"Sbardelli, quattro e mezzo." Una ragazza si alza facendo

un segno di vittoria. In effetti per lei lo è. Era abbonata al quat-

tro. Quel mezzo voto in più è un vero e proprio traguardo.

"Carli, cinque." Una ragazza pallida, con gli occhiali spes-

si e i capelli unti, da sempre abituata al sette, sbianca. Si alza

dal banco e procede con passo lento verso la cattedra chie-

dendosi cosa possa aver sbagliato. Un brivido di gioia percor-

re i banchi. È una delle secchione della classe, e non passa mai

un compito.

"E vai!" le sussurra Pallina quando la poveraccia le sfila ac-

canto. La Giacci consegna il compito a Carli. Sembra sincera-

mente dispiaciuta.

"Che ti è successo? Forse stavi poco bene? Oppure questa

classe di analfabete è riuscita a contagiare anche te?"

La ragazza abbozza un sorriso. E con un debole "Sì, non

mi sentivo granché" torna al posto. Una cosa è sicura. Ora sta

veramente male. Lei, la Carli. Quella delle versioni impossi-

bili, prendere cinque. Apre il compito. Lo rilegge rapidamen-

te, trova subito il tragico errore. Sbatte il pugno sul banco.

Come ha fatto a confondersi? Si porta le mani tra i capelli sin-

ceramente disperata. La felicità della classe tocca vertici in-

credibili.

"Benucci, cinque e mezzo. Salvetti, sei." È andata. Quelle

della classe che ancora non hanno ritirato il compito fanno un

sospiro. Ormai è la sufficienza assicurata. La Giacci consegna

i compiti in ordine crescente, prima i voti peggiori poi lenta-

mente sale fino alla sufficienza e ai vari sette e otto. Lì si fer-

ma. Non ha mai messo di più. E anche l'otto è un evento nien-

te male.

"Marini, sei. Ricci, sei e mezzo." Alcune ragazze aspet-

tano tranquille il loro voto, abituate e trovarsi nella zona al-

ta della classifica. Ma per Pallina questo è un vero e proprio

miracolo. Non crede alle sue orecchie. Ricci sei e mezzo?

Quindi ha preso almeno quel voto, se non di più. Si imma-

gina tornare da sua madre a pranzo e dirle "Mamma ho pre-

so sette in greco". Sarebbe svenuta. L'ultima volta che ha pre-

172

so un sette è stato in storia, su Colombo. Cristoforo le piace

un casino, fin da quando ha visto una foto su un libro che lo

ritraeva con una bandana rossa al collo. Un vero capo. Viag-

giatore, deciso, uomo di poche parole. E poi, bene o male, il

primo ad andare in America. È lui che ha lanciato la moda

degli States. A pensarci bene c'è anche una vaga somiglian-

zà fra lui e Pollo.

"Gervasi, sette." Pallina sorride felice per l'amica.

"Vai Babi." Babi si gira verso di lei e la saluta. Una volta

tanto non deve essere dispiaciuta di aver preso più di Pallina.

"Lombardi." Pallina salta fuori dal banco e si dirige veloce

verso la cattedra. È euforica. Ormai è almeno un sette.

"Lombardi, quattro." Pallina rimane senza parole.

"Il tuo compito deve essermi finito per sbaglio fra questi"

si scusa la Giacci sorridendo. Pallina prende il suo compito e

torna affranta al banco. Per un attimo ci ha creduto. Come sa-

rebbe stato bello prendere sette. Si siede. La Giacci la guarda

sorridendo, poi riprende a leggere i voti degli ultimi compiti.

L'ha fatto apposta quella stronza. Pallina ne è sicura. Per la rab-

bia gli occhi le si riempiono di lacrime. Cavoli, come ha fatto

a cascarci? Sette in una versione di greco, è impossibile. Do-

veva capirlo subito che c'era sotto qualcosa. Sente un bisbiglio

a destra. Si gira. È Babi. Pallina cerca di sorridere con scarso

risultato. Poi tira su col naso. Babi le mostra un fazzoletto. Pal-

lina annuisce. Babi lo annoda e glielo lancia. Pallina lo pren-

de al volo. Babi si sporge verso di lei.

"Piagnona! Dovresti fare la camomilla. Dopo, tutto il resto

ti sembra una cretinata."

Pallina scoppia a ridere di gusto. La Giacci la guarda infa-

stidita. Pallina alza la mano per scusarsi, poi si soffia il naso e

approfittando del fazzoletto davanti al viso alza il medio. Qual-

che ragazza intorno a lei se ne accorge e ride divertita.

La Giacci sbatte il pugno sulla cattedra.

"Silenzio! Ora interrogo."

Apre il registro.

"Salvetti e Ricci."

Le due ragazze vanno alla cattedra, consegnano i quader-

ni e aspettano al muro pronte a essere fucilate di domande. La

Giacci guarda di nuovo il registro. "Servanti." Francesca Ser-

vanti si alza dal banco sbalordita. Quel giorno non toccava pro-

prio a lei. Doveva interrogare Salvetti, Ricci e Festa. Lo sape-

vano tutte. Va in silenzio alla cattedra e consegna il quaderno

cercando di nascondere la sua disperazione. In realtà è abba-

stanza evidente. È del tutto impreparata. La Giacci raccoglie i

173

quaderni, li mette uno sull'altro pareggiandone i bordi con tut-

te e due le mani.

"Bene, con voi finisco il giro di interrogazioni, poi spero di

mettere da parte greco. Studieremo di più latino. Be', ve lo vo-

glio dire. Quasi sicuramente sarà questa la materia che uscirà... "

Bella scoperta, pensa la maggior parte della classe dentro

di sé. Solo una ragazza ha un altro pensiero. Silvia Festa. Co-

me mai la Giacci non l'ha chiamata? Perché non è stata inter-

rogata lei, al posto della Servanti, come sarebbe stato giusto?

Forse la Giacci sta progettando qualcosa per lei? Eppure la sua

situazione non è delle migliori. Ha già due cinque e non è pro-

prio il caso di peggiorarla. D'altronde la professoressa non può

mica essersi sbagliata. La Giacci non sbaglia mai. Questa è una

delle regole d'oro della Falconieri.

Silvia Festa ha bisogno della sua terza interrogazione, che

oltretutto le spetta. Richiama senza farsi vedere l'attenzione di

Babi.

"Mi dispiace, non so che dirti. Anche per me dovevi essere

interrogata tu."

"Che vuoi dire? Che si è sbagliata la Giacci?"

"Forse. Ma sai com'è fatta. Meglio non dirglielo."

"Sì, ma senza dirglielo non mi ammettono agli esami."

Babi allarga le braccia. "Non so che fare..." Le dispiace sul

serio. Comincia l'interrogazione. Silvia si agita nervosa al suo

banco. Non sa come comportarsi. Alla fine decide di interve-

nire. Alza la mano. La Giacci la vede.

"Sì Festa, che c'è?"

"Mi scusi professoressa. Non voglio disturbarla. Ma credo

che a me manchi la terza interrogazione." Festa sorride cer-

cando di far passare inosservato il fatto che così la sta accu-

sando di aver sbagliato. La Giacci sbuffa.

"Vediamo subito." Prende due quaderni per aiutarsi nella

ricerca. Sembra quasi che giochi a battaglia navale. Ma sul re-

gistro.

"Festa... Festa... Eccola qua: interrogata il diciotto marzo,

e naturalmente è un meno. Soddisfatta? Anzi," controlla gli al-

tri voti, "non so se verrai ammessa agli esami."

Un flebile "grazie" esce dalla bocca di Silvia. Praticamen-

te è stata affondata. La Giacci con aria di sufficienza rico-

mincia a interrogare. Babi ricontrolla il diario. Diciotto mar-

zo. Infatti proprio la data in cui è stata interrogata Servanti.

Non ci sono dubbi. La Giacci deve essersi sbagliata. Ma come

può provarlo? È la sua parola contro quella della professo-

ressa. Come a dire un'altra nota. Povera Festa, è proprio sfi-

174

gata. Così finisce sul serio che si gioca l'anno. Apre i fogli del-

le altre materie. Diciotto marzo. È un giovedì. Controlla an-

che le altre lezioni. Che strano però, quel giorno Festa non è

stata interrogata in nessuna materia. Forse è solo un caso, o

forse no. Si sporge dal banco.

"Silvia."

"Che c'è?" Festa ha l'aria distrutta. Non ha tutti i torti, po-

veraccia. < ?-' -A -- < , *

"Mi passi il tuo diario?" '">'- ' 'X"> i->'I 'ib-xMtviq

"Perché?" * '>«^\ . »4»,«^ ,t jt;f,.(r j, .«i

"Devo vedere una cosa." «->* ' * .o.t'sv/'Kv »iu/

"Che cosa?" sfitti ^jìjr"Mii*!<>b

"Dopo te lo dico... Passamelo, dai."

Per un attimo una flebile luce di speranza si riaccende ne-

gli occhi di Silvia. Le passa il diario. Babi l'apre. Va alle ulti-

me pagine. Silvia la guarda speranzosa. Babi sorride. Si gira

verso di lei e le restituisce il diario. "Sei fortunata!" Silvia ab-

bozza un sorriso. Non ne è poi così sicura.

Improvvisamente Babi alza la mano. <*

"Scusi professoressa..."

La Giacci si gira verso di lei. -*

"Cosa c'è Gervasi? Anche tu non sei stata interrogata? Og-

gi siete proprio noiose, eh ragazze...! Forza, che c'è?"

Babi si alza. Rimane per un attimo in silenzio. Gli occhi

della classe sono puntati su di lei. Soprattutto quelli di Silvia.

Babi guarda Pallina. Anche lei, come le altre, aspetta curiosa.

Le sorride. In fondo è giusto farlo. La Giacci ha messo appo-

sta il compito di Pallina fra quelli con il sette.

"Le volevo dire, professoressa, che lei ha sbagliato."

Un mormorio generale inonda la classe. Le ragazze sem-

brano impazzite. Babi è tranquilla.

La Giacci diventa rossa di rabbia, poi si controlla.

"Silenzio! Ah sì Gervasi, e in cosa?"

"Lei il diciotto marzo non può aver interrogato Silvia

Festa."

"Come no, è scritto qua, sul mio registro. Lo vuole vedere?

Eccolo qua, diciotto marzo, meno a Silvia Festa. Comincio a

pensare che a lei piacciano le note."

"Quel voto è di Francesca Servanti. Ha sbagliato a scrive-

re e l'ha messo a Festa."

La Giacci sembra esplodere di rabbia.

"Ah sì? Be', lo so che lei segna tutto sul suo diario. Ma è la

sua parola contro la mia. E se io dico che quel giorno ho in-

terrogato Festa vuoi dire che è così."

175

"E invece io dico di no. Lei ha sbagliato. Il diciotto marzo

non può aver interrogato Silvia Festa."

"Ah sì? E perché?"

"Perché quel giorno Silvia Festa era assente."

La Giacci sbianca. Prende il registro generale e comincia

a sfogliarlo all'indietro, come impazzita. Venti, diciannove, di-

ciotto marzo. Controlla frenetica le assenze. Benucci, Marini

e poi eccola lì. La Giacci si accascia sulla sedia. Non crede ai

propri occhi. Festa. Quel cognome scritto dalla sua stessa ma-

no stampato a lettere di fuoco. La sua vergogna. Il suo errore.

Non serve altro. La Giacci guarda Babi. È distrutta. Babi si sie-

de lentamente. Tutte le compagne si girano a turno verso di lei.

Un bisbiglio generale sale piano piano nella classe.

"Brava, brava Babi, brava." Babi fa finta di non sentire. Ma

quel lento sussurrare arriva alle orecchie della Giacci, quelle

parole come terribili aghi di ghiaccio la colpiscono fredde, pun-

genti come il peso di quella sconfitta. La figuracela davanti al-

la classe. La sua classe. E poi quelle frasi che le escono così pe-

santi e faticose, il sottolineare l'errore.

"Servanti vada a posto. Venga Festa." Babi abbassa gli oc-

chi sul banco. Giustizia è fatta. Poi lentamente alza il viso.

Guarda Pallina. I loro sguardi si incrociano e mille parole vo-

lano silenziose fra quei banchi. Da oggi anche la Giacci può

sbagliare. La leggendaria regola d'oro si frantuma. Cade giù,

sgretolandosi in migliaia di pezzi come un fragile cristallo sfug-

gito dalle mani di un'inesperta e giovane cameriera. Ma Babi

non vede nessuna padrona sgridarla. Dovunque si giri, solo gli

occhi felici delle sue compagne, orgogliose e divertite del suo

coraggio. Poi guarda più lontano. E quello che vede le fa pau-

ra. La Giacci è lì che la fissa. Il suo sguardo, privo di espres-

sione, ha la durezza di una pietra grigia sulla quale è stata scol-

pita con fatica la parola odio. Per un attimo Babi rimpiange di

non aver avuto torto. ,

28.

<<-), -

Mezzogiorno. Step con una felpa e un paio di calzoncini

entra in cucina per fare colazione.

"Buongiorno Maria."

"Buongiorno." Maria smette subito di lavare i piatti. Sa che

a Step da fastidio quel rumore appena alzato. Step toglie dal

fuoco la caffettiera e il pentolino del latte e si siede a tavola

quando il campanello comincia a suonare. Sembra impazzito.

Step si porta la mano sulla fronte.

"Ma chi ca..."

Maria con dei piccoli passi veloci corre verso la porta.

"Chi è?"

"Sono Pollo! Mi apre per favore?"

Maria, memore del giorno prima, si gira verso Step con

aria interrogativa. Step annuisce con la testa. Maria apre la

porta. Pollo entra di corsa. Step è lì davanti che si versa il

caffè.

"Oh Step, non sai che mito! Una favola, una ficata!"

Step alza il sopracciglio.

"Mi hai portato i tramezzini?"

"No, quelli non te li porto più visto che non sai apprezza-

re. Guarda." Gli mostra "II Messaggero".

"Il giornale già ce l'ho," alza dal tavolo "la Repubblica", "me

l'ha portato Maria. Piuttosto, non l'hai neanche salutata."

Pollo si gira verso di lei, insofferente.

"'Ngiorno Maria." Poi apre il giornale e lo posa sul tavolo.

"Hai visto? Guarda che foto da urlo! Un mito... Sei sul gior-

nale..."

Step mette la mano sulla pagina della Cronaca di Roma. È

vero. Eccolo lì. C'è lui sulla moto con Babi dietro mentre pin-

nano davanti ai fotografi. Perfettamente riconoscibili: per for-

tuna sono stati fotografati da davanti. La targa non si vede,

sennò sarebbero stati cavoli amari. C'è tutto l'articolo. Le ga-

177

re, alcuni nomi dei fermati, la sorpresa della polizia, la de-

scrizione della sua fuga.

"Hai letto? Sei un mito Step! Sei famoso ormai! Cazzo, ce

l'avessi io un articolo così."

Step gli sorride.

"Tu non pinni come me. Oh, è proprio una bella foto! Hai

visto Babi, come sta bene?"

Pollo annuisce scocciato. Babi non è proprio quello che si

dice il suo ideale di donna. Step alza il giornale con tutte e due

le mani e guarda estasiato la fotografìa.

"Certo che la mia moto è proprio bella!" esclama mentre si

chiede se Babi ha già visto quella foto. Sicuramente no. "Pol-

lo, mi devi accompagnare in un posto. Tieni, prenditi un po' di

caffè mentre mi faccio la doccia." Step va di là. Pollo si siede

al suo posto. Guarda la foto. Comincia a rileggere l'articolo.

Prende la tazza e la porta alla bocca. Che schifo! È vero: Step

prende il caffè senza zucchero. La voce di Step arriva attutila

e bagnata da sotto la doccia.

"A che ora chiudono i negozi?" Pollo mette il terzo cuc-

chiaino di zucchero nel caffè. Poi guarda l'orologio.

"Fra meno di un'ora."

"Cazzo, dobbiamo sbrigarci." Pollo assaggia il caffè. Ora sì

che va. Si accende una sigaretta. Step compare sulla porta. Ha

addosso un accappatoio, e con un piccolo asciugamano si fri-

ziona forte i capelli. Si avvicina a Pollo e guarda di nuovo la

foto.

"Che effetto fa essere l'amico di un mito?"

"Mo' non esagerare."

Step gli prende la tazza dalle mani e beve un sorso di caffè.

"Che schifo! Ma come fai a berlo così dolce? È terribile! Ci cre-

do che poi sei grasso! Ma quanti cucchiaini ci hai messo?"

"Io non sono grasso. Sono un falso magro."

"Oh, Pollo, adesso che ti sei fidanzato devi tornare in pa-

lestra, fumare di meno, stare a dieta. Guarda che quella ti la-

scia sennò! Le donne sono terribili, ti adagi un attimo e sei fi-

nito. Ora poi, dopo questa mia foto, minimo devi andare pure

tu sul giornale."

"Guarda che io già ci sono uscito sul giornale, e prima di

te. Con gli irriducibili. C'ho un primo piano da urlo con la fa-

scia in fronte e le braccia alzate, da 'capo della curva'."

"Ma tu non capisci, il tifoso oggi non va più. Ora è di mo-

da il malandrò, il teppista... Vedi, infatti hanno fatto il servizio

su di me. Oh, secondo te gli posso chiedere qualche soldo al

'Messaggero'? Sfruttamento di immagine, no?" Step va a ve-

178

stirsi. Pollo finisce di bere il caffè. Poi si alza e si passa la ma-

no sulla pancia. Step ha ragione. Da lunedì ricomincerà ad an-

dare in palestra. Non si sa perché, ma quasi tutto il mondo ri-

comincia da lunedì.

Pollo è in viale Angelico, sulla sua moto ferma, poggiata

sul cavalietto laterale. Step monta al volo dietro di lui.

"Vai... Oh, Pollo, vai piano, che l'ho messo in mezzo a noi."

"Quanto ti hanno fatto pagare?"

"Ventidue euro." -,_,., . *-i,

"Mortacci. Dove dobbiamo andare adesso?" " ,,. '-

"A piazza Jacini." , t

"A fare che?" »- - "»

"Babi abita là." ^

"Ma dai! E non l'avevi mai vista?" .i <. , - . , -v

"Mai." , "

"Strana la vita, no?"

"Perché?"

"Be', prima una non la vedi mai, e poi cominci a vederla

tutti i giorni."

"Sì, strana."

"Poi ancora più strana se dopo che cominci a vederla tut-

ti i giorni le fai pure i regaietti."

Step da un cinquino sul collo scoperto di Pollo.

"Ahia!"

"Hai finito? Sembri uno di quei tassisti rompicoglioni che

non smettono mai di parlare quando ti portano in un posto e

ti fanno un casino di domande. Ti manca solo la radio grac-

chiante, e poi sei uguale."

Pollo comincia a guidare allegramente e imita la radio dei

taxi.

"Csss piazza Jacini per Pollo 40, piazza Jacini per Pollo 40."

Step gli da un'altra pacca. Poi comincia a riempirlo di schiaf-

fi a mano aperta in faccia, sulle guance, sulla fronte. Pollo con-

tinua a fare la radio del taxi urlando a squarciagola.

"Piazza Jacini a Pollo 40, piazza Jacini a Pollo 40." Conti-

nuano così ridendo e urlando, procedendo a zigzag nel traffi-

co con tutte le macchine intorno che frenano preoccupate. Si

avvicinano a un vero taxi. Pollo gli urla dentro il finestrino:

"Piazza Jacini a Pollo 40". Il tassinaro si prende un colpo

ma non dice nulla. La moto si allontana. Il tassista alza la ma-

no indicandoli e scuotendo la testa. Si capisce perfettamente

che il suo idolo al massimo può essere Sordi, e non certo De

Niro. Step e Pollo passano vicino a una vigilessa. La sfiorano

179

r

quasi, sorridendole, toccandole il bordo della gonna. Pollo ti-

ra fuori perfino la lingua. Lei non prova neanche a prendere

la targa. Cosa potrebbe scrivere sulla multa? Il codice strada-

le non punisce i tentativi di rimorchio, anche se pesanti come

quelli.

"Piazza Jacini a Pollo 40, arrivati!" La moto di Pollo si fer-

ma rombando davanti alla sbarra del comprensorio di Babi.

Step saluta il portiere che ricambia e li lascia passare. La

moto sale lungo la salita. Il portiere guarda quei due energu-

meni leggermente perplesso. Pollo si gira verso Step.

"Allora sei già venuto qui, il portiere ti ha riconosciuto."

"Mai. I portieri sono tutti così, basta che li saluti e quelli ti

fanno passare! Fermati qua e aspettami." Step salta giù dalla

moto.

Pollo da gas e la spegne. "Sbrigati, il coso dei pagamenti

scorre..."

"Tassametro."

"Va be', come cazzo si chiama, si chiama. Muoviti. Sennò

me ne vado."

Step, al citofono, trova il cognome e suona.

"Chi è?"

"Devo consegnare un pacco per Babi."

"Primo piano."

Step sale. Una cameriera grassa è sulla porta.

"Buongiorno: tenga, devo lasciare questo per Babi. Stia at-

tenta che si rovina." Una voce arriva dal fondo del corridoio.

"Chi è, Rina?"

"Un ragazzo ha portato una cosa per Babi." Raffaella avan-

za guardando quel ragazzo sulla porta. Spalle larghe, capelli

corti, quel sorriso. L'ha già visto, ma non si ricorda dove.

"Buongiorno signora. Come sta? Ho portato questo per Ba-

bi, è una sciocchezza. Glielo può dare quando torna da scuola?"

Raffaella sta ancora sorridendo. Poi a un tratto realizza.

Non sorride più.

"Tu sei quello della capocciata al signor Accado. Sei Stefa-

no Mancini."

Step rimane sorpreso.

"Non credevo di essere così famoso."

"Infatti non sei famoso. Sei solo un mascalzone. I tuoi san-

no quello che è successo?"

"Perché, che è successo?"

"Sei stato denunciato."

"Oh, non fa niente. Sono abituato." Sorride. "E poi sono

orfano." . > ft -.' v-u- » » *, » »««

180

Raffaella rimane per un attimo imbarazzata. Non sa se cre-

derci o no. Fa bene.

"Be', comunque non voglio che tu giri intorno a mia figlia."

"Veramente è lei che viene sempre dove sono io. Ma non fa

niente, a me non da fastidio. Mi raccomando, non la sgridi,

non se lo merita, io la capisco."

"Io no." Raffaella lo squadra dalla testa ai piedi cercando

di farlo sentire in imbarazzo. Non ci riesce. Step sorride.

"Non so perché, ma non piaccio mai alle madri. Be', mi

scusi signora, ma ora devo proprio andare. C'ho il taxi che mi

aspetta. Sto spendendo una cifra." Step scende perle scale, sal-

ta gli ultimi gradini proprio in tempo per sentire la porta sbat-

tere con forza. Come assomiglia a Babi, quella signora. È im-

pressionante. Ha lo stesso taglio di occhi, la forma del viso. Ma

Babi è più bella. Spera che sia anche meno incazzosa. Si ri-

corda l'ultima volta che si sono visti. No, si somigliano anche

in quello. Per un attimo desidera rivederla. Pollo si attacca al

clacson.

"Oh, ti vuoi muovere? Che cazzo fai, ti sei incantato?"

Step sale dietro di lui.

"È possibile che fai schifo pure come tassinaro?"

"Mortacci tua. È un'ora che aspetto. Ma che hai fatto?"

"Ho parlato con la madre." A Step improvvisamente viene

un pensiero. Alza la testa. Infatti, proprio come prevedeva. Raf-

faella è lì, affacciata alla finestra. Lei fa uno scatto indietro ten-

tando di rientrare. Troppo tardi. Step l'ha vista. Lui le sorride

salutandola. Raffaella chiude la finestra con forza mentre la

moto sparisce dietro la curva. Pollo si ferma davanti alla sbar-

ra. Step saluta il portiere. È meglio farsi amico qualcuno in

quel comprensorio.

"Hai parlato con la madre? E che le hai detto?"

"Ma niente, abbiamo avuto una piccola discussione. In

realtà mi adora."

"Step, stai attento."

"A cosa?"

"A tutto! Questa è la classica storia che va a finire male."

"Perché?"

"Tu che porti regali... parli con la madre. Non l'hai mai fat-

to. Ma ti piace proprio sta Babi?"

"Non è male."

"E Madda?"

"Ma che c'entra Madda. Quella è un'altra storia."

"Ma che, ti vuoi mettere con Babi?"

"Pollo!..." ,-,.».,,

m

"Che c'è?"

"Hai saputo che ieri hanno ammazzato uno vicino a casa

tua?"

, "Ma che stai dicendo? Non ne so niente. Com'è successo?"

i "Gli hanno tagliato la gola." Step mette al volo il braccio

intorno al collo di Pollo e glielo stringe.

"Era un tassista e faceva troppe domande."

Pollo tenta di liberarsi dalla stretta. È inutile. Allora la but-

ta sullo scherzo e rifa la voce gracchiante della radio.

"Pollo 40, messaggio ricevuto. Csss. Pollo 40, messaggio ri-

cevuto." Ma non gli viene bene come prima. Ora la voce è un

po' troppo strozzata.

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-3.- **

Che faccia da schiaffi quel ragazzo. Raffaella apre quello

strano tubo. Un poster. Riconosce Stefano su una moto con la

ruota alzata. Ma quella dietro è sua figlia. È Babi. Chi ha fat-

to quella foto? È un po' sgranata. Sembra la foto di un gior-

nale. Sulla sinistra in alto c'è una scritta fatta a mano con un

pennarello: "Mitica coppia!". Sicuramente è di quel ragazzo.

Invece in basso a destra c'è una scritta stampata: "La foto dei

fuggitivi". Che vuoi dire?

"Signora, c'è suo marito al telefono."

"Pronto, Claudio?"

"Raffaella!" Sembra sconvolto. "Hai visto 11 Messaggero'

di oggi? Nella Cronaca di Roma c'è la foto di Babi..."

"No non l'ho visto. Vado subito a prenderlo."

"Pronto? Raffaella?" Sua moglie ha già attaccato. Claudio

guarda la cornetta muta. Sua moglie non gli da mai il tempo

di finire di parlare. Raffaella scende di corsa dal giornalaio sot-

to casa. Prende "II Messaggero" e paga. Lo apre senza neppu-

re aspettare il resto. Questo vuoi dire che è veramente scon-

volta. Va alla Cronaca. Eccola lì. La stessa foto. Legge il titolo

in grande: "I pirati della strada". Sua figlia. La retata, la mu-

nicipale, l'inseguimento. Il fermo di polizia. Cosa c'entra Babi

con tutta questa storia? Le righe cominciano a ballarle davan-

ti agli occhi. Si sente svenire. Poi respira profondamente. Pia-

no piano si sente meglio. Tanto da prendere anche il resto. Il

giornalaio vedendola così pallida in volto si preoccupa.

"Signora Gervasi, si sente male? Una brutta notizia?"

Raffaella si gira scuotendo la testa.

"No, no, niente." Esce dal giornalaio. Del resto cosa avreb-

be potuto dirgli? Cosa avrebbe detto ora alle amiche? Agli in-

quilini? Agli Accado? Al mondo?

"Non è niente, non vi preoccupate. È solo che mia figlia è

una dei pirati della strada."

183

Sarebbe stata dura aspettare fino all'uscita di scuola.

La voce nell'interfono è calda e sensuale, proprio come il

corpo al quale appartiene.

"Dottor Mancini, c'è suo padre sulla uno." J

"Grazie signorina." Paolo spinge il tasto.

"Pronto, papa?"

"Hai visto 'II Messaggero'?"

"Sì, ho la foto qui davanti."

"Hai letto l'articolo?"

"Sì."

"Che ne pensi?"

"Be', non c'è molto da pensare. Pepso che,|jrima Q.poi fi-

nirà male." ,,

"Sì, lo penso anch'io." v> e; ^ A>Ì, «-.'»"

"Che si può fare?" ,- f <;« ISJ

"Non c'è granché da fare, mi sembra." t ^- -J,

"Quando torni a casa ci parlerai, per favore?"

"Sì, ci parlerò. Per quello che può servire. Ma se ti fa feli-

ce, ti prometto che lo farò."

"Grazie Paolo." Il padre attacca il telefono. Felice. Cosa può

farmi felice? Certo non un articolo come quello su mio figlio.

Prende il giornale tra le mani. Guarda la foto. Dio com'è bel-

lo, somiglia tutto a lei. E un debole sorriso appare sul suo vi-

so stanco, incapace di cancellare quell'antica sofferenza. Per

un attimo è sincero con se stesso.

"Sì. Io so cosa mi potrebbe rendere di nuovo felice."

La segretaria di Paolo entra nella stanza con alcuni fogli:

"Dottore, questi sono da firmare". Li posa sulla sua scrivania

e rimane lì in attesa. Paolo prende la penna d'oro dal taschino

della giacca. Gliel'ha regalata Manuela, la sua fidanzata. Ma in

quel rnomento piano piano avverte il profumo della segreta-

ria. È provocante. Tutto in lei sembra provocante. Paolo scri-

ve il proprio nome per esteso alla fine di ogni foglio. Ha in ma-

no la penna di Manuela ma pensa alla sua segretaria. Al suo

profumo, ai fianchi innocenti che strusciano delicati la sua

schiena. O forse no? Forse non sono poi così innocenti... L'i-

dea di quella vicinanza voluta inizia a eccitarlo.

"Dottore, ma questo qui sul giornale non è suo fratello?"

Paolo firma l'ultimo foglio.

"Sì, è lui." ,,

La segretaria guarda ancora per un attimo la foto.

"E quella dietro è la sua ragazza?" T (T »<-,!_ ^

184

"Non lo so. Forse sì." * '

"Suo fratello è molto meglio di persona." Paolo guarda la

segretaria uscire. La sua andatura e quello che ha detto non

lasciano dubbi. È una donna, e come tale, pensa, è scaltra.

L'ha fatto apposta a strusciarsi contro di lui, ne è sicuro. Al-

meno come è sicuro che con lo stratagemma che lui ha tro-

vato il signor Forte risparmierà parecchie migliaia di euro.

Guarda il giornale. Per un attimo immagina di essere lui sul-

la moto mentre fa una pinna con la sua segretaria dietro. Lei

che si stringe a lui, le sue gambe contro le sue, le sue braccia

intorno alla vita. Sarebbe stato bello. Chiude "II Messagge-

ro". Paolo ha il terrore delle moto. Sarebbe mai uscita una

sua foto sul giornale? Sicuramente non l'avrebbero immor-

talato mentre fa una pinna. Al massimo qualcosa che ha a

che fare con la finanza. A un certo punto ha un brutto pre-

sentimento. Vede una sua foto con il titolo: "Arrestato il com-

mercialista del noto finanziere". Riprende la pratica del si-

gnor Forte. Forse è meglio ricontrollare che sia veramente

tutto a posto.

All'uscita di scuola Pallina scende i gradini saltellando vi-

cino a Babi.

"Che forza! Che figuraccia hai fatto fare alla Giacci."

"Mi dispiace..."

"Ti dispiace? Ben gli sta a quella vecchia schifosa... Sul se-

rio credi che si sia sbagliata a mettere lì il mio compito? Quel-

la l'ha fatto apposta. Ce l'ha con me perché io sono sempre al-

legra, ho sempre voglia di scherzare, mentre lei... Mamma che

mortorio."

"Lo so, ma mi dispiace lo stesso. E poi hai visto come mi

guarda? Ora mi odia, farà di tutto per farmi andare male."

Pallina le da una pacca sulla spalla.

"Figurati, non può farti niente. Brava come sei, anche se

ce la mette tutta, arrivi agli esami che è una passeggiata. Aves-

si io la tua media, sai il casino che farei..." Pallina tira fuori

dalla borsa un pacchetto di Carnei. Ne prende una e se la met-

te in bocca. Guarda dentro il pacchetto. Ne mancano altre tre

prima di quella capovolta, quella del desiderio.

"Ehi, ma non avevi detto che smettevi di fumare?"

"Sì, l'ho detto. Smetto lunedì."

"Ma non era lunedì scorso?"

"Infatti. Lunedì ho smesso, ma ho ricominciato ieri."

Babi scuote la testa. Poi vede la macchina di sua madre po-

steggiata dall'altra parte della strada.

185

"Che fai Pallina, vieni con noi?"

"No, aspetto Pollo, ha detto che veniva a prendermi. Forse

viene con Step. Perché non rimani anche tu? Dai, di' a tua ma-

dre che vieni a mangiare a casa mia."

Babi non ha più pensato a Step da quella mattina. Sono suc-

cesse troppe cose. Come si sono salutati la sera prima? Incoe-

rente. Così le ha detto. Roba da pazzi. Lei non è incoerente.

"Grazie Pallina. Vado a casa, e poi te l'ho già detto, non ci

tengo a vedere Step; e non insistere con questa storia, se no va

a finire che litighiamo."

"Come vuoi. Allora alle cinque al Parnaso..." Babi prova a

replicare, ma Pallina è più veloce di lei: "Sì, con la mia Vespa".

Babi le sorride e si allontana. Perché se la tira tanto?, pensa

Pallina. Affari suoi. Forse è una tecnica. Be', comunque trop-

po simpatica. Poi una che mette a posto la Giacci in quel mo-

do. È ora di diffondere la notizia. Pallina si avvicina a un grup-

petto di ragazze più piccole. Sono del secondo.

"Avete saputo la figura di merda della Giacci?"

"No, che è successo?"

"Stava per rimandare Silvia Festa, una della mia classe. In-

vece si era sbagliata e le aveva messo il voto di un'altra."

» "Giura?"

"Sì, per fortuna Babi se n'è accorta."

, "Ma chi, la Gervasi?"

"Proprio lei."

Una ragazza con "II Messaggero" tra le mani le si avvicina.

"Senti Pallina, ma questa qui non è Babi?"

Pallina le strappa il giornale dalle mani. Legge l'articolo di

corsa. Guarda Babi. Ormai è quasi arrivata alla macchina del-

la madre. Prova a chiamarla. Urla forte, ma il rumore del traf-

fico copre la sua voce. Troppo tardi.

Babi alza il sedile per andare dietro in macchina.

"Ciao mamma." Si sporge in avanti per baciarla. Uno

schiaffo la colpisce in pieno viso. "Ahi!" Babi cade seduta sui

sedili posteriori. Si massaggia la guancia indolenzita, senza

capire.

Anche Daniela entra in macchina.

"Ehi, avete visto che forza! Babi, stai sul giornale..."

Si guarda intorno. Quel silenzio. La faccia di Raffaella. La

mano di Babi che si massaggia la guancia indolenzita. Capi-

sce al volo.

"Come non detto." Mentre aspettano Giovanna, la solita ri-

tardataria, Raffaella urla come una pazza. Babi cerca di spie-

gare tutta la storia. Daniela testimonia a suo favore. Raffaella

186

si innervosisce ancora di più. Pallina diventa l'imputata prin-

cipale. Ma non è perseguibile, perché oltre i confini.

Finalmente arriva Giovanna, e con il solito "Scusate" sale

dietro. La macchina parte. Fanno tutto il viaggio in silenzio.

Giovanna pensa che è una situazione troppo pesante. Non pos-

sono essere sempre così nervose.

"Be', scusate, ma oggi mica sono arrivata molto tardi, no?"

Daniela scoppia a ridere. Babi si controlla per un po', poi an-

che lei si lascia andare. Perfino Raffaella alla fine ride.

Giovanna naturalmente non capisce nulla, anzi si offende.

Pensa che non solo sono esagerate, ma anche delle cafone a

prenderla in giro così. Lo dirà a sua madre. Da domani, deci-

de Giovanna, o mi viene a prendere lei o torno in autobus.

Almeno tutta quella storia è servita a qualcosa: non do-

vranno più aspettare Giovanna.

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30.

ti

La vecchia borsa di pelle nera stretta forte sotto il braccio.

Una giacca di panno color senape. I capelli stanchi, come la

sua andatura, sono corti e raccolti, leggermente mesciati. Le

calze velate marroni le regalano ancora qualche anno in più,

se mai ce ne fosse stato bisogno. E quei vecchi mocassini col

tacco a mezza altezza e la punta scheggiata le fanno male. Ma

non è niente in confronto a quello che prova dentro.

Il suo cuore deve avere delle scarpe almeno di due misure

più piccole. La Giacci apre il portone a vetro del vecchio pa-

lazzo. Cigola senza sorprenderla. Si ferma davanti all'ascenso-

re. Spinge il bottone. La Giacci guarda le cassette della posta.

Alcune sono senza nome. Una poi non ha neanche il vetro, pen-

zola in giù disordinata proprio come la casa di Nicolodi, il pro-

prietario. Sono le cose che diventano simili agli uomini che le

posseggono, o sono loro che finiscono per assomigliare ad es-

se? La Giacci non sa darsi una risposta. Entra nell'ascensore.

Alcune scritte incise sul legno. Si legge il nome di un amo-

re passato. Più in alto il simbolo di un partito perfettamente

scolpito da un illuso scultore. Sotto, a destra, un organo ma-

schile risulta leggermente imperfetto, almeno ai suoi ricordi

sbiaditi. Secondo piano. Tira fuori dalla borsa un mazzo di

chiavi. Infila quella più lunga nella serratura di mezzo. Sente

un rumore dietro la porta. È lui, il suo unico amore. La ra-

gione della sua vita.

"Pepite!" Un piccolo cane le corre incontro abbaiando. La

Giacci si china. "Come stai tesoro?" Il cane le salta scodinzo-

lando tra le braccia. Comincia a farle le feste. "Pepito, non sai

cosa hanno fatto oggi alla tua mamma." La Giacci chiude la

porta, posa la borsa di pelle su una fredda mensola di marmo

bianco e si leva la giacca.

"Una sciocca ragazza ha osato riprendermi, e davanti a tut-

te, capisci... Avresti dovuto sentire il suo tono." La Giacci va in

188

cucina. Il cane la segue trotterellando. Sembra sinceramente

interessato.

"Lei, per un misero sbaglio, mi ha rovinato, capisci? Mi ha

umiliato davanti alla classe." Apre un vecchio rubinetto dal tu-

bo di gomma ingiallito dal tempo. L'acqua schizza irregolare su

una grata di gomma bianca, dai contorni imprecisi. È stata ta-

gliata a mano per farla entrare dentro al lavandino.

"Lei ha tutto. Ha una bella casa, qualcuno che le sta pre-

parando da mangiare. Lei non si deve preoccupare di niente.

Ora non sta neanche pensando a quello che ha fatto. Già, che

gliene importa a lei?" Da un armadietto pieno di bicchieri di-

versi fra loro, la Giacci ne prende uno a caso e lo riempie d'ac-

qua. Perfino il vetro sembra avvertire il tempo che passa. Be-

ve e torna nel salottino. Il cane la segue ubbidiente.

"Dovevi vedere poi le altre ragazze. Erano felici. Ridevano

alle mie spalle contente di vedermi sbagliare..." La Giacci tira

fuori dal cassetto alcuni compiti e si siede a un tavolo. Co-

mincia a correggerli. "Lei non doveva farlo" e sottolinea in ros-

so più volte l'errore di una povera innocente. "Non doveva ren-

dermi ridicola davanti a tutte." Il cane salta su una vecchia pol-

trona di velluto bordeaux e si accuccia sul morbido cuscino or-

mai abituato al suo piccolo corpo.

"Capisci, come faccio a tornare in quella classe? Ogni vol-

ta che metterò un voto, magari qualcuno dirà: 'È sicura di aver-

lo messo a me, professoressa?'. E rideranno, sono sicura che

rideranno..." Il cane chiude gli occhi. La Giacci mette quattro

al compito che sta correggendo. La povera innocente forse

avrebbe meritato qualcosa di più. La Giacci continua a parla-

re da sola. Pepite si addormenta. Un altro compito viene sa-

crificato. In giorni più sereni avrebbe potuto tranquillamente

raggiungere la sufficienza.

Domani non sarà una bella giornata per la classe. Intanto

in quella stanza una donna su un tavolo coperto da una vec-

chia cerata si è data praticamente da sola una risposta. Sono

le persone a rendere simili a loro ciò che posseggono. E per un

attimo in quella casa tutto sembra più grigio e più vecchio. E

perfino una bella Madonna appesa al muro sembra diventare

cattiva.

189

31.

Parnaso. Belle ragazze dagli occhi perfettamente truccati,

dalle ciglia lunghe e rossetti delicati, sono sedute ai tavolini

tondi e chiacchierano crogiolandosi al tiepido sole di quel po-

meriggio primaverile.

"Mannaggia, mi sono macchiata!" Qualche ragazza al ta-

volo ride, un'altra più pessimista controlla che anche la sua ca-

micetta non abbia fatto la stessa fine. La ragazza dalla cami-

cetta macchiata intinge la punta di un tovagliolino di carta nel

bicchiere pieno d'acqua. Strofina con forza la macchia di cioc-

colato allargandola. La camicetta color panna in quel punto

diventa beige. La ragazza si dispera.

"Oh! Questi bicchieri d'acqua portano una sfiga. Sembra

che i camerieri te li diano apposta, tanto già lo sanno che ti

macchi. Scusi!"

Ferma al volo un cameriere.

"Mi può portare il Viavà per favore?" La ragazza prende

con tutte e due le mani la camicetta mostrandogli la macchia

bagnata. Il cameriere non si ferma in superficie. Fa un'ana-

lisi ben più profonda. La camicetta, trasparente in quel pun-

to bagnato, poggia sul reggisene mostrandone il pizzo.

Il cameriere sorride. "Glielo porto subito, signorina." Pro-

fessionale e bugiardo, vorrebbe darle qualcos'altro, pur sa-

pendo, frustrato, che quel bottone sbottonato in più non è

certo dedicato a lui. Nessuna ragazza del Parnaso si fidanze-

rebbe mai con un cameriere.

Pallina, Silvia Festa e qualche altra ragazza della Falconieri

sono poggiate a una catenella che si stende sofferente sotto il

loro peso da un basso pilastro di marmo a un suo gemello.

"Eccola." Babi ha le guance arrossate. Le saluta con un sor-

riso divertito, leggermente affaticato dalla camminata. Pallina

le corre incontro. "Ciao." Si baciano, affettuose e sincere. A dif-

ferenza della maggior parte dei baci ai tavoli del Parnaso. "Che

stanchezza. Non pensavo fosse così lontano!"

190

"Sei venuta a piedi?" Silvia Festa la guarda sconvolta.

"Sì, non avendo la Vespa." Babi guarda allusiva Pallina. "E

poi avevo voglia di fare due passi. Ma ho un po' esagerato, so-

no distrutta. Non è che mi tocca tornare nella stessa maniera,

vero?"

"No, tieni." Pallina le da un portachiavi. "La mia Vespa è lì

a tua disposizione." Babi guarda la grossa p di gomma azzur-

ra fra le sue mani.

"E si hanno notizie invece di che fine ha fatto la mia?"

"Pollo ha detto che nessuno ne sa niente. Deve averla pre-

sa la polizia. Ha detto che dopo un po' ti avvisano."

"Pensa se parlano con i miei." Babi guarda il gruppo di ra-

gazzi. Riconosce Pollo e qualche altro amico di Step. Un tipo con

una benda sull'occhio le sorride. Babi guarda altrove.

Alcune moto si fermano lì vicino. Babi si volta speranzosa

verso i nuovi arrivati. Il cuore le batte forte. Inutilmente. Ano-

nimi ragazzi, almeno ai suoi occhi, vanno verso i tavolini sa-

lutando.

"Chi cerchi?" Il tono e la faccia di Pallina non lasciano dub-

bi. Pallina sa.

"Nessuno, perché?" Babi si mette le chiavi in tasca senza

guardarla. È sicura che i suoi occhi sinceri la tradirebbero.

Pallina insiste: "No, niente, mi sembrava cercassi qualcu-

no...".

"Be', ciao ragazze." Un saluto affrettato. Le sue guance ar-

rossiscono. E non è più solo per la fatica. Pallina l'accompa-

gna alla Vespa.

"Sai come funziona?" Babi sorride, toglie il bloccasterzo e

Faccende.

"Che fate stasera?"

"Ehi, che succede? Ti degni di uscire con noi?"

"Come sei polemica. Ho chiesto solo cosa fate!"

"Mah, non lo so. Se vuoi ti telefono o ti faccio telefonare."

Pallina la guarda allusiva. Dietro quel sorriso, improvvisa-

mente compare lui: Step. I suoi occhi sicuri, quella pelle ab-

bronzata, i capelli corti, e le sue mani segnate da sorrisi spez-

zati, da nasi colpiti, un tempo perfetti. "Sembri il mio pe-

sciolino." La bocca aperta... gli occhi chiusi... "Ah, ma allora

sei incoerente... incoerente... incoerente." Come un'eco. Babi

ha un lampo d'orgoglio.

"No grazie, lascia stare. Ci vediamo domani a scuola. Era

solo una curiosità."

"Come vuoi..." La Vespa la porta via veloce prima che quel-

la debole diga d'orgoglio venga travolta da quel mare perico-

191

loso non ancora in tempesta. Pallina tira fuori dalla tasca il te-

lefonino e sorride.

Babi mette la Vespa di Pallina in garage. Perfetta. Suo pa-

dre non si potrà mai accorgete della differenza. L'attacca an-

cora un po' di più al muro, così non può proprio dire nulla.

Guarda l'orologio. Le sette meno un quarto. Cavoli! Sale di cor-

sa la scala. Apre veloce la porta.

"Dani, è tornata mamma?"

"No, ancora no."

"Meno male." Raffaella l'ha messa in punizione, Babi

non può uscire fino alla prossima settimana, ed è un po'

troppo sgarrare proprio il primo giorno. Daniela la guarda

insofferente.

"Allora, si sa niente della nostra Vespa?"

"Niente. Deve avercela la polizia."

"Cosa? Molto bene! E che ci fanno, gli inseguimenti?"

"Mi hanno detto che prima o poi la polizia ci chiamerà per

restituircela. Dobbiamo solo intercettare la telefonata prima

di mamma e papa..."

"Facile. E se chiamano la mattina?"

"Siamo finite. Per adesso Pallina ci ha lasciato la sua Ve-

spa. L'ho messa in garage, così quando torna papa non si ac-

corge di niente."

"Ah, a proposito, ti ha telefonato Pallina."

"Quando?"

"Poco fa, quando eri fuori. Ha detto di dirti che stasera

escono e vanno alle Vetrine. Che ti aspetta, di non tirartela e

venire che ha scoperto tutto. E poi mi ha detto qualcosa tipo

il nome di un animale. Cagnolino, topolino... Ah, sì, ha detto

salutami pesciolino. Ma chi è pesciolino?"

Babi si gira verso Daniela: si sente colpita, scoperta, tradi-

ta. Pallina sa.

"Niente, è solo uno scherzo."

Sarebbe troppo lungo da spiegare. Troppo umiliante. La

rabbia la rapisce per un attimo, la porta silenziosa in camera

sua. Nel tramonto dipinto sui vetri della sua finestra vede il

tragitto di quella storia. La bocca di Step, il suo sorriso di-

vertito, il racconto a Pollo, la sua risata e poi lo stesso rac-

conto a Pallina e chissà a chi altro ancora. È stata stupida,

avrebbe dovuto dirlo alla sua migliore amica. L'avrebbe capi-

ta, consolata. Sarebbe stata dalla sua parte, come sempre. Poi

guarda il poster sull'armadio. E per un attimo prova dell'odio.

Ma è solo un attimo. Lentamente abbassa le armi. "Mitica cop-

192

pia!" Orgoglio, dignità, rabbia, indignazione. Scivolano giù

come una camicia da notte di seta senza spalline, lungo il suo

corpo liscio e dorato. E lei, finalmente libera, ne esce fuori

semplicemente, con un passo. Nuda d'amore si avvicina a lui,

alla sua immagine.

Per un momento sembrano sorridersi. Abbracciati nel so-

le del tramonto, vicini anche se diversi. Lui di carta plastifica-

ta, lei piena di lucide emozioni, finalmente chiare e sincere.

Lei abbassa timida gli occhi e senza volerlo si ritrova di fron-

te allo specchio. Non si riconosce. I suoi occhi così sorridenti,

quella pelle luminosa... Anche il viso le sembra diverso. Si ti-

ra indietro i capelli. È un'altra. Sorride felice a quella che non

è mai stata. Una ragazza innamorata. Non solo. Una ragazza

indecisa e preoccupata di come vestirsi quella sera.

Più tardi, dopo che i suoi l'hanno sgridata nuovamente

e sono usciti per una delle loro cene, Babi entra in camera

di Daniela.

"Dani, io esco."

"Dove vai?" Daniela compare sulla porta.

"Alle Vetrine." Babi tira fuori dai cassetti alcuni maglioni

e apre l'armadio della sorella. "Senti, dove hai messo la gonna

nera... quella nuova..."

"Non te la presto! Così mi butti pure quella! Non esiste."

"Ma dai, è stato un caso, no?"

"Sì, magari stasera ce n'è un altro. Magari stavolta finisci

nel fango. No, non te la presto. Quella è l'unica che mi sta be-

ne. Non te la posso dare, sul serio."

"Già, però poi quando faccio la camomilla o esco sul gior-

nale, allora ti vanti con le tue amiche e dici a tutte che sei mia

sorella. Mica glielo dici che non mi presti la gonna!"

"Che c'entra?" <

"C'entra, c'entra, mi devi solo chiedere un favore..."

"Va bene, allora prendila." -!

"No, adesso non la voglio più..." *

"No, adesso te la prendi..."

"No, non me la prendo..."

"Ah, no? Allora se non ti metti la mia gonna quando esci io

telefono subito a mamma e l'avviso."

Babi si gira arrabbiata verso la sorella. "Cosa fai tu?"

"Quello che hai sentito."

"Vedrai che guance rosse che ti vengono..."

Daniela fa una faccia buffa e alla fine scoppiano tutte e due

aridere. - ~ -.,>« «.^ ,-».-«.' - ^... ..", .....-»

193

"Tieni." Daniela posa la gonna nera sul letto. "È tutta tua.

Tuffatici pure dentro il letame, se ti diverte."

Babi prende la gonna con tutte e due le mani e se la pog-

gia sulla pancia. Comincia a immaginare cosa potrebbe met-

terci sopra. Suona il telefono. Daniela va a rispondere.

In camera sua Babi alza la radio. La musica inonda la ca-

sa. Daniela abbandona la cornetta. "Andrea, aspetta un atti-

mo." Chiude la porta del corridoio, poi riprende tranquilla a

parlare. Babi tira fuori di tutto. L'armadio aperto, i cassetti per

terra. La roba appoggiata sul letto. Indecisione. Va in camera

di sua madre. Apre il grande armadio. Comincia a frugare. Ogni

tanto si ricorda qualcosa. Può essere giusto da abbinare con la

gonna nera? Apre i cassetti. Sta bene attenta a dove mette le

mani. Le cose devono tornare al loro posto. Le madri si ac-

corgono sempre di tutto, o quasi. Anche a Raffaella la Vespa

di Pallina era passata inosservata. Le madri si accorgono di

tutto ma non capiscono niente di motorini o di Sony.

Non mandare mai una madre a comprarti quel tipo di jeans

che hai visto addosso alla tua amica. Ti porterà sempre quelli

che indossa la sfigata della classe.

Sorride. Un golf di angora azzurro? Troppo caldo. La ca-

micetta di seta? Troppo elegante. La giacca nera con il body

sotto? Troppo lugubre. Il body, però, non è male. Body sotto

camicia? Si può provare. Richiude i cassetti. Fa per tornare in

camera sua. Ha lasciato un golf rosso sul letto. Sarebbe stata

scoperta. Lo rimette a posto. Se ne sarebbe accorta? L'entu-

siasmo vince sulla paura.

"Ma chi se ne frega!" La punizione scompare disintegran-

dosi nello specchio. Babi si fissa perplessa. Body sotto cami-

cia, no. La gonna di Dani non c'entra niente. Meglio così. Po-

veraccia, d'altronde è sul serio l'unica cosa che le sta bene. De-

cide che l'avrebbe portata a correre. Domani. Ma adesso? Ades-

so che mi metto? Torna in camera sua. Che mi metto? È un at-

timo. Apre di corsa l'ultimo cassetto. La salopette di jeans! La

tira fuori. Scolorita, corta e spiegazzata, proprio come la odia

la madre. Proprio come l'avrebbe amata lui. Si cambia velo-

cemente. Si infila la camicia di jeans chiara, la spinge giù den-

tro i pantaloni, poi tira su le bretelle. Si butta sul letto, prende

i calzettoni corti e se li mette, poi li copre con le Ali Star, alte

fino alla caviglia, blu scure, proprio come la fascia elastica che

trova in bagno. Si pettina raccogliendo indietro i capelli. Due

orecchini colorati a forma di pesce dei Mari del Sud. La mu-

sica impazza a tutto volume. Una linea nera le allunga gli oc-

chi. La matita grigia li rende sfumati, tentando di farli ancora

194

più belli. I denti bianchi sanno di menta. Un delicato lucido le

copre le morbide labbra rendendole ancora più desiderabili.

Le guance, colorate di rosso naturalmente, si sfumano da so-

le a perfezione.

Daniela è ancora al telefono. La musica improvvisamente

si spegne. La porta del corridoio si apre lentamente. Daniela

smette di parlare al telefono.

"Ammazza quanto sei bella!"

Babi si infila il giubbotto scuro di jeans Levi's.

"Sul serio sto bene?"

"Sei fichissima!!!"

"Grazie Dani... sai che c'è... la tua gonna era un po' troppo

seriosa."

Le da un bacio. Poi scappa via veloce. Tira fuori la Vespa

di Pallina dal garage. L'accende, mette la prima. Via giù lungo

la discesa, scivola via così nel fresco della notte. Il suo Caron-

ne francese si mischia al profumo dei gelsomini italiani in un

delicato gemellaggio. Saluta Fiore, il portiere. Poi guida in mez-

zo al traffico. Sorride. Cosa ne penserà Step? Gli piacerà? Co-

sa dirà della salopette? E del trucco? E la camicia? Si accor-

gerà che è del colore degli occhi? Il suo piccolo cuore comin-

cia a battere veloce. Inutilmente preoccupato. Non sa che pre-

sto avrà tutte le risposte.

195

Le Vetrine. Davanti alla porta un tipo grosso con un pic-

colo orecchino a sinistra e il naso schiacciato fa aspettare un

gruppo di persone. Babi si mette in fila. Vicino a lei due ra-

gazze troppo truccate con delle specie di soprabiti leggeri di

panno e i loro accompagnatori, due tipi dalle finte giacche di

cammello. All'occhiello uno dei due ha una spilla dorata a for-

ma di sax, improbabile almeno quanto l'idea che lui sappia

suonarlo. L'altro viene tradito dalle scarpe mocassino leggero

con piccola frangia in pelle. Quella Marlboro in bocca non li

avrebbe salvati. Non sarebbero entrati.

Il buttafuori vede Babi. "Tu." Babi sorpassa le ragazze dai

capelli cotonati, una coppia troppo perbene e due sfigati ve-

nuti da lontano. Qualcuno si lamenta, ma lo fa sottovoce. Ba-

bi sorride al buttafuori ed entra. Lui torna a guardare torvo il

suo piccolo gregge, la faccia decisa, le ciglia aggrottate, pron-

te a spegnere qualsiasi ribellione. Ma non ce n'è bisogno. Tut-

ti continuano ad aspettare in silenzio, guardandosi tra loro,

con quel mezzo sorriso che vale però una frase intera: "Noi non

contiamo un cazzo".

Due enormi woofer rimbombano in alto lanciando dei bas-

si da urlo. Al bancone ragazze e ragazzi gridano tentando di

parlarsi e ridendo. Babi si appoggia al vetro. Guarda sotto la

grande pista. Tutti ballano come pazzi. Sui bordi anche la gen-

te più calma viene trasportata dall'house. Le Vetrine le piac-

ciono un sacco: entri e guardi da quel vetro la gente che balla

sotto di te, poi se vuoi, scendi giù anche tu, buttandoti nella

mischia, osservata dagli altri, piccolo spettacolo colorato. Al-

cune ragazze agitano le braccia, un'altra saltella divertita scher-

zando con una sua amica. Con i loro piccoli top elasticizzati

bianchi e neri, con i loro calzoni stretti in vita e un po' corti. E

ombelichi scoperti e jeans colorati, leggermente slargati sul

fondo, avvolti da un lungo fazzoletto in vita. La solitària sul

196

cubo, la convinta a occhi chiusi, il perbenino che tenta di ri-

morchiare. Un boro emulo di John Travolta con un cerchietto

in testa e una camicia larga. Una coppia tenta di dirsi qualco-

sa. Forse lui le sta proponendo un ballo più sensuale da fare a

casa, da soli, con una musica più dolce. Lei ride. Forse accet-

terà. Niente, nessuna traccia di Pallina, di Pollo, degli altri ami-

ci e soprattutto di lui, di Step. Che non siano venuti? Impossi-

bile. Pallina l'avrebbe avvisata. Poi Babi avverte qualcosa. Una

strana sensazione. Sta guardando nella direzione sbagliata. E

come guidata da una mano divina, dalla dolce spinta del de-

stino, si gira. Eccoli. Sono lì, nella stessa sala, seduti in un an-

golo in fondo alle Vetrine, proprio contro l'ultimo vetro. C'è

tutto il gruppo: Pollo, Pallina, quello con la benda, altri ragaz-

zi dai capelli corti e grossi bicipiti, accompagnati da ragazze

più piccole e carine. C'è Maddalena, con la sua amica dalla fac-

cia tonda. E poi c'è lui. Step sta bevendo una birra e ogni tan-

to guarda giù. Sembra cercare qualcosa o qualcuno. Babi sen-

te un tuffo al cuore. Che cerchi lei? Pallina forse gli ha detto

che sarebbe venuta. Torna a guardare giù. La pista sembra sfuo-

cata dietro il vetro. No, Pallina non può averglielo detto. Len-

tamente torna a guardarlo. Sorride fra sé. Che strano. È così

forte, con quell'aria da duro, i capelli corti sfumati dietro, il

giubbotto chiuso e quel modo di stare seduto, da padrone, tran-

quillo. Eppure qualcosa in lui è dolce e buono. Forse il suo

sguardo. Step si gira verso di lei. Babi si volta spaventata. Non

vuole farsi vedere, si mischia fra la gente e si allontana dal ve-

tro. Va in fondo al locale e paga un tipo che le consegna un bi-

glietto giallo e la lascia passare. Scende veloce le scale. Di sot-

to la musica è molto più forte. Al bancone Babi chiede un Bel-

lini. Le piace la pesca. Step si è alzato. È appoggiato al vetro

con tutte e due le mani. Muove su e giù la testa segnando il

tempo. Babi sorride. Da lì non può vederla. Arriva il Bellini e

in un attimo sparisce.

Babi, senza farsi vedere, gira da dietro intorno alla pista,

si porta proprio sotto a loro. Si sente stranamente euforica. Il

Bellini sta facendo effetto. La musica la prende. Si lascia por-

tare. Chiude gli occhi e piano piano, ballando, attraversa la pi-

sta. Muove la testa seguendo il ritmo. Felice e un po' ubriaca,

in mezzo a gente sconosciuta. I suoi capelli volano. Sale su un

bordo più alto della pista. Chiude le mani e comincia a balla-

re ondeggiando con le spalle, con la bocca chiusa e sognante

apre gli occhi guardando su. Attraverso il vetro i loro sguardi

si incontrano. Step è lì che la fìssa. Per un attimo non la rico-

nosce. Anche Pallina la vede. Step si gira verso Pallina e le chie-

197

P si «li "' guardo e te,T s"drc|ar.

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199

de qualcosa. Da sotto, Babi non può sentire, ma intuisce fa-

cilmente la domanda. Pallina annuisce. Step torna a guardare

giù. Babi gli sorride poi abbassa lo sguardo e torna a ballare,

rapita dalla musica.

Step si allontana veloce, senza preoccuparsi di nulla e di

nessuno. Pollo scuote la testa. Pallina salta addosso al suo uo-

mo, lo abbraccia con slancio e lo bacia sulla bocca. Il tipo toz-

zo e basso alla scala lascia passare Step senza pagare. Anzi, lo

saluta con rispetto. Step si ferma. Babi è lì, di fronte a lui. Un

boro dai capelli lunghi a caschetto le balla intorno interessato

all'acquisto. Vedendo Step si allontana com'era venuto, facen-

do il vago. Babi continua a ballare guardandolo negli occhi e

in quell'attimo lui si perde in quell'azzurro. Muti e sorridenti

ballano vicini. Respirando dei loro sguardi, dei loro occhi, dei

loro cuori. Babi si muove ondeggiando. Step le si fa più vici-

no. Ne può sentire il profumo. Lei alza le mani, le porta da-

vanti al viso e ci balla dietro, sorridente. Si è arresa. Lui la guar-

da incantato. È bellissima. Degli occhi così ingenui non li ha

visti mai. Quella bocca morbida, dal colore pastello, quella pel-

le vellutata. Tutto in lei sembra essere fragile ma perfetto. I

suoi capelli scendono liberi da sotto la fascia, ballano allegri

saltando da una parte all'altra, facendo il verso al suo sorriso.

Step la prende per mano, la tira a sé. Le accarezza il viso. So-

no vicini. Step si ferma. Trema all'idea. Un piccolo movimen-

to e magari lei, fragile sogno di cristallo, svanirebbe in mille

pezzi. Allora le sorride e la porta via. Rapendola a quella con-

fusione, a tutta quella gente scatenata, a quei tipi che si scuo-

tono frenetici, che sembrano impazzire al loro passaggio. Step

la guida attraverso quel groviglio di braccia agitate proteg-

gendola da spigoli umani, da pericolosi gomiti affilati di rit-

mo, da passi agitati da innocente allegria. Più in alto, dietro il

vetro. Gioia e dolore. Pallina guarda Babi sparire con lui, fi-

nalmente incoerente e sincera. Maddalena guarda Step spari-

re con lei, colpevole solo di non averla amata né di averglielo

mai lasciato credere. E mentre i due, freschi d'amore, escono

in strada, Maddalena si lascia cadere sul divano lì vicino. Di-

sillusa, da sola, così come da sola si è illusa. Rimane con un

bicchiere vuoto fra le mani e qualcosa di più difficile da riem-

pire dentro. Lei, semplice concime di quella pianta che spesso

fiorisce sopra la tomba di un amore appassito. Quella rara pian-

ta il cui nome è felicità.

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r

n .

*-fi.

Belli e fatti di jeans, meglio di una pubblicità dal vivo. So-

pra la moto blu scura come la notte, si confondono nella città,

ridendo. Parlando di tutto e di niente, sorridendosi negli spec-

chietti volutamente piegati all'interno. Lei poggiata sulla sua

spalla, si lascia portare così, sfiorata dal vento e da quella nuo-

va forza, la resa. Via Quattro Fontane. Piazza Santa Maria Mag-

giore. Angolo a destra. Un piccolo pub. Un tipo inglese alla por-

ta riconosce Step. Lo lascia passare. Babi sorride. Con lui si

entra in ogni posto. È il suo lasciapassare. Il lasciapassare per

la felicità. È così felice che non si accorge di ordinare una bir-

ra rossa, lei che odia perfino le chiare, così sognante che divi-

de con lui un piatto di pasta dimenticando l'incubo della die-

ta. Come un fiume in piena si accorge di parlargli di tutto, di

non avere segreti. Le sembra intelligente e forte, bello e dolce.

E lei che non se n'è accorta prima, stupida e cieca, lei che

l'ha offeso, aspra e cattiva. Ma poi si perdona. Ha avuto solo

paura. Giocano a freccette. Lei prende in alto il tiro a segno. Si

gira esultante verso di lui. "È già un bel risultato, no?" Lui le

sorride. Fa segno di sì. Babi lancia divertita un'altra freccetta,

ma i suoi occhi non si accorgono di aver già fatto centro.

Di nuovo rapita. Via Cavour. La Piramide. Testaccio. A tut-

ta velocità, assaporando il vento fresco di quella notte di fine

aprile. Step mette la terza poi la quarta. Il semaforo all'incro-

cio lampeggia giallo. Step l'attraversa. All'improvviso sente uno

stridio di freni. Gomme che bruciano sull'asfalto. Brecciolino.

Una Jaguar Sovereign viene da sinistra a tutta velocità, prova

a inchiodare. Step, colto di sorpresa, frena rimanendo impa-

lato in mezzo all'incrocio. La moto si spegne. Babi lo abbrac-

cia forte. Nei suoi occhi spaventati i potenti fari della macchi-

na che si avvicina.

Il muso della pantera selvaggia si ribella alla violenta fre-

nata. La macchina sbanda. Babi chiude gli occhi. Sente il rug-

199

gito del motore frenante, il perfetto ABS controllare le ruote, le

gomme straziate dai freni. Poi più niente. Apre gli occhi. La

Jaguar è lì, a pochi centimetri dalla moto, immobile. Babi fa

un sospiro di sollievo e libera il giubbotto di Step dalla sua

stretta terrorizzata.

Step, impassibile, guarda il conducente della macchina.

"Dove correrai mai, coglione!" Il tipo, un uomo sui trenta-

cinque anni, con i capelli dal taglio perfetto folti e riccioluti,

abbassa il finestrino elettrico.

"Cos'hai detto, scusa ragazzino?" Step sorride scendendo

dalla moto. Conosce quei tipi. Deve avere la donna vicino e non

ci sta a fare brutta figura. Si avvicina alla macchina. Infatti at-

traverso il vetro vede delle gambe femminili accanto a lui. Del-

le belle mani incrociate su una pochette da sera nera, su un ve-

stito elegante. Cerca di vedere in viso la donna, ma la luce di

un lampione si riflette sul vetro nascondendolo. Ragazzino.

Ora vedrai che ti fa il ragazzino. Step apre la portiera al tipo

con educazione.

"Vieni fuori coglione, così senti meglio." L'uomo sui tren-

tacinque anni fa per scendere. Step lo prende per la giacca e

lo scaraventa direttamente fuori. Lo sbatte sulla Jaguar. Il pu-

gno di Step si alza a mezz'aria pronto a colpire.

"Step, no!" È Babi. La vede in piedi vicino alla moto. Il suo

sguardo dispiaciuto e preoccupato. Le braccia abbandonate lun-

go i fianchi. "Non lo fare!" Step allenta la stretta. Il tipo ne ap-

profitta subito." Libero e vigliacco lo colpisce con un pugno al

viso. Step va indietro con la testa. Ma è un attimo. Sorpreso, si

porta la mano alla bocca. Il labbro sanguina. "Brutto figlio di..."

Step si butta su di lui. Il tipo porta avanti le braccia, abbassa la

testa tentando di coprirsi, spaventato. Step lo prende per i ca-

pelli riccioluti, gli porta la testa verso il basso pronto a dargli

una ginocchiata, quando all'improvviso viene colpito di nuovo.

Stavolta in maniera diversa, più forte, direttamente al cuore.

Un colpo secco. Una semplice parola. Il suo nome.

"Stefano..."

La donna è scesa dalla macchina. La pochette poggiata sul

cofano e lei lì vicino, in piedi. Step la guarda. Guarda la bor-

sa, non la conosce. Chissà chi gliel'ha regalata. Che strano pen-

siero. Lentamente, apre la mano. Il tipo riccioluto e fortuna-

to si ritrova libero. Step rimane a guardarla in silenzio. È bel-

la come sempre. Un debole "Ciao" esce dalle sue labbra. Il ti-

po lo spinge di lato. Step indietreggia lasciandosi andare. Il

tipo sale sulla Jaguar e la mette in moto.

"Andiamo via, forza." - err-.Ii.-iiim ,; ì sdì

200

Step e la donna si fissano per un ultimo istante. Tra quegli

occhi così simili, una strana magia, una lunga storia d'amore

e tristezza, sofferenza e passato. Poi lei risale in macchina, bel-

la ed elegante, così com'è apparsa. Lo lascia lì, sulla strada, con

il labbro sanguinante e il cuore a pezzi. Babi gli si avvicina.

Preoccupata di quell'unica ferita che può vedere, gli sfiora de-

licatamente il labbro con la mano. Step si sposta e sale in si-

lenzio sulla moto. Aspetta che lei gli sia dietro per partire con

rabbia. Scatta in avanti, scala, da gas. La moto schizza sulla

strada, sale di giri. Lungotevere.

Step, senza pensare, comincia a correre. E si lascia dietro

ricordi lontani, accelerando. Centotrenta, centoquaranta.

Sempre più forte. L'aria fredda gli punge il viso, e quella fre-

sca sofferenza sembra dargli sollievo. Centocinquanta, cento-

sessanta. Ancora più forte. Passa sfrecciando tra due macchi-

ne vicine. Quasi le sfiora mentre i suoi occhi socchiusi guar-

dano altrove. Immagini felici di quella donna riempiono la sua

mente confusa. Centosettanta, centottanta, una dolce cunetta

e la moto quasi vola attraverso un incrocio. Un semaforo da

poco rosso. Le macchine a sinistra suonano, frenando appena

partite. Sottomesse a quella moto prepotente, a quel bolide not-

turno debolmente illuminato, pericoloso e veloce come un

proiettile cromato di blu. Centottanta, duecento. Il vento fi-

schia. La strada, sfumata ai bordi, si unisce al centro. Un altro

incrocio. Una luce lontana. Il verde scompare. Il giallo che ar-

riva. Step si attacca al piccolo pulsante a sinistra. Il suo clac-

son si alza nella notte. Come il verso di un animale ferito che

sta andando incontro alla morte, come la sirena di un'ambu-

lanza, lancinante come l'urlo del ferito che porta. Il semaforo

cambia di nuovo. Rosso.

Babi comincia a battergli sulla schiena con i pugni. "Fer-

mati, fermati." All'incrocio, le macchine partono. Un muro di

metallo dai mattoni costosi e colorati si alza suonando davan-

ti a loro. "Fermati!"

Quell'ultimo grido, quel richiamo alla vita. Step sembra im-

provvisamente svegliarsi. La manopola del gas, libera, torna al

volo a zero. Il motore scala sotto il suo piede prepotente. Quar-

ta, terza, seconda. Step stringe forte il freno d'acciaio, piegan-

dolo quasi. La moto trema frenando, mentre i giri scendono

veloci. Le ruote lasciano due tracce dritte e profonde sull'a-

sfalto. Un odore di bruciato avvolge i pistoni fumanti. Le mac-

chine sfilano tranquille a pochi centimetri dalla ruota davan-

ti della moto. Non si sono accorte di nulla. Solo allora Step si

201

ricorda di lei, di Babi. È scesa. La vede lì, poggiata a un muro

al bordo della strada.

Sommessi singhiozzi le escono dal petto, non trattenuti co-

me le piccole lacrime che rigano il pallido viso. Step non sa che

fare. Fermo in piedi, di fronte a lei, con le braccia aperte, ti-

moroso anche di sfiorarla, impaurilo all'idea che quei piccoli

nervosi singhiozzi al suo più semplice tocco possano trasfor-

marsi in un pianto a dirotto. Tenta lo stesso. Ma la reazione è

inaspettata. Babi gli allontana con forza la mano, le sue paro-

le escono quasi urlanti, spezzate dal pianto.

"Perché? Perché sei fatto così? Sei pazzo? Ma ti pare il caso

di mettersi a correre in quel modo?" Step non sa cosa rispon-

derle. Guarda quegli occhi umidi e grandi, bagnati di lacrime.

Come può spiegarle? Come può dirle quello che c'è dietro?

Il suo cuore si stringe in una morsa silenziosa. Babi lo guarda.

I suoi occhi azzurri, sofferenti e interrogativi, cercano in lui

una risposta. Step scuote la testa. Non posso, sembra ripeter-

si dentro di sé. Non posso. Babi tira su con il naso e quasi pren-

dendo forza attacca di nuovo.

"Chi era quella donna? Perché sei cambiato così all'im-

provviso? Step me lo devi dire. Che c'è stato fra voi?"

E quell'ultima frase, quel grande errore, quell'equivoco im-

possibile sembra colpirlo in pieno. In un attimo tutte le sue di-

fese svaniscono. La sua guardia costante e forte, allenata in si-

lenzio giorno dopo giorno, si abbassa improvvisamente. Il suo

cuore si lascia andare, per la prima volta tranquillo. Sorride a

quella ragazza ingenua.

"Vuoi sapere chi è quella donna?"

Babi annuisce.

H "È mia madre."

"jTUl.01 *,',, lì)

t ,i-

Appena due anni prima.

Step, chiuso in camera sua, tenta, passeggiando, di ripete-

re la lezione di chimica. Si appoggia con le mani al tavolo. Sfo-

glia il quaderno con gli appunti. Niente da fare. Quelle formule

non vogliono saperne di entrargli in testa.

Improvvisamente, dall'ultimo piano del palazzo di fronte

Battisti canta alto e forte "Mi ritorni in mente, bella come

sei...". Beato lui, a me non mi torna in niente niente e chimi-

ca la odio. Poi, vedendo che gli vogliono proporre tutto l'ellepì,

si alza e apre il vetro.

"Aho, volete spegnere!?"

Lentamente la musica si abbassa. "Questi deficienti." Step

torna a sedersi e si concentra di nuovo su chimica.

"Stefano..." Step si gira. Sua madre è lì di fronte a lui. In-

dossa una pelliccia marrone dalle sfumature selvagge, chiare

e dorate. Sotto, una gonna bordeaux le scopre le splendide gam-

be velate da calze leggere che, tese e perfette, spariscono in un

paio di eleganti scarpe marrone scuro. "Sto uscendo, ti serve

qualcosa?"

"No grazie, mamma."

"Bene, ci vediamo stasera allora. Se telefona papa digli che

sono dovuta uscire per portare le carte che lui sa al commer-

cialista."

"Va bene."

Sua madre gli si avvicina e gli da un morbido bacio sulla

guancia. Dai boccoli dei suoi lunghi capelli neri esce una ca-

rezza di profumo. Step pensa che se ne sia messo un po' trop-

po. Decide di non dirglielo. Poi guardandola uscire capisce

di aver fatto bene. È perfetta. Sua madre non può sbagliare.

Neanche nel mettersi il profumo. Sottobraccio tiene la bor-

sa che le hanno regalato lui e suo fratello. Paolo ha messo

quasi tutti i soldi, ma è stato lui a sceglierla, in quel negozio

203

in via Cola di Rienzo dove troppe volte ha visto sua madre

fermarsi indecisa.

"Sei un vero intenditore" gli ha sussurrato lei all'orecchio

mettendosela sotto il braccio e, ancheggiando spiritosa, ha fat-

to una specie di sfilata. "Be', come mi sta?"

Tutti hanno risposto divertiti. Ma lei in realtà voleva senti-

re solo il giudizio del "vero intenditore".

"Sei bellissima, mamma."

Step torna in camera sua. Sente la porta della cucina chiu-

dersi. Quand'è che le hanno regalato quella borsa? Era per Na-

tale o per il suo compleanno? Decide che in quel momento è

meglio ricordare le formule di chimica.

Più tardi. Sono quasi le sette. Gli mancano tre pagine per

finire il programma. Poi accade. Battisti riprende a cantare.

Dalla finestra socchiusa dell'ultimo piano del palazzo di fron-

te. Più forte di prima. Insistente. Provocante. Senza rispetto

per niente e per nessuno. Per lui che studia, per lui che non

può andare in palestra. Questo è troppo.

Step prende le chiavi di casa ed esce di corsa sbattendo la

porta alle spalle. Attraversa la strada ed entra nel portone del

palazzo di fronte. L'ascensore è occupato. Sale su per le scale

facendo i gradini due alla volta. Basta, non se ne può più. Non

ha niente contro Battisti, anzi. Ma tenerlo in quel modo. Arri-

va all'ultimo piano. Proprio in quel momento l'ascensore si

apre. Esce un commesso con un pacco incartato in mano. È

più rapido di Step. Controlla il cognome sulla targhetta della

porta e suona. Step riprende fiato accanto a lui. Il commesso

10 guarda incuriosito. Step ricambia lo sguardo sorridendo, poi

fa caso al pacco che tiene in mano. C'è sopra la scritta Anto-

nini. Devono essere le famose tartine. Le prendono anche lo-

ro, ogni domenica. Ce ne sono di tutti i tipi. Con il salmone, il

caviale, ai frutti di mare. Sua madre ne va pazza.

"Chi è?"

"Antonini. Ci sono le tartine che ha ordinato, signore."

Step sorride fra sé. Ha indovinato, magari quello per scu-

sarsi gliene avrebbe offerta una. La porta si apre. Compare un

ragazzo sui trent'anni. Ha una camicia abbottonata per metà

e sotto solamente dei boxer. Il commesso fa per consegnargli

11 pacco, ma quando il ragazzo vede Step si scaraventa contro

la porta cercando di richiuderla. Step non capisce, ma istin-

tivamente si getta in avanti. Mette il piede in mezzo alla por-

ta bloccandola. Il commesso va all'indietro per tenere in equi-

librio il vassoio di cartone. Mentre Step è lì, con la faccia ap-

poggiata contro il freddo legno scuro, attraverso la fessura del-

204

la porta, la vede. È posata su una poltrona accanto alla pel-

liccia. Improvvisamente ricorda. Quella borsa lui e suo fra-

tello gliel'hanno regalata a Natale. E rabbia e disperazione, e

voglia di non essere lì, di non credere ai propri occhi centu-

plicano le sue forze. Spalanca la porta scaraventandolo per

terra. Entra nel salotto come una furia. E i suoi occhi vor-

rebbero essere ciechi piuttosto di vedere quel che vedono. La

porta della camera da letto è aperta. Lì, tra le lenzuola scom-

poste, con una faccia diversa, irriconoscibile a lui che l'ha vi-

sta mille volte, c'è lei. Si sta accendendo una sigaretta con aria

innocente. I loro occhi si incontrano, e in un attimo qualcosa

si rompe, si spegne per sempre. E anche quell'ultimo cordo-

ne ombelicale d'amore viene reciso e tutti e due, guardando-

si, urlano in silenzio, piangendo a dirotto. Poi lui si allontana

mentre lei rimane lì, nel letto, senza parlare, consumandosi

come quella sigaretta che ha appena acceso. Bruciando d'a-

more per lui, di odio per se stessa, per l'altro, per quella si-

tuazione. Step va lentamente verso la porta, si ferma. Vede il

commesso sul pianerottolo, vicino all'ascensore, con le tarti-

ne in mano che lo fissa in silenzio. Poi all'improvviso delle ma-

ni si posano sulle sue spalle. "Senti..." È quel ragazzo. Cosa

dovrebbe sentire. Non prova più nulla. Ride. Il ragazzo non

capisce. Rimane a guardarlo stupito. Poi Step con un pugno

lo colpisce in piena faccia. E proprio in quel momento, le pa-

role di Battisti, innocente colpevole di quella scoperta, echeg-

giano nel pianerottolo o forse vengono solo in mente a Step

"Scusami tanto se puoi, signore chiedo scusa anche a lei". Ma

di cosa devo scusarmi?

Giovanni Ambrosini si porta le mani al viso riempiendole

di sangue. Step lo prende per la camicia e strappandogliela lo

tira fuori da quella casa sporca d'amore illegale.

Lo colpisce più volte alla testa. Il ragazzo tenta di fuggire.

Comincia a scendere le scale. Step gli è subito dietro. Con un

calcio preciso lo spinge con forza, facendolo inciampare. Gio-

vanni Ambrosini rotola giù per le scale. Appena si ferma, Step

gli è sopra. Lo riempie di calci alla schiena, alle gambe, men-

tre lui si aggrappa dolorante alla ringhiera cercando di tirarsi

su, di sfuggirgli. Lo sta massacrando. Step comincia a tirarlo

per i capelli, tentando di fargli mollare la presa, ma mentre le

sue mani si riempiono di ciuffi di capelli, Giovanni Ambrosini

rimane lì, aggrappato a quelle sbarre di ferro, gridando terro-

rizzato. Le porte degli altri appartamenti si aprono. Step pren-

de a calci le sue mani che cominciano a sanguinare. Ma Gio-

vanni Ambrosini niente, rimane lì aggrappato, sapendo che quel-

205

la è la sua unica salvezza. Allora Step lo fa. Carica indietro la

gamba e con tutta la forza gli colpisce la testa da dietro. Un cal-

cio violento e preciso. Il viso di Ambrosini si stampa contro la

ringhiera. Con un rumore sordo. Tutti e due gli zigomi si spac-

cano, lacerandosi. Il sangue zampilla. Le ossa della bocca si

rompono. Un dente cade rimbalzando lontano sul marmo. La

ringhiera comincia a vibrare e quel rumore di ferro si allonta-

na giù per le scale insieme all'ultimo grido di Ambrosini che

sviene. Step scappa via, scendendo di corsa, passando veloce

tra terribili facce di inquilini curiosi, urtando quei corpi flacci-

di che tentano inutilmente di fermarlo. Vaga per la città. Non

torna a casa quella sera. Va a dormire da Pollo. L'amico non gli

fa domande. Per fortuna suo padre è fuori quella notte, così

possono dividere il letto. Pollo sente Step agitarsi nel sonno,

soffrire perfino in un sogno. Ma la mattina dopo Pollo fa finta

di niente, anche se uno dei due cuscini è bagnato di lacrime.

Fanno colazione sorridendo, parlando del più e del meno, di-

videndosi una sigaretta. Poi Step va a scuola e all'interrogazio-

ne di chimica riesce perfino a strappare un sei. Ma da quel gior-

no la sua vita è cambiata. Nessuno ha mai saputo perché, ma

nulla è stato più uguale.

Qualcosa di cattivo si è annidato in lui. Una bestia, un ter-

ribile animale ha fatto la sua tana dietro il suo cuore, pronto a

uscire fuori in ogni momento, a colpire, con rabbia, con catti-

veria, figlio della sofferenza e di un amore distrutto. Da allora

la vita a casa non è stata più possibile. Silenzi e sguardi sfug-

genti. Non più un sorriso, proprio con la persona che più ha

amato. Poi il processo. La condanna. Sua madre che non ha te-

stimoniato a suo favore. Suo padre che l'ha sgridato. Suo fra-

tello che non ha capito. E nessuno che abbia mai saputo nien-

te, tranne loro due. Custodi forzati di quel terribile segreto. Lo

stesso anno i suoi genitori si sono separati. Step è andato a vi-

vere con Paolo. Il primo giorno che entra in quella nuova casa

guarda fuori dalla finestra della sua camera. C'è solo un prato

tranquillo. Comincia a sistemare la sua roba. Prende dalla sac-

ca alcuni maglioni e li appoggia in fondo all'armadio. Poi toc-

ca a una felpa. Mentre la tira fuori gli si apre fra le mani. Per

un attimo gli sembra che sua madre sia lì. Si ricorda di quan-

do gliel'ha prestata, quel giorno che avevano corso insieme lun-

go viali alberati. Quando lui aveva rallentato pur di starle vici-

no. E ora è in quella casa, così lontano da lei, in ogni senso.

Stringe forte la felpa tra le mani e la porta al viso. Sente il suo

profumo, comincia a piangere. Poi, scioccamente, si chiede se

quel giorno avrebbe dovuto dirle che se n'era messo troppo.

206

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« ' *» -

Di nuovo adesso, di notte.

La moto corre tranquilla sul bagnasciuga. Piccole onde si

infrangono lente. Vanno e vengono, respiro regolare del mare

profondo e scuro che li osserva da lontano. La luna alta nel eie-

Io illumina la lunga Feniglia. La spiaggia si perde lontana tra

le macchie più scure dei monti. Step spegne i fari. Avvolti nel

buio continuano a correre così, su quel morbido tappeto ba-

gnato. Arrivati a metà Feniglia si fermano. Si trovano a cam-

minare vicini, soli, avvolti da quella pace. Babi va sul bagna-

sciuga. Piccole onde orlate d'argento si rompono prima di ba-

gnare le sue Ali Star blu. Un'onda più capricciosa delle altre

prova a prenderla. Babi indietreggia veloce sfuggendole. Fini-

sce contro Step. Le sue braccia forti la accolgono sicure. Lei

non si sottrae. In quella luce notturna appare il suo sorriso. Gli

occhi azzurri pieni d'amore lo fissano divertiti. Lui le si avvi-

cina e lentamente, abbracciandola, la bacia. Labbra morbide

e calde, fresche e salate, accarezzate dal vento del mare. Step

le passa una mano tra i capelli. Glieli porta indietro scopren-

dole il viso. La guancia dipinta d'argento, piccolo specchio di

quella luna lassù, accenna a un sorriso. Un altro bacio. Nuvo-

le lente passeggiano nel ciclo blu notte. Ora Step e Babi sono

distesi sulla sabbia fredda, abbracciati. Le mani sporche di pic-

coli granelli di sabbia si cercano divertite.

Un altro bacio. Poi Babi si tira su alzandosi su tutte e due

le braccia. Lo guarda, lui è sotto di lei. Quegli occhi ora tran-

quilli la fissano. La sua pelle sembra color ebano, liscia e de-

licata. I suoi capelli corti non hanno paura di sporcarsi. Sem-

bra appartenere a quella spiaggia disteso lì, con le braccia al-

largate, padrone della sabbia e di tutto. Step, sorridendo, la

tira a sé, padrone anche di lei, accogliendola in un bacio più

lungo e più forte. L'abbraccia tenendola stretta, respirando-

ne il sapore morbido. E lei si lascia andare rapita da quella

207

r

forza, e in quel momento capisce di non aver mai baciato nes-

suno veramente.

Ora è seduto dietro di lei, la tiene abbracciata ospitandola

fra le sue gambe. Lui, solida spalliera, interrompe ogni tanto i

suoi pensieri con un bacio sul collo.

"A cosa pensi?"

Babi si gira verso di lui guardandolo con la coda degli

occhi.

"Lo sapevo che me l'avresti chiesto." Torna a poggiarsi con

la testa sul suo petto. "Vedi quella casa laggiù sulle rocce?"

Step guarda nella direzione che indica la mano di lei. Pri-

ma di perdersi lontano si sofferma su quel piccolo indice e gli

sembra stupendo anche quello. Sorride, unico padrone dei suoi

pensieri.

"Sì, la vedo."

"È il mio sogno! Quanto mi piacerebbe abitare in quella ca-

sa. Pensa che cosa dev'essere la vista da là. Una vetrata sul ma-

re. Un salotto dove stare abbracciati a guardare il tramonto."

Step la stringe a sé di nuovo. Babi rimane ancora per un

attimo a guardare lontano sognante. Lui le si avvicina pog-

giando la guancia contro la sua. Lei, divertita e capricciosa,

cerca di allontanarlo, sorridendo alla luna, fingendo di voler-

gli sfuggire. Step le prende il viso fra le mani e lei, pallida per-

la, sorride prigioniera di quell'umana conchiglia.

"Vuoi fare un bagno?"

"Scherzi, con questo freddo? E poi non ho il costume."

"Ma dai, non fa freddo e poi che se ne fa di un costume un

pesciolino come te?"

Babi fa una smorfia di rabbia e lo spinge indietro con tut-

te e due le mani.

"A proposito, hai detto a Pollo la storia dell'altra sera, vero?"

^i Step si alza e cerca di abbracciarla.

>< "Che, scherzi?"

"E come mai allora Pallina lo sa? Gliel'ha detto Pollo!"

"Ti giuro che non gli ho detto niente. Forse devo aver par-

lato nel sonno..."

"Parlato nel sonno, figurati... e poi ti ho già detto che non

ci credo ai tuoi giuramenti."

"Veramente ogni tanto parlo nel sonno e poi te ne accor-

gerai tu stessa."

Step va verso la moto guardandosi indietro divertito.

"Me ne accorgerò? Stai scherzando vero?"

"- Babi lo raggiunge un po' preoccupata.

,jl Step ride. La sua frase ha raggiunto il risultato voluto.

208

"Perché, stasera non dormiamo insieme? Tanto mancano

poche ore all'alba."

Babi guarda preoccupata l'orologio.

"Le due e mezzo. Cavoli, se tornano i miei prima di me so-

no finita. Presto, devo tornare a casa."

"Allora non dormi da me?"

"Ma sei pazzo? Forse non hai capito con chi hai a che fare.

E poi, hai mai visto un pesciolino che dorme con qualcuno?"

Step accende la moto, tiene premuto il freno davanti dan-

do gas. La moto ubbidiente in mezzo alle sue gambe gira su se

stessa e si ferma davanti a lei. Babi sale dietro. Step mette la

prima. Dolcemente si allontanano, sempre più veloci, lascian-

do dietro di sé una striscia precisa di larghi pneumatici. Più

lontano tra la sabbia mossa da baci innocenti c'è un piccolo

cuore. L'ha disegnato lei di nascosto, con quell'indice che a lui

è piaciuto tanto. Una perfida onda solitària ne cancella i bor-

di. Ma con un po' d'immaginazione si possono ancora leggere

quella s e quella B. Un cane abbaia lontano alla luna. La moto

continua la sua corsa innamorata sparendo lontano nella not-

te. Un'onda più determinata cancella del tutto quel cuore. Ma

nessuno potrà mai cancellare quel momento nei loro ricordi.

209

36.

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Davanti alle Vetrine, ferma in mezzo alla strada deserta, or-

mai c'è solo la sua Vespa. Babi scende dalla moto, toglie il bloc-

co dalla ruota davanti e l'accende. Monta sul sellino e la spin-

ge giù dal cavalietto. Poi sembra quasi ricordarsi di lui.

"Ciao" gli sorride con tenerezza. Step le si avvicina.

"Ti accompagno, ti scorto fino a casa." Arrivati a corso Fran-

cia, Step si avvicina alla Vespa e poggia il piede destro sotto al

fanalino, sulla piccola targa.

Da gas. La Vespa aumenta la velocità. Babi si gira stupita

verso di lui.

"Ho paura."

"Tieni dritto il manubrio..."

Babi torna a guardare avanti tenendosi stretta e decisa alle

manopole. La Vespa di Pallina va più veloce della sua, ma a quei

livelli non sarebbe mai arrivata. Fanno tutto corso Francia e poi

su per la salita di via Jacini, fino alla piazza. Step le da un'ulti-

ma spinta proprio sotto il suo comprensorio. La lascia andare.

Piano piano la Vespa perde velocità. Babi frena e si gira verso di

lui. È fermo, dritto sulla moto, a pochi passi da lei. Step rima-

ne a fissarla per un attimo. Poi le sorride, mette la prima e si al-

lontana. Lei lo segue con lo sguardo fino a quando non spari-

sce dietro la curva. Lo sente accelerare sempre di più, un cam-

bio veloce di marce, le marmitte rombanti che volano via a tut-

ta velocità. Babi aspetta che Fiore insonnolito alzi la sbarra. Poi

va su per la salita del comprensorio. Quando gira dietro la cur-

va, una triste sorpresa. La sua casa è tutta illuminata e sua ma-

dre è lì, affacciata alla finestra della camera da letto.

"Claudio, eccola!"

Babi fa un sorriso disperato. Non serve a niente. Sua madre

chiude la finestra sbattendola. Babi mette la Vespa in garage,

riuscendo a passare a malapena tra il muro e la Mercedes. Men-

tre chiude la saracinesca pensa allo schiaffo di quella mattina.

210

Inconsciamente porta la mano alla guancia. Cerca di ricordar-

si quanto le ha fatto male. Non se ne preoccupa più di tanto.

Presto lo avrebbe saputo. Fa le scale lentamente cercando di ri-

tardare il più possibile il tempo di quella scoperta ormai inevi-

tabile. La porta è aperta. Passa rassegnata sotto quel patibolo.

Condannata alla ghigliottina, poco fiduciosa nella grazia, lei,

moderna Robespierre in salopette, avrebbe perso la testa. Chiu-

de la porta. Uno schiaffo la colpisce in pieno viso.

"Ahi." Sempre dalla stessa parte, pensa, massaggiandosi la

guancia.

"Vai subito a letto e prima consegna le chiavi della Vespa a

tuo padre."

Babi attraversa il corridoio. Claudio è lì, vicino alla porta.

Babi gli da il portachiavi di Pallina.

"Babi?"

Lei si gira preoccupata. "Cosa c'è?"

"Perché c'è questa P?"

La P di gomma del portachiavi di Pallina penzola interro-

gativa dalle mani di Claudio. Babi lo guarda perplessa per un

attimo, poi risvegliata dallo schiaffo, fresca creatrice dell'istante,

improvvisa.

"Ma come papa, non ti ricordi? È il soprannome che mi hai

dato tu? Da piccola mi chiamavi sempre Puffina!"

Claudio rimane indeciso per un attimo, poi sorride.

"Ah, è vero! Puffina. Non me lo ricordavo più." Poi torna

subito serio. "Vai a letto adesso. Ne parliamo domani di tutta

questa storia. Non mi è piaciuta per niente, Babi!"

Le porte della camera da letto si chiudono. Claudio e Raf-

faella, ora tranquillizzati, discutono di quella figlia un tempo

calma e tranquilla, ora ribelle e irriconoscibile. Torna a notte

fonda, partecipa a gare di pinne, finisce con tanto di fotografia

su tutti i giornali. Cos'è successo? Cos'è accaduto alla Puffina

di un tempo?

Nella camera vicina, Babi si spoglia e si infila a letto. La sua

guancia arrossata trova un fresco ristoro sul cuscino. Rimane

così, sognante per un po'. Le sembra di sentire ancora il rumo-

re delle piccole onde e il vento che le accarezza i capelli e poi

quel bacio, forte e tenero allo stesso tempo. Si gira nel letto.

Pensa a lui mentre infila le mani sotto il cuscino sognando di

abbracciarlo. Tra le lisce lenzuola piccoli granelli di sabbia la

fanno sorridere. Nel buio della stanza, lentamente sboccia la

risposta che i suoi genitori stanno tanto cercando. Ecco co-

s'è accaduto alla Puffina di un tempo. Si è innamorata.

211

.. i.

Babi non fa in tempo a salire le scale della |cuola che Pal-

lina le salta addosso.

"Be', com'è andata? Sei scomparsa..."

* "Bene, siamo stati ad Ansedonia."

"Fin laggiù?"

Babi annuisce.

"E l'hai fatto?"

, "Pallina!"

"Be', scusa, siete andati fin laggiù, sarete scesi in spiaggia,

Jio?"

"Sì."

"E non avete fatto niente?"

"Ci siamo baciati."

"Yahooo." Pallina le salta addosso. "Ma dai! Mortacci tua,

ti sei beccata il più fico di tutta la città." Poi si accorge che Ba-

bi è un po' giù. "Che c'è?"

"Niente."

"Dai, non dire bugie, tira fuori il problema. Forza. Confi-

dati con la tua vecchia e saggia amica Pallina. L'avete fatto,

vero?"

"Noooo! Ci siamo solo baciati, ed è stato bellissimo. Però..."

"Però...?"

"Però non so come siamo rimasti."

Pallina la guarda perplessa. "Ma ha provato a..." Spinge il

pugno due volte verso il basso in maniera eloquente.

Babi scuote la testa sbuffando: "No".

"Allora è veramente preoccupante."

"Perché?"

"Gli interessi."

"Dici?"

"Sicuro. Di solito se le fa tutte la prima sera."

"Ah, grazie, sei rincuorante."

"Vuoi la verità, no? Be', scusa, devi essere felice. Non ti

212

preoccupare, se è solo questo il tuo problema, devi aspettare

la seconda sera, vedrai!"

Babi le da una spinta. "Stupida... A proposito Pallina, ti

hanno sequestrato la Vespa..."

"La mia Vespa?" Pallina cambia espressione. "Chi è stato?"

"I miei."

"Quella simpaticona di Raffaella. Un giorno le dovrò fare

un discorsetto. Lo sai che l'altra sera ci ha provato?"

"Mia madre? E con chi?"

"Con me! Mi ha baciato mentre dormivo nel tuo letto cre-

dendo che fossi tu!"

"Giura?"

"Sì!"

"Pensa che mio padre ha preso il tuo portachiavi creden-

do fosse il mio."

"E non si è accorto della p?"

"Sì! Gli ho detto che da piccola lui mi chiamava sempre

Puffina."

"E ci ha creduto?"

"Ormai mi chiama solo così."

"Peccato! È un bel tipo tuo padre, ma è un po' troppo far-

locco."

Entrano in classe così. Una bionda e slanciata, l'altra bru-

na e piccoletta. Bella e preparata la prima, buffa e ignorante

la seconda, ma con una grande cosa in comune: la loro amici-

zia. Più tardi Babi è lì, sognante a fissare la lavagna, senza ve-

dere i numeri scritti sopra, senza sentire le parole della pro-

fessoressa. Pensa a lui, a cosa starà facendo in quel momento.

Si domanda se stia pensando a lei. Cerca di immaginarselo,

sorride intenerita, poi preoccupata, infine vogliosa. Può esse-

re qualunque cosa. A volte è tenero e dolce, poi all'improvviso

selvaggio e violento. Sospira e guarda la lavagna. È molto più

facile risolvere quella di equazione.

Step si è alzato da poco. Si infila sotto la doccia e si lascia

massaggiare da quel getto forte e deciso. Punta le mani contro

il muro bagnato e, mentre l'acqua gli tamburella sulla schie-

na, si mette a spingere in giù alternando le gambe, alzandosi

sui piedi, prima il destro e poi il sinistro. Mentre l'acqua gli sci-

vola lungo il viso ripensa agli occhi azzurri di Babi. Sono gran-

di, puliti e profondi. Sorride e pur avendo gli occhi chiusi la

vede perfettamente. È lì, innocente e serena di fronte a lui, con

quei capelli selvaggi nel vento e quel naso dritto. Vede quello

sguardo deciso, pieno di carattere. Asciugandosi, si ritrova a

213

pensare a tutto quello che si sono detti, a ciò che le ha rac-

contato. Lei, unico dolce orecchio quasi sconosciuto, silenzio-

so ascoltatore della sua antica sofferenza, del suo amore odia-

to, della sua tristezza. Si chiede se è pazzo. Ormai è andata.

Facendo colazione pensa alla famiglia di Babi. Alla sorella. Al

padre dall'aria simpatica. A quella madre dal carattere deciso

e duro, dai tratti simili a Babi, un po' sbiaditi dall'età. Sareb-

be diventata un giorno anche lei così? Le madri a volte non so-

no altro che la proiezione futura della ragazza con la quale ce

la spassiamo oggi. Si ricorda di una madre meglio di una fi-

glia. Finisce il caffè sorridendo. Suonano alla porta. Maria apre.

E Pollo. Gli lancia la solita busta sul tavolo, i suoi tramezzini

al salmone.

"Allora? Mi devi dire che hai combinato. Te la sei fatta o no?

Figurati quella... Con quel caratterino e quando te la da? Mai!

Dove cazzo siete andati poi. Vi ho cercato dappertutto. Oh, non

sai come sta Madda. È avvelenata! Se la becca, la sfonda!"

Step smette di fare la faccia divertita. Maddalena, è vero,

non ci ha pensato. Non ha pensato più a niente quella sera. De-

cide che non ci vuole pensare neanche adesso. In fondo non si

sono mai promessi nulla.

"Tieni." Pollo tira fuori dalla tasca un foglietto bianco ap-

pallottolato e glielo lancia. "Questo è il suo numero di telefono."

Step lo prende al volo. "Me lo sono fatto dare ieri da Pallina,

tanto sapevo che oggi me l'avresti chiesto..."

Step se lo mette in tasca poi va di là. Pollo lo segue.

"Allora Step, cazzo mi dici qualcosa o no? Ci sei andato?"

"Pollo, perché mi fai sempre queste domande? Lo sai che

sono un gentiluomo, no?"

Pollo si butta sul letto piegato dalle risate.

"Un gentiluomo... tu? Oddio, sto male! Che mi tocca sen-

tire. Porca puttana... Un gentiluomo." Step lo guarda scuoten-

do la testa poi, mentre si infila i jeans, anche lui si mette a ri-

dere. Quante volte non è stato un gentiluomo! E per un attimo

gli piacerebbe avere qualcosa di più da raccontare all'amico.

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214

All'uscita della Falconieri nessun ragazzo vende i libri. È

una scuola troppo "su" perché anche l'ultima delle alunne com-

pri un libro usato. Babi scende gli scalini guardandosi intor-

no speranzosa. Gruppi di ragazzi in fondo alla scalinata aspet-

tano nuove prede o vecchie conquiste. Ma nessuno di loro è

quello giusto. Babi fa gli ultimi passi. Il rumore di una moto

veloce le fa alzare lo sguardo. Il suo cuore batte più veloce.

Inutilmente. Un serbatoio rosso passa sfrecciando tra le mac-

chine. Una giovane coppia abbracciata si piega contempora-

neamente a sinistra. Babi li invidia per un attimo. Poi sale in

macchina. Sua madre è lì, ancora arrabbiata per il giorno pri-

ma. "Ciao mamma."

"Ciao" è la secca risposta di Raffaella. Babi non riceve nes-

suno schiaffo quel giorno, non ce n'è ragione. Ma questo qua-

si le dispiace.

Step e Pollo sono attaccati alla rete. Seguono dai bordi del

campo l'allenamento della loro squadra. Vicino Schello, Hook

e qualche altro amico, la passione per la Lazio. Tifo sfrenato

tanto per fare un po' di casino. Step, senza farsi vedere, spo-

sta in giù la manica sinistra del giubbotto, scoprendo l'orolo-

gio. L'una e mezzo. Dev'essere uscita da poco. Se la immagi-

na sulla macchina della madre, in corso Francia, che torna a

casa. Più bella di un gol di Mancini. Pollo lo fissa.

"Che c'è?"

Pollo allarga le braccia. "Niente, perché?"

"Allora che cazzo guardi?"

"Perché, non posso guardare?"

"Sembri frocio... Guarda la partita, no? Ti ho portato fin a

qua e che fai? Ti metti a guardare la mia faccia?"

Step si volta verso il campo. Alcuni giocatori con delle ca-

sacche da allenamento sulle maglie della squadra si passano

215

veloci la palla mentre uno sfigato in mezzo cerca di prender-

gliela. Step si gira di nuovo verso Pollo. Lo sta fissando.

"Ancora! Ma allora non vuoi capire!" Step gli si butta ad-

dosso. Gli prende la testa con tutte e due le mani e ridendo glie-

la sbatte contro la rete. "Devi guardare là." Lo spinge più vol-

te: "Là, là!".

Schello, Hook e tutti gli altri si buttano addosso ai due, tan-

to per fare un po' di casino. Altri tifosi si spingono fra loro con-

tro la rete rumoreggiando. Qualcuno con un giornale arroto-

lato e un fischietto in bocca si finge un celerino prendendo tut-

ti a manganellate. Dopo un po' il gruppo si allarga, i tifosi cor-

rono in tutte le direzioni divertiti. Step sale sulla moto. Pollo

gli salta dietro e schizzano via slittando sul brecciolino. Step

si chiede se Pollo ha capito a cosa stava pensando prima.

"Oh, Step peccato..."

"Di cosa?"

"Ormai è troppo tardi, se no potevamo passare a prender-

le a scuola."

Step non risponde. Sente Pollo sorridere, dietro di lui. Poi

viene colpito da un pugno al fianco.

"E non fare il furbo con me, chiaro?" Step si piega in avanti

indolenzito. Sì, Pollo ha capito, e come se non bastasse ha an-

che dei cazzotti micidiali.

Il pomeriggio passa lento per tutti e due, anche se a loro

insaputa.

Babi prova a studiare. Si ritrova a sfogliare il diario, a cam-

biare la stazione della radio, ad aprire e chiudere il frigo cer-

cando di resistere alla tentazione di sgarrare la dieta. Finisce

davanti alla tivù a guardare uno stupido programma per bam-

bini mangiando un Danone al cioccolato, cosa che dopo la fa

stare ancora più male. Chissà se ha avuto il numero del mio

cellulare. Tanto qui non prende. Speriamo allora che abbia avu-

to anche quello di casa. Nel dubbio va di corsa a rispondere a

ogni squillo del telefono. Ma quasi sempre le tocca segnare sul-

l'agenda il cognome di un'amica di sua madre. Andrea Palombi

telefona a Daniela almeno tre volte. La invidia. Il telefono squil-

la di nuovo. Un tuffo al cuore. Fa di corsa il corridoio, alza la

cornetta, non può che essere Step. Invece è Palombi, la quar-

ta telefonata. Chiama Daniela scongiurandola di non starci

troppo. Ingiustizie del mondo. A Daniela quattro telefonate, a

lei nessuna. Poi si rallegra. Una cosa è certa, con tutte le cor-

se che ha fatto, ha bruciato almeno metà delle calorie.

216

Step mangia a casa con il suo amico. Pollo gli svuota pra-

ticamente mezzo frigorifero. Apprezza molto la cucina di Ma-

ria. Lei è tutta felice di vedere la sua torta di mele sparire tra

le fauci di quel giovane ospite. Step un po' meno, visto che do-

vrà sorbirsi le lamentele di Paolo, quando tornerà. La torta di

mele in realtà è stata fatta per lui. Più tardi Maria va via e lo-

ro due riposano un po'. Step si rilegge tutti i suoi fumetti di Pa-

zienza. Controlla le tavole originali delle quali va tanto fiero.

Poi sveglia Pollo mostrandogliele. Malgrado sia la quarantesi-

ma volta che le vede, lui le apprezza come se fosse la prima.

Sono proprio molto amici, tanto che Step non può negargli

una telefonata. Anche se sa del vizio di Pollo. Come da copio-

ne, passa circa un'ora al telefono. Dovunque vada fa sempre

almeno una telefonata. Attacca a parlare per ore, con chiun-

que, anche se non ha niente da dire. Adesso poi che si è fatto

la donna, è incontenibile. Il suo sogno, confessa a Step uscen-

do, è rubare un cellulare.

"Ce ne ha uno nuovissimo mio fratello" è la risposta di-

vertita di Step. Agli occhi di Pollo, Paolo acquista subito tutto

un altro valore. Chissà se dopo la torta di mele non riuscirà a

fottergli anche il telefonino.

Piove. Babi e Daniela sono sedute sul divano di fianco ai

genitori. Guardano un film divertente e familiare sul primo.

L'atmosfera sembra più distesa.

Poi uno squillo. Daniela accende il cordless che tiene ac-

canto a lei sul cuscino del divano.

"Pronto?" Guarda Babi stupita. Non riesce a credere alle

proprie orecchie. "Ora te la passo." Babi si volta tranquilla ver-

so la sorella. "Babi è per te."

Le basta quell'attimo, uno sguardo, vedere la sua faccia

per capire tutto. È lui.

Daniela le passa il telefono cercando di controllarsi di fron-

te ai genitori. Lei lo prende delicatamente, quasi timorosa di

toccarlo, di stringerlo, come se una vibrazione di troppo po-

tesse far cadere la linea, farlo sparire per sempre. Lo porta len-

tamente vicino al viso dalle guance arrossate, alle sue labbra

emozionate anche per quel semplice... "Sì?".

"Ciao, come stai?" La voce calda di Step le arriva diretta-

mente al cuore. Babi si guarda intorno sgomenta, preoccupata

che qualcuno si sia accorto di quello che prova, il suo cuore a

duemila, la felicità che tenta disperatamente di nascondere.

"Bene, e tu?"

"Bene. Puoi parlare?" w JG CJ.AV tt

217

"Aspetta un attimo che qui non si sente niente." Si alza dal

divano portando via con sé il telefono e la sua vestaglia svo-

lazzante. Non si sa com'è, ma davanti ai genitori certi telefoni

non funzionano mai. Sua madre la guarda uscire dal salotto

poi si gira sospettosa verso Daniela. "Chi è?"

Daniela è rapida. "Oh, Chicco Brandelli, uno dei suoi cor-

teggiatori."

Raffaella la fissa per un attimo. Poi si tranquillizza. Torna a

seguire il film. Anche Daniela si volta verso la televisione con un

piccolo sospiro. È andata. Se sua madre l'avesse guardata anco-

ra un po' sarebbe crollata. È difficile sostenere quello sguardo,

sembra sempre che sappia tutto. Si complimenta con se stessa

per l'idea di Brandelli. Almeno quel gaggio è servito a qualcosa.

Le luci spente della sua camera. Lei contro il vetro bagna-

to dalla pioggia, con il telefono in mano.

"Pronto Step, sei tu?"

"Chi vuoi che sia?"

Babi ride. "Dove sei?"

"Sotto la pioggia. Vengo da te?"

"Magari. Ci sono i miei."

"Allora vieni tu."

"No, non posso. Sono in punizione. Ieri quando sono tor-

nata mi hanno beccata. Erano alla finestra ad aspettarmi."

Step sorride e butta la sigaretta.

"È vero allora! Esistono ancora le ragazze che finiscono in

punizione..."

"Già, e tu ti sei messo con una di quelle." Babi chiude gli

occhi terrorizzata dalla bomba che ha appena lanciato. Aspet-

ta la risposta. Ormai è andata. Ma non sente nessuno scoppio.

Lentamente apre gli occhi. Al di là del vetro, sotto un lampio-

ne, la pioggia è più visibile. Sta diminuendo. "Ci sei ancora?"

"Sì. Stavo cercando di capire che effetto fa venir incastra-

to da una furba."

Babi si morde il labbro, cammina felice e nervosa per la

stanza. Allora è vero.

"Se fossi veramente furba avrei scelto qualcun altro da in-

castrare."

Step ride. "Va bene, pace. Cerchiamo di resistere almeno

un giorno. Che fai domani?"

"Scuola, poi studio e continuo a stare in punizione."

"Be', posso venire a trovarti." ti

"Direi che non è proprio una delle idee migliori..."

"Mi vesto bene." '

I

218

Babi ride. "Non è per quello. È un discorso un po' più ge-

nerale. A che ora ti alzi domani?"

"Mah, dieci, undici. Quando viene Pollo a svegliarmi."

Babi scuote la testa. "E se non viene?"

"Mezzogiorno, l'una..."

"Ce la fai a venire a prendermi a scuola?"

"All'una? Sì, credo di sì." <$<

"Intendevo all'entrata."

Silenzio. "A che ora sarebbe?"

"Otto e dieci."

"Ma perché si va a scuola all'alba? E poi che facciamo?"

"Ma non lo so, fuggiamo..." Babi non crede quasi alle sue

orecchie. Fuggiamo. Dev'essere impazzita.

"Va bene, facciamo questa follia. Alle otto a scuola tua. Spe-

ro solo di svegliarmi."

"Sarà difficile, vero?"

"Abbastanza."

Rimangono un attimo in silenzio. Indecisi su cosa dirsi, su

come salutarsi.

"Be', allora ciao."

Step guarda fuori. Ha smesso di piovere. Le nuvole si muo-

vono veloci. Si sente felice. Guarda il telefonino. Dall'altra par-

te c'è lei in quel momento.

"Ciao Babi." Attaccano. Step guarda in alto. Alcune stelle

sono comparse timide e bagnate, lassù nel cielo. Domani sarà

una bella giornata. Passerà la mattina con lei.

Otto e dieci. Dev'essere impazzito. Cerca di ricordarsi

quand'è stata l'ultima volta che si è svegliato così presto. Non

gli viene in mente. Sorride. Appena tre giorni prima è tornato

a casa a quell'ora.

Nel buio della sua camera con il portatile in mano, Babi

continua a fissare il vetro per un po'. Lo immagina per strada.

Deve far freddo fuori. Prova un brivido per lui. Torna in salot-

to. Da il telefono alla sorella poi si siede accanto a lei sul di-

vano. Daniela senza farsi accorgere studia curiosa il suo viso.

Vorrebbe farle mille domande. Deve accontentarsi di quegli oc-

chi che a un tratto la fissano felici. Babi riprende a guardare

la televisione. Per un attimo quel vecchio film in bianco e ne-

ro le sembra a colori. Non capisce minimamente di cosa stia-

no parlando e si allontana rapita dai suoi pensieri. Poi torna

improvvisamente alla realtà. Si guarda intorno preoccupata

ma nessuno sembra saperlo. Domani, per la prima volta in vi-

ta sua, farà sega a scuola.

' Hittì i fKo't

219

39.

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Paolo è seduto al tavolo e sfoglia distratto il giornale. Si

guarda intorno. Strano. Avevo detto a Maria di fare la torta di

mele. Se ne sarà dimenticata. Ingenuo. Si ricorda di un ciam-

bellone che ha comprato per i casi di emergenza. Decide che

quello è uno di quei casi. Apre alcuni sportelli. Alla fine lo tro-

va. L'ha nascosto bene per resistere alla furia affamata di Step

e dei suoi amici.

Mentre ne taglia una fetta entra Step.

"Ciao fratello."

"Ti sembra questa l'ora di rientrare... Passerai tutto il gior-

no a letto, poi se va bene te ne andrai in palestra e la sera di

nuovo in giro con Pollo e quegli altri quattro delinquenti. Per

te è proprio bella la vita..."

"Bellissima." Step si versa del caffè, poi del latte. "Comun-

que si da il caso che non sto tornando adesso. Sto uscendo."

"Oddio che ore sono?"

Paolo guarda preoccupato l'orologio. Le sette e mezzo. Un

sospiro di sollievo. È tutto sotto controllo. Qualcosa non tor-

na lo stesso. Step non è mai uscito a quell'ora.

"Dove stai andando?"

"A scuola."

"Ah." Paolo si tranquillizza. Poi si ricorda improvvisamente

che Step ha finito l'altr'anno. "A fare che?"

"Cazzo, ma che sono tutte queste domande, all'alba poi...?"

"Fai quello che ti pare, basta che non ti metti nei guai. Ma

Maria non ha fatto la torta di mele?"

Step lo guarda con aria ingenua.

"Torta di mele? No, non mi sembra."

"Sicuro? Non è che ve la siete finita tu, Pollo e quegli altri

porci famelici dei tuoi amici?"

"Paolo, non offendere sempre i miei amici. Non è bello.

Che, io offendo mai i tuoi?"

220

Paolo rimane in silenzio. No che non li offende. Del resto

come potrebbe? Paolo non ha amici. Ogni tanto gli telefona un

collega o qualche ex compagno di università, ma quelli Step

non avrebbe proprio potuto offenderli. Sono già stati puniti

dalla vita. Tristi, grigi, con dei fisici da poeti.

"Ciao Pa', ti saluto, ci vediamo stasera."

Paolo fissa la porta chiusa. Suo fratello riesce sempre a stu-

pirlo. Chissà dove va a quell'ora del mattino. Beve un sorso di

caffè. Poi fa per prendere la fetta di ciambellone che ha lasciato

sul piatto. È sparita: con Step si finisce sempre per rimetterci.

"Ciao papa." Babi e Daniela scendono dalla Mercedes. Clau-

dio guarda le figlie avviarsi verso la scuola. Un ultimo saluto

poi si allontana. Babi fa ancora qualche gradino. Si gira. La

Mercedes è ormai lontana. Scende giù veloce e proprio in quel

momento incontra Pallina.

"Ciao, dove scappi?"

"Vado via con Step."

"Giura? E dove andate?"

"Non lo so. In giro. Per prima cosa a fare colazione. Sta-

mattina sono troppo emozionata per mandare giù qualunque

cosa. Ci pensi. È la prima volta che faccio sega..."

"Anch'io ero emozionata la prima volta. Ma ormai... Fac-

cio meglio io la firma di mia madre che lei stessa!" Babi ride.

La moto di Step si ferma rombando davanti al marciapiede.

"Andiamo?"

Babi saluta con un bacio frettoloso Pallina e poi monta

emozionata dietro di lui. Ha il cuore a duemila.

"Mi raccomando Pallina... Cerca di non prendere nessuna

insufficienza e segna quelle che vengono interrogate."

"Ok capa!"

"Ancora!? Non porta bene! E stai zitta, eh?"

Pallina annuisce. Babi si guarda intorno preoccupata che

qualcuno possa vederla. Poi si abbraccia stretta a Step. Ormai

è fatta. La moto schizza in avanti, fuggendo dalla scuola, dal-

le ore noiose di lezione, dalla Giacci, dai compiti e da quel suo-

no della campanella che a volte sembra non arrivare mai.

Pallina guarda invidiosa l'amica ormai lontana. È felice per

lei. Sale i gradini chiacchierando, senza accorgersi che qual-

cuno la sta osservando. Più in alto, una mano avvizzita dal tem-

po e dall'odio, abbellita da un vecchio anello con al centro una

pietra viola, dura come chi la possiede, lascia andare una ten-

dina. Qualcuno ha visto tutto.

221

Nella in B tutte le ragazze entrano preoccupate. La prima

ora è italiano e la professoressa Giacci interroga. È una delle

materie sicure alla maturità. Le alunne prendono posto salu-

tandosi. Un'ultima ragazza entra di corsa. Come al solito è in

ritardo. Chiacchierano nervose. Improvvisamente un muto e

ossequioso silenzio. La Giacci è sulla porta. Tutte scattano sul-

l'attenti. La Giacci squadra la classe.

"Sedute ragazze."

È stranamente allegra quella mattina. La cosa non pro-

mette niente di buono. Fa l'appello. Alcune ragazze alzano la

mano rispondendo con un rispettoso "presente". Una ragazza,

il cui cognome comincia per e, è assente. Alla F un'altra, nel

tentativo di diversificarsi, si lascia andare a un "eccomi" di

scarso valore. È ripresa al volo dalla Giacci che la prende in gi-

ro di fronte alla classe. La Catinelli come al solito dimostra di

gradire il sottile umorismo della professoressa. Così sottile che

alla maggior parte di loro sfugge.

"Gervasi?"

"È assente" risponde qualcuno dal fondo della classe. La

Giacci mette una "a" vicino al nome di Babi sul registro. Poi

alza lentamente lo sguardo.

"Lombardi."

"Sì, professoressa?" Pallina scatta in piedi.

"Come mai Gervasi non è venuta oggi?" Pallina è legger-

mente nervosa.

"Ma non so. Ieri sera l'ho sentita al telefono, mi ha detto

che si sentiva poco bene. Forse stamattina è peggiorata e ha

deciso di non venire." La Giacci la guarda. Pallina alza le spal-

le. La Giacci stringe gli occhi. Diventano due fessure impene-

trabili. Pallina sente un brivido correrle lungo la schiena.

"Grazie Lombardi, seduta." La Giacci riprende l'appello. Il

suo sguardo incontra di nuovo quello di Pallina. Sul viso del-

la professoressa si dipinge un sorriso beffardo. Pallina diven-

ta rossa. Si gira subito da un'altra parte, imbarazzata. Che la

prof sappia qualcosa? Sul banco la scritta che lei stessa ha in-

ciso con la penna "Pallina e Pollo forever". Sorride. No, è im-

possibile.

"Marini."

"Presente!"

Pallina si tranquillizza. Chissà dov'è Babi in quel momen-

to. Sicuramente ha già fatto colazione. Un bel maritozzo con

la panna da Euclide e uno di quei cappuccini tutta schiuma.

Desidera più che mai essere al suo posto magari con Pollo in-

vece di Step. Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che pia-

222

ce, il suo proverbio preferito. La Giacci chiude il registro e co-

mincia a spiegare. Illustra la lezione con gioia, particolarmente

serena. Un raggio di sole colpisce le sue mani. Intorno a quel

dito con il quale gioca, l'antico anello brilla di luce viola.

Dai rumori della città appena sveglia, si allontanano così,

con le labbra lievemente sbavate da un cappuccino amaro e la

bocca addolcita dalla panna di un maritozzo. Facile previsio-

ne per quella tappa al grande Euclide sulla Flaminia, più se-

greto e più lontano, dove è più difficile essere incontrati. Van-

no verso la torre. Sulla Flaminia, avvolti dal sole mentre in-

torno prati rotondi, sfumati di verde, si perdono dolci tra orli

di boschi più scuri. Lasciano la strada. La moto piega le alte

spighe dorate che subito dopo il suo passaggio tornano su im-

perterrite e spavalde. La moto è ferma lì, dopo la collina, po-

co lontano dalla torre. A destra più in basso un cane tranquil-

lo controlla sonnecchiando alcune pecore spelacchiate. Un pa-

store in jeans ascolta una piccola radio scassata rumandosi una

canna ben lontano dai suoi colleghi da presepio. Si spostano

più in là. Soli. Babi apre la borsa. Compare una grossa ban-

diera inglese.

"L'ho comprata a Portobello quando sono stata a Londra.

Aiutami a stenderla. Ci sei mai stato tu?"

"No, mai. È bello?"

"Molto. Mi sono divertita da morire. Ho fatto Brighton per

un mese e Londra alcuni giorni. Sono partita con la EF."

Si stendono sulla bandiera scaldati dal sole. Step ascolta il

racconto londinese e di qualche altro viaggio. Sembra essere

stata in un sacco di posti e si ricorda tutto poi. Ma lui, poco in-

teressato a quelle avventure passate e per niente abituato a

quell'ora mattutina, ben presto si addormenta.

Quando Step apre gli occhi Babi non è accanto a lui. Si al-

za guardandosi preoccupato intorno. Poi la vede. Poco più in

basso, sulla collina. Le sue morbide spalle. È seduta lì, fra il

grano. La chiama. Lei sembra non sentirlo. Quando le è vici-

no si accorge perché. Sta ascoltando il Sony. Babi si gira ver-

so di lui. Il suo sguardo non promette niente di buono. Torna

a guardare i prati lontani. Step le siede accanto. Rimane per

un po' anche lui in silenzio. Poi Babi non resiste più e si toglie

le cuffie.

"Ma ti pare che ti addormenti mentre io sto parlando?" È

arrabbiata sul serio. "Questo vuoi dire non aver rispetto!"

"Ma dai, non fare così. Questo vuoi dire non aver dormito

abbastanza." t^ / r *« w-, , .vvu^nq fji',&

223

Lei sbuffa e si gira di nuovo. Step non può fare a meno di

notare quanto è bella. Forse ancora di più quando è arrabbia-

ta. Tiene alto il viso e tutto assume un'aria buffa, il mento, il

naso, la fronte. I suoi capelli illuminati dal sole ne riflettono i

raggi, sembrano respirare l'odore del grano. Ha la bellezza di

una spiaggia abbandonata, con un mare selvaggio che ne orla

i confini lontani. I suoi capelli, come onde spumeggiarci, le cir-

condano il viso, lo coprono ribelli a tratti e lei li lascia fare.

Step si china e raccoglie con la mano la sua morbida bel-

lezza. Babi cerca di sfuggirgli. "Lasciami!"

"Non posso. È più forte di me. Ti devo baciare."

"Ho detto lasciami. Sono offesa."

Step si avvicina alle sue labbra. "Giuro che dopo ascolto

tutto. L'Inghilterra, Londra, i tuoi viaggi, tutto quello che vuoi."

"Dovevi ascoltare prima!"

Step ne approfitta e la bacia al volo, cogliendo le sue lab-

bra impreparate, appena socchiuse. Ma Babi è più veloce di

lui e serra la bocca decisa. Poi una morbida lotta. Alla fine si

arrende, lentamente si lascia andare al suo bacio.

"Sei violento e scorretto."

Parole sussurrate tra labbra troppo vicine.

"È vero." Parole che quasi si confondono.

"Non mi piace che fai così."

"Non lo farò più, promesso."

"Ti ho già detto che non credo alle tue promesse."

"Allora te lo giuro..."

"Figurati se credo poi ai tuoi giuramenti..."

"Ok, d'accordo, lo giuro su di te."

Babi lo colpisce con un pugno. Lui accusa il colpo scher-

zando. Poi l'abbraccia e sprofonda con lei tra le morbide spi-

ghe. In alto, il sole e il ciclo azzurro, silenziosi spettatori. Più

in là una bandiera inglese abbandonata. Più vicini, due freschi

sorrisi. Step gioca per un po' con i bottoni della sua camicia.

Si ferma un attimo timoroso. I suoi occhi chiusi sembrano

tranquilli. Libera un bottone e poi un altro, con dolcezza, co-

me se un tocco appena più pesante spezzasse la magia di quel

momento. Poi la sua mano scivola dentro, lungo il fianco, sul-

la pelle tenera e calda. L'accarezza. Babi lo lascia fare e ba-

ciandolo lo abbraccia più forte. Step, respirando il suo profu-

mo, chiude gli occhi. Per la prima volta tutto gli sembra di-

verso. Non ha fretta, è tranquillo. Prova una strana pace. La

sua mano aperta scivola sulla schiena, giù lungo quel morbi-

do fosso fino all'orlo della gonna. Una lieve salita, l'inizio di

una dolce promessa. Si ferma. Lì vicino due piccoli buchi lo

224

r

fanno sorridere, come un bacio di lei un po' più appassionato.

Dolcemente continua ad accarezzarla. Torna su, fino a quel de-

bole elastico merlato. Si ferma sulla chiusura nel tentativo di

sciogliere il mistero e non solo quello. Due ganci? Due picco-

le mezzelune che si incastrano una dentro l'altra? Una "s" di

ferro che si infila da sopra? Indugia un poco. Lei lo guarda cu-

riosa. Step si sta innervosendo. "Come cazzo si apre?"

Babi scuote la testa. "Com'è che sei sempre così sboccato?

Non mi piace che parli così quando sei con me."

Proprio in quel momento il mistero si scioglie. Due picco-

le mezzelune si separano tirate da un elastico ormai libero. La

mano di Step vaga per tutta la sua schiena, su fino al collo, fi-

nalmente senza ostacoli.

"Scusami..."

Step non riesce a credere alle sue orecchie. Le ha chiesto

scusa. Scusa. Sente di nuovo quella parola. Lui, Step, si è scu-

sato. Poi, senza più volerci pensare, si abbandona come rapi-

to da quella nuova conquista. Si trova ad accarezzare il suo se-

no, a sfiorarle il collo di baci, a passare la mano sull'altro se-

no e ritrovare anche lì quel fragile accenno di desiderio e pas-

sione. Allora scivola più lentamente verso il basso, verso la sua

pancia liscia, verso l'orlo della gonna. La mano di lei lo ferma.

Step apre gli occhi. Babi è lì di fronte a lui e scuote la testa.

"No."

"No, che?"

"No, quello..." Gli sorride.

"Perché?" Lui non sta sorridendo affatto.

"Perché no!"

"E perché no?"

"Perché no e basta!"

"Ma c'è qualche ragione, tipo..." Step fa un piccolo sorriso

allusivo.

"No, cretino... nessuna ragione. Ci sono io che non voglio.

Quando imparerai a dire meno parolacce, allora forse..."

Step si gira su un fianco e comincia a fare delle flessioni.

Una dopo l'altra, sempre più veloce, senza fermarsi.

"Non ci credo, ditemi che non è vero. L'ho trovata."

Sorride parlando fra una flessione e l'altra, leggermente af-

fannato. Babi si riallaccia il reggisene e la camicia.

"Che cosa hai trovato? E smettila di fare le flessioni men-

tre parliamo..."

Step fa le ultime due su una mano sola. Poi si poggia su un

fianco e si mette a guardarla sorridente.

"Non sei mai stata con nessuno."

225

"Se intendi dire se sono vergine, la risposta è sì." Quella pa»

rola le costa moltissimo. Babi si alza. Si pulisce con la mano

la gonna. Alcuni pezzi di spighe cadono a terra. "E ora porta-

mi a scuola!"

"Ma che, ti sei arrabbiata?"

Step la prende fra le braccia.

"Sì. Hai un modo di fare irritante. Non sono abituata a es-

sere trattata così. E lasciami..."

Si libera del suo abbraccio e va spedita verso la bandiera

inglese. Step la rincorre.

"Dai Babi... Aspetta, non volevo offenderti. Scusami, sul

serio."

"Non ho sentito."

"Sì che hai sentito."

"No, ripeti."

Step si guarda intorno scocciato. Poi la fissa. "Scusami.

Va bene? Guarda che io sono felice se non sei mai stata con

nessuno."

Babi si china a raccogliere la bandiera inglese e comincia

a piegarla.

"Ah sì, e perché?"

"Be', perché... perché sì. Sono felice e basta."

"Perché pensi che sarai tu il primo?"

"Senti, ti ho chiesto scusa. Ora basta, falla finita. Come sei

difficile."

"Hai ragione. Tregua." Gli passa un bordo della bandiera.

"Tieni, aiutami a piegarla." Si allontanano. La stendono e poi

si avvicinano di nuovo. Babi prende dalle sue mani l'altro bor-

do della bandiera e gli da un bacio. "È che quell'argomento mi

innervosisce."

Tornano in silenzio alla moto. Babi sale dietro di lui. Si al-

lontanano così, lungo la collina, lasciandosi alle spalle spighe

spezzate e un discorso a metà. È il primo giorno che stanno

insieme e Step già le ha chiesto scusa due volte. Capirai... An-

diamo bene. Lei lo abbraccia felice. Sì, andiamo benissimo.

Babi è tranquilla ora, non pensa a niente. Non sa che un gior-

no, non molto lontano, affronterà con lui quel discorso che tan-

to la innervosisce.

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"Frena." Babi urla e stringe forte i fianchi di Step. La

to quasi inchioda al suo cornando. *

"Che succede?"

"C'è mia madre."

Babi indica la Peugeot di Raffaella ferma poco più avanti

di fronte alla scalinata della Falconieri. Mancano pochi mi-

nuti all'una e mezzo. Deve tentare. Bacia Step sulle labbra.

"Ciao, ti chiamo oggi pomeriggio." Si allontana tenendosi bas-

sa lungo la fila di macchine posteggiate. Giunta davanti alla

scuola si alza lentamente. Sua madre è lì, a pochi metri da lei,

la può vedere perfettamente attraverso il vetro di una Mini po-

steggiata. Sta trafficando con qualcosa sulle gambe. Poi Raf-

faella alza la mano sinistra e la controlla. Babi capisce. Si sta

facendo le unghie. Babi si accuccia contro la macchina, ri-

controlla l'orologio. Ormai ci devono essere. Guarda a destra

in fondo alla strada. Step non c'è più. Chissà cosa pensa di

me. Lo chiamerò più tardi. Improvvisamente si ricorda che

non può farlo. Non ha il suo cellulare. Non sa neanche dove

abita. La campanella dell'uscita suona. Le prime classi com-

paiono in cima alla scala. Cominciano a scendere le ragazze

più piccole. Un'altra campanella. È il turno delle seconde e

poi le terze. Ragazze più grandi. Una la guarda incuriosita.

Babi si porta il dito sulle labbra, facendole segno di stare zit-

ta. La ragazza guarda altrove. Sono tutte abituate a segreti di

ogni tipo. Finalmente è il turno della sua classe. Sua madre è

ancora distratta, forse alle prese con un'unghia spezzata. È

quello il momento di andare. Babi esce dal suo nascondiglio

e si mischia alle altre ragazze. Ne saluta qualcuna poi, senza

farsi vedere, controlla la macchina. Raffaella non si è accor-

ta di nulla. Ce l'ha fatta.

"Babi!"

Pallina le corre incontro. Le due ragazze si abbracciano.

227

Babi la guarda preoccupata- "Com'£ andata, hanno Sfcò-

perto qualcosa?"

"No, tutto sotto controllo."

"Tieni, questi sono i compiti che hanno dato oggi. Ci sono

anche le interrogazioni. Tutto preciso, potresti prendermi co-

me tua segretaria. Be', ti sei divertita?"

"Moltissimo." Babi infila il foglio nella borsa e sorride al-

l'amica.

"Lasciami indovinare." Pallina la fissa un attimo. "Cola-

zione da Euclide di Vigna Stelluti. Cappuccino e maritozzo con

panna."

"Ci sei quasi. Stesse cose ma a quello sulla Flaminia."

"Chiaro! Molto più riservato. Preciso. Poi fuga a Fregene e

sesso sfrenato sulla spiaggia, giusto?"

"Toppato!" Babi si allontana sorridendole.

"Fregene o il resto?"

"Ti dico solo che una cosa l'hai toppata."

Sale in macchina mentendo all'amica e lasciandola lì, di

fronte alla scuola, piena di curiosità. In realtà le ha sbagliate

tutte e due.

"Ciao mamma."

"Ciao." Raffaella si lascia baciare sulla guancia da Babi. La

situazione sembra tranquilla. "Com'è andata scuola?"

"Bene. Non mi hanno interrogato."

Arriva anche Daniela.

"Possiamo andare. Giovanna ha detto che torna per conto

suo da adesso in poi."

La Peugeot parte. Quella notizia ha riempito tutte di gioia.

Non dovranno più aspettarla. Mentre sono ferme al semaforo

di piazza Euclide, Babi sente improvvisamente qualcosa che

la punge. Senza farsi vedere si infila la mano nella camicetta.

Imprigionata nel reggisene c'è una piccola spiga dorata. La li-

bera e la mette in mezzo al diario. Poi la fissa per un attimo.

Quel piccolo grande segreto. Step le ha toccato il seno. Sorri-

de e proprio mentre scatta il verde, lo vede. È lì, fermo sulla

destra della piazza. Sventola ridendo una bandiera inglese, la

sua bandiera. Ma quando gliel'ha rubata? Poi si ricorda la co-

sa più importante. Step è come Pollo, anche lui ruba. Non ci

ha mai pensato prima. Si è messa con un ladro.

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221

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La prima "a" è troppo dedotta, la seconda con la stanghetta

troppo lunga, poi troppo bassa, poi troppo sottile tutta la scrit-

ta. Babi riprova a imitare la firma della madre. Riempie alcu-

ni fogli del quaderno di matematica.

"Dani? Questa secondo te può sembrare la firma di mam-

V

ma?

Daniela guarda quell'ultima scritta. Rimane per un po' pen-

sierosa. "Il cognome mamma lo fa più lungo. No, non lo so. C'è

qualcosa di strano. Ecco. La "g" è troppo magra, le hai fatto la

pancia troppo piccola. Mamma inizia sempre il cognome con

la G molto più grossa. Guarda." Apre il suo diario e mostra al-

la sorella una firma di quelle vere. "Vedi?"

Babi la fissa per un attimo paragonandola con quella che

ha fatto lei. "A me sembrano identiche. È perché lo sai." Se ne

va più tranquilla in camera sua.

"Fai come vuoi. Per me la "g" è troppo piccola. Poi non

capisco perché mi chiedi sempre che ne penso se poi fai co-

me ti pare."

Chiude la porta.

Babi prende il diario alla pagina della giustificazione. Do-

ve c'è il motivo dell'assenza, scrive: "ragioni di salute". In fon-

do è vero. Sarebbe stata male all'idea di non fuggire con Step.

Poi viene il momento della firma. Ritorna seria. Ne prova an-

cora una su un foglio lì vicino. Sotto a decine di Raffaella Ger-

vasi. Quest'ultima le viene ancora meglio. È perfetta. Però, può

falsificare anche degli assegni, comprarsi FSH 50. Capisce di

aver esagerato. In fondo non ha bisogno di soldi, solo di esse-

re giustificata. Prende la penna e si butta decisa. Comincia con

la R e via giù, scivolando il più naturalmente possibile fino a

quell'ultimo puntino sulla "i". Poi, ancora tremante per la con-

centrazione, la fatica di copiare, di scrivere perfettamente ugua-

le a sua madre, guarda la scritta. È venuta ancora meglio. In-

229

credibile. Forse, il cognome è un po' tremolante. La confron-

ta con le altre firme di sua madre sul diario. Nessuna grossa

differenza. Nessun segno impreciso. Un'altra cosa poi gioca a

suo favore. Alla prima ora ha la professoressa di matematica,

la Boi. Occhiali spessi, una faccia larga sempre sorridente. An-

che quella volta quando si è scusata con la classe per aver per-

so i compiti e le ha pregate di non farne parola con nessuno.

Quel giorno Pallina era sicura di aver preso almeno sette. È

per questo che secondo lei la Boi se li era persi. L'ha fatto ap-

posta per non darle soddisfazione. Pallina crede che tutti i pro-

fessori ce l'abbiano sempre con lei e con i suoi voti. Babi chiu-

de il diario. Ora è più tranquilla. Quella firma la controllerà

solo la Boi e non si accorgerà di sicuro che è falsa. Comincia

a studiare. Poi ha una strana sensazione. Si guarda intorno ma

non nota nulla. Continua a fare i compiti. Se fosse stata più at-

tenta a guardare l'orario, avrebbe capito cosa la preoccupa. Al-

la seconda ora c'è la Giacci.

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o,«| 42.

Più tardi, quando i suoi genitori sono usciti, Step la pas-

sa a prendere. C'è tutto il gruppo giù che l'aspetta: Schello,

Lucone, Dario e Gloria, il Siciliano, Hook, Pollo e Pallina e

altri tipi su una Golf con un paio di ragazze. Vanno con le

moto verso Prima Porta, poi prendono a destra verso Fiano.

Quando arrivano Babi è tutta infreddolita. Il posto si chiama

II Colonnello ed è molto lontano. Babi non capisce perché

hanno scelto un posto come quello per mangiare. Sono due

grandi sale con il forno a vista e dei normalissimi tavoli. For-

se si spenderà poco, pensa. Un giovane cameriere arriva per

prendere le ordinazioni. Sono quindici e tutti cambiano idea

continuamente tranne lei che ha scelto fin dall'inizio un'in-

salata mista con poco olio. Il povero cameriere è distrutto.

Cerca ogni tanto di ricapitolare i primi per passare poi ai se-

condi ma quando è il momento dei contorni qualcuno ha già

cambiato idea di nuovo.

"Senti capo, fai due pappardelle al cinghiale."

"Anche per me." Si aggiunge subito qualcun altro e un altro

ancora. E subito dopo altri due decidono di prendere la polenta,

o la Carbonara. È il gruppo più indeciso che Babi abbia mai vi-

sto. Come se non bastasse, Pollo cerca di dare una mano ripe-

tendo ogni volta tutte le ordinazioni e creando ancora più con-

fusione. Alla fine tutti ridono divertiti. È diventato una specie di

gioco. Il povero cameriere si allontana sempre più confuso. L'u-

nica cosa certa è che deve portare quattordici medie chiare e

una... cosa ha ordinato quella bella bionda dagli occhi azzurri?

Ricontrolla il blocchetto pieno di cancellature ed entra in cuci-

na ricordandosi di portare anche una Diet-Coke.

La cena prosegue nel massimo della confusione. Ogni vol-

ta che viene portato un piatto, dal prosciutto alle ovoline alla

bruschettà, è una specie di arrembaggio, tutti ci si buttano so-

pra e dopo un attimo è tutto sparito.

231

Delle ragazze dagli occhi troppo truccati ridono divertite.

Babi guarda Pallina cercando un po' di comprensione. Anche

lei, però, sembra ormai essersi integrata perfettamente nel

gruppo. È arrivata la sua insalata mista con poco olio. La si-

tuazione non è proprio delle più allegre. Poi è la volta del rac-

conto del Siciliano. È la triste storia di un certo Francesco Co-

stanzi. Ha avuto la cattiva idea di infastidire la sua ex donna.

Neanche la donna, pensa Babi, la sua ex. Roba da pazzi.

Ma tutti ascoltano interessati e nessuno sembra muovere

questo appunto. Quindi pensa Babi, forse ha ragione lui. La

pazza sono io.

"Allora sapete che faccio?" Il Siciliano manda giù un sor-

so di birra. "Vado insieme a Hook da Marina che stava a casa da

sola."

Dall'altra parte della tavolata Hook con la benda sull'occhio

sorride. È al centro dell'attenzione e si sta prendendo giusta-

mente la sua fetta di gloria. Il Siciliano continua.

"Allora la faccio telefonare a questo coglione di Costanzi.

Lei lo chiama e gli dice se passa a salutarla. E sapete cosa fa

l'infame?"

Babi guarda stupita il gruppo. Sembra che non lo sappia-

no veramente. Azzarda lei la risposta.

"C'è andato." Il Siciliano si gira verso di lei. Sembra un po'

infastidito.

"Brava Babi. Proprio così. Ci va 'sto infame!" Lei sorride.

Poi incrociando lo sguardo scocciato di Step allarga le brac-

cia. Il Siciliano non se ne accorge e continua divertito il suo

racconto. "E ora viene la parte migliore. Quando questo arri-

va, Marina lo fa salire. Com'è entrato, io e Hook gli saltiamo

addosso e lo immobilizziamo. Poi, non sapete che ridere, lo

spogliamo e lo leghiamo a una sedia. Oh! Dovevate vedere la

faccia che c'aveva. Nudo come un verme. Poi prendo un col-

tello da cucina e glielo metto là in mezzo alle gambe. Inizia a

urlare. Secondo Hook perché il coltello era gelato! Poi entra

Marina. L'avevamo fatta vestire tutta di pizzo trasparente. Be',

le metto la musica e inizia a fare uno spogliarello. Io dico al ti-

po: oh, se vedo che ti piace e il coso da qualche segno di vita ti

giuro che te lo taglio. Oh, Marina rimane in reggisene e in mu-

tandine e il tipo non si muove, non so se m'avete capito, è co-

me morto l'affare."

Tutti ridono come pazzi. Una ragazza in fondo al tavolo

quasi si strozza. Anche Step sembra divertirsi. Babi non crede

alle sue orecchie.

"Zitti, zitti..." fa il Siciliano. "A un certo punto sentiamo il

232

rumore della porta. Non sono i genitori di Marina? Io e Hook

ci fiondiamo fuori e quelli non beccano il tipo nudo sulla se-

dia con Marina mezza spogliata? Vi giuro, una scena da mo-

rire, da sentirsi male. Dovevate vedere le loro facce."

"E che gli hanno fatto al tipo?"

Babi guarda Pallina. Ha anche il coraggio di fare queste

domande.

"Boh, non lo so. Noi siamo scappati. So solo che adesso

l'infame sta con una e ha seri problemi a farsela... Dopo la pro-

va che gli abbiamo fatto passare, sembra che ci ha perso l'abi-

tudine. Se vede una che si spoglia il coso non gli si tira più su."

È l'apoteosi. Tutti cominciano a ridere come pazzi. Poi non

si sa come accade. Un pezzo di pane vola. Subito dopo è una

pioggia, una vera e propria battaglia di avanzi di carne, pata-

te, birra. Si tirano di tutto. Le ragazze sono le prime ad ab-

bandonare le postazioni. Babi e Pallina si allontanano veloci

dal tavolo seguite dalle altre. I ragazzi continuano a lanciarsi

la roba da mangiare, con forza, con rabbia, fregandosene de-

gli altri tavoli, di colpire i clienti vicini. Il massimo è quando

il povero cameriere cerca di fermarli. Viene centrato in pieno

volto da un pezzo di pane casareccio bagnato. C'è una specie

di ovazione. Quel cameriere non ha mai avuto così successo in

vita sua. Poi è la volta del conto. Pollo si offre di raccogliere i

soldi. Step prende Babi sottobraccio e la porta fuori del risto-

rante. Uno dopo l'altro anche gli altri escono.

Babi tira fuori il portafoglio. "Quanto ti devo?" ;

Step le sorride. "Scherzi? Lascia stare." i

"Grazie."

"Non devi ringraziare me. Monta."

Step accende la moto. Babi sale dietro di lui.

"Allora chi devo ringraziare? Pollo stava raccogliendo i sol-

di."

"No, quella è la frase convenzionale." Proprio in quel mo-

mento Pollo esce di corsa dal ristorante e salta sulla sua mo-

to. "Via ragazzi!" Tutti partono sgommando veloci. Le moto

schizzano in avanti spegnendo le luci. Dal ristorante escono di

corsa il cameriere e qualcun altro. Gridano cercando inutil-

mente di leggere le targhe.

Il rumore delle moto echeggia forte negli stretti vicoli di

Piano. Uno dopo l'altro, piegati a tutta velocità, sbucano fuo-

ri dal paese attraverso le stradine, urlando e ridendo, suonan-

do i clacson. Poi, quasi volando, prendono la Tiberina, avvolti

dal freddo della strada, dal verde bagnato dei boschi vicini. So-

lo allora riaccendono le luci.

233

\ Pollo accosta Step. n

"Oh, non si mangia male da questo Colonnello..." ;,

"No. Si mangia bene." '-,

"Comunque volevano quaranta euro a cranio..." 1

"Allora hai fatto bene!"

Pollo da gas e ridendo sguaiatamente si allontana con Pal-

lina. Babi si sporge in avanti. *S

"Cioè vuoi dire che non abbiamo pagato?"

"Be', che c'è qualche problema?"

"Problema? Ma ti rendi conto che ti possono denunciare?

Magari hanno letto qualche targa."

"Non ci riescono con i fari spenti. Senti, lo facciamo sempre

e non hanno mai beccato nessuno. Quindi non portare sfiga!"

"Io non porto sfiga. Sto solo cercando di farti ragionare.

Anche se mi sembra molto difficile. Ma non pensi a quelli del

ristorante? Quella è gente che lavora, che sta tutto il giorno in

cucina a sudare sui fornelli, che apparecchia per te, che ti ser-

ve da mangiare, che sparecchia, che pulisce e tu non li consi-

deri minimamente."

"Come non li considero! T'ho detto pure che mi è piaciuto

un casino come si mangia in quel posto!"

Babi rimane in silenzio. È inutile. Si lascia andare indie-

tro sul sellino scostandosi un po' da lui. Intorno il vento della

notte e l'umidità dei boschi la sfiora dandole dei brividi di fred-

do. Ma non è solo quello. Sta con uno che non capisce, che non

può capire. Guarda in alto davanti a sé. È una notte limpida.

Le stelle brillano lontane. Piccole nuvole trasparenti accarez-

zano la luna. Sarebbe tutto bellissimo se solo...

"Ehi, Step." Hook lo accosta. "Ti giochi cinquanta euro a

chi arriva fino al centro su una ruota sola?"

Step non se lo fa ripetere due volte. "Preso." Scala e da

gas. La moto s'impenna. Babi fa appena in tempo a tenersi.

Di nuovo! Non ne posso più. Almeno stavolta non sto girata

a testa in giù!

"Step! Step!" Grida dandogli dei forti pugni sulla schiena.

"Smettila! Scendi." Step lascia andare dolcemente il gas. La

moto tocca terra con tutt'e due le ruote. Hook continua anco-

ra per un po' gridando vittoria.

"Ma che t'è preso? Sei impazzita?"

"Basta con le pinne, con le botte, con gli inseguimenti, non

ne posso più, hai capito?" Babi sta urlando. "Voglio una vita

normale, tranquilla. Di gente che va in motocicletta come tut-

ti. Non voglio fuggire dai ristoranti, voglio pagare come tutti.

Non voglio che tu faccia a botte. Non voglio sentire che uno

234

r

dei tuoi amici ha messo il coltello in mezzo alle gambe di uno

solo perché questo ha chiamato la sua ex donna e non vorrei

sentirlo neanche se fosse la sua donna! Io odio la violenza, odio

i picchiatori, odio i prepotenti, odio la gente che non sa vive-

re, che non sa parlare, che non sa discutere, che non ha rispetto

per gli altri. Hai capito? La odio!"

Rimangono per un po' in silenzio, lasciandosi cullare dal-

la velocità costante della moto, dal vento che sembra piano pia-

no calmarla. Poi Step scoppia a ridere.

"Si può sapere che c'è di tanto divertente?"

"Lo sai cosa odio invece io?"

"No, che?" s' - "

"Perdere cinquanta euro."

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38

Davanti al benzinaio di piazza Euclide, un gruppetto di ra-

gazzi e ragazze sta ascoltando un tipo molto divertente. Avreb-

be successo in un piccolo teatro di cabaret. Invece s'è ostinato

a prendere Economia e Commercio anche se davanti ai profes-

sori fa quasi sempre scena muta. Poco più in là, davanti a Pan-

demonium, si sono dati appuntamento dei ragazzi un po' più

grandi. Arriva una BMW z3. Dalla macchina scende una bruna

dalle calze perfette almeno quanto le sue gambe. Ha una giac-

ca nera e dei bermuda plissettati di seta traslucida. La macchi-

na è celeste e un pubblicitario non potrebbe creare niente di me-

glio. Quando scende lui però la magia svanisce. Ha pochi capelli

in testa e un po' di pancia. Un vero creativo non lo sceglierebbe

mai. Poco più avanti, di fronte al giornalaio, è ferma una ca-

mionetta. Due carabinieri controllano senza molta convinzione

alcuni documenti dei ragazzi lì intorno, poi se ne vanno.

Una macchina passa veloce strombazzando. Una ragazza

dai capelli biondi si affaccia dal finestrino salutando qualcu-

no e sparisce sgommando a destra, su per via Siacci. Una bru-

na entra al Caffè Shop a comprare le sigarette.

Poi, uno dopo l'altro arrivano loro. Suonando e sgasando.

Alcuni salgono con la moto sul marciapiede, altri la posteg-

giano, di fronte alla serranda chiusa dell'Euclide. Babi scende

dalla moto di Step, si passa i capelli indietro con la mano. In

quel momento le si avvicina Pallina.

"Forte, no?"

"Cosa?"

"Be', che siamo fuggite così, nella notte, senza pagare. Io

non l'ho mai fatto. Dai, è troppo divertente. E poi sono sim-

patici loro, no?"

"No. E non mi sono divertita affatto."

"Be', per una volta..."

"Non è una volta. Lo sai benissimo. Per loro è un'abitudi-

216

ne. Pallina, non capisci. È come se tu rubassi. Mangiando sen-

za pagare, tu hai rubato."

"Capirai! Un piatto di tortellini e una birra. La rapina del

secolo!"

"Pallina, quando non vuoi capire non c'è proprio verso, eh?"

Improvvisamente una mano le da due colpi non proprio

leggeri sulla spalla: è Maddalena. Mastica una gomma e la ris-

sa sorridendo.

"Guarda che tu qui non ci devi venire." i

"Perché?" "

"Perché io non ti ci voglio."

"Non mi risulta che questo posto sia tuo. Quindi non puoi

vietarmelo."

Babi si gira verso Pallina troncando ogni discussione. Cer-

ca di iniziare una qualsiasi conversazione. Ma stavolta uno

strattone violento la obbliga a girarsi.

"Forse non hai capito. Te ne devi anda'." Maddalena pic-

chia con la mano sulla spalla di Babi. "Intendi?"

Babi sospira. "Ma che vuoi da me? Chi ti conosce? Chi sei?"

Maddalena alza la voce. Diventa rossa. "Sono una che ti

spacca la faccia." Poi le si avvicina e le urla a un palmo dal vi-

so. "Hai capito?"

Babi fa una smorfia di disprezzo. Intorno qualcuno si è gi-

rato a guardare cosa sta succedendo. Piano piano la gente smet-

te di chiacchierare e le si fa intorno. Tutti sanno cosa sta per

accadere. Anche Babi lo sa. Cerca di allontanarla. Maddalena

le sta vicino, troppo.

"Senti, falla finita. Non mi piacciono le piazzate."

"Ah, non ti piacciono, eh? E allora staitene a casa..."

Maddalena avanza minacciosa. Babi allunga le mani e le

mette sulle sue spalle cercando di tenerla lontana.

"Senti te l'ho detto, non mi va di discutere..."

"Che fai?" Maddalena guarda la mano di Babi sulla sua

spalla. "Mi metti le mani addosso? Leva subito questa mano

da qua!" E da una botta forte al braccio di Babi.

"Va bene me ne vado. Step?"

Babi si gira per cercarlo. Ma proprio in quel momento sen-

te un bruciore foltissimo sotto lo zigomo destro. Qualcosa l'ha

colpita. Si volta. Maddalena è lì, di fronte a lei. Ha i pugni al-

ti, chiusi e minacciosi, e sorride. È stata lei a colpirla. Babi si

porta la mano sopra la guancia. Lo zigomo è caldo e le fa ma-

le. Maddalena la colpisce con un calcio in pancia. Babi si spo-

sta indietro. Maddalena la prende di striscio ma le fa male

ugualmente. Babi si gira per andarsene.

237

r

«* "Dove credi di andare, brutta stronza?"

Un calcio da dietro la prende in pieno nel sedere spingen-

dola in avanti. Babi riesce a non perdere l'equilibrio. Ha le la-

crime agli occhi. Continua a camminare lentamente. Intorno

a lei sente degli schiamazzi, facce che ridono, altri che la fis-

sano in silenzio, qualcuno la indica.

Delle ragazze la guardano preoccupate. Il rumore del traffi-

co lontano. Poi vede Step. È lì davanti a lei. Improvvisamen-

te sente dei passi di corsa dietro di lei. È Maddalena. Chiude

gli occhi e abbassa leggermente la testa. L'avrebbe colpita di

nuovo. Si sente tirare indietro di botto per i capelli, trasci-

nata quasi. Si gira su se stessa per non cadere. Si ritrova a

correre a testa bassa, tirata da Maddalena, da quella furia ur-

lante che la riempie di pugni sulla testa, sul collo, sulla schie-

na. L'attaccatura dei capelli sembra quasi volersi staccare e

un dolore atroce le raggiunge il cervello facendola impazzi-

re. Cerca di liberarsi. Ma ogni strattone, ogni resistenza so-

no una fitta acuta in più, un dolore lancinante. Allora la se-

gue rincorrendola quasi. Babi porta le mani avanti attaccan-

dosi al suo giubbotto, spingendo con tutta la forza, sempre

più vicino, sempre più veloce, senza vedere dove va, senza ca-

pire. Poi un forte rumore di ferro, del metallo che rimbalza.

Si ritrova improvvisamente libera. Maddalena è finita contro

dei motorini, è caduta a terra, trascinando con sé nella foga

un SH 50 e un vecchio Free. Ed ora è ferma lì sotto, mentre

una ruota sporca, dai raggi arrugginiti ancora gira, e un pe-

sante telaio e il manubrio la bloccano. Babi sente la rabbia

salirle improvvisamente come una marea, come un'onda enor-

me di odio. Sente il suo viso rosso, il respiro affannato, il suo

zigomo colpito, la sua testa torturata e in un attimo le è ad-

dosso. Inizia a colpirla scalciando come un animale, irrico-

noscibile. Maddalena prova a rialzarsi. Babi si piega su di lei

e la tempesta dì pugni, colpendola dappertutto, urlando, graf-

fiandola, tirandola per i capelli, disegnando sul suo collo lun-

ghe linee irregolari fatte di sangue. Poi due mani forti la sol-

levano da dietro. Babi si trova improvvisamente a scalciare

nel vuoto, divincolandosi, nel tentativo di liberarsi per tor-

nare a colpire, per mordere di nuovo, per ferire ancora. Nel-

l'allontanarsi un suo ultimo calcio preciso, ma non del tutto

voluto, colpisce un altro motorino. Un SH 50 si abbatte lento

vicino a Maddalena, ormai esausta.

"Oh, il mio motorino..." reclama un innocente.

Mentre viene trascinata via, Babi guarda la folla. Ora non

ridono più. In silenzio la fissano. Si allargano per farla pas-

238

sare. Si lascia andare all'indietro abbandonandosi a chi la por-

ta via. E una risata nervosa sale da lei verso il ciclo. Si ricor-

da quella ragazza sguaiata che stava a capotavola. Ride an-

cora e poi di più, più forte, ma dalla sua bocca non sente usci-

re più nulla.

Il vento fresco accarezza la sua faccia. Chiude gli occhi.

La testa le gira. Il cuore batte forte. Il suo respiro è spezzato

e onde violente di rabbia la scuotono a tratti, non ancora cal-

mate. Qualcosa sotto di lei si ferma. È sulla moto. Step l'aiu-

ta a scendere.

"Vieni qua."

Sono sul ponte di corso Francia. Sale i gradini. Si avvicina

alla fontanella. Step bagna la sua bandana e gliela passa sul vi-

so. "Va meglio?" Babi fa cenno di sì con la testa. Step si siede

sul muretto lì vicino, con le gambe aperte a ciondoloni. Rimane

a fissarla sorridente.

"Chi eri tu? Quella che odia i picchiatori? I violenti? Meno

male! Roba che se non te la levavo da sotto, l'ammazzavi quel-

la poveraccia."

Babi fa un passo verso di lui, poi scoppia a piangere. Im-

provvisamente, in maniera convulsa. È come se qualcosa si fos-

se rotto, una diga, una barriera liberando quel fiume di lacri-

me e singhiozzi. Rimane a fissarla, allargando le mani, non sa-

pendo bene che fare. Poi abbraccia quelle piccole morbide spal-

le che tremano.

"Dai, non fare così. Non è colpa tua. Ti ha provocato."

"Io non volevo colpirla, non volevo farle del male. Sul se-

rio... Non volevo."

"Sì, lo so."

Step le mette una mano sotto il mento. Raccoglie una

piccola lacrima salata, poi le alza il viso. Babi apre gli occhi,

tirando su con il naso, sbattendo le ciglia, sorridendo e ri-

dendo, ancora nervosa. Step lentamente si avvicina alla sua

bocca e la bacia. Sembra ancora più morbida del solito, co-

sì sotto di lui, calda e remissiva, leggermente salata. E lei si

lascia andare cercando conforto in quel bacio, prima dolce-

mente poi sempre più forte, disperata fino a quando si na-

sconde nel suo collo. E lui sente le sue guance bagnate, la

sua pelle fresca, i suoi piccoli singhiozzi nascosti là dietro.

"Ora basta." La scosta. "Su, non fare così." Step sale sul

muretto. "Se non smetti di piangere mi butto di sotto. Sul se-

rio..." Fa alcuni passi insicuri sul bordo di marmo. Allarga le

braccia cercando l'equilibrio. "Allora la smetti o mi butto...?"

Molti metri più sotto il fiume tranquillo e scuro, l'acqua ne-

239

ra dipinta dalla notte, le sponde piene di cespugli. Babi lo guar-

da preoccupata, ma singhiozza ancora.

"Non fare così... ti prego."

"Tu smetti di piangere!"

"Non dipende da me..."

"Allora ciao..."

Step fa un salto e gridando si butta di sotto. Babi corre ver-

so il bordo del muretto.

"Step!" Non si vede nulla, solo il lento scorrere del fiume

trascinato dalla sua corrente.

"Buuuu!"

Step spunta da sotto il muretto e la prende al volo per il ba-

vero del giubbotto. Babi grida.

"Ci avevi creduto, eh?" La bacia.

"Ci mancava solo questo. Non vedi come sto e mi fai pure

questi scherzi."

"L'ho fatto apposta. Un bello spavento è quello che ci vuo-

le, manda via tutto."

"Quello è per il singhiozzo."

"Perché, tu non stai singhiozzando? Dai vieni di qua." L'aiu-

ta a scavalcare il muretto. Si ritrovano al di fuori del ponte, so-

spesi nel buio, su un piccolo cornicione. Sotto di loro il fiume,

poco più lontano l'Olimpica illuminata. Avvolti dal buio e dal

lento sussurrare della corrente, si baciano di nuovo. Con pas-

sione e trasporto, pieni di desiderio. Lui le alza la maglietta e

le tocca il seno, liberandolo. Poi si apre la camicia e posa la

sua pelle morbida contro il suo petto. Rimangono lì a respira-

re il loro calore, ad ascoltare i loro cuori, a sentire la pelle sfio-

rarsi avvolta dal vento fresco della notte.

Più tardi, seduti sul bordo del muretto, fissano il ciclo e le

stelle. Babi si è sdraiata, ora calma e tranquilla, con la testa

poggiata sulle gambe di Step. Lui le accarezza i capelli. In si-

lenzio. Poi Babi vede una scritta.

"Tu non faresti mai una cosa del genere per me."

Step si guarda in giro. Una bomboletta romantica ha spruz-

zato la sua frase d'amore: "Cerbiatta ti amo".

"È vero. Io non so scrivere, lo dici tu."

"Be', potresti suggerirlo a qualcuno che lo scrive per te."

Babi porta la testa indietro sorridendogli al contrario.

"Ah, ah... e comunque scriverei qualcosa di questo genere,

mi sembra molto più adatto a te."

Su una colonna proprio di fronte a loro c'è un'altra scrit-

ta: "Cathia ha il secondo più bel culo d'Europa". "Secondo" è

stato aggiunto con una piccola parentesi. Step sorride.

240

r

"È una scritta molto più sincera. Anche perché tu hai il

primo."

Babi scende veloce dal muretto e lo colpisce con un picco-

lo pugno. "Porco!"

"Che fai? Picchi pure me? Allora è proprio un vizio il tuo..."

"Non mi piace questo scherzo..."

"Va bene, la smetto." Step cerca di abbracciarla. Babi gli

sfugge. "Non mi credi? Te lo prometto..."

"Certo... anche perché sennò ti picchio!"

241

44.

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- "Alessandri?" *-, n^

"Presente."

"Bandini?" |>* . <.. » .' u«

"Presente."

La Boi sta facendo l'appello. Babi, seduta al suo banco, con-

trolla preoccupata la sua giustificazione. Ora non le sembra più

così perfetta. La Boi salta un cognome. Un'alunna che è presente

e che ci tiene alla sua identità si alza e dal banco glielo fa nota-

re. La Boi si scusa poi ricomincia l'appello da dove ha sbaglia-

to. Babi si tranquillizza un po'. Con una professoressa così for-

se la sua giustificazione passerà inosservata. Quando è il mo-

mento porta il diario alla cattedra con le altre due assenti del

giorno prima. Rimane lì, in piedi, con il cuore che le batte for-

te. Ma tutto va liscio.

Babi torna al suo banco e segue il resto della lezione rilas-

sata. Le arriva un biglietto sul banco. Pallina sorride dal suo po-

sto. È stata lei a lanciarlo. È un disegno. Una ragazza è stesa per

terra e un'altra sta lì vicino in posa da pugile. Sopra un grosso ti-

tolo: "Babi m". È la parodia di Rocky. Una freccia indica la ra-

gazza a terra. Sopra c'è scritto Maddalena, con, tra parentesi, la

bora. Vicino all'altra ragazza invece c'è una frase: "Babi, i suoi

pugni sono di granito, i suoi muscoli d'acciaio. Quando arriva lei

tutta piazza Euclide trema e le bore, finalmente, fuggono". Babi

non può fare a meno di ridere.

Proprio in quel momento suona la campanella. La Boi do-

po aver faticosamente raccolto la sua roba esce dalla classe. Le

ragazze non fanno in tempo a uscire dai banchi che entra la

Giacci. Tutte tornano silenziosamente al loro posto. La pro-

fessoressa va alla cattedra. Babi ha l'impressione che la Giac-

ci, entrando, si guardi in giro, come se stesse cercando qual-

cosa. Poi, quando vede lei, ha una specie di sollievo, sorride.

Mentre si siede Babi pensa che è solo una sua impressione. De-

242

ve smetterla, si sta fissando. In fondo la Giacci non ha niente

contro di lei.

"Gervasi!" Babi si alza. La Giacci la fissa sorridente. "Ven-

ga, venga Gervasi." Babi esce dal banco. Altro che impressio-

ne. In storia è già stata interrogata. La Giacci ce l'ha proprio

con lei. "Porti anche il diario." Quella frase la colpisce diretta-

mente al cuore. Si sente svenire. La classe comincia come a

ruotarle intorno. Guarda Pallina. Anche lei è sbiancata. Babi

con il diario tra le mani, terribilmente pesante, insostenibile

quasi, si avvicina alla cattedra. Perché vuole il diario? La sua

coscienza sporca sembra non avere niente da suggerirle. Poi

una piccola luce. Forse vuole ricontrollare la nota firmata. Si

attacca a quello spiraglio, a quell'improbabile illusione. Posa

il diario sulla cattedra.

La Giacci lo apre fissandola.

"Ieri lei non è venuta a scuola, vero?"

Anche quell'ultimo fragile barlume di speranza si spegne.

"Sì."

"E come mai?"

"Sono stata poco bene." Adesso sta malissimo. La Giacci si

avvicina pericolosamente alla pagina delle giustificazioni. Tro-

va l'ultima, quella incriminata.

"E questa sarebbe la firma di sua madre, vero?" La pro-

fessoressa le mette il diario sotto gli occhi. Babi guarda quel

suo tentativo di imitazione. All'improvviso le appare folle-

mente falso, incredibilmente tremolante, dichiaratamente

finto. Un "sì" talmente flebile esce dalle sue labbra che qua-

si non si sente.

"Strano. Ho parlato poco fa per telefono con sua madre

e non sapeva niente della sua assenza. Meno che mai di aver

firmato qualcosa. Sta venendo qui ora. Non mi sembrava fe-

lice. Lei ha finito con questa scuola, Gervasi. Verrà espulsa.

Una firma falsa, se denunciata a chi di dovere come farò io,

equivale a una definitiva sospensione. Peccato Gervasi, po-

teva prendere un bel voto alla maturità. Sarà per il prossi-

mo anno. Tenga."

Babi si riprende il diario. Ora sembra incredibilmente leg-

gero. Improvvisamente tutto le sembra diverso, i suoi movi-

menti, i suoi passi. È come se galleggiasse nell'aria. Tornando

al suo posto avverte gli sguardi delle compagne, quello strano

silenzio.

"Stavolta, Gervasi, ha sbagliato lei!"

Non capisce bene quello che segue. Si ritrova in una stan-

za con delle panche di legno. C'è sua madre che strilla. Poi ar-

243

riva la Giacci con la preside. La fanno uscire. Continuano a di-

scutere a lungo mentre lei aspetta in corridoio. Una suora pas-

sa sullo sfondo. Si scambiano uno sguardo senza sorriso né sa-

luto. Più tardi esce sua madre. La trascina via per un braccio.

È molto arrabbiata.

"Mamma, mi cacceranno?"

"No, domani mattina torni a scuola. Forse c'è una solu-

zione, ma prima devo sentire che ne pensa tuo padre, se è d'ac-

cordo anche lui."

Quale soluzione può essere, se sua madre ha bisogno an-

che del consenso di suo padre? Dopo aver mangiato, finalmente

10 sa. È solo una questione di soldi. Avrebbero dovuto pagare.

11 bello delle scuole private è che tutto si può risolvere facil-

mente. L'unico vero grande problema è "quanto" facilmente.

Daniela entra nella camera della sorella con il telefonino

in mano.

"Tieni, è per te." Babi, stanca dagli avvenimenti, si è ad-

dormentata.

"Pronto."

"Ciao, vieni con me?" È Step. Babi si siede meglio sul let-

to. Ora è completamente sveglia.

"Volentieri, ma non posso."

"Dai, andiamo al Parnaso, oppure al Pantheon. Ti offro una

granita di caffè con panna alla Tazza d'Oro. L'hai mai prova-

ta? È un mito."

"Sono in punizione."

"Di nuovo? Ma non è finita?"

"Sì, ma oggi la professoressa ha beccato la firma falsa, è

successo un macello. Quella ce l'ha con me. Ha fatto rapporto

alla preside. Avrei dovuto ripetere tutto l'anno. Invece mia ma-

dre ha messo a posto tutto."

"Forte tua madre! Bel caratteraccio... ma arriva sempre do-

ve vuole."

"Be', le cose non stanno proprio così. Ha dovuto pagare."

"Quanto?"

"Cinquemila euro. In beneficenza..."

Step fa un fischio. "Cazzai Bell'atto di bontà..." Segue un

silenzio imbarazzato. "Pronto, Babi?"

"Sì, sono qui."

"Credevo fosse caduta la linea."

"No, stavo pensando alla Giacci, la mia professoressa. Ho

paura che la storia non finisca qui. L'ho ripresa davanti a tut-

te e me la vuole far pagare a ogni costo!"

"Più di cinquemila euro?" ,. ". ,,. ,.

244

r

"Quelli li ha sborsati mia madre, chiaramente... sono una

specie di donazione. Ora se la prenderà con me. Che palle! Pen-

sa che sono messa così bene con i voti, la maturità sarebbe sta-

ta una passeggiata."

"Allora non puoi proprio venire?"

"No, scherzi, se telefona mia madre e non mi trova, succe-

de veramente il finimondo."

"Allora passo io da te." Babi guarda l'orologio. Sono quasi

le cinque. Raffaella sarebbe tornata molto più tardi.

"Va bene, vieni. Ti offro un té."

"Non ci sarebbe una birra?"

"Alle cinque?"

"Non c'è niente di più bello di una birra alle cinque, e poi

c'è un altro fatto, io odio gli inglesi." Attacca.

Babi scende veloce dal letto. Si infila le scarpe.

"Dani, faccio un salto giù all'alimentari, ti serve qualcosa?"

"No, niente. Chi viene, Step?"

"Ci vediamo fra poco." Compra due tipi di birra, una latti-

na di Heineken e una di Peroni. Fosse stato vino ne avrebbe

capito qualcosa di più. Ma di birra non ne sa proprio niente.

Risale veloce a casa e le mette nel freezer. Poco dopo suona il

citofono.

"Sì?"

"Babi, sono io."

"Primo piano." Spinge due volte il pulsante del citofono e

va alla porta. Non può fare a meno di controllarsi nel riflesso

di un quadro. È tutto a posto. Apre la porta. Lo vede salire su

facendo i gradini di corsa. Rallenta solo all'ultimo proprio per

permettersi quel sorriso che a lei piace tanto.

"Ciao." Babi si accosta alla porta facendolo passare. Lui la

supera poi tira fuori da sotto il giubbotto una scatola.

"Tieni, sono dei biscotti inglesi al burro. Li ho presi qua vi-

cino, sono favolosi."

"Biscotti inglesi al burro... Allora qualcosa degli inglesi ti

piace..."

"Veramente non li ho mai mangiati. Ma mio fratello ne va

pazzo. E lui è fissato con torte di mele e cose simili, quindi de-

vono essere sicuramente buonissimi. A me piace solo la roba

salata. Anche a colazione, magari mi faccio un toast o un tra-

mezzino. Ma i dolci, quasi mai."

Lei sorride. Leggermente preoccupata di quanto siano di-

versi anche nelle cose più semplici.

"Grazie, li mangerò subito." In realtà è a dieta, e quei pic-

coli rettangoli al burro friabili sono roba da cento calorie l'u-

245

no. Step la segue, anche lui è leggermente preoccupato. Quei

biscotti non li ha comprati per strada, li ha presi a casa sua.

Poi, pensandoci meglio, si tranquillizza. In fondo sta facendo

un favore a Paolo. Un po' di dieta non gli fa sicuramente ma-

le. Daniela esce apposta dalla sua camera pur di vederlo.

"Ciao Step."

"Ciao." Lui le da la mano sorridendole, sembra non aver

fatto caso più di tanto al fatto che lei sappia il suo sopranno-

me. Babi fulmina con lo sguardo la sorella. Daniela, capendo-

la al volo, finge di prendere qualcosa e torna subito in camera

sua. Poco dopo l'acqua bolle. Babi prende una scatola colora-

ta di rosa. Poi da un cucchiaino lascia scivolare piccole foglie

di té nel pentolino. Lentamente, un leggero profumo si sparge

per la cucina.

Poco dopo sono in salotto. Lei con una tazza di té alla ci-

liegia fumante tra le mani, lui con tutt'e due le birre, risolven-

do così ogni possibile dubbio. Babi prende un album di foto-

grafie dalla libreria e gliele mostra. Forse è l'Heineken, oppu-

re anche la Peroni, fatto sta che si sta divertendo. Ascolta i suoi

racconti coloriti che seguono ogni volta una foto diversa, un

viaggio, un ricordo, una festa.

Questa volta non si addormenta. Foto dopo foto la vede

crescere così, sfogliando quelle pagine incellofanate. Le vede

spuntare i primi denti, spegnere una candelina, andare in bi-

cicletta e poi, eccola lì, poco più grande, sulle giostre, con la

sorella. Sulla slitta con Babbo Natale, allo zoo con un cuccio-

lo di Icone tra le braccia. Piano piano vede il suo viso dima-

grire, i suoi capelli diventare più chiari, il suo piccolo seno cre-

scere, e all'improvviso, dietro quella pagina, lei è donna. Ora

non è più un semplice maschietto imbronciato con un bikini

e le mani sui fianchi. Un piccolo due pezzi copre il corpo ab-

bronzato di una bella ragazza, dalle gambe lisce, ora magre e

più lunghe. I suoi occhi chiari adesso sono in grado di capire,

la sua innocenza una scelta. Seduta su un pattino, le spalle ma-

gre, forse ancora troppo spigolose, compaiono dorate tra gli

ultimi ciuffi di capelli sbiancati dal mare. Sullo sfondo bagnanti

sfuocati non sanno neanche di essere stati immortalati.

A ogni pagina che sfogliano lei sembra assomigliare sem-

pre più all'originale che gli sta seduto accanto. Step incuriosi-

to dai racconti segue quelle foto, sorseggia la seconda birra, fa

ogni tanto qualche domanda. Poi all'improvviso Babi, che sa

già cosa l'aspetta, cerca di saltare una pagina.

Step, divertito da quelle sue mille piccole versioni, è più ve-

loce di lei. .*( u wjuuu i», .Vtf.u.ii^t .M,-,-

246

"Eh no, voglio vedere."

Lottano per fìnta, solo per abbracciarsi un po' e sentirsi più

vicini. Poi lui, dopo aver vinto, scoppia a ridere. Buffa e smor-

fiosa con gli occhi storti, è lì sorridente in mezzo alla pagina.

Quella foto a Babi non è mai piaciuta.

"Strano, è quella che ti assomiglia di più." Lei, finta offe-

sa, gli da una botta. Poi mette a posto l'album, prende la sua

tazza, le due lattine di birra ormai vuote e va in cucina. Step,

rimasto solo, gironzola per il salotto. Si ferma davanti ad al-

cuni quadri di autori a lui sconosciuti. Su un largo tavolo dal-

le corte zampe piccole scatole e portaceneri d'argento, senza

un ordine preciso, avrebbero fatto comunque la felicità dei suoi

amici.

Babi lava la sua tazza e butta le due lattine di birra vuote

nel secchio sotto il lavandino coprendole con il cartone del lat-

te finito e degli Scottex accartocciati. Non devono restare trac-

ce. Quando torna in salotto Step è sparito sul serio.

"Step?" Nessuna risposta. Va verso la sua camera. "Step?"

Lo vede. È in piedi vicino alla scrivania che sfoglia il suo

diario.

"Non è carino leggere le cose degli altri senza il permesso."

Babi gli strappa il diario dalle mani. Lui la lascia fare. Ormai

ha letto quello che gli interessa. Lo memorizza.

"Perché, c'è scritto qualcosa per cui potrei arrabbiarmi?"

"Ci sono cose mie."

"Mica ci saranno messaggi o scritte su quel farlocco con la

BMW?"

"No, quella è una storia così, un piccolo flirt." Gioca di-

vertita sulla pronuncia esagerata della parola straniera.

"È un piccolo flirt" le fa il verso Step.

"Certo, non è come la tua storia con quella furia scatenata."

"Ma di chi stai parlando?" Step fa finta di non capire.

"Dai, hai capito perfettamente a chi mi riferisco! A quella

brunetta, la picchiatrice che ieri ho messo al suo posto. Non

mi dirai che quella mi è saltata addosso solo per sport. Fra voi,

altro che flirt..."

Step ride e le si avvicina, la bacia, trascinandola con sé sul

letto. Poi comincia ad alzarle la maglietta.

"Dai no, fermo. Se arrivano i miei e ci beccano si arrab-

biano, se poi ci beccano in camera mia così, succede il fini-

mondo."

"Hai ragione." Step la prende e la solleva con facilità, abi-

tuato a bilancieri ben più pesanti di quel morbido corpo. "An-

diamo di là che è meglio." Senza darle il tempo di rispondere,

247

si infila nella camera dei genitori e chiude la porta. Poi l'ada-

gia sul letto, e baciandola nella penembra della camera, si sten-

de vicino a lei.

"Sei pazzo, lo sai vero?" gli sussurra all'orecchio. Lui non

risponde. Un piccolo raggio dell'ultimo sole filtra dalla tappa-

rella abbassata e illumina la sua bocca. Lei vede quei denti bian-

chi e perfetti sorridere e schiudersi prima di perdersi in un ba-

cio. Poi, senza sapere neanche come, si trova fra le sue braccia

senza più niente sopra. Sente la sua pelle sfiorarla, le sue ma-

ni impadronirsi dolcemente del suo seno. Babi ha gli occhi chiu-

si, le sue labbra morbide si aprono e chiudono con un ritmo co-

stante, cambiando di poco ogni tanto, piccola fantasia in quei

baci. Improvvisamente si sente più tranquilla, più libera. La ma-

no di Step silenziosa si impadronisce della sua cinta.

Sfila il passante. Nel buio della camera Babi sente il fru-

sciare del cuoio, il rumore della cinghia metallica. È attentis-

sima, pur continuando a baciarlo. Quella camera sembra so-

spesa nel vuoto. Solo il lento ticchettare di una sveglia lonta-

na, il loro respiro vicino, ora affannato d'amore. Poi una pic-

cola stretta. La cinta si stringe di più e quel chiodo lascia il ter-

zo buco dai bordi scuri, il più rovinato, il più usato, frutto del-

la sua dieta faticosa. E in un attimo i suoi Levi's si aprono. Pri-

gionieri bottoni d'argento, al tocco fatato di quel pollice e in-

dice, tornano liberi. Uno dopo l'altro, sempre più giù, perico-

losamente. Lei trattiene il respiro e qualcosa in quei baci in-

cantati improvvisamente accade. Un piccolo cambiamento

quasi inawertibile. Quella morbida magia sembra svanire. An-

che se continuano a baciarsi, è come se tra loro ci sia una si-

lenziosa attesa. Step cerca di capire qualcosa, un accenno, un

segno del suo desiderio. Ma Babi è immobile, non fa traspari-

re nulla. In effetti non ha ancora preso una decisione. Nessu-

no è mai arrivato fino a quel punto. Sente i suoi jeans aperti e

la mano di lui sul bordo della gamba. Continua a baciarlo, sen-

za voler pensare, senza sapere bene cosa fare. In quel momento

la mano di Step decide di rischiare. Si muove piano piano, de-

licatamente, eppure lei la sente lo stesso. Socchiude gli occhi

quasi in un sospiro. Le dita di Step sulla sua pelle, sopra quel

bordo orlato di rosa, le sue mutandine. Quell'elastico si allon-

tana leggermente dalla sua pelle e subito dopo gli sfugge di ma-

no per tornare veloce al suo posto. Un secondo tentativo più

deciso. La mano di Step sotto i jeans si impadronisce del suo

fianco e lì, spavalda e padrona, passa sotto l'elastico. Scivola

giù, verso il centro, accarezzandole la pancia, sempre più giù,

fino a bordi riccioluti, a confini inesplorati.

248

Ma ecco che qualcosa accade. Babi gli blocca la mano. Step

la guarda nella penembra.

"Che c'è?"

"Shh." Babi si alza su un fianco, con le orecchie tese oltre

la stanza, oltre la serranda, giù nel cortile. Un rumore im-

provviso, una sgasata a lei nota. Quella retromarcia. "Mia ma-

dre! Presto sbrighiamoci." In un attimo sono di nuovo più o

meno a posto. Babi tira su la coperta del letto. Step finisce di

infilarsi la camicia nei pantaloni. Bussano alla porta della ca-

mera. Rimangono per un attimo immobili. È Daniela.

"Babi guarda che è tornata la mamma." Non fa in tempo a

finire la frase. La porta si spalanca.

"Grazie Dani, lo so."

Babi esce trascinandosi dietro Step. Lui fa un po' di resi-

stenza.

"No, voglio parlarle, voglio chiarire una volta per tutte que-

sta situazione!"

Ha di nuovo quel sorriso strafottente sul viso.

"Smettila di scherzare. Non sai mia madre che ti fa se ti

becca." Vanno in salotto. "Presto, esci di qua così non l'incon-

tri." Babi fa scattare la serratura della porta principale. Esce

sul pianerottolo. L'ascensore da direttamente sul cortile. Lo

chiama. Si scambiano un bacio frettoloso.

"Voglio un appuntamento con Raffaella."

Lei lo spinge dentro l'ascensore.

"Sparisci!"

Step preme il bottone T e con un sorriso segue il consiglio

di Babi. Proprio in quel momento, l'altra porta, quella secon-

daria, si apre. Entra Raffaella. Posa delle buste sul tavolo del-

la cucina. Poi ha come un presentimento, sente qualcosa nel-

l'aria, forse lo scatto dell'altra porta.

"Babi sei tu?" Va subito in salotto. Babi ha acceso la tele-

visione.

"Sì mamma, sto guardando la tivù." Ma un lieve rossore la

tradisce. A Raffaella basta quello. Si affaccia veloce alla fine-

stra che da sul cortile. Un rumore di un motore che si allonta-

na, delle foglie d'edera in un angolo che ancora si muovono.

Troppo tardi. Chiude la finestra. Nel corridoio incontra

Daniela.

"È venuto qualcuno, qui?"

"Non lo so mamma, io sono sempre stata in camera mia a

studiare."

Raffaella decide di lasciar perdere. Con Daniela è inutile

insistere. Va in camera di Babi, si guarda intorno. Tutto sem-

249

bra a posto. Non c'è niente di strano. Anche la coperta del let-

to è perfetta. Ma potrebbe anche essere stata rimessa a posto.

Allora, senza che nessuno possa vederla, la sfiora con la ma-

no. È fresca. Nessuno ci si è sdraiato sopra. Tira un sospiro di

sollievo e va in camera sua. Si leva il tailleur, lo attacca a una

stampella. Poi prende un golf d'angora e una morbida gonna.

Si siede sul letto e se li infila. Ignara e tranquilla, senza poter

mai immaginare che, proprio lì, poco prima c'è stata sua figlia.

Abbracciata a quel ragazzo che lei non sopporta. Lì, dove ora

è seduta lei, su quella coperta ancora calda di giovani e inno-

centi emozioni.

Più tardi torna anche Claudio. Discute a lungo con Babi

della giustificazione falsa, dei cinquemila euro spesi, del com-

portamento di quegli ultimi giorni. Poi si mette davanti alla te-

levisione, finalmente tranquillo, aspettando che sia pronto da

mangiare. Ma proprio in quel momento dalla cucina lo chia-

ma Raffaella. Claudio raggiunge subito la moglie.

"Che succede ancora?"

"Guarda..." Raffaella gli indica le due lattine di birra che si

è bevuto Step.

"Be', della birra. E allora?"

"Era nascosta nel secchio della spazzatura sotto degli

Scottex."

"Capirai, avranno bevuto della birra. Che c'è di male?"

"Quel ragazzo è stato qui oggi pomeriggio. Ne sono sicu-

ra..."

"Quale ragazzo?"

"Quello che ha picchiato Accado, quello per il quale tua fi-

glia non è andata a scuola. Stefano Mancini, Step, il ragazzo

di Babi."

"Il ragazzo di Babi?"

"Non vedi com'è cambiata? Possibile che non ti accorgi di

nulla... E tutta colpa sua. Va a fare le corse sulla moto, firma

giustificazioni false... E poi hai visto quel livido sotto l'occhio?

Per me la picchia pure."

Claudio rimane senza parole. Altri problemi. Possibile che

abbia picchiato Babi? Deve fare qualcosa, intervenire. Lo avreb-

be affrontato, sì, lo avrebbe fatto.

"Tieni." Raffaella gli da un biglietto.

"Cos'è?"

"La targa della moto di quel ragazzo. Telefoni al nostro ami-

co Davoni, gliela dai, risali all'indirizzo e ci vai a parlare."

Ora sì che l'avrebbe dovuto fare. Si attacca a quell'ultima

speranza. , * » «. «

250

"Sei sicura che è giusta?"

"L'ho letta davanti alla scuola di Babi l'altro giorno. Me la

ricordo perfettamente."

Claudio si infila quel biglietto nel portafoglio.

"Non te la perdere!" Quelle parole di Raffaella sono quasi

più una minaccia che un consiglio. Claudio torna in salotto e

si lascia cadere sul divano davanti alla tivù. Una coppia parla

dei propri affari davanti a una donna dai modi un po' troppo

maschili. Come fanno ad aver voglia di andare a discutere in

televisione davanti a tutti, lui non ce la fa neanche a casa sua,

da solo, nella sua cucina. E ora dovrà andare a parlare con quel

ragazzo. Picchierà anche lui. Pensa ad Accado. Forse finirà nel-

la stessa camera d'ospedale. Si faranno compagnia. Anche que-

sto non lo rallegra. Accado non gli è poi così simpatico. Clau-

dio tira fuori il portafoglio e va al telefono. Stefano Mancini,

Step. Quel ragazzo gli è già costato cinquemila euro e due bir-

re. Prende il foglietto con la targa della moto e compone il nu-

mero di telefono del suo amico Davoni. Poi, mentre aspetta

che dall'altra parte qualcuno risponda, pensa a sua moglie. Raf-

faella è incredibile. Ha visto una o due volte la moto di quel ra-

gazzo e ne ricorda perfettamente la targa. Lui che ha da un an-

no quella Mercedes, ancora non sa a memoria la sua.

"Pronto, Enrico?"

"Sì."

"Ciao, sono Claudio Gervasi."

"Come stai?"

"Bene, e tu?"

"Benissimo... che piacere sentirti."

"Senti, scusa se ti disturbo, ma avrei bisogno di un favo-

re." Per un attimo Claudio spera che Enrico non sia poi così

gentile.

"Ma certo! Dimmi tutto."

È proprio vero, quando non hai bisogno di un favore tutti

sono disposti a fartelo.

ti il ).

~ub ut

251

45. ""

V

*

Non capisce se è sogno o realtà quel leggero ticchettio sulla

tapparella. Forse il vento. Si muove nel letto. Lo sente di nuovo.

Poco più forte, preciso, quasi un segnale. Babi scende dal letto.

Si avvicina alla finestra. Guarda tra le piccole fessure lasciate

aperte. Illuminato dalla luce della luna piena c'è lui. Alza sor-

presa la tapparella cercando di fare meno rumore possibile.

"Step, che ci fai qui? Come hai fatto a salire?"

"Facilissimo. Sono salito sul muretto e mi sono arrampi-

cato lungo i tubi. Dai, andiamo."

, "Dove?"

"Ci aspettano."

"Chi?"

"Gli altri. I miei amici. Dai, non fare storie, forza! Che sta-

volta, se ci beccano i tuoi, davvero sono cavoli amari."

"Aspetta che mi metto qualcosa."

"No, andiamo qua vicino."

-*** "Ma non ho nulla sotto la camicia da notte."

"Dai cretino. Aspetta un attimo." Accosta la finestra, si sie-

de sul letto e si veste velocemente. Reggisene, mutandine, una

felpa, un paio di jeans, le Nike ed è di nuovo alla finestra.

"Andiamo, ma passiamo dalla porta."

"No, scendiamo di qui, è meglio."

"Ma che, stai scherzando? Ho paura. Cado di sotto e mi

ammazzo. Sai se i miei si svegliano con un urlo e il mio botto

che succede? Dai, seguimi... ma fai piano!"

Lo guida nel buio di quella casa addormentata, tra piccoli

passi su morbida moquette e maniglie abbassate dolcemente.

Toglie l'allarme, prende le chiavi e via. Un piccolo scatto alla

porta che si chiude dietro di loro, accompagnata fino all'ulti-

mo, per non far rumore. Poi giù per le scale nel cortile, sulla

moto, in discesa, con il motore spento per non farsi sentire.

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Superato il cancello, Step ingrana la marcia, mette la seconda

e da gas. Volano in avanti, ormai lontani e al sicuro, liberi di

andare ovunque insieme, per tutti addormentati e soli nei pro-

pri letti.

"Che c'è qui?"

"Seguimi e vedrai. Non fare rumore mi raccomando." So-

no in via Zandonai, sopra la chiesa. Entrano in un piccolo can-

cello. Percorrono una strada buia in mezzo ad alcuni cespugli.

"Ecco, passa qui sotto."

Step alza un pezzo di rete che è stata strappata alla base.

Babi si abbassa stando ben attenta a non rimanere impigliata.

Poco dopo camminano al buio su dell'erba tagliata corta di fre-

sco. La luna illumina tutt'intorno. Sono all'interno di un com-

prensorio.

"Ma dove stiamo andando?"

"Shh." Step le fa segno di stare zitta. Poi, scavalcato un pic-

colo muretto, Babi sente dei rumori. Risate lontane. Step le

sorride e la prende per mano. Superano un cespuglio ed ecco-

la che appare. È lì, sotto la luce della luna, azzurra e traspa-

rente, tranquilla, bordata dalla notte. Una grande piscina. Den-

tro ci sono alcuni ragazzi. Si muovono nuotando senza far trop-

po rumore. Piccole onde superano i bordi spegnendosi sull'er-

ba circostante. Si sente come uno strano respiro, quell'acqua

che va e viene, perdendosi nel vuoto di una piccola grata.

"Vieni." Alcuni ragazzi li salutano.

Babi riconosce i loro volti bagnati. Sono tutti gli amici di

Step. Ormai ha anche imparato qualche nome: il Siciliano,

Hook, Bunny. Sono più facili di quelle presentazioni normali

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