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Sofia chiuse per un attimo gli occhi, le sembrava che ogni parola sottolineasse la sua complicità. Continuò a lavare i pomodori come se nulla fosse.
«Oh sì, ma anche voi uomini quando volete…»
«Già. Hai ragione.» Stefano rimase ancora un attimo in silenzio. «Be’, buona serata. Ci vediamo mercoledì.»
E uscì dalla cucina.
Sofia fu presa da un attacco di rabbia, appoggiò le mani al lavandino, fece cadere l’insalata nel lavabo, poi ci buttò dentro con forza anche i pomodori. Sentì Stefano che diceva qualcosa ad Andrea in salotto, si salutarono e alla fine sentì chiudere la porta di casa.
Si asciugò le mani sul telo appoggiato alla maniglia del forno, prese il telefonino dalla borsa e corse a chiudersi in bagno. Fece subito il numero e aspettò nervosa che lei rispondesse.
«Ciao, Sofi!»
Non la salutò neanche. «Come ti viene in mente di dire che eri a cena con me, no, dico, come cazzo ti viene in mente quando sai che Stefano sta sempre qui da noi…»
«Ma di te mi posso fidare!»
«Ma io no di te! Sai cosa ha fatto tuo marito? Mi ha chiesto com’è andata ieri sera la cena e dove siamo stati.»
«E tu che gli hai risposto?»
«Gli avrei voluto dire la verità!»
«Potevi dirla.»
«Ma sei fuori?»
Dall’altra parte lei sbuffò. «Invece cosa gli hai detto?»
«Che siamo stati in Prati.»
«Perfetto! Con quelli della palestra andiamo di solito da Giacomelli, oltretutto la pizza è buona e costa poco.
Sei stata credibile.»
Sofia scosse la testa. Non voleva crederci. «Ma sei completamente fuori! Tu sei sposata. Oggi festeggiate anche l’anniversario. Quanti anni?»
«Sei. Non abbiamo retto, non siamo neanche arrivati alla crisi del settimo anno.»
«Lavinia…» Poi si accorse che stava urlando e si mi-se a parlare più piano. «Ieri sei uscita con quello della palestra?»
«Sì, sono stata a casa sua, è stata una cena perfetta, bellissima divertente e poi abbiamo scopato… Anzi, mi sa che abbiamo fatto l’amore.»
«Ah bene, ieri hai fatto l’amore con uno semiscono-sciuto e oggi festeggi felice l’anniversario con tuo marito.»
«E che problema c’è?»
«Cioè, non hai sensi di colpa? Non provi niente?»
«Il senso di colpa è della nostra cultura, ce lo ha in-culcato la Chiesa.»
«Te l’ha detto lui?»
«Lui chi?»
«Lui il ragazzino.»
«Primo ha più di trent’anni e secondo si chiama Fabio. E terzo quella cosa l’ho letta. Anch’io posso avere delle mie idee senza che qualcuno me le suggerisca, non credi?»
Sofia capì che era meglio lasciar perdere. Ne avrebbero parlato di nuovo, meglio se di persona, era in bagno da troppo tempo, come se fosse lei ad avere l’amante. «Lasciamo stare, Lavi, ne parliamo un’altra volta.»
«Certo.»
Poi Sofia ci pensò su. «Non so se Stefano ha qualche sospetto…»
«Credo che qualcosa abbia capito. Comunque forse glielo dirò.»
A Sofia caddero le braccia. «Aspetta almeno che ne parliamo io e te di persona!»
La sentì ridere dall’altra parte. «Ok, va bene, presto però, entro la prossima settimana, se no non ti prometto niente. Piuttosto, tu l’hai sentito l’uomo del desiderio? Quello che ti fa tradire Andrea con il pensiero?»
Sofia rimase un attimo sorpresa, poi capì che si riferi-va a Tancredi. «No, per quanto riguarda me puoi stare tranquilla.»
«Oh, io dormo serena. Fammi sapere quando ci esci però!»
«Non prima che tu abbia un figlio maggiorenne che reputerà sua madre una santa.»
«Sì, sì… Mai dire mai.»
Scherzarono ancora un po’, poi attaccarono. Sofia chiuse il telefonino, lo poggiò sul bordo del lavandino poi lasciò scorrere l’acqua, ci immerse le mani e si lavò la faccia. Si sciacquò più volte. “Ma cosa sta accadendo? Come può una donna rinnegare tutte le sue scelte?
Lavinia sembrava così sicura del suo rapporto…” Poi rivolse quelle stesse domande a se stessa. “Sono sicura di essere così innocente? Sono sicura che io non ci ca-scherò mai? No, io no. O almeno non lo farò in questo modo.” E già il fatto di tornare a pensarci, di aver trovato comunque una via d’uscita, la fece sentire colpevole.
Andò in salotto, sperò solo che Andrea non avesse sentito la sua conversazione con Stefano. Lui sapeva perfettamente che la sera prima non era uscita.
«Che ne dici di una frittata patate e zucchine e di un’insalata con pomodori?»
Andrea era d’accordo. «Metti qualche cipolla nella frittata?»
«Ok.»
«E un po’ di mais nell’insalata. Anche le olive!»
Sofia era già in cucina. «Ok, anche le olive!»
Poco dopo erano a tavola. Sofia aprì una birra per lui. Andrea invece le versò dell’acqua leggermente friz-zante. Mangiarono in silenzio, scambiandosi qualche battuta.
«Come è andata oggi?»
«Benissimo.»
«Fa caldo, vero… O sono io che sento caldo?»
«Oh, io sto bene, forse lo senti perché ti sei mossa in cucina.»
«Vuoi il dolce?»
«No, solo della frutta, grazie.»
Andarono a dormire presto. Qualche auto passava lontano sulla tangenziale. Andrea aveva smesso di leggere e spento la luce. Lei era girata dall’altra parte. Do-po un po’ Andrea buttò lì un «Buonanotte» tanto per vedere se già dormiva.
«A te, amore. Dormi bene.» Sofia era ancora sveglia.
Rimasero così nel silenzio dell’oscurità. Dalle tapparelle della finestra entrava un po’ di luce della luna. Dopo un po’ gli occhi di Andrea si abituarono al buio della stanza. Ora era in grado di vedere l’armadio, il tavolo, la poltrona, la sua sedia a rotelle. Nel buio però era come se quel silenzio pesasse, c’era una strana attesa, era co-me se, per potersi addormentare, servisse una frase con-clusiva. E infatti a un tratto quelle parole arrivarono.
«Non farmi mai una cosa del genere.»
Sofia si morse le labbra. Quindi Andrea aveva sentito tutto, anche come lei aveva mentito a Stefano. Quindi ora la riteneva capace di mentire. Cosa poteva rispon-dergli? Poteva far finta di essersi addormentata? Non sarebbe stata credibile. No, doveva trovare una risposta che mettesse tutto a tacere, che cancellasse ogni dubbio, ogni ombra. Avrebbe detto la verità, l’unica cosa che non le andava stretta.
«Quando non ti amerò più, se mai accadrà, ti lascerò.
Non aspetterò certo un altro uomo per avere il coraggio di farlo.» Poi si girò verso di lui. «Ora non ti far venire strane idee. Non essere inutilmente geloso e non mi paragonare mai a lei. Mi sentirei offesa. Sai quanto è sempre stata importante per me la mia dignità. Il solo fatto di nasconderti qualcosa e di mentire mi farebbe schifo.»
Poi Sofia si voltò di nuovo dall’altra parte. Rimasero per un po’ in silenzio. Lei pensò che era stata dura ma era necessario. Il silenzio continuava.
Poi Andrea parlò. «Sai, molto spesso sono solo e allora vado su internet, sui blog, e leggo mille di queste storie, chi è rimasto deluso, chi ha tradito… Mi doman-do, se c’è un Dio, come si sente? Lui che sa tutte le nostre difficoltà, i nostri desideri, che vede le continue piccolezze di noi uomini.»
«Se c’è, di sicuro si annoia. Anche tu non dovresti occupartene. Ci sono cose più belle e c’è della gente migliore.»
«Sì. Ma si nasconde molto bene.»
Smisero di parlare. Era come se tutti e due fossero amareggiati. Tutto quello che era accaduto non avrebbe dovuto riguardarli da vicino e invece aveva toccato anche loro. Andrea girò lo sguardo dall’altra parte.
«Non c’è niente da fare. La vita è sporca.» E rimase a fissare il soffitto con la mente vuota fino a quando non si addormentò.
Sofia posteggiò l’auto, prese la borsa e poi scese. La chiuse con il telecomando e cominciò a camminare veloce verso l’Insalata Ricca. Infilò il braccio negli anelli della borsa, facendola scivolare sulla spalla destra. Dentro aveva gli spartiti per i suoi ragazzi. “Voglio proprio vedere quali altre novità ci sono nella sua vita, se mi deve far litigare di nuovo con Andrea per qualche bella pensata… Se non altro ha scelto un posto vicino a dove insegno, così quando finiamo non dovrò neanche prendere l’auto. Almeno questo.”
Entrò nel ristorante. C’erano molti giovani, i libri appoggiati sul tavolo, probabilmente degli universi-tari che andavano a studiare in qualche biblioteca lì vicino.
“Oddio.” Le venne un altro pensiero: “Non è che mi ha portato qui per presentarmelo? Le ho detto che non voglio saperne più nulla”. Proprio in quel momento la vide. Era da sola a un tavolo in fondo al locale. Anche Lavinia la vide e la salutò. Sofia fece uno slalom tra i tavoli, poi la raggiunse e si sedette di fronte a lei.
«Ciao. Per un attimo ho temuto…»
Lavinia sorrise. Poi prese in mano il menu. «In effetti ero molto indecisa se portarlo o no…»
«Ma…»
Lavinia la fermò. «Poi mi sono ricordata che non vuoi assolutamente conoscerlo e che io non ti devo più mettere nei casini… Così non l’ho portato.»