Robert Silverberg Torre di cristallo

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Perché sai, voleva dirgli Simeon Krug, un miliardo d’anni fa non c’era l’uomo, di nessun tipo. C’era solo un pesce. Un affare viscido e scaglioso, con le branchie e gli occhietti rotondi. Viveva nell’oceano, e l’oceano era come una prigione, e l’aria, su in alto, era il tetto. Quel tetto non si passa, dicevano tutti, se lo passi muori. E c’era quel certo pesce: lo passò e morì. E quell’altro pesce: anche lui lo passò, e morì. Ma quell’altro pesce ancora, quando lo passò, gli bruciava il cervello, gli ardevano le branchie, e l’aria lo annegava, e il sole era una fiammata che gli incendiava gli occhi, e lui rimase sul fango ad aspettare la morte, e non morì. Strisciò indietro fino all’acqua, rientrò dentro e disse a tutti: Ehi, lassù, c’è tutto un mondo nuovo, diverso dal nostro! E ritornò su, e ci rimase un paio di giorni e poi morì. E gli altri pesci cominciarono a parlare di quel mondo nuovo, diverso. E strisciarono su, raggiunsero il fango della riva. E ci rimasero. E impararono a respirare l’aria. E impararono ad alzarsi sulle zampe, a camminare, a vivere con negli occhi il barbaglio del sole. E diventarono lucertole, e dinosauri e tutto il resto, e andarono in lungo e in largo per milioni di anni, e si rizzarono sulle gambe di dietro, e usarono quelle davanti per prendere in mano le cose, e diventarono scimmie, e le scimmie si fecero più furbe e diventarono uomini. E sempre, per tutti quei milioni di anni, qualcuno di loro continuava a cercare nuovi mondi. Tu gli dici: Dai, torniamocene nell’oceano, riprendiamo a fare i pesci perché e più comodo. E può darsi che gli altri, metà degli altri o forse più, sarebbero disposti a farlo, ma trovi sempre qualcuno che ti rimbecca: Non dire fesserie. Non possiamo più tornare a fare i pesci: adesso siamo uomini. E indietro non si torna mai. Si continua ad arrampicarsi, a salire.

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