CAPITOLO QUARTO

Entrarono nel porto di Caerweddin con una nave da guerra su ciascun lato. Il grande estuario del fiume era sottoposto a intensa sorveglianza; le imbarcazioni da carico in arrivo erano pochissime, e venivano fermate e perquisite prima di ottenere il permesso di risalire il fiume fino alle banchine. Raederle, Tristan, Lyra e le sue guardie rimasero alla murata di dritta, osservando la città che si stendeva lungo le acque tranquille. Il quartiere portuale era fitto di bottegucce, e le case si assiepavano fin sotto le antiche mura turrite, in lontananza. La dimora del Re, su un’altura al centro di Caerweddin, sembrava la sede fortificata di un potere inespugnabile, squadrata in linee massicce e munita di quattro torri poderose. Ma i bizzarri e scintillanti colori delle sue pietre riuscivano a conferirle fascino ed eleganza. Raederle la paragonò al palazzo Reale di Anuin, edificato dopo che tutte le guerre erano cessate quasi come un simbolo di pace, con le sue bianche mura e le sottili altissime torri: una costruzione forse fragile, contro le forze che la casa del Re di Ymris sembrava prepararsi ad affrontare. Al suo fianco Tristan aveva tratto giovamento dall’ingresso in acque finalmente lisce, e guardava la città a bocca aperta. Osservandola Raederle rivide balenare in sé l’immagine verso cui la sua mente s’era già protesa: quella di una grande ma modesta casa di legno, placidamente adagiata fra i campi battuti dalla pioggia.

Fissando accigliata la città, mentre dietro di loro Bri Corbett dava ordini all’equipaggio, Lyra disse sottovoce a Raederle: — Questo è umiliante. Non hanno alcun diritto di scortarci come fossimo criminali.

— Hanno chiesto a Corbett se la nostra destinazione era Caerweddin, e lui ha dovuto rispondere di sì. Ma invertendo la rotta così di colpo abbiamo destato i loro sospetti. Forse hanno pensato che avessimo rubato una nave del Re di An. — Poi aggiunse: — Adesso, invece, probabilmente si preparano a dare il benvenuto a mio padre a Caerweddin. Credo che avranno una sorpresa.

— Dove siamo? — domandò Tristan. Era oltre un’ora che non apriva bocca. — Siamo vicini al Monte Erlenstar?

Lyra la guardò, incredula. — Ma non hai mai visto una carta geografica del reame?

— No. Non ho mai avuto bisogno di farlo.

— Siamo sempre così lontani dal Monte Erlenstar che tanto varrebbe essere ancora a Caithnard… dove ci ritroveremo da qui a un paio di giorni, comunque.

— No — sussurrò duramente Raederle. — Io non tornerò indietro.

— E io neppure — affermò Tristan. Lyra e Raederle si scambiarono un’occhiata sopra la tua testa.

— Sia pure. Ma hai qualche suggerimento da darci?

— Ci sto pensando.

La nave si ormeggiò di poppa a una delle banchine, affiancata da uno dei due vascelli da guerra; l’altro si mise in panne un po’ più al largo e attese, non fu chiaro se per cortesia o per prudenza, finché Corbett non ebbe fatto calare le ancore e stretto gli ormeggi, quindi rialzò le vele e fece di nuovo rotta per il mare aperto. Il tonfo delle ancore e il tintinnio delle catene suonarono agli orecchi di Raederle come la parola finale di una muta discussione fra le navi. Mentre la passerella veniva gettata a terra videro avvicinarsi un gruppo di cavalieri, riccamente vestiti e armati fino ai denti. Bri Corbett scese sul molo a incontrarli. Uno scudiero in uniforme azzurra portava uno stendardo azzurro e argento. Raederle intuì a chi apparteneva quella scorta, e sentì un improvviso afflusso di sangue al viso.

— Uno di loro dev’essere il Re — disse, e Tristan la fissò sbigottita.

— Io non posso scendere di qui. Guarda come sono vestita!

— Tristan, tu sei l’Erede di Hed. E una volta che ne siano stati informati potresti essere vestita di frasche oppure d’oro, per quel che importerà loro cos’hai addosso.

— Dovremo portarci dietro le lance? — domandò Imer, confusa. — Lo faremmo, se la Morgol fosse con noi.

Lyra considerò la faccenda blandamente. Ebbe una smorfia. — Io suppongo d’aver disertato. Una lancia in mano a una guardia disonorata non è un simbolo, ma una sfida. Tuttavia, poiché ho la responsabilità di quanto è accaduto, lascio a voi la libertà di decidere il vostro comportamento.

Imer sospirò. — Sai benissimo che avremmo potuto chiuderti in cabina e poi dire a Corbett di riportarci indietro. Abbiamo discusso di questo la prima notte, mentre tu eri di guardia. Tu hai fatto un errore. Di conseguenza ora prenderemo la nostra decisione.

— Imer, per me è diverso! La Morgol potrebbe anche decidere di perdonarmi. Ma tornando a casa voi a cosa andrete incontro?

— Se torneremo a casa portandoti con noi — disse Imer con calma, — la Morgol sarà probabilmente molto più ragionevole di quanto lo sia tu. Voglio dire che preferirebbe sapere che siamo con te, piuttosto che il contrario. — Innervosita accennò oltre le spalle di lei. — Il Re sta venendo a bordo.

Nel girarsi a guardarlo Raederle sentì una mano di Tristan afferrare nervosamente la sua. Al primo impatto la figura del Re appariva formidabile: alto e massiccio, indossava un’armatura finemente intarsiata con disegni a spina di pesce, e sopra di essa portava un pesante mantello azzurro e nero ispessito da ricami in filo d’argento. L’uomo dai capelli bianchi sceso dalla nave da guerra era venuto a bordo con lui. Aveva un occhio solo, con l’iride bianca, e sembrava tener chiuso l’altro quasi per non vedere qualcosa. Raederle sentì che fra loro c’era un legame, simile a quello che avvertiva spesso fra Duac e Mathom, e con un lieve sussulto si rese conto che egli era l’eccentrico Erede del Re di Ymris. Il suo unico occhio buono si puntò sul volto di lei, come se si fosse accorto d’esser stato riconosciuto. Il Re le osservò in silenzio qualche istante, poi disse: — Io sono Hereu Ymris. Questo è il mio Erede, mio fratello Astrin. Il vostro comandante mi ha rivelato la vostra identità, oltre al fatto che state viaggiando in… mmh, circostanze particolari. Mi ha chiesto di darvi una protezione lungo la costa, visto che siamo in guerra e che la sicurezza di passeggeri del vostro rango lo preoccupa molto. Io ho sette navi da guerra che si preparano per salpare, all’alba di domani, verso Meremont. Vi faranno scorta, tornando a sud. Nel frattempo avrò il piacere di accogliervi come gradite ospiti nella mia terra e nella mia casa.

Tacque, in attesa di una risposta. Lyra arrossì un poco, e il suo tono fu brusco: — Bri Corbett vi ha detto che abbiamo sequestrato questa nave? E che noi… che io… che nessuna delle guardie della Morgol agisce col suo permesso? Desidero che sappiate chi sono coloro a cui date ospitalità nella vostra casa.

Negli occhi di lui vi fu un lampo di sorpresa, ma poi annuì e disse cortesemente: — Non avete pensato che quanto state cercando di fare è proprio ciò che, l’anno scorso, molti di noi avrebbero voluto intraprendere? La vostra presenza sarà un onore per la mia casa.

Le ragazze seguirono il Re e il suo Erede giù per la passerella, e vennero presentate all’Alto Nobile di Marcher ed a Tor, l’Alto Nobile di Umber dai capelli ramati, mentre alcuni scudieri portavano altri cavalli. Una volta montate in sella formarono una stanca e poco entusiasta processione alle spalle del Re. Lyra, cavalcando a fianco di Raederle e con gli occhi sulla schiena di Hereu Ymris, sussurrò: — Sette navi da guerra! Non ci lasceranno la minima possibilità. Che succederebbe se tu facessi un intreccio di fili d’oro e lo attaccassi alle loro prue?

— Devo riflettere — mormorò Raederle.

Nella dimora del Re fu assegnata a ciascuna di loro una stanza luminosa e riccamente ammobiliata, dove avrebbero potuto lavarsi e poi riposare. Raederle, preoccupata che Tristan non si sentisse a disagio in quell’ambiente per lei così insolito, restò con la fanciulla e provvide a dare istruzione ai camerieri, finché lei si distese a dormire un po’ grata di avere un letto che non ondeggiasse. Tornata in camera sua si fece il bagno, si lavò la testa dal salmastro, poi sedette davanti alla finestra a pettinarsi e ne approfittò per osservare dall’alto quella città sconosciuta. I quartieri periferici si dissolvevano pian piano verso le case coloniche e i boschi, ed in lontananza i colori vivaci dei frutteti spiccavano malgrado la foschia. Quando però si sporse sul davanzale per guardare verso la costa, ciò che vide la sorprese al punto che il pettine le sfuggì dalle dita finendo nel cortile sottostante.

Era una struttura di pietra, gigantesca e sconcertante, che sorgeva alquanto fuori città a non molta distanza dal mare. Campeggiava laggiù solitaria e imperscrutabile, sulla cima di un colle, quasi a rappresentare con la sua presenza ricordi ormai al di là di ogni ricordo, enigmi di cui non restavano che frammenti illeggibili. Riconobbe le pietre di cui era formata, massicce e dai vividi bellissimi colori. Buona parte di quella costruzione enorme era rovinata, e le pietre apparivano disperse sul colle anche a notevole distanza, quasi che l’avessero scrollata come un albero di mele. La giovane donna deglutì saliva al ricordo delle antiche storie che suo padre le aveva fatto studiare, e le tornò in mente qualcosa che Morgon le aveva accennato in una delle sue lettere. Ricordò la notizia portata da Elieu circa il risveglio, in una profonda caverna del Monte Isig, dei figli dei Signori della Terra. E una sensazione indefinibile fatta di disperata nostalgia, di solitudine e di oscura comprensione scivolò in lei, spaventandola con la sua intensità, al punto che pur non sopportando più la visione di quelle antiche rovine senza nome non fu capace neppure di distoglierne lo sguardo.

Qualcuno bussò alla porta, e si rese improvvisamente conto d’avere gli occhi accecati dalle lacrime, che le erano colate fin sul collo. Strapparsi da quella misteriosa sensazione le costò uno sforzo fisico, e quando il mondo fu tornato solido e reale nelle sue membra restò un tremito di gelo. Il bussare si ripeté. La fanciulla si lavò in fretta il viso, si asciugò e andò ad aprire.

Sulla soglia c’era l’Erede di Ymris, e per qualche ragione imprecisabile il volto strano e l’unico occhio bianco dell’uomo la misero a disagio. Poi s’accorse che non era affatto vecchio, e che le sue rughe erano segni lasciati dal dolore e dalla sopportazione. Astrin esitò. — Sono inopportuno? Vorrei parlare un momento con voi di… di Morgon. Ma posso tornare più tardi.

Lei scosse il capo. — No, vi prego, entrate pure. Stavo soltanto… Io… — Tacque, incapace di trovare le parole e chiedendosi se comunque lui l’avrebbe capita. D’istinto alzò la mano e lo afferrò per un braccio, quasi che stesse per perdere l’equilibrio, e s’accorse che le lacrime tornavano ad accecarla. Mormorò: — La gente dice che voi vivevate fra le rovine di un’altra epoca, che voi conoscete cose ultraterrene. E ci sono cose… ci sono cose che io devo domandarvi.

Lui entrò e chiuse la porta. — Sedetevi — disse, e sistemò una seggiola per lei davanti al caminetto spento. Quando furono seduti entrambi le versò un boccale di vino. Vestito ancora dell’uniforme reale e con la cotta di maglia aveva l’aspetto di un guerriero, ma la sua espressione pensosa rivelava una mentalità di ben altro genere.

— In voi c’è del potere — disse di punto in bianco. — Lo sapete?

— Lo so… ne ho un poco. Ma ora, credo, dentro di me potrebbe esserci qualcosa che io non ho mai… mai sospettato. Mai! — Bevve un sorso di vino, e riuscì a placare il tremito della voce. — Voi conoscete l’enigma di Oen e di Ylon?

— Sì. — Nel suo occhio buono ci fu un lampo. — Sì — ripeté, sottovoce, — Ylon era un cambiaforma.

Lei chinò il capo come per sfuggire a una fitta di dolore. — Il suo sangue scorre nella dinastia dei Re di An. Per secoli quella vicenda non è stata che una storia triste. Ma ora io voglio… io devo sapere. Lui uscì dal mare, come quel cambiaforma che Lyra vide, quello che per poco non uccise Morgon. I suoi occhi, la sua pelle, e la sua indole selvaggi erano gli stessi. Qualunque sia il potere che io ho, mi viene da Madir. E da Ylon.

Lui restò a lungo in silenzio, riflettendo su quell’antico enigma, mentre lei beveva ogni tanto un sorso tenendo il boccale con mani tremanti. Poi le chiese: — Avete ancora gli occhi rossi. Perché piangevate?

— Quella città morta. Laggiù… qualcosa di me è andato laggiù e ha visto… ha saputo che cos’era un tempo.

L’occhio di lui si fece intenso. La sua voce suonò rauca: — Cos’era?

— Io ero… stavo in una di quelle strade. Era come se fossero i ricordi di qualcun altro dentro di me. Ho avuto paura. Quando siete entrato ho creduto che avreste potuto capire.

— Io non capisco voi come non capivo Morgon. Forse anche voi, come lui, siete una tessera di un grande enigma-mosaico, antico e complicato quanto quella città laggiù su Pian Bocca di Re. Tutto ciò che io so di quelle città sono gli oggetti rotti che vi ho trovato, una vaga traccia del passaggio dei Signori della Terra. Morgon ha dovuto brancolare a tentoni alla ricerca del suo potere, come farete forse anche voi. Che cosa egli possa esser diventato adesso, dopo aver…

— Aspettate! — La voce di lei fu un gemito inarticolato. — Aspettate!

Lui allungò una mano e le tolse il boccale dalle dita prima che i tremiti glielo facessero cadere. Poi le strinse le mani fra le sue, con forza. — Voi non potete credere davvero che sia morto, ne sono certo.

— Ho forse qualche altra scelta? Cosa c’è sull’altra faccia della moneta lanciata in aria? La morte o la vita? La morte o la distruzione della mente ad opera di un terribile potere…

— Chi ha spezzato il potere di quell’incantesimo? Per la prima volta dopo sette secoli i maghi sono di nuovo liberi.

— Questo è stato perché il Portatore di Stelle è morto! Chi lo ha ucciso, adesso non ha più motivo di temere i poteri dei maghi.

— È questo che credete? Lo dicono anche Hereu e Rork Umber. Il mago Aloil è stato un albero a Pian Bocca di Re per settecento anni, finché proprio davanti ai miei occhi è tornato se stesso, sbalordito dal trovarsi libero. Ho potuto parlargli soltanto per poco; mi ha detto che non sapeva cosa ci fosse dietro il suo ritorno alla libertà. Mi guardava con occhi che sembravano aver visto la sua stessa distruzione… Gli ho domandato dove sarebbe andato. Lui ha soltanto riso, ed è svanito. Pochi giorni dopo dei mercanti provenienti da Hed portarono notizia del passaggio del governo della terra al fratello di Morgon, cosa che dev’essere accaduta lo stesso giorno della liberazione di Aloil. Ma io non ho mai creduto che Morgon sia morto.

— E allora cosa… cosa ne è rimasto di lui? Ha perduto tutto ciò che amava, perfino il suo stesso nome. Quando Awn di An, ancora vivo, venne privato del governo della terra, si uccise. Non sopportava di…

— Morgon è già stato una volta una creatura senza nome, quando lo presi in casa mia per curarlo. E trovò di nuovo il suo nome nelle stelle che ha sulla fronte. No, io non credo che sia morto.

— Perché?

— Perché non è questa la risposta che stava cercando.

Lei lo fissò, sorpresa. — Non penserete che potesse avere scelta?

— Sul suo destino? No. Ma lui è il Portatore di Stelle. Il suo destino era quello di sopravvivere, ne sono convinto.

— Lo dite come se fosse una condanna — sussurrò. Lui le lasciò le mani, si alzò e andò alla finestra, lasciando vagare un attimo lo sguardo verso la città in rovina e senza nome.

— Forse. Ma è un errore sottovalutare quel biondo contadino di Hed. — Si girò di scatto. — Ve la sentite di montare a cavallo e venire con me a Pian Bocca di Re, per vedere l’antica città?

— Adesso? Credevo che aveste una guerra da combattere.

Un sorriso inaspettato illuminò il suo volto magro. — L’avevo, finché non ho visto la vostra nave. Lasciatemi respirare fino all’alba di domani, quando vi scorterò fuori da Caerweddin. Quella piana non è un posto sicuro. La moglie di Hereu fu assassinata laggiù. Adesso nessuno salvo me osa andarci, e anch’io devo usare prudenza. Ma voi potreste trovare là qualcosa… una pietra, un manufatto mezzo rotto, che forse parlerebbe alla vostra mente.

Raederle lo seguì alle scuderie, poi salì a cavallo ed Astrin la condusse fuori dalla periferia di Caerweddin, su per le scarpate rocciose che portavano a una vasta pianura un po’ soprelevata rispetto al mare. Il vento dell’est la spazzava senza quasi trovare ostacoli, soffiando fra le pesanti pietre disseminate ovunque e le macerie che il terriccio stava ricoprendo da secoli. Una volta smontata Raederle appoggiò una mano d’impulso su una di quelle pietre; la sentì stranamente liscia sotto i polpastrelli, irretita da sottili venature verde smeraldo.

— È così bella… — Si volse ad Astrin. — È da qui che vengono le pietre della vostra dimora.

— Sì. Qualunque disegno fosse inciso sulla loro superficie quand’erano unite, è andato irrimediabilmente in pezzi. Le pietre erano pesantissime e difficili da rimuovere, ma il Re che volle utilizzarle, Galil Ymris, era un uomo tenace. — D’improvviso si chinò a frugare fra le erbacce e la terra nello spazio fra due alte pietre, e quando si rialzò aveva qualcosa in mano. Ripulì l’oggetto dal terriccio, e il sole ne trasse un debole riflesso bluastro. Raederle lo osservò.

— Che cos’è?

— Non lo so. Un frammento di vetro, o una pietra… talvolta è difficile identificare anche la sola natura fisica degli oggetti che si trovano qui. — Glielo poggiò sul palmo di una mano e le fece chiudere le dita intorno ad esso. — Tenetevelo voi.

Lo esaminò, incuriosita da quei riflessi azzurro scuro. — Voi amate queste grandi rovine di pietra, malgrado tutti i loro pericoli.

— Sì. Questo mi ha procurato la fama d’essere un po’ squinternato, a Ymris. Preferirei restarmene qui a frugare fra queste cose dimenticate, un po’ studioso e un po’ eremita, che portare alla guerra quelle sette navi. Ma la guerra sulla nostra costa meridionale è una vecchia ulcera che ogni tanto fa suppurazione e non guarisce mai. Così Hereu ha bisogno di avermi accanto, anche se sa che in questo luogo io annuso l’esistenza di una risposta vitale. E voi? Cosa annusate qui?

Lei distolse lo sguardo dalla pietra che aveva in mano e osservò la distesa di macerie. Sulla pianura non c’erano altro che quei resti, le erbacce dai riflessi argentei e un isolato boschetto di querce, contorte e disseccate dal vento di mare. Il cielo limpidissimo era una cupola che sembrava messa lì a proteggere un’immensità fatta di niente. Si chiese quale forza sarebbe occorsa per riunire di nuovo quelle pietre disperse, estrarle dal terreno, rimetterle l’una sull’altra e ricostruire qualcosa che doveva essere stato enorme, dotato di un suo scopo, e tale da esser visto fin da grande distanza come un simbolo di potere, bellezza e libertà. Ma le pietre ormai giacevano lì, attanagliate alla terra e immerse nel loro sonno millenario. Lei sussurrò: — Silenzio! — e il vento tacque.

In quel momento la fanciulla ebbe l’impressione che il mondo intero si fosse fermato. I fili d’erba erano immobili sotto la luce del sole; le ombre delle rovine sembravano essersi incollate al suolo. Perfino il rumore dei frangenti contro le ripide scogliere s’era acquietato. Il suo stesso respiro era un grumo d’aria bloccato nella sua gola. Poi Astrin la afferrò per un braccio, e udì improvviso il fruscio metallico della sua spada che usciva dal fodero. L’uomo la strinse con forza contro di sé, e la fanciulla avvertì anche attraverso il pettorale di cuoio le violente pulsazioni del cuore di lui.

Nell’atmosfera ci fu un ansito che sembrava scaturire dal ventre della terra. Un’ondata il cui poderoso rotolare fra i bassifondi sembrava non terminare mai fece vibrare la scogliera con un urto immane, e si ritirò scrosciando dalla costa dirupata. Il braccio di Astrin si rilassò. Indietreggiando ella lo fissò, e il vacuo e teso sguardo di lui la riempì di spavento. Un gabbiano stridette sorvolando come una freccia gli scogli della riva, ondeggiò un attimo e scomparve; Astrin rabbrividì intensamente. La sua voce suonò rauca. — Ho paura. E… mi sento confuso. Andiamocene da qui!

Mentre cavalcavano di nuovo giù per la scarpata e poi verso i campi tranquilli e operosi ai lati della strada, che da settentrione portava in città, non si scambiarono una parola. Mentre tagliavano attraverso un prato gremito di pecore appena tosate che si scostarono belando, il bianco, intimo orrore che aveva irrigidito il volto di Astrin cominciò a dileguarsi. Raederle lo scrutò e sentì che l’uomo era tornato ad essere accessibile alla voce umana. — Che cos’è stato? — chiese. — Mi è parso che tutto si fermasse.

— Non lo so. L’altra volta… l’ultima volta che l’ho sentito accadere, Eriel Ymris morì. Avevo paura per te.

— Per me?

— Per cinque anni, dopo la morte di lei, il Re visse con una cambiaforma che aveva assunto le sembianze di sua moglie.

Raederle chiuse gli occhi. D’un tratto nel suo petto ci fu un ansito così doloroso che le parve di potersene liberare solo gettandolo fuori come un grido smarrito. Strinse i pugni con forza per riacquistare la padronanza di sé, e soltanto quando lui la chiamò per nome si rese conto d’aver arrestato il cavallo. Poi riaprì gli occhi e disse: — Almeno Mathom non è costretto a chiudere un Erede in una torre sul mare. Io so d’avere qualcosa che dorme dentro di me. Qualcosa che, se lo svegliassi, mi farebbe odiare ogni giorno della vita che mi resta. In me c’è il sangue di un cambiaforma, e una parte del suo potere. E non è sempre una cosa facile da sopportare.

L’occhio di lui la esaminò quietamente, come se fosse un enigma da dirimere con distacco scientifico. — Abbi fede in te stessa — le suggerì, e lei emise un profondo sospiro.

— È come se io stessi procedendo a occhi chiusi lungo il percorso di uno dei miei intrecci stregati. Tu hai un modo rassicurante di vedere le cose, però.

Lui allungò una mano a sfiorare una delle sue, poi le fece cenno di avviarsi. Quando Raederle si rilassò abbastanza da riaprire la mano sinistra, vide che la piccola pietra le aveva lasciato sul palmo i rossi segni dei suoi contorni.

Dopo il suo rientro alla dimora del Re, Lyra venne a cercarla nella sua camera. La bruna trovò Raederle seduta davanti alla finestra, intenta a fissare un oggetto dai liquidi riflessi marini che aveva in mano. — Hai già pensato a un piano d’azione? — le chiese.

Sollevando la testa Raederle avvertì nell’atteggiamento di lei inquietudine e frustrazione. I suoi movimenti, troppo controllati, erano quelli di un animale selvatico a disagio fra le sbarre della civiltà. Tornare coi pensieri alla loro situazione le costò uno sforzo.

— Penso che Bri Corbett si lascerà persuadere a far rotta a nord, quando usciremo dall’estuario, a patto che si trovi il modo di rimandare Tristan a casa sua. Ma, Lyra, non so cosa potrebbe convincere Astrin Ymris a lasciarci andare.

— La decisione riguarda noi. È una cosa in cui Ymris non ha alcun motivo d’impicciarsi.

— Non sarà facile persuadere di questo Hereu o Astrin.

Lyra si scostò bruscamente dalla finestra e cominciò ad andare avanti e indietro davanti al caminetto spento. — Potremmo trovare un’altra nave. No. Perquisiscono tutte quelle che escono dal porto. — Parve sul punto di afferrare qualche oggetto e scaraventarlo nel muro. Poi i suoi occhi saettarono d’un tratto in quelli di Raederle. — Cosa c’è che non va? Sembri preoccupata.

— Lo sono — fu costretta ad ammettere Raederle. Chinò il capo, stringendo forte la pietra in pugno. — Astrin… Astrin dice che secondo lui Morgon è vivo.

Lyra non riuscì a reprimere un ansito. Sedette di colpo accanto a lei, afferrando il davanzale di pietra con entrambe le mani. Era pallida. Quando riuscì a parlare la sua domanda suonò come una supplica: — Che cosa… che cosa glielo fa credere?

— Ha detto che Morgon stava cercando delle risposte, e che la morte non poteva essere una di quelle. Ha detto…

— Questo vorrebbe dire che ha perso il governo della terra. E non c’era cosa che temesse altrettanto. Ma nessuno può togliere da un uomo quell’istinto, se non il Supremo. Nessuno… — Tacque. Raederle udì lo scatto con cui chiuse i denti; si appoggiò stancamente allo schienale, con la pietra che luccicava come una lacrima sul palmo. La voce di Lyra assunse un tono nuovo, piatto, spassionato: — Lo ucciderò per quello che ha fatto.

— Chi?

— Ghisteslwchlohm!

Raederle fece per dir qualcosa, ma attese che il brivido causato in lei dal suo tono freddo si placasse. Poi mormorò: — Dovrai prima trovarlo. Questo potrebbe non esser facile.

— Lo troverò. Morgon saprà dov’è.

— Lyra… — Ma il volto della bruna bloccò il richiamo alla prudenza nella gola di Raederle. Abbassò gli occhi. — Per prima cosa cerchiamo di andarcene da Caerweddin.

La luce dura che gliela rendeva estranea scomparve dagli occhi di Lyra, e il suo tono tornò ansioso: — Non dir niente di queste cose a Tristan. Non possiamo prevedere le sue reazioni.

— D’accordo.

— Non c’è qualcosa che tu possa fare per noi? Non dobbiamo tornare indietro. Non adesso. Puoi chiamare un vento che spinga via le navi da guerra? O creare un’illusione di noi che andiamo a sud e…

— Per chi mi prendi, per un mago? Credo che neppure Madir sapesse fare cose di questo genere. — Nella strana pietra brillò una goccia di sole, ed ebbe un fremito. — Aspetta. — Sollevò l’oggettino fra il pollice e l’indice, girandolo come per fargli catturare la luce. Un riflesso balenò negli occhi di Lyra, che sbatté le palpebre.

— Ehi! Che cos’è quello?

— Una pietra che Astrin ha trovato a Pian Bocca di Re, nella città dei Signori della Terra. L’ha data a me.

— Ma che stai facendo? — Di nuovo distolse lo sguardo per evitarne i riflessi, e Raederle la riabbassò.

— Lampeggia come un pezzo di specchio… Tutto ciò che ho imparato dalla guardiana dei porci ha attinenza con le illusioni, come le cose piccole che sembravano aumentare di volume: una ciotola d’acqua che diventa uno stagno, un ramoscello che appare come un tronco caduto, o pochi ramoscelli spinosi che si trasformano in una siepe di rovi. Se io potessi… se riuscissi ad abbagliare gli uomini delle navi da guerra con questo, facendolo brillare nei loro occhi come il sole, non si accorgerebbero quando facessimo rotta a nord, e non sarebbero capaci d’inseguirci.

— Con quella pietruzza? Non è grossa neppure quanto metà del mio pollice! E inoltre… — Si accigliò, a disagio. — Non sai neppure cos’è. Una ciotola d’acqua è una ciotola d’acqua. Quel frammento lì invece tu non sai di cosa faceva parte, dunque come puoi sapere con precisione cosa potrebbe diventare?

— Se non vuoi che ci provi, non proverò. È una decisione i cui effetti ci riguardano tutte. Ma è l’unica cosa a cui riesco a pensare.

— Tu sei quella che dovrà lavorarci sopra. Come puoi indovinare il nome che i Signori della Terra avevano messo su quell’oggetto? Non è per noi o per la nave che temo, ma per la tua mente…

— Sono forse io che vengo da te a chiedere consiglio? — la interruppe Raederle.

— No — ammise Lyra, riluttante. — Ma quando io faccio qualcosa so ciò che sto facendo.

— Certo. Stai per essere ammazzata da una stregoneria. Ma io mi tiro forse indietro?

— No, ma… — sospirò lei. — E va bene. Ora non resta che dire a Bri Corbett dove andrà la nave, perché pensi a come procurarsi le provviste. E dobbiamo rimandare Tristan a casa sua. Tu riesci a immaginare un buon modo per farlo?

Le due ragazze restarono lì sedute a pensarci sopra. Un’ora dopo Lyra scivolò senza farsi vedere fuori dal palazzo, raggiunse il molo e informò Corbett di prepararsi a far rotta verso il nord; Raederle andò in sala del trono per parlare a Hereu Ymris.

Lo trovò circondato dai suoi nobili e occupato a discutere la situazione che s’era sviluppata a Meremont. Sulla soglia del vasto locale esitò, incerta, ma appena il Re notò la sua presenza si alzò e sfoggiando una doverosa cortesia s’affrettò a raggiungerla. Incontrando il suo sguardo limpido e diretto Raederle rifletté che Lyra aveva intuito giusto: sarebbe stato più facile ingannare lui che Astrin. E fu lieta che il sensitivo Erede di Ymris non fosse lì. Il Re sorrise. — C’è qualcosa che io possa fare per voi? Se è così, non avete che da darmi i vostri ordini.

Raederle era abituata alle galanterie. Annuì. — Gradirei parlare con voi un momento, se non disturbo.

— È un piacere.

— Potreste… avreste la possibilità di fare a meno di una delle vostre navi da guerra per riportare Tristan a casa sua? Bri Corbett dovrà fermarsi a Caithnard per sbarcare Lyra e prendere a bordo mio fratello. Tristan è irragionevolmente decisa a recarsi al Monte Erlenstar, e se a Caithnard potesse trovare il modo di sfuggire a Corbett non esiterebbe. Vuole andare nel settentrione, non importa se a piedi o via nave, e questo la riporterebbe nel mezzo dei vostri campi di battaglia.

Il Re inarcò un sopracciglio. — È una che non cambia idea, eh? Come Morgon.

— Già. E se lei… se le accadesse qualcosa, per il popolo di Hed sarebbe una tragedia. Corbett potrebbe sbarcarla a Hed prima di portarci a Caithnard, è vero, ma non si fida a navigare in quelle acque. Athol e Spring di Hed furono fatti misteriosamente naufragare proprio là, dove anche Morgon per poco non affogò. Mi sentirei più tranquilla se a proteggerla ci fosse qualcosa di meglio che poche ragazze e dei marinai.

Lui rifletté un attimo. — A questo non avevo pensato. Comunque soltanto cinque delle navi sono addette al trasporto di truppe; due sono più leggere e adibite alla sorveglianza costiera. Potrò incaricare della missione una di queste. Se potessi le invierei tutte quante con voi a Caithnard. Per esser franco, mai ho visto un tale insieme di persone del vostro rango imbarcarsi in un viaggio così… sconsiderato, se mi è permesso dirlo.

Lei arrossì lievemente. — Lo so. Abbiamo fatto un errore a portare con noi Tristan così lontano.

— Tristan! E che mi dite di voi e dell’Erede della Morgol?

— Per noi è diverso.

— Diverso come, in nome di Yrth?

— Se non altro, noi sappiamo che c’è un mondo di distanza fra Hed e il Supremo.

— Sicuro — borbottò lui. — E non è un posto adatto a voi, di questi tempi. Ho constatato che il comandante della vostra nave se ne rende conto. Ma ancora non capisco cosa gli è preso di salpare da Caithnard con tutte voi.

— Non è stata colpa sua. Non gli abbiamo lasciato scelta.

— Mi chiedo con quali argomenti siate riuscite a costringerlo. Le guardie della Morgol sono addestrate all’uso delle armi, ma non sono certo irragionevoli. E avreste potuto incontrare ben di peggio che le mie navi da guerra sulla costa di Ymris. Ci sono momenti in cui penso di combattere soltanto contro i ribelli, ma in altri l’intera guerra sembra cambiare forma sotto ai miei occhi, e allora non sono neppure certo di poterla contenere, e mi domando fin dove potrà estendersi. Per quanto il conflitto sia ancora circoscritto, ha un potenziale terribile. Bri Corbett non avrebbe potuto scegliere un periodo peggiore per far rotta così vicino a Meremont con voi a bordo.

— Lui non sapeva che vi fosse una guerra in atto.

— Se sulla sua nave ci fosse stato vostro padre, avrebbe provveduto a informarsi doverosamente. Ho dovuto annotargli questa sua mancanza. E lo stesso ho fatto con Astrin, che oggi vi ha portata a Pian Bocca di Re… una grossa sciocchezza! — L’uomo tacque, e Raederle lo vide portarsi una mano agli occhi quasi a mascherare la tensione che gli aveva irrigidito il volto. La fanciulla abbassò gli occhi, deglutendo saliva.

— Gli avete parlato di questo?

— Sì. E ha dovuto darmi ragione. Questo non è il momento migliore perché gente di buonsenso, come voi, Astrin e Corbett, si permetta di rinunciare al raziocinio. — Le poggiò una mano su una spalla, e la sua voce si raddolcì. — Io capisco ciò che desiderate fare, e ne capisco il motivo. Ma lasciate che di questo compito s’incarichi qualcuno più capace e più esperto.

Lei mormorò un vago assenso e chinò il capo, ingoiando senza replicare anche quell’ultima frase. Poi riuscì a sorridergli. — Vi ringrazio per la nave. Lo direte voi a Tristan, domattina?

— La scorterò a bordo io personalmente.

Raederle incontrò di nuovo Lyra più tardi, in un corridoio, mentre si recavano a cena nel salone. La bruna le si accostò. — Corbett ha discusso un po’, ma io gli ho giurato su ciò che resta del mio onore che non sarà costretto a farsi inseguire dalle navi da guerra. La cosa non lo ha entusiasmato, però sa cosa sei capace di fare con alcuni fili intrecciati. Dice che qualunque cosa tu abbia studiato per domani sarà meglio che funzioni, perché non gli piacerebbe doversi trovare di nuovo faccia a faccia con Hereu Ymris dopo uno scherzetto del genere.

Raederle ebbe un fremito a quel pensiero. — Non piacerebbe neppure a me — mormorò. Tristan scese giusto allora dalla sua camera, a disagio e un po’ stordita come se si fosse svegliata da poco. Nel vederle il suo volto si schiari subito in un sorriso, e davanti alla fiducia che le brillava negli occhi Raederle sentì una fitta di rimorso. La prese per mano. — Hai fame? Stiamo andando nel salone reale per la cena.

— Cenare, dinnanzi a tutta la corte? — Con un ansito ebbe il gesto istintivo di stirarsi il vestituccio malandato. Girò lo sguardo sui mosaici scintillanti delle pareti, sulle torce di bronzo, sugli scudi intarsiati d’argento sopra cui erano appese armi antiche e ingioiellate. Poi mormorò: — Morgon è stato in questa casa! — Raddrizzò le spalle e seguì le altre due ragazze nella grande sala.

Il giorno successivo vennero svegliate da una cameriera prima dell’alba. Indossarono le ricche vesti che Hereu Ymris aveva fatto preparare per loro, poi uscirono a cavallo con il Re, Astrin, i nobili di Umber e di Tor, e seguite da trecento uomini armati sfilarono nelle silenziose strade di Caerweddin. Qua e là videro aprirsi le fessure debolmente luminose di finestre e porte, e qualche faccia sporgersi a osservare la rapida e silenziosa marcia dei guerrieri. Ai moli gli intrecci dei pennoni e del sartiame si stagliavano neri contro la parete di nebbia perlacea che aleggiava sull’estuario; le voci e i passi sembravano rumori scorporizzati in quel grigiore antelucano. Gli uomini ruppero le file e salirono sul ponte delle navi. Bri Corbett scese dalla passerella incontro a Raederle, e prima di condurre a bordo il cavallo di lei la salutò con un borbottio duro e preoccupato. Le guardie della Morgol lo seguirono tirandosi dietro per le briglie i loro animali.

Sulla banchina Raederle si accostò a Hereu giusto in tempo per sentire che l’uomo annunciava a Tristan: — Signora, è mia intenzione rimandarvi a casa vostra sulla nave da guerra al comando di Astrin. Con lui sarete al sicuro, e i suoi uomini hanno l’ordine di proteggervi. È una nave veloce, e sarete a casa in breve tempo.

Raederle, che scrutava le loro espressioni, non riuscì a capire chi fosse il più sorpreso fra Tristan e Astrin. Poi la fanciulla, che già aveva aperto la bocca per protestare, s’accorse della presenza di Raederle e un lampo d’indignata comprensione le balenò negli occhi. Prima che potesse dir qualcosa, Astrin si fece avanti: — Occorreranno due giorni per l’andata, e un altro giorno per tornare dinnanzi a Meremont… e tu hai bisogno di questa nave per la sorveglianza costiera!

— Per tre giorni posso farne a meno. Se i ribelli hanno mandato a chiedere carichi di armi essi verranno dal nord, e potrò cercare di intercettarli all’altezza di Caerweddin.

— Le armi — puntualizzò Astrin, — non sono l’unica cosa che i ribelli stanno aspettando. — Spostò lo sguardo dal volto di Hereu a quello di Raederle. — Di chi è stata questa idea?

— La decisione l’ho presa io — disse Hereu, spiccio. E al suo tono Tristan, che aveva di nuovo aperto bocca, la richiuse con una smorfia.

Astrin continuava a scrutare Raederle, fra insospettito e perplesso. Infine si volse a Hereu. — Va bene. Quando sarò di nuovo davanti a Meremont ti farò avere un rapporto.

— Ti ringrazio. — Il Re gli poggiò una mano su una spalla. — Sii cauto.

Raederle salì a bordo e s’incamminò fino a prua, mentre alle sue spalle la voce di Bri Corbett risuonava in ordini misti a colorite imprecazioni diretti alla ciurma. La prima delle navi da guerra salpò verso il centro del fiume spiegando le vele come un enorme uccello scuro. La brezza si rafforzava, facendo roteare refoli di nebbia sulle placide acque grigie, ed i primi raggi del sole ruppero la foschia schiarendo le alte mura della dimora del Re.

Lyra venne alla balaustra a fianco di Raederle. Nessuna delle due disse parola. La nave che aveva a bordo Tristan scivolò avanti oltre la loro, e Raederle vide sulla poppa la figura di Astrin, magro e bianco come un fantasma, intento a controllare la posizione delle altre navi che salpavano dietro la sua. Bri Corbett, sapendo d’avere lo scafo più goffo e lento, si mise in coda alla flottiglia, mentre sulle vele già spiegate al massimo cominciava a risplendere il sole.

Bri Corbett si accostò al timoniere. — Tienti pronto a invertire la rotta appena ti faccio un cenno. Se quelle navi riusciranno a virare di bordo e a circondarci in mare aperto, ci converrà raggiungere la riva a nuoto e filarcela a piedi verso Kraal. E questo è proprio ciò che intendo fare se ci fermeranno, perché dopo che sarò passato per le mani di Hereu e di Astrin Ymris potrò prendere quel che resta della mia reputazione e aprire una bancherella di pesce nel porto di Anuin.

— Non preoccupatevi — mormorò Raederle. La piccola pietra luccicava come un gioiello fra le sue dita. — Corbett, è necessario che io lasci questo oggetto a galla sul mare dietro di noi, o ci accecherà tutti. Avete un pezzo di legno o qualcos’altro?

— Vi troverò un legno. — Il tranquillo fruscio della marea che entrava nell’estuario sembrava volerli rassicurare. L’uomo alzò lo sguardo oltre la prua. La prima delle altre navi stava già uscendo in mare aperto. Innervosito studiò la forza del vento salmastro che gonfiava le vele. — Vi troverò qualcosa. Voi fate ciò che dovete fare, qualunque cosa sia.

Raederle abbassò gli occhi sulla pietra. Ripulita dal terriccio si mostrava di forma misteriosamente regolare, con una dozzina di sfaccettature lungo il bordo. Di nuovo si chiese cosa mai avesse potuto essere, e scoprì di poterla immaginare come il castone di un grosso anello, o addirittura la gemma frontale di qualche antichissima e strana corona, o il pomello di un pugnale magico e prezioso che in presenza di un pericolo si scuriva per avvertire il suo proprietario. Ma cose simili erano davvero state in possesso dei Signori della Terra? E poi, era veramente appartenuto a loro oppure a perderlo era stato una cortigiana di Ymris durante una cavalcata? O era caduto dalla borsa di un mercante che stava tagliando per Pian Bocca di Re, diretto a Isig? Se bastava un debole raggio di sole per farlo brillare sul suo palmo, era certa che l’illusione creata da esso avrebbe trasformato il mare in una distesa ardente, tale da accecare chiunque se pure qualcuno avesse osato avventurarvisi. Ma che oggetto era in realtà?

I suoi riflessi le penetrarono negli occhi accendendo qualcosa nelle profondità della mente, scacciandone i sogni e le preoccupazioni. D’improvviso in lei nacque nitida l’immagine della grande piana dove lo aveva trovato, costellata di rovine simili a corrosi monumenti funebri che vegliavano le ossa di un popolo scomparso. Vide il sole del mattino scivolare lungo la venatura colorata di una di quelle pietre massicce, e fermarsi sullo spigolo come un minuscolo bagliore d’argento. Con lo sguardo della mente fissò quel nodo di luce, trascinandovi sopra altra luce attraverso l’intreccio di venature, e sul palmo della sua mano nacque un bagliore. La nutrì con quella che i suoi pensieri vedevano spandersi sulle rovine e scacciarne le ombre, e il calore di quella luminosità le riempì la mano, le scaldò il volto, le penetrò il sottile sipario delle palpebre chiuse. Adesso l’immagine della piana era invasa da un candore abbagliante che le saturava la mente, divorava i contorni delle rovine, si spandeva nel cielo come dentro di lei, sfavillando in modo insopportabile. Come da una distanza enorme udì Bri Corbett protestare qualcosa con voce sbigottita. La luce della piana divenne un sole che le bruciava i pensieri e le attraversava la mente, riversandosi nella mano in un fiotto improvviso. Alle sue spalle si levarono grida, commenti stupefatti e rauche esclamazioni inarticolate. La nave beccheggiò, facendola vacillare, e per cercare qualcosa a cui aggrapparsi fu costretta a riaprire gli occhi; il bagliore che le scaldava la faccia le penetrò come un pugnale nelle pupille.

— Va bene! — rantolò Corbett. — Va bene, l’avete fatto. Ora mettetelo qui dentro. Questo gli permetterà di galleggiare. — L’uomo teneva il volto girato e gli occhi quasi chiusi, cercando a tentoni di afferrarla per un polso.

La fanciulla si lasciò guidare dalla mano di lui, e udì il ticchettio della pietra che rotolava nella ciotola di legno trovata da Corbett. I marinai usarono una piccola rete per lasciare l’oggetto a galla oltre la poppa, non appena il timoniere ebbe fatto rotta a nord, e parve che stessero calando in mare il sole, fra loro e il resto della flotta. La ciotola s’allontanò ondeggiando dolcemente nella scia. Ma l’oggetto non era uscito dalla mente di Raederle: roteava in lei come un vortice di luce, sfaccettatura dopo sfaccettatura, guizzando di linee e di superfici, finché le parve che il suo cervello fosse diventato una gemma all’interno delle ossa del cranio, e guardando dentro di esso cominciò a intuire la natura di quella pietra.

Ciò che vedeva si solidificò nella figura di un uomo, in piedi come dinnanzi a lei; e sulla sua mano destra c’era la pietra. L’individuo si trovava al centro di una spianata, in un luogo indefinibile e in un tempo indefinibile, e mentre la pietra brillava sul suo palmo tutto ciò che aveva l’impressione di scorgere attorno con la coda dell’occhio parve muoversi, confluendo verso quel centro. L’uomo era un perfetto sconosciuto per lei, e tuttavia provò la strana certezza che un solo gesto di lui, un solo particolare del suo volto se avesse appena alzato la testa, le avrebbe rivelato la sua identità. Incuriosita attese che questo accadesse, fissando lui come egli fissava la pietra, perduto in quel momento senza tempo della sua esistenza. Ed ad un tratto Raederle avvertì la presenza di una mente sconosciuta entro la propria, una mente che guardava e attendeva come lei.

La curiosità di quell’entità aliena era bramosa, disperata, pericolosa. Cercò di scacciarla, spaurita, ma la sconvolgente certezza di avere una mente estranea dentro la sua si fece ancor più netta. Seppe che l’entità agognava anch’essa un movimento dell’uomo, uno scatto delle dita o l’alzarsi del capo, per apprendere come lei la sua identità. Al pensiero di quel riconoscimento provò un terrore istintivo e irragionevole: non voleva apprendere il nome dello sconosciuto per poi rivelarlo a quell’entità oscura in attesa dentro di lei. Fece uno sforzo terribile per cancellare l’immagine dell’uomo dalla sua mente prima che egli si muovesse. Ma l’entità stregonesca glielo impedì: non riuscì a scacciare né a modificare l’immagine, come se quelli della sua mente fossero occhi senza palpebre costretti a fissare il cuore stesso di un impenetrabile mistero. Poi davanti a lei balenò una mano, e uno schiaffo secco e duro le fece girare la testa di lato. Vacillò indietro e cadde fra due braccia robuste che la sostennero.

La nave s’inclinava sotto la spinta del vento, un’onda si ruppe con un tonfo contro una fiancata e la ragazza sbatté le palpebre accecata per un attimo dagli spruzzi. Lyra le stava stringendo le spalle con forza, e la sua voce suonò angosciata: — Scusami! Scusami! Ma tu stavi gridando e…

Raederle vide che la luce dell’oggetto lasciato in mare s’era spenta. Molto più a sud, quasi all’orizzonte, le sette navi del Re stavano navigando ciascuna in una direzione diversa, come se avessero smarrito l’uso del timone. Bri Corbett, pallido in faccia, la fissò a occhi sbarrati e ansimò: — Devo riportarvi indietro? Dite una sola parola e vi riporterò indietro!

— No. Va tutto bene, adesso. — Raederle accennò a Lyra di lasciarla, poi si passò lentamente le mani sul viso. — Adesso va meglio, grazie.

— Che cos’è successo? — esclamò Lyra. — Cos’era quella pietra?

— Io non lo so. — Risentì in sé l’eco della strana presenza, interrogativa, curiosa, insistente, e rabbrividì. — Sono stata molto vicina a sapere…

— Che cosa?

— Non posso saperlo! Qualcosa d’importante su qualcuno. Ma non so cosa, e non so perché. — Scosse il capo, angosciata. — È stato come un sogno, e sembrava molto importante, molto chiaro, ma adesso… mi sembra che non abbia più senso. Tutto ciò che so è che erano dodici.

— Dodici cosa?

— Dodici sfaccettature intorno a quella pietra. Come una bussola. — Si accorse dell’espressione vacua di Corbett. — Lo so. Non ha senso.

— Ma in nome di Hel, cosa vi ha fatto gridare in quel modo? — esplose l’uomo.

Ripensando al potere della curiosa e invincibile entità che l’aveva intrappolata Raederle fu certa che, perfino autorizzando il comandante a tornare verso le navi da guerra, non ci sarebbe stato posto al mondo dove quel potere arcano non avrebbe potuto raggiungerla e minacciarla. Sottovoce disse: — Quella pietra era un oggetto di potere. Avrei dovuto utilizzare qualcosa di più semplice e innocuo. Adesso ho bisogno di riposare un poco.

Restò distesa nella sua cabina fin dopo il tramonto. Prima di cena uscì sul ponte, si appoggiò alla murata e alzò lo sguardo alle stelle che palpitavano nel sereno, simili a lontanissimi riflessi in miniatura del bagliore rimastole in un angolo della mente. Un colpo di tosse la fece voltare. E fu allora che vide, immobile e per una volta a suo agio nel rullio della nave, Tristan di Hed, seduta proprio sulla prua della nave come una polena.

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