La messa in opera dell’ultimo fiocco di neve sarebbe dovuta essere un’occasione di gioia; e invece lo stato d’animo era solo di pacata soddisfazione. Trentamila chilometri sopra Thalassa, l’ultimo esagono di ghiaccio venne assemblato, e lo scudo fu completo.
Per la prima volta in quasi due anni venne acceso il motore quantico, alla potenza minima. La Magellano uscì dall’orbita stazionaria e accelerò per verificare l’equilibrio e la stabilità dell’iceberg artificiale che doveva portare verso le stelle. Non vi furono problemi; il lavoro era stato eseguito alla perfezione. Il capitano Bey ne fu molto sollevato, perché non aveva dimenticato che Owen Fletcher (ora sotto stretta sorveglianza sull’Isola Settentrionale) aveva contribuito in notevole parte alla costruzione dello scudo stesso. E si chiese cosa avessero provato Fletcher e gli altri Sabra vedendo la cerimonia dell’inaugurazione.
La cerimonia iniziò con un audiovisivo che mostrava le varie fasi della costruzione dell’impianto di congelamento e poi il primo fiocco di neve che s’innalzava verso il cielo. Seguiva quindi, in una sorta di balletto spaziale accelerato, l’assemblaggio dei lastroni di ghiaccio e la costruzione dello scudo. Le prime inquadrature erano a velocità normale; quindi la velocità aumentava rapidamente così che gli ultimi lastroni venivano assemblati al ritmo di uno al secondo. Il più famoso compositore di Thalassa aveva curato la colonna sonora, che iniziava con una solenne pavana e finiva con una polka mozzafiato — la musica tornava grave e solenne quando l’ultimo lastrone veniva messo in posizione.
Dopo di che si passava alla diretta: una telecamera sospesa nello spazio un chilometro a prua della Magellano, che orbitava nel cono d’ombra proiettato dal pianeta, mostrava la rimozione del grande schermo che proteggeva il ghiaccio dal sole durante il giorno. Per la prima volta fu visibile tutto quanto lo scudo.
Il gran disco verdastro risplendeva freddo alla luce dei proiettori; presto sarebbe divenuto ancora più freddo, quando la nave si sarebbe inoltrata nelle temperature prossime allo zero assoluto della notte galattica. L’unico calore sarebbe allora stato quello, debolissimo, delle stelle lontane, quello prodotto per irraggiamento della Magellano e quello prodotto dall’impianto con le particelle di polvere.
La telecamera fece una lenta panoramica dell’iceberg artificiale. Il commento era di Moses Kaldor.
«Popolo di Thalassa, noi vi ringraziamo per il vostro dono. Al riparo di questo scudo di ghiaccio, noi speriamo di giungere fino al mondo che ci aspetta settantacinque anni luce lontano, tra trecento anni.
«Quando arriveremo su Sagan Due avremo ancora con noi almeno ventimila tonnellate di ghiaccio, che faremo precipitare sul pianeta. Il calore del rientro lo trasformerà nella prima pioggia che quel frigido mondo abbia mai conosciuto. Per un istante, prima di gelare nuovamente, l’acqua di Thalassa prefigurerà gli oceani che ancora non sono nati.
«E un giorno i nostri discendenti avranno mari come i vostri, sebbene non così vasti e profondi. L’acqua dei nostri due mondi si mescolerà insieme, portando così la vita alla nostra nuova patria. E noi vi ricorderemo con affetto e gratitudine.»