Murray Leinster L’incubo sul fondo

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A un certo punto Terry Holt si rese conto che stava semplicemente togliendo le castagne dal fuoco per il suo socio Jimenez. Lui in fondo non c’entrava per niente. Così, con un certo rimpianto, si preparò a liquidare i propri affari, quelli della ditta e a ricominciare.

Doveva fare l’inventario e informare la polizia di Manila; una polizia che si era dimostrata zelante e cortese. Quindi, finalmente, poteva pensare a nuovi progetti. Prima però gli conveniva lasciare la città per un po’ di tempo, almeno finché fosse sistemata la faccenda de “La Rubia”, del radar, della pesca e delle “orejas de ellos”.

Stava appunto lavorando all’inventario quando la porta si aprì, il campanello tintinnò e una ragazza entrò nel negozio. Lui alzò gli occhi, guardingo, da dietro il tramezzo dov’era ammassata la mercé della ditta Jimenez. Meglio che certi tipi non mettessero piede nel negozio. La polizia era del suo stesso parere.

Terry era deciso a cacciare fuori chiunque fosse venuto a chiedergli, minacciosamente, di fare certi lavori, o, altrettanto minacciosamente, di non farli.

E sapeva di poter contare sull’appoggio delle autorità cittadine e della Repubblica delle Filippine.

Stavolta però il cliente era una ragazza. E anche bella. Abbronzata, trucco leggero, e un pacco voluminoso sotto il braccio. Si voltò per chiudere la porta. Un ’americana, certamente. Così Terry disse in buon inglese: — Buongiorno. In che posso servirvi?

La ragazza parve sollevata.

— Parlate inglese — disse, contenta. — Temevo di non cavarmela con lo spagnolo. Lo parlo male.

Terry uscì da dietro il tramezzo. Il negozio era largo poco più di cinque metri e sul cristallo della vetrina campeggiava a grandi lettere “Jimenez y Cia”. Era stato l’ex-socio di Terry a imporre quella scritta imponente. Sotto si leggeva “Especialidades Electronicas y Fisicas”. Questa era la “specialità” di Terry. Terry Holt fabbricava apparecchi elettronici di vario genere. Jimenez aveva il compito di venderli, e li aveva venduti anche troppo e a troppi clienti. In basso, in un angolo del cristallo, c’era un modesto avviso: “orejas de ellos”, parole che avevano un senso solo per certi pescatori, pronti però a negare la cosa se interrogati.

La ragazza si guardò attorno, un po’ incerta. Sul davanti del negozio, verso la strada, erano esposte due lavatrici smaglianti, quattro frigoriferi e due congelatori.

— Scusate, ma non sono sicura che questo sia il negozio giusto — disse. — Qui sembra che vendiate solo elettrodomestici.

— Servono per far vetrina — disse Terry. — Agli inizi il mio ex-socio aveva in mente un commercio del genere. Purtroppo, però, chi compera elettrodomestici a Manila vuole sempre ed esclusivamente i modelli più recenti. Così, in breve tempo ci ritrovammo i magazzini pieni. Fu allora che decidemmo di puntare sul ramo “especialidades electronicas y fisicas”. … Fine della storia. Comunque sto per chiudere. Cosa desiderate?

Il negozio era in una posizione molto favorevole: a pochi passi di lì la Calle Enero era piena di negozi che vendevano frutti di mare, madreperla, esche di tutti i tipi, pece, gomene, béche de mer, copra, nafta, parti di motori Diesel, e nidi commestibili. Là in mezzo le “especialidades” non stonavano affatto. Ma per quanto fosse un quartiere più che rispettabile, non era il posto in cui ci si poteva aspettare che una ragazza come quella venisse a fare i suoi acquisti.

— Sto cercando qualcuno che mi fabbrichi un apparecchio speciale, probabilmente elettronico — spiegò lei, — per il battello di mio padre.

— Mi spiace davvero — rispose Terry, — perché è proprio la mia “specialità”, come avete potuto vedere dalla scritta in spagnolo sul vetro e da quei cartelli in tagalog, malese e cinese; ma purtroppo ho deciso di chiudere bottega per un certo periodo. Che tipo di apparecchio? Radar… No. Non saranno “orejas de ellos”?

— Che cosa sono?

— Microfoni sottomarini per i pescherecci — spiegò Terry. — II nome non dice molto. Si tratta di apparecchi che registrano i rumori subacquei e permettono di avvistare gli scogli anche a grande distanza, cosa che può essere utilissima. E poi ci sono dei pesci che emettono dei suoni particolari, e i pescatori li individuano con le “orejas” e li prendono.

Non ditemi che vi interessano queste cose!

La ragazza si illuminò.

— Ma sì! O almeno qualcosa di molto simile. Date un’occhiata a questo e vedrete subito che cosa vuole mio padre.

Posò il pacco su un congelatore e lo aprì. Dentro c’era una specie di pagaia ricurva, col manico, lunga circa un metro, di un legno chiaro e fibroso. Nella parte convessa aveva delle profonde tacche trasversali di forma particolare.

— Una pala per guidare i pesci — spiegò lei. — Viene da Alua.

Terry la esaminò. Sapeva vagamente che Alua era un’isola dalle parti di Bohol.

— Naturalmente serve per attirarli — disse, — anzi, per convogliarli. I pescatori scendono dove l’acqua è bassa e si mettono in fila. Poi battono la superficie con queste pale. I pesci cercano di sfuggire al rumore e i pescatori li instradano dove vogliono, cioè nelle reti. Ho provato anch’io. Avevo il costume e mi sono sentita sulla pelle una specie di formicolio, come un solletico molto fastidioso e pungente. Non mi stupisce che i pesci cerchino di scappare!

Terry esaminò l’oggetto.

— E allora?

— Probabilmente queste pale producono un effetto particolare: forse delle onde speciali?

— Forse — ammise lui, — però…

— Vorremmo qualcosa di simile, ma capace di funzionare su scala più vasta. Non una pagaia, naturalmente, qualcosa di più grosso, di più resistente e soprattutto in grado di funzionare continuamente. Vogliamo convogliare il pesce in branchi e questa pala ha effetti troppo limitati.

— E perché convogliare il pesce in branchi? — chiese Terry.

— Perché no? — replicò lei scrutandolo.

Lui aggrottò la fronte, pensando al problema che la richiesta della ragazza poneva.

— Gli “ellos” potrebbero opporsi — disse distrattamente.

— Chi?

— Gli “ellos” — ripeté lui. — Una superstizione. La parola significa “essi” o “loro” in spagnolo. Sarebbero delle “cose” nascoste nell’oceano che tengono d’occhio pesci e pescatori.

— Non parlate sul serio. — Non era una domanda, era un’affermazione.

— No — disse lui, sempre tenendo gli occhi sulla pagaia. — Però i pescatori progrediti e commercializzati del giorno d’oggi hanno battezzato proprio così i microfoni subacquei installati sulle loro barche: “orejas de ellos” e tutti conoscono gli “ellos” anche a bordo di una modernissima flotta di pescherecci.

— La ditta Jimenez — disse la ragazza, — ha contribuito non poco a questa modernizzazione, e io sono venuta da voi proprio per questo. Vi chiamate Terry Holt, mi pare. Un capitano della Marina americana ci ha detto che potevate procurarci l’apparecchio. Terry annuì.

— Sì — disse improvvisamente, — quello che volete si può fabbricare con un registratore a nastro, un ricevitore e un trasmettitore subacqueo. Prima registrate i suoni sottomarini che fa questa pagaia poi preparate un montaggio su nastro in modo da avere un suono più o meno continuo, infine li ritrasmettete mediante un altoparlante subacqueo. Dovrebbe funzionare.

— Benissimo! E quanto tempo ci vuole? — domandò lei.

— Temo di non potervelo fare — disse Terry. — Sono stato generoso nella mia opera di modernizzazione della flotta da pesca, e ora me ne devo andare per non suscitare altri guai.

Lei lo guardò con aria interrogativa.

— No — la rassicurò Terry, — la polizia non c’entra. Non che ai poliziotti dispiaccia gran che se me ne vado, certo è che non si dannano per farmi restare e comunque siamo già d’accordo che ritornerò non appena qualcun altro riuscirà a scoprire come fa “La Rubia” a localizzare il pesce.

— “La Rubia”?

— Sì, “La Rossa”, un peschereccio — spiegò lui. — Ha scovato una zona dove i pesci fanno praticamente a gara per buttarsi nelle sue reti. Sono mesi che ritorna da ogni viaggio carica da scoppiare. E fa in fretta anche! Naturalmente tutti gli altri pescatori vorrebbero prendere parte alla festa.

— E allora?

— Vedete — spiegò Terry, — queste pesche della cuccagna sono cominciate non appena “La Rubia” ha installato a bordo i ricevitori subacquei. Subito tutti gli altri battelli li hanno voluti anche loro. Il mio ex-socio non mi dava neanche il tempo di finire gli apparecchi che subito li vendeva. Nessuna lagnanza, da parte degli acquirenti: qualche miglioramento c’è stato per tutti. Ma niente che si possa paragonare a “La Rubia”, la quale sta facendo un sacco di soldi. Probabilmente ha scovato un posto speciale o un sistema di pesca speciale. Ogni volta riesce a fare carico pieno!

La ragazza lo guardava con interesse.

— Secondo gli altri pescatori si tratta di un posto particolare — continuò Terry, — così hanno tenuto d’occhio “La Rubia”. Due mesi fa il peschereccio è salpato, e tutta la flotta dietro. Per una settimana non l’hanno mai perso di vista, “La Rubia” non ha buttato neanche una rete, Poi è rientrata a Manila. Senza aver preso niente. Erano tutti furiosi. Nel frattempo il prezzo del pesce era salito alle stelle e i pescatori si sono subito messi in mare per approfittare dell’occasione. Al ritorno hanno saputo che “La Rubia” era salpata subito dopo che loro avevano levato le ancore ed era già rientrata, carica di pesce. “La Rubia” aveva venduto a prezzi favolosi e aveva coperto la richiesta di pesce. Quindi al rientro degli altri pescherecci il mercato era tornato normale. Tranne quelli de “La Rubia” tutti gli altri pescatori ci sono rimasti male. Così pare per lo meno. Comunque ci sono state delle risse : qualche pescatore è finito all’ospedale, qualcuno in guardina.

Un autocarro passò rombando davanti al negozio della moribonda Ditta Jimenez. La ragazza volse automaticamente gli occhi verso la strada. Poi tornò a guardare Terry.

— A questo punto il mio socio Jimenez ha avuto un’idea brillante — disse con tristezza Terry. — Ha convinto il capitano de “La Rubia” a installare un radar a breve raggio. Gliel’ho costruito io: aveva una portata massima di venti miglia. “La Rubia” ha levato le ancore una sera che non c’era la luna, con cinquanta pescherecci che giuravano di seguirla anche all’inferno. Poi, quando è scesa la notte, ha spento tutte le luci, ha localizzato col radar gli altri pescherecci che non potevano vederla e se l’è filata senza salutare nessuno. È rientrata in porto carica fino all’inverosimile. Nuovi disordini, altra gente finita dentro o all’ospedale. Qualche marinaio de “La Rubia” andò in giro a raccontare che avevano usato il radar per sfuggire ai rivali, ed ecco perché la polizia si è interessata ai miei affari.

La ragazza l’aveva ascoltato piena di interesse.

— Ma perché?

— Tutti gli altri pescherecci ordinarono a Jimenez lo stesso apparecchio: se “La Rubia” era riuscita a filarsela grazie al radar, loro, con il radar, l’avrebbero controllata. Allora capitano e marinai de “La Rubia” vennero qui e minacciarono Jimenez di cose raccapriccianti se li avesse accontentati. Subito dopo vennero capitani e marinai dei pescherecci rivali e lo minacciarono di cose anche più raccapriccianti se non li avesse accontentati. Allora Jimenez se l’è svignata, lasciando me nei pasticci.

La ragazza annuì.

— Di conseguenza — riprese Terry, — io chiudo bottega. Consegno l’inventario alla polizia e me la filo da qualche parte finché non avranno scoperto come fa “La Rubia” a scovare il pesce. Quando tutto sarà di nuovo calmo, me ne ritornerò e riprenderò un’altra attività, ma stavolta senza Jimenez. Mi limiterò alle cellule fotoelettriche, agli antifurto, agli impianti televisivi a circuito chiuso e cose del genere. Allora se vostro padre sarà ancora interessato alla cosa potrò fabbricargli quell’apparecchio trasmittente subacqueo. Adesso è meglio di no.

— Abbiamo sentito parlare di questa storia — disse la ragazza. — Quasi come me l’avete raccontata voi. Terry la fissò. Poi disse, in tono troppo cortese: — Davvero?

— Sì, pensavo…

— Allora sapevate — continuò Terry sempre più cortese, — che io stavo per partire e che non vi avrei costruito l’apparecchio? Lo sapevate prima di venire da me?

— Il fatto è — rispose la ragazza sorridendo, — che i vostri progetti coincidono perfettamente con i nostri. Noi abbiamo uno schooner di venti metri e siamo in crociera. Mio padre desidera un apparecchio come quello che mi avete descritto. Da parte vostra, volete fare un bel viaggio: allora perché non venite a bordo del nostro battello, vi riposate, vi godete una vacanza e a tempo libero ci costruite l’apparecchio? Appena l’avrete finito, vi sbarcheremo dove vorrete.

— Grazie — disse Terry più cortese che mai. — Mi rendo conto di aver fatto la figura dello stupido a spiegarvi come stavano le cose. Voi eravate già al corrente di tutto. Temo di avervi annoiata terribilmente. Saprete anche, naturalmente, che Jimenez s’è portato via la cassa quando ha alzato i tacchi.

Lei esitò un istante, poi disse: — S-sì. Pensavamo…

— Che non ce l’avrei fatta a pagarmi il biglietto su un piroscafo — interruppe lui, senza cordialità, questa volta. — Sapevate anche questo?

— Vi prego! Non dovete credere che noi…

— Avete idea di quel che può venirvi a costare quell’aggeggio?

— Ditemi una cifra.

Furente, Terry disse una somma esorbitante. Non poteva tollerare l’idea di esser stato preso in giro a quel modo. Lei aprì la borsa e ne tolse un fascio di banconote. Posò i biglietti sul banco.

— Vi lascio la pala — disse, — il nostro battello è l’“Esperance”. Lo troverete sul molo…

Nominò l’ancoraggio: il club nautico più elegante di Manila.

— Una lancia vi porterà a bordo, appena sarete pronto per partire. Meglio se potrete salpare domani e meglio ancora se verrete a bordo oggi stesso. Con un cenno amichevole la ragazza aprì la porta, il campanello tintinnò e lei uscì. Terry sbatté gli occhi. Poi imprecò e buttò all’aria il mazzo di biglietti. Due finirono a terra e lui perse tempo a raccattarli. Lisci con il denaro in mano.

Vide chiudersi lo sportello di un tassi dieci metri più in là. E immediatamente l’auto partì di gran carriera. I tassisti di Manila appartengono tutti a una categoria ben definita: si dice che siano dei pazzi evasi dal manicomio, con tendenze omicide. Il tassi filò a rotta di collo lungo la Calle Enero e svoltò l’angolo.

Terry rientrò in negozio, imprecando. Poi diede un’occhiata al denaro. Esattamente il prezzo enorme che aveva chiesto per un apparato di pesca elettronico, compreso un trasmettitore subacqueo.

— Accidenti! — disse, rabbiosamente.

Lo soffocava quel tipo particolare di indignazione che certi uomini provano quando, trovandosi di fronte a difficoltà che per orgoglio si sentono tenuti a risolvere da soli, qualcuno si offre di aiutarli. E tanto cresce l’indignazione quanto diminuisce la speranza di poter fare tutto da sé.

Quel che soprattutto irritava Terry era che lui non avrebbe dovuto trovarsi in una simile situazione. Comunque nemmeno il più capace, il più competente tecnico elettronico avrebbe potuto prevedere i suoi guai. Terry conosceva a fondo il suo mestiere. Una specializzazione in elettronica aveva rappresentato il suo ideale e il suo obiettivo per tutti gli anni d’università. Presa la laurea, era stato “intervistato” dai selezionatori di almeno tre grandi industrie, di quelle che vanno a cercare i “quadri” sui gradini della scuola. Terry aveva chiesto se fossero in molti, in America, a saper fare quello che sapeva fare lui. Quando uno dei tre gli aveva risposto che solo la sua azienda ne impiegava diecimila, Terry aveva rinunciato immediatamente. Non intendeva far parte di una squadra di migliaia di membri. Voleva lavorare, ma in un posto dove potesse distinguersi. Più piccola è la società più soddisfazioni personali ci sono. Sì, forse avrebbe guadagnato di meno, però…

E poi era tutta questione di logica. Se si trovava meglio in una ditta piccola, figuriamoci in proprio. E Terry c’era quasi riuscito, facendo società con Jimenez. Jimenez rappresentava l’organizzazione commerciale, Terry la produzione. A Manila c’era una buona piazza per gli apparecchi elettronici: “especialidades electronicas y fisicas”, anche cominciando con poco, quasi senza capitali, nel giro di pochi mesi avrebbe dovuto sistemarsi bene. C’erano gli impianti per i radiofari, gli impianti antifurto nelle ville e nei negozi, e installazioni di vario tipo da progettare e costruire; insomma le sue speranze s’erano dimostrate ben fondate. Chi avrebbe potuto immaginare il guaio provocato dallo straordinario successo de “La Rubia”? Era assurdo che una cosa del genere dovesse avere conseguenze disastrose proprio per Terry che non c’entrava per niente. Eppure, era andata così.

Ma, a parte questi motivi d’ordine più generale, Terry era indignato perché la ragazza era entrata in negozio sapendo già tutto di lui. Probabilmente sapeva anche che il suo ricevitore subacqueo era un ottimo apparecchio effettivamente orientabile. Eppure lo aveva fatto parlare, gli aveva rivolto qualche domanda apparentemente interessata, l’aveva preso in giro. E alla fine aveva fatto la cosa più esasperante di tutte, cioè l’aveva pagato per una cosa che lui si era rifiutato di fare, costringendolo in tal modo ad accettare l’ordinazione.

Da strozzarla. Aveva bisogno di denaro, sì, ma quel trucchetto non gli era piaciuto per niente.

Ritornò al suo inutile inventario. Il tempo passava. Non capitava nulla. In negozio non si vedeva nessuno. La polizia aveva agito con molta fermezza nei riguardi degli uomini de “La Rubia” che avevano minacciato Terry. E con altrettanta fermezza aveva trattato quelli che l’avevano controminacciato. Così nessun cliente occasionale entrò in negozio quel giorno. Trascorsero due ore.

Alle quattro la porta si aperse con il solito tintinnio di campanello e apparve il capitano di polizia, Felicio Horta.

— Buenas tardes — disse cordialmente.

Terry borbottò qualcosa.

— Ho sentito che lasciate Manila — disse Horta.

Terry gli chiese, calmo: — È un modo per consigliarmi di affrettare la partenza?

— Pero no! Por supuesto no! — protestò Horta. — Ma mi hanno detto che avete nuovi progetti.

— E cosa ne sapete voi? — disse Terry, brusco.

Il capitano Horta non perse la sua cordialità. — Ufficialmente non ne so niente. In via privata sappiamo che intendete aiutare certi ricos americanos nelle ricerche di… si dice oceanografia? Insomma su questioni oceaniche. E sappiamo che avete accettato di controvoglia, anzi che state pensando di cambiare idea. E che siete furibondo.

La ragazza, naturalmente, che doveva aver dedotto ogni cosa vedendolo correre nella strada con i soldi in mano, troppo tardi per bloccare il tassì. Terry scattò ugualmente: — Ma chi diavolo ve lo ha raccontato?

Horta si strinse nelle spalle.

— Voci che corrono. Spero che non siano vere.

— Che non sia vero che parto o che non parto?

— Spero — continuò benevolmente Horta, — che farete come preferite. In questo momento non sono in servizio. Ho la macchina fuori. Mi metto a vostra disposizione: vi posso accompagnare fino al porto, al primo piroscafo che parte dove volete voi. Se invece non volete andare in nessun posto, allora tolgo il disturbo. Senza impegno e senza… rancore — concluse. — Amici come prima.

Terry lo guardò. Il capitano Horta era un uomo onesto e ragionevole. Sapeva che Terry aveva dato qualche noia alla polizia, ma involontariamente. Non era tipo da serbare rancore.

— Perché vi siete offerto per accompagnarmi? — chiese Terry pesando le parole. — C’è un motivo speciale perché io debba lasciare la città?

— No — disse Horta. — Sarebbe auspicabile che voi seguiste una certa… linea di condotta. Questo sì. Ma non è perché vi si vuole allontanare di qui. Piuttosto, perché la vostra presenza sarebbe gradita in un certo altro posto. È una faccenda collegata con “La Rubia”, ma non potete neanche lontanamente indovinare come. Del resto siete perfettamente libero, potete agire come meglio credete. Desidererei soltanto che la cosa… si risolvesse con vantaggio di tutti. Solo questo.

Si interruppe e Terry lo fissò, aggrottando la fronte. Horta tentò ancora:

— Diciamo che l’oceanografia m’interessa molto, e che mi piacerebbe veder condotte a termine certe ricerche.

— Ricerche riguardanti naturalmente il modo di attirare il pesce — disse Terry, scettico. — Si direbbe che voi agite in via ufficiosa per ottenere qualcosa di cui ufficialmente non siete autorizzato a parlare.

Horta gli rivolse un caldo sorriso.

— Questa — dichiarò, — è una conclusione molto logica.

— Ma qual è l’oggetto di queste… ricerche? E perché avete pescato proprio me? Horta si strinse nelle spalle senza rispondere.

— Non potete dirmelo?

— Amigo — disse Horta, — non chiederei di meglio. Mi piacerebbe moltissimo vedere la vostra reazione. Ma sarebbe un disastro: mi credereste un pazzo, me e tanti altri personaggi importanti. Ma me in particolare.

Fu la volta di Terry di alzare le spalle. Attese un lungo momento, esitando. Se Horta avesse tentato di far pressione su di lui, Terry si sarebbe immediatamente irrigidito. Ma non c’erano state pressioni nel vero senso della parola. Sia la ragazza, sia, adesso, Horta, cercavano tutti e due di attirarlo con un’aria di mistero e con vaghi accenni a personaggi importanti.

— E “La Rubia” è coinvolta in questa faccenda? — domandò Terry.

— Involontariamente — rispose subito Horta. — Come voi.

— Grazie per la fiducia nella mia innocenza — disse Terry in tono ironico.

— Bene, allora. Ormai ci sono dentro. Vediamo se, andando fino in fondo, riuscirò a venirne fuori dall’altra parte. Tornò nel retro del negozio, trovò delle cassette per raccogliere i suoi arnesi e gli innumerevoli pezzi per gli antifurto, i ricevitori subacquei e vari apparecchi elettronici che il mondo moderno giudica indispensabili. Si mise a imballarli e Horta, cosa strana, gli diede una mano. Chi ha sangue spagnolo nelle vene è piuttosto suscettibile di fronte al lavoro manuale. Se poi ha una posizione ufficiale, diventa suscettibilissimo. Invece Horta non soltanto aiutò Terry a riempire le sue cassette, ma gli diede persino una mano a portarle fino alla strada e a sistemarle sulla macchina.

Terry girò la chiave nella serratura e la tese al capitano insieme con l’inventario quasi completo del negozio.

— Jimenez se ne è andato e io do in consegna a voi il negozio — disse. Horta prese chiave e documenti. Mise in moto e si avviò lungo la Calle Enero. Guidava con straordinaria prudenza per un ufficiale di polizia autorizzato a ignorare, in caso di necessità, le norme della circolazione. Poco dopo si lasciarono sulla sinistra i docks di Manila, la zona commerciale e filarono lungo le ampie strade che tagliavano i quartieri eleganti. Poco più avanti il porto, e la baia, riapparvero. L’auto oltrepassò i cancelli del club nautico più snob di Manila, ma non si fermò davanti alla sontuosa, e modernissima, palazzina; proseguì fino al molo delle imbarcazioni minori, dove c’erano due uomini in attesa. Senza una sola parola, costoro presero dalle mani di Horta le cassette, e le caricarono a bordo di un motoscafo luccicante di ottoni, ancorato al moletto.

— Sapevano che sarei arrivato — disse Terry asciutto. — Mi avreste portato qui in ogni caso?

— Pero no! — disse Horta. — Ma esistono i telefoni. Appena siamo usciti dal negozio, qualcuno se ne è servito.

Gli uomini delle cassette erano scomparsi. Terry e Horta salirono a bordo. L’imbarcazione partì con un rombo e si diresse verso il centro del porto. Alla fonda c’erano una cannoniera filippina, un posamine e una portaerei americana, poi navi cisterna, qualche vecchia carretta e una quantità di naviglio minore. A due miglia di distanza un battello sovraccarico solcava le acque oleose. Il motoscafo puntò verso un lindo schooner di venti metri ancorato a un miglio da riva, che sembrava sempre più grande e luccicante man mano che la lancia si avvicinava.

Il motoscafo passò sotto la poppa del battello, dove si leggeva il nome “Esperance”, accostò, e un uomo in camiciotto e calzoni bianchi prese la cima.

Disse allegramente: — Come va, signor Holt? — Poi salutò con un cenno Horta. — Lieto di vedervi, capitano. — Tese la mano a Terry quando balzò sul ponte. — Mi chiamo Davis. I vostri bagagli saranno sistemati immediatamente a bordo.

Spuntarono due giovanotti in blue-jeans e capelli cortissimi, che presero in consegna il mucchio di scatole e cassette preparate da Terry e Horta.

— Avete tutto quanto vi occorre? — si preoccupò Davis. — C’è qualche altro aggeggio che potrebbe farvi comodo?

— Due o tre cose mi potrebbero servire, infatti — disse Terry, asciutto.

Quel modo così disinvolto di “invitarlo” a bordo dell’“Esperance” continuava a dargli un senso di fastidio. In quella storia tutti sembravano convinti che lui avrebbe fatto ciò che loro desideravano. Come se lui non contasse. Boh! Ad ogni buon conto per ora non aveva motivo di lagnarsi; solo gli dava fastidio che lo tenessero all’oscuro su ciò che avrebbe dovuto fare e che nello stesso tempo lo spingessero così insistentemente ad accettare. Doveva pigliarsela con qualcuno, così, per sfogarsi. Decise di prendersela col capitano Horta.

— E poi — soggiunse brusco, — il capitano Horta non ha pensato di passare dal mio albergo a ritirare il bagaglio.

— Fatemi una lista di quel che vi serve — suggerì Davis. — Quanto al bagaglio sarà facile provvedere. Una lista completa, e anche se qualcosa ci resterà sul gobbo non ha importanza. Giù in cabina troverete uno scrittoio. — Si volse a Horta. — Capitano, che notizie de “La Rubia”?

— È salpata ieri — rispose Horta, in tono avvilito, — con un codazzo di pescherecci. In questo periodo la luce è favorevole. Si alza tardi, ma si alza. E molti terranno d’occhio il battello dalle coffe degli alberi. Dicono che i pescatori hanno fatto incetta di tutti i binocoli di Manila…

La sua voce svanì mentre Terry scendeva la scaletta. Sottocoperta le cabine erano eleganti, ma senza ostentazione. Poltrone, lampade, un tavolino, dei piani carichi di libri: due o tre di elettronica e uno, molto discutibile, sui mostri marini e sui serpenti di mare. Un volume di antropologia, uno di astronomia, due spessi tomi sui pesci abissali. Un piano era riservato ai romanzi, ai manuali di navigazione. C’erano anche due volumi sulla manutenzione e riparazione degli impianti radar e Diesel. Questi due volumi erano perfettamente giustificati a bordo di uno yacht. Quelli che venivano dopo erano due testi sui pianeti del sistema solare. E questi non si giustificavano: a meno che a bordo non ci fosse qualcuno col pallino dell’astronomia.

Terry sedette al tavolino e stese un elenco di parti elettroniche che sapeva con sicurezza essere introvabili a Manila. Ogni volta che gli veniva in mente con che facilità lo avevano trascinato sull’“Esperance” si sentiva ribollire, e ora provava una vera soddisfazione a richiedere certi tubi pluri-elementi che si ottenevano solo su ordinazione speciale negli Stati Uniti. Ma gli ci volle del tempo per pensarci.

Quando risalì sul ponte, mezz’ora dopo, aveva elencato in tutto sei pezzi. Il motoscafo era partito con Horta a bordo.

Davis salutò Terry con la stessa cordialità di prima.

— La barca è andata — disse Terry, — e ho qui la mia lista.

Davis non la guardò neppure. Chiamò uno dei giovanotti coi capelli corti che avevano scaricato le cassette.

— Nick Alden — disse, presentando il nuovo venuto a Terry, — uno della banda. — E al giovane: — Pensa un po’ tu a questa lista, Nick.

Il giovanotto tese la mano a Terry, che gliela strinse, come l’altro evidentemente si aspettava Poi prese la lista e scomparve per la scaletta di prua. Davis diede un’occhiata all’orologio.

— Le cinque e mezzo — disse. — È il momento di bere qualcosa, direi.

Scese di sotto e Terry ebbe modo di esaminare l’“Esperance”. A prima vista pareva nient’altro che una barca da diporto, ma si vedeva che la sua struttura era alquanto più robusta del solito: a mezza nave, stranamente, c’era un argano elettrico dotato di un cilindro di dimensioni mai viste. Accanto all’argano un grosso albero in grado di sostenere qualcosa fuoribordo. Due scialuppe capaci di reggere bene con mare grosso e varie altre attrezzature, di solito assenti su questo tipo di imbarcazioni. Insomma lo schooner non riusciva a dar l’impressione d’essere soltanto il capriccio, la “barca” di un miliardario.

Poi Terry scorse di nuovo il motoscafo spuntare tra i panfili all’ancora nella rada, preceduto da candidi baffi di spuma.

A bordo, qualcuno agitava le braccia. Terry riconobbe la ragazza, del negozio: sorrideva. Quando la lancia accostò lei guardò Terry. Sorrise. E nel suo sorriso Terry lesse un lampo di trionfo. Poi vide una catasta di pacchi sul fondo del motoscafo, e accanto ai pacchi qualcos’altro: le sue valigie e il suo baule-armadio. Non avrebbe avuto bisogno di scendere a terra a ritirare i bagagli prima di salpare con l’“Esperance”: glieli portavano. A questo punto Terry finì per convincersi che quella gente aveva deciso di fargli fare quel che volevano loro, senza neppure consultarlo. A questo punto Terry Holt si ribellò. Immediatamente. Ogni volta che cercavano di fargli fare qualcosa senza dirgli nulla e dando per scontato il suo assenso, lui si irrigidiva. Peggio ancora se si trovava in un guaio, come adesso che doveva allontanarsi da Manila per un po’ di tempo e non aveva denaro per farlo e peggio che mai se quel che volevano fargli fare gli sarebbe, come in questo caso, piaciuto e convenuto moltissimo.

Per un Terry Holt non c’è niente di più irritante che costringere un Terry Holt a fare una cosa che… gli va di fare.

Il motoscafo aggirò la poppa dello yacht. Davis salì sul ponte con due bicchieri. La ragazza gridò allegramente: — Vi ho trovato i pezzi richiesti! Tutti! E qui c’è il bagaglio.

Terry disse seccamente: — Come ha fatto ad arrivare a terra il mio elenco?

— L’ha trasmesso Nick — spiegò Davis, — col radiotelefono.

— E dove diavolo avete scovato quei pezzi?

— Questo — disse Davis, — fa parte del mistero che vi piace così poco.

— Infatti — ribatté Terry. — Non mi va per niente, e credo che tornerò a terra con il motoscafo.

— Fermo! — disse Davis. Ma parlava all’uomo della lancia. Nick stava sollevando la prima valigia, Davis gli fermò il gesto.

— Mi spiace — disse a Terry.

— Rimarremo all’ancora qui. Se cambiate idea, la lancia vi riporterà a bordo quando vorrete.

Terry tirò fuori il fascio di banconote che la ragazza gli aveva lasciato in negozio e gliele tese. Lei si mise le mani dietro la schiena e scosse la testa.

— Vi abbiamo dato tante seccature — spiegò, — e non siamo stati leali con voi: consideratelo come un risarcimento.

— Non intendo accettare — disse Terry deciso.

— Nemmeno noi — disse Davis.

Terry si sentì ridicolo. Non poteva posare il denaro e andarsene: c’era troppo vento. E la ragazza lo guardava con aria contrita.

— Mi rincresce davvero — disse lei. — Sono stata io a progettare tutto questo. Voi siete esattamente la persona di cui abbiamo bisogno, e avevamo deciso di aggregarvi a noi. Non potevamo spiegarvi tutto. Così abbiamo chiesto in giro, e ci hanno detto che non siete il tipo che prende i soldi, fa quel che gli si dice, e non fa domande. Il capitano Horta ci ha detto che siete una persona per bene. Così, siccome non potevamo chiedervi di fare di vostra volontà una cosa alla cieca, abbiamo cercato di “attirarvi” con il fascino dell’avventura. Non è andata bene. Pazienza.

Terry ebbe la certezza che la ragazza diceva la verità. Era molto carina, ma non si serviva dei suoi begli occhi per convincerlo. Parlava col tono di chi ha deciso di mettere le carte in tavola.

Senza volerlo cominciò ad addolcirsi un po’.

— Sentite — disse, — stavo per lasciare Manila. Ho bisogno di andarmene per un po’, poi tornerò qui. Per qualche settimana, anche per un paio di mesi posso fare tutto quello che mi pare. Ma se c’è una cosa che mi da fastidio è d’essere preso in giro.

La ragazza gli sorrise.

— Va bene, mi tengo i soldi.

Il sorriso della ragazza si fece più aperto: — Signor Holt, partiamo per una crociera. Faremo scalo in vari porti. Pensiamo che vi troverete bene in nostra compagnia. Vi invitiamo a partecipare a questa crociera come nostro ospite. Ci darete o no una mano, come preferirete. E noi non tenteremo di pagarvi!

Davis annuì. Terry aggrottò la fronte. Poi parlò con una certa difficoltà:

— Ho il dono di rendermi ridicolo — disse sconsolato. — Ad ogni modo, se le cose stanno così, accetto. Però mi riservo il diritto di tirare a indovinare.

— Benissimo! — disse Davis con calore. — Se scoprirete quel che non vi abbiamo detto, capirete anche il perché del nostro silenzio.

Fece un cenno a Nick e al marinaio della lancia. Le scatole e i bagagli furono deposti sul ponte dell’“Esperance”. Terry prese una delle cassette e guardò la scritta sul fianco.

— Non capisco — disse ancora più sconsolato. — Avrei giurato che questi tubi si trovano solo da Schenectady, a New York. Invece li avete scovati a Manila nel giro di pochi minuti. Come avete fatto? La ragazza rise.

— Facilissimo! — disse. — Ve lo spiegherò solo quando saremo in mare.

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