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A un centinaio di metri dall’immenso cancello del Maniero McDermott, i battenti si spalancarono, e Holt chiamò McDermott per dirgli: «Lascia aperto il cancello finché io resterò qui. Se si chiudesse, saranno guai per te».

«Non preoccuparti» replicò l’altro. «Non voglio giocarti nessun tiro.»

La vettura di Holt varcò il cancello: ora era più che mai alla mercé del suo nemico. Quando raggiunsero lo spiazzo destinato alla sosta delle macchine, McDermott domandò: «Vuoi che provveda a chiudere lo spiazzo?».

«No, tienilo aperto» replicò pronto Holt. «Non mi preoccupo per il freddo.»

La vettura si fermò, e i robot l’aiutarono a scendere. Holt rabbrividì nell’aria gelida, ma fu questione di qualche istante, perché subito dopo varcò la soglia del Maniero, seguito dai suoi robot.

«Sono al terzo piano della torre» lo avvertì la voce di McDermott da un altoparlante. «Se non avessi mandato via tutti i robot, te ne avrei mandato uno a farti da guida.»

«Potresti mandare un membro della tua famiglia» disse pronto Holt.

McDermott ignorò la proposta e si limitò ad aggiungere: «Continua a seguire il corridoio fino alla svolta, oltrepassa la sala d’armi; in fondo c’è un ascensore».

Holt e i suoi robot avanzarono nelle sale silenziose. Il Maniero pareva un museo. Il corridoio dall’alto soffitto a volta era fiancheggiato da statue ed altre opere d’arte, tutte dall’aspetto trascurato e decadente. Com’era possibile vivere in una simile tomba? Holt attraversò una sala adorna di antiche armature, di cui non poté far a meno di calcolare mentalmente il costo, infatti tutte quelle inutili cianfrusaglie provenivano dalla Terra che distava molti anni-luce.

Finalmente, raggiunsero l’ascensore e vi entrarono, diretti verso la torre che Holt aveva odiato per tanti anni. Di tanto in tanto, McDermott dava loro qualche indicazione attraverso gli altoparlanti.

Attraversarono una lunga sala dalle pareti rivestite di tappezzeria cupa, ravvivata dai bagliori del pavimento di onice, per entrare poi, attraverso una stretta apertura, in una stanza ovale piena di finestre, in cui aleggiava un disgustoso odore di morte e decadimento.

Andrew McDermott era installato al centro della stanza, dentro al suo bagno vitale e circondato da un groviglio di cavi e tubi. Di lui, si notavano solo gli occhi, che brillavano come carboni ardenti nel viso devastato.

«Sono lieto che tu sia venuto» disse. La sua voce, grazie agli amplificatori elettronici, era stata finora chiara e forte, ma adesso, al naturale, suonava flebile come il fruscio d’una piuma che volteggiava nel vento.

«Non avrei mai creduto di doverti vedere qui» disse Holt.

«Nemmeno io. Ma sono contento che tu sia venuto, Holt. Hai una bella cera, per la tua età.» Le sue labbra cadenti si piegarono in un sorriso grottesco. «Oh, ma tu sei ancora un giovanotto: io ho trent’anni più di te!»

Quei discorsi non interessavano Holt, che disse: «Perché mi hai fatto venire? Ti ho accontentato, ma non ho intenzione di fermarmi tutto il giorno. Hai detto che avevi qualcosa di enorme importanza da raccontarmi».

«No, non ho niente da raccontarti» lo corresse McDermott «ma piuttosto ho da chiederti un favore. Voglio che tu mi uccida, Holt.»

«Che cosa?»

«È semplicissimo. Basta che togli i cavi che mi alimentano. Sono lì, ai miei piedi. Strappali, ed entro un’ora sarò morto. Oppure gira quell’interruttore e non potrò più respirare. Morrò più in fretta e sarebbe più umano farmi morire così.»

«Hai uno strano senso dell’umorismo» disse Holt.

«Credi davvero? Prova a girare quell’interruttore.»

«Mi hai fatto venire fin qui perché ti uccida?»

«Sì» confermò McDermott. «Sono paralizzato da un anno e mi sembra di essere un vegetale. Me ne sto qui, un giorno dopo l’altro, senza poter far nulla. Pure, sto bene, e potrei campare altri cent’anni. Ti rendi conto della mia situazione, Holt? Sì, ho avuto un colpo e sono paralizzato, ma il mio corpo è ancora sano, e questo maledetto bagno mi mantiene in vita, nutrendomi e massaggiandomi… credi che voglia continuare a vivere ancora per molto a questo modo, Holt? Tu come ti comporteresti al mio posto?»

«Se vuoi davvero morire» rispose Holt «perché non chiedi a qualcuno della tua famiglia di ucciderti?»

«Non ho famiglia.»

«Non è vero. Hai cinque figli…»

«Quattro sono morti, Holt, e l’ultimo è andato sulla Terra. Sono un sopravvissuto, Holt, eterno come il cielo. Duecentotrent’anni sono lunghi, sai… Le mie mogli sono morte, e i miei nipoti se ne sono andati. Torneranno solo dopo la mia morte, per spartirsi l’eredità. Quindi, non c’è nessuno che possa manovrare quell’interruttore.»

«Ci sono i tuoi robot» suggerì Holt.

«I tuoi devono essere dei robot speciali, Holt» replicò McDermott con un sorriso mesto. «Io non ne ho nessuno che sia stato preparato a uccidere il suo padrone. Sanno quello che accadrebbe se il bagno vitale non funzionasse più, e si guarderebbero bene dal danneggiarlo. Sei tu che devi farlo, Holt! Ti supplico, uccidimi, distruggi la mia torre se ti dà tanto fastidio. Hai vinto la partita, ti spetta un premio.»

Holt aveva la gola secca e gli pareva che una mano di ferro gli stringesse il cuore. Barcollò, e i suoi robot, addestrati a percepire qualunque mutamento nelle condizioni fisiche del padrone, accorsero per aiutarlo ad adagiarsi in una poltrona. Non era abituato a stare in piedi così a lungo. Rimase seduto tranquillo fin quando non tornò a sentirsi meglio poi disse: «No, non sono disposto a farlo».

«Ma perché?»

«Perché sarebbe troppo semplice, McDermott. Ti ho odiato troppo a lungo per liberarmi di te con un semplice gesto.»

«Allora bombarda la torre, e distruggimi.»

«Senza esser provocato? Mi prendi per un delinquente?»

«E allora, che cosa dovrei fare?» domandò con voce stanca McDermott. «Ordinare ai miei robot di sconfinare nel tuo territorio? Incendiare i tuoi frutteti? Che cosa potrei fare per provocarti, Holt?»

«Niente. Non ti ucciderò. Trova qualcun altro disposto a farlo.»

«Diavolo d’un uomo!» esclamò McDermott con gli occhi che mandavano lampi. «Non mi ero reso conto di quanto mi odiassi. Ti chiamo perché ho bisogno del tuo aiuto e sono solo e infelice, e tu rifiuti la mia richiesta. Di punto in bianco, ti scopri un animo nobile e rifiuti di uccidermi! Diavolo di un uomo, leggo chiaro nella tua mente, sai? Te ne tornerai nel tuo maniero, felice di sapere che sono qui, solo e moribondo; ma non è giusto, Holt, odiare fino a questo punto. Ammetto di averti offeso: ho costruito la torre solo per ferire il tuo orgoglio. Dunque, puniscimi, toglimi la vita, distruggi la torre… ma non abbandonarmi così…»

Holt non rispose. Si passò la lingua sulle labbra secche, aspirò una profonda boccata di aria, e si alzò dalla poltrona, torreggiando con la sua alta e scarna figura sul nemico.

«Gira quell’interruttore» tornò a supplicare McDermott.

«No.»

«Demonio!»

Holt si rivolse ai suoi robot. «È ora di andare» disse. «Non occorre che ci insegni la strada, ormai la sappiamo.»

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