13. Apocephalon

Prima dell’alba cadde la pioggia. Per ragioni inesplicabili le cupole che servivano per il controllo dell’atmosfera non funzionarono. La pioggia cadde indiscriminatamente sulla città di Cosmopoli. Non pioveva soltanto sui parchi e sulle aree prescelte: pioveva sull’intera città. Sembrava quasi naturale che la pioggia cadesse dove preferiva: le cupole aeree, per una negligenza degli umani, o dei Programmati, non erano state azionate, tutto qui. Una cosa simile non accadeva da un secolo, a Cosmopoli. Prima il carnevale e le selvagge aberrazioni della notte, e ora questa pioggia capricciosa e sconcertante, anche se si trattava di poche gocce.

Le Guardie programmate erano nervose, e avevano ucciso per sbaglio alcuni umani. Forse la cosa aveva destato qualche risentimento, ma le macchine non avevano fatto altro che seguire la loro programmazione. Quando la gente agisce stranamente e in modo insolito, cosa possono fare le Guardie programmate, se non agire in conseguenza?

Fabian Foreman fece visita a Thomas all’alba, quando cominciò a cadere la pioggia. Trovò che Thomas era stranamente calmo, per uno che doveva morire quello stesso giorno. I due si studiarono a vicenda, a lungo, e ognuno si chiedeva di quanti gradini l’altro lo avesse sopravanzato nei suoi progetti.

— Hai procurato alla gente un autentico carnevale, Thomas — disse Foreman. — Non credevo che fossero ancora capaci di tanto! Hanno celebrato una sfrenata veglia funebre in tuo onore, o forse in onore di se stessi. Ci sono state pochissime esecuzioni capitali negli ultimi decenni, ma a nessuna la gente ha partecipato con tanto entusiasmo. Tu sei una figura estremamente vivace e pittoresca, per loro, tanto più che ti hanno eletto Presidente del Mondo. Vedono in tutto questo qualcosa che ti calza a pennello, come se tu fossi nato apposta per morire così sanguinosamente. Gli applausi saranno tutti per te, Thomas!

— Oh, accidenti a te, Foreman! Ho visto molte più esecuzioni di te. Il popolo si agita sempre, come un pesce davanti a un’esca, come la grande idra demonio che poco tempo fa si agitava davanti a un’esca molto più grande. è la morte che li attrae, la morte prematura. Adorano veder morire un uomo.

— No, Thomas. Vi sono nella sola Cosmopoli più di ottomila decessi volontari al giorno. Quasi tutti sono aperti al pubblico, e non c’è mai nessuno ad assistervi. E non perché siano monotoni: molti di coloro che decidono di morire si studiano delle morti sanguinose, interessantissime. C’è una vera e propria gara a inventarsi la morte più fantasiosa. Il fascino non consiste nel vedere un uomo che muore: è nel vedere un uomo che muore contro la sua volontà.

— Rimarranno soddisfatti, Foreman. Se prendo questa strada, non la prendo certo di mia volontà. L’altra strada, invece, quella di darsi volontariamente la morte, non la prenderei mai. Non posso capire come un uomo possa accettare la propria fine con tanta tranquillità. E tuttavia, c’è un intero gruppo che afferma che il mondo finirà stamattina, e la prendono con molta calma. Anche se erano un po’ rumorosi, la scorsa notte. Si dice che ci sarà una gran folla qui attorno, prima di mezzogiorno. Dovrei sentirmi orgoglioso perché la più grande folla della mia vita sono riuscito a radunarla per la mia morte?

— Quel gruppo di cui tu parli ha ragione, Thomas. Questo mondo, Astrobia (e la sua vecchia appendice, la Terra) finirà oggi. Non c’è niente che possa impedirlo. Sta morendo, e morirà. Ormai è in articulo mortis.

— Oh, bene, allora immagino che un po’ di uomini onesti dovranno mettersi insieme e dare inizio a un nuovo mondo. Anch’io ho qualche idea in proposito.

— Peccato: tu sarai morto e non ti sarà possibile metterla in pratica. Bene, come si fabbrica un mondo, e come lo si mette in moto? George, che è nel commercio delle spezie, dice che all’inizio un siriano trova un dromedario, e insieme ricominciano il mondo. Quanto a me, io credo che ogni nuovo mondo germogli sempre da un singolo granellino di pepe. E sarò io a piantare un granellino di pepe, esattamente alle nove di questa mattina. Mi aspetto che ne nasca un nuovo mondo, e spero di essere vivo per godermelo.

— Hai una faccia da cane bastonato, Foreman, come se fossi tu quello che deve morire oggi.

— Potrebbe facilmente accadere anche a me, Thomas. Ci saranno delle reazioni violente, e chiunque si trovi sul palco correrà il rischio di rimetterci un braccio, o la vita. Ma cos’è quella strana roba che stai mangiando, Thomas?

— La mia colazione. Mi hanno chiesto cosa volevo come ultimo pasto; credo che così voglia la tradizione. Ho risposto che bramavo mangiare le cervella dei miei nemici, i Programmati. E allora mi hanno portato questo. è un intruglio di gelatina polarizzata per memorie. Dev’essere una componente, la componente non umana, del cervello dei Programmati. I popoli primitivi mangiavano il cervello dei nemici e ne acquistavano l’intelligenza e la forza. Ma dubito di poter acquistare intelligenza, e men che mai umorismo, da questa scodellata di cervelli nemici. Hanno un pessimo sapore, ma la gente e le Cose, su Astrobia, prendono sempre tutto alla lettera.

— I Programmati non sono i nostri nemici, Thomas — dichiarò Foreman. — Sono soltanto ombre di noi stessi, o di qualcuno fra noi. E inoltre, non è detto che quelle spaventose cose umane di cui sono le ombre siano veramente nostre nemiche.

«Thomas, ci sono cose che vorrei farti sapere, prima della tua morte. Prima di tutto, la tua morte è assolutamente necessaria, anche se vorrei proprio che non lo fosse.»

Thomas stava studiando Foreman con occhio guardingo. Che Foreman (nominato Supervisore Supremo dell’Esecuzione) sospettasse del tentativo di salvarlo, da parte dei «duri» di Cathead? E se lo sospettava, aveva importanza? Foreman era l’amico più intimo di Thomas nella Dorata Astrobia (contrapposta a Cathead e al Barrio), e non era un sostenitore dell’Ideale di Astrobia, a differenza degli altri Grandi. Ora sembrava mostrare un tranquillo disprezzo nei confronti dell’Ideale. Per quale ragione, allora, ribadiva la necessità della sua morte? Fino a qual grado di sottigliezza giungeva la mente di quell’uomo?

— Non è una metafora l’affermazione che i mondi oggi finiranno, Thomas — continuò Foreman. — O almeno, non lo è del tutto. I mondi muoiono periodicamente. Mi chiedo come mai nessuno, oltre a me, se ne sia accorto. Un mondo diventa un arco con la corda floscia, o un cadavere con i muscoli flosci. Tutta la vita, il calore, i battiti, si estinguono. E il mondo muore, muoiono gli uccelli, le piante, le rocce, gli animali, gli uomini che lo abitano. C’è la morte in ogni montagna, in ogni mare, in ogni nuvola. La sua gravità, la sua luce, il suo calore, la sua vita… i germi stessi della vita, il suo significato e il suo scopo, tutto si estingue in un attimo. La vita cessa, scompare.

«Non so cosa accada, dopo. Non ho mai assistito personalmente a un simile avvenimento, anche se conto di presenziarvi oggi stesso. Ma prima pianterò un granellino di pepe, un seme minuscolo. E potrà nascerne qualcosa, non su questo mondo ma nel vuoto, e potrà dare un mondo completamente diverso. E credo che non ci vorrà più di un attimo.»

— Fabian, ne hai bevuti parecchi stamattina! — Thomas scoppiò a ridere, ma soffocò il suo riso in un sogghigno. Un uomo destinato a essere decapitato quello stesso giorno non dovrebbe mai ridere troppo bene. Qualcuno potrebbe sospettare che sia lui a ridere per ultimo.

Thomas aveva una carta da giocare e doveva controllare le sue emozioni. Sarebbe stata una continua tensione nervosa fino al momento critico. Non doveva rivelare neppure al suo amico Fabian che, quando la folla avrebbe cominciato a formarsi (subito dopo le dieci, due ore prima dell’esecuzione), non sarebbe stata una folla completamente disomogenea: una parte di quella folla, una solida fetta, dai bordi al centro, sarebbe stata composta dagli uomini altamente selezionati di Battersea. Avrebbero indossato le rozze vesti degli sputasangue di Cathead, le bizzarre casacche dei cittadini di Wu Town, o i raffinati addobbi della popolazione di Cosmopoli e delle Città Dorate. E in un attimo, quando Thomas fosse già salito sul patibolo, pronto a mettere la testa sul ceppo, quel segmento di folla avrebbe formato una sorta di lancia, e si sarebbe precipitato in avanti a colpire.

Lo avrebbero strappato di peso al patibolo, creando un corridoio, trascinandolo via fulmineamente, e scaricandolo in una cabina di trasporto istantanea, già pronta e programmata. Non avrebbe dovuto percorrere più di trenta metri, e si sarebbe trovato in un posto prestabilito, e poi in un altro, la cui localizzazione gli era ignota. Aveva la massima fiducia in quell’uomo tutto d’un pezzo che era Battersea, ex generale dei guerriglieri, e aveva anche la massima fiducia in se stesso. Ma non doveva tradire alcun nervosismo, se non quello che ci si aspettava da un uomo che stava per essere decapitato.

Ma… accidenti a Foreman! Dava l’impressione d’indovinare ogni cosa. — Spero che questo mio amico sia davvero un amico — disse tra sé Thomas.

E Foreman stava parlando, cautamente, e scandiva le parole come se stesse cercando con molta fatica di dirgli qualcosa. Foreman aveva dichiarato una volta di odiare la parola ineffabile: che quello che poteva essere capito, poteva anche essere detto, e che in realtà tutto poteva essere capito. E tuttavia in quel momento Foreman sembrava in difficoltà.

— Non credo che un mondo debba inevitabilmente rinascere o essere sostituito da un altro — stava dicendo. — Forse una volta era così, ma ora non più. è però inevitabile che un mondo muoia quando la sua breve vita è giunta al termine. Non credo che vi sia stato un milione di questi cicli nel mezzo miliardo di anni in cui le forme superiori di vita sono nate sui vari mondi. Ho l’impressione che i cicli fossero un tempo molto lunghi, e che si siano sempre più abbreviati. Adesso il ciclo si completa in circa cinquecento anni. E a mano a mano che i cicli si accorciano, occorre sempre più fatica perché un ciclo succeda a un altro. Ogni volta diventa sempre più improbabile che il nuovo mondo riesca a nascere.

— Cerca di chiarire meglio la tua allegoria, Fabian — l’interruppe Thomas. — Cosa mi nascondi dentro quel sacco risplendente, un gatto, una pecora o un cane?

— Un cadavere, Thomas, un corpo senza vita… il tuo, e quello di Astrobia. Soltanto questo, e forse, dopo, nient’altro. Anche se ho talune speranze, taluni progetti assai precisi.

Ma Thomas si era distratto: — Ascolta! — esclamò. — Cantano una ballata su di me, là fuori, in piazza. — E la ballata entrò sulle ali del vento:

Thomas è un dritto,

Non si sbottona,

E senza testa è migliore di te.

Ha il pelo ritto:

La lama non perdona,

E senza testa è migliore di te.

— Musica delle fogne, come quella che canterebbero i depravati fanciulli del Barrio — dichiarò Foreman, oltraggiato. — Dove sarà andata a pescare un’assurdità simile la gente civile di Astrobia? Perché non cantano qualcosa di più nobile?

— è nobile, Fabian. Ed è vera, perdio! Anche senza testa sono migliore di tutti voi che avete dato spettacolo fino adesso. Pur essendo morto da mille anni, c’è più vita in me che in tutti voi insieme. Ha la bella cadenza delle vecchie ballate, e preferisco che cantino così le mie gesta, piuttosto che in qualche altro modo sdolcinato. Sarei disposto a pagare una bella cifra, Foreman, per assistere alla mia decapitazione. Ma in questo caso il protagonista tocca il posto più brutto. Mi toccherà dare tutto quello che ho, e vedrò dalla posizione peggiore la testa che rotola.

— Un po’ di humor macabro fa bene, Thomas, ma guarda che sto cercando con molta fatica di dirti qualcosa di molto importante. Io non sono fra quei pochi che credono nell’Aldilà, Thomas, anche se ho compiuto molte prove per farmi venire la fede. Ma non hanno mai funzionato. Dirò soltanto che in tutto ciò che sta per accadere c’è qualcosa che è al di là della mia comprensione. Io osservo tutto da un punto di vista scientifico, Thomas, e cerco di usare un’unione di cosmologia, escatologia, psicologia (scomponendo la parola nelle sue radici greche) e di equilibrio isostatico tra l’intelletto e la biologia planetaria. E inoltre la compensazione logica ed etica e il vitalismo. Cerco di esaminarlo alla luce delle scienze organiche e di quelle inorganiche. Mi sono chiesto scientificamente quale sia realmente il fenomeno che qui si verifica, e ho ottenuto questa risposta: i mondi muoiono periodicamente; e, almeno nei casi precedenti, ritornano a vivere un attimo dopo. Ma i nuovi mondi non sono identici ai precedenti, poiché conservano soltanto un ricordo nebuloso e frammentario di ciò che erano un attimo prima, e la loro identità non è la stessa dei mondi precedenti. Ma il fenomeno ha una base scientifica (conosciuta e misurata), almeno a quanto ne so.

«Tu stesso, Thomas, hai preso parte alla morte di uno dei mondi precedenti. Hai qualche idea di ciò che è realmente avvenuto?»

Thomas non riusciva a capire bene a cosa mirasse Foreman. Per di più, Foreman, anche se parlava rapidamente e con la massima serietà, come se l’argomento fosse della massima importanza, sembrava stesse attento a qualcos’altro, sembrava in attesa di un segnale.

— Non è necessario che tu tenti di spiegarmi una cosa così difficile in questo momento — disse Thomas. — Se io muoio, allora, nell’istante del mio giudizio particolare, quell’Uno che ha più facilità di te nell’usare le parole mi aprirà le porte della conoscenza. Se invece non muoio, allora potremo parlarne con più calma.

— Stavo cercando il modo migliore per dirtelo, Thomas: tu morirai, questa mattina; ogni altra speranza è vana. Poiché io non credo nel Giudizio personale e neppure in quello universale, o in un qualsiasi Aldilà, non credo che ti saranno chiariti questi concetti, e perciò l’unico modo di apprenderli è quello di ascoltarmi, adesso. E voglio che tu mi ascolti.

— Oh. Per quanto riguarda la fine del mio mondo, Foreman, non ho proprio nessuna idea di ciò che è realmente accaduto. Posso proiettare la mia mente nel passato e cercare di ricostruire gli avvenimenti. Vedo la scena esattamente com’era, una casa, una città, un mondo, e mi dico che erano la casa, la città, il mondo in cui ho abitato, e che questa è la loro immagine subito dopo la mia partenza. E la cosa mi lascia perplesso. Sono veramente vissuto in quella casa e in quella città? Proprio io? Stento a riconoscere le pietre e i muri di legno, le persone che l’abitano, e tuttavia centinaia di esse hanno i nomi di gente che conoscevo bene. Non credo, come te, nella morte e nella rinascita istantanea dei mondi, ma nel mio mondo c’è stato un improvviso, drastico mutamento, più o meno nell’istante in cui la mia vita è bruscamente finita. E ne capisco molto poco.

«Foreman, vecchio falsario dalla voce melliflua, cosa vuoi dire quando affermi che io morirò questa mattina e che ogni altra speranza è vana? Dimmelo, o ti strangolo in questa stessa cella! Cosa sai, che io ignoro?»

— Niente, Thomas, niente del tutto. Non si presume forse che tu debba morire? C’è qualche dubbio a questo proposito? Chi sarebbe più felice di me se in qualche modo lo si potesse evitare?

— Foreman, tu parli con l’innocenza di un serpente che ha novantanove anni d’esperienza. Bene, continua pure con la tua storia. Io sono anche un critico di tesi storiche, un po’, e abbiamo ancora lunghe ore da passare in compagnia, prima della mia uccisione.

— Questa è un’altra cosa che cercavo di dirti il più gentilmente possibile, Thomas: non abbiamo lunghe ore, soltanto brevi minuti. C’è un ciclo, Thomas. Al tempo della nascita di Cristo, la schietta e crudele Repubblica di Roma (sotto il primo Imperatore, che si considerava un repubblicano) morì in un attimo, e un attimo dopo nacque l’Impero, già maturo. L’Impero: fu questione di un pomeriggio e di una sera. Ma tra i due mondi non c’era somiglianza: il primo, schietto e crudele, e il secondo, strano e contorto, crudele e pietoso tutt’insieme. L’Impero. Cinquecento anni dopo, accadde nuovamente. L’Impero si dissolse come brina al mattino, e fu sostituito dal Basso Medioevo, completamente diverso. Altri cinquecento anni, e l’Alto Medioevo s’insediò sul cadavere del Basso, e non vi fu mai tanta differenza fra due mondi. Dopo altri cinquecento anni l’Alto Medioevo morì (e tu con esso) e nacque qualcosa che tu non sai riconoscere, anche se portava dei nomi a te noti. E dopo altri cinquecento anni, anche quel mondo si spense. Un nuovo mondo nacque all’istante, e la prima colonia su Astrobia coincise con la rinascita. Divenne il mondo di Astrobia, mentre la Vecchia Terra perdeva la sua importanza e docilmente seguiva il nostro mondo. Questo è il mondo destinato a morire questa mattina, e il fatto mi preoccupa.

«Questa è la prima volta che il ciclo si completa su Astrobia. Ogni volta che ciò accade, la rinascita sembra essere più improbabile. Non so esattamente cosa accada quando un mondo muore: ci dev’essere, credo, un pizzico di lievito trascendente che lo fa risorgere. Qualcosa deve scatenare una reazione. Una reazione sta già prendendo forma a causa di quella che hai definito la ‘Legge per l’Interdizione dell’Aldilà’, e il sangue dell’agnello designato (tu stesso) le impedirà di sciogliersi. In precedenza cose altrettanto semplici, ma necessarie, hanno fornito il lievito. C’è l’assoluta necessità che una piccola quantità di sostanza immateriale (qualunque sia il suo nome nell’equazione) sia aggiunta alla massa, più o meno ogni cinquecento anni. Potrebbe essere una semplice necessità chimica, il cui significato ci sfugge. Io, che ho cercato una fede ma sono stato incapace di trovarla, credo che non sia nient’altro, se non questo. Ma è necessario, ripeto, che qualcosa sia aggiunto di tanto in tanto, oppure i mondi non rivivranno. La tua morte, e la reazione da essa provocata, saranno il lievito, il granellino di pepe. Lo pianteremo subito.»

Battersea, va tutto bene? Stai guardando l’orologio? Ancora poche ore.

— Dieci minuti all’ora zero! — intonò una voce meccanica.

— Bene, Thomas — disse Foreman. — Adesso possiamo avviarci alla tua fine. Vieni, vieni.

— Adesso? Ma sei impazzito? Non sono ancora le otto. Io muoio a mezzogiorno. Niente è pronto, niente…

— Il patibolo è pronto, Thomas, e anche la lama è pronta. Venite, mie brave macchine, afferratelo! C’è un po’ della stoffa dell’eroe, in lui. Mi dispiace, Thomas, ma non c’era altro modo per farlo.

— Toglietemi di dosso le vostre zampe di latta, giocattoli del demonio! Morte e dannazione, chi ha cambiato l’ora, Foreman?

— Io, Thomas. Morirai alle otto. Non c’era altro modo.

— No, io muoio a mezzogiorno! Foreman, ti rendi conto di quello che stai facendo?

— Perfettamente. È chiaro che ho indovinato i piani di Battersea. A modo suo, era un ottimo generale dei guerriglieri, ma io ero il suo comandante. Lui, per me, è sempre stato un libro aperto, e ci ho messo poco a scoprire tutti i particolari.

— Perché mi assassini, Foreman? Ti ho sempre considerato un amico. E tu non nutrì nessuna lealtà verso l’Ideale di Astrobia.

— No, non nutro nessuna lealtà verso il cadavere di Astrobia, Thomas, e sono sempre tuo amico. Ti garantisco che non c’era altro modo per ottenere lo scopo. La reazione che si scatenerà dal tuo abbietto assassinio, insieme ad altre cose che sono andate maturando per tutto questo tempo, porterà a un risultato poderoso: la riscoperta dell’umanità!… Non credi che possa servire a far risorgere un mondo, Thomas? A volte basta un urto leggero per scatenare un’esplosione.

— Dico che nessun uomo ha mai ucciso un amico soltanto per una stupida sequela di parole come la tua.

— E io ti dico che è già accaduto molte volte. Pensa agli Assassinii, Thomas, tu che sei un critico di tesi storiche. Pensa agli Eroi: non sono stati assassinati molto più spesso da amici che da nemici? E probabilmente qualcuno di loro è stato perfino assassinato col suo consenso.

— Io non dò il mio consenso.

— Quando tutto il resto non aveva funzionato, quando un intero programma era risultato inutile, quando l’eroe sarebbe stato più utile morto che vivo, allora i suoi amici facevano di lui un eroe morto, per il suo bene e per il bene del programma. Potrei citarti una decina di casi famosi, ma non lo farò: anche dopo tanti secoli, sono guastati da troppa tendenziosità… Thomas, amico mio! Mi strangoleresti, se riuscissi a liberarti! Tenetelo ben stretto, guardie, e ora portatelo fuori. Bisogna fare in fretta, o qualcosa potrebbe rovinare tutto.

— Vatti a fidare degli amici — rantolò Thomas, mentre cercava di svincolarsi dalla stretta delle Guardie programmate. — Perché hai scelto me, Fabian? Perché mi hai fatto venire? Per questo?

— Tu eri l’unico uomo onesto fino alla fine che mi sia venuto in mente, Thomas, e ne ho presi parecchi in considerazione. Ne avevi già dato un esempio: ostinazione a essere onesto fino alla morte, per un principio che tu stesso non capivi completamente. Ho pensato che, avendolo fatto una volta, lo avresti ripetuto, se le stesse circostanze si fossero ripresentate. Ho pensato che avevi un certo magnetismo personale, che eri già diventato un simbolo e che lo saresti diventato ancora una volta. Avevamo esaurito quasi tutti i simboli su Astrobia.

— Morirò senza neppure sapere per quale ragione lo faccio — si lamentò Thomas mentre lo trascinavano fuori, verso il patibolo. Scatenò una vera battaglia. Cominciò a urlare.

— Gente, gente! — La sua voce risuonò altissima e raschiante. — Non c’è giustizia in questo! Fate a pezzi gli autori di questo inganno!

E la gente si raccolse intorno a lui, gente civile ma con qualcosa di nuovo e selvaggio negli occhi. Erano come lupi, fiutavano e ululavano. Un pandemonio stava esplodendo in Piazza Centralità, e l’aria era densa di pericolo.

Tuttavia Foreman, anticipando l’esecuzione, aveva colto di sorpresa gli oppositori; se avesse fatto presto, l’esecuzione sarebbe stata portata a compimento. Thomas si batté disperatamente contro le Guardie meccaniche, ma queste riuscirono ugualmente a immobilizzarlo e a portarlo davanti a Pottscamp, che aveva un’ultima comunicazione ufficiale da fargli.


— Sei disposto a ritornare sulla tua decisione? — gli chiese Pottscamp, fronteggiandolo in mezzo a Piazza Centralità, ai piedi del patibolo. Il cerimoniale esigeva che gli fosse posta la domanda. — Ti è così facile salvarti la vita, caro Thomas — continuò Pottscamp. — Firma qui, e vivi felice. Oppure muori miseramente. In questo caso sarò io a sostituirti come Presidente Provvisorio, e in cinque minuti quella legge avrà la mia firma. E tu, Thomas, sarai morto per nulla.

— Serpente della mia mente, io non muoio per il Nulla, per l’Ouden! Non firmerò! Adesso vedo la Cosa che tentate di uccidere, e per me è l’unica Cosa che conta. Me ne sono accorto molto tardi, ma non ritornerò sulla mia decisione. Avanti, guardie! Tagliatemi la testa, non fosse altro per non sentire più questi discorsi! Fuori dai piedi, maledetto fantoccio a molla!

Trascinarono Thomas su per i gradini del palco. E Pottscamp fuggi come in preda al terrore. Cosa? Cosa? Pottscamp che fuggiva come in preda al terrore? Possibile?

Quello sì che era uno spettacolo: l’uomo dal forte magnetismo personale, che si circondava di mistero, era sulla torre della morte, mentre il resto del mondo guardava. Era sempre lui a dominare, più ancora che al momento dell’ovazione che lo aveva salutato al suo pubblico ingresso a Cosmopoli.

Kingmaker e Proctor guardavano la scena dalla finestra, e si assolvevano. Per Proctor era facile: era stato programmato per assolversi.

Ma nessuno sa quello che provò Foreman, quando vide Thomas salire sul patibolo.

Pottscamp invece non provava niente. Era, naturalmente, una macchina priva di sentimento. Non aveva coscienza né compassione. Tutto questo non lo avrebbe toccato minimamente.

Non lo avrebbe toccato?

E allora, perché mai…?

Allora perché mai Pottscamp… COSA ?

Sedeva per terra, si lamentava e ululava come un antico ebreo. E si copriva il capo di cenere.

Sei pazzo. Lo faceva veramente?

Sì, lo faceva veramente.


Thomas More era stato Presidente del Mondo, re, per nove giorni. E ora sarebbe morto.

La pioggia che cadeva dal primo mattino era cessata, e all’improvviso vi fu una gran fretta di concludere. Gli uomini di Cathead, così si diceva, avevano saputo dell’improvviso cambiamento di orario. Stavano dirigendosi verso il centro di Cosmopoli tumultuando, ma con tutta probabilità non avrebbero fatto in tempo.

Tutta liscia, svelta, prestabilita, l’esecuzione avrebbe seguito il suo corso, e nulla avrebbe potuto impedirla.

Vi fu un’ondata di furore, poca cosa in quell’immensa folla, ma di una violenza selvaggia. Vi è sempre una simile ondata, piccola e come impazzita, che sale spumeggiando ad altezze vertiginose, del tutto sproporzionate alle sue dimensioni, avanza e colpisce pochi istanti prima che si rovesci, sul suo identico percorso, un’autentica ondata di marea di proporzioni cosmiche. è l’«onda anticipatrice».

Buff Shanty e Paul col suo sogghigno ne facevano parte, e ognuno dei due avanzava con la furia di molti uomini. Copperhead era con loro, anche se da bravo negromante doveva sapere che tutto era inutile, che lui stesso e tutti gli altri sarebbero morti. C’erano il ragazzo Adam, e altre trenta persone almeno, alcuni dei quali cittadini della Dorata Astrobia e non attaccabrighe venuti da fuori. Tutti cavalcavano l’onda, e tutti sarebbero morti.

Quell’irruzione improvvisa ebbe quasi successo. Nel loro impeto gli uomini riuscirono a sopraffare le Guardie meccaniche e a risalire i gradini del patibolo. Si scatenò un corpo a corpo e per ogni gradino che salivano uno di loro moriva. Il ragazzo Adam era avanti a tutti; riuscì a salire fino in cima al patibolo e a sfiorare Thomas. Poi fu afferrato dagli artigli delle Guardie meccaniche e scagliato giù con forza tremenda. E tuttavia risali di nuovo, sebbene mezzo massacrato. Shanty, Paul, Copperhead e Adam, e le altre trenta o più persone, morirono intorno al patibolo e sui suoi gradini, rendendoli scivolosi col proprio sangue. Il ragazzo Adam, in particolare, morì magnificamente com’era sua abitudine.

Ma l’onda, in realtà, era priva di una massa sostanziale e le Guardie erano troppo numerose e troppo forti. La spinta si arrestò e si frantumò, e poi si spense in un rigurgito sanguigno.

Ma Evita, sapendo che non ci sarebbero riusciti, consapevole fin dal primo istante dell’insuccesso, non si era precipitata verso Thomas in cima alla piattaforma, ma verso Fabian Foreman, fermo su un lato di Piazza Centralità.

Zehheeroot, Is-Kerioth! — gli urlò, perché entrambi appartenevano alla vecchia razza: — Attento, Iscariota! — Poi lo artigliò, come una leonessa che avesse ghermito una capra terrorizzata, insanguinandogli il viso con le unghie e mordendolo alla gola fino a farne zampillare un getto vermiglio.

— Lasciami, strega! — urlò Foreman, folle di paura.

— Non sono una strega, ma una furia inesorabile — esclamò Evita, quasi ruggendo. — La disgrazia ricada su colui che l’ha originata. Hai raccontato una storia a Thomas, e anch’io te ne racconterò una, mentre stai per morire. — E continuò a infierire su di lui, ringhiando. — Certi primitivi uccidevano un cane perché accompagnasse l’eroe nel suo viaggio verso la morte. Io sono quei primitivi. E tu sei quel cane!

Lo stava letteralmente smembrando. Gli aveva spezzato le spalle, forse anche la schiena. Lo faceva a pezzi.

— No, no, donna! — annaspò Foreman, mentre il sangue gli schizzava dalla gola squarciata. — Io sono il maestro, la guida. Dev’essere così. La violenta reazione, il lievito trascendente restituiranno all’umanità il posto che le compete, e nascerà un nuovo mondo!

— Lo so — ribatté Evita, — io sono parte di quel lievito trascendente. Io sono il centro, l’origine di quella furiosa reazione, e ne gioisco! Per troppo tempo abbiamo avuto un cane malvagio come burattinaio, e non c’è da stupirsi che siano nati tanti guai.

Gli lacerò completamente il viso con un’unghiata da leonessa. Era un momento assai triste per Foreman, che non aveva mai apprezzato la violenza ed era sempre stato un generale da tavolino, non da battaglia.

Evita se lo gettò sopra le spalle anche se era un uomo tozzo e pesante, e lo portò via con sé con la stessa facilità con cui una leonessa trascina la preda fino alla tana. Lo portò dove si erano riuniti George il siriano, Maxwell la vecchiaccia, e Rimrock l’ansel; lo scaraventò a terra e tutti e quattro lo sbranarono, uccidendolo.

Evita prese il pezzo più grosso di Foreman e lo appese a un albero, come ornamento, su un lato di Piazza Centralità. Era un carrubo che veniva dalla Vecchia Terra, a volte chiamato «l’Albero di Giuda».

Ma non era giusto. Foreman aveva fatto bene la sua parte. Aveva studiato tutto, fuorché quel piccolo particolare che gli era costato la vita. E i suoi piani erano intesi al bene di tutti.

Le Guardie programmate uccisero anche George, Maxwell e Rimrock, e aggiunsero il loro sangue al lievito trascendente che incominciava ad operare. Non riuscirono a prendere Evita: nessuno ci sarebbe riuscito, fino alla fine.

Tutto si svolse regolarmente, dopo questa piccola zuffa. La folla fu spinta lontano. Le Guardie furono molto efficienti.

Ma ci fu un uomo che riuscì a passare, e nessuno fu in grado di fermarlo. Non solo, ma le Guardie programmate sembrarono non vederlo, né sentirlo. Lo straniero salì sul patibolo dove si trovava Thomas, e gli parlò, anche se Thomas fu l’unico a udire le sue parole.

Si misero a discutere, il condannato e lo straniero che le Guardie sembravano non vedere. Thomas sembrò eccitato e compiaciuto:

— Pensi che funzionerà? — quasi urlò, deliziato. — Com’è buffo! È mai possibile che un uomo abbia più di due teste? Lo farò. Verrò con te.


Ma apparentemente Thomas non andò in nessun posto, soltanto verso la morte. Lo straniero ridiscese e scomparve tra la folla, e, come disse qualcuno, si udì nell’aria un crepitio elettrico. Si cercò poi d’indovinare la sua identità. Alcuni dissero che qualcosa, di Thomas, era scomparso in quello stesso istante: che l’essenza di Thomas se n’era andata, e che soltanto la sua ombra aveva messo la testa sul ceppo, per essere decapitata. Una strana vecchia gridò di aver visto attraverso il suo corpo, ma era soltanto un’illusione.

Il resto è leggenda. Tutto è leggenda, gli epigrammi, i sarcasmi, le cose profonde e commoventi che Thomas avrebbe detto al momento della decapitazione: bene, alcune di queste affermazioni sono veramente buone, altre sono anche troppo ingegnose, e molte si trovano citate nei libri di massime.

L’unica cosa sbagliata, è che Thomas non ne disse neppure una.

E neppure, ovviamente, la prima volta.

Le uniche parole che disse in quegli ultimi istanti, sul patibolo, furono: — Pater, in manus tuas… — Il frammento di un’antica preghiera.

La grande lama tremò nel cielo e poi cadde. Era vero sangue quello che sgorgò, e una vera testa quella che si staccò dal corpo come se avesse vita propria.

Vi furono poi storie d’incredibili prodigi, raccontate dalle vecchiette, come quella dei nove serpenti che uscirono dalla testa tagliata, e come quella della più bella donna di Astrobia che salì sul patibolo per impadronirsi spavaldamente della testa, mettendola in un cesto, per poi trasformarsi in una vecchia quando fu ridiscesa dal palco. Ma niente di tutto questo accadde in realtà. Non avrebbe potuto.

Una cosa soltanto accadde veramente in quell’istante. Quando la vita venne a mancare nel corpo decapitato, il mondo fini.

Tutta la vita, il calore, i battiti, si estinsero. E il mondo morì, morirono gli uccelli, i pesci, le piante e le persone, e vi fu morte in ogni montagna, in ogni mare e in ogni nuvola. E morirono la sua gravità, la sua luce e il suo calore, la sua vita… i germi stessi. Tutto si estinse, e le stelle scomparvero.

Per un attimo? Per un miliardo di anni? O sempre? Non c’è differenza quando il mondo non esiste più e non c’è più un tempo sul quale misurarlo.

Ricordate l’istante in cui il mondo finì? Un prete rinnegato da trent’anni era diventato Metropolita di Astrobia. Una macchina programmata era succeduta a Thomas come Presidente di Astrobia, al momento dell’estinzione dei mondi: una macchina senza emozioni. Ma aveva cominciato a gemere e si era coperta la testa di cenere.

Battersea e i suoi uomini stavano avanzando verso Piazza Centralità per scatenare il loro sanguinoso colpo di mano, una massa tumultuante e infuriata sotto lo stendardo della Mano della Vendetta. E su queste note il mondo fini.

E nasce un nuovo mondo? Lievita un nuovo mondo? La furiosa reazione crea un ponte per colmare il vuoto? Il granellino di pepe germoglia? L’Albero di Giuda, che frutti dà?

Il fulmine, un miliardo di volte più potente di quelli del Monte Elettrico, e dalla vita un miliardo di volte più breve, riunisce tutte le cose insieme nel suo istante di fuoco, oppure le divide per sempre? Il suo rimbombo appiattisce i mondi, la sua violentissima mareggiata, un’onda grande come un mondo, spazza via dal pianeta il sottile fungo dorato. In molto meno di un attimo, in molto più dell’eternità. Ed è finita.

Ma c’è un seguito? C’è un nuovo mondo che segue il vecchio in quel bagliore accecante? Viene?


Stai calmo. Stiamo osservando.


Lo stendardo della Mano della Vendetta… forse non ne hanno ben capito il significato. Northprophet dice che quella mano, raffigurata mentre scende dal cielo come un uccello, è la Mano Sinistra di Dio.

Ricordate (e lo ricordiamo, come da un vuoto di tempo fra due mondi) quando il ciclo ricominciò per dare origine a Roma? e quando originò l’Europa? e quando originò le Americhe? e quando originò Astrobia? Ricordate i cicli dagli effetti interiori, elettrizzanti, quello in cui la divinità divenne uomo? quello in cui l’umanità divenne dio?

E ricordate quel ciclo particolare, la prima rinascita di Astrobia, la comparsa dell’umanità trascendente?

Ve ne ricordate? Ma allora, c’è stata?


Stai calmo. Stiamo aspettando.


Lo Spirito era disceso una volta sull’acqua e sull’argilla. Non avrebbe forse potuto discendere anche sulle capsule neurali e sugli statoconduttori? Il legno secco di un albero umano o programmato, darà ancora dei frutti?

L’Avido Nulla, il diabolico vuoto puntiforme del Grande Zero, è stato ancora respinto? C’è allora spazio per la vita? Ci sarà un ritorno alla vera vita?

Bene, sta accadendo allora? Forse la reazione è stata realmente una nascita? A cosa assomiglia?

Forse ora vedremo, davanti, dietro, da ogni lato, questo nuovo mondo appena nato?


Stai calmo. Noi speriamo.


Fine

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