14 Amanti e altri estranei

— Ehi, amore, se non ti sbrighi a uscire da lì dentro, ci vengo anch’io.

Chris era intento a osservare l’acqua che gli ruscellava sul corpo e che gli ricadeva sui piedi nudi. In mano aveva una saponetta. Provò a guardare in alto e ricevette uno schizzo d’acqua un piena faccia.

Strano, avere due attacchi uno dietro l’altro.

— Lascia un po’ d’acqua anche a me. — Era una voce femminile: la voce di una persona che non conosceva. Dove si era trovato, quale era il suo ultimo ricordo chiaro? Chiuse l’acqua e uscì dalla piccola cabina della doccia. Pareti e pavimento erano di assi di legno non verniciate. Da una finestra aperta si scorgeva il terreno, trenta metri più in basso. Si trovava su un albero, probabilmente al Titantown Hotel. Guardò cautamente al di là della porta. Nella stanza vicina c’erano alcuni mobiletti leggeri e un letto imponente. La ragazza era stesa sulla schiena, in una posa che sarebbe stata eccitante se non avesse avuto un aspetto così rilassato. Chissà se erano ai prelimimari o ai commiati, si chiese, ma il suo corpo sapeva la risposta. Ai commiati.

— Oh, finalmente — disse lei, sollevando la testa, quando lo vide uscire. — Ancora un po’ di questo caldo, e sarò morta. — Si alzò in piedi e andò a stiracchiarsi davanti alla finestra della camera, poi si sollevò dalle spalle i capelli lunghi e neri e li fermò con una forcina. Chris pensò che gli piaceva molto, e rimpianse di essersi scordato ogni cosa. In genere, le cose che dimenticava non avevano importanza, ma questa pareva un’eccezione. Aveva gambe lunghe e pelle vellutata. I seni forse erano un po’ troppo abbondanti, ma era il tipo di giudizio che era meglio lasciare alla verifica sperimentale.

Lei lo guardò con preoccupazione. — Oh, no, non avrai idea di… No, basta, non ora, fratello. Non ne hai avuto abbastanza? — Si affrettò a entrare nella doccia.

Chris cercò i calzoncini e non riuscì a trovarli. Guardandosi attorno, scorse vari strani aggeggi e numerosi vasetti di creme e oli profumati. Aggrottò la fronte, si guardò attorno con maggiore attenzione, e alla fine vide quello che cercava, attaccato alla parete. Era gialla e stropicciata, ma era una licenza di prostituzione, rilasciata cinque anni prima, a Jefferson, nel Texas.

— Cosa c’è? — chiese la ragazza, uscendo dalla doccia e asciugandosi le spalle. — Hai dei begli sbalzi di umore, lo sai?

— Sì, lo so. Cosa ti devo?

— Ne abbiamo già parlato, ricordi?

— No, non ricordo, e tanto vale che ti dica che non ricordo niente degli ultimi… non so quanto. Da prima che ci incontrassimo. È così, anche se non mi piace dirlo, e non ricordo come ti chiami, non so dove ho messo i vestiti, e mi potresti dire, maledizione, cosa ti devo, in modo da andarmene via e non scocciarti più?

Lei gli si sedette accanto, sulla sponda del letto, senza toccarlo. Poi gli prese la mano.

— Proprio così, eh? — disse, a bassa voce. — Me ne hai parlato. Ma hai parlato così tanto, che non sapevo se dovessi crederti.

— Il particolare dell’amnesia era vero. Il resto, probabilmente, erano balle. Se ti ho detto che ho un mucchio di soldi, era una bugia. Avevo dei soldi al mio arrivo, ma, dopo la mia ultima perdita di memoria, tutto quello che mi era rimasto era un paio di calzoncini corti.

La ragazza si legò l’asciugamano attorno alla vita, si recò a un mobiletto di legno e prese qualcosa da esso. — Hai buttato via i calzoncini dopo avermi incontrato — spiegò. — Hai detto che volevi ritornare alla natura. — Sorrise, in un modo che non aveva niente a che vedere con la sua professione, e gli lanciò un oggetto.

Era una piccola moneta d’oro. Impresse su una faccia c’erano le parole ASSEGNO IN BIANCO, e alcuni simboli dei titanidi. Sull’altra faccia c’era la firma C. Jones. Chris cominciava a ricordare qualcosa, e chiuse gli occhi per farsi ritornare alla mente i particolari.

— Mi hai spiegato che ti permetteva di acquistare tutto quello che volevi, a Titantown. "Meglio dei soldi" mi hai detto. Io non ne avevo mai visti, ma tu ti davi alle spese pazze, e pareva che tutti lo accettassero in pagamento.

— Ti ho imbrogliata — disse Chris, certo che fosse vero. — Soltanto i titanidi devono accettarlo. Dovevo usarlo per… per… per equipaggiarmi per un viaggio che devo fare. — Si alzò in piedi, colto improvvisamente dal panico. — Ho comprato un mucchio di cose, adesso ricordo. Dovevo… voglio dire, dove sono finite…

— Calma, calma. Non c’è niente di cui preoccuparsi. Ho fatto portare la roba alla Gata, come mi hai detto tu. È tutto a posto.

Lui tornò lentamente a sedere. — La Gata…

— Hai l’appuntamento laggiù con i tuoi amici — disse la ragazza. Guardò un orologio a giroscopio, per Gea, posto sul mobiletto. — Tra un quarto d’ora.

— Certo! Devo… — Si avviò verso la porta, ma s’immobilizzò subito, con la sensazione di dimenticare qualcosa.

— Hai un asciugamano da prestarmi?

Senza parlare, lei gli passò quello che aveva addosso.

— Io… uhm, mi spiace di non avere niente da darti. Non so che razza di storia ti ho raccontato, ma mi sorprende che tu non ti sia fatta…

— Pagare in anticipo? Non sono nata ieri. Sapevo benissimo cosa facevo. — Si recò alla finestra e appoggiò le mani al davanzale. — Sono arrivata da qualche tempo. La Terra non mi è mai stata molto amica. Mi piacciono queste persone. Almeno, io le vedo come persone. Probabilmente, comincio a convertirmi alle abitudini degli indigeni anch’io. — Lo guardò in modo strano, come se si aspettasse che si mettesse a ridere. Visto che non lo faceva, rise lei, e aggiunse: — Al diavolo, io stessa ho una terza parte di figlio titanide. Dopo un po’ di tempo che sei qui, cominci a tirare il boccino.

Si avvicinò a Chris e lo baciò sulla guancia. — Non riesco a credere che, dopo tutto quello che abbiamo fatto, tu ne abbia completamente perso la memoria. Mi sento offesa nell’orgoglio professionale. — Per un momento, Chris temette che si mettesse a piangere, e non riuscì a capirne il motivo.

— In questo viaggio, avete con voi una ragazza — disse poi lei.

— Robin?

— Proprio lei. Dille "ciao" da parte mia, e di stare attenta. E buona fortuna. Augurale buona fortuna da parte mia. Me lo fai, questo favore?

— Se mi ripeti il tuo nome.

— Trini. Dille di stare attenta a quella Gaby Plauget. È pericolosa. Quando farà ritorno, qui sarà sempre la benvenuta.

— Glielo dirò.

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