14

La pioggia batteva dolcemente sulla finestra del soggiorno, in sintonia con il rumore di Rex nella sua gabbia. Erano trascorsi quattro giorni da quando Alpha mi aveva sparato e il dolore lancinante si era trasformato in un fastidio sopportabile.

Il recupero della mia salute mentale sarebbe stato più lento. Avevo tuttora incubi notturni, mi riusciva difficile restare in casa sola. Dopo aver sparato a Jimmy Alpha, mi ero trascinata fino al telefono e avevo chiamato la polizia prima di svenire. Gli agenti erano arrivati in tempo per acciuffare Ramirez sulla scala antincendio. Lo avevano portato in galera e mi avevano condotto all’ospedale. Per fortuna m’era andata meglio che a Jimmy Alpha: lui era morto, io viva.

I diecimila dollari che mi spettavano erano stati depositati sul mio conto in banca: non avevo ancora speso un cent. Non riuscivo a muovermi con destrezza perché avevo diciassette punti nel posteriore. Appena tolti i punti, sognavo di fare qualcosa di fantastico, come volare alla Martinica per il weekend. O forse mi sarei fatta un tatuaggio o avrei tinto i capelli di rosso.

Sobbalzai sentendo qualcuno che bussava alla porta. Erano quasi le sette e non aspettavo nessuno. Mi spostai con cautela in anticamera e guardai attraverso lo spioncino. Rimasi a bocca aperta alla vista di Joe Morelli in giacca sportiva e jeans, ben sbarbato, con i capelli tagliati da poco. Lui fissava direttamente nello spioncino e sorrideva compiaciuto. Sapeva che lo osservavo e io mi chiedevo se fosse sensato aprirgli la porta. Mi salutò con la mano e allora mi tornò in mente che solo due settimane prima le nostre posizioni erano invertite.

Tirai i due chiavistelli ma non toccai la catena, e socchiusi l’uscio. «Sì?»

«Stacca la catena», ordinò Morelli.

«Perché?»

«Perché ti ho portato la pizza e non riesco a passartela dalla fessura, senza correre il rischio che il formaggio coli giù.»

«L’hai presa da Pino’s

«Certo.»

Spostai il peso sulla gamba destra per alleggerire la sinistra. «Perché mi hai portato la pizza?»

«Non lo so, mi sentivo di farlo. Insomma, vuoi aprire o no?»

«Non ho ancora deciso.»

La mia risposta provocò un sorrisetto diabolico. «Hai paura di me?»

«Uh… Sì.»

Il sorriso gli rimase incollato sulla faccia. «Capisco che devi aver paura. Mi hai rinchiuso in un camion frigorifero con tre morti. Prima o poi te la farò pagare.»

«Ma non stasera?» azzardai.

«No, stasera no», rispose lui.

Chiusi la porta, sganciai la catena e riaprii.

Morelli posò la scatola della pizza e sei lattine di birra sul banco della cucina e si voltò. «Vedo che fatichi a camminare. Come ti senti?»

«Okay. Per fortuna il proiettile di Alpha mi ha lacerato solo uno strato di grasso e il danno maggiore lo ha prodotto alla parete in anticamera.»

Il sorriso svanì. «Ma come stai veramente?»

Non capisco che cos’abbia Morelli, ma riesce ad annullare le mie difese. Anche quando sto in guardia, riesce a farmi incazzare, mi disorienta e suscita in me emozioni inopportune. Strinse gli occhi preoccupato, la sua bocca assunse un’espressione grave che smentiva il tono casuale della sua domanda.

Mi morsi il labbro, ma le lacrime cominciarono ugualmente a bagnarmi le guance.

Morelli mi prese fra le braccia e mi tenne stretta. Mi appoggiò una guancia sulla testa e mi baciò i capelli.

Restammo così a lungo, se non fosse stato per il dolore al posteriore, mi sarei addormentata, finalmente rinfrancata, in pace, al sicuro fra le sue braccia.

«Se ti faccio una domanda seria, mi dai una risposta onesta?» mi mormorò Morelli all’orecchio.

«Forse.»

«Ti ricordi quella volta nel garage di mio padre?»

«Perfettamente.»

«E quando l’abbiamo fatto nella pasticceria?»

«Uh, uh.»

«Perché ci sei stata? La mia capacità di persuasione è davvero così forte?»

Piegai indietro la testa per guardarlo. «Credo che da parte mia fosse più che altro curiosità e ribellione.» Per non parlare di tempesta ormonale, aggiunsi mentalmente.

«Allora sei disposta a prenderti la tua responsabilità?»

«Certamente.»

Il sorriso era ritornato sulle sue labbra. «E se facessimo l’amore qui, fino a che punto te ne assumeresti la colpa?»

«Santo cielo, Morelli, ho diciassette punti nel sedere!»

Lui sospirò. «Pensi che potremmo tornare a essere amici?»

Tutto questo dall’uomo che aveva gettato le mie chiavi in un cassonetto delle immondizie. «Suppongo sia possibile. Non mi sembra il caso di firmare un accordo e sigillarlo con il sangue.»

«No, ma potremmo brindare con la birra.»

«Mi sta bene», approvai.

«Okay, e adesso che abbiamo sistemato la faccenda, vorrei vedere una partita di baseball. Tu hai il mio televisore.»

«Gli uomini hanno sempre secondi fini», borbottai portando la pizza in soggiorno.

Morelli mi seguì con la birra. «Come fai a sederti?»

«Ho una ciambella di gomma. E non fare commenti, perché ti stendo con la bomboletta.»

Lui si tolse la giacca e sfilò la fondina, e appese entrambe alla maniglia della porta della camera da letto, accese il televisore e cercò di sintonizzarsi sulla partita. «Ho ancora qualcosa da dirti», mi rivelò. «Sei disposta ad ascoltarmi?»

«Mezz’ora fa avrei detto di no, ma davanti a questa pizza sono pronta a tutto.»

«Non è la pizza, tesoro, è la mia maschia presenza.»

Sollevai le sopracciglia.

Morelli ignorò la mia espressione. «Prima di tutto, il perito legale ha detto che meriti un encomio solenne come tiratrice scelta. Hai centrato Alpha con cinque colpi al cuore, distanti un paio di centimentri l’uno dall’altro. Abbastanza sorprendente, se si considera che hai sparato con la pistola nella borsetta.»

Bevemmo un po’ di birra, poiché nessuno dei due sapeva come affrontare la situazione. Dopotutto avevo ucciso un uomo. L’orgoglio era fuori luogo, il dolore non rientrava nel quadro. Restava solo il rammarico.

«Pensi che poteva finire in altro modo?» chiesi.

«No», rispose Morelli. «Lui ti avrebbe ucciso, se non lo avessi liquidato per prima.»

Era vero. Alpha mi avrebbe ucciso, non avevo dubbi.

Morelli si sporse in avanti per vedere un lancio. Howard Barker colpì male. «Merda», borbottò Morelli, e tornò a concedermi la sua attenzione. «E ora le belle notizie. Avevo collegato un registratore al palo con i cavi elettrici infondo al tuo parcheggio, lo usavo quando non ero nei paraggi. Così potevo controllare se alla fine della giornata m’era sfuggito qualcosa. Quel maledetto congegno funzionava ancora quando Jimmy ti è piombato addosso. Ha registrato la vostra conversazione, la sparatoria e tutto il resto. Forte e chiaro.»

«Maledizione!» commentai.

«Qualche volta sono così geniale che mi spavento», osservò Morelli.

«Abbastanza da non finire in prigione.»

Lui prese un pezzo di pizza, seminando pepe verde e cipolla durante l’operazione e raccogliendo il tutto con le dita. «Sono stato prosciolto da tutte le accuse e reintegrato nel dipartimento, con gli arretrati. La pistola era nel bidone con Carmen. Era rimasta congelata per tutto il tempo, così le impronte erano chiare e quelli della scientifica hanno trovato tracce di sangue sull’arma. Non abbiamo ancora i risultati del DNA, ma i primi test di laboratorio indicano che si tratta del sangue di Ziggy, e provano che lui era armato quando gli ho sparato. Evidentemente la pistola si è inceppata quando Ziggy mi ha sparato, proprio come sospettavo. Quando lui si è accasciato sul pavimento, la pistola gli è caduta di mano e Louis l’ha raccolta, portandola via. Poi l’amico deve aver deciso di liberarsene.»

Tirai un profondo sospiro e rivolsi a Joe la domanda che più mi martellava nella mente negli ultimi tre giorni. «E Ramirez?»

«È in stato di fermo senza cauzione, in attesa della perizia psichiatrica. Ora che Alpha è uscito di scena, numerose donne si sono presentate per testimoniare contro il pugile.»

Il senso di sollievo era quasi doloroso.

«Che progetti hai?» s’informò Morelli. «Continuerai a lavorare per Vinnie?»

«Non lo so ancora», risposi mangiando un po’ di pizza. «È probabile. Quasi certo.»

«Giusto per sgombrare il terreno dall’incomprensione», riprese Morelli, «mi dispiace di aver scritto quei versi sul muro dello stadio, quando eravamo alla scuola superiore.»

Mi sentii mancare. «Sul muro dello stadio?»

Silenzio.

Morelli era arrossito. «Credevo che lo sapessi.»

«Io sapevo delle scritte al Mario’s Sub Shop

«Oh.»

«Stai dicendo che hai scritto una poesia sul muro dello stadio? con i particolari di ciò che era successo dietro la vetrina dei cannoli, in pasticceria!?»

«Servirebbe se ti dicessi che era una poesia lusinghiera nei tuoi confronti?»

Avrei voluto picchiarlo, ma lui era già in piedi e saltellava lontano da me. «Accidenti, Stephanie, non è bene serbare rancore.»

«Sei un farabutto, Morelli. Un vero bastardo.»

«È probabile», ammise lui, «ma ti ho portato una buona… pizza.»


FINE
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