2

Il sole toccò l’orizzonte e scomparve. In cielo, colori meravigliosi che le onde del porto riflettevano in una miriade di tinte. L’“Esperance’’ si dondolava agli ormeggi. In pochi minuti due uomini dell’equipaggio levarono le ancore, con gesti rapidi e sicuri. Poi, uno scese sottocoperta e il motore dell’“Esperance” cominciò a pulsare. Davis prese il timone e il minuscolo yacht si diresse verso il mare aperto, mentre Nick puliva l’ancora prima di assicurarla al ponte. In breve il crepuscolo tropicale divenne notte, e varie luci brillarono, a riva e sull’acqua.

Terry si sentiva un po’ ridicolo. La ragazza vicino a lui gli disse allegramente:

— Mi chiamo Deirdre, caso mai non lo sapeste ancora.

— E io Terry, come voi sapete già.

— Infatti — rispose lei. — Per quel che mi riguarda vi dirò che sono la cuoca di bordo. Posso aggiungere che i ragazzi non sono marinai di mestiere, e che mio padre non è…

— Non è interessato a questa storia per denaro, ma per altri motivi — completò Terry. — Non credo che si tratti di un tesoro nascosto o cose simili.

— Niente di così sensazionale — riconobbe lei. — Adesso, se volete fare un turno di guardia, bene. Se non volete, fa lo stesso. La vostra cabina è quella piccola, a babordo. Siete nostro ospite, sull’“Esperance”, e se avete bisogno di qualcosa, chiamate. Io scendo a preparare il pranzo.

E se ne andò. Lui esaminò di nuovo il ponte, poi tornò vicino a Davis seduto tranquillamente al timone.

— Ora che siete dei nostri — disse Davis, pensoso, — mi chiedo in che modo io possa giustificare tutto il mistero di cui ci siamo circondati. In parte è stata una idea di Deirdre. Credeva che così la proposta vi sarebbe parsa più allettante. Ma adesso, all’idea di dovervi spiegare tutto, sono tentato di arrendermi.

Terry sedette accanto a Davis. L’“Esperance” filava sull’acqua, e la prua si alzava e si abbassava. Il mare non era più uno specchio piatto. Da terra si era levata una leggera brezza.

— Cominciamo con “La Rubia” — riprese Davis, a disagio. — Le avete fornito ricevitori sottomarini e radar. Nient’altro?

— No — disse Terry brevemente. — Nient’altro.

— Prende sempre una quantità enorme di pesce — continuò Davis. Aggrottò la fronte. — E pesci strani. Non ne avete mai sentito parlare?

— No, mai — rispose Terry.

— Non vorrei espormi al ridicolo — disse Davis. — Però mi piacerebbe essere nella testa del comandante di quel peschereccio. Può anche darsi che si ritenga semplicemente fortunato. E chi sa che non abbia ragione!

Terry aspettava. Davis tirava boccate dalla pipa. Poi, di colpo riprese: — Voi siete abile a fabbricare aggeggi vari. Per il momento limitiamoci a questo.

Il mare era sempre meno calmo. Si sentiva il frangersi delle onde contro la prua dello yacht. Il ronzio delle macchine era appena percettibile. La brezza aumentava di intensità. E sembrava che Davis non avesse altro da dire, per il momento. Terry si mosse.

— Volete che vi costruisca un apparecchio per guidare i pesci — disse poi.

— Potete darmi qualche altro particolare?

Davis ci pensò su. Qualche spruzzo di spuma arrivò dai fianchi dell’“Esperance”.

— No — disse Davis. — Non ancora. C’è appena una possibilità che serva, e mi piacerebbe averne uno, nella speranza che funzioni. “La Rubia” possiede, una sonda di profondità per la quale non so cosa darei. Quello strumento invia un impulso sonoro sul fondo e calcola l’eco di ritorno. Somiglia molto al radar, come funzionamento. O al sonar.

Terry annuì. Non c’era niente di misterioso negli scandagli di profondità e nel radar.

— Noi a bordo abbiamo uno scandaglio. Seguendo una rotta precisa e tenendolo sempre in funzione si otterrebbe il profilo del fondo marino. Avendo poi una intera flotta adeguatamente equipaggiata e che facesse la stessa cosa potremmo tracciare una carta completa del fondale.

— Esatto — commentò Terry.

— Ecco — continuò Davis, — quello che vorrei avere è una sonda che lanciasse impulsi come il radar, ma impulsi sonori e controllati. In modo da poter scrutare il fondo marino, esattamente come si scruta il cielo con il radar. In tal modo si potrebbe ottenere il grafico del fondo, con depressioni e bassifondi, e il rilievo esatto delle montagne sottomarine. Potreste costruirmi uno strumento del genere?

— Forse sì — rispose Terry.

— Ma richiederebbe un lavoro notevole.

— Vorrei che ci pensaste — disse Davis. — C’è un punto in cui mi piacerebbe usare una sonda simile: la Fossa di Luzon. Mi serve una carta molto chiara di quel fondale.

Terry non rispose. Prima si era arrabbiato, poi la rabbia gli era sbollita, ma adesso stava di nuovo per irritarsi. In fondo non aveva saputo niente di preciso riguardo al lavoro che volevano da lui, e la richiesta di una sonda era troppo semplice dopo tante macchinazioni per averlo a bordo. Era deluso.

— Vento buono — disse Davis, in tono diverso. — Possiamo alzare le vele e spegnere il motore. Volete prendere voi il timone?

Terry si mise alla barra. Davis si allontanò mentre quattro uomini in maglietta e calzoni sbucavano da prua. Le vele si alzarono, gonfie di vento, le macchine tacquero. L’andatura del battello variò: gli spruzzi aumentarono, ma la marcia si fece più regolare. Poi Davis tornò e riprese il timone.

— Mi rendo conto — disse — di agire in modo che può sembrarvi irritante. Dovrei mettere le carte in tavola, ma non posso. Prima di tutto nemmeno io ho in mano un gioco molto chiaro, e poi ci sono cose che dovrete scoprire da solo, data la situazione.

— Cioè?

— Ecco — continuò Davis con aria improvvisamente decisa, — pensate alle “orejas de ellos”. Gli “ellos” sarebbero creature che vivono in fondo al mare e tengono d’occhio pesci e pescatori. Pura superstizione. Eppure supponete che io stia verificando la possibilità che questi… diciamo esseri, esistano. Credete che sia pazzo?

Terry si strinse nelle spalle. — Eppure ciò di cui m’interesso — riprese Davis, — riscuote abbastanza credito da permettermi di ottenere certi pezzi elettronici dalla portaerei alla fonda a Manila. Nick li ha richiesti per via radio, e loro hanno inviato i pezzi a terra consegnandoli a Deirdre che ve li ha portati.

Terry sbatté gli occhi. Poi capì. Ma certo! Una portaerei era il posto ideale per trovare tutti i pezzi necessari a un’apparecchiatura elettronica. Davis disse secco: — Non si sarebbero certo sognati di consegnare quei pezzi a un civile alla ricerca di spiriti o demoni immaginari! Si può quindi concludere che non mi sto occupando di verificare una leggenda, non credete?

— Be’… sì — decise Terry. Era vero. La Marina non avrebbe certo infranto i regolamenti per un qualunque cittadino in vena di stranezze. Inoltre Horta non avrebbe dichiarato così apertamente che il governo filippino “desiderava” che un tecnico come Terry accompagnasse 1’ “Esperance” nella sua crociera.

Deirdre fece capolino dal boccaporto.

— Il pranzo è pronto — annunciò allegramente.

— Il timone — disse Davis a Terry.

Andò a prua e tornò con i quattro uomini che formavano l’equipaggio dello yacht.

— Il resto della compagnia — presentò Davis. — Nick lo conoscete già. Gli altri sono Tony Drake, Jug Bell e Doug Holmes. — Li indicò ad uno ad uno mentre venivano scambiate le strette di mano. — Vengono dalle Università di Harvard, Princeton e Yale. Nick studia al Politecnico del Massachusetts. È il tuo turno al timone, Tony — concluse.

Uno dei quattro prese la barra. Gli altri scesero sottocoperta, dietro Davis e Terry. Terry era silenzioso. Davis aveva voluto dimostrare la sua buona intenzione di rivelargli gli scopi della crociera, ma in realtà non gli aveva detto un bel niente.

Il pranzo non chiarì molto le idee a Terry. Visti tutti intorno al tavolo i tre sembravano proprio studenti. Erano pieni di deferenza verso Davis, che consideravano un anziano e un po’ diffidenti nei riguardi di Terry, più vecchio di loro, ma non abbastanza da incutere rispetto. Tutti guardavano Deirdre con aria di schietta approvazione.

La conversazione cominciò in tono misterioso, poi diventò del tutto assurda. Si passò infatti a discutere l’intelligenza delle focene, sulla scorta di studi condotti recentemente sul loro cervello. Terry osservò acutamente che senza esperienza l’intelligenza non può essere creativa, e se non lo è non è intelligenza. Jug negò che le strutture del cervello potessero rivelare o negare l’intelligenza e che comunque l’intelletto è del tutto inutile a chi non può né costruire né usare un utensile. Secondo Doug questa era un’argomentazione assurda. Davis ascoltava divertito. Deirdre fece notare che anche senza mani e senza utensili una creatura intelligente è in grado di comporre liriche. Ma Jug obiettò che per la poesia non occorre intelligenza e subito la discussione passò a un vivace dibattito sulla poesia. Doug sostenne con forza che per la vera poesia, per scriverla e gustarla, ci vogliono le teste migliori. A questo punto Davis interruppe: — Tony è ancora al timone.

La discussione cadde e i ragazzi si sbrigarono a mangiare, per poter dare il cambio al compagno.

Poi Davis si diede da fare intorno all’apparecchio a onde corte, per captare un po’ di musica. Deirdre servì Tony e chiacchierò con lui mentre pranzava. Terry salì sul ponte e camminò avanti e indietro, mentre l’“Esperance” filava nella notte.

Dai discorsi dei giovanotti non era riuscito a cavare nulla di indicativo. Come qualsiasi altro tecnico, Terry sarebbe rimasto affascinato da un problema tecnico che presentasse particolari difficoltà, ad esempio se si fosse trattato di far funzionare qualcosa che non funzionava. E invece gli uomini dell’“Esperance” non si occupavano affatto di questioni del genere. Nei loro discorsi non era affiorato niente che potesse attirare una mente tecnica e spingerla a trovare una soluzione. Il problema dell’“Esperance”, ammesso che fosse un problema, gli risultava sempre più vago.

Primo elemento: “La Rubia”. Poi la menzione di Davis di una carta del fondo della Fossa di Luzon. Davis aveva parlato con una certa familiarità delle “orejas de ellos”, però nessun mezzo della Marina militare avrebbe collaborato in una ricerca riguardante una superstizione a cui non credevano più nemmeno i pescatori. La flotta di pescherecci delle Filippine era moderna ed efficiente. I pescatori usavano tranquillamente i detector subacquei senza ombra di paura, e quando parlavano di “ellos” erano di fatto sullo stesso piano dell’americano quando dice “tocchiamo ferro”: e al giorno d’oggi né i pescatori né l’americano danno ai rispettivi scongiuri un significato particolare.

Deirdre salì sul ponte per sostituire Tony al timone. L’“Esperance” proseguiva la sua corsa. L’ultimo quarto di luna brillava basso all’orizzonte, e il satellite sembrava più grande e più vicino alla terra che nei climi temperati. Le luci di posizione dello yacht brillavano nella notte, rosse e verdi.

Terry si avvicinò alla ragazza.

— Sto cercando di capirci qualcosa — le disse. — Vostro padre, per esempio… qualcosa ha destato la sua curiosità, e lui ha deciso di soddisfarla. Ho il forte sospetto che a un certo punto si sia annoiato di far soldi e abbia deciso di prendersi una vacanza.

— Bravo! È quasi vero. Però è spinto molto più dall’interesse che dal divertimento.

Terry annuì a sua volta.

— L’avevo immaginato. È sintomatico che siate ricorsi a marinai dilettanti piuttosto che assoldare un equipaggio regolare. Questi giovanotti che avete a bordo considerano la cosa come un’affascinante avventura nell’assurdo e terranno la bocca chiusa se nel corso della crociera capiterà qualcosa che sappia di informazione utile.

— Questa crociera è una iniziativa personale di mio padre — disse in fretta Deirdre. — Non è affatto una spedizione ufficiale, e non siamo quindi alla ricerca di informazioni a carattere ufficiale. Il viaggio dell’“Esperance” è una faccenda privata.

— Ma potrebbe risolversi in qualcos’altro — ribatté Terry. — E secondo me, tutto questo mistero nei miei confronti dipende dal fatto che voi e vostro padre volete che io scopra la cosa da solo, perché, se me la diceste voi, io la troverei una pazzia.

Deirdre non rispose.

Un movimento alle spalle di Terry, e Davis salì in coperta.

— C’era della magnifica musica — disse scherzosamente. — Hai perso dei suoni interessanti, Deirdre! E anche voi, Holt.

— Il signor Holt ha deciso che noi ci vergogniamo un po’ della nostra impresa e che non gliene parliamo per paura che rida di noi — disse Deirdre.

Terry protestò: — Non è vero! Non è così!

— Una quarantina di persone sono state uccise da qualcosa di inesplicabile — disse Davis, — e non sappiamo quanti altri abbiano fatto la stessa fine, o la faranno in futuro… Non mi sembra un argomento da prendere alla leggera.

Parlando, guardava in direzione di terra. Una luce brillò, si spense, riapparve e di nuovo sparì. Un minuto dopo ricomparve, svanì, brillò di nuovo due volte. Era lontanissima. — Cambiarne rotta, Deirdre — disse Davis, in tono diverso.

— Sai qual è la nuova direzione.

La prua dell’“Esperance” abbandonò la stella che la guidava e puntò su un’altra. Davis si occupò delle vele. Ora il panfilo sbandava leggermente, e lo sciabordìo dell’acqua contro lo scafo aveva un suono diverso. Il cielo sembrava più ampio e più remoto che dalla terraferma. La scia del battello si allungava luminosa e azzurrognola. Anche la luna era strana, fredda ed enorme: e a-desso aveva un aspetto incombente e minaccioso. Sembrava vicina come la si vede a un telescopio di media potenza.

L’“Esperance” era un punto solitario nell’oceano.

Con l’arrivo del sole, dell’alba seguente, la sensazione di solitudine si dissolse.

Né terra né navi in vista. Ma la terra non doveva essere lontana: i gabbiani si libravano alti, lanciando le loro grida rauche, e le onde sembravano giocare a rincorrersi sotto il sole. Poco prima era stata fissata una base metallica sul ponte, e ora un pesante albero allungabile si levava fino alle crocette. All’estremità dell’albero ruotava monotono una specie di cesto. Un normale radar. Niente di insolito nello strumento, tranne il modo in cui era stato montato. Comunque, un albero smontabile era più che giustificato a bordo di uno yacht.

Il lavoro di bordo procedeva normalmente. Doug e Jug lavavano il ponte, e gli altri due facevano brevi apparizioni sopracoperta per poi tornare a scomparire. Davis, al timone, fumava tranquillamente. Terry si sentiva un essere inutile e a disagio.

— Potrei fare qualcosa? — domandò a un certo punto.

— Dovete essere voi a decidere — disse Davis.

— Allora potrei vedere cosa si può fare per quel rivelatore subacqueo.

— Per me va benissimo — approvò Davis. Ma non gli fece premura.

Terry aspettò un momento. Sì, il bizzarro gruppetto dell’“Esperance” era in cerca di qualcosa, qualcosa di importante. Ma Terry era un estraneo fra loro, e lo sarebbe rimasto finché non avesse collaborato attivamente.

Tirò fuori i suoi arnesi e tutto il materiale che gli serviva. Inutile costruire un registratore: ce n’era uno già pronto. Il resto non avrebbe presentato gravi difficoltà. Si cercò un posto per lavorare e si mise all’opera. In linea generale era un lavoro semplice. Un rivelatore subacqueo era fatto per captare i suoni sottomarini. Bisognava modificare un microfono e sistemarlo entro un avvolgimento impermeabile. Il ricevitore avrebbe raccolto i suoni, fissandoli inoltre sul nastro magnetico e nello stesso tempo trasmettendoli per l’ascolto diretto. Dopo di ciò occorreva mettere insieme un apparecchio che ritrasmettesse i suoni registrati sott’acqua. Questo richiedeva un amplificatore subacqueo, per dare ai suoni maggiore potenza. Non è difficile produrre un suono sott’acqua: se si battono insieme due pietre, un nuotatore sente il rumore a più di un chilometro e mezzo di distanza. Però un amplificatore che deve riprodurre determinati suoni ha bisogno di molta energia; molta più energia di quanta ne occorre ad un altoparlante piazzato in strada a New York che deve comunicare qualcosa nel pieno del traffico dell’ora di punta.

Terry modificò il microfono, facendone un ricevitore sottomarino: un’“oreja de ellos”. Poi passò a costruire l’amplificatore.

Lavorava seduto a gambe incrociate, sotto il sole, sulla tolda dell’“Esperance” non lontano dall’insolito argano del battello.

Nick salì sul ponte e parlò a Davis. Terry non poteva sentire cosa si dicevano, però capiva che Davis dava degli ordini.

L’“Esperance” cambiò rotta e i quattro marinai improvvisati orientarono le vele per sfruttare al massimo il vento nella nuova direzione. Il panfilo fendeva le onde tutto inclinato su un fianco, come una imbarcazione da corsa, e Terry dovette rincorrere le sue attrezzature per impedire che si infilassero negli ombrinali. Guardò in su. Deirdre spiegò: — Il radar ha segnalato una imbarcazione, molto probabilmente “La Rubia” di ritorno a Manila. Non vogliamo che ci veda.

— E perché? — chiese Terry, stupito.

— Abbiamo intenzione di dare un’occhiata nella zona dove pensiamo che il peschereccio trovi tutto quel pesce — rispose Deirdre.

— È già abbastanza strano che peschi tanto, ma sono ancora più strani i pesci che a volte pesca.

— Cioè?

Deirdre si strinse nelle spalle. Poi riprese, cambiando discorso:

— Il capitano de “La Rubia” vorrebbe essere l’unico a possedere il radar e invece, voi ne sapete qualcosa, ce ne sono tanti altri. Perciò, quando vede un radar pensa sempre a un concorrente. Quindi preferiamo che ci ignori. Comunque, quando mio padre incominciò a interessarsi de “La Rubia” e della sua pesca riuscì a scoprire dove si dirigeva il battello quando sfuggiva al controllo degli altri pescherecci. L’informazione che lo portò a questa scoperta era del tutto ufficiosa, ben inteso.


Terry riprese il lavoro, mentre l’“Esperance” proseguiva la sua corsa. Niente terra in vista. In alto planava un albatros, tenendo d’occhio l’“Esperance” come possibile fonte di cibo. Quando Terry tornò a cercarlo, era scomparso. A un tratto ci fu un ribollire di acque, e uno stormo di pesci volanti balzò dalle onde con un battito rapido di pinne, poi si rituffò nell’oceano molti metri più in là.

Comunque, niente di notevole. Terry mise insieme i vari pezzi, li saldò, li provò.

A mezzogiorno aveva costruito un potente amplificatore. Deirdre intanto preparava il pranzo. La cambusa dell’“Esperance” era fornitissima.

Dopo pranzo lo yacht cambiò di nuovo rotta, prendendo una direzione che a un certo punto gli avrebbe fatto incrociare la rotta originale.

Terry era irritato. Aveva cominciato a lavorare con la speranza di conquistare la fiducia di Davis, eppure anche le sue domande più elementari continuavano a restare senza risposta. Davis e Deirdre avevano parlato di pesci strani a proposito de “La Rubia” e lui non capiva perché si ostinassero a non volergli spiegare di cosa si trattava. Terry si ripeteva con rabbia che in fondo lui era venuto di sua volontà sull’“Esperance” e che quindi era l’ora che gli dicessero tutto… o per lo meno tutto quello che sapevano i membri dell’equipaggio.

Nel pomeriggio, a prua, ci fu concerto di chitarra, e Doug si issò sul bompresso con un libro di poesia. Poco dopo Nick sedette accanto a Terry, guardandolo pieno d’interesse mentre metteva assieme i misteriosi elementi elettronici. Quando ebbe finito, Terry non perse tempo a contemplare la sua opera e si dedicò subito alla scatola impermeabile per il trasmettitore. Tutto l’apparato elettrico doveva venire protetto dall’acqua in modo da lasciare a contatto con il mare solo il diaframma. La cassetta a tenuta stagna risultò un po’ goffa nell’aspetto, ma funzionava e il trasmettitore emetteva rumori assordanti.

A questo punto, Terry collegò il ricevitore subacqueo con il registratore, gettò l’apparecchio fuoribordo e poté fissare sul nastro le varie voci del mare: lo sciabordio delle onde contro lo scafo dell’“Esperance”, il mormorio degli spruzzi, e i mille deboli rumori indistinti prodotti da chissà cosa.

— Volete controllare il volume, per favore? — Terry indicò la quantità di volume che non doveva essere superata. Nick fece cenno di sì con la testa. Terry lo guardò e disse: — Voglio battere la pala in mare e sentire che razza di rumore ne viene fuori.

Nick esitò. Poi disse, un po’ a disagio: — Aspettate un attimo. Si avvicinò a Davis, che sonnecchiava al timone. Deirdre si unì ai due uomini partecipando alla discussione che pareva molto seria. Poi s’accostò a Terry:

— Mi dispiace dirvelo — gli spiegò, con evidente imbarazzo, — ma mio padre pensa che sarebbe meglio provare la pagaia in acque basse. È lo stesso per voi?

— No, non è lo stesso! — scattò Terry. — Non è lo stesso, poiché non mi è permesso sapere il motivo di quello che devo fare! Riunì i suoi arnesi e i pezzi non utilizzati e indicò gli apparecchi già pronti.

— Qui c’è quello che vostro padre voleva. Appena sarà collaudato vi chiederò di farmi sbarcare — disse, e scese sottocoperta, pieno di rabbia. Nessuno andò a spiegargli le ragioni di Davis, e neppure a dirgli di fare come preferiva. Si sentiva come un bambino al quale è stato proibito di giocare con i suoi coetanei, e che è stato escluso dal mondo dei suoi compagni. Era sempre più irritato. L’“Esperance” era impegnata in un’impresa importante, lui si era unito a quegli uomini per collaborare con loro, e quelli continuavano a non dirgli niente. Terry non era tipo da fare le cose alla cieca. E poi il fatto che Deirdre si trovasse a bordo e fosse al corrente del segreto mentre lui ne era escluso, costituiva per Terry un vero e proprio insulto.

Il giovane provava per Deirdre il vivo interesse che un uomo prova per una, due, o al massimo tre ragazze in vita sua. Non era ancora vero affetto, ma Terry ci teneva a far bella figura nei suoi confronti e provava un enorme interesse per tutto quello che la ragazza diceva o faceva.

Sul tavolo della cabina di poppa, c’era un libro aperto e lui gli diede un’occhiata. Infilati fra le pagine vide tre o quattro fotografie e un ritaglio di giornale. Il volume era un testo di fisica per laureati, il che significava che nel libro era ampiamente trattata anche l’elettronica.

Sempre irritato, Terry esaminò le foto. Nella prima compariva un oggetto sferico di plastica trasparente, a quanto pareva di piccole dimensioni, completato da numerosi elementi metallici chiaramente visibili attraverso l’involucro. Forse si trattava di un apparecchio elettronico, però non si vedevano allacciamenti di contatti e le parti inferiori erano assolutamente misteriose. La seconda e la terza fotografia riproducevano un altro oggetto molto simile al primo : si differenziava soltanto per alcuni piccoli particolari. La quarta era una veduta dell’oceano presa da un aereo. Si vedeva l’orizzonte in un angolo, e al centro spiccava una massa bianca irregolare. Esaminandola più attentamente si vedeva che era schiuma. Però sembrava schiuma ammucchiata artificialmente sulla superficie del mare. Se l’acqua intorno era l’oceano, e lo era, e le creste visibili erano quelle delle onde, e lo erano, il mucchio di schiuma doveva essere largo centinaia di metri e alquanto alto sulla superficie. Ma la schiuma non si ammassa in quel modo in mare aperto, soprattutto non in modo duraturo.

In margine alla foto era segnata la data di tre giorni prima, e i gradi di longitudine e di latitudine.

Terry si volse verso lo scaffale delle carte nautiche, ne prese una, controllò la posizione e la trovò indicata da un segno a matita. Era vicino all’isola Thrawn, proprio ai margini della Fossa di Luzon: quella enorme depressione sottomarina in cui potrebbe sprofondare la catena dell’Himalaia tutta intera e neanche la cima dell’Everest spunterebbe dalle acque.

Tornò al libro ed esaminò il ritaglio di giornale: un quotidiano di Manila vecchio di due anni. L’articolo ritagliato parlava, in modo piuttosto scettico, di un rapporto dell’equipaggio di un veliero che aveva fatto scalo in quel posto. Navi a vela sono rare oggi ed erano rare due anni fa. Il battello in questione riferiva di aver avvistato in mare un’altra imbarcazione dello stesso tipo, che aveva invertito la rotta per poter comunicare con loro. Il veliero rientrato a Manila sosteneva che quando l’altro legno era appena a due miglia da loro, in mare era apparsa una schiuma bianca e un getto candido era sprizzato a più di nove metri di altezza. La prua dell’altro vascello era stata avvolta dalla schiuma, e di colpo prora e alberi si erano inclinati in avanti, e l’intero battello era svanito nella spuma bianca, come inghiottito, da un baratro. Non era affondato. Era precipitato, “caduto” sott’acqua, sotto la spuma, per meglio dire, con le vele ancora spiegate. Un attimo prima filava col vento in poppa. Un istante dopo non c’era più.

L’equipaggio del veliero aveva dato la posizione approssimativa dell’avvenimento incredibile. Coincideva con le coordinate scritte sulla foto della spuma presa dall’alto. Ai margini della Fossa di Luzon.

La collera di Terry era sbollita. I motivi per essere irritato sussistevano, ma adesso lui voleva saperne di più su quell’avvenimento e sulle enigmatiche sfere di plastica. Quegli strani oggetti incomprensibili avevano certo uno scopo e Terry intendeva scoprirlo. E poi c’era quel ritaglio di giornale…

Avendo proclamato a gran voce di voler essere sbarcato appena collaudato il suo apparecchio, Terry ora si sentiva in imbarazzo. Gli seccava dover dire che aveva cambiato idea… Perciò restò sottocoperta, furibondo con se stesso. Nessuno si fece vivo. Neppure Deirdre per il pranzo. Venne il tramonto. Molto dopo Terry avvertì finalmente qualche rumore sul ponte e gli giunse il suono di una voce che sembrava stranamente lontana. L’“Esperance” mutò bruscamente rotta, e anche il ritmo del rollìo cambiò.

Terry salì sul ponte. Le ultime luci del crepuscolo erano svanite da un pezzo, ma la luna non aveva fatto ancora la sua comparsa. Qua e là il luccichio di un’ondata, una luminescenza azzurra. A volte un bagliore bluastro sott’acqua, dove guizzava qualche pesce. Ma era raro. Nonostante la scia luccicante dello yacht e le creste bianche delle onde, l’oceano sembrava più nero del solito. Dalla coffa veniva la voce di Nick, lontana e fantastica come se arrivasse dalle stelle.

— … a poppa… Due gradi… Terry vedeva l’albero maestro ondeggiare contro le stelle, e in alto, una minuscola sagoma scura: Nick. Il panfilo cominciò a rollare. Sul ponte gli uomini si muovevano svelti, allentando o stringendo le cime. Ancora la voce di Nick, dall’alto.

— Pronti! L’“Esperance” smise di rollare. Grandi spruzzi d’acqua si sollevarono lungo le fiancate del panfilo che ora filava col vento in poppa.

Per qualche minuto nessuno parlò. Tony era al timone, e Davis stava accanto a lui, vicino alla bussola. Il padre di Deirdre guardava lo strumento, poi l’orizzonte, e poi in alto dove Nick sembrava dondolare tra le stelle.

— Dri-i-izza! — gridò Nick da lassù. — E avanti così!

L’“Esperance” balzò in avanti. Le onde arrivavano dal niente, lambivano i fianchi dello scafo e tornavano” a scomparire nel nulla. La sensazione di movimento era cessata e adesso il legno sembrava fermo nello stesso punto. Eppure a poppa si allungava una scia tortuosa, e a prua si levavano due baffi di spuma.

Poi sul mare apparve un vago chiarore, giù, ai limiti dell’orizzonte, sempre più intenso man mano che l’“Esperance” avanzava. Poco dopo il fenomeno fu chiaramente visibile.

Proprio di fronte alla prua del battello, il raggio del fanale rivelò d’improvviso uno spettacolo incredibile. Finora c’erano stati radi bagliori in acqua, pochi pesci che guizzavano di sotto la chiglia dello yacht. Ma ora l’intera superficie dell’oceano scintillava di migliaia e migliaia di pesci, tutti radunati in un cerchio del diametro di un miglio. L’“Esperance” si avvicinò e strinse il vento per poter meglio osservare.

Da un punto a cinquanta metri circa dall’imbarcazione, cominciava il brulicare di milioni di esseri frenetici che guizzavano stretti l’uno all’altro, fittissimi, pinna contro pinna. E non soltanto in superficie. Dal ponte dello yacht si scorgevano le sagome luminose fin nel profondo, fin dove le acque limpide permettevano di vedere. Una colonna caotica e scintillante in movimento. Un vasto cerchio di spessore indeterminato denso di pesci in agitazione. Al margine della zona luminosa le creature del mare si muovevano pazzamente, in una specie di parossismo. Delle grosse sagome luminose balzavano, fantastiche, dalle acque, più e più volte, finché ricadevano nel punto dove il bagliore era più vivo, e si perdevano nella massa. Alcuni fuggivano nelle onde nere intorno, come presi da un terrore folle. Ma erano pochissimi. I più turbinavano impazziti al centro del cerchio di luce. C’erano persino delle focene che fuggivano in preda al panico, senza nemmeno cercare di afferrare uno dei pesci guizzanti intorno a loro.

Загрузка...