31 Fulmini a del sereno

— Che intelligenza possono avere quelle creature? — domandò Chris, osservando la solitaria bomba volante che cabrava a sinistra per un altro passaggio in quota.

Gaby la guardò a sua volta e aggrottò la fronte.

— Non bisogna mai sottovalutare l’intelligenza delle creature che si incontrano su Gea. Una buona regola pratica è quella di pensare che siano sempre intelligenti come te, e almeno il doppio più cattive.

— Allora, cosa fa, lassù?

Gaby gli mostrò la pistola. — Forse ha visto che Robin ne ha abbattuta una. — Guardò nuovamente il cielo, e scosse la testa. — Ma non credo che sia la sola ragione. La cosa mi piace poco. Anzi, non mi piace affatto. — Guardò Cirocco.

— Mi hai convinto. Non piace neanche a me.

Chris ne guardò prima una e poi l’altra, con aria interrogativa, ma nessuna volle dire altro.

In alto, la bomba volante continuava a volare in cerchio. Pareva in attesa di qualcosa, ma di cosa? Di tanto in tanto, le frecce dei fantasmi piovevano su di loro, trenta o quaranta per volta. Erano scagliate quasi orizzontalmente, e quando toccavano terra avevano ormai perso gran parte della velocità. Una sola aveva colpito Cornamusa in una zampa posteriore, penetrando per qualche centimetro nel muscolo; una ferita dolorosa, ma la freccia si lasciò estrarre facilmente, perché la punta non era uncinata. Quel fuoco di sbarramento pareva avere il solo scopo di tenerli bloccati laggiù. Chris aveva letto da qualche parte che, durante le guerre, migliaia di colpi venivano sparati con quell’unico scopo.

Ma se i fantasmi volevano tenerli fermi laggiù, doveva esserci una ragione. O avevano in serbo una sorpresa, o attendevano l’arrivo dei rinforzi. In entrambi i casi, secondo Chris, la mossa logica era quella di cercare di raggiungere il cavo. E così avrebbero fatto, se non ci fosse stata la bomba volante.

— Credi che i fantasmi e le bombe lavorino insieme? — chiese.

Gaby lo fissò, e rifletté prima di rispondere.

— Ne dubito — disse infine. — A quanto ne so, i fantasmi non hanno mai lavorato con nessuno, salvo che con altri fantasmi, ma senza andare molto d’accordo neppure con loro. — Ma quando tornò a guardare il cielo, parve meditabonda. Sollevò la pistola e la puntò in direzione del bersaglio lontano, invitandolo a scendere con dolci mormoni.

— Hanno finito di scagliare frecce — disse Valiha.

Chris se n’era già accorto da vari minuti, ma non l’aveva detto, nell’illogico timore che il fuoco di sbarramento riprendesse al solo scopo di fargli dispetto. Ma era vero; per una mezz’ora, dopo che avevano scavato il loro riparo comune, le frecce erano giunte a intervalli di un paio di minuti, e poi erano cessate.

— Sarò pessimista — disse Gaby — ma la cosa mi piace poco.

— Potrebbero essersene andati — suggerì Cornamusa.

— E io potrei essere un titanide.

Chris non riuscì più a trattenersi, anche se aveva continuato a ripetersi che Gaby e Cirocco erano più sagge di lui e avevano maggiore esperienza.

— Penso che dovremmo correre al cavo — disse. — Cornamusa è già ferito. Se aspettiamo che riprendano a tirare le frecce, possiamo trovarci a mal partito. — Attese, ma anche se tutti lo guardavano, nessuno disse niente. Proseguì: — È solo un’impressione, ma temo che la bomba volante sia in attesa di qualcosa. Rinforzi, per esempio.

Si aspettava che la Maga non fosse d’accordo su quest’ultimo particolare. Non aveva alcuna prova, a parte il fatto che le bombe volanti avevano agito di concerto già una volta, nell’attacco in cui era stato ucciso Salterio.

Con sorpresa, vide invece che Gaby e Cirocco si guardavano, e che entrambe erano preoccupate. Capì che al di là di una certa base di informazioni, neppure la Maga era in grado di predire le azioni di Gea. C’erano infinite possibilità, e anche le cose che parevano sicure potevano cambiare da un giorno all’altro, perché Gea fabbricava nuove creature, o cambiava le leggi su cui si basavano quelle vecchie.

— Parla un uomo molto fortunato. Rocky — disse Gaby.

— Lo so, lo so. Non intendo certo negare la validità delle sue premonizioni. Io stessa non riesco più a resistere. Ma forse è proprio ciò che aspetta quel bastardo volante. Anche se ci metteremo a correre, riuscirà a passare su di noi almeno una volta, e laggiù il terreno è piatto come una frittata.

— La ferita non mi rallenta — disse Cornamusa.

— Io posso occuparmi di Robin — disse Oboe.

— Maledizione, siete voi titanidi che correte il rischio più grave — gridò Cirocco. — Io posso infilarmi in quella sabbia in cinque secondi, ma quando voialtri vi stendete a terra, avete le chiappe che sporgono di un metro e mezzo.

— In qualsiasi caso, preferisco fare un tentativo — disse Cornamusa. — Sono stufo di stare qui a fare da puntaspilli.

Chris cominciava a pensare che non si sarebbe giunti a nessuna decisione. Cirocco, dovendo scegliere tra due alternative ugualmente irragionevoli, aveva improvvisamente perso tutta la sicurezza di sé che aveva riacquistato durante il viaggio. Non gli pareva che la leadership, la guida, fosse il suo forte, tranne forse che nel senso di sollevare il morale degli altri. Quanto a Gaby, le occorreva del tempo per assumersi un ruolo che, fondamentalmente, le era antipatico. Robin era paralizzata, e i titanidi non avevano mai messo in discussione gli ordini di Gaby, prima, e di Cirocco poi.

Quanto a Chris, da bambino non era mai stato il capo dei suoi amici, quando si organizzava qualche gioco, e non era mai stato lui a decidere dove andare e cosa fare. In seguito, da adulto, nessuno gli aveva mai chiesto di fargli da capo. Ma da qualche tempo sentiva un crescente desiderio di comandare. Cominciò a pensare che se non si fosse fatto qualcosa in fretta, quella poteva essere la sua ultima ora.

Poi, da un istante all’altro; tutto cambiò. Si udì un’esplosione assordante, come se fosse caduto un fulmine a pochi metri di distanza, seguita immediatamente dal rumore di una bomba volante.

Tutti si appiattirono, istintivamente. Quando osò rialzare lo sguardo, Chris ne vide altre tre, che si avvicinavano in silenzio, sfiorando la cima delle dune, tremolanti e irreali nell’aria distorta dal calore. Premette la guancia contro la sabbia, ma continuò a osservarle mentre pian piano si trasformavano, da punti neri tagliati da una linea orizzontale, in bocche voraci con immense aperture alari. Le ali avevano una leggera curvatura, cosicché le bombe volanti, viste di testa, parevano pipistrelli neri congelati.

Passarono sopra di loro, a una quota di cinquanta metri. Chris vide che da una di esse si staccava qualcosa. Un oggetto cilindrico, che attraversò l’aria, dondolando su se stesso, fino a cadere dietro una duna posta alla sua sinistra. Quando si alzò la fontana di fiamma, Chris sentì sulla pelle il suo calore.

— Siamo bombardati! — gridò Cirocco, alzandosi in piedi. Gaby cercò di farla abbassare, ma Cirocco indicò un terzo gruppo di bombe volanti, che proveniva da nordest. Erano troppo alte per tentare su di lei la tattica dell’urto, e poco prima di giungere sopra di loro si sollevarono leggermente, mostrando la pancia nera, le zampe ben strette accanto al corpo. Gettarono altre di quelle loro "uova" micidiali. Cornamusa e Gaby riuscirono a far abbassare Cirocco proprio mentre le bombe esplodevano, coprendo di sabbia i corpi stesi.

— Avevi ragione! — gli gridò Gaby, balzando in piedi. La cosa non diede a Chris molta consolazione. Si alzò in piedi anche lui, si girò per cercare Valiha e, prima ancora di capire cosa succedeva, si sentì sollevare di peso.

— Al cavo! — gridò Valiha. Chris per poco non perse la pistola ad acqua mentre lei scattava in avanti. Si guardò alle spalle, e vide che sulla duna dietro di loro scorreva un mare di fiamme, con fantasmi che scappavano da tutte le parti.

Ce n’erano centinaia, e quasi tutti bruciavano. Erano gruppi disorganizzati di tentacoli, mucchi indistinti che non rassomigliavano più a niente. Erano grossi come cani da pastore, e correvano come granchi, muovendo tutti i tentacoli contemporaneamente. Erano traslucidi, come le fiamme; bruciando, diventavano macchie di luce violenta che non faceva ombra. Alle orecchie di Chris giunsero strida quasi supersoniche, e secchi ping metallici, come ferro portato al calore rosso e poi raffreddato.

— Bel bombardamento — gridò Gaby, comparsa improvvisamente alla sua destra, in sella a Oboe. La titanide teneva tra le braccia Robin. — Difficile pensare che le bombe volanti siano alleate dei fantasmi.

— Comunque — disse Chris — non credo che siano dalla nostra parte.

— Neanch’io. Hai idea di cosa fare adesso? — Indicò il cielo, dove due stormi di tre bombe volanti ciascuno si preparavano a un altro passaggio.

— Continuiamo a correre — disse Valiha, prima che Chris riuscisse a dire qualcosa. — Credo che non siano molto abili nel lancio delle bombe. Hanno avuto due occasioni, mentre noi non potevamo difenderci, ed entrambe le volte hanno sbagliato mira.

Cornamusa e la Maga avevano raggiunto gli altri due titanidi e galoppavano al loro fianco.

— Sì, ma potrebbero cambiare tattica. Adesso pare che vogliano scendere raso terra. Se dobbiamo scappare, non correte in linea retta. E distanziamoci un poco. La presenza di molti bersagli potrà riuscire a confonderle.

I titanidi fecero come diceva Cirocco. Valiha cominciò a procedere zigzagando verso il cavo: un’andatura assai diversa da quella abituale, senza scosse. Chris dovette tenersi forte per non farsi sbalzare. Quando le bombe volanti iniziarono la discesa, Valiha raddoppiò la foga della corsa, sollevando con gli zoccoli grandi schizzi di sabbia quando cambiava direzione.

— Si tengono molto alte — le disse Chris.

— Bene. Continuo a…

— Verso di loro! — gridò Chris. Valiha obbedì all’istante, e Chris abbassò la testa quando vide le tre bombe che scendevano verso di lui e che parevano tanto vicine da poterle toccare. Finirono a cinquanta metri di distanza. Chris vide che aveva fatto bene a dire a Valiha di allontanarsi. A poca distanza, la bomba poteva colpirli con il suo fuoco liquido. Si sentì rintronare le orecchie, ma in quelle bombe l’effetto incendiario predominava rispetto a quello dirompente.

— È napalm — gridò Cirocco, quando Cornamusa e Valiha giunsero accanto a lei, nel loro zig-zag. — Cercate di non farvi colpire. Rimane attaccato alla pelle e la brucia.

Attaccato o no, Chris ne faceva volentieri a meno. Stava per dirlo, quando Valiha lanciò un grido e inciampò.

Chris le finì contro la schiena, picchiò il mento e batté i denti tra loro. Drizzò la schiena, sputò sangue e guardò cosa succedeva. Valiha aveva la zampa anteriore sinistra avviluppata in tentacoli traslucidi. Parevano troppo esili per esercitare la trazione che la trascinava nella sabbia, ma riuscivano a farlo. Valiha era già sepolta fino al ginocchio.

Puntò la pistola e schizzò un getto d’acqua sul fantasma. La creatura lasciò libera Valiha, indietreggiò di mezzo metro e cominciò a tremolare, Chris pensò che stesse morendo.

— L’acqua non gli fa niente! — gridò Valiha. Colpì il fantasma con la sua mazza. Si ruppero due tentacoli, che continuarono ad agitarsi indipendentemente, prima di scomparire nella sabbia. — Se la scrolla di dosso.

Lo vide anche Chris. Anche se era ferita, la creatura tornò ad avvicinarsi a Valiha. Pareva un nido di serpenti di vetro. In prossimità del centro, ma non ancorato a qualche punto in particolare, c’era un grosso cristallo rosa che probabilmente era un occhio. Il fantasma assomigliava a una creatura marina, a una strana medusa, più che a qualche creatura della terraferma, ma aveva la forza di un filo d’acciaio.

Valiha si sollevò sulle zampe posteriori, e Chris fu costretto a tenersi ai suoi capelli. Lei non se ne accorse. Calpestò la creatura con gli zoccoli anteriori, tornò a sollevarsi e la colpì una seconda volta, infine saltò sopra quel che ne rimaneva e lo colpì così forte, con gli zoccoli posteriori, che quando riprese la corsa c’erano ancora dei pezzi che volavano in aria.

Chris guardò in alto, e vide che il cielo era pieno di bombe volanti.

In realtà ce n’erano solo venti o trenta, ma già una sola era troppo per Chris. Il rombo dei loro motori scuoteva il mondo.

Poi ci dovette essere un’interruzione, perché la scena era totalmente diversa. Valiha, inginocchiata davanti a lui, lo prendeva per le spalle. Gli fischiavano le orecchie. Notò che Valiha, da un lato, aveva i capelli bruciacchiati, e che perdeva sangue dalla faccia e dal braccio sinistro. Era coperta di sabbia, rimasta appiccicata al sudore.

— Non perdi molto sangue — disse lei. Chris abbassò lo sguardo e vide che aveva i vestiti strappati e sporchi di rosso. Un angolo dei calzoni bruciava ancora, e lui si affrettò a spegnerlo. Valiha chiese: — Mi senti?

Annuì, anche se tremava tutto. Lei lo sollevò, e lui si rimise in sella con difficoltà. Non appena Chris si fu sistemato, Valiha riprese il galoppo.

Ormai il primo filo del cavo distava solo cento metri. Prima che lo raggiungessero, Chris notò un cambiamento nel rumore che facevano gli zoccoli di Valiha. Invece dei tonfi sordi che avevano fatto fino a quel momento sulla sabbia, ora facevano un piacevole clop-clop sulla roccia. Presto raggiunsero il grande filo, e Valiha poté infine girarsi, ma scorsero soltanto il deserto. Non si vedevano né Cirocco e Cornamusa, né Gaby, Oboe e Robin. Anche se si udiva ancora un lontano ronzio di motori, nel cielo non c’erano bombe volanti.

— Laggiù — disse Valiha. — A est.

C’era qualcosa che si muoveva nella sabbia. Molti fantasmi, che formavano come una nube su un corpo immobile.

— È Oboe — disse Valiha, piano.

— No, non può essere.

— È così. E laggiù, un po’ più a sinistra, temo sia la nostra compagna Robin.

La piccola figura usciva da dietro la curva del cavo. Distava tre o quattrocento metri da loro. Chris vide che, scorgendo la figura di Oboe, si era fermata, portandosi le mani alla bocca. Poi Robin si raddrizzò, e Chris capì cosa voleva fare.

— Non andare, Robin! — gridò. Robin si fermò e guardò nella loro direzione.

— Non c’è più niente da fare — gridò Valiha. — Non vive più. Vieni qui. — Si voltò verso Chris. — Vado a prenderla.

Lui le afferrò il polso.

— No, aspetta qui. — Non lo disse perché voleva fare l’eroe, ma perché gli ritornava in mente il fantasma che cercava di trascinare Valiha sotto la sabbia. Le guardò la gamba e rimase a bocca aperta.

— Quella cosa…

— È meno grave di quello che sembra — disse Valiha. — I tagli non sono profondi. In maggioranza.

Aveva un aspetto orribile. La zampa era coperta di sangue secco, e da uno dei tagli si era staccato un pezzo di pelle. Chris distolse lo sguardo per guardare Robin, che correva verso di loro. Non teneva bene l’equilibrio, non controllava ancora bene le braccia e le gambe. Chris corse fino a lei e la aiutò a raggiungere Valiha. Robin alla fine crollò a terra, ansimante, incapace di parlare, e si tenne alla roccia come a un vecchio amico. Chris le prese la mano. Era quella senza mignolo.

— Eravamo qui — riuscì infine a dire Robin. — Sotto il cavo. Poi Gaby ha visto la bomba volante, e… volava bassa. La prima. E lei l’ha colpita! E dalla bomba è saltato fuori qualcosa. Con il paracadute… e lei gli è corsa dietro. L’acqua non uccideva i fantasmi! Sono spuntati fuori dalla sabbia, davanti a noi, e…

— Lo sappiamo — disse Chris, cercando di calmarla. — Li abbiamo incontrati anche noi.

— …E poi Oboe è corsa via, alla ricerca di Gaby, e… non mi ha presa. Non potevo muovermi! Eppure sono riuscita a farlo, e sono andata dietro di lei… L’ho vista a terra, e poi mi avete chiamato voi… Ma Gaby è ancora laggiù da qualche parte. Dobbiano trovarla, dobbiamo…

— Mancano anche Cirocco e Cornamusa — disse Chris. — Ma forse sono sotto il cavo. Voi eravate a est, rispetto a noi. Cirocco probabilmente era nell’altra direzione. Noi… Valiha, per quanto tempo sono rimasto incosciente?

La titanide aggrottò la fronte. — Anche noi avevamo già raggiunto il cavo — disse. — Senza danni. Poi ho visto Gaby, che correva isolata, e siamo andati ad aiutarla. È stato in quel momento che ci hanno quasi colpito. Per qualche tempo, credo di essere rimasta priva di conoscenza anch’io.

— Non ricordo niente di tutto questo.

— Il tutto è durato da quattro a cinque decariv… un massimo di trenta minuti da quando è iniziato il bombardamento.

— Perciò Cirocco ha avuto a disposizione tutto il tempo necessano per raggiungere il cavo. Prima di tutto dovremmo cercare tra i fili esterni. — Non sentì la necessità di aggiungere che certamente coloro che erano sulla sabbia erano morti.

Sentivano il bisogno di fare presto, ma era duro lasciare quel rifugio conquistato a fatica. Riuscirono a dedicare qualche tempo al pronto soccorso. Robin era quella che aveva subito meno danni, e Chris non aveva ferite che non potessero guarire con qualche benda. Le ferite di Valiha richiesero più tempo. Quando ebbero finito di medicarle la gamba ferita, Valiha non pareva molto ansiosa di caricarla eccessivamente.

— Cosa ne pensate? — domandò Chris. — Potrebbero trovarsi dietro questo filo del cavo, intenti a cercarci sulla sabbia.

— Potremmo suddividerci in due gruppi — suggerì Robin. — In questo modo potremmo esaminare entrambe le direzioni.

Chris si succhiò il labbro inferiore. — Non so. In tutti i film che ho visto, quando il gruppo si suddivide, succede il disastro.

— Basi la tua tattica sui film?

— E che altro ho? Tu ne conosci altre?

— Credo di no — ammise Robin. — Nella Congrega abbiamo delle esercitazioni, per l’eventualità di un’invasione, ma non so fino a che punto si possano applicare qui.

— Non suddividiamoci — disse Valiha. — Divisione è vulnerabilità.

Ma non ci fu il tempo di decidere. Robin, guardando in direzione del deserto, vide comparire Gaby sulla cima di una duna. Saltava con quei lunghi balzi, permessi dalla bassa gravità, che Chris aveva imparato a non trovare più strani. Ormai li conosceva a sufficienza per capire che Gaby era stanca. Era leggermente china, come se fosse ferita al fianco.

Gaby continuò ad avvicinarsi. Quando era ancora a mezzo chilometro da loro, alzò una mano e gridò, ma nessuno riuscì a distinguere le sue parole.

E neppure lei poté sentirli, quando tutti e tre cominciarono a gridare freneticamente, cercando di avvertirla di ciò che le si stava avvicinando da dietro.

Valiha fu la prima a correre verso di lei. Chris la seguì, ma la titanide lo distanziò presto. Valiha era ancora a trecento metri da Gaby quando la bomba volante sollevò il muso e lanciò il suo carico mortale. Chris lo vide scendere lentamente, e non pensò più a cosa poteva essere nascosto sotto la sabbia. Cadde proprio davanti a lei, e Gaby sollevò le braccia per proteggersi dal mare di fuoco che era improvvisamente comparso sul suo cammino.

Ne uscì di corsa.

Pareva quasi che volasse. Era in fiamme.

Chris vide che cercava di spegnere le fiamme con le mani, sentì le sue urla. Gaby aveva perso il senso della direzione. Valiha cercò di prenderla, ma non ci riuscì. Chris corse verso di lei. Fiutò odore di capelli e carne che bruciavano, quando la colpì con la spalla e la gettò a terra. Gaby urlava e si agitava, Valiha la teneva ferma, Chris continuava a gettare sabbia su di lei. La fecero rotolare su se stessa, cercarono di farla rimanere immobile, ignorando il dolore delle scottature alle mani.

— La soffochi! — protestò Chris, quando Valiha premette su Gaby con tutto il corpo.

— Dobbiamo spegnere il fuoco — disse la titanide.

Quando Gaby finì di divincolarsi, Valiha la sollevò. Prese per un braccio anche Chris, e per poco non glielo strappò dalla spalla. Chris salì in groppa, e Valiha corse verso il cavo, stringendo fra le braccia Gaby, immobile e forse morta. Raggiunsero Robin, che li aveva preceduti nel ritornare al cavo da cui avevano assistito agli inizi del dramma. Chris la prese per mano e la fece salire dietro di sé. Valiha non rallentò il passo finché non sentì nuovamente la roccia sotto gli zoccoli.

Mentre stava per posare a terra Gaby, si guardò alle spalle e scorse un’altra bomba volante in avvicinamento. Incredibile: puntava verso il cavo a tutta velocità, su una traiettoria che passava proprio sopra Valiha. Quando si impennò per sganciare le bombe, e il motore ruggì al massimo dei giri per non urtare il cavo, Valiha si diresse verso l’interno della buia foresta di tubi monolitici che costituivano il cavo.

Udirono delle esplosìoni alle loro spalle. Era impossibile capire se una di esse annunciava la morte della bomba volante. Valiha non rallentò il passo. Entrò ancora di più nella foresta e rallentò solo quando raggiunse una zona sufficientemente buia.

— Ne arrivano altre — disse Chris. Non era mai stato così disperato. Dietro di loro, nello spicchio di cielo visibile tra un filo e l’altro del cavo, si scorgevano le sagome nere delle bombe volanti in avvicinamento. Ne contò cinque, ma era certo che ce ne fossero di più. Una cabrò a destra, l’altra a sinistra, passando tra i fili a velocità da pilota suicida. Dietro di loro, lontano, si udì un’esplosione; poi una seconda esplosione, più vicina, e la creatura passò sopra di loro, rombando. Nel buio si scorgeva nuovamente la fiamma azzurra dei suoi gas di scarico.

Davanti ai fuggitivi ci fu una mostruosa esplosione, e all’improvviso l’interno del cavo si illuminò di una luce arancione. L’ombra dei fili danzò attorno a loro al ritmo scandito dalle fiamme invisibili; poi, per un breve istante, Chris scorse il corpo carbonizzato della bomba volante che precipitava a terra. Valiha continuò a correre.

Una seconda creatura comparve dietro di loro, e udirono lo schianto di una terza che colpiva un cavo alla loro sinistra. Una pioggia di napalm incendiato sgocciolò dal cavo, a un centinaio di metri da loro, come cera da una candela. Altre bombe esplosero più avanti.

A causa delle detonazioni, dagli spazi tra i singoli fili cominciarono a staccarsi grosse pietre e altro materiale. Un masso grosso come Valiha toccò terra a una ventina di metri da loro. Valiha gli girò attorno, e si udì nuovamente il forte rumore dell’impatto di una bomba volante, seguito da due altri, intervallati dalle esplosioni del napalm.

Valiha non si fermò finché non vide l’edificio di pietra che contrassegnava l’ingresso al cervello regionale di Teti. Si fermò, timorosa di entrare. Solo il terrore delle bombe volanti l’aveva spinta così lontano, in una zona tradizionalmente evitata dalla sua razza.

— Dobbiamo entrare — le disse Chris. — Questo edificio rischia di crollare. Prima o poi, una di quelle creature ci ucciderà, se prima non saremo schiacciati da qualche masso.

— Sì, ma…

— Valiha, fa’ come ti dico. È "Fortunato" Major a parlarti. Pensi che ti direi di fare una cosa, se non si trattasse di qualcosa di sicuro?

Valiha esitò un solo istante, e poi si avviò trotterellando sotto l’arco dell’ingresso. Attraversò il pavimento di pietra finché non raggiunse l’inizio della scalinata che scendeva per cinque chilometri.

E prese a scendere.

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