Il Corporato non assomigliava in alcun modo a Thengets del Prou. Lan Mileru era un uomo di bassa statura, anche secondo i parametri Azhiri, e di età molto avanzata. Le vene gli attraversavano il viso tondo come una rete di merletti e ogni suo movimento era cauto e ponderato. In quel momento era curvo sul tavolo delle mappe, con gli occhi annebbiati fissi nello sforzo di seguire il testo della lettera che aveva davanti.
Dall’altra parte del tavolo, Pelio lo osservava con una sorta di desolata indifferenza. Il ragazzo non aveva più mostrato grande vitalità dal momento in cui Yoninne era stata… Ajao si girò per guardare fuori dalla finestra, scacciando a fatica quel certo pensiero dalla mente.
La casa di Mileru si trovava vicino al centro di Tsarangalang. A destra, Bjault riusciva a scorgere il lago di transito della città, e al di là si intravedeva la residenza del conte. C’erano solo altri tre o quattro edifici in vista. In massima parte erano costruiti di legno, e le assi sembravano logore e asciutte. In confronto al Regno d’Estate, la Contea di Tsarang aveva un aspetto arido e scarsamente popolato. Solo un’intensa irrigazione manteneva verdi i frutteti e, a quanto sembrava, proprio l’irrigazione rappresentava il punto cruciale delle contese tra la contea e il vicino Popolo del Deserto.
La mano tremante e coperta di vene del Corporato Mileru fece scivolare di nuovo la lettera di Prou sul tavolo, in direzione di Ajao. — La lettera è autentica, signore. — Il vecchio parlava con voce fievole e sottile. — La spavalda autostima di Thengets del Prou è inconfondibile. Il ragazzo è intelligente, e non mi riferisco solo al suo Talento. Dunque, sono propenso a prendere per vero ciò che dice di voi, per quanto fantastico possa sembrare, e di conseguenza devo concedere a lui, e a voi, il favore che mi chiedete. Quando il Conte Dzeda sarà informato della situazione, sono sicuro che anche lui si dichiarerà disposto a collaborare. Il conte è un uomo sensibile e con un alto senso dell’onore. — E un uomo d’azione, anche, pensò Bjault. Quando li avevano tirati fuori dalla scialuppa affondata, era stato proprio il conte Dzeda, immerso fino alla cintola, a dare le direttive ai suoi uomini. Si comportava più come un caposquadra in un’officina che non come un nobile, e i suoi uomini non esitavano a rispondergli per le rime. In ogni caso, il salvataggio si era compiuto con grande celerità.
— Tuttavia — continuò Lan Mileru — credete che sia proprio il caso di portare con voi la donna ferita? A giudicare da quanto scrive Thengets del Prou, sono certo che la vostra gente potrebbe venire a prenderla in un secondo tempo.
Pelio rivolse a Bjault un’occhiata interrogativa.
Forse, il Corporato non aveva tutti i torti. Il mio progetto ti ucciderà, Yoninne,pensò Ajao. Oppure sei già morta?
Solo un’ora prima l’avevano lasciata nella residenza del conte, dall’altra parte del lago di transito. Non c’era nulla che potessero fare per lei. Giaceva immobile, con gli occhi chiusi e il respiro appena percettibile. Il medico del conte (forse gli si addiceva di più il titolo di “barbiere” o di “risanatore dello spirito”) si era chinato sulla donna pilota e le aveva sollevato le palpebre.
— Come già mi avete detto, è viva — aveva confermato. — Ma questo è tutto. Qualcuno l’ha kengata, ed è un miracolo che non sia rimasta uccisa sul colpo. Forse possiede qualche difesa contro il Talento, anche se voi sostenete che è una witling.
— No, è stato Samadhom — aveva replicato Pelio in tono cupo, e si era chinato per accarezzare la pelliccia dell’animale, rannicchiato sotto il letto. Il principe, imperiale era inginocchiato accanto a Yoninne dal momento in cui l’avevano trasportata nella stanza, e quelle erano le prime parole che pronunciava.
Biault aveva abbassato lo sguardo sulla giovane donna ferita. Senza il suo intervento nella fase finale di discesa della scialuppa, Thredhegar Bre’en li avrebbe probabilmente uccisi tutti, dopo aver messo fuori combattimento Samadhom con i calci. Ma Yoninne aveva pagato un prezzo molto alto per salvare le loro vite. I tessuti del suo cervello erano stati strappati e rimescolati dalla violenza teletrasportante e sanguinaria di Bre’en. Era davvero un miracolo, per quanto lo si potesse considerare tale, che il suo corpo continuasse a vivere.
Sulla stanza era sceso il silenzio, e Pelio l’aveva spezzato con una domanda. — Riuscirà… a tornare come prima? — Sembrava una supplica.
— Altezza, sapete quanto sia raro che una persona venga ferita ma non uccisa da un attacco di kengaggio. In quindici anni di guerriglia con il Popolo del Deserto, l’ho visto succedere solo quattro volte. In tre casi la vittima è morta dopo poche ore. Nel quarto caso… be’, il ferito si è spento lentamente, ed è morto senza riprendere conoscenza.
Il medico non possedeva conoscenze teoriche, ma Ajao capì che probabilmente aveva ragione. Il corpo di Yoninne poteva morire in fretta, come una macchina senza pilota, oppure continuare a funzionare fino a spegnersi per inedia. Nel primo caso, il salto fino all’isola di Draere non avrebbe peggiorato la situazione. Nel secondo, anche lei aveva tutto da guadagnare da quel viaggio. Draere aveva lasciato senz’altro un corredo di pronto soccorso nella stazione telemetrica. Era la prassi normale per le basi che si pensava di visitare ancora in futuro. Avrebbero trovato medicine, e forse anche il necessario per un’alimentazione via endovena. Lui stesso sarebbe stato in grado di tenere in vita Yoninne fino all’arrivo dei soccorsi, fino a quando i medici competenti avessero potuto compiere ogni sforzo per resuscitare la sua mente.
Il pensiero riportò Ajao al presente e alla domanda di Lan Mileru, che lo fissava in attesa di una risposta. — La donna ferita compirà il salto, con me e con il principe Pelio.
Furono interrotti da una serie di spruzzi. Dalla polla di transito della stanza emersero due uomini con il gonnellino azzurro della contea. — Signori — annunciò uno dei due — il Conte di…
Prima che avesse il tempo di arrivare alla parola “Tsarang”, Dzeru Dzeda era già balzato fuori dall’acqua.
— Ciao, Lan — salutò il conte, congedando i servi con un cenno. Era un Azhiri alto, con la pelle grigia, scura quasi come quella di Thengets del Prou. Bjault non faticò a indovinare che quell’uomo aveva più di un antenato in comune proprio con quel Popolo del Deserto che rappresentava il nemico tradizionale delle sue terre. Il nobile era stato per lui una vera sorpresa. La Contea di Tsarang costituiva solo un’appendice del Regno d’Estate e Ajao si era aspettato che l’uomo che la governava fosse altezzoso e formale, come il prefetto di Bogdaru, oppure cauto e intimidito come il console di Grechper. Dzeda non era né l’uno né l’altro. A quanto sembrava, la carica non rappresentava in alcun modo un esilio dalla corte di Tutt’Estate, dato che la sua famiglia governava già quelle terre anche prima che il Regno d’Estate vi estendesse la sua influenza.
Il conte attraversò la stanza per salutare Pelio e Bjault, con una certa cortese irriverenza. — Avrei voluto raggiungervi prima, ma sono stato chiamato sulla Linea Orientale. Sapete? Credo che il Popolo delle Nevi abbia ammassato almeno metà del suo esercito nei laghi di transito vicino al confine. Non ho mai visto niente del genere. Scommetto che persino i loro alleati del Deserto ne sono spaventati a morte. Accusano voi due e la ragazza ferita di aver cercato di assassinare il Re Tru’ud e chiedono la vostra immediata estradizione. Mi sono offerto di consegnare Bre’en, al posto vostro, ma la proposta è servita solo a irritarli di più. Dicono che terranno bloccata la Strada Insulare finché non cederemo alle loro richieste.
— Se vi dichiarano guerra avrete la Corporazione dalla vostra parte — assicurò Lan Mileru. C’era la solidità dell’acciaio nella sua vecchia voce tremula. — L’ultimo gruppo etnico che si è messo contro la Corporazione non esiste più.
— Lo so — rispose Dzeda. — Ed è appunto quello che ho fatto presente anche a loro. Ma devono essere ridotti alla disperazione. — Si girò e soppesò Ajao con lo sguardo. — E credo anche di saperne il perché. Non si tratta solo di qualche ammaccatura sul gonnellino del vecchio Tru’ud…
“Era un marchingegno davvero molto interessante quello con cui siete arrivati qui in volo stamattina, caro Adgao. Da certe ammissioni strappate a Bre’en, mi sembra di capire che è possibile duplicarlo. Pensate: con quei piccoli oggetti volanti i pellegrini non dovrebbero più arrischiarsi ad attraversare in barca nemmeno il più piccolo tratto di mare aperto. E i soldati potrebbero penetrare in territorio nemico senza nemmeno appoggiare un piede a terra. Quali altri segreti nascondete tu e la ragazza, Adgao? Sono sicuro che il Re delle Nevi vi ritiene capaci di rendere il suo popolo più forte della stessa Corporazione.” — Inclinò la testa di lato. — Ne sareste davvero in grado?
Ajao si sforzò di ignorare il crampo che gli lacerò all’improvviso le viscere. — Non da soli, in ogni caso — rispose. — Forse, se il mio popolo e il vostro potessero incontrarsi, potremmo insegnarci a vicenda un paio di cose.
— Già. — Dzeda si lasciò cadere sulla panca imbottita che correva attorno al tavolo delle mappe. — Immagino che avrete riferito a Lan le vostre avventure — proseguì, rivolto a Pelio. — E che gli avrete parlato di quel piano suicida di rengarvi attraverso l’oceano.
L’anziano Corporato sorrise. — C’è di più, caro Conte. Intendo collaborare con loro.
— Ma come!
— Avete capito bene — confermò Mileru. Indicò l’isoletta di Draere sul planisfero che avevano davanti. Si trovava a tre quarti dell’intera lunghezza dell’equatore, dalla Contea di Tsarang. — Li teletrasporterò laggiù non appena lo vorranno.
— Fulmini e saette, Lan. La loro pazzia ti ha contagiato! Sono più di centoventicinque leghe… e un salto di quattro leghe è già sufficiente a mandare in pezzi lo scafo della più solida nave da strada! Non possiamo neanche rengare le capsule dei messaggi, per più di venti leghe, se ci teniamo a conservarne intatto il contenuto. — Per poco non cadde dalla panca, tanto era agitato.
La sua costernazione parve divertire il Corporato. — Eppure, Dzeru, sono stato convinto che la loro impresa meriti almeno un tentativo. — Gli porse la lettera di Prou.
Dzeda la sventolò in aria, prima di metterla da parte. — Be’, se voi tre siete così ansiosi di andarvi a spiaccicare contro quella macchiolina di fango sperduta nell’oceano — brontolò rivolto ad Ajao — perché mai vi siete presi il disturbo di venire fino alla Contea di Tsarang? Perché non vi siete fatti rengare da qualche Corporato direttamente dal Palazzo d’Estate? È meno lontano dall’isola di quanto non lo sia Tsarang. E ci sono posti ancora più vicini, nel Regno delle Nevi. Scommetto che se partiste da Ga’arvi andreste a stamparvi a destinazione con sufficiente “delicatezza” da rendere possibile il riconoscimento dei corpi.
Ajao sorrise del suo sarcasmo. — Abbiamo scelto la vostra Contea per una ragione precisa, mio Signore. Se effettuiamo il salto da qui, all’arrivo verremo lanciati verso l’alto. — La faccenda non era particolarmente difficile, da visualizzare. Bastava immaginare il pianeta in rotazione intorno al suo asse come una grossa giostra sferica nello spazio. Il Palazzo d’Estate era solo novanta gradi a est dell’isola di Draere. Se avessero saltato da lì, si sarebbero schiantati al suolo subito dopo essere emersi a destinazione. Ga’arvi era in una posizione migliore, pur con lo svantaggio di trovarsi all’interno del Regno delle Nevi. Rengarsi fino alla stazione telemetrica sarebbe stato come saltare dal centro della giostra direttamente ai bordi: sarebbero arrivati spostandosi verso occidente, quasi alla velocità del suono. Yoninne aveva scartato quella soluzione con uno dei suoi commenti spicci. — Chi è disposto ad atterrare di pancia alla velocità di un Mach?
Ma se si seguiva il continente da Ga’arvi all’istmo di Tsarang, la situazione migliorava. Con un salto da Tsarangalang, per esempio, sarebbero arrivati nell’isola di Draere a una velocità di oltre un chilometro al secondo, ma tutta quella velocità sarebbe stata dirottata verso l’alto di almeno 23 gradi. L’unico punto in entrambi gli emisferi in grado di permettere un salto migliore era la costa orientale dell’istmo, ma si trovava sotto il controllo del Popolo del Deserto. E inoltre non c’era nessun Corporato sul posto.
— So bene che la nostra barca può sempre andare a cozzare contro qualcosa di imprevisto — proseguì Bjault. — Magari una parete di roccia, o il fianco ripido di una collina… Ma non ci è permesso nessun tentativo migliore, data la conformazione dei continenti di Giri.
Dzeda scosse la testa, niente affatto rassicurato. — No. Morirete in ogni caso. Non vi rendete conto che l’aria può anche assumere la consistenza della roccia, alle altissime velocità? Ho visto uomini e navi da guerra raggiunti da colpi d’aria rengata da oltre sessanta leghe. Gli uomini erano ridotti in poltiglia e le navi a legna minuta da ardere. La vostra nave può anche essere particolarmente solida, ma niente è in grado di resistere a simili pressioni.
Ajao abbozzò un’obiezione, ma il conte alzò la mano. — Lasciatemi finire. So che Shozheru ha sospeso l’esecuzione della pena capitale, in cambio di questa impresa. Se non riuscirete nel tentativo di portare a termine il progetto, lui vi farà giustiziare. Ma siete nella Contea di Tsarang, adesso. Eravamo uno stato indipendente già prima che nascesse anche solo l’embrione del Regno d’Estate. A palazzo possono anche chiamarmi conte, e vassallo, ma qui le cose sono diverse. Sono disposto a offrirvi segretamente asilo, e a riferire a corte che il progetto è stato portato a termine. — Si rivolse al principe. — Francamente, credo proprio che tuo padre contasse precisamente su questo, quando ha accettato di farti partire, caro Pelio. È probabile che i suoi consiglieri siano uomini di ghiaccio, ma lui no.
— Allora? Accetterete di fermarvi?
Ajao rimase in silenzio. Per lui e per Yoninne non c’era scelta. Se non fossero riusciti a raggiungere la stazione telemetrica di Draere e a chiedere l’invio di una nave di soccorso da Novamerika, sarebbero morti. E molto presto, anche. Incominciava già ad avvertire gli stessi dolori e la stessa debolezza che lo avevano assalito a Grechper.
Pelio, invece, aveva una scelta. L’offerta di Dzeru Dzeda lo liberava finalmente dalla trappola mortale in cui Ajao, Prou e Yoninne lo avevano coinvolto suo malgrado. Forse, alla resa dei conti, le loro macchinazioni non gli avrebbero rovinato per sempre la vita.
Ma il giovane principe spostò lo sguardo da Bjault a Dzeda e infine scosse lentamente la testa. — Voglio rimanere con… Voglio dire, partirò con Adgao e Ionina.
Il conte lesse il rifiuto anche sul viso dell’archeologo. Increspò le labbra e per un attimo sembrò concentrato in un accurato esame del pavimento attorno ai suoi piedi. Infine abbozzò un sorriso e tornò a fissare Bjault. — Be’, almeno ci ho provato, buon witling. Non capirete mai quanto sia spaventato. Mi fa paura quello che può succedere se cadrete in mani nemiche e mi terrorizza ciò che potrebbe farci la vostra gente se voi li riporterete qui di nuovo. La nostra razza ha sempre contato sul proprio Talento naturale per sopravvivere, voi invece avete dovuto sopperire alla mancanza di Talento con l’ingegno e l’inventiva. In qualche modo, sospetto che questo vi abbia fatto progredire molto più di quanto noi possiamo immaginare.
Bjault si sentì gelare il sangue. Se lo avesse voluto, quel nobile apparentemente insignificante avrebbe anche potuto distruggere la loro ultima speranza di salvezza.
Ma Dzeda balzò in piedi, e il suo atteggiamento ridivenne allegro. — Ma, che cosa volete? Sono dominato da un cuore tenero. E da una grande curiosità. Se il vostro folle progetto funziona, è probabile che il futuro diventi davvero molto interessante. — Si diresse a grandi passi verso la polla di transito. — Offri loro tutto quello di cui hanno bisogno, Lan — ordinò, da sopra la spalla. — Torno per qualche ora sulla Linea Orientale, a tenere d’occhio i nostri sgradevoli vicini.
Dalle ampie finestre della residenza del conte, Ajao ammirava le fasce verdi e arancione che il sole al tramonto aveva steso a ovest sull’oceano, mentre le montagne a est erano poco più scure del cielo. La tiepida luce azzurra del crepuscolo, che inondava i giardini attorno all’edificio, era infinitamente più gradevole del rigido chiaroscuro che avevano dovuto affrontare nei viaggi attraverso i poli.
Bjault scrollò la testa, cercando di concentrarsi sul paracadute di fiberene steso attorno a lui. La tentazione di mollare tutto, e di concedersi un po’ di sonno, era quasi irresistibile. Ma sapeva che parte di quell’affaticamento non era naturale. Ogni volta che si sorrideva allo specchio, vedeva la linea azzurra che contornava le gengive. Il dolore alle viscere peggiorava costantemente, come era già successo a Grechper. Questa volta, però, avrebbe potuto non riprendersi dall’attacco. Se non effettuavano il salto al più presto, lui rischiava di stare troppo male per guidare la scialuppa all’atterraggio, una volta raggiunta l’isola di Draere.
Gli uomini di Dzeda avevano portato la scialuppa nella sala del palazzo riservata alle riunioni. Ora era lì, sul pavimento di marmo, contornata dal tessuto color oliva del paracadute. Pelio e gli altri lavoravano febbrilmente per rimuovere ogni frammento estraneo dal fiberene.
Il ripiegamento del paracadute, tuttavia, era qualcosa che solo lui, Ajao Bjault, era in grado di fare. L’operazione era complicata. Ogni singola banda mobile della cupola doveva essere sistemata a dovere e anche il più piccolo errore sarebbe risultato fatale. I minuti passarono e il dolore nelle sue braccia stanche divenne un fuoco pulsante e insopportabile. Ebbe bisogno dell’aiuto di Pelio per comprimere la massa che aveva ripiegato.
Qualche tempo prima, nel pomeriggio, Ajao aveva preso brevemente in considerazione un progetto che non richiedeva tanto dispendio di energie. Se avessero trovato un volontario Tsarangi, forse avrebbero potuto far volare la scialuppa sull’oceano, proprio come Bre’en l’aveva fatta volare sopra le montagne. Ma l’isola di Draere era lontana circa ventimila chilometri, e Lan Mileru aveva osservato che nemmeno una squadra di due o tre teletrasportatori sarebbe riuscita a tenere in alto e a sospingere la scialuppa per le centinaia di ore necessarie a coprire una simile distanza.
Così, ci si doveva attenere al progetto originale. Lan li avrebbe teletrasportati oltre l’oceano in un unico salto e loro sarebbero stati scaraventati nell’aria sopra l’isola di Draere a più di un chilometro per secondo, una velocità sufficiente a squarciare e ridurre in brandelli qualsiasi paracadute di fiberene. Così, avrebbero atteso che la loro velocità scendesse ben al di sotto di un Mach, prima di espellere il paracadute e di tentare un atterraggio dolce.
All’improvviso Bjault si fermò a fissare con aria dubbiosa la pila di tessuto davanti a lui. Aveva perso il filo. Che cosa doveva fare, a quel punto? Nel Palazzo d’Estate aveva costretto Yoninne a spiegargli ogni particolare dell’operazione e a mostrargliela passo per passo. Lei aveva considerato la richiesta come uno spreco di tempo, ma ora il ricordo di ciò che aveva visto era la sua unica guida.
Yoninne, ragazza mia, darei qualunque cosa perché tu fossi qui a imprecare contro di me. Insieme avevano formato una squadra imbattibile, e soltanto adesso se ne rendeva conto. Ogni volta che lui aveva avuto una buona idea, Yoninne era stata capace di mettere a punto ogni dettaglio per farla funzionare.
Gli ultimi colori del tramonto erano già svaniti, quando Pelio e gli uomini di Dzeda schiacciarono finalmente il paracadute nelle cinghie di contenimento. Il tessuto non sembrava più una nuvola fragile. Il lavoro attento di Ajao lo aveva trasformato in una lastra spessa e scura che pesava almeno quanto un volume equivalente di roccia.
Mentre Ajao e Lan rimanevano a guardare, gli uomini più giovani sollevarono il pacco per infilarlo in una fessura rettangolare nella parte superiore della scialuppa. Bjault chiuse il cofano della fessura e si infilò nel veicolo attraverso il portello riservato ai passeggeri. Si mosse a fatica, con il corpo piegato in due. Una fitta al ventre gli rese quasi impossibile pensare.
Per un attimo giacque tremando nel buio, poi Pelio lo chiamò e qualcuno mise una torcia davanti al boccaporto. Il fumo oleoso lo fece tossire e lui si sforzò di raddrizzare la schiena. — Sto bene — disse agli uomini che stavano fuori. Doveva rimettersi al lavoro. Collegò il dispositivo di sgancio del paracadute e controllò brevemente le corde che tenevano ferme le zavorre di piombo. Finito. Strisciò fuori dalla scialuppa e vacillò sul pavimento di marmo. — Siamo pronti, Lan. Puoi farci partire entro quattro ore. — Lì sarebbe stata notte fonda, ma sull’isola di Draere avrebbero trovato il sole.
Anche nella luce tremula delle torce, Ajao scorse le tracce di una sincera preoccupazione sul viso del Corporato. — Forse dovreste aspettare. Magari anche solo un giorno o due.
— No! — Ajao aprì bocca e cercò di tradurre in parole le sue ragioni, ma un lancinante dolore al ventre cancellò tutto il resto. Il pavimento gli roteò davanti agli occhi, e all’improvviso tutto si oscurò. Non sentì le braccia di Pelio attutire la sua caduta.
Alla fine, i suoi desideri prevalsero anche se lui non era sveglio per difenderli. Il Popolo delle Nevi attaccò appena dopo mezzanotte.