rossore e il suo cuore che, disubbidiente, le batte veloce. Step

lentamente le si avvicina. Il suo viso è di nuovo troppo vicino

a quello di Babi. Le sorride.

"Non capisco perché ti preoccupi tanto. Hai paura a dirlo?"

"Paura? Paura io? E di chi? Di te? Tu non mi fai paura. Mi

fai solo ridere. Vuoi sapere una cosa? Io stasera ti ho denun-

ciato." Stavolta è lei ad avvicinarsi alla faccia di Step. "Hai ca-

pito? Ho detto che sei stato tu a colpire il signor Accado. Quel-

lo al quale hai dato la capocciata. Ho fatto il tuo nome. Pensa

quanto ho paura di te..."

Pollo scende dalla moto e si dirige veloce verso Babi.

"Brutta..." r

Step lo ferma. i

"Calmo Pollo, calmo."

"Ma come calmo, Step? Quella ti ha rovinato! Dopo tutto

quello che è successo, un'altra denuncia e ti sconti tutto il re-

sto. Vai direttamente al gabbio, in prigione."

Babi rimane stupita. Questo non lo sapeva. Step tranquil-

lizza l'amico.

"Non ti preoccupare, Pollo. Non succederà. Non finirò in

prigione. Forse andrò al massimo in tribunale." Poi, rivolto a

Babi: "Quello che conta è quello che si dirà al processo, quan-

do tu verrai chiamata a testimoniare contro di me. Quel gior-

no tu non farai il mio nome. Sono sicuro. Dirai che non sono

stato io. Che non c'entro niente".

Babi lo guarda con aria di sfida.

"Ah sì? E ne sei tanto sicuro?" ~ i

"Certo." - > *-?< ' -' *

IST

"Pensi di farmi paura?"

"Assolutamente no. Quel giorno, quando andremo in tri-

bunale, tu sarai così pazza di me che farai qualunque cosa pur

di salvarmi."

Babi rimane un attimo in silenzio, poi esplode in una risata.

"Il pazzo sei tu che ne sei convinto. Io quel giorno farò il

tuo nome. Te lo giuro."

Step le sorride sicuro.

"Non giurare."

Un fischio lungo e deciso. Tutti si voltano. È Siga. Al cen-

tro della strada c'è un uomo basso sui trentacinque anni. Ha

un giubbotto di pelle nera. È rispettato da tutti anche perché

si dice che lì sotto nasconda una baiaffa. Alza le braccia. È il

segnale. La prima corsa, quella delle camomille. Step si volta

verso Babi.

"Vuoi venire dietro di me?"

"Vedi, è proprio vero. Sei pazzo."

< "No, la verità è un'altra. Sei tu che hai paura."

"Non ho paura!"

"Allora fatti prestare la cinta da Pallina, no?"

: "Sono contraria a queste corse da deficienti."

Un SH blu si ferma lì davanti. È Maddalena. Saluta Pallina

con un sorriso, poi vede Babi. Le due ragazze si guardano ge-

lidamente. Maddalena alza il giubbotto.

"Mi porti Step?" Mostra la doppia cinta di Camomilla.

"Certo piccola. Chiudi FSH."

Maddalena lancia uno sguardo di soddisfazione a Babi,

poi la supera per posare FSH poco più avanti. Step si avvici-

na a Babi.

"Peccato, ti saresti divertita. A volte la paura è proprio

una brutta cosa. Non ti fa vivere i momenti più belli. È una

specie di maledizione se non sai vincerla."

"Te l'ho già detto, non ho paura. Vai a fare la tua corsa se

ti diverte tanto."

"Farai il tifo per me?"

,< "Me ne vado a casa."

» "Non puoi, dopo il fischio nessuno si può muovere."

Pallina le si avvicina.

"Sì, è così. Dai Babi. Resta qui con me. Ci vediamo questa

corsa e poi ce ne andiamo via insieme."

Babi annuisce. Step le si avvicina e con un'agile mossa le

tira via la bandana che lei porta al posto della cintura. Babi

non fa in tempo a fermarlo.

"Ridammela." > <* , , > -"ru*? '

138

Cerca di prendergliela. Step la tiene in alto con la mano.

Allora Babi cerca di colpirlo in piena faccia, ma Step è più ve-

loce. Le blocca la mano a mezz'aria e la stringe forte. Gli oc-

chi azzurri di Babi diventano lucidi. Le sta facendo male. Or-

gogliosa com'è, non dice una parola. Step se ne accorge. Al-

lenta la stretta.

"Non ci provare mai più."

Poi la lascia andare e monta sulla moto.

In quel momento arriva Maddalena e sale dietro di lui. Si

mette al contrario come dice il regolamento e passa la sua cin-

ta Camomilla. La moto balza in avanti appena in tempo per-

ché lei riesca a chiudere la cintura all'ultimo buco. Maddale-

na porta le mani indietro e si regge ai suoi fianchi. Poi alza il

viso. Babi è lì che la guarda. Le due ragazze si scambiano un

ultimo sguardo.

Poi Step pinna, Maddalena chiude gli occhi stringendosi

ancora di più a lui. La cinta tiene. Step torna su due ruote e

accelera per portarsi al centro della strada, pronto per la cor-

sa. Alza il braccio destro. Al suo polso, splendente e beffarda,

sventola la bandana di Babi.

Improvvisamente tre moto comparse dal nulla si portano

al centro della strada. Tutti hanno dietro una ragazza seduta al

contrario. Le camomille si guardano intorno. Una folla di ra-

gazzi e ragazze è davanti a loro. Le guardano divertiti. Alcune

le conoscono e le indicano gridando i loro nomi. Altri le salu-

tano con la mano cercando di attirare la loro attenzione. Ma le

camomille non rispondono. Hanno tutte le braccia indietro e

si stringono al guidatore per la paura dello stacco alla parten-

za. Siga raccoglie le scommesse. I signori della Jaguar punta-

no più di tutti. Uno di loro scommette su Step. L'altro su quel-

lo vicino a lui con la moto colorata. Siga raccoglie i soldi e se

li ficca nella tasca davanti del giubbotto, quella a sacca. Poi al-

za il braccio destro e si mette il fischietto in bocca. C'è un atti-

mo di silenzio. I ragazzi sulle moto sono tutti rivolti in avanti,

pronti a partire. Le camomille sono sedute dietro, girate. Han-

no gli occhi chiusi. Tutte tranne una. Maddalena vuole gustar-

si quel momento. Adora le corse. Le moto rombano. Tre piedi

sinistri spingono la pedalina in giù. Con un unico rumore en-

trano tre prime. Sono pronti. Siga abbassa il braccio e fischia.

Le moto schizzano in avanti, quasi subito su una ruota sola,

veloci e rombanti. Le camomille si stringono forte ai loro uo-

mini. Rivolte con la faccia verso terra, vedono la strada scor-

rere sotto di loro, dura e terribile. Con il fiato sospeso, il cuo-

re a duemila, lo stomaco in gola. Trascinate da dietro a cento,

139

centoventi, centoquaranta. Il primo a sinistra rompe. Scende

sulla ruota davanti, toccando terra con una botta forte, spin-

gendo sugli ammortizzatoli. La forcella trema, ma non accade

nulla. Quello vicino a lui da troppo gas. La moto si impenna,

la ragazza, sentendosi quasi in verticale, urla. Il ragazzo, spa-

ventato, forse anche perché ci sta insieme, toglie il gas frenan-

do. La moto torna giù delicatamente. Un bestione di Kawasaki

di circa trecento chili plana con dolcezza come a comando, ab-

bassa il muso, toccando terra, come un piccolo aereo senz'ali.

Step continua la gara, giocando con il freno e con il gas. La sua

moto, proiettata in avanti sempre alla stessa altezza, sembra

immobile, retta da un filo trasparente nel buio della notte. Vo-

la così, attaccato alle stelle. Maddalena guarda la strada scor-

rere, le strisce bianche quasi invisibili si mischiano l'una con

l'altra e quel grigio asfalto sembra un mare che morbido, liscio,

senza onde, naviga silenzioso sotto di lei. Step arriva primo fra

le urla di gioia degli amici presenti e la felicità del signore che

ha scommesso su di lui, non tanto per i soldi vinti, quanto per

aver battuto l'amico che l'ha portato in quel posto.

Bario, Schello e qualche altro amico si precipitano a far-

gli i complimenti. Una mano fraterna non ben distinta in mez-

zo al gruppo gli offre una birra ancora fredda. Step la prende

al volo, da un lungo sorso, poi la passa a Maddalena.

"Sei stata brava, non ti sei mai mossa. Sei una camomilla

perfetta."

Maddalena da un sorso, poi scende dalla moto e gli sor-

ride.

"Ci sono momenti in cui bisogna star fermi e altri in cui bi-

sogna sapersi muovere. Sto imparando, no?"

Step sorride. È troppo forte quella ragazza.

"Sì, stai imparando."

La guarda allontanarsi. È anche una bonazza. Arriva Pol-

lo che salta dietro la sua moto.

"Dai, cazzo, andiamo da Siga. Andiamo a vedere quanto

hai vinto!"

"Non molto, mi davano favorito!"

"Cazzo, non sei più una bella giocata. Dovresti perdere qual-

che gara, così sali di quota. Magari fai anche una bella caduta

e poi giochiamo tutto sull'ultima dove vinci. Classico no? Co-

me i pugili americani in certi film."

"Sì, però la caduta la faccio con la moto tua!"

"Allora no! L'ho appena rimessa a posto."

"Step! Step!" Lui si volta. È Pallina da sopra il muretto vi-

cino alla rete che lo chiama. "Bravo! Sei bravissimo." " " .. i

140

Step le sorride. Poi vede Babi che le sta lì vicino. Alza il

braccio destro mostrando la sua bandana blu.

"È stata solo fortuna!" urla Babi da lontano.

Step mette la prima, e con dietro Pollo fa una gincana fra

la gente e si allontana per ritirare il meritato guadagno.

Davanti a Babi e Pallina si ferma Maddalena. Ha una ra-

gazza bionda, un po' tonda dietro all'sH. La sua amica tiene i

piedi sui pedali ed è seduta in pizzo, ma la ruota posteriore è

lo stesso quasi a terra. Maddalena mastica una Vigorsol con la

bocca aperta.

"Non è solo fortuna. È soprattutto coraggio, fegato. Si

può sapere che ci fate voi due fifone in un posto come que-

sto?"

La tipa tonda di dietro sorride.

"Già, oltretutto come mai andate in giro senza divise? Non

siete due di quelle idiote della Falconieri? Anzi, battonieri...

Non è così che la chiamano? Dicono che siete tutte mignotte!"

Pallina si aggiusta il cappello.

"Senti tendina! Ma che, ce l'hai con noi? Se c'è qualcosa

che ti rode dillo e basta. Non la fare tanto lunga."

Maddalena spegne TSH.

"C'è che hai la cinta da camomilla e non te lo puoi per-

mettere." i

"E chi lo dice?" i-

"Allora come mai non hai corso?"

"Non ha corso il mio uomo. Io corro solo con Pollo. Per-

ché forse non lo sai," Pallina si rivolge alla ragazza tonda die-

tro a Maddalena, "ma io, sto con Pollo."

La ragazza fa una smorfia. Sta rosicando. Pallina gliel'ha

detto apposta. Sa che è interessata all'acquisto.

Maddalena indica Babi.

"E lei? Lei che ci sta a fare qua? Non porta neanche la cin-

ta. Che, non lo sai che questo posto è riservato alle camomil-

le? O corri o te ne devi andare."

Babi si gira verso Pallina sospirando.

"Ci manca solo la boretta di turno."

Maddalena si irrigidisce.

"Che hai detto?" ,>

Babi le sorride.

"Ho detto che sto aspettando il mio turno." >

Maddalena rimane impassibile. Forse non ha sentito stfl

serio. Babi apre il giubbotto di Pallina.

"Forza, dammi questa cinta." *

"Cosa? Ma che, stai scherzando?" ,, , ì

141

"No, avanti, dammela. Se è così emozionante essere una ca-

momilla, voglio provare." Le sfila il passante. Pallina la ferma.

"Guarda che, se te la metti e poi ti scelgono, devi correre.

Una volta è venuta qui una ragazza che s'era messa la cinta di

Camomilla per caso, perché le piaceva. Be', l'hanno fatta sali-

re su una moto e ha dovuto correre per forza."

Babi la guarda interrogativa.

"Be'? E com'è andata a finire?"

"Bene, non si è fatta niente, non è cascata. Ma mi sa che la

conosci pure. È Giovanna Bardini, quella della seconda E."

"Ma chi, quella farlocca? Allora lo possono fare proprio

tutti."

Pallina le passa la cinta.

"Sì, ma non so se hai notato... Giovanna adesso usa sem-

pre le bretelle."

Babi la guarda. Pallina fa una smorfia buffa. Poi scoppia-

no tutte e due a ridere. In realtà cercano solo di sdrammatiz-

zare il momento. Maddalena e l'amica le guardano annoiate.

Babi si infila la cinta.

"Ah, che ficaia! Adesso pure io sono una camomilla."

Un boro terrificante inchioda con la moto lì davanti. Ha la

parte bassa dei capelli praticamente rasata e un collo taurino

gli spunta impavido da un giubbotto verde militare coi risvol-

ti arancioni.

"Forza camomilla, tu lì sopra. Monta dietro."

Babi si indica incredula.

"Chi, io?"

"E chi se no? Dai, datti una mossa che fra poco si co-

mincia."

"Ciao Madda." Il boro, oltre all'aspetto terrificante, ha an-

che un altro punto a suo sfavore. È un amico di Maddalena.

Babi si avvicina a Pallina.

"Be', ciao, io vado. Poi ti racconto com'è."

"Sì, certo."

Pallina sta ferma di fronte a lei, preoccupata.

"Senti Babi... mi dispiace."

"Ma no, che dici. Penso che è una ficata fare la camomilla

e lo voglio provare. Tu non c'entri niente."

Pallina l'abbraccia e le sussurra all'orecchio: "Sei una capa".

Babi le sorride, poi si dirige verso il boro con la moto. A un

tratto si ricorda quella frase. L'ha già sentita proprio quella

mattina e le ha procurato una bella nota. Che porti sfiga? Man-

naggia a Pallina, alle camomille e a quando si mette in testa di

fare la capa. , , > .,..,,.**>»--...-«u », j»^. -,» , >- -

142

Il boro da gas senza problemi di consumo. Babi invece ha

qualche problema per salire sulla moto all'indietro. Il boro l'aiu-

ta. Babi si slaccia la cinta. Il tipo la prende, se la mette intor-

no alla vita e gliela fa ritornare in mano. Babi arriva a mala-

pena a centrare l'ultimo buco. È pure ciccione. Come se non

bastasse Maddalena da una pacca con forza sul giubbotto del

boro.

"Dai, metticela tutta. Sono sicura che vinci!" Poi sorride a

Babi: "Vedrai come ti diverti qua dietro. Danilo pinna che è

una meraviglia".

Babi non fa in tempo a risponderle. Il boro da gas e schiz-

za in avanti. Danilo! Ecco a chi si riferiva la D della sua mela.

D. Come Danilo. O peggio, come destino. La moto frena. Babi

per il contraccolpo finisce contro la schiena di Danilo.

"Calma, bambina."

La voce calda e profonda del boro che dovrebbe secondo

lui tranquillizzarla ha l'effetto contrario. Oddio, pensa Babi.

"Calma, bambina." Dev'essere un incubo. Questa cinta di Ca-

momilla che mi stringe in vita. Io la Camomilla non me le so-

no mai messa, neanche quando era di moda. Dev'essere una

punizione. Un tipo con una benda sull'occhio e una moto gial-

la frena lì vicino a sinistra. Hook. L'ha visto qualche volta in

piazza Euclide. Dietro di lui c'è una ragazza con i capelli ric-

ci e un rossetto troppo pesante. È tutta felice di fare la ca-

momilla. La ragazza la saluta. Babi non risponde. Ha la go-

la secca. Si gira dall'altra parte. Un bel ragazzo alto, con i ca-

pelli più lunghi e una piccola penna di uccello come pendente

di un orecchino, si ferma alla sua destra. Ha il serbatoio del-

la moto dipinto con l'aerografo. C'è un tramonto con un gros-

so sole al centro, delle onde sulla spiaggia. Un tipo che fa surf.

Sicuramente il surf è meno pericoloso che fare la camomil-

la. Sotto c'è una scritta: "II Balle...". Babi si sporge in avanti,

ma non riesce a leggere di più. Il resto della scritta è coper-

to dai 501 del tipo. Il ragazzo tira fuori dalla tasca del giub-

botto un pezzo di carta. Si alza sulle gambe avvicinandosi al-

lo specchietto. Lo gira verso l'alto a pancia in su. La luna com-

pare là dentro. Babi guarda il serbatoio. Ora la scritta si leg-

ge tutta: "II Ballerino". Ma certo, ne ha sentito parlare. Di-

cono che si droghi. Il Ballerino rovescia la bustina sullo spec-

chietto. Il tondo pallore della luna è coperto dal bianco di una

polvere meno innocente. Il Ballerino si sporge in avanti. Vi

appoggia sopra un rotolo da dieci euro e tira su. La luna tor-

na improvvisamente a specchiarsi. Il Ballerino passa il dito

sullo specchietto, raccoglie le ultime briciole di quella feli-

143

cita artificiale e se le passa sui denti. Sorride senza alcun mo-

tivo reale. Chimicamente felice. Si accende una sigaretta. La

ragazza dietro di lui ha i capelli raccolti da una fascia e sem-

bra non essersi accorta di nulla. Una sigaretta però se la fa

offrire. Non è valido. Non si può correre drogati. Non è spor-

tivo. Tanto dopo se gli fanno l'antidoping lo scoprono. Ma co-

sa sto dicendo? Questa non è una corsa di cavalli! Non c'è

niente di lecito. Ci si può perfino drogare. Si va a centocin-

quanta all'ora su una ruota sola con una poveraccia dietro.

Io sono quella poveraccia.

Le viene da piangere. Mannaggia a Pallina! Step ha appe-

na intascato i suoi cinquecento euro quando Pollo gli da una

botta con il gomito.

"Ehi, guarda chi c'è lì." Pollo indica le moto pronte a par-

tire. "Quella lì dietro alla moto di Danilo non è l'amica di Pal-

lina?"

Step mette a fuoco. Non è possibile. È Babi.

"È vero." Agita il braccio con la bandana e urla il suo nome.

"Babi!" Si sente chiamare. È Step. Lo riconosce, laggiù in fon-

do proprio di fronte a lei. La sta salutando. "Ha la mia banda-

na" sussurra quasi a se stessa. "Ti prego Step, fammi scendere,

aiutami. Step, Step!" Poi stacca la mano per dirgli di avvicinar-

si. In quel momento Siga fischia. Il pubblico urla. È quasi un

boato. Le moto balzano in avanti rombando. Babi si riattacca

subito a Danilo, terrorizzata. Tutte e tre le moto pinnano. Babi

si trova con la testa in giù. Le sembra di stare quasi per terra.

Vede l'asfalto scorrere veloce sotto di lei. Prova a gridare men-

tre la moto ruggisce e il vento le scompiglia i capelli. Non le esce

nulla. La cinta le stringe forte la pancia. Le viene da vomitare.

Chiude gli occhi. È ancora peggio. Le sembra di svenire. La mo-

to continua a correre su una ruota sola. La ruota davanti scen-

de un po'. Danilo da più gas. La moto si impenna di nuovo, Ba-

bi si ritrova ancora più vicina all'asfalto. Crede di capovolgersi.

Un tocco al freno e la moto torna leggermente giù. Va meglio.

Babi si guarda intorno. La gente ormai è solo un gruppo lonta-

no, colorato, leggermente sfumato. Tutto intorno, silenzio. So-

lo il vento e il rumore delle altre moto. Il Ballerino lì a destra è

poco dietro a loro. I suoi capelli lunghi sono tesi nel vento e la

ruota davanti quasi immobile a mezz'aria. Hook è leggermente

più lontano.

Danilo sta vincendo. Lei sta vincendo. Maddalena ha ra-

gione. "Pinna che è una meraviglia." Babi è stordita. Sente un

rumore a destra. Si gira. Il Ballerino ha dato più gas scalando.

La moto si impenna troppo. Un colpo secco al freno. La ruota

144

davanti cade giù troppo veloce. La moto rimbalza, il Ballerino

prova a tenerla. Il manubrio gli sfugge di mano. La moto va a

sinistra, guizzando di lato, e poi di nuovo a destra, scodando.

Il Ballerino e la ragazza dietro, legati insieme, vengono disar-

cionati da quel cavallo a motore imbizzarrito, fatto di pistoni

e cilindri impazziti. Finiscono a terra ancora legati. Poi la lo-

ro Camomilla si spezza, scivolano così, ancora vicini, per po-

co, rimbalzando e sbucciandosi, da un lato all'altro della stra-

da. La moto, ormai libera, continua veloce la sua corsa. Poi ca-

de lateralmente, scivola sull'asfalto, scintilla, si impunta, rim-

balza più volte. Alla fine fa una specie di capriola, vola vicino

a Babi, alta nel buio scuro della notte. Salta nel ciclo, per al-

meno cinque metri, con il faro ancora acceso illumina tutto in-

torno, traccia un arco luminoso. Poi, con un ultimo guizzo

scomposto, cade giù rimbalzando e spezzandosi, lasciando die-

tro di sé mille piccoli pezzi d'acciaio e vetri colorati. Sottili scin-

tille di fuoco sempre più deboli l'accompagnano fino al termi-

ne della sua corsa. Hook e Danilo si fermano. Il gruppo lonta-

no rimane per un attimo in silenzio, poi tutti partono. In sella

a Vespe, Sì, SH 50, Peugeot rubati, moto di piccola e grossa ci-

lindrata, Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Honda.

Un esercito di motorini avanza rombando. Tutti accorro-

no sul luogo dell'incidente. Il Ballerino si è rialzato. Si trasci-

na su una gamba sola. L'altra esce fuori dal jeans strappato, fe-

rita e malconcia, perdendo sangue dal ginocchio. Un vistoso

rigonfiamento sotto il giubbotto in alto segna la spalla che gli

è uscita, mentre dalla fronte del sangue scuro gli scende lun-

go il collo. Il Ballerino guarda la sua moto distrutta. Si piega

e accarezza il serbatoio. Una parte della spiaggia è stata ra-

schiata via. Il surfista è scomparso, trasportato dall'onda ben

più dura dell'asfalto rovente.

La ragazza è distesa a terra. Il braccio destro le ciondola

scomposto lateralmente. È rotto. Piange per lo spavento, sin-

ghiozzando forte. Babi si libera della Camomilla. Scende dal-

la moto. I primi passi sono incerti. Non riesce a reggersi sulle

gambe per l'emozione. Entra nella folla. Non conosce nessu-

no. Sente i lamenti della ragazza distesa per terra. Cerca Pal-

lina. A un certo punto sente un altro fischio. Più lungo. Cos'è?

Inizia un'altra gara terribile? Non capisce. Tutti cominciano a

correre in ogni direzione. La gente la urta. Dei motorini la sfio-

rano. Si sentono delle sirene. Poco lontano compaiono delle

macchine. Sui loro tetti dei colori azzurri lampeggianti. La po-

lizia. Ci mancava solo questa. Deve raggiungere la sua Vespa.

Tutto intorno ci sono ragazzi che scappano. Qualcuno urla, al-

145

tri si urtano pericolosamente. Una ragazza con il motorino ca-

de a pochi metri da lei. Babi si mette a correre. Altre macchi-

ne della municipale si fermano tutt'intorno. Eccola lì. Vede la

sua Vespa ferma davanti a lei, a pochi metri di distanza. È sal-

va. Improvvisamente qualcosa la blocca a mezz'aria. Qualcu-

no la prende per i capelli. È un vigile. La strattona con forza

facendola cadere a terra, tirandola con violenza da dietro per

i capelli. Babi urla dal dolore, trascinata sull'asfalto, mentre

alcune ciocche le si staccano. A un tratto il vigile la lascia. Un

calcio in piena pancia l'ha fatto piegare in due facendogli ab-

bandonare la presa. È Step. Il vigile prova a reagire. Step gli

da una spinta violenta che lo fa finire a terra. Poi aiuta Babi a

rialzarsi, la fa salire sulla moto dietro di lui e parte a tutto gas.

Il vigile si riprende, sale su una macchina lì vicino con al vo-

lante un suo collega e partono all'inseguimento. Step passa fa-

cilmente tra la gente e le moto fermate dalla municipale. Al-

cuni fotografi avvisati di quella retata sono arrivati sul posto e

scattano foto. Step fa una pinna e accelera. Supera un altro po-

liziotto che con la paletta rossa gli fa segno di fermarsi. Tutt'in-

torno, flash impazziti. Step spegne le luci e si abbassa sul ma-

nubrio. La macchina della municipale con il vigile colpito su-

pera lateralmente il gruppo e, con la sirena urlante, gli è subi-

to dietro.

"Copri la targa con il piede."

' "Cosa?"

1 "Copri l'ultimo numero della targa con il piede."

Babi sporge indietro la gamba destra cercando di coprire

ia targa. Scivola due volte.

"Non ci riesco."

v "Lascia perdere. È possibile che non sai fare nulla?"

"Si da il caso che non sono mai scappata su una moto. E

sicuramente avrei voluto evitarlo anche oggi."

"Forse preferivi che ti lasciassi in mano a quel vigile che

voleva il tuo scalpo?"

Step scala e gira a destra. La ruota di dietro scivola leg-

germente sgommando sull'asfalto. Babi si stringe a lui e urla:

"Frena!".

"Stai scherzando? Se quelli ci beccano adesso mi seque-

strano la moto."

La macchina della municipale si infila dietro di loro sban-

dando nella stradina. Step vola giù lungo la discesa. Cento-

trenta, centocinquanta, centottanta... Si sente la sirena rim-

bombare lontano. Si stanno avvicinando. Babi pensa a quello

che le ha detto sua madre: , ->»»*.,& -»«*.*, ,**., **»

146

"Non azzardarti a salire dietro a quel ragazzo. Guarda co-

me guida... È pericoloso". Ha ragione. Le madri hanno sem-

pre ragione. Soprattutto la sua.

"Frena. Non voglio morire. Già me lo immagino domani

cosa leggerò sui giornali. Giovane ragazza muore in un inse-

guimento con la municipale. Frena, ti prego."

"Ma se muori come fai a leggere i giornali?"

"Step fermati! Ho paura! Quelli magari sparano."

Step scala di nuovo e gira improvvisamente a sinistra. Sbu-

cano in una strada di campagna semideserta. Ci sono alcune

ville con un muro alto e uno steccato. Hanno qualche secon-

do. Step frena.

"Sbrigati, scendi. Aspettami qua e non ti muovere. Ti pas-

so a prendere appena non ce li ho più dietro..."

Babi scende al volo dalla moto. Step riparte a tutta velo-

cità. Babi si appiattisce contro il muro vicino al cancello della

villa. Appena in tempo. La macchina della municipale spunta

proprio in quel momento. Passa sgommando davanti alla vil-

la e si dilegua all'inseguimento della moto. Babi si tappa le

orecchie e chiude gli occhi per non sentire il suono lancinan-

te di quella sirena. La macchina scompare lontana, dietro quel

piccolo fanalino rosso. È la moto di Step che a fari spenti, or-

mai da solo, corre veloce nel buio della notte.

447

24.

Pollo si ferma con la moto davanti al comprensorio di Ba-

bi. Pallina scende e va dal portiere. "Che, è tornata Babi?"

Fiore, mezzo sonnecchiante, stenta un po' a riconoscerla.

"Ah, ciao Pallina. No. L'ho vista uscire in Vespa, ma non è an-

cora tornata."

Pallina torna da Pollo: "Niente da fare".

"Non ti preoccupare, se sta con Step è al sicuro. Vedrai che

tra poco è qui. Vuoi che ti faccio compagnia?"

"No, vado su. Magari è nei guai e telefona a casa. Meglio

se c'è qualcuno che può risponderle." Pollo accende la moto.

"Il primo che sa qualcosa chiama."

Pallina lo bacia, poi corre via. Passa sotto la sbarra e si al-

lontana per la salita del comprensorio. Quando è a metà strada

si gira. Pollo la saluta. Pallina gli manda un bacio con la mano,

poi scompare a sinistra su per le scalette. Pollo mette la prima

e si allontana. Pallina alza il tappeto. Le chiavi sono lì, come

d'accordo. Ci mette un po' a trovare quella del portone. Sale al

primo piano e apre lentamente la porta. Dal corridoio arriva

una voce. La riconosce. È Daniela. Sta parlando al telefono.

"Dani, dove sono i tuoi?"

"Pallina, che ci fai qui?"

"Rispondi, dove sono?"

"Sono usciti."

"Bene! Attacca, presto. Devi lasciare libero il telefono."

"Ma sto parlando con Andrea. E Babi dov'è? È venuta a cer-

carti."

"È per questo che devi attaccare. Magari Babi chiama. L'ul-

tima volta che l'ho vista era sulla moto dietro a Step inseguita

dalla municipale."

"No?!"

"Sì!"

"Troppo forte mia sorella."

148

La polvere lentamente è scomparsa. Nuvole basse e grigie

galleggiano in alto, nel cielo senza luna. Tutto intorno è silen-

zio. Non una luce. Tranne un piccolo faro lontano attaccato al-

l'alto muro di una casa. Babi si scosta dal muro. La colpisce

forte l'odore del concime sparso nei campi. Una brezza legge-

ra muove le fronde degli alberi. Si sente sola e sperduta. Que-

sta volta è vero. Ha paura. Sulla destra, lontano, sente un ni-

trito di cavalli. Stalle sperdute in una scura campagna. Si di-

rige verso il piccolo faro. Cammina lenta, lungo il muro, con

la mano appoggiata allo steccato, attenta a dove mette i piedi,

tra ciuffi d'erba alta e selvaggia. Ci sono delle vipere? Un vec-

chio ricordo del libro di scienze la tranquillizza. Le vipere non

girano di notte. Ma i topi sì. Lì intorno deve essere pieno. I to-

pi mordono. Leggende metropolitane. Si ricorda di qualcuno,

amico di un altro, che è stato morso da un topo. È morto in

poco tempo. Lepto qualcosa. Terribile. Mannaggia a Pallina.

Improvvisamente un rumore sulla sinistra. Babi si ferma. Si-

lenzio. Poi un ramo spezzato. Di colpo qualcosa si muove ve-

loce verso di lei, correndo, ansimando tra i cespugli. Babi è co-

me terrorizzata. Dalla macchia scura davanti a lei sbuca rin-

ghiando un grosso cane dal pelo scuro. Babi vede la sagoma

che avanza veloce abbaiando nella notte. Babi si gira e co-

mincia a correre. Scivola quasi sui sampietrini. Si riprende, ar-

ranca nel buio, correndo in avanti, senza vedere dove va. Il ca-

ne le è dietro. Avanza minaccioso, guadagna terreno. Ringhia

e abbaia inferocito. Babi raggiunge lo steccato. C'è una fessu-

ra, in alto. Vi infila una mano, poi l'altra, infine trova un ap-

piglio per i piedi. Destro, sinistro e su, scavalca. Salta nel buio,

evitando per un soffio quei denti bianchi e affilati. Il cane fi-

nisce contro lo steccato. Rimbalza con un botto sordo. Inizia

a correre avanti e indietro abbaiando, cercando inutilmente il

modo di raggiungere la sua preda. Babi si rialza. Ha sbattuto

le mani e le ginocchia cadendo a faccia avanti nel buio. Si è in-

filata in qualcosa di caldo e morbido. È fango. Le cola lento

lungo il giubbotto e i jeans. Sulle mani indolenzite. Prova a

muoversi. Le gambe sono affondate fino al ginocchio. Il cane

corre lontano lungo lo steccato. Babi spera non ci sia un pas-

saggio. Lo può sentire abbaiare, ancora più inferocito perché

non riesce a raggiungerla. Be', meglio questo fango dei suoi

morsi. Poi, improvvisamente, un odore acre, dalla punta leg-

germente dolce, la colpisce in pieno. Avvicina la mano sporca

al viso. L'annusa. La campagna per un attimo sembra avvol-

gerla e farla sua. Oh no! Letame! Lo scambio non è più così

conveniente. , , ,« , ,. ,,

149

Pallina esce dal portone, lo accompagna piano per non far-

lo chiudere. Poi prende le chiavi dalla tasca, si piega, alza lo

zerbino e le rimette al posto stabilito. Babi non ha ancora te-

lefonato. Ma almeno così non deve suonare per rientrare. In

quel momento sente il rumore di una macchina. Dalla curva

del cortile spunta una Mercedes 200. I genitori di Babi. Palli-

na lascia cadere lo zerbino e corre verso il portone. Lascia che

sbatta alle sue spalle. Fa le scale di corsa, entra in casa e chiu-

de la porta.

"Dani presto, sono arrivati i tuoi."

Daniela è davanti al frigorifero presa dalla solita terribile

fame delle due di notte. Per questa volta dovrà digiunare. Die-

ta costretta. Sbatte lo sportello del frigorifero. Corre in came-

ra sua e si chiude dentro. Pallina entra in camera di Babi e si

infila a letto tutta vestita. Il cuore le batte forte. Si mette ad

ascoltare. Sente il rumore della serranda del garage che scen-

de. È questione di minuti. Poi nella penembra della stanza ve-

de la divisa sulla sedia. Babi l'ha preparata prima di uscire.

Conta di tornare presto. Com'è precisa, povera Babi. Stavolta

è proprio nei guai. Se Pallina sapesse dov'è finita Babi, non si

lascerebbe scappare una facile battuta. Stavolta è proprio nel-

la merda, anche se di cavallo.

Pallina si tira su le lenzuola fino al mento e si volta verso

il muro, mentre una chiave gira rumorosa nella toppa della

porta di casa.

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Step va giù per il Lungotevere, supera in slalom due o tre

macchine, poi mette la terza e accelera. La municipale gli sta

sempre dietro. Se arriva a piazza Trilussa è fatta. Dallo spec-

chietto vede la macchina che si avvicina pericolosa. Due mac-

chine davanti a lui. Step scala dando gas. Terza. La moto schiz-

za in avanti. Passa per un soffio tra le portiere. Una delle due

macchine allarga spaventata. L'altra continua la sua corsa in

mezzo alla strada. Il guidatore rincoglionito non si è accorto

di nulla. La municipale passa tutta a destra. Le ruote salgono

rumoreggiando sul bordo del marciapiede. Step vede piazza

Trilussa davanti a lui. Scala di nuovo. Taglia la strada da de-

stra verso sinistra. Il guidatore rincoglionito frena di botto.

Step si infila nella stradina di fronte alla fontana che unisce i

due Lungotevere. Passa in mezzo ai bassi pilastri di marmo.

La polizia municipale frena bloccandosi lì davanti. Non può

passare. Step accelera. Ce l'ha fatta. I due vigili scendono dal-

la macchina. Fanno solo in tempo a vedere una coppia di in-

namorati e un gruppo di ragazzi che salgono veloci sul picco-

lo marciapiede lasciando passare quel pazzo con la moto a fa-

ri spenti. Step continua ad andare veloce per un po'. Poi guar-

da nello specchietto. Dietro di lui è tutto tranquillo. Solo qual-

che macchina lontana. Il traffico della notte. Non lo segue più

nessuno. Accende le luci. Ci manca solo che lo fermino per

quello.

Claudio apre il frigorifero e si versa un bicchiere d'acqua.

Raffaella va di là, nelle camere da letto. Prima di andare

a dormire da sempre il bacio della buonanotte alle figlie, un

po' per abitudine, ma anche per essere sicura che siano tor-

nate. Quella sera non dovevano neanche essere uscite. Ma

non si sa mai. È meglio controllare. Entra nella stanza di Da-

niela. Cammina senza fare rumore, stando bene attenta a non

151

inciampare sul tappeto. Poggia una mano sul comodino. L'al-

tra la mette sul muro. Poi si piega in avanti, lentamente, e

con le labbra le sfiora la guancia. Dorme. Raffaella si allon-

tana in punta di piedi. Chiude piano la porta. Daniela si gira

lentamente. Si tira su poggiandosi su un fianco. Ora viene il

bello. Raffaella abbassa silenziosamente la maniglia e apre

la porta di Babi. Pallina è a letto. Vede l'angolo di luce del

corridoio che lentamente si disegna sulla parete, allargando-

si. Il cuore le comincia a battere veloce. E adesso, se mi sco-

prono che gli racconto? Pallina rimane girata immobile, cer-

cando di non respirare. Sente un rumore di collane: dev'es-

sere la madre di Babi. Raffaella si avvicina al letto, si piega

lentamente in avanti. Pallina riconosce il suo profumo. È lei.

Trattiene il respiro, poi sente il suo bacio sfiorarle la guan-

cia. È il bacio morbido e affettuoso di una mamma. È vero.

Le mamme sono tutte uguali. Preoccupate e buone. Ma an-

che per loro le figlie sono identiche? Lo spera. Raffaella met-

te a posto le coperte, la copre delicatamente con il bordo del-

le lenzuola. Poi improvvisamente si ferma. Pallina rimane im-

mobile, in attesa. Che abbia scoperto qualcosa? L'ha ricono-

sciuta? Sente un leggero scricchiolio. Raffaella si è piegata.

Può sentire il caldo respiro vicino, troppo vicino. Poi avver-

te sulla moquette i passi leggeri che si allontanano. La debo-

le luce del corridoio scompare. Silenzio. Pallina si gira len-

tamente. La porta è chiusa. Finalmente respira. È passata. Si

sporge in avanti. Perché la madre di Babi si è piegata? Cosa

ha fatto? Nella penembra della stanza i suoi occhi abituati al

buio trovano subito la risposta. Ai piedi del letto, perfetta-

mente unite, ci sono le pantofole di Babi. Raffaella le ha mes-

se a posto, ordinatamente. Pronte ad accogliere la mattina

dopo i piedi di sua figlia ancora caldi di sonno. Pallina si chie-

de se sua madre farebbe la stessa cosa. No. Non ci pensereb-

be. Qualche sera è rimasta sveglia ad aspettare il suo bacio.

È stata un'inutile attesa. Sua madre e suo padre sono torna-

ti tardi. Li ha sentiti chiacchierare, passare davanti alla sua

camera e andare oltre. Poi quello scatto. La porta della loro

camera da letto che si chiudeva. E con essa, le sue speranze

che svanivano. Be', sono due madri diverse. Sente dei brivi-

di strani lungo tutto il corpo. No, non vorrebbe lo stesso per

madre Raffaella. Tra l'altro non le piace il suo profumo. È

troppo dolce.

Step sbuca nella stradina. Arrivato davanti al cancello do-

ve l'ha lasciata, frena alzando una nube di polvere. Si guarda

152

intorno. Babi non è lì. Suona il clacson. Nessuna risposta. Spe-

gne la moto. Prova a chiamarla. "Babi."

Niente. È sparita. Fa per accendere la moto, quando al-

l'improvviso sente un fruscio sulla destra. Viene da dietro lo

steccato.

"Sono qui."

Step guarda fra le tavole di legno scuro. "Dove?"

"Qui!" Una mano sbuca in uno spazio libero tra un'asse e

l'altra.

"Ma che stai a fare lì dietro?"

Step vede i suoi grandi occhi azzurri. Spuntano solitarii so-

pra la sua mano, fra altre due assi. Sono illuminati dalla de-

bole luce della luna e sembrano spaventati.

"Babi, vieni fuori."

"Non posso, ho paura!"

"Paura? E di che?"

"C'è un cane enorme lì dietro, ed è senza museruola."

"Ma dove? Qui non c'è nessun cane."

"C'era prima."

"Be' senti, adesso non c'è."

"Anche se non c'è il cane non posso uscire lo stesso."

"E perché?"

"Mi vergogno."

"Ma ti vergogni di cosa?"

"Di niente, non mi va di dirtelo." *

"Senti, ma ti sei rincretinita? Be', io mi sono scocciato. Ora

accendo e me ne vado."

Step accende la moto. Babi sbatte la mano sulle assi. >

"No, aspetta."

Step spegne di nuovo la moto.

"Allora?"

"Adesso esco, promettimi però che non riderai."

Step guarda verso quello strano legno dagli occhi azzurri,

poi si mette la mano destra sul cuore.

"Promesso."

"Hai promesso, eh?"

"Sì, te l'ho già detto..." n

"Sicuro, eh?"

"Sicuro."

Babi infila le mani tra le fessure preoccupata che nessuna

scheggia le ferisca. Un "Ahi" soffocato. Step sorride. Non è sta-

ta così attenta. Babi è in cima allo steccato, scavalca e inizia a

scendere. Alla fine fa un salto. Step gira il manubrio della mo-

to verso di lei illuminandola con il faro. * targate; ut fo*

153

"Ma che hai fatto?"

"Per scappare dal cane ho saltato il recinto e sono caduta."

"Ti sei sporcata tutta di fango?"

"Magari... è letame."

Step scoppia a ridere.

"Oddio, letame... No, non è possibile. Non ce la faccio."

Non si ferma più.

"Avevi detto che non avresti riso. L'avevi promesso."

"Sì, ma questo è troppo. Letame! Non ci posso credere.

Tu nel letame. È troppo bello. È il massimo!"

"Lo sapevo che non mi potevo fidare. Le tue promesse non

valgono niente."

Babi si avvicina alla moto. Step smette di ridere.

"Alt! Ferma. Che fai?"

"Come, che faccio? Salgo."

"Ma che, sei pazza? Vuoi salire sulla mia moto conciata co-

sì?"

"Certo, e se no che faccio, mi spoglio?"

"Ah, non lo so. Ma sulla mia moto sporca così non ci sali.

Letame poi!" Step scoppia a ridere di nuovo. "Oddio, non ce la

faccio..."

Babi lo guarda esausta.

"Senti, ma che, stai scherzando?"

"Assolutamente no. Se vuoi ti do il mio giubbotto e così ti

copri. Ma levati quella roba di dosso. Se no giuro che dietro a

me non sali."

Babi sbuffa. È paonazza dalla rabbia. Lo supera passan-

dogli vicino. Step si tappa il naso, esagerando.

"Oddio... È insopportabile..."

Babi gli da una botta, poi va dietro la moto, vicino al fa-

nalino posteriore.

"Guarda, Step. Ti giuro che, se mentre mi spoglio tu ti gi-

ri, ti salto addosso con tutto il letame che c'ho."

Step rimane voltato in avanti.

"D'accordo. Dimmi quando ti devo passare il giubbotto."

"Guarda che dico sul serio. Io non sono come te. Io le mie

promesse le mantengo."

Babi controlla un'ultima volta che Step non si volti, poi si

toglie la felpa lentamente, stando bene attenta a non sporcar-

si. Sotto non ha quasi niente. Rimpiange di non essersi messa

una T-shirt per fare presto. Guarda di nuovo verso Step. "Non

ti voltare!"

"E chi si muove?"

Babi si piega in avanti. Si sfila le scarpe. Basta un momento.

154

Step è rapidissimo. Sposta lo specchietto laterale sinistro in-

clinandolo verso di lei, inquadrandola. Babi si rialza. Non si è

accorta di nulla. Lo controlla di nuovo. Bene. Non s'è voltato.

In realtà Step senza essere visto la sta guardando. È riflessa

nel suo specchietto. Ha un reggisene di pizzo trasparente e la

pelle d'oca lungo tutte e due le braccia. Step sorride.

"Ti vuoi muovere, quanto manca?"

"Ho quasi fatto, ma tu non ti girare!"

"Ti ho detto di no, non farla lunga, forza."

Babi si sbottona i jeans. Poi lentamente, cercando di spor-

carsi il meno possibile, si piega in avanti accompagnandoli giù

fino ai piedi, ormai nudi su quei freddi sassi polverosi. Step in-

clina verso il basso lo specchietto seguendola con lo sguardo.

I jeans scendono lentamente mostrando le sue gambe lisce e

pallide in quella fioca luce notturna. Step canticchia "You can

leave your hat on" imitando la voce di Joe Cocker.

"Altro che nove settimane e mezzo..."

Babi si gira di botto. I suoi occhi illuminati dal debole fa-

nalino rosso incrociano lo sguardo divertito di Step che sorri-

de malizioso nello specchietto.

"Mica mi sono voltato, no?"

Babi si libera veloce dei jeans e salta dietro di lui sulla mo-

to in reggisene e mutandine.

"Brutto infame, sei un bastardo! Un porco!" Lo tempesta

di pugni. Sulle spalle, sul collo, sulla schiena, in testa. Step si

piega in avanti cercando di ripararsi come meglio può.

"Ahi, basta! Ahia. Che ho fatto di male? Ho dato una spiz-

zatina, ma mica mi sono girato, no? Ho mantenuto la mia pa-

rola... Ahia, guarda che non ti do il giubbotto."

"Cosa? Non me lo dai? Io prendo i miei jeans e te li spal-

mo sulla faccia, vuoi vedere?"

Babi comincia a tirargli giù il giubbotto per le maniche.

"Va bene. Va bene. Basta! Stai calma. Dai, non fare così.

Ecco, ora te lo do."

Step se lo lascia sfilare. Poi accende la moto. Babi gli da

un'ultima botta.

"Porco!" Poi si infila veloce il giubbotto cercando di co-

prirsi il più possibile. I risultati sono scarsi. Tutte e due le gam-

be rimangono fuori, compreso il bordo delle mutandine.

"Ehi... lo sai che non sei malaccio? Dovresti lavarti un po'

più spesso... Ma hai proprio un bel culo... Sul serio."

Lei prova a colpirlo sulla testa. Step si abbassa di scatto ri-

dendo. Mette la prima e parte. Poi fa finta di annusare l'aria.

"Ehi, ma lo senti anche tu quest'odore strano?" i*.

155

"Cretino! Guida!" v ".'"->'e-'on? orni^ i- tv« e "*

"Sembra letame..."

In quel momento da un cespuglio a destra poco più avan-

ti sbuca il cane lupo. Corre verso di loro abbaiando. Step lo

punta con la moto. Il cane rimane per un attimo abbagliato dal

faro. I suoi occhi rossi sfavillano rabbiosi nella notte. I denti

compaiono ringhiando bianchi e affilati.

Basta quel momento. Step scala. Da gas allargando con la

moto. Il cane riparte subito. Sfiora per un pelo la moto sal-

tando lateralmente con la bocca aperta. Babi urla. Tira su le

gambe nude e si aggrappa con forza alle spalle di Step. Il ca-

ne la manca per un soffio. La moto accelera. Prima. Seconda.

Terza. Via a tutto gas. Si allontana nella notte. Il cane la rin-

corre con rabbia. Poi piano piano perde terreno. Alla fine si

ferma. Si sfoga continuando ad abbaiare da lontano. Poi vie-

ne lentamente avvolto da una nube di polvere e tenebre e spa-

risce così come è apparso. La moto continua la sua corsa nel-

l'umido freddo della verde campagna. Babi ha ancora le gam-

be strette intorno alla vita di Step. Piano piano la moto ral-

lenta. Step le accarezza la gamba.

"C'è mancato poco, eh. Poi queste belle cosce facevano una

brutta fine! Era vera allora la storia del cane..."

Babi gli solleva la mano dalla gamba e la fa cadere di lato.

"Non toccarmi." Si tira indietro sul sellino, rimettendo i piedi

sulle pedaline e si chiude il giubbotto. Step le mette di nuovo

la mano sulla gamba. "Ti ho detto di non toccarmi con quella

mano!" Babi gliela toglie. Step sorride e cambia mano. Babi

gli toglie anche la destra.

"Ma neanche con questa posso?"

"Non so se è peggio il cane che mi correva dietro o il por-

co che mi sta davanti!" Step ride, scuote la testa e accelera.

Babi si chiude il giubbotto. Che freddo! Che nottata! Che ca-

sino! Mannaggia a Pallina. Volano nella notte. Alla fine arriva-

no sani e salvi al suo comprensorio. Step si ferma davanti alla

sbarra. Babi si volta verso Fiore. Lo saluta. Il portiere la rico-

nosce e alza la sbarra. La moto passa appena è possibile senza

aspettare che la sbarra finisca la sua corsa verso l'alto. Fiore non

può fare a meno di buttare un occhio sulle belle gambe di Ba-

bi che spuntano infreddolite da sotto il giubbotto. Cosa gli toc-

ca vedere. Ai suoi tempi nessuna ragazza usciva con minigon-

ne di quel tipo. Babi vede la serranda del garage abbassata. I

suoi sono tornati. Un pericolo in meno. Cosa poteva inventarsi

se l'avessero beccata in quel momento sulla moto dietro a Step

e soprattutto in mutandine e reggisene? Preferisce non pensar-

156

ci, non è poi così fantasiosa. Scende dalla moto. Cerca di co-

prirsi il più possibile con il giubbotto. Niente da fare. Le sfiora

a malapena il bordo delle mutandine.

"Be', grazie di tutto. Senti, il giubbotto te lo butto dalla fi-

nestra."

Step le guarda le gambe. Babi si piega verso il basso. La

giacca scende un po' più giù, ma il risultato è ancora scarso.

Step sorride.

"Magari ci vediamo qualche altra volta. Vedo che hai degli

argomenti molto interessanti."

"Te l'ho già detto, vero, che sei un porco?"

"Sì, mi sembra proprio di sì... Allora passo a prenderti do-

mani sera."

"Non ce la farei. Credo che non reggerei a un'altra serata

come questa."

"Perché, non ti sei divertita?"

"Moltissimo! Io faccio sempre la camomilla, ogni sera. Mi

faccio inseguire un po' dalla polizia, scendo al volo dalla mo-

to in mezzo a una campagna sperduta, mi faccio rincorrere da

un cane rabbioso e per finire mi butto nel letame. Ci sguazzo

un po' dentro e poi torno a casa in reggiseno e mutandine."

"Con sopra il mio giubbotto."

"Ah certo... dimenticavo."

"E soprattutto non mi hai detto una cosa..."

"Che cosa?"

"Che hai fatto tutto questo con me."

Babi lo guarda. Che tipo. Ha un sorriso bellissimo. Pecca-

to che è fatto così male. Nel senso del carattere. Sul fisico non

ha proprio nulla da dire. Anzi. Decide di sorridergli. Non è poi

un grande sforzo.

"Sì, hai ragione. Be', ti saluto."

Babi fa per andare via. Step le prende la mano. Questa vol-

ta con dolcezza. Babi fa un po' di resistenza, poi si lascia an-

dare. Step la tira verso di sé, avvicinandola alla moto. La guar-

da. Ha i capelli lunghi, spettinati, portati indietro dal freddo

vento della notte. La sua pelle è bianca, infreddolita. Gli occhi

intensi, buoni. È bella. Step lascia scivolare una mano sotto il

giubbotto. Babi spalanca gli occhi, leggermente spaventata,

emozionata. Sente la sua mano salire, stranamente non fred-

da. Lungo la schiena in alto. Si ferma sulla chiusura del reg-

giseno. Babi porta veloce la sua mano dietro. Gliela mette so-

pra, lo ferma. Step le sorride. "Sei una brava camomilla sai?

Sei coraggiosa, molto. Allora è vero che non hai paura di me.

Mi denuncerai?" -«u-, n,,>»«t., ,,.. j»/>, .......i ^ .....

157

Babi annuisce. "Sì" sussurra. *» t - ,,<,<>,,

*^ "Sul serio?"

Babi fa segno di sì con la testa. Step la bacia sul collo, più

volte, delicatamente.

"Lo giuri?"

Babi annuisce di nuovo, poi chiude gli occhi. Step conti-

nua a baciarla. Sale su, le sfiora le guance fresche, le orecchie

infreddolite. Un soffio caldo e provocante le lascia un brivido

più giù. Step si avvicina al bordo rosato delle labbra. Babi so-

spira tremante. Poi apre la bocca, pronta ad accogliere il suo

bacio. In quel momento Step si stacca. Babi rimane un attimo

così, con la bocca aperta, gli occhi chiusi, sognanti. Poi li apre

improvvisamente. Step è davanti a lei con le braccia conserte.

Sorride. Scuote la testa.

"Eh Babi, Babi. Così non va. Sono un porco, un animale,

una bestia, un violento. Dici, dici, però alla fine ci stai... e ti la-

sceresti pure baciare. Vedi come sei fatta? Sei incoerente!"

Babi diventa rossa dalla rabbia.

"Sei proprio uno stronzo!"

Comincia a colpirlo con una scarica di pugni. Step cerca

di proteggersi mentre ride. "Sai che cosa mi hai ricordato pri-

ma? Un pesce rosso che avevo da piccolo. Stai lì con la bocca

aperta che boccheggi. Proprio come lui quando gli cambiavo

l'acqua e mi cadeva fuori, nel lavandino..." Babi lo centra con

uno schiaffo.

"Ahia!" Step si tocca la guancia divertito. "Guarda che è

sbagliato, con la violenza non si ottiene nulla. Lo dici sempre

anche tu! Non è che se mi meni poi io ti bacio. Forse, se mi

prometti che non mi denuncerai..."

"Io ti denuncio eccome. Vedrai! Finirai in galera, te lo giuro."

"Ti ho già detto che non devi giurare... nella vita non si può

mai dire..."

Babi si allontana veloce. Il giubbotto le sale su scoprendo-

le un bel didietro coperto da piccole mutandine chiare. Tenta

di coprirsi come può, mentre infila la chiave sbagliata nella

serratura del portone.

"Ehi, il giubbotto lo voglio adesso."

Babi lo guarda con rabbia. Si toglie il giubbotto e lo butta

per terra. Rimane in reggisene e mutandine, al freddo, con le la-

crime agli occhi. Step la guarda compiaciuto. Ha un bel fisi-

chetto, niente male sul serio. Raccoglie il giubbotto e se lo infi-

la. Babi maledice quelle chiavi. Dov'è finita quella del portone?

Step si accende una sigaretta. Forse ha fatto male a non

baciarla. Poco male, sarà per un'altra volta. Babi finalmen-

158

te indovina la chiave, apre il portone ed entra. Step va ver-

so di lei.

"Be', pesciolino, non mi dai il bacio della buonanotte?"

Babi gli sbatte quasi il portone in faccia. Attraverso il ve-

tro Step non può sentire quello che dice, ma lo legge facilmente

sulle sue labbra. Gli consiglia, o meglio gli ordina, di andare

in un certo posto. Step la guarda allontanarsi. Certo, se quel

posto è bello come quello che ha lei, non gli dispiacerebbe vi-

sitarlo.

Babi apre lentamente la porta di casa, entra e la richiude

senza far rumore. Cammina in punta di piedi nel corridoio e

si infila in camera sua. Salva! Pallina accende la luce piccola

sul comodino.

"Babi sei tu! Meno male, ero così in pensiero! Ma che fai

conciata così? Ti ha spogliata Step?"

Babi prende la camicia da notte nel cassetto.

"Sono finita nel letame!"

Pallina annusa l'aria.

"È vero, si sente. Non sai che paura ho avuto quando ho vi-

sto quella moto cadere. Per un attimo ho pensato che fossi tu.

Sei foltissima. Brava. Gliel'abbiamo fatta vedere a quelle due

sgallettate. Senti, ma la mia cinta di Camomilla che fine ha fat-

to?"

Babi la fredda con lo sguardo.

"Pallina, non voglio più sentir parlare di cinte, di camo-

mille, di Pollo, di corse e di storie di questo genere. Chiaro? Ed

è meglio per te se stai zitta, se no ti tiro fuori a calci dal mio

letto e ti faccio dormire per terra, anzi ti sbatto fuori di casa!"

"Non lo faresti mai!"

"Vuoi provare?"

Pallina la guarda. Decide che non è il caso di metterla al-

la prova. Babi va verso il bagno.

"Babi."

"Che c'è?"

"Di' la verità. Ti sei divertita un sacco con Step, eh?"

Babi sospira. Non c'è niente da fare. È irrecuperabile.

Step scavalca il cancello, attraversa il giardino senza fare

rumore. Poi si avvicina alla finestra. La serranda è alzata. For-

se non è tornata. Picchietta con le dita sul vetro. La tendina

chiara si sposta. Nella penembra compare il viso sorridente di

Maddalena. Lascia andare la tendina e apre subito la finestra.

"Ciao, che fine hai fatto?" ., " - ,,. ,, ,,<,.,,, ,^

159

"Mi ha inseguito la polizia." i . > » ", > >o i

"Tutto bene?" -! . >-

"Sì, tutto a posto. Spero non abbiano presola targa.*

"Hai spento i fari?" t><-> ir

"Certo." - > i . -

Maddalena si sposta. Step scavalca agilmente il davanzale

4sd entra nella sua camera.

i "Fai piano. I miei sono tornati da poco."

Maddalena chiude la porta a chiave, poi salta sul letto. Si

infila sotto le lenzuola.

"Brrr... che freddo che fa!" Gli sorride. Si sfila dalla testa la

camicia da notte e la fa cadere ai piedi di Step. La debole luce

della luna entra dalla finestra. I suoi piccoli seni perfetti si scor-

gono chiari nella penembra. Step si toglie il giubbotto. Per un

attimo gli sembra di sentire l'odore della campagna. È strano,

sembra misto a uno strano profumo. Non ci fa caso più di tan-

to. Si spoglia ed entra nel letto. Si stende vicino a lei. Madda-

lena lo stringe forte. Step scivola subito giù con la mano, le ac-

carezza la schiena, i fianchi. Risalendo si ferma tra le sue gam-

be. Maddalena sospira al suo tocco, poi lo bacia. Step mette la

sua gamba fra le sue. Maddalena lo ferma. Si avvicina al co-

modino. Trova a tastoni lo stereo. Spinge REW. Manda indie-

tro una cassetta. Un rumore secco l'avvisa che è tornata all'i-

nizio. Maddalena spinge PLAY.

"Ecco."

Torna tra le sue braccia.

"Tutto fatto." Lo bacia con passione. Dalle casse dello ste-

reo escono basse le note della canzone Ti sposerò perché. La vo-

ce di Eros accompagna dolcemente i loro sospiri.

È vero, forse è lei la donna adatta a lui. Maddalena sorri-

de. Sussurra quasi tra il fresco rumore delle lenzuola:

"Questa è una di quelle volte in cui invece bisogna sapersi

muovere... giusto?".

"Giusto."

Step le bacia il seno. Ne è sicuro. Madda è la donna adat-

ta a lui. Poi, all'improvviso, si ricorda cos'era quello strano pro-

fumo che ha sentito nel giubbotto. È Caronne. Si ricorda an-

che a chi appartiene. E per un attimo, nel buio di quella stan-

za, non è più così sicuro.

160

. 4

=./! *

« -M i

Un suono insistente. La sveglia.

Pallina la spegne. Scivola giù dal letto senza far rumore e

si veste. Guarda Babi. Si è appena mossa e dorme ancora tran-

quilla a pancia in su. Pallina si avvicina alla piccola bacheca

in legno attaccata al muro. U2, Ali Saints, Robbie Williams,

Elisa, Tiziano Ferro, Cremonini, Madonna. Ci vuole qualcosa

di veramente speciale. Eccolo lì. Controlla il volume e lo ab-

bassa. Poi sfiora appena il tasto play. Settemila caffè. Britti dol-

cemente comincia a cantare. Il volume è giusto. Babi apre gli

occhi. Si gira sul cuscino finendo a pancia in giù. Pallina le

sorride.

"Ciao."

Babi si gira dall'altra parte. La sua voce arriva un po' soffo-

cata.

"Che ore sono?"

"Le sette meno cinque."

Pallina le si avvicina e la bacia sulla guancia. '*

"Pace?"

"Minimo mi ci vuole un cornetto al cioccolato di Lazzare-

schi."

"Non c'è tempo, tra poco mia madre è qui, devo andare a

fare le analisi."

"Allora niente pace."

"Stanotte sei stata fortissima."

"Ho detto che non volevo sentirne più parlare." ',

Pallina allarga le braccia.

"Okay, come vuoi. Ehi, cosa dico a tua madre se la inconi

tro mentre esco?" '

"Buongiorno."

Babi le sorride e si tira su le coperte. Pallina prende la bor-

sa con i libri e se la mette sulla spalla. È felice, hanno fatto pa-

ce. Babi è troppo forte, e poi adesso è anche una camomilla.

161

Pallina chiude piano la porta dietro di sé, attraversa veloce in

punta di piedi il corridoio. La porta di casa è ancora chiusa a

chiave. Fa scattare la serratura, e proprio mentre sta per usci-

re sente una voce dietro di lei.

"Pallina!"

È Raffaella, in una vestaglia rosa, il viso struccato, legger-

mente sbiadito e soprattutto stupito. Pallina decide di seguire

il consiglio di Babi, e con un "Buongiorno signora" si dilegua

giù per le scale. Esce dal portone e arriva al cancello. Sua ma-

dre non è ancora arrivata. Si siede sul muretto in attesa. Il so-

le tiepido sale di fronte a lei, il benzinaio leva la catena alle

pompe, alcuni signori escono frettolosi dal giornalaio lì da-

vanti, portando sottobraccio il peso di notizie più o meno ca-

tastrofiche.

Alla luce del giorno non ha più dubbi. Non vorrebbe per

madre Raffaella, assolutamente, anche se è molto più puntua-

le della sua.

Babi entra nel bagno. Incrocia la sua faccia allo specchio.

Non è delle migliori. Fare la camomilla non dona, almeno a

lei. Apre il rubinetto dell'acqua fredda, la fa scorrere per un

po', poi si sciacqua con forza il viso.

Daniela appare dietro di lei.

"Raccontami tutto! Com'è andata? Com'è la serra? È sul se-

rio divertente come dicono? Hai incontrato qualche mia amica?"

Babi apre il tubetto del dentifricio, comincia a spingerlo

dal fondo cercando di fare scomparire l'orma del pollice di Da-

niela che ha colpito esattamente a metà.

"È una cretinata. Un gruppo di bori che rischia inutilmen-

te la vita e ogni tanto qualcuno che riesce a perderla."

"Sì, ma c'è tanta gente? Che cosa fanno? Dove si va dopo?

Hai visto le camomille che forza? Che coraggio, eh? Io non ce

la farei mai a fare la camomilla!"

"Io ce l'ho fatta..."

"Sul serio? Hai fatto la camomilla? Uau! Mia sorella è una

camomilla."

"Oh, non è poi questa gran cosa, ti assicuro, e poi ora de-

vo prepararmi."

"Ecco, fai sempre così! Con te non c'è soddisfazione. Che

vantaggio hai ad avere una sorella più grande se poi non ti rac-

conta nulla? Tanto abbiamo già deciso con Andrea che la pros-

sima settimana ci andiamo anche noi! E se mi va, faccio an-

che la camomilla!" Daniela esce sbuffando dal bagno. Babi sor-

ride fra sé, finisce di lavarsi i denti poi prende la spazzola. Nien-

te da fare. Daniela si è vendicata a distanza. Alcuni lunghi ca-

162

pelli neri giacciono immobili e aggrovigliati fra le capocchie

della loro spazzola. Babi li raccoglie con la mano e li butta nel

water. Poi tira l'acqua e comincia a pettinarsi.

Daniela ricompare dietro la porta.

"Dove hai messo le Superga che ti ho prestato ieri sera?" '

"Le ho buttate."

"Come, le hai buttate? Le mie Superga nuove...?"

"Hai sentito, le ho buttate. Sono finite dentro al letame ed

erano talmente rovinate che le ho dovute buttare. Anche per-

ché sennò Step non mi accompagnava a casa."

"Sei finita nel letame, poi Step ti ha accompagnato a casa?

E quando l'hai fatta la camomilla?"

"Prima."

"Dietro a Step?" '

"No." '

Daniela a piedi nudi segue Babi in camera sua.

"Insomma Babi, mi racconti com'è andata?"

"Senti Dani, facciamo un patto, se tu da oggi in poi pulisci

la nostra spazzola dopo esserti pettinata, io fra qualche gior-

no ti racconto tutto, va bene?"

Dani sbuffa.

"D'accordo."

Poi torna in camera sua. Babi si infila la divisa. Non le avreb-

be mai raccontato nulla, lo sa. Daniela forse avrebbe pulito la

spazzola per i primi giorni, ma poi basta. È più forte di lei.

Raffaella entra nella camera di Babi.

"Ma Pallina ha dormito qui?"

"Sì mamma." >

"E dove?" »

"Nel mio letto." '

"Ma com'è possibile? Quando sono venuta ieri sera a ba-

ciarti c'eri solo tu."

"È arrivata più tardi. Non poteva stare a casa sua perché

la madre faceva una cena."

"E dov'è stata prima?"

"Non lo so."

"Babi, non voglio essere responsabile pure per lei. Pensa

se le fosse accaduto qualcosa e sua madre sapeva invece che

stava qui da me..."

"Hai ragione mamma."

"La prossima volta voglio saperlo in tempo se viene a dor-

mire da noi."

"Ma io te l'ho detto, prima che tu andassi dai Pentesti, non

ti ricordi?"

163

-.> Raffaella rimane un attimo a pensare. ' '...."

; , "No, non me lo ricordo."

Babi le sorride ingenuamente come a dire "e io che ci pos-

so fare?". D'altronde sa perfettamente che non lo potrebbe mai

ricordare. Non gliel'ha mai detto.

"Non vorrei mai avere per figlia una come Pallina. Sempre

in giro di notte a combinare chissà che. Non mi piace quella

ragazza, finirà male, vedrai."

"Ma mamma, non fa niente di male, le piace divertirsi ma

ti assicuro che è buona."

"Lo so, ma preferisco te."

Raffaella le sorride e le fa una carezza sotto il mento, poi

esce dalla stanza. Babi sorride. Sa come prenderla. È un pe-

riodo però che le dice troppe bugie. Si propone di smettere.

Povera Pallina, anche quando non c'entra niente risulta col-

pevole. Decide di perdonarla. Certo, bisogna risolvere il pro-

blema Pollo, ma anche questo a suo tempo. Si infila la gonna.

Si ferma davanti allo specchio, si tira su i capelli, scoprendo-

si il viso, e li trattiene con due piccoli fermagli laterali. Rima-

ne così, a fissarsi, mentre lo Zingaro felice esce dallo stereo. Ba-

bi si accorge di quanto assomiglia a sua madre. No, se anche

sapesse tutto quello che ha combinato, Raffaella non la cam-

bierebbe mai con Pallina, ci sono troppe cose simili fra loro.

È uno di quei rari casi in cui, pur senza saperlo, tutti sono

d'accordo.

Il sole filtra allegro dalla finestra della cucina. Babi finisce

di mangiare i suoi biscotti integrali e beve l'ultimo goccio di

caffellatte che si è lasciata apposta nella tazza. Daniela scava

fino in fondo. Il suo cucchiaino si agita nervoso nella scatola

di plastica di un piccolo budino, cercando di prendere anche

l'ultimo pezzo di cioccolato dispettoso nascosto giù, in quella

fessura. Raffaella ha comprato quasi tutto quello che le è sta-

to scritto sulla lista. Claudio è felice. Forse un oroscopo posi-

tivo, di sicuro il sospirato caffè, che finalmente è riuscito a be-

re. Ha risparmiato anche sulla caffettiera grande.

"Babi, oggi è una giornata bellissima. C'è un sole fuori... e

non deve fare neanche molto freddo. Ne ho parlato prima an-

che con tua madre e siamo d'accordo. Anche se hai preso quel-

la nota... Oggi potete andare in Vespa a scuola!"

"Grazie papa, siete molto carini. Ma sai, dopo il discorso

dell'altro giorno ci ho pensato bene, e forse hai proprio ragio-

ne tu. La mattina andare a scuola insieme io, te e Daniela è di-

ventato quasi un rito, un portafortuna. E poi è un bel momento:

164

possiamo parlare di tutto, iniziare insieme la giornata^ è mol-

to più bello così, no?"

Daniela non crede alle proprie orecchie.

"Babi, ma scusa, andiamo in Vespa. Con papa ci parliamo

sempre, ci possiamo stare la sera a cena, la domenica mattina."

Babi le prende il braccio stringendoglielo con un po' trop-

pa forza.

"Ma no Dani, è meglio così, sul serio, andiamo con lui."

Glielo stringe nuovamente. "E poi ti ricordi che ti ho detto ie-

ri sera, sto poco bene. Dalla prossima settimana magari an-

diamo in Vespa, che farà ancora più caldo." Quell'ultima stret-

ta non le lascia più dubbi. È un messaggio. Daniela è proprio

una ragazza intuitiva, più o meno.

"Sì papa, Babi ha ragione, veniamo con te!"

Claudio beve felice l'ultimo sorso di caffè. È bello avere due

figlie così. Non capita spesso di sentirsi tanto amati.

"Bene ragazze, allora usciamo, se no facciamo tardi a scuo-

la." Claudio va in garage a prendere la macchina mentre Babi

e Daniela si fermano davanti al portone ad aspettarlo.

"Ce l'hai fatta a capire, finalmente! Ma che, ti devo spez-

zare il braccio?"

"Me lo potevi dire subito, no!"

"Che ne so che proprio oggi ci danno il permesso di anda-

re in Vespa?"

"Ma perché non la vuoi usare?"

"Facile, perché non c'è."

"Non c'è la Vespa? E dov'è? Ma non ci sei uscita ieri sera?"

"Sì."

"E allora? Sei finita nel letame pure con la Vespa e l'hai but-

tata?"

"No, l'ho lasciata alla serra, e quando siamo tornati non

c'era più."

"Non ci credo!"

"Credici."

"Non ci voglio credere! La mia Vespa."

"Se è per questo l'hanno regalata a me."

"Sì, ma chi l'ha truccata? Chi ci ha fatto cambiare il col-

lettore? Il prossimo anno papa e mamma ti compreranno la

macchina, e sarebbe diventata mia. Non ci posso credere."

Claudio si ferma lì davanti. Tira giù il finestrino elettrico.

"Babi, ma che fine ha fatto la Vespa? Non c'è in garage."

Daniela chiude gli occhi. Ora ci deve credere per forza.

"Niente papa, l'ho messa dietro nel cortile. Ti da così fasti-

dio nel fare manovra. Penso che sia meglio metterla fuori."

165

"Scherzi, rimettila subito dentro. E se poi te la rubano?

Guarda che io e tua madre non abbiamo intenzione di ricom-

prarvela. Vai subito a metterla dentro, forza. Tieni, queste so-

no le chiavi."

Daniela sale dietro mentre Babi si allontana verso il gara-

ge fìngendo di cercare nel mazzo la chiave giusta. Arrivata nel

cortile Babi si mette a pensare. E ora che faccio? Entro stase-

ra devo ritrovare la Vespa. Se no devo trovare un'altra solu-

zione. Mannaggia a Pallina, è lei che mi ha cacciato in questo

casino, ed è lei che me ne deve tirar fuori. Babi sente il rumo-

re della Mercedes che arriva a marcia indietro. Corre verso il

garage. Si china sulla serranda. Appena in tempo. La Merce-

des sbuca da dietro l'angolo e si ferma lì davanti. Babi fìnge di

chiudere il garage e si dirige sorridendo verso la macchina.

"Fatto, l'ho messa a posto." Babi si ritiene un mimo perfetto,

ma forse è meglio ritrovare la Vespa al più presto. Mentre sa-

le m macchina si sente come osservata. Guarda in alto. Ha

ragione.

Il ragazzo che abita al secondo piano è affacciato. Deve aver

visto tutto. Cioè, in realtà non ha visto niente, proprio per que-

sto ha quell'aria così perplessa. Lei gli sorride cercando di ras-

sicurarlo. Lui ricambia, ma si capisce perfettamente che qual-

cosa non gli è chiaro.

La Mercedes si allontana. Babi restituisce le chiavi al pa-

dre e gli sorride.

"L'hai attaccata bene al muro?"

"Attaccatissima. Non ti può dare fastidio." Babi si volta ver-

so Daniela. È seduta con le braccia conserte. È nera.

"Dai Dani, in Vespa ci andiamo la prossima settimana a

scuola!"

"Lo spero proprio."

La Mercedes si ferma all'uscita del comprensorio davanti

alla sbarra che lentamente comincia ad alzarsi. Claudio salu-

ta il portiere che gli fa segno di fermarsi un attimo. Esce dal-

la guardiola con un pacchetto in mano.

"Buongiorno dottore, mi scusi, hanno lasciato questo pac-

chetto per Babi."

Babi lo prende incuriosita. La Mercedes riparte dolcemente,

mentre il finestrino si richiude. Daniela si sporge in avanti spin-

ta dalla curiosità. Anche Claudio sbircia per vedere cosa sia.

Babi sorride.

"Chi ne vuole un pezzo? È un cornetto al cioccolato di Laz-

zareschi."

Babi spezza il cornetto con le mani. F *>

166

"Papa?" Claudio scuote la testa.

"Dani?"

"No grazie." Forse sperava che in quel pacchetto ci fosse-

ro notizie della "loro Vespa".

"Meglio così, me lo mangio tutto io. Non sapete cosa vi per-

dete..." Pallina è proprio un tesoro, sa sempre come farsi per-

donare. Ora deve solo ritrovarle la Vespa entro le otto.

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167

27.

All'entrata della scuola le ragazze chiacchierano allegre

aspettando il suono della campanella. Babi e Daniela scendo-

no dalla macchina e salutano il padre. La Mercedes si allonta-

na nel traffico di piazza Euclide. Subito un gruppo di ragazze

corre verso di loro.

"Babi, ma è vero che ieri sei stata alla serra e hai fatto la

camomilla?"

"È vero che sei fuggita inseguita dalla municipale?"

"Un vigile ti ha preso per i capelli, Step l'ha sbattuto a ter-

ra e siete scappati sulla sua moto?"

"È vero che sono morti due ragazzi?" Daniela ascolta sba-

lordita. La Vespa non è andata sacrificata inutilmente. Quella

è vera gloria. Babi non crede alle sue orecchie. Come fanno a

sapere già tutto? Non proprio tutto. La storia del letame per

fortuna è rimasta segreta. Il suono della campanella la salva.

Mentre sale le scale risponde vaga ad alcune domande delle

amiche più simpatiche. Ormai è fatta. Quel giorno è una cele-

brità. Daniela la saluta con affetto.

"Ciao Babi, ci vediamo a ricreazione!" Incredibile. Da

quando vanno a scuola insieme non gliel'ha mai detto. Guar-

da Daniela allontanarsi circondata da alcune amiche. Tutte

le camminano intorno facendole mille domande. Anche lei

sta godendo del suo momento di notorietà. È giusto, in fon-

do ci ha rimesso le Superga. Spera solo che non racconti del

letame.

Un giovane prete venuto da una parrocchia lì vicino siede

alla cattedra. È la prima ora, quella di religione. Il divertimento

preferito di tutte è quello di metterlo in difficoltà con doman-

de sul sesso e sui rapporti prematrimoniali. Narrano disinibi-

te esempi precisi e fatti accaduti a delle tremende e fantoma-

tiche amiche, che quasi sempre, poi, sono loro stesse. Pratica-

mente quell'ora di religione si è trasformata in una vera e pro-

168

pria ora di educazione sessuale, unica materia nella quale tut-

te avrebbero preso la sufficienza piena.

Il prete tenta di schivare una domanda ben precisa sulla

sua vita privata prima di prendere i voti. Apre la Bibbia tron-

cando così il grande interesse che si è creato intorno ai suoi

improbabili peccati. Babi sfoglia il diario. La prossima ora è

greco.

La Giacci interroga. Si sta per chiudere l'ultimo trimestre

prima degli esami di maturità. Con l'uscita delle materie non

ci sarebbero state più interrogazioni. Controlla i pallini. Ne

mancano solo tre per completare il giro. Sarebbero state loro

le "fortunate". Babi legge i nomi. C'è di nuovo Festa. Poverac-

cia. Bella settimana sul serio. Babi si gira verso di lei. Sta con

le mani sulle guance e guarda avanti. Babi la chiama con un

bisbiglio. Silvia se ne accorge.

"Che c'è?"

"Guarda che la Giacci oggi ti interroga in greco."

"Lo so." Silvia abbozza un sorriso, poi prende dalla schie-

na della compagna davanti il libro che ci ha poggiato. È quel-

lo di grammatica greca. "Sto ripassando." Babi le sorride. Per

quello che avrebbe potuto servirle. Forse era meglio se avesse

seguito l'ora di religione. In realtà solo un miracolo avrebbe

potuto salvarla. La campanella suona. Il giovane prete si al-

lontana. Porta via con sé una valigetta di pelle morbida scura

e anche gli ultimi dubbi. La sua camminata è una sincera con-

fessione. Se da giovane ha commesso peccati, loro, le ragazze

in generale, non hanno avuto colpa.

"Ciao Babi!" Y

"Pallina! Come stai?" i

Pallina posa la borsa con i libri sul banco di Babi. >

"Bene, con un litro di sangue in meno!" v

"È vero. Come sono andate le analisi?" *

Pallina si arrotola la camicia azzurra della divisa mostrando

il suo pallido braccio. "Guarda qui!" Le indica un cerotto dal-

la punta leggermente colorata, arrossata di sangue.

"Questo non è niente. Non sai quel medico per trovarmi la

vena. Due ore. Mi ha punzecchiato tutto intorno e giù pizzicotti

sul braccio, dice lui per farmi uscire la vena. Secondo me solo

per farmi male, mi odia. Mi ha sempre odiato quel dottore. Poi

ha iniziato a parlare che non la smetteva più. Classico per non

farti pensare alla siringa. Mi dice che ho delle vene regali, il san-

gue blu, che devo essere una principessa! E poi tà! Mi infila a

tradimento tutto quell'ago nel braccio. Ma gliel'ho fatta vedere

io la principessa. Gli ho sparato un 'Porca puttana'..."

169

"Pallina!"

"Tu sei più gentile. Mia madre mi ha dato uno schiaffo sul-

la bocca... Non so se mi ha fatto più male lei o quel dottore.

Che poi io li odio, quando provi quella paura da dolore fisico

vuoi solo silenzio intorno a te, ma quelli mica lo capiscono.

Pensa che quando uscivamo ha fatto una battutaccia a mia ma-

dre." Pallina ne imita il tono. "'Una cosa è sicura signora, con

quelle vene sua figlia diffìcilmente riuscirà a drogarsi.' Pessi-

mo, roba da vomito. L'unica cosa positiva di tutto questo è sta-

to che dopo mia madre mi ha portato a fare colazione all'Eu-

clide. Mi sono fatta un maritozzo con la panna da favola! A

proposito, hai ricevuto il mio pacchetto?"

"Sì, grazie!"

"No, perché quel tuo portiere ha la faccia di uno che deve

sempre sapere che c'è nel pacchetto che lasci. È peggio di una

macchina a raggi x... Si vede che sono ancora sconvolta dalle

analisi, eh?"

"Abbastanza."

"Allora non se l'è mangiato lui il cornetto di Lazzareschi?"

"No" dice Babi sorridendo.

"Sono stata perdonata?"

I "Quasi."

"Come quasi? Che, te ne dovevo lasciare due?"

"No, devi ritrovarmi la Vespa entro le otto."

"La tua Vespa? E come faccio? Chissà dov'è finita. Chi ce

l'ha? Chi l'ha presa? Che ne posso sapere io?"

"Che ne so? Tu sai sempre tutto. Sei ben introdotta nel-

l'ambiente. Sei la 'donna' di Pollo. Una cosa è certa, quando

mio padre stasera torna alle otto la Vespa dev'essere in gara-

gè..."

"Lombardi!" La Giacci è sulla porta. "Vada al suo posto per

favore."

"Sì, mi scusi professoressa, sto facendomi dire che cosa

hanno fatto nell'ora di religione."

"Ne dubito... Comunque si vada a sedere lo stesso." La Giac-

ci va alla cattedra. Pallina prende la borsa dei libri.

Babi la ferma. "Ho un'idea. Non c'è più bisogno di trovare

la mia Vespa, almeno non subito."

Pallina sorride.

"Meno male. Era impossibile! Però come fai? Quando tuo

padre ritorna e non trova la Vespa in garage che gli dici?"

"Ma mio padre troverà la Vespa in garage."

"E come?"

"Facile, ci mettiamo la tua." << »Wi»w «.--t/v -vxj >i -

170

"La mia Vespa?" ,,- ' $ , C

"Ma certo, per mio padre sono identiche, aoa se ne accor-

gerà mai." - j , *

"Sì ma io come..." , <

"Lombardi!"

Pallina non fa in tempo a ribattere.

"Questa lezione di religione dev'essere stata interessantis-

sima. Venga intanto qui e mi faccia vedere la sua giustifica-

zione." Pallina si mette la borsa sulle spalle e lancia un'ultima

occhiata a Babi.

"Ne parliamo dopo."

Pallina va alla cattedra. Tira fuori il diario e lo apre alla pa-

gina delle giustificazioni. La Giacci glielo toglie dalle mani. Lo

legge e lo controfirma.

"Ah, bene, ha fatto delle analisi, eh? A lei dovrebbero fare

una trasfusione di cultura. Altro che prelievi del sangue."

La Catinelli da brava secchiona leccaculo ride a quella bat-

tuta. Ma è talmente scadente che perfino la Giacci rimane in-

fastidita da quel fìnto divertimento.

"Oh, c'è qualcun altro che deve farmi vedere il suo diario

firmato." La Giacci guarda ironica verso Babi. "Vero Gervasi?"

Babi le porta il diario già aperto alla nota firmata. La Giac-

ci lo controlla.

"Be', cos'ha detto sua madre?"

"Mi ha messo in punizione." Non è vero, ma tanto vale dar-

gliela vinta del tutto.

Infatti la Giacci abbocca in pieno.

"Ha fatto bene." Poi si rivolge alla classe: "È importante

che i vostri genitori sappiano apprezzare il lavoro svolto da noi

professori e lo appoggino in pieno". Su per giù tutte annui-

scono. "Sua madre, Gervasi, è una donna molto comprensiva.

Sa benissimo che quello che faccio, lo faccio solo per il suo be-

ne. Tenga." Le riconsegna il diario. Babi torna al suo posto.

Strano modo di volermi bene, un due in latino e una nota. E

se mi odiava che faceva? La Giacci tira fuori dalla sua vecchia

borsa in pelle scamosciata i compiti di greco piegati a metà.

Si aprono spavaldi e fruscianti sulla cattedra spandendo

nella classe il magico dubbio di aver almeno raggiunto la suf-

ficienza.

"Vi annuncio che è stata una carneficina. Dovete solo spe-

rare che non esca greco alla maturità." Tutte sono tranquille.

Sanno già la materia: latino. Tutte fanno finta di non saperlo.

In realtà quella sarebbe potuta essere benissimo una classe di

attrici. Ruoli drammatici, a giudicare dal momento. tv

171

"Bartoli, tre. Simoni, tre. Mareschi, quattro." Una dopo l'al-

tra le ragazze vanno alla cattedra a ritirare il loro compito in

silenziosa rassegnazione.

"Alessandri, quattro. Bandini, quattro più." C'è una specie

di processione funebre. Tutte tornano a posto e riaprono su-

bito il compito cercando di capire la ragione di tutti quei se-

gni rossi. È un lavoro per lo più inutile, proprio come il loro

tentativo di traduzione andato male.

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