III

Condannare lo psicodramma, anche nella sua forma più accentuata, equivarrebbe a condannare la natura umana.

Esso ha inizio durante l’infanzia. Il gioco è una cosa necessaria ad un mammifero immaturo, costituisce un mezzo per imparare ad usare il proprio corpo, le sue percezioni ed il mondo esterno. Il giovane umano gioca, deve giocare, anche con il cervello, e, quanto più il bambino è intelligente, tanto più la sua immaginazione ha bisogno di esercizio. Esistono vari gradi di attività, dal guardare passivamente uno schermo, fino al leggere, al sognare ad occhi aperti, al narrare una storia, ed allo psicodramma… cosa per cui il bambino non ha una denominazione così fantasiosa.

Non possiamo dare un’unica descrizione di questo comportamento, perché la sua forma e il suo sviluppo dipendono da un numero interminabile di variabili, fra le quali il sesso, l’età, la cultura d’appartenenza ed i compagni di gioco sono soltanto le più ovvie. Per esempio, nell’America Settentrionale dell’era pre-elettronica, le bambine erano solite giocare spesso alla «casa», mentre i ragazzini giocavano ad «indiani e cowboy» oppure a «guardie e ladri», mentre al giorno d’oggi può accadere che un gruppo misto di loro discendenti giochi ai «delfini» oppure ad «astronauti ed alieni». In sintesi, si forma un gruppetto, all’interno del quale ciascun membro si crea un personaggio da rappresentare o ne prende uno a prestito da qualche racconto. È possibile l’impiego di semplici attrezzi di contorno, armi giocattolo oppure un oggetto qualsiasi… un bastone, per esempio… che viene identificato con qualcos’altro, un individuatore di metalli o un’altra cosa altrettanto immaginaria, come immaginario è quasi sempre anche lo scenario. I bambini recitano allora un dramma che essi stessi compongono man mano che il gioco procede; quando è impossibile eseguire fisicamente una certa azione, la si descrive a parole. («Faccio un salto molto in alto, come si può fare su Marte, e supero l’orlo della vecchia Valles Marineris e prendo quel bandito di sorpresa.) Generalmente, un ampio cast di personaggi, specialmente cattivi, viene ad esistere di comune accordo.

Il membro del gruppo più dotato d’immaginazione domina il gioco e l’evoluzione della storia, anche se in modo molto sottile, offrendo agli altri le più vivide possibilità; anche gli altri, tuttavia, sono di solito soggetti più intelligenti della media, perché lo psicodramma in questa forma così altamente sviluppata non attira tutti.

Per coloro che vengono attratti, gli effetti sono benefici e durano una vita; inoltre, accrescendo la creatività del bambino man mano che il gioco continua, lo psicodramma permette di realizzare differenti versioni di svariati ruoli e di esperienze di adulti, e pertanto fa sì che i bambini cominciano ad acquisire una certa comprensione dell’essere adulti.

Questo tipo di recitazione finisce quando ha inizio l’adolescenza se non prima… ma soltanto in quella forma e non necessariamente per sempre. Anche gli adulti hanno molti giochi-sogno, come è facile vedere per esempio nelle logge, con i loro titoli, costumi e cerimonie; e non è forse questo ciò che anima in ugual misura ogni parata o cerimonia? Fino a che punto i nostri eroismi, i nostri sacrifici e l’accrescimento del nostro io non sono altro che la recitazione di un personaggio che continuiamo a tenere in vita? Alcuni pensatori hanno tentato di rintracciare questo elemento in ogni aspetto della società.

Qui, tuttavia, quello che c’interessa è lo psicodramma manifestamente svolta fra adulti. Nella civiltà Occidentale, esso ha fatto la sua prima comparsa su scala notevole durante la metà del ventesimo secolo, perché gli psichiatri trovarono in esso una potente tecnica diagnostica e terapeutica. Fra la gente comune, giochi di guerra o di fantasia, molti dei quali coinvolgevano l’identificazione con personaggi storici o immaginari, divennero sempre più popolari. In parte questo fu senza dubbio un ritrarsi di fronte alle restrizioni ed alle minacce di quell’infelice periodo, ma si trattò in gran parte anche di una rivolta della mente contro i divertimenti passivi, principalmente la televisione, che erano divenuti dominanti come forma di ricreazione.

Il Caos pose fine a quelle attività, e tutti sanno della loro ripresa in tempi recenti… per scopi più sani, c’è da sperare. Proiettando scene tridimensionali e suoni adeguati da una banca dati… o, meglio ancora, facendoli produrre secondo necessità da un computer,… i giocatori ottenevano un senso di realtà che accentuava la loro concentrazione mentale ed emotiva; eppure in quei giochi che procedevano episodio dopo episodio, un anno di tempo reale dopo l’altro, ogni volta che due o più membri di un gruppo si riunivano per giocare, si sviluppò una dipendenza sempre minore da simili supporti esteriori. Parve che, attraverso la pratica, i giocatori riacquistassero la vivida immaginazione della loro infanzia e riuscissero a trasformare qualsiasi cosa, anche il nulla, negli oggetti e nei mondi desiderati.

Ho ritenuto necessario ripetere queste cose tanto ovvie in modo da poterle osservare in prospettiva. Le notizie trasmesse da Saturno hanno generato una sensazione diffusa di repulsione (Perché? Quali paure nascoste sono state stuzzicate? Questo argomento è oggetto di una ricerca potenzialmente importante). Nel giro di una notte, lo psicodramma per adulti è divenuto impopolare e potrebbe anche estinguersi, il che, sotto molti aspetti, sarebbe una tragedia peggiore di quella che si è verificata laggiù. Non c’è motivo di pensare che quel gioco possa aver danneggiato qualsiasi persona sana di mente sulla Terra; al contrario, ha indubbiamente aiutato gli astronauti a rimanere sani di mente e sul chi vive nel corso di lunghe e difficili missioni, e, se non trova più applicazione medica, è solo perché la psicoterapia è da molto tempo diventata una branca della biochimica applicata.

Ed appunto la scarsità di esperienza del mondo moderno riguardo alla follia, è alla radice di ciò che è accaduto. Anche se non avrebbe potuto prevedere le esatte conseguenze della cosa, uno psichiatra del ventesimo secolo avrebbe comunque dato un parere negativo circa il fatto di trascorrere otto anni, un periodo di tempo senza precedenti, in un ambiente strano come quello della Chronos. E strano quell’ambiente si è certo rivelato, nonostante tutti gli sforzi… limitato, totalmente controllato dall’uomo, privo degli innumerevoli suggerimenti per i quali la nostra evoluzione sulla Terra ci ha forgiati. I coloni lontani dalla Terra hanno avuto a disposizione, fino ad oggi, una serie di simulazioni e di compensazioni, fra cui la più significativa è sicuramente l’esistenza di uno stretto e totale contatto con la patria e la frequente opportunità di tornarvi per una visita. Il tempo necessario per il viaggio fino a Giove era lungo, ma solo la metà di quello occorrente per arrivare a Saturno, ed inoltre, siccome il loro era uno dei primi viaggi, gli scienziati a bordo della Zeus ebbero da svolgere una gran quantità di ricerche con cui occupare il periodo del viaggio, cosa che i viaggiatori successivi non avevano più motivo di fare a loro volta, perché ormai lo spazio interplanetario fra i due giganti dello spazio conteneva ben poche sorprese.

Gli psicologi contemporanei erano consapevoli di questo, comprendevano che le persone colpite più negativamente sarebbero state quelle più intelligenti, immaginose e dinamiche… quelle stesse che, una volta su Saturno, avrebbero dovuto effettuare quelle scoperte che costituivano lo scopo dell’impresa. Avendo minore familiarità di quanta ne avessero avuta i loro predecessori con il labirinto che, infestato dal Minotauro, si trova nascosto sotto la sfera cosciente di ogni mente umana, gli psicologi si aspettavano soltanto conseguenze positive da qualsiasi psicodramma i membri dell’equipaggio avessero inventato.

Minamoto


Gli assegnamenti alle diverse squadre non erano stati effettuati prima della partenza, perché era più ragionevole permettere alle capacità professionali dei vari membri di rivelarsi e di accrescersi durante il viaggio, contemporaneamente alle relazioni personali. Alla fine, quei fattori sarebbero serviti a decidere quali individui andavano addestrati per i differenti compiti. La partecipazione a lungo termine ad un gruppo di giocatori serviva normalmente a creare legami di amicizia che erano desiderabili, se i membri di quei gruppi erano qualificati anche sotto altri aspetti.

Nella vita reale, Scobie si era sempre attenuto allo stretto rispetto delle convenienze nei confronti della Broberg. Era una donna attraente, ma monogama, e lui non aveva alcun desiderio di offenderla, senza contare che provava simpatia per suo marito. (Tom non partecipava al gioco, perché, essendo un astronomo, aveva una quantità di cose che lo tenevano felicemente impegnato.) Giocavano ormai da un paio d’anni, ed il loro gruppo aveva acquisito tanti personaggi quanti ne poteva contenere una narrazione il cui intreccio ed i cui personaggi si stavano facendo sempre più complessi, prima che Scobie e la Broberg arrivassero a parlare di qualcosa di intimo.

In quel periodo, la storia che stavano recitando aveva a sua volta preso una piega intima, e forse non era stato per caso che i due si erano incontrati quando entrambi avevano qualche ora di libertà. Era accaduto nell’aria di ricreazione in assenza di gravità, nell’asse rotante. Avevano rimbalzato nell’aria, gridando e ridendo, fino a sentirsi piacevolmente stanchi, quindi erano tornati agli spogliatoi, avevano restituito le tute ed avevano fatto una doccia. Nessuno dei due aveva mai visto l’altro nudo prima di allora, e, se nessuno dei due aveva fatto commenti, Scobie non aveva però nascosto di godere dello spettacolo, mentre la Broberg era arrossita ed aveva distolto lo sguardo con il massimo tatto possibile. Più tardi, asciutti e rivestiti, avevano deciso di bere qualcosa prima di tornare a casa, e si erano recati alla sala bar.

Dal momento che il turno serale stava per cedere il passo a quello notturno, avevano il posto tutto per loro. Al bar, Scobie aveva selezionato un bicchiere di Scotch per sé ed un Pinot Chardonnay per la Broberg. La macchina li aveva serviti subito ed essi avevano portato le bibite sulla balconata, dove si erano seduti ad un tavolo, lo sguardo fisso sull’immensità antistante. Il club era costruito all’interno della struttura di supporto ad un livello con gravità lunare. Sopra di loro, vedevano il cielo dove si erano librati come uccelli, e che non appariva affatto soffocato dalle distanziate e sottili travature più di quanto lo fosse dalle poche nuvolette vaganti. Al di là, e direttamente dinnanzi a loro, i ponti opposti erano un mischiarsi di masse e di forme trasformate in qualcosa di misterioso dalla scarsa illuminazione di quell’ora. In mezzo a quelle ombre, gli umani immaginarono di vedere foreste, sorgenti, polle, rese bianche o luminose dalla luce stellare che colmava le zone panoramiche che davano sul cielo. A destra ed a sinistra, lo scafo si stendeva a perdita d’occhio, una massa d’oscurità tale che le lampade presenti vi sembravano come smarrite.

L’aria era fredda, vagamente odorosa di gelsomino, imbevuta di silenzio; sul sottofondo ed all’interno di essa, ad un livello subliminale, vibravano le miriadi di pulsazioni vitali della nave.

— Magnifico — osservò la Broberg, a bassa voce, lo sguardo fisso verso l’esterno. — Che sorpresa!

— Eh? — fece Scobie.

— In precedenza, ero venuta qui solo di giorno, e non mi aspettavo che una semplice rotazione dei riflettori potesse rendere tutto tanto splendido.

— Oh, non sottovaluterei il panorama diurno: è molto impressionante.

— Sì, ma… ma allora si vede chiaramente che è tutto fatto dall’uomo, che non c’è nulla di selvaggio, sconosciuto, libero. Il sole nasconde le stelle, ed è come se non esistesse alcun universo al di fuori di questo guscio in cui ci troviamo. Stanotte è come essere a Maranoa — Il regno di cui Ricia è Principessa, un regno di cose e di costumi antichi, di zone selvagge e di incantesimi.

— Hmmm, già, qualche volta mi sento come intrappolato anch’io — ammise Scobie. — Pensavo di avere una scorta di dati geologici da studiare che mi sarebbe durata per tutto il viaggio, ma il mio progetto non si sta sviluppando in alcun modo interessante.

— Lo stesso vale per me. — La Broberg si raddrizzò sul sedile, si volse verso di lui e sorrise. La penombra addolciva i suoi lineamenti e la faceva sembrare più giovane. — Non che abbiamo diritto a commiserarci: qui siamo al sicuro e godiamo di ogni comodità, finché arriveremo su Saturno; quindi non ci dovrebbero mancare occasioni eccitanti né materiale su cui lavorare lungo il viaggio di ritorno a casa.

— Vero. — Scobie sollevò il suo bicchiere. — Bene, Skoal. Spero di non averlo pronunciato male.

— E come faccio a saperlo? — rise lei. — Il mio nome da ragazza era Almyer.

— Giusto, hai adottato il cognome di Tom. Non ci stavo pensando. Ma, non è una cosa abbastanza insolita, di questi tempi?

— La mia famiglia era benestante, ma era… è di fede Cattolica — replicò la Broberg, allargando le mani. — Sono molto rigidi in merito ad alcune cose, arcaicisti, potresti anche dire. — Sollevò il bicchiere e sorseggiò il vino. — Oh, certo, ho lasciato la Chiesa, ma, sotto molti aspetti, la Chiesa non lascerà mai me.

— Capisco. Non per fare il ficcanaso, ma… uh… questo spiega alcuni tratti del tuo carattere per i quali non riuscivo a meravigliarmi.

— Per esempio? — chiese la Broberg, osservandolo da sopra l’orlo del bicchiere.

— Ecco, tu hai un sacco di vitalità, di vigore, ti piace divertirti, ma sei anche… come dire… domestica in modo fuori del comune. Mi hai detto che eri un tranquillo membro di facoltà della Yukon University prima di sposare Tom. — Scobie sorrise. — Dal momento che voi due mi avete gentilmente invitato alla festa del vostro ultimo anniversario e che conosco la tua età attuale, ho dedotto che allora dovevi avere trent’anni. — Non menzionò la probabilità che fosse arrivata ancora vergine a quell’età. — Nondimeno… oh, lascia perdere, ho detto che non volevo ficcanasare.

— Va’ avanti, Colin — lo incitò lei. — Mi è rimasto in mente quel verso di Burns, da quando tu mi hai fatto conoscere le sue poesie: «Poter vedere noi stessi come gli altri ci vedono!» Siccome sembra che finiremo per visitare la stessa luna…

— Oh! — Scobie trangugiò un grosso sorso di whiskey. — Non è molto — disse, con involontaria diffidenza, — ma se vuoi saperlo, ecco, la mia impressione è che essere innamorata non è stata l’unica buona ragione per sposare Tom. Lui era già stato accettato per questa spedizione, e, considerate le tue specifiche qualifiche, saresti stata accettata anche tu. In breve, ti eri stancata della tua routine rispettabile, e questo era un modo per dare un calcio a tutto. Ho ragione?

— Sì. — Il suo sguardo indugiò su di lui. — Sei più percettivo di quanto supponessi.

— No, in realtà no. Sono solo un mastino selvatico ed attaccabrighe. Ma il personaggio di Ricia ha reso evidente che non sei soltanto una mite moglie e madre, ed una scienziata… — Jean schiuse le labbra per replicare ma Scobie sollevò una mano. — No, per favore, fammi finire. So che è cattiva educazione sostenere che il personaggio adottato da qualcuno non è che una realizzazione dei propri desideri, ma non è questo quello che sto facendo. Naturalmente, tu non desideri essere una femmina vagabonda dai liberi amori più di quanto io desideri andarmene in giro a cavallo ad affettare un assortimento di nemici. Eppure, se tu fossi nata e cresciuta nel mondo del nostro gioco, sono certo che somiglieresti molto a Ricia, e quel potenziale è parte di te, Jean. — Scobie finì il liquore di un sorso. — Se ho detto troppo, per favore, scusami. Ne vuoi un altro?

— Meglio di no, ma non sentirti obbligato ad imitarmi.

— No di certo. — Scobie si alzò e si allontanò a balzi.

Al suo ritorno, si accorse che la Broberg Io stava osservando attraverso la porta trasparente. Quando sedette, la donna sorrise, si sporse un po’ verso di lui e bisbigliò:

— Sono felice che tu abbia detto quello che hai detto, perché adesso posso dichiarare che Kendrick ti rivela per un uomo estremamente complesso.

— Cosa? — chiese Scobie, onestamente sorpreso. — Ma via! È un vagabondo munito di spada e lancia, un tipo cui piace viaggiare, come a me; e, quando ero ragazzo, ero rissoso quanto lui.

— Può darsi che manchi di esteriorità, ma è un cavaliere valoroso, compassionevole, conosce saghe e tradizioni, apprezza musica e poesia, è un po’ anche bardo… Ricia sente la sua mancanza. Quando tornerà dalla sua ultima impresa?

— Sto tornando a casa proprio adesso. N’kuma ed io siamo sfuggiti a quei pirati e siamo approdati ad Haverness due giorni fa. Dopo che abbiamo seppellito il bottino, lui desiderava andare a trovare Béla e Karma per unirsi a loro in quello che stavano facendo, qualsiasi cosa fosse, così per ora ci siamo separati. — Scobie ed Harding si erano di recente presi qualche ora di libertà per concludere quell’avventura, mentre il resto del gruppo era da qualche tempo dedito ad occupazioni mondane.

— Da Haverness alle Isole? — chiese la Broberg, dilatando gli occhi. — Ma io sono al Castello Deveranda, esattamente a metà strada!

— Speravo che fossi là.

— Non posso aspettare oltre per sentire la tua storia.

— Sto continuando a viaggiare con il buio. La luna risplende ed ho un paio di cavalli di scorta che ho acquistato con qualche moneta d’oro del bottino. — La polvere rotola bianca sotto gli zoccoli battenti; là dove un ferro del cavallo colpisce un ciottolo di selce, scaturiscono ardenti scintille. Kendrick si acciglia. — Ma tu non sei con… come si chiama?… Joranil Rosso? Non mi piace quel tipo.

— L’ho sbattuto fuori un mese fa. Si era messo in testa che dividere il mio letto gli conferisse qualche autorità su di me, e comunque non era mai stato altro che un ragazzaccio chiassoso. Sono sola sulla Torre di Gerfalcon, e guardo verso sud, sui campi illuminati dalla luna, chiedendomi come tu stia. La strada scorre verso di me come un grigio fiume: è un cavaliere quello che scorgo galoppare molto, molto lontano?

Dopo parecchi mesi di gioco, le immagini sullo schermo non erano più necessarie. I pennoni, sospinti dal vento notturno, sventolano verso le stelle.

Arrivo, e suono il corno per destare i custodi della porta.

Come rammento quelle liete note…

Quella stessa notte, Kendrick e Ricia diventano amanti. Esperti del gioco ed attenti a rispettare le sue regole, Scobie e la Broberg non scesero in dettagli in merito a quell’unione; non si toccarono neppure per mano e mantennero solo un fugace contatto visivo. L’ultimo scambio di saluti serali fu estremamente decoroso: dopo tutto, quella era una storia che stavano componendo a proposito di due personaggi fittizi su un mondo che non era mai esistito.


I pendii inferiori del ghiacciaio si levavano in arcate che erano anch’esse profondamente concave; gli umani camminarono lungo i loro bordi, ammirando le stravaganti formazioni sottostanti, ed intanto una serie di nomi salivano loro alle labbra: il Giardino Gelato, il Ponte Spettrale, il Trono della Regina delle Nevi, mentre Kendrick avanza nella Città e Ricia lo attende nella Sala da Ballo, e lo spirito di Alvarlan fa da messaggiero fra i due, cosicché è come se la Principessa stesse già camminando a fianco del suo cavaliere. A vanzarono comunque con attenzione, spiando con cautela ogni eventuale segno di pericolo, specialmente quando una mutazione di struttura, di colore o di qualsiasi altra cosa sulla superficie su cui procedevano tradiva un cambiamento nella sua natura.

Al di sopra del costone più alto si levava un’altura troppo ripida per poter essere scalata, nonostante la minima gravità di Iapetus: il muro della fortezza. Tuttavia, dal cielo il gruppo aveva scorto un’apertura che formava un passo e che doveva indubbiamente essere stata creata da qualche piccola meteorite, durante la guerra fra dèi e maghi, quando le pietre cantanti scesero dal cielo apportando una rovina tale che in seguito nessuno osò tentare la ricostruzione. Era una scalata irreale, su un percorso racchiuso fra cime che brillavano di un bagliore azzurrino da esse stesse generato, con la volta celeste ridotta ad una cintura dove le stelle sembravano splendere con raddoppiato vigore.

— Devono esserci sentinelle all’apertura — osserva Kendrick.

— Una sola guardia — replica il sussurro mentale di Alvarlan, — ma si tratta di un drago. Se combatti con lui, il frastuono e le fiamme attireranno su di te ogni guerriero presente qui. Non temere: scivolerò nel suo cervello ardente ed intesserò un sogno tale che non ti vedrà passare.

— Il Re potrebbe percepire l’incantesimo — dice Ricia, tramite il mago. — Dal momento che tu sarai comunque separato da noi mentre controllerai il cervello della bestia, Alvarlan, io cercherò il Re e lo distrarrò.

Kendrick fa una smorfia, ben sapendo quali siano i mezzi che Ricia intende impiegare. Lei gli ha detto quanto desideri la libertà ed il suo cavaliere, ma ha anche lasciato intuire che il modo di amare degli elfi trascende quello umano: desidera forse un ultimo momento di quell’amore prima di essere salvata?… Ebbene, né Ricia né Kendrick hanno giurato né praticato fedeltà ad una sola persona. Certamente, Colin Scobie non lo aveva mai fatto; con un sorriso divertito, Scobie continuò a camminare nel silenzio che era sceso sul terzetto.

Arrivarono in cima alla massa glaciale e si guardarono intorno: Scobie emise un fischio, e Garcilaso balbettò:

— G…G…Gesù Cristo!

La Broberg congiunse le mani di scatto.

Sotto di loro, il precipizio scendeva su alcuni costoni modellati in un modo che assumeva un aspetto completamente nuovo e soprannaturale, fatto di bagliori ed ombre, fino a terminare nella pianura. Vedendo quello spettacolo da tanto alto, la curvatura della luna faceva venir voglia di artigliare il suolo con i piedi per aggrapparsi ad esso e non essere scaraventati fra le stelle che circondavano, più che sovrastare, quella sfera. Il veicolo spaziale sorgeva minuscolo sulla pietra scura e butterata come un cenotafio rassegnato alla solitudine.

Verso oriente, il ghiaccio si sporgeva oltre il campo visivo, che era molto limitato. (— Laggiù ci potrebbero essere i confini del mondo — osservò Garcilaso, e Ricia risponde: — Sì, la Città sorge vicino ad essi.)

Conche di dimensioni differenti, collinette, crepacci, nessuno eroso alla stessa maniera degli altri, trasformavano quel tratto altrimenti pianeggiante in un labirinto surreale. Un costone che sembrava un arabesco traforato e che sorgeva dov’era la meta prefissa dagli esploratori, sormontava l’orizzonte, e tutto ciò che era illuminato brillava dolcemente. Per quanto fosse caldo, il sole proiettava una luce equivalente forse a quella che cinquemila Lune piene avrebbero potuto riversare sulla Terra; verso sud, il grande semidisco di Saturno forniva una luminosità pari a circa una volta e mezza quella della Luna, ma in quella direzione la distesa di ghiacci brillava di un pallido colore ambrato.

— Bene, vogliamo andare? — chiese Scobie, scuotendosi, e quella domanda prosaica parve colpire gli altri, perché Garcilaso si accigliò mentre la Broberg sussultava. La scienziata si riprese però subito.

— Sì, affrettiamoci — dice Ricia. — Sono nuovamente sola. Sei uscito dalla mente del drago, Alvarlan?

— Sì — la informa il mago. — Kendrick è sano e salvo dietro il palazzo in rovina. Dicci qual è la strada migliore per raggiungerti.

— Vi trovate alla Casa della Corona, consunta dal tempo. Dinnanzi a voi c’è la Strada dei Fabbricanti di Scudi…

Scobie si accigliò.

— È mezzogiorno, quando gli elfi non vanno in giro — dice Kendrick, in tono di comando e di ammonizione. — Non desidero incontrare nessuno di loro: niente lotte né complicazioni. Ti prenderemo e fuggiremo senza ulteriori guai.

La Broberg e Garcilaso si mostrarono delusi, ma compresero: il gioco finiva quando uno dei personaggi rifiutava d’accettare qualche nuovo particolare inserito da un compagno di gioco, ed in quei casi spesso i fili della narrazione non venivano ripresi e riallacciati per parecchi giorni. La Broberg sospirò.

— Segui la strada fino alla fine, dove c’è un foro e sgorga una fontana di neve — spiega Ricia. — Attraversa il foro e continua lungo il Viale Aleph Zain: lo riconoscerai a causa di un cancello a forma di teschio con le mandibole aperte. Se vedi da qualche parte un bagliore d’arcobaleno nell’aria, rimani immobile fino a che sarà svanito, perché si tratterà di un lupo aurorale…

Ad un trotto favorito dalla bassa gravità, furono sufficienti appena una trentina di minuti per coprire la distanza. Nell’ultimo tratto, i tre furono costretti ad effettuare grandi deviazioni a causa di blocchi di ghiaccio dalla composizione tanto sottile che scivolava sotto gli stivali e minacciava d’inghiottirli. Parecchi di quei blocchi erano disseminati a regolari intervalli intorno alla loro meta.

Una volta giunti, i tre viaggiatori si arrestarono nuovamente, persi nella morsa della meraviglia.

Il bacino ai loro piedi doveva giungere fin quasi al fondo roccioso, era profondo un centinaio di metri ed ampio quasi il doppio. Sul suo ciglio si ergeva il muro che avevano visto dall’altura, un arco lungo ed alto una cinquantina di metri, in nessun punto più spesso di cinque metri, traforato da intricate spire ornamentali che splendevano di un bagliore verde quando non erano trasparenti. Quello era il limitare superiore di uno strato che formava una serie di dentellature giù per il cratere. E c’erano altre sporgenze e altri burroni dall’aspetto ancora più fantastico… era forse quella una testa d’unicorno, quell’altra un colonnato di cariatidi, era quello un inginocchiatoio di ghiaccio?… Il profondo abisso era come un lago di fredde ombre azzurre.

— Sei giunto, Kendrick, adorato! — grida Ricia, gettandosi fra le sue braccia.

— Quieta! — avverte la mente di Alvarlan il saggio. — Non destare i nostri immortali nemici.

— Sì, dobbiamo tornare indietro. — Scobie sbatté le palpebre. — Per tutti i preti giudei, cosa ci ha preso? Il divertimento è divertimento, ma noi ci siamo certo spinti più lontano e più in fretta di quanto fosse sicuro fare, non vi pare?

— Rimaniamo ancora un poco — supplicò la Broberg. — Questo è un tale miracolo… la Sala da Ballo del Re Elfo, che il Signore della Danza ha costruito per lui…

— Ricordate che se rimaniamo saremo catturati, e la nostra prigionia potrebbe durare per sempre. — Scobie azionò l’interruttore radio principale della sua tuta. — Pronto, Mark? Mi ricevi?

Né la Broberg né Garcilaso fecero altrettanto, e non udirono la voce di Danzig.

— Oh, sì! Sono rimasto raggomitolato sulla trasmittente mordendomi le nocche. Come state?

— Benone. Siamo vicino a quel grosso buco e torneremo indietro non appena avremo scattato qualche fotografia.

— Non sono state inventate ancora le parole per esprimere il sollievo che provo. Valeva la pena di correre quel rischio, da un punto di vista scientifico?

Scobie sussultò e si guardò intorno.

— Colin? — chiamò Danzig. — Ci sei?

— Sì. Sì.

— Ti ho chiesto quali osservazioni importanti avete fatto.

— Non lo so — mormorò Scobie. — Non riesco a ricordare: dopo che abbiamo iniziato ad arrampicarci, nulla è più parso reale.

— Farete meglio a tornare subito indietro — disse cupo Danzig, — ed a scordarvi di quelle fotografie.

— Giusto. — Scobie si rivolse ai suoi compagni. — Avanti, march!

— Non posso — risponde Alvarlan. — Un incantesimo vagante ha catturato il mio spirito fra volute di fumo.

— So dove è custodita una daga di fuoco — dice Ricia. — Tenterò di rubarla.

La Broberg si mosse in avanti, come per scendere nel cratere: minuscole particelle di ghiaccio si staccarono dall’orlo sotto i suoi stivali. La donna avrebbe potuto facilmente perdere l’equilibrio e scivolare giù.

— No, aspetta! — le grida Kendrick. — Non è necessario. La punta della mia lancia è di lega lunare, e può tagliare…

Il ghiacciaio tremò, il costone si spezzò in due e cadde a brandelli, mentre l’area su cui si trovavano i tre umani si staccava dal resto e precipitava nella conca, seguita da una valanga. Cristalli gettati in aria riflessero la luce del sole, brillando come prismi quasi a sfidare le stelle per poi discendere quietamente e giacere immoti.

Fatta eccezione per le onde d’urto attraverso i solidi, tutto era accaduto nell’assoluto silenzio che regna nello spazio.

Un battito di cuore dopo l’altro, Scobie recuperò faticosamente i sensi, e si trovò bloccato, immobilizzato nell’oscurità e nella sofferenza. La tuta gli aveva salvato e gli stava tuttora salvando la vita, e, per quanto stordito, non aveva subito una commozione vera e propria. Tuttavia, ogni respiro portava un dolore terribile, e sembrava che un paio di costole sul fianco sinistro si fossero fratturate: l’impatto tremendo doveva aver intaccato il metallo. Ed era sepolto sotto un peso tale che non era certo in grado di smuovere.

— Pronto! — tossì al microfono. — Non mi sente nessuno?

L’unica risposta fu il pulsare del suo sangue. Se la radio funzionava ancora… ed avrebbe dovuto, essendo costruita all’interno della tuta… la massa che lo circondava faceva da schermo.

E risucchiava anche il calore con una velocità stupefacente e senza precedenti. Scobie non sentiva freddo perché il sistema elettrico traeva energia dalla cellula di alimentazione con tutta la velocità necessaria a mantenere caldo il suo corpo ed a riciclare chimicamente l’aria. In genere, quando perdeva calore per via della radiazione… ed un poco anche attraverso gli stivali dalla suola di kerosoam… la domanda di calore alla cellula era preponderante. Adesso, un fenomeno di conduzione si stava verificando su ogni centimetro quadrato, e, per quanto possedesse un’unità di scorta nell’equipaggiamento assicurato alla schiena, Scobie non aveva modo di raggiungerla.

A meno che… con una risatina che sembrava un guaito, fece sforzo e sentì la sostanza che lo imprigionava cedere di pochissimo, sotto la pressione delle gambe e delle braccia, mentre un leggero rumore gli risuonava nell’elmetto, un fruscio, un gorgoglio. Quello che lo circondava non era ghiaccio d’acqua, ma una sostanza il cui punto di congelamento era molto inferiore, ed adesso Scobie la stava fondendo e sublimando, creandosi un po’ di spazio.

Se fosse rimasto immobile, sarebbe sprofondato, mentre le masse gelate sovrastanti scivolavano giù per mantenerlo all’interno della sua tomba. Questo avrebbe anche potuto creare nuove e superbe formazioni, ma lui non ci sarebbe stato per vederle. Invece, doveva usare le sue poche capacità per farsi strada verso l’alto, arrampicarsi, aggrapparsi a pezzi di sostanza che ancora non galleggiassero, aprirsi un varco fino alle stelle.

Iniziò a scavare.

Un senso di agonia lo prese ben presto: il respiro attraversava gracchiando i polmoni infiammati, le forze gli si assottigliavano ed un tremito s’impossessò di lui, tanto che non avrebbe saputo dire se stava salendo o scivolando all’indietro. Accecato, semi-soffocato, Scobie trasformò le proprie mani in artigli e scavò.

Era una cosa troppo insopportabile, e la sua mente rifuggì da essa…

Essendo falliti i suoi potenti incantesimi, il Re Elfo aveva fatto crollare in rovina le sue temibili torri. Se lo spirito di Alvarlan fosse rientrato nel suo corpo, il mago avrebbe riflettuto sulle cose che aveva visto, ed avrebbe compreso cosa esse significassero, ed una simile conoscenza avrebbe dato ai mortali un terribile potere contro il Mondo Incantato. Uscendo dal sonno, il Re aveva scorto Kendrick sul punto di liberare quello spirito. Non c’era tempo per fare altro se non spezzare l’incantesimo che manteneva in piedi la Sala da Ballo. Essa era per lo più costruita di nebbia e polvere di stelle, ma anche da un sufficiente numero di blocchi scavati dal lato gelato di Ginnungagap che avrebbero ucciso il cavaliere quando fossero crollati. Anche Ricia sarebbe perita, ed il Re, nel suo intelletto simile a mercurio, ne provò dispiacere, ma pronunciò ugualmente la parola necessaria.

Il Re non sapeva quanto le ossa e la carne riuscissero a sopportare i colpi. Sir Kendrick si apre lottando la strada fra le rovine, per cercare e salvare la sua dama. Mentre lo fa, si rincuora con il pensiero di avventure trascorse e future…

…Ed improvvisamente la coltre si aprì ed apparve Saturno, scintillante con i suoi anelli.

Scobie cadde prono sulla superficie e rimase disteso e tremante.

Si doveva alzare, non importava quanto gli dolessero le ferite, se non voleva fondere ancora il ghiaccio e scavarsi un’altra tomba. Si issò faticosamente in piedi e si guardò intorno.

Della scultura rimaneva ben poco che non fossero sporgenze e cicatrici; la maggior parte del cratere era divenuta una liscia e bianca distesa sotto il cielo, e l’assenza di ombre rendeva difficile valutare la distanza, ma Scobie intuì che la nuova profondità del cratere doveva essere di una settantina di metri, e vuota… vuota.

— Mark, mi senti? — gridò.

— Sei tu, Colin? — risuonò una voce nel suo auricolare. — In nome di Dio, cosa è successo? Ti ho sentito gridare, ed ho visto una nube sollevarsi e ricadere… poi più niente per oltre un’ora. State bene?

— Io sì, all’incirca. Non vedo Jean o Luis. Una frana ci ha colti di sorpresa e ci ha seppelliti. Resta in linea mentre cerco.

Quando si alzò in piedi, scoprì che le costole gli facevano meno male e che poteva muoversi con sufficiente disinvoltura, se solo faceva un po’ di attenzione. I due tipi di analgesico standard che aveva nel pronto soccorso erano entrambi inutili, perché uno era troppo leggero per dare un effettivo sollievo mentre l’altro era talmente potente che lo avrebbe intorpidito. Cercando di qua e di là, trovò ben presto quello che cercava, una depressione nel materiale franoso simile a neve, leggermente fusa.

Fra le attrezzature del suo equipaggiamento standard c’era anche un arnese per scavare trincee, e Scobie, accantonando la sofferenza, si mise a scavare: comparve una testa chiusa in un elmetto, quella della Broberg, la quale stava a sua volta scavando verso l’esterno.

— Jean!

— Kendrick! — La donna sgusciò fuori, ed i due si abbracciarono, tuta contro tuta. — Oh, Colin!

— Come ti senti? — chiese lui.

— Viva — replicò la donna. — Non ho subito alcun danno serio, credo, e buona parte del merito va alla bassa gravità… E tu? E Luis? — Una striscia di sangue secco era visibile sotto il naso, ed un livido sulla fronte stava diventando color porpora, ma la donna rimaneva salda in piedi e parlava con chiarezza.

— Io sono funzionale. Non ho ancora trovato Luis. Aiutami a cercare. Prima, però, faremo meglio a controllare i nostri equipaggiamenti.

La donna si strinse le braccia al petto, come se quel gesto potesse servirle a qualcosa là dov’era.

— Sono gelata — ammise.

— Non mi meraviglia — replicò Scobie, indicando un fattore rivelatore. — La tua cellula d’energia è quasi esaurita e la mia non è in condizioni molto migliori. Cambiamole con le riserve.

Non persero tempo a togliersi gli zaini dalle spalle, ma ciascuno infilò la mano in quello dell’altro; gettate a terra le unità quasi esaurite, dove esse generarono immediatamente vapore e due buchi, subito gelati, le sostituirono con quelle fresche.

— Abbassa il tuo termostato — consigliò Scobie. — Non troveremo presto un riparo, e comunque l’attività fisica dovrebbe aiutare a riscaldarci.

— E richiederà un più rapido riciclaggio dell’aria — gli ricordò la Broberg.

— Già. Ma, per il momento almeno, possiamo conservare l’energia nelle celle. Bene, adesso controlliamo eventuali tensioni, potenziali lacerazioni e qualsiasi altro tipo di danno o fuga di calore. Presto, Luis è ancora laggiù.

L’ispezione si rivelò una cosa di routine resa automatica da anni di esercitazioni. Mentre con le dita controllava la tuta spaziale del compagno, la Broberg permise al suo sguardo di vagare.

— La Sala da Ballo è scomparsa — mormora Ricia. — Credo che il Re l’abbia infranta per prevenire la nostra fuga.

— Anch’io. Se dovesse scoprire che siamo ancora vivi e che stiamo cercando l’anima di Alvarlan… Ehi, aspetta! Basta con queste cose!

— Come ve la cavate? — tremolò la voce di Danzig.

— Siamo in buone condizioni, a quanto sembra — replicò Scobie. — La mia tuta ha preso una brutta battuta ma non si è rotta. Ora, per trovare Luis… Jean, tu esplora la parte destra del suolo del cratere, io esplorerò la sinistra.

Ci volle un po’ di tempo, perché la fusione che contrassegnava il punto in cui era sepolto Garcilaso era minuscola. Scobie iniziò a scavare, ma la Broberg, osservando come si muoveva e la fatica con cui respirava, intervenne.

— Dammi quell’arnese. Tra parentesi, dov’è che sei rimasto ammaccato?

Confessando le proprie condizioni, Scobie indietreggiò; pezzi di ghiaccio volavano via da sotto l’attrezzo della Broberg, ed il lavoro procedette spedito perché in quel punto la crosta era fortunatamente friabile e, grazie alla bassa gravità di Iapetus era possibile aprire un buco con pareti quasi verticali.

— Proverò a rendermi utile — commentò Scobie, — il che significa che cercherò una strada per uscire di qui.

Quando si avviò per il pendio più vicino, esso tremò e Scobie venne riportato giù in una marea che generava suoni rugginosi contro la sua tuta, mentre una bianca nube di granelli aridi lo accecava. A fatica Scobie si liberò, una volta giunto in fondo, e ripeté il tentativo altrove, ma alla fine dovette riferire a Danzig:

— Mi spiace, ma temo che non ci sia una facile via d’uscita. Quando il costone su cui ci trovavamo è crollato, ha fatto qualcosa di più che produrre un impatto che ha distrutto le delicate formazioni in tutto il cratere; ha fatto ricadere giù dalla superficie tonnellate di roba… un particolare tipo di ghiaccio che, nelle attuali condizioni, è sottile come sabbia. Le pareti ne sono coperte, ed in quasi tutti i punti, gli strati più stabili sono sepolti sotto metri di questo pulviscolo. Scivoleremmo più rapidamente di quanto potremmo riuscire ad arrampicarci, là dove lo strato è sottile, e dove è spesso sprofonderemmo.

— Immagino che mi dovrò fare una bella e salutare passeggiata — sospirò Danzig.

— Presumo che tu abbia chiesto aiuto.

— Naturalmente. Faranno arrivare qui due scialuppe in cento ore circa, e questo è quanto di meglio possono fare. Lo sapevate già.

— U-huh. E le nostre cellule di alimentazione dureranno forse per altre cinquanta ore.

— Oh, bene, non ti preoccupare per questo. Vi porterò delle scorte e le getterò giù, se rimarrete bloccati fino all’arrivo dei soccorsi. M-m-m… prima farò meglio a munirmi di una fionda o qualcosa del genere.

— Potresti avere difficoltà a localizzarci. Questo non è un vero cratere, è una sorta di pentolaccia, il cui bordo si unisce alla cima del ghiacciaio. Il punto di riferimento che noi usavamo, uno strano costone, adesso è scomparso.

— Non è un grosso problema. Ho la vostra posizione grazie all’antenna direzionale, ricordatelo. Può darsi che una bussola magnetica qui non serva a nulla, ma mi posso orientare con il cielo. Saturno non si muove quasi per nulla, qui, ed il sole e le stelle non si spostano in fretta.

— Dannazione, hai ragione! Non ci pensavo. Avevo in mente Luis e non pensavo ad altro! — Scobie guardò in direzione della Broberg. La donna stava forzatamente prendendo un breve riposo, le spalle chine sullo scavo, e l’aspro suono del suo respiro giungeva fino a lui mediante l’auricolare.

Scobie sapeva di dover conservare le poche forze che gli rimanevano per le necessità future, quindi succhiò un po’ d’acqua dal contenitore apposito ed infilò un boccone di cibo nell’apertura, fingendo di aver appetito.

— Tanto vale che cerchi di ricostruire quello che è successo — disse. — Oh, Mark, avevi ragione, siamo diventati pazzamente imprudenti. Il gioco… otto anni sono un tempo troppo lungo per giocare quel gioco, in un ambiente che ci rammentava troppo poco la realtà. Ma chi avrebbe potuto prevedere una cosa simile? Mio Dio, avverti quelli della Chronos! So per caso che una delle due squadre che è andata su Titano aveva cominciato a giocare fingendo d’intraprendere una spedizione alla ricerca di uomini marini sotto l’Oceano Carminio… a causa delle nebbie rosse… deliberatamente, proprio come noi, prima di partire… — Scobie deglutì, poi proseguì dicendo: — Bene, suppongo che non riusciremo mai a sapere con precisione cosa sia andato storto qui, ma è evidente che la configurazione era soltanto metastabile. Del resto, anche sulla Terra una valanga può avere inizio in modo fatalmente facile. La mia supposizione è che la causa sia lo strato di metano celato sotto la superficie. Era diventato un po’ instabile quando la temperatura era salita, dopo l’alba, ma questo non aveva importanza, data la bassa gravità ed il vuoto… finché non siamo arrivati noi. Il calore, le vibrazioni… Comunque, lo strato è scivolato via sotto di noi, il che ha provocato un crollo generale. Questa supposizione ti sembra ragionevole?

— Sì, per un dilettante come me — replicò Danzig. — Ammiro come riesci a mantenere uno spirito accademico in queste circostanze.

— Sto cercando di essere pratico — replicò Scobie. — Può darsi che Luis abbia bisogno di cure mediche in un lasso di tempo più breve di quello che quelle scialuppe impiegheranno a venire qui. Se fosse cosi, come potremo portarlo sino al nostro modulo?

— Hai qualche suggerimento? — La voce di Danzig si era fatta dura.

— Sto cercando di arrivarci a tentoni. Senti, la conca ha ancora la stessa forma di base, l’intero complesso non è sprofondato, il che implica la presenza di materiali duri, ghiaccio d’acqua e roccia. In effetti, vedo qualcuno dei promontori residui sporgere da quella roba simile a sabbia. Quanto a cosa sia… forse una combinazione di ammonio-carbon-diosside, forse qualcosa di più alieno… questo dovrai scoprirlo tu, più tardi.

«Attualmente… i miei strumenti geologici mi aiuterebbero a scoprire dove la copertura sulle masse solide è meno profonda. Abbiamo gli attrezzi da scavo, quindi potremmo tentare di aprirci un varco, a zigzag per ridurre la fatica al minimo. Questo potrebbe farci cadere altra roba addosso dall’alto, ma anche questo fattore potrebbe a sua volta accelerare la nostra avanzata. Là dove le sporgenze nude sono troppo viscide o ripide per essere scalate potremmo incidere degli scalini. Un lavoro lento e duro, e ci potremmo imbattere in un rilievo troppo alto per saltare giù o roba del genere.

— Io vi posso aiutare — propose Danzig. — Mentre aspettavo di sentirvi, ho fatto un inventario del cavo di scorta, delle corde, degli equipaggiamenti da cui prelevare cavi, abiti e coperte che posso tagliare a strisce… qualsiasi cosa possa essere legata insieme a formare una corda. Non avremo bisogno di molta forza tensile, e, in base ai miei calcoli, dovrei arrivare ad una lunghezza di una quarantina di metri. Stando alla tua descrizione, questa è all’incirca la metà della profondità della trappola in cui siete finiti. Se poteste arrampicarvi fino a metà strada mentre arrivo fin là, io vi potrei poi tirare per il resto del pendio.

— Grazie, Mark — replicò Scobie, — anche se però…

— Luis! — strillò la voce di Jean nel suo elmetto. — Colin, vieni, presto, aiutami, questo è terribile!

Noncurante del dolore che avvertiva, a parte un paio d’imprecazioni, Scobie corse in aiuto della Broberg.

Garcilaso non era completamente privo di sensi, ed in questo stava la maggior parte dell’orrore. Lo sentirono mormorare:

— L’Inferno, il Re ha gettato la mia anima nell’Inferno. Non riesco a trovare la strada per uscirne, sono perduto. Se soltanto l’Inferno non fosse tanto freddo…

Non potevano vederlo in volto perché l’interno del suo elmetto era incrostato di brina. Essendo rimasto sepolto più a lungo e più in profondità degli altri, ed essendo per di più seriamente ferito, Luis sarebbe morto in breve tempo una volta che la sua cellula d’energia si fosse esaurita. La Broberg lo aveva tirato fuori appena in tempo, se non altro.

Accoccolata all’interno dello scavo, la donna lo fece rotolare sul ventre, e mentre i suoi arti si agitavano, Luis farfugliò:

— Un demone mi attacca. Sono come cieco, qui, ma sento il vento delle sue ali. — Quelle parole erano pronunciate con voce monotona e strascicata. La donna estrasse la cellula d’energia e la lanciò in alto dicendo:

— Dovremmo riportare questa sulla nave, se possiamo.

In alto, Scobie rimase a fissare morbosamente l’oggetto: esso non conservava più neppure il calore necessario a generare un po’ di vapore, come la sua cellula e quella della Broberg, ma era del tutto inerte. Il suo contenitore era un involucro di metallo che misurava trenta centimetri per quindici per sei, e la sua superficie era assolutamente priva di caratteristiche, salvo per due prese dentellate situate sulla parte larga. Una serie di controlli inseriti nei circuiti della tuta spaziale permetteva di avviare e regolare manualmente le funzioni chimiche interne, come anche di arrestarle; ma di solito si lasciava quel compito al termostato ed al reostato. Adesso quelle reazioni avevano seguito il loro corso e, fino a che non fosse stata ricaricata, la cellula era un semplice oggetto inerte.

Scobie si chinò per osservare la Broberg, una decina di metri più sotto: la donna aveva tirato fuori l’unità di riserva di Garcilaso, l’aveva inserita al suo posto, al fondo della schiena, e l’aveva assicurata con i fermi alla base dell’equipaggiamento.

— Adesso ci serve il tuo contributo, Colin — disse la donna.

Scobie calò il tratto di pesante cavo isolato che faceva parte dell’equipaggiamento standard per missioni senza veicoli, nel caso fosse necessario effettuare riparazioni o connessioni; la Broberg lo collegò con giunti a ganasce ad altri due pezzi di cavo che già aveva, quindi fece un cappio ad un’estremità ed assicurò l’altra estremità al proprio equipaggiamento, stendendo goffamente una mano sopra la spalla. Il triplo pezzo di cavo dondolava sopra di lei come un’antenna.

Chinatasi, Jean raccolse Garcilaso fra le braccia. Su Iapetus, il peso dell’uomo e del suo equipaggiamento ammontava ad una decina di chili, come anche quello della donna e del suo equipaggiamento. In teoria, la Broberg avrebbe dovuto essere in grado di uscire dalla buca con un salto insieme al suo carico, ma in pratica la tuta spaziale era troppo ingombrante per quella manovra; le giunture a volume costante davano una notevole libertà di movimento, ma non altrettanta quanta la pelle nuda, specialmente quando le temperature circum-Saturniane richiedevano un isolamento speciale. Inoltre, se anche fosse riuscita a raggiungere la cima, non sarebbe potuta rimanere in equilibrio, perché il ghiaccio morbido si sarebbe sgretolato sotto le sue dita e lei sarebbe ricaduta giù.

— Partenza — avvertì. — Sarà meglio riuscire al primo colpo, Colin, perché non credo che Luis possa tollerare molti scossoni.

— Kendrick, Ricia, dove siete? — gemette Garcilaso. — Siete all’Inferno anche voi?

Scobie conficcò i talloni nel terreno e si accoccolò, pronto, vicino all’orlo dello scavo. Il cappio di cavo apparve e lui lo afferrò con la destra, proiettandosi al contempo all’indietro, per evitare di scivolare in avanti, e sentì la massa che aveva afferrato arrestarsi con uno strattone. Una fitta angosciosa gli trapassò la cassa toracica, ma in qualche modo gli riuscì di issare al sicuro il suo carico prima di svenire.

— Sto bene — gracchiò un momento più tardi, riprendendosi, rivolto alle voci ansiose di Danzing e della Broberg. — Soltanto, lasciatemi riposare un po’.

L’esperta in fisica annuì e s’inginocchiò per prendersi cura del pilota. Gli tolse l’equipaggiamento in modo da poterlo sdraiare su di esso, poggiando la testa ed il tronco del ferito sull’intelaiatura e le gambe sul carico. Questo sistema avrebbe prevenuto una significativa perdita di calore per convenzione ed avrebbe ridotto quella per conduzione. In ogni caso, la cellula d’energia del ferito si sarebbe esaurita più rapidamente che se questi fosse stato in piedi, e già in partenza aveva un terribile deficit energetico da controbilanciare.

— Il ghiaccio all’interno del suo elmetto si sta fondendo — riferì la donna. — Pietosa Maria, quanto sangue! Ma sembra derivare da una ferita al cuoio capelluto, e sembra si sia arrestato. Il suo occipite deve aver sbattuto contro la parete dell’elmetto: dovremmo indossare cuffie imbottite, all’interno di questi affari! Sì, lo so che incidenti come questo non sono mai capitati in precedenza, ma… — La donna si staccò la lampada portatile dalla cintura, si chinò e diresse il raggio di luce verso il basso. — Gli occhi sono aperti. Le pupille… sì, una grave concussione, forse una frattura cranica che potrebbe aver causato un’emorragia interna. Sono stupita che non abbia ancora vomitato. Forse che il freddo lo ha evitato? Inizierà presto? Potrebbe soffocare nel suo vomito, in quell’elmetto, qui dove nessuno gli può dare una mano.

La sofferenza di Scobie era scesa ad un livello tollerabile: si alzò, si avvicinò per dare un’occhiata ed emise un fischio.

— Giurerei che è spacciato — disse poi, — se non riusciremo a riportarlo al modulo ed a curarlo adeguatamente al più presto, il che non è possibile.

— Oh, Luis! — Le lacrime presero a scendere silenziose lungo le guance della Broberg.

— Credi che possa durare fino a quando arriverò con la mia corda e lo potremo portare qui? — chiese Danzig.

— Non temere — replicò Scobie. — Ho seguito alcuni corsi paramedici ed ho addirittura già visto un caso come questo prima d’ora. Come mai riconosci i sintomi, Jean?

— Leggo molto — replicò, cupa, la donna.

— Piangono, i bambini morti piangono — borbottò Garcilaso.

— Bene — sospirò Danzing, — volerò fin da voi.

Huh? — esplose Scobie.

— Sei impazzito anche tu? — rincarò la Broberg.

— No, ascoltate — disse in fretta Danzing. — Non sono un abile pilota, ma ho un addestramento di base nella guida di questo tipo di moduli, come chiunque altro si possa venire a trovare nelle condizioni di pilotarne uno. Il veicolo è sacrificabile, perché le scialuppe di soccorso ci riporteranno indietro. Se atterrassi vicino al ghiacciaio non ci sarebbe alcun guadagno di tempo significativo, perché dovrei sempre preparare la corda e cosi via… e da quel che è successo alla sonda sappiamo che atterrare là sarebbe un grosso rischio. Sarà meglio che punti dritto sul vostro cratere.

— Per atterrare su una superficie che i motori squaglieranno sotto di te? — sbuffò Scobie. — Scommetto che Luis lo considererebbe un azzardo. E tu, amico mio, ti fracasseresti.

— Sì? — Ebbero quasi l’impressione di vedere la scrollata di spalle. — Un impatto da quest’altitudine e con questa gravità non farebbe altro che farmi sbattere i denti. I motori apriranno un buco fino al suolo roccioso. È vero che il ghiaccio circostante crollerà addosso al modulo e lo imprigionerà. Forse dovrete scavare per raggiungere il portello, ma credo che l’irradiazione termica proveniente dalla cabina manterrà libera la parte alta della struttura. Anche se il modulo si dovesse rovesciare e cadere su un fianco… nel qual caso sprofonderebbe come su un cuscino che si sgonfia… anche se ciò accadesse sulla nuda roccia, i danni non sarebbero seri: è stato progettato per resistere ad impatti più violenti di questo. — Danzig esitò. — Naturalmente, ciò vi potrebbe mettere in pericolo. Sono certo di riuscire ad evitare di friggervi con i motori, presumendo che io scenda nel mezzo e che voi vi facciate trovare il più lontano possibile, di lato. Però, potrei forse causare un… ghiacciomoto che vi ucciderebbe. Non c’è senso a perdere altre due vite.

— O addirittura tre, Mark — intervenne la Brogerg. — Nonostante le tue coraggiose parole, potresti fare tu stesso una brutta fine.

— Oh, ecco, io sono un vecchio. Sentite, facciamo la supposizione peggiore, e cioè che non soltanto compia un brutto atterraggio, ma che sfasci completamente il modulo. In quel caso, Luis morirebbe, ma questo accadrebbe comunque. D’altro canto, voi due avreste accesso alle riserve di bordo, comprese le cellule d’energia di scorta. Io sono disposto a correre quello che considero un piccolo rischio personale nella speranza di dare a Luis una possibilità di sopravvivenza.

— Um-m-m-m — fece Scobie, dal profondo della gola; la mano gli vagò in cerca del mento mentre il suo sguardo esaminava il bagliore della conca.

— Ripeto — continuò Danzig. — Se voi due pensate che possa mettervi in pericolo in qualche modo, non se ne fa nulla. Niente eroismi, per favore. Luis sarebbe certo d’accordo nell’affermare che è meglio che tre persone si salvino e ne muoia una sola, piuttosto che tutte e quattro corrano elevati rischi di morte.

— Lasciami riflettere. — Scobie rimase in silenzio per parecchi minuti. — No, non credo che correremmo molti rischi, qui. Come ho rilevato prima, nelle vicinanze c’è già stata una valanga ed ora la configurazione deve essere ragionevolmente stabile. È vero che il ghiaccio si volatilizzerà e che, nel caso di depositi di sostanza a basso livello di ebollizione, questo potrebbe avvenire in maniera esplosiva e provocare tremori. Ma il vapore porterà via il calore con tanta rapidità che solo il materiale nella zona immediatamente vicina a te dovrebbe modificare il suo stato. Oserei dire che la sostanza simile a sabbia verrà scrollata giù dai pendii, ma essa ha una densità troppo bassa per destare un serio allarme. Per la maggior parte, si limiterà a generare una breve tempesta di neve. Ovviamente, il suolo si assesterà in un modo che potrebbe anche essere violento. Tuttavia, noi potremmo trovarci al di sopra di esso… vedi quella sporgenza rocciosa laggiù, raggiungibile con un salto, Jean? Dev’essere parte di una collina sepolta, e quello è il luogo giusto per aspettare. D’accordo, Mark, va bene, per quanto ci riguarda: non posso esserne del tutto certo, ma chi lo è su qualsiasi cosa? Mi sembra ci siano buone probabilità di riuscita.

— Cosa stiamo trascurando? — si chiese la Broberg. Abbassò lo sguardo su Luis, che giaceva ai suoi piedi. — Mentre noi consideriamo tutte le possibilità, Luis potrebbe morire. Sì, vola se te la senti, Mark, e che Dio ti benedica.

Ma, quando lei e Scobie ebbero trasportato Garcilaso sulla sporgenza rocciosa, la donna indicò da Saturno verso la Stella Polare.

— Canterò un incantesimo, userò la poca magia che posseggo in aiuto del Signore del Drago, affinché possa liberare l’anima di Alvarlan dall’Inferno — dice Ricia.

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