PARTE SECONDA SHENANDOAH

CAPITOLO DECIMO

La foschia di luglio gravava sulla vallata, offuscando i contorni; l'aria calda tremolava sopra i campi. Era una giornata morbida e carezzevole, la valle era percorsa da una calda brezza. Il mais cresceva florido, più alto della testa di un uomo. Il frumento era bruno-dorato, e ondeggiava ad ogni minimo alito di vento. Un fremito mosse, tutt'insieme, l'intera superficie vegetale, come un singolo organismo che alleviasse la tensione dei muscoli.

Oltre il mais e il frumento, l'uniforme distesa s'interrompeva, precipitandosi giù a incontrare il fiume, una distesa d'acqua liscia come uno specchio. Il fiume sembrava immobile, trasparente come il cristallo, ma per chi l'osservava dal secondo piano dell'ospedale, per uno scherzo della luce filtrata attraverso la foschia, l'acqua diventava color ruggine, dall'apparenza solida come un metallo corroso dalle intemperie.

Molly fissò a lungo il fiume, raffigurandosi nella mente il lungo cammino che esso faceva tra le colline. Quindi il suo sguardo ritornò alla banchina; qui, anche se nascosta al suo sguardo dagli alberi, era ormeggiata una barca. Una sottile pellicola di sudore copriva il volto e il collo di Molly. Con una mano, si scostò i capelli dalla nuca, dove alcune ciocche si erano incollate.

— Nervosa? — Miriam fece scivolare il braccio attorno alla vita di Molly.

Molly appoggiò per un attimo la testa contro la guancia di Miriam, poi tornò a raddrizzarsi: — Forse.

— Io lo sono — disse Miriam.

— Anch'io — dichiarò Martha, e anch'essa raggiunse la finestra, infilando il braccio sotto quello di Molly. — Vorrei che non avessero scelto noi.

Molly annuì: — Ma non sarà per molto. — Il corpo di Martha era caldo contro il suo, ed ella distolse lo sguardo dalla finestra. La corsia era stata realizzata rimuovendo le pareti divisorie di tre stanze contigue dell'ospedale, ottenendo così un locale lungo e stretto, con sei finestre, nessuna delle quali, in quel pomeriggio afoso, lasciava passare il più sottile alito di brezza. Sei brande erano allineate lungo la parete opposta, candide, austere.

— Lasciate che vi pettini, adesso — fece Melissa, dall'altra estremità della stanza. Durante l'ultima mezz'ora aveva pettinato e intrecciato i propri capelli e adesso si voltò, con un guizzo grazioso. Vestita di una corta tunica bianca dall'ampia cintura rossa, aveva un aspetto fresco e adorabile. I capelli le si drizzavano sul capo in una complicata acconciatura, e intrecciato ad essi, perfettamente intonato alle sue trecce scure, spiccava un nastro, anch'esso rosso. Le «sorelle Miriam» erano dotate d'inventiva e di gusto artistico, erano esse che imponevano uno stile, e quell'acconciatura era l'ultimissima creazione di Melissa, che sarebbe stata copiata da tutte le altre sorelle prima che fosse passata una settimana.

Martha rise deliziata e si sedette, sforzandosi con gli occhi di seguire le abili dita di Melissa che cominciavano ad acconciarle i capelli. Un'ora più tardi, quando lasciarono la stanza, camminando a due a due, esse si muovevano come un singolo organismo ed apparivano eguali come pannocchie di granoturco.

Altri piccoli gruppi cominciavano a convergere verso l'auditorium. Le sorelle Louisa salutarono con un cenno della mano e sorrisero; un fratello Ralph sfrecciò loro accanto di corsa, i lunghi capelli in due lunghe trecce alla maniera indiana. Le sorelle Nora si fecero da parte per lasciar passare il gruppo di Miriam, fissandolo con occhi ammirati e rispettosi. Molly sorrise loro, e vide che anche le sue sorelle sorridevano; tutte condividevano l'orgoglio in eguai maniera.

Quando si addentrarono sul sentiero più ampio che conduceva all'auditorium, intravidero parecchie riproduttrici che le sbirciavano furtive seminascoste da una siepe di rose. I visi si ritrassero alla loro vista, e le sorelle si voltarono all'unisono, ignorandole, dimenticandole istantaneamente. C'erano i fratelli Barry: Molly cercò d'individuare Ben. Sei piccole Clara corsero verso di loro, si arrestarono per lasciarle passare e continuarono a fissarle con gli occhi sgranati finché le sorelle Miriam non ebbero salito la gradinata, entrando nell'auditorium.

La festa aveva luogo nel nuovo auditorium, dove le sedie erano state sostituite da lunghe tavole ricolme di ghiottonerie, di solito servite soltanto in occasione delle ricorrenze ufficiali: il Giorno del Primo Nato; il Giorno della Fondazione; il Giorno dell'Inondazione… Molly restò senza fiato, quando guardò attraverso le porte aperte sull'altro lato dell'auditorium: il sentiero che conduceva al fiume era illuminato a giorno da torce impregnate di sego, e ornato con archi di fronde di pino. Un'altra cerimonia avrebbe avuto luogo sulla banchina, dopo la festa. Ora l'auditorium risuonava di musica, fratelli e sorelle danzavano nello spazio libero dai tavoli e i bambini scorrazzavano dovunque, intenti ai loro giochi dalle regole misteriose. Molly vide la sua sorella più piccola intenta ad inseguire qualcuno, e sorrise. Dieci anni prima quella bambina avrebbe potuto essere lei, o Miri, o Melissa, Meg, Martha. E Miriam sarebbe stata da qualche altra parte, a torcersi le mani per la frustrazione o a pestare i piedi per la rabbia, perché le sue giovani sorelle, elusa la sua sorveglianza, non si comportavano correttamente. Di due anni più vecchia di loro, ella sentiva tutto il peso della propria responsabilità.

La maggior parte delle donne, lì nell'auditorium, indossava corte tuniche bianche con ampie cinture variopinte; soltanto le sorelle Susan avevano deciso di vestirsi con lunghe gonne che sfioravano il suolo, ora unite in gruppo, la mano nella mano, ora separate, come un grande fiore che chiudeva o apriva la sua corolla. Gli uomini indossavano tuniche lunghe e dal taglio più austero di quelle femminili, con cordoni annodati alla vita ai quali erano appese borse di cuoio, ciascuna decorata col simbolo della famiglia di fratelli alla quale apparteneva colui che la portava: qui una testa di cervo, là un serpente avvolto nelle sue spire, o un uccello in volo, o un alto pino svettante…

I fratelli Jeremy avevano elaborato una danza dalle complicate figurazioni, più semplice dalla danza dei fiori, ma che richiedeva anch'essa concentrazione e resistenza a uno sforzo prolungato. Sudavano copiosamente quando Molly si fece strada fra il cerchio degli astanti per guardarli da vicino. C'erano sei fratelli Jeremy, e Jeremy era soltanto di due anni più anziano degli altri: non c'era nessuna differenza distinguibile fra loro. Molly non riuscì a capire, nell'intreccio dei loro corpi in movimento, quale fosse Jed, il quale sarebbe stato uno dei suoi compagni di viaggio, giù lungo il fiume dalle acque ferrigne.

La musica cambiò, e Molly e le sue sorelle si lanciarono sulla pista. Il crepuscolo divenne notte fonda, furono accese le luci elettriche, le ampolle erano state ricoperte di globi azzurri, gialli, rossi, verdi. La musica crebbe d'intensità, i danzatori turbinavano in numero sempre maggiore sulla pista, mentre altri gruppi di fratelli e sorelle si affollavano alle tavole imbandite. I piccoli fratelli Kirby cominciarono a gridare tutti insieme, e qualcuno s'incaricò di portarli via per metterli a letto. Le piccole sorelle Miriam si erano invece acquietate, e se ne stavano appoggiate a una parete, come tanti topolini, intente a divorare pasticcini leccandosi le dita: tutte avevano scelto dolci rosa, rivestiti di zucchero rosa che si appiccicava dovunque, al naso, alle guance, al mento, erano tutte sudate, e sporche di terra. Una di esse non aveva più scarpe.

— Ma guardatele! — esclamò Miri.

— Cresceranno — fu il commento di Miriam, e in quell'attimo Molly avvertì una fitta di qualcosa che non riuscì a identificare. Poi le sorelle Miriam si precipitarono in gruppo verso una delle tavole, discussero aspramente su che cosa scegliere, e alla fine si ritrovarono con i piatti pieni delle identiche cose: kebob di agnello e involti di pasta e salsicce, bastoncini di patate dolci intinte nel miele, fagiolini verdi in salsa di aceto e minuscoli biscotti croccanti.

Molly si voltò nuovamente a guardare le sorelline che si erano appoggiate stanche morte, alla parete. Non più pasticcini con glassa rosa per lei, pensò tristemente. Una delle sorelline le sorrise timidamente, e lei rispose al suo sorriso, poi con le altre andò a cercare un posto dove sedere, continuare a far festa, ed aspettare intanto le cerimonie.

Roger, il più anziano di tutti loro, era il maestro delle cerimonie. Egli disse, scandendo le parole: — Un brindisi ai nostri fratelli e alla nostra sorella che domattina all'alba si metteranno in viaggio per scoprire — non nuove terre da conquistare, non prove temerarie per dimostrare il proprio coraggio, non ricchezze d'oro e d'argento — ma piuttosto l'inestimabile patrimonio, il più prezioso di tutti: le informazioni. Tutti noi abbiamo bisogno d'informazioni… informazioni che renderanno possibile, per noi, esplodere in mille germogli, in un milione di germogli! Domani ci lasceranno, sorella e fratelli nostri, e nel giro di un mese torneranno a noi come nostri maestri: Jed! Ben! Harvey! Thomas! Lewis! Molly! Venite avanti e permetteteci d'innalzare un brindisi a voi e al dono più inestimabile che ci porterà la vostra famiglia!

Molly sentì le guance che le ardevano per il compiacimento, mentre si faceva strada tra la folla, che adesso si era levata in piedi e applaudiva freneticamente. Finalmente poté unirsi agli altri sul podio e attese che gli evviva e gli applausi si spegnessero; le sue sorelline, in piedi sulle sedie, continuarono a lungo a battere le mani, i volti arrossati, macchiati di zucchero candito. Sono sul punto di piangere, lei pensò. Non sarebbero riuscite ancora per molto a dominare quell'eccitazione.

— E ora — proseguì Roger — per ciascuno di voi abbiamo un dono…

Il dono per Molly era un'ampia borsa impermeabile per i blocchi di carta per gli schizzi, le matite e le penne. Era la prima volta che ella possedeva qualcosa che non condivideva con le sue sorelle, qualcosa di unicamente suo. Sentì gli occhi gonfi di lagrime che stavano per traboccare, e non riuscì a seguire il resto della cerimonia, e quali fossero i doni degli altri… Poco dopo vennero condotti alla banchina, dove ebbero l'ultima sorpresa: il dono di uno stendardo che già sventolava sull'albero della piccola imbarcazione sulla quale avrebbero viaggiato fino a Washington. Lo stendardo aveva l'indentico colore del cielo di mezza estate, e alla luce del giorno si sarebbe perfettamente fuso con lo sfondo azzurro-cupo. Una saetta argentea vi spiccava in diagonale. Una calotta copriva la sezione prodiera dell'imbarcazione, e anch'essa era azzurra e argento.

Vi fu un altro brindisi: un vino frizzante che le svaporò nella testa; e poi un altro ancora, e ora Roger rideva, mentre annunciava: — La festa continuerà, ma i nostri audaci esploratori ora si ritireranno. — Jed scosse la testa, ma Roger scoppiò nuovamente a ridere: — Non hai scelta, fratello mio. Il vostro ultimo brindisi era adulterato, ed entro un'ora dormirete tutti come ghiri, così comincerete il vostro viaggio freschi e riposati. Suggerisco che le sorelle e i fratelli accompagnino a casa questi arditi viaggiatori e li mettano al sicuro, a letto.

Con molte risate i viaggiatori furono circondati dai rispettivi fratelli e sorelle. Molly accennò una debole protesta quando le sue implacabili sorelle la scortarono, con dolce fermezza, fino alla sua stanza.

— Sistemerò io qua dentro le tue cose, nel migliore dei modi — la rassicurò Miriam, ammirando la borsa che le era stata donata. — Com'è bella! Guardate, è tutta ricamata e intagliata…

Le sorelle spogliarono Molly e cominciarono a spazzolare i capelli; Miri le massaggiò la schiena e le sfregò le spalle, e Melissa la baciò delicatamente sul collo, mentre le scioglieva i nastri che le trattenevano le trecce.

Molly si sentì avvolgere da un piacevole languore, e riuscì soltanto a sorridere e a sospirare mentre le sue sorelle la preparavano per il letto, poi due di esse srotolarono il morbido tappeto e attesero lì accanto, mentre le altre la guidavano fino ad esso, ridendo tutte nel vedere il suo passo barcollante, il modo in cui quasi cadde in ginocchio, e i suoi vani tentativi di tenere aperti gli occhi. Quando fu distesa sul tappeto, esse l'accarezzarono, facendole provare mille delizie, fino a quando la sua coscienza non scivolò via completamente da loro, ondeggiando nel mondo dei sogni. Allora esse la sollevarono e la trasportarono fino alla branda e la coprirono con la leggera coperta estiva. E Miri si piegò su di lei e le baciò teneramente le palpebre.

CAPITOLO UNDICESIMO

Alla fine della prima ora, la vita a bordo della barca era già diventata routine. Grida e saluti si erano perduti in distanza ed era rimasto soltanto il fiume tranquillo circondato dai campi e dai boschi silenziosi, e il placido sciabordio dei remi. Per settimane si erano allenati, ed ora tutti e sei erano ben temprati, e abituati a lavorare insieme in perfetta armonia. Lewis, che aveva disegnato la barca, era a prua, di guardia in caso di rischi imprevisti. Tre dei fratelli e Molly remarono per il primo tratto; Ben sedeva a prua, dietro a Lewis.

Ora la calotta era completamente abbassata, a prua. A poppa vi era una sezione permanentemente chiusa, con quattro cuccette. Ma anche la sezione di prua poteva esser chiusa ermeticamente e diventare confortevole almeno quanto quella a poppa. Ogni centimetro quadrato di spazio disponibile era stato ingegnosamente sfruttato, soprattutto per il cibo, gli indumenti di ricambio, la scorta dei medicinali, e le borse impermeabili ben piegate che avrebbero dovuto esser riempite di documenti, mappe o qualunque altra cosa importante avessero trovato.

Molly remava e scrutava le rive. Erano ormai usciti dal tratto della valle che era loro familiare, con i suoi campi coltivati; le caratteristiche del terreno stavano cambiando. La valle si restrinse, poi tornò ad allargarsi, quindi nuovamente si restrinse; sulla sinistra s'innalzavano delle pareti quasi a strapiombo, mentre a destra il terreno s'innalzava più dolcemente, in una successione di pendii ricoperti da una folta vegetazione.

Il mattino era silenzioso, gli alberi immobili; non si udiva alcun suono, fatta eccezione per lo sciabordio dei remi.

Molly pensò che quella settimana era il turno delle sue sorelle preparare nelle cucine i pasti della collettività. Vi pensò a lungo, mentre i suoi occhi seguivano i movimenti del remo che si tuffava nell'acqua per riemergerne sgocciolante. Nelle cucine… muovendosi tutte insieme, ridendo insieme. Forse sentivano già la sua mancanza… Ma intanto continuò a manovrare il remo, ad alzarlo, a riaffondarlo, con movimenti regolari.

— Roccia! Ore dieci, a venti metri! — gridò Lewis.

Prontamente deviarono, aggirando l'ostacolo senza difficoltà.

— Roccia a ore nove, venti metri!

Thomas, seduto davanti a Molly, ostentava due spalle larghe e robuste, i suoi capelli erano color paglia, e dritti come paglia. Una leggera brezza continuava a giocare con essi, sollevandoli e facendoli ricadere. I suoi muscoli guizzavano con movimenti fluidi, il sudore lo rendeva tutto lustro. Molly pensò che avrebbe costituito il modello ideale per uno studio sulla muscolatura umana. Thomas si girò e disse qualcosa ad Harvey, il quale si trovava sull'altro lato della barca, ed entrambi risero.

Ora il sole era più alto e il calore avvolgeva i loro volti in una torrida carezza, appena attenuata dalla brezza che essi stessi creavano, solcando l'acqua con lenta, costante progressione. Molly sentiva il sudore imperlarle il labbro superiore. Molto presto avrebbero dovuto fermarsi per sollevare la calotta protettiva. Essa avrebbe offerto una resistenza supplementare alla loro avanzata, ma essi avevano calcolato che questo svantaggio sarebbe stato più che compensato da una condizione più confortevole: il viaggio era stato progettato per garantir loro il massimo della sicurezza e della comodità, e né l'una né l'altra dovevano essere sacrificate alla velocità.

Prima di loro, altri erano discesi lungo il fiume fino alla sua confluenza con lo Shenandoah. Altre rocce affioravano più avanti, poi vi era un lungo tratto senza ostacoli fino al fiume più ampio e sconosciuto. E quel pomeriggio Molly avrebbe abbandonato il suo posto al remo e iniziato la sua vera missione, un diario pittorico del viaggio, comprese tutte le necessarie modifiche alle mappe.

Cercarono di alzare la vela, ma il vento si sperdeva in mille réfoli capricciosi nella valle, ed essi decisero di attendere fino a più tardi, forse sul Potomac, per un nuovo tentativo. Si fermarono, alzarono la calotta e riposarono, quindi ritornarono ai remi, e ora Molly sedeva da sola, con il blocco per gli schizzi e le mappe del fiume accanto a sé. Le sue mani erano intorpidite, e fu contenta di potersene star seduta tranquillamente. Infine, cominciò a tracciare i primi schizzi.

Quel pomeriggio, sul tardi, giunsero alle prime rapide e le superarono senza difficoltà. Entrarono nello Shenandoah e voltarono verso nord; quando infine la giornata volse al termine erano tutti stanchi e come intimiditi, e perfino Jed non riuscì ad escogitare nessuna battuta spiritosa, per farli ridere.

Dormirono sulla barca, che procedeva lentamente sulla corrente. Molly pensò alle proprie sorelle, che riposavano sui bianchi letti, il tappeto arrotolato e messo via. Provò un'insopportabile sensazione di solitudine, ma soffocò le lacrime. Un vento leggero agitava, sopra di lei, le cime degli alberi, e quasi sembrò che bisbigliassero fra loro.

Molly ardeva dal desiderio di protendere un braccio e toccare uno dei fratelli; uno qualunque, non aveva importanza. Sospirò, e udì qualcuno sussurrare il suo nome. Era Jed. Egli scivolò nella sua stretta cuccetta e l'avvinse tra le sue braccia; Molly a sua volta l'abbracciò, e così stretti si addormentarono.

La seconda notte, si riunirono tutti a coppie e si confortarono a vicenda prima di addormentarsi.

Il giorno successivo, furono costretti ad arrestarsi a causa delle rapide troppo impetuose che sfociavano in una cascata. — Non è indicata sulla mappa — disse Molly, in piedi sulla sponda accanto a Lewis. Fino a quel punto il corso del fiume era stato ampio e facile, la valle una distesa continua di cespugli e alberi bassi là dove un tempo si stendevano i campi coltivati a mais e a frumento. Poi gli strapiombi rocciosi si erano avvicinati sempre più al corso d'acqua, che si era fatto più stretto e profondo, scorrendo sempre più veloce. Dal giorno in cui erano state tracciate le mappe, l'acqua aveva continuato a corrodere la roccia alla base, finché uno dei dirupi aveva ceduto sotto il proprio peso facendo precipitare enormi macigni e una fitta pioggia di detriti, che ora sbarravano il fiume fin dove giungeva il loro sguardo. Le acque avevano tracimato, allargando la valle su entrambi i lati. E si era formata una cascata, invisibile ai loro occhi, ma di cui sentivano il rombo più avanti.

— Dovremmo essere quasi alla confluenza del ramo meridionale dello Shenandoah con quello settentrionale — disse Molly. Si voltò a scrutare gli strapiombi rocciosi. — Probabilmente non più di un paio di miglia da quella parte — Indicò la parte rocciosa più vicina a loro, che s'innalzava quasi verticale.

Lewis annuì: — Dovremo tornare indietro, finché non troveremo un punto dov'è possibile tirare a secco la barca, e di qui trascinarla, via terra, fino all'altro corso d'acqua.

Molly consultò la mappa: — Guarda, qui è segnata una strada. Arriva fin quasi al fiume, qui dietro, poi supera un paio di colline, e dopo circa tre miglia ridiscende verso l'acqua. Dovrebbe permetterci di superare la cascata, restando sempre sul ramo meridionale. Raggiungere il ramo settentrionale per via di terra è impossibile: ci sono soltanto rocce e crepacci, nessun passaggio, niente strade o sentieri.

Lewis decise che, comunque, adesso avrebbero mangiato. Tirarono fuori, dunque, le provviste, e poi, dopo essersi riposati un po', virarono di bordo e cominciarono a vogare controcorrente, tenendosi vicini alla riva, aguzzando gli occhi. Qui la corrente era assai energica, e si resero conto per la prima volta che il viaggio di ritorno sarebbe stato assai duro, poiché avrebbero dovuto lottare con la corrente fino a casa.

Molly individuò infine il punto in cui la vecchia strada scavalcava le colline. Si avvicinarono ancora di più alla sponda, e trovarono un punto dov'era possibile tirare a secco la barca e prepararsi per il viaggio a terra. Essi avevano portato con sé ruote e assali, e asce per abbattere alberi, ed erano in grado, perciò, di fabbricare un carro. Quattro fratelli cominciarono a tirar fuori tutto quello che serviva all'opera.

Ben piegati e stivati nella barca vi erano anche calzoni lunghi, pesanti, stivali e camice dalle maniche lunghe, più per proteggerli dai graffi dei cespugli che dal freddo, il quale non era previsto per tutto il periodo che sarebbe durato il viaggio. Molly e Lewis si cambiarono in fretta d'indumenti, e si avviarono verso l'interno, per cercare la via migliore per attraversare l'intricata boscaglia fino alla strada.

Quella notte avrebbero dovuto dormire nel bosco, pensò Molly all'improvviso, e un brivido l'attraversò tutta. Le sue sorelle avrebbero alzato gli occhi, inquiete, dal loro lavoro, si sarebbero scambiate sguardi interrogativi, e avrebbero ripreso con riluttanza le loro faccende, in qualche modo toccate dall'identico timore che lei provava. Se lei fosse stata più vicina a loro, sarebbero tutte accorse, incapaci di spiegare il perché, ma in preda ad un'attrazione irresistibile.

Dovettero tornare indietro parecchie volte prima d'individuare un passaggio che avrebbe reso loro possibile spingere la barca fino all'inizio della strada. Quando infine ritornarono al fiume, gli altri avevano già allestito un robusto carro piatto, assicurandovi sopra la barca con dei cavi. Avevano anche acceso un piccolo fuoco, sul quale l'acqua si stava scaldando per il tè. Ora avevano indossato tutti i calzoni lunghi e gli stivali.

— Non possiamo fermarci — esclamò Lewis, tradendo una viva impazienza, lanciando un'occhiata di disappunto al fuoco. — Ci restano soltanto quattro ore prima dell'oscurità, e prima di allora dovremo aver raggiunto la strada e preparato il campo per la notte.

Ben replicò con calma: — Possiamo metterci subito in viaggio, mentre Molly mangia qualcosa e beve il tè. È stanca, ed è bene che si riposi un po'. — Ben era il medico della spedizione. Lewis si limitò a scrollare le spalle.

Molly li osservò mentre s'infilavano la bardatura. Ella aveva in mano una tazza colma di tè fumante e un pezzo di formaggio dal colore dell'avorio antico. Il fuoco ai suoi piedi ardeva ancora ma andava spegnendosi. Molly si scostò: faceva troppo caldo con i calzoni pesanti e la camicia dalle maniche lunghe.

Quattro fratelli avrebbero tirato la barca dal davanti, mentre Thomas l'avrebbe spinta da dietro. Prima di mettersi in movimento, egli si voltò a guardare Molly e le sorrise. Poi la barca si sollevò sopra una roccia affiorante, ricadde giù, stabilizzandosi, quindi prese ad avanzare con regolare progressione, verso sinistra, risalendo il pendio.

Molly si accostò al fiume portando con sé il tè e il formaggio, si tolse gli stivali e sedette con i piedi immersi nell'acqua tiepida. Tutti e sei, avevano una ragione specifica per far parte di quella spedizione, lei lo sapeva, e non si sentì per nulla superflua. Le sorelle Miriam erano le sole in grado di ricordare e riprodurre esattamente ciò che vedevano. Sin dalla prima infanzia erano state addestrate a sviluppare quel dono. Era un peccato che le sorelle Miriam fossero di costituzione esile; lei era stata scelta unicamente per quella sua capacità, non per la sua forza o altre doti, come invece era stato per i fratelli. Ma che lei fosse necessaria quanto ognuno degli altri, nessuno lo dubitava.

Ora l'acqua che le accarezzava i piedi si era fatta più fresca, e Molly cominciò a togliersi tutti gli indumenti. Scese nel fiume e si mise a nuotare, lasciando che l'acqua le scorresse fra i capelli, le detergesse la pelle, le massaggiasse dolcemente i muscoli. Quando tornò a riva il fuoco era quasi spento: lo estinse del tutto servendosi della tazza, poi si rivestì e s'inoltrò nel sentiero lasciato nel folto dei cespugli dal passaggio dei suoi fratelli e della barca.

Improvvisamente, sentì di essere osservata. Si fermò, ascoltando, tentando di vedere fra il bosco, ma non c'era alcun suono nel folto, eccettuato, in alto, il frusciare delle foglie alla brezza. Ella si girò di scatto. Niente. Inspirò profondamente e riprese a camminare. Non era paura, si disse con fermezza, ma accelerò il passo. Non c'era niente di cui aver paura. Nessun animale, niente. Soltanto gli insetti che si nascondevano nel suolo erano sopravvissuti: formiche, termiti… Si costrinse a pensare alle formiche: erano esse le impollinatrici, adesso… ma scoprì di non poter fare a meno di sollevare continuamente la testa, verso gli alberi ondeggianti.

Il calore era oppressivo, e le sembrava, quasi, che gli alberi si stessero rinchiudendo su di lei, anche se in realtà non si spostavano di un solo millimetro. Era sola, per la prima volta nella sua vita, si disse. Davvero sola, fuori della portata di chiunque, esclusa da qualunque contatto. Ed era appunto questa solitudine che la spingeva ad affrettarsi così attraverso il sottobosco, calpestandolo e abbattendolo invece di aggirarlo quando le impediva il passaggio. Pensò che questa fosse la ragione per cui gli uomini erano impazziti nei secoli scorsi: diventavano folli per la solitudine, per non aver mai conosciuto il conforto dei fratelli e delle sorelle che erano come un tutt'uno, con identici pensieri, identici desideri, identici dolori, identiche gioie.

Molly stava ormai correndo, il fiato mozzo. Si costrinse a fermarsi, e a respirare profondamente, a intervalli regolari, per alcuni minuti. Restò in piedi, appoggiandosi al tronco di un albero, e attese fino a quando il battito del suo cuore si fu calmato, poi riprese a camminare, a passo svelto ma senza lasciarsi travolgere dal desiderio di correre. La sua paura però non cominciò a dileguarsi finché non vide i fratelli davanti a lei.

Quella notte si accamparono sulla strada per metà cancellata nel cuore della foresta. Gli alberi si chiudevano sopra di loro, escludendo la vista del cielo, e il loro fuoco sembrava debole e pallido nell'immensa oscurità che premeva da ogni lato e da sopra. Molly giacque rigida e immobile, tendendo l'orecchio alla ricerca di qualcosa, di qualunque cosa, del più piccolo suono che le dicesse che non erano soli al mondo, che lei non era sola al mondo. Ma non c'era alcun suono.

Il pomeriggio seguente, Molly fece uno schizzo dei fratelli. Sedeva sola, godendosi il sole e l'acqua, che era tornata ad essere liscia e profonda. Pensò ai fratelli, a com'erano diversi l'uno dall'altro, e le sue dita cominciarono rapidamente a tratteggiarli, come non li aveva mai disegnati prima, come non li aveva mai immaginati… Le piaceva l'aspetto di Thomas. I suoi muscoli erano lunghi e lisci, gli zigomi larghi e prominenti che gli dividevano la faccia in parti armoniose, ben delineate. Molly disegnò il volto di Thomas servendosi soltanto di linee diritte che suggerivano i piani delle sue guance, il naso forte e stretto, il mento appuntito. Così, sembrava più giovane, più giovane delle sorelle Miriam, anche se esse avevano diciannove anni e lui ventuno.

Molly chiuse gli occhi e ricreò nella propria mente l'immagine di Lewis. Era molto alto, più di un metro e novanta. E grosso. Lei disegnò una forma simile a una roccia, una lunga testa con un volto che sembrava quasi fluido, tondo, carnoso, praticamente privo di uno scheletro osseo, eccettuato il grande naso. Ma il naso non la soddisfece. Molly tornò a chiudere gli occhi e un attimo dopo cancellò il naso che aveva disegnato, e ne tracciò un altro, leggermente fuori centro, un po' storto. Ogni particolare era esagerato, eccessivo, lei lo sapeva, ma in qualche modo, così facendo, era riuscita a cogliere la sua essenza.

Harvey era alto e piuttosto magro. Due piedi grandi e lunghi, lei pensò, sorrìdendo alla figura che stava emergendo sulla carta. Grandi inani, occhi tondi come anelli. Istintivamente, guardandolo, si capiva quanto sarebbe stato goffo, avrebbe inciampato continuamente, gii oggetti gli sarebbero caduti dalle mani.

Jed era disinvolto. Paffuto, ogni linea del suo corpo era una curva. Mani piccole, quasi delicate. Ossa minute. Il suo volto, un fitto intreccio di lineamenti, tutti ravvicinati.

Ben era il più duro. Proporzioni perfette, eccettuata la testa, che era la più larga di tutte le altre. La sua muscolatura non era perfetta come quella di Thomas. Il suo viso… era un viso, niente di più, non aveva niente di eccezionale. Molly disegnò le sue ciglia più folte di quanto avrebbero dovuto essere, e gli fece gli occhi socchiusi, così come si atteggiava sempre quando ascoltava qualcuno con attenzione. Molly socchiuse a sua volta gli occhi, studiando l'immagine. No, non era giusta. Troppo dura. Troppo ferma, un carattere troppo implacabile, pensò. Fra dieci anni, forse, questo schizzo avrebbe riprodotto fedelmente la realtà. Ma non ora.

— Rocce! Ore dodici, trenta metri! — gridò Lewis.

Con un gesto quasi consapevole, Molly si affrettò a girare la pagina e cominciò a disegnare il fiume e i suoi pericoli.

CAPITOLO DODICESIMO

Ben stava aggiornando i suoi appunti medici. Lewis stava completando il giornale di bordo. Thomas sedeva in fondo alla barca e fissava il fiume, alle loro spalle, la via d'acqua dalla quale erano venuti. Ben lo aveva osservato con molta attenzione durante gli ultimi tre giorni, incerto su che cosa aspettarsi. Non gli piaceva quel mutato atteggiamento che Thomas ormai neppure più si sforzava di nascondere.

Scrisse: — La separazione dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle è stata per noi più dura di quanto ci fossimo aspettati. Suggerisco che i futuri gruppi siano formati, ogni volta che è possibile, da coppie di simili.

Se Thomas si fosse ammalato, pensò, allora che cosa avrebbero dovuto fare? Anche all'ospedale non avevano previsto nulla per curare i malati di mente. La follia era una minaccia per la comunità, una minaccia per i fratelli e le sorelle che soffrivano quanto colui che ne era afflitto. In precedenza, la famiglia aveva deciso che non si poteva consentire di sopravvivere a nessuna minaccia per la famiglia. Se un fratello o una sorella si fossero ammalati mentalmente, la presenza di «lui» o di «lei» non sarebbe stata tollerata. Questa, si disse bruscamente Ben, era la legge. Il loro piccolo gruppo non poteva permettersi di perdere un paio di mani, tuttavia questa era la realtà. E quando la realtà e la legge si scontravano, che cosa si doveva fare?

Dopo aver dato un'occhiata a Molly, Ben aggiunse un'altra nota: — Suggerisco che i gruppi siano formati in numero uguale da maschi e femmine. — Sapeva che Molly si era sentita più sola di chiunque altro, fra loro. L'aveva osservata mentre riempiva una pagina dopo l'altra del suo blocco di schizzi, e si era chiesto se ciò, in qualche maniera, non avesse compensato l'assenza delle sue sorelle. Forse, quando Thomas si fosse nuovamente trovato ad affrontare il suo vero lavoro, non sarebbe più rimasto con lo sguardo fisso nel vuoto tanto a lungo, trasalendo quando qualcuno lo toccava e lo chiamava per nome.

— Dovremo cambiare il nostro programma di razionamento del cibo — disse Lewis. — Avevamo calcolato cinque giorni per questa parte del viaggio, e ne abbiamo impiegati otto. Vuoi contare le razioni di cibo, Ben?

Ben annuì. — Domani ormeggeremo e faremo un inventario. È probabile che si debba ridurle.

Ma non avrebbero potuto farlo, lo sapeva. Avrebbero anzi avuto bisogno del doppio di calorie. Prese un appunto in proposito.

La mano di Molly le scivolò fuori da sotto la guancia e penzolò giù dal fianco della cuccetta. Ben aveva avuto l'intenzione di giacere con lei quella notte, ma non aveva importanza. Erano tutti troppo stanchi, anche per godere del conforto del sesso. Ben sospirò e mise giù il taccuino. Le ultime luci stavano svanendo nel cielo. C'era soltanto il sommesso sciabordio delle onde contro il fianco della barca e un sonoro, profondo respirare che usciva dalla sezione a poppa. Vi era una punta di gelo nell'aria. Ben aspettò che anche Thomas si fosse addormentato, poi anche lui si distese.

Molly sognò che la barca si rovesciava e che lei non riusciva a uscire dallo scafo sommerso, sognò di cercare affannosamente una via per riemergere, ma sempre lo scafo era lì, e si frapponeva fra lei e l'aria libera. L'acqua era pallida e dorata, anche la sua pelle era dorata, e Molly seppe che se avesse consentito al suo corpo di restare immobile anche un solo istante, lei sarebbe diventata una statua d'oro, sul fondo del fiume, per sempre. Nuotò energicamente, con sempre maggiore affanno, cercando disperatamente di respirare, fitte dolorose le attraversavano i polmoni mentre lei agitava scompostamente le braccia, cedendo sempre più al terrore. Poi, all'ultimo istante, un paio di mani si tesero verso di lei, le sue stesse mani, candide come la neve, e lei cercò di afferrarle. Le mani si moltiplicarono intorno a lei, erano dozzine adesso, e si chiusero sul nulla, tornarono ad aprirsi, si chiusero, più e più volte, sempre senza riuscire ad afferrarla, ed ella lanciò un urlo: — Sono qui! — Ma l'acqua ribollì intorno a lei, sopra di lei, spingendola sempre più sotto, irrigidita, soltanto la sua mente continuava ad agitarsi, frenetica, continuando a scandire silenziosamente quell'urlo di protesta che le sue labbra erano incapaci di lanciare.

— Molly, zitta adesso, tutto va bene. — Una voce tranquilla giunse finalmente, facendosi strada attraverso le orecchie fino alla sua mente atterrita, ed ella si svegliò, strappata al suo incubo. — Va tutto bene, Molly. Stai bene.

Faceva molto buio. — Ben? — bisbigliò Molly.

— Sì. Stavi sognando.

Ella rabbrividì, e sì spostò così da consentirgli di distendersi accanto a lei. Molly tremava: l'aria della notte si era fatta molto fresca da quando erano entrati nel Potomac. Ben era caldo, un braccio stretto intorno a lei, mentre le accarezzava il corpo infreddolito con la mano libera. Nel più completo silenzio, per non svegliare gli altri che dormivano, si unirono nell'abbraccio sessuale; dopo, Molly tornò ad addormentarsi, rassicurata, stretta a lui.

Durante tutta la giornata seguente i segni di un'estesa devastazione crebbero intorno a loro: le case erano bruciate, altre erano state abbattute dalle tempeste. I più lontani sobborghi della capitale erano quasi inestricabilmente avvolti da cespugli e alberi. Relitti d'ogni genere rendevano più difficile avanzare: imbarcazioni affondate e ponti crollati trasformavano il fiume in un labirinto in cui il loro progredire si misurava in decimetri e centimentri. Ancora una volta scoprirono che era impossibile usare la vela.

Lewis e Molly erano fianco a fianco sulla prua della barca, pronti ad avvistare gli ostacoli sommersi, a volte lanciando, l'uno o l'altro, l'allarme, a volte gridando all'unisono: nessuno dei due restava silenzioso per più di un minuto o due.

Improvvisamente, Molly indicò qualcosa e gridò: — Pesci! Ci sono pesci! — Fissarono tutti, meravigliati, il banco di pesci, finché Lewis gridò: — Un ostacolo! Ore undici, a dieci metri! — Remarono a tutta forza e il banco di pesci si dileguò. Ma un nuovo ottimismo era entrato in loro. Mentre remavano, discussero sul modo di catturare qualche pesce per la cena, o addirittura di farne una buona provvista e di seccarlo per il viaggio di ritorno; anticiparono l'eccitazione che ci sarebbe stata nell'alta valle, quando avessero appreso che, nonostante tutto, il pesce era sopravvissuto.

Ma nessuna delle scene di desolazione che avevano visto sul fiume li aveva preparati alla distesa di rovine che si parò loro dinnanzi quando giunsero alla periferia di Washington. Molly aveva visto sui libri fotografie di città bombardate — Dresda, Hiroshima — e qui la distruzione sembrava altrettanto totale. Le strade erano completamente sepolte sotto le macerie, i rampicanti erano saliti ad avvolgere i mucchi informi di cemento, dentro i quali molti alberi avevano affondato le proprie radici, legando insieme pile di mattoni, blocchi di calcestruzzo e lastre di marmo. Essi si spinsero avanti nel fiume finché diventò del tutto invalicabile: questa volta le rapide erano state create dai manufatti dell'uomo: vecchie auto arrugginite, un cimitero di camion, un ponte sprofondato su se stesso…

— Un viaggio inutile — mormorò Thomas. — Completamente inutile.

— Forse no — obiettò Lewis. — Devono esserci dei sotterranei, magazzini a prova d'incendio, camere di sicurezza… O forse no.

— Inutile — ripeté Thomas.

— Ormeggiamo la barca e cerchiamo di vedere dove ci troviamo — disse Ben. Era quasi l'imbrunire; non avrebbero potuto far niente fino alla mattina dopo. — Comincerò a preparare la cena. Molly, riesci a capire qualcosa delle mappe?

Molly scosse la lesta, lo sguardo fisso sulla scena d'incubo davanti a lei.

Chi aveva fatto ciò? E perché? Era come se l'intera popolazione del paese fosse convenuta in quella disgraziata città, da ogni direzione, per fare le sue vendette su chi aveva così gravemente mancato nei loro confronti.

— Molly! — La voce di Ben si era fatta più tagliente. — Ci saranno pure alcuni punti di riferimento, ancora, non è vero?

Lei sussultò e, all'improvviso, distolse io sguardo dalla città. Ben si voltò a fissate Thomas, quindi Harvey, che stava studiando il fiume di fronte a loro.

— L'hanno fatto apposta, deliberatamente — disse Harvey. — Tutti, alla fine, dovevano essere impazziti, ossessionati dall'idea di distruggere.

Lewis replicò: — Comunque, se riusciremo a stabilire con precisione il punto in cui ci troviamo, potremo reperire gli ingressi ai sotterranei. Tutto questo… — indicò la desolazione circostante, — è stato fatto da selvaggi. I danni sono tutti in superficie. I sotterranei saranno intatti.

Molly stava girando lentamente su se stessa, imprimendosi nella mente ogni particolare, e preparandosi a disegnare, poi, l'intero panorama di distruzione e di morte. — Dovrebbero esserci altri due ponti, più giù. Altre due o tre miglia, e dovremmo trovarci ai piedi del Campidoglio.

— Bene — assentì con calma Ben, — forse non è poi tanto brutta al centro della città. Thomas, vuoi darmi una mano?

Per tutta la notte la barca beccheggiò e rollò mentre i suoi occupanti, stremati ma svegli, strisciavano continuamente intorno, incapaci di dormire, cercando di strapparsi a vicenda anche poche stille di piacere e distensione.

Prima dell'alba erano tutti nuovamente in piedi. Mangiarono in fretta e alle prime luci del giorno erano già in cammino fra le macerie verso il centro di Washington. Sembrava effettivamente che le distruzioni, nei quartieri interni, fossero minori di quelle ai margini. Poi, però, si resero conto che qui gli edifici erano stati costruiti più distanti gli uni dagli altri, ed erano appunto gli spazi aperti a dare l'illusione di una distruzione meno completa. Inoltre, appariva evidente che qualcuno aveva cercato di rimuovere parte delle rovine.

— Qui faremo meglio a dividerci in coppie — disse Lewis, prendendo ancora una volta il comando. — Ci incontreremo di nuovo qui a mezzogiorno. Molly e Jed da quella parte. Ben e Thomas di là. Harvey ed io cominceremo da laggiù. — Indicò le diverse direzioni mentre parlava e gli altri annuirono. Molly aveva identificato i luoghi per loro: il Senato era lassù; là era l'Ufficio Postale; e i Servizi Generali; e…

— Siamo stati ingenui — disse Thomas all'improvviso, mentre lui e Ben si avvicinavano all'edificio dell'Ufficio Postale, in completo sfacelo. — Pensavamo di trovare pochi edifici, e con le porte bell'e aperte. Così, tutto quello che avremmo dovuto fare era entrare, aprire uno o due cassetti e prendere ciò che volevamo. E ritornare a casa, accolti come degli eroi. Stupido, non è vero?

— Beh, abbiamo già scoperto molto — replicò Ben, senza scomporsi.

— Ciò che abbiamo scoperto, in realtà, è che non è questo il modo di farlo — ribatté Thomas, con voce aspra. — Non riusciremo a concludere niente.

Girarono intorno all'edificio. La parte anteriore era completamente sbarrata; su uno dei lati, il muro perimetrale era crollato quasi del tutto. L'interno era dovunque sventrato o carbonizzato.

Il terzo lato, attraverso il quale cercarono di farsi strada, era bruciato, ma alcune parti si erano salvate. Qui trovarono uffici riconoscibili come tali, scrivanie, schedari. Thomas cominciò a frugarvi dentro: — Sigle e cifre in codice, ma che cosa… — Tacque un attimo, poi esclamò all'improvviso, alzando la testa e voltandosi a guardare Ben, tutto eccitato: — Ma noi…

Ben scosse la testa: — Ma noi, che cosa?

— Pensavo… abbiamo attraversato una stanza dove c'erano degli elenchi telefonici! Qual era? — Ben continuò a fissarlo, disorientato, e Thomas allora scoppiò a ridere: — Elenchi telefonici, non capisci? Con dentro gli indirizzi dei depositi, delle fabbriche, dei magazzini!

Ritrovarono infine la stanza dove parecchi elenchi giacevano ammucchiati sul pavimento. Thomas ne afferrò uno e cominciò ad esaminarlo attentamente. Ben prese un altro di quei grossi volumi e fece per aprirlo.

— Fai attenzione! — lo fermò, quasi con un grido, Thomas. — Quella carta è fragile. Usciamo di qui!

— Pensi che ci servirà? — chiese Ben, indicando l'elenco che Thomas aveva preso con sé.

— Sì. Ma sarà meglio ancora se riusciremo a trovare l'ufficio centrale della Compagnia dei Telefoni. Forse Molly riuscirà ad indicarcelo.

Quel pomeriggio, il giorno seguente, e ancora quello successivo la ricerca delle informazioni utili continuò. Molly aggiornò la sua mappa di Washington, localizzando i vari edifici che contenevano qualcosa di utile, prendendo nota dei settori allagati, delle mura pericolanti… Quasi tutti i seminterrati e i sotterranei erano pieni d'acqua stagnante e fetida. Molly disegnò pure molti degli scheletri nei quali continuavano ad imbattersi. Li tratteggiò con la stessa imparzialità da lei usata nel disegnare gli edifici e le strade.

Il quarto giorno trovarono infine la sede centrale della Compagnia dei Telefoni; Thomas si sistemò in una delle stanze, ricolma di elenchi telefonici, e cominciò a scorrere quelli delle città orientali, staccando con cura le pagine con quegli indirizzi che avrebbero potuto rivelarsi utili. Ben smise di preoccuparsi per lui.

Il quinto e il sesto giorno piovve in continuazione, una pioggia grigia, insistente, che allagò le zone basse e alzò il livello delle gore morte in alcuni seminterrati. Se la pioggia avesse continuato a cadere ancora a lungo, l'intera città sarebbe stata allagata, come chiaramente doveva essere accaduto molte altre volte in passato. Poi, per fortuna, il cielo si schiarì, il vento si mise a soffiare da nord, ed essi tremarono di freddo, ma continuarono le ricerche.

Mentre disegnava, Molly pensò: Milioni di persone, centinaia di milioni di persone, tutte scomparse. Disegnò il Monumento a Washington in rovina, la statua spezzata di Lincoln e le parole ancora leggibili sul piedistallo: Una nazione indi… Tracciò quindi l'intelaiatura scheletrica, ciò che ne restava, dell'edificio della Corte Suprema…

Essi non trasferirono l'accampamento in città, ma continuarono a dormire ogni notte nella barca. Stavano ammassando troppo materiale per poterlo portare tutto indietro con loro: ogni sera, quando lasciavano la città, erano carichi di documenti, libri, mappe, grafici, e dopo cena ognuno di loro rivedeva il proprio mucchio di materiale, tentando di classificarlo. Presero appunti dettagliati sulle condizioni in cui si trovavano gli edifici esplorati, il materiale che contenevano e il suo grado di utilità per loro; in tal modo, le successive spedizioni sarebbero state in grado di mettersi subito al lavoro. C'erano scheletri dovunque, alcuni di essi in cima alle macerie, altri semisepolti, altri all'interno degli edifici. Come riuscivano bene ad ignorarli! rifletté Ben. Un'altra specie, ora estinta. Peccato.

La nona sera compirono la scelta definitiva di ciò che avrebbero caricato sulla barca. Inoltre, trovata una stanza intatta in un edificio parzialmente distrutto, vi ammassarono il materiale eccedente per la prossima spedizione.

Il decimo giorno si misero in viaggio verso casa, questa volta remando contro corrente, con una fresca brezza che soffiava da nord-est, gonfiando la grande, singola vela che non erano riusciti finora a usare. Lewis si mise al timone e il vento li sospinse su per il fiume.

Vola! Vola! Molly continuava a incitare silenziosamente, dentro di sé, la barca. Restò in piedi a prua, assumendosi l'incarico di segnalare con voce squillante i pericoli, alcuni quasi ancora prima che comparissero alla sua vista. Ricordava che lì c'era un tronco d'albero; e poi un locomotore quasi affiorante; là una secca… A metà pomeriggio il vento cambiò direzione e soffiò da nord, ed essi dovettero tirar giù la vela, che rischiava ad ogni istante di spingerli contro la riva. Gradualmente l'eccitazione che tutti avevano provato nelle prime ore fece posto a un'ostinata determinazione, e alla fine a una illimitata e ottusa pazienza; quando fecero tappa per la notte, tutti seppero che avevano percorso poco più della metà della distanza che avevano superato nel medesimo tratto, durante il tranquillo viaggio di andata.

Quella notte i sogni di Molly furono gremiti di figure danzanti. Gioiosamente essa corse loro incontro, le braccia tese, i piedi che non sfioravano neppure il suolo. Poi l'aria si addensò, tremolò, le figure si distorsero, e quando una di esse si voltò a fissarla, i contorni del suo viso erano sbagliati, un occhio troppo alto, la bocca contorta… Molly si arrestò ansante, fissando quella faccia grottesca. Ma si sentì ugualmente attirata da essa, implacabilmente, attraverso l'aria densa che alterava ogni cosa. Molly lottò, per tornare indietro, ma i suoi piedi si mossero indipendentemente dalla sua volontà, e tutto il suo corpo li seguì. L'aria densa opponeva resistenza al suo passaggio, e si chiudeva sempre più strettamente su di lei, soffocandola. Il volto distorto e caricaturale — il suo volto: lo riconobbe sbigottita — fece un'orribile smorfia, e due braccia lunghe e flessibili come serpenti si protesero verso di lei.

A questo punto Molly si ridestò di soprassalto, e sulle prime non riuscì a capire dove si trovava. Qualcuno stava gridando.

Riconobbe la voce di Thomas, e si rese conto che Ben e Lewis stavano lottando con lui, trascinandolo fuori dalla sua cuccetta, verso la prua della barca e la sezione protetta dalla calotta. Harvey si trasferì a poppa, e lentamente ritornò la calma. Ma ci volle molto tempo prima che Molly riuscisse a riaddormentarsi.

Al terzo giorno, il viaggio di ritorno si era trasformato in un incubo. Il vento aveva preso a soffiare a raffiche, più pericoloso che utile, ed essi non tentarono più di servirsi della vela. La corrente era sempre più rapida, l'acqua fangosa. Nell'entroterra doveva esser piovuto assai più che a Washington. Inoltre più volte la temperatura dell'aria calò bruscamente, mentre a mezzogiorno il sole si fece torrido, facendoli soffrire dentro gli indumenti caldi che si erano infilati in precedenza. Al tramonto era troppo freddo per gli indumenti più leggeri che si erano infilati alla breve interruzione per il pranzo. Avevano sempre o troppo caldo o troppo freddo.


Ben e Lewis si appartarono dagli altri e si misero ad osservare il tramonto da un'altura che sovrastava il fiume. — Sono affamati, ma questa è soltanto una parte dei nostri guai — disse Ben, cupo, e Lewis annuì. — Inoltre Molly ha iniziato il suo periodo mestruale e non permette a nessuno di avvicinarsi. Ieri sera ha quasi spaccato la testa al povero Harvey.

— Non sono preoccupato per Harvey — replicò Lewis.

— Lo so. Ma non so invece se Thomas ce la farà ad arrivare alla fine. A cena l'ho imbottito di tranquillanti. Ma sinceramente non so, ogni sera, che cosa potrà combinarci il giorno dopo.

— Non possiamo portare un peso morto con noi fino a casa — borbottò Lewis, fissando la sera incombente. — Anche col più rigoroso dei razionamenti, il cibo sarà un problema. E Thomas, anche con i tranquillanti avrà sempre bisogno di mangiare. E qualcuno dovrà remare al posto suo…

— No, dobbiamo portarlo con noi! — E con questa dichiarazione, il comando della spedizione passò saldamente a Ben. — È essenziale per noi studiarlo, dovessimo trascinarlo di peso fino a casa, in camicia di forza.

Per qualche istante, restarono ambedue silenziosi. — È la separazione che ci fa questo, non è vero?

Lewis guardò verso sud, in direzione di casa: — Nessuno aveva previsto niente del genere. Noi non siamo come loro! Noi dobbiamo cancellare il passato, i libri di storia, tutto. Nessuno l'aveva previsto — ripeté, più calmo. — Se riusciremo a tornare indietro, dovremo fargli capire che cosa ci accade quando siamo lontani da quelli della nostra specie.

— Torneremo indietro — replicò Ben. — Completeremo il viaggio. Ed è per questo che ho bisogno di Thomas. Chi mai avrebbe potuto prevedere questo? Ora che siamo consapevoli di quanto, in realtà, siamo diversi da loro, compiremo ricerche ancora più approfondite. Mi chiedo se emergeranno altre differenze, cogliendoci di sorpresa nei momenti meno adatti.

Lewis si alzò in piedi: — Torni anche tu alla barca?

— Tra un momento.

Seguì con lo sguardo Lewis che scivolava giù lungo l'argine e saliva sulla barca; poi fissò ancora una volta il cielo. Gli uomini erano andati là fuori, un giorno, pensò, pieno di meraviglia, e non riuscì a immaginare il perché. Da soli o in piccoli gruppi essi avevano raggiunto strane terre, attraversato ampi mari, scalato montagne dove nessun piede si era mai posato. E non riusciva a immaginare perché mai avessero fatto quelle cose. Quale impulso li aveva spinti lontani dagli altri della loro specie, per perire da soli, o fra stranieri? Essi avevano visto tutte quelle case in rovina, come la vecchia casa dei Sumner nella valle, incapaci di capire perché mai fossero state concepite per una sola persona, oppure due al massimo, abitate da così poca gente, isolandosi deliberatamente dagli altri della propria specie. Perché?

La famiglia usava l'isolamento come una forma di punizione. Un bambino disobbediente, lasciato solo in una stanzetta per dieci minuti, ne usciva contrito, con ogni traccia di ribellione cancellata in lui. Essi avevano usato l'isolamento per punire David. Lassù, all'ospedale, medici e ricercatori sapevano tutta la storia degli ultimi mesi che David aveva trascorso fra loro. Quand'era diventato una minaccia, essi l'avevano isolato per sempre, una punizione più che sufficiente. Eppure, quegli uomini del più lontano passato avevano cercato deliberatamente l'isolamento, e Ben non riusciva a immaginare il perché.

CAPITOLO TREDICESIMO

Pioveva da due giorni; il vento soffiava a raffiche di trenta nodi e la sua furia andava crescendo. — Dobbiamo tirar fuori la barca dall'acqua — disse Lewis.

Avevano coperto l'intera imbarcazione con teli oleati, ma l'acqua penetrava attraverso spacchi e fenditure, e di tanto in tanto un'ondata intestiva la barca, rovesciandola quasi completamente sul fianco e inondandola. Con frequenza sempre maggiore qualcosa di massiccio sfregava contro il fianco della barca, o andava a cozzarvi contro.

Molly continuava a pompar fuori l'acqua e creava vivide immagini del fiume in tempesta nella sua mente. Ogni tanto si azzardava a scrutar fuori; alcune ore prima aveva visto un basso argine riconoscibile, adesso scorgeva soltanto turbini di acqua impazzita, e non un solo punto dove poter toccare terra senza pericoli.

— Un'ora — proseguì Lewis, quasi come risposta ai suoi pensieri. — Non dovremmo impiegare più di un'ora a ritornare a quel basso argine.

— Non possiamo tornare indietro! — urlò Thomas.

— Ma non possiamo ostinarci a proseguire! — ribatté seccamente Harvey. — Non essere idiota: finiremo speronati da qualche tronco d'albero!

— Io non tornerò indietro.

— Che cosa ne pensi, Ben? — chiese Lewis.

Erano tutti rannicchiati l'uno sull'altro a prua; Molly era nella parte mediana, testardamente intenta a manovrare la pompa, cercando di fingere che i muscoli doloranti non le facessero alcun male. La barca vibrò tutta a un nuovo, violento urto, e Ben annuì.

— Non possiamo ostinarci a proseguire — disse. — Non sarà una scampagnata, ma dobbiamo ritornare giù a valle.

— Mettiamoci all'opera — esclamò Lewis, e si alzò in piedi.

Erano tutti bagnati, gelati e spaventati. Erano in vista delle acque turbinanti dello Shenandoah dove questo si univa al Potomac, e i vortici che li avevano quasi travolti durante il viaggio di andata ora minacciavano di spaccare in due la barca. Non avrebbero potuto in alcun modo avvicinarsi di più allo Shenandoah finché la piena non si fosse placata.

— Thomas, dà il cambio a Molly alla pompa. E, Thomas, ricordalo bene, non pensare ad altro, soltanto a quella pompa! Continua a farla andare!

Molly si alzò in piedi, continuando a pompare fino a quando Thomas non si accomodò al suo posto, pronto a sostituirla senza interruzioni. Poi fece per dirigersi verso il ramo di poppa, ma Lewis le disse: — Prendi quello di prua. — Avevano infatti reinfilato i remi nelle forcole. La pioggia scrosciava con violenza ancora maggiore, e Thomas prese a pompare con rinnovata energia. L'acqua sferzava i loro piedi, e quando si spinsero al largo dell'invisibile riva, la barca fu ghermita dalla violenta corrente del fiume. Lo strato d'acqua sul fondo della barca si riversò con forza da una fiancata all'altra.

— Tronco in avvicinamento veloce! — gridò Molly. — A ore otto!

Riuscirono a far deviare la barca, che sfrecciò fulmineamente giù lungo il fiume, mentre il tronco li seguiva, alla loro sinistra.

— Ceppo! A ore docidi! Venti metri! — Molly pronunciò quelle parole appena in tempo. La barca deviò sulla sinistra, e sfiorò quasi il ceppo, con la velocità d'un proiettile. La piena aveva mutato aspetto ad ogni cosa: quando l'avevano superato la prima volta, il ceppo sorgeva, solidamente piantato, qualche metro lontano dalle acque, sulla terraferma. La corrente si fece più impetuosa, ed essi lottarono per tenersi più vicini alle terre sommerse, dove ovviamente l'acqua era più bassa e meno violenta. — Albero a ore una! Venti metri! — Virarono nuovamente, ma il tronco che li accompagnava in quella folle corsa roteò su se stesso e si fece pericolosamente vicino. — Tronco a ore nove! Tre metri!

E così proseguirono, in mezzo alla pioggia accecante, sfrecciando accanto a una sponda appena creatasi, tenendosi paralleli al massiccio tronco che compiva le sue pericolose evoluzioni a pochi metri da loro. Molly all'improvviso vide la secca e gridò: — Terra, a ore due! Venti metri! — Essi virarono rapidamente, puntando verso la sponda. La barca strisciò su qualcosa celato dall'acqua fangosa, e la metà anteriore della barca balzò verso l'alto, ricadendo subito dopo: vi fu una scossa tremenda, e l'acqua traboccò in massa da sopra la murata. Lewis e Ben balzarono prontamente fuori e, con l'acqua brunastra che turbinava intorno ai loro petti, si diressero a guado verso la terra affiorante, trainando la barca dietro di sé. Il fondo della barca passò raschiando e cigolando sopra le pietre e il fango; anche gli altri saltarono fuori e tirarono la barca ancora più addentro, fino a quando non fu del tutto a secco, inclinata sul fianco, ma per il momento al sicuro. Molly si lasciò cadere sul fango, ansimando, fino a quando non udì Lewis esclamare: — Dobbiamo portarla ancora più in alto. Il fiume si sta alzando rapidamente.

La pioggia continuò a cadere per tutta la notte, ed essi dovettero spostare la barca una seconda volta; poi la pioggia cessò, e col nuovo giorno risplendette il sole. La notte successiva la temperatura si abbassò bruscamente, ed essi tremarono nel gelo.

Ben dovette ridurre nuovamente le razioni. La tempesta era costata loro altri cinque giorni; quando nuovamente rimisero la barca in acqua e ripresero a remare, risalendo il fiume, si trovarono a lottare contro una corrente contraria assai più rapida, e il loro procedere fu più lento che mai.

Ben osservò Thomas, che stava peggio di tutti, chiuso in se stesso, sprofondato in una depressione dalla quale niente e nessuno riuscivano a sollevarlo. Dopo di Thomas, Jed era il fratello colpito più duramente: col tempo, non c'era dubbio, i suoi sintomi avrebbero eguagliato quelli di Thomas. Harvey era estremamente irritabile: era diventato astioso e sospettava di tutti. Sospettava che Ben e Lewis gli rubassero il cibo, e li scrutava con crescente diffidenza, durante i pasti. Molly era ridotta a uno scheletro e aveva un'aria spiritata: continuava a rivolgere lo sguardo verso sud, verso casa, e sembrava intenta ad ascoltare, ad ascoltare sempre. Lewis era impegnato a dirigere la barca, ma quando era libero dal lavoro, sul suo viso si disegnava quella stessa espressione: ascoltava, scrutava, la tensione dell'attesa cresceva visibilmente in lui. Ben non era in grado di valutare i cambiamenti avvenuti in se stesso. Spesso si sorprendeva ad alzare all'improvviso gli occhi, con l'impressione che qualcuno avesse pronunciato il suo nome, anche se non c'era nessuno accanto a lui, nessuno che gli prestasse attenzione. A volte aveva la chiara impressione di un pericolo invisibile che incombeva su di loro, di qualcosa sospeso sopra le loro teste, che lo spingeva ad aguzzare gli occhi nel cielo, o a scrutare fra le cime degli alberi. Ma non c'era mai niente, non vedeva mai niente…

Si chiese, all'improvviso, quando erano cessate tutte le attività sessuali, fra loro. A Washington, pensò, o subito dopo l'inizio del viaggio di ritorno. Lui aveva smesso perché le aveva giudicate troppo insoddisfacenti; non riusciva più a fingere che gli altri maschi fossero i suoi veri fratelli. La frustrazione era cresciuta in lui, a livelli insopportabili. Per qualche ragione era andata meglio con Molly, se non altro perché con lei non c'era stato bisogno di simulare… ma anche in questo caso, era finito in un fallimento. Due persone che cercavano di diventare una sola, senza che nessuno dei due sapesse ciò che l'altro voleva, o ciò di cui aveva bisogno. O forse era la fame che deprimeva l'apparato sessuale, cancellando gli stimoli. Ben scrisse tutto questo, nei suoi taccuini.

Molly, nell'osservare i suoi compagni e il paesaggio circoscritto, ebbe la crescente impressione che una spessa parete trasparente la separasse da ogni creatura vivente sulla Terra. Niente poteva attraversare quella parete, niente avrebbe potuto toccarla, in qualsiasi maniera, e mentre all'inizio questa sensazione aveva suscitato in lei un vivo terrore, ora si era attenuata in una sorta d'istupidimento. Ogni giorno si avvicinavano di più a casa, e curiosamente ciò sembrava avvenire più ad opera di un'irresistibile forza di attrazione che per il loro disperato remare controcorrente. Erano impotenti a resistervi. Quell'attrazione li risucchiava indietro, proprio come loro avevano trascinato la barca su per l'argine, per salvarla dalla piena. Ogni loro singolo atto era dettato dal puro istinto. E il terrore? Lei non ne conosceva la fonte, sapeva soltanto che quelle ondate di terrore avevano cominciato ad attraversarla inaspettatamente; quando ciò accadeva, lei poi si sentiva completamente svuotata e in preda a brividi di freddo. Durante quei momenti, sentiva i muscoli del suo viso contrarsi, il suo cuore sobbalzare, arrestarsi bruscamente per un attimo e poi riprendere a battere precipitosamente.

Spesso, dopo essere stata a lungo ai remi, le accadeva qualcos'altro, che invece la lasciava più serena. In quei momenti aveva strane visioni, strani pensieri intraducibili in parole. Si guardava intorno meravigliata, il mondo che vedeva non le era familiare; le sembrava impossibile, vano descriverlo con parole, soltanto sprazzi e linee di luce colorata avrebbero potuto farlo. Il terrore finalmente si acquietava, e un'improvvisa pace la pervadeva tutta. Ma non durava: gradualmente la pace si ritraeva, lasciando il posto alla fatica, alla rabbia e alla paura, la sua mente prendeva a farsi beffe di lei stessa e di quelle visioni, pur così appaganti, ma perfino mentre si faceva beffe di sé, bramava ardentemente che tutto ciò accadesse di nuovo.

A volte, quando si trovava a prua, attenta agli ostacoli, era quasi come se si trovasse completamente sola in mezzo al fiume, che pareva le parlasse con una voce e una saggezza infinite. Ma la voce mormorava troppo sommessa perché lei riuscisse a distinguere le parole, anche se il ritmo era inequivocabile. Era proprio un linguaggio. Un giorno ella scoppiò in lagrime perché non riusciva a capire ciò che il fiume voleva dirle. La mano di Ben sulla spalla la ridestò dalla sua angoscia, e lei lo fissò con volto privo d'espressione.

— L'hai sentito anche tu? — gli chiese, mormorando a bassa voce, come il fiume.

— Che cosa? — La sua risposta le parve troppo brusca, ostile, quasi, e si ritrasse. — Che cosa intendi dire? — insisté Ben.

— Niente. Niente. È che sono stanca, ecco tutto.

— Molly, io non ho sentito niente! E anche tu non hai sentito niente! Ora attraccheremo per riposare un po', e sgranchirci le gambe. Bevi un po' di tè.

— Va bene — lei rispose, e fece per alzarsi. Ma poi si fermò. — Che cos'è che abbiamo udito? Non è il fiume, vero?

— Ti ho detto che io non ho sentito nulla! — Ben le voltò le spalle e restò rigido, lì a prua, guidando gli uomini ai remi finché non raggiunsero la riva.


Quando aggirarono l'ultima curva del fiume e giunsero finalmente al cospetto dei campi ad essi familiari, erano stati lontani dai rispettivi fratelli e sorelle per quarantanove giorni. Thomas e Jed erano ormai sprofondati in se stessi fino all'insensibilità. Gli altri remavano intorpiditi, affamati, gli occhi quasi completamente spentì, obbedendo a un ordine più imperioso della disperata volontà dei loro corpi di fermarsi. Comparvero delle piccole imbarcazioni che si avvicinarono rapidamente: altre mani afferrarono le cime e li rimorchiarono fino alla banchina; essi continuarono a guardare davanti a sé, non credendoci ancora, immersi per l'eternità in un sogno ricorrente, dove questa scena era stata rivissuta cento e cento volte.

Molly fu sollevata di peso e condotta, barcollante, sulla terraferma. Fissò le proprie sorelle, che le apparvero come delle perfette estranee. E anche questo era un sogno ricorrente, un incubo. Le gambe le cedettero, e fu grata all'oscurità che calò su di lei.

Quando Molly riaprì gli occhi, la luce del sole splendeva viva e carezzevole nella stanza; era mattina presto e l'aria era piacevolmente frizzante. C'erano fiori dovunque, astri e crisantemi, e di tutti i colori, bianchi, giallo-crema, e purpurei. Dalie grandi come piatti, di un rosa intenso, oppure scarlatte. Il letto su cui giaceva era perfettamente immobile, non era bagnato dagli schizzi delle onde, non oscillava. Nessun odore d'indumenti ammuffiti, né di sudore. Molly si sentì pulita, calda e asciutta.

— Mi è parso di sentirti — disse qualcuno.

Molly si voltò a guardare sull'altro lato della stanza. Miri, Meg, oppure… Non seppe dire quale.

— Martha è andata a prenderti la colazione — disse ancora la ragazza.

Miriam entrò e si sedette sull'orlo del letto: — Come ti senti, adesso?

— Mi sento bene. Mi alzerò.

— No. Naturalmente non ti alzerai. Prima, la colazione. Poi un po' di massaggio e di manicure, e qualunque altra cosa riusciremo a immaginare per farti sentire più a tuo agio, e poi, se non ti addormenterai di nuovo, e se vorrai ancora alzarti, allora potrai farlo — Miriam ebbe una breve risatina, quando Molly fece per sollevarsi e ricadde di nuovo sul letto.

— Hai dormito per due giorni di seguito — disse Miri, o Meg, o chiunque fosse. — Barry è stato qui quattro volte, a visitarti. Ha detto che tu hai assoluto bisogno di dormire più che puoi e di mangiare più che puoi.

Molly ricordava vagamente di essersi destata per brevi istanti, di aver bevuto del brodo, e di essere stata lavata, ma i ricordi si rifiutavano di esser messi chiaramente a fuoco.

— Gli altri stanno bene? — le chiese.

— Stanno tutti benissimo — la rassicurò Miriam.

— E Thomas?

— È all'ospedale, ma si rimetterà anche lui.

Per molti giorni esse la trattarono come una bambina; le sue mani coperte di vesciche si rimarginarono e la schiena smise di farle male. Molly riguadagnò parte del peso che aveva perduto.

Ma era cambiata, pensò, studiandosi al grande specchio all'estremità della stanza. Naturalmente, era ancora magra e sparuta. Fissò il volto liscio di Miri, e seppe che la differenza era molto più in profondità. Miri sembrava vuota. Quando l'animazione terminava, quando non rideva o non parlava più, lì dentro non c'era nulla. Il suo volto diventava una maschera che non nascondeva nulla.

— Non ti perderemo più di vista! — le bisbigliò Martha, arrivandole di sorpresa alle spalle. Le altre le fecero eco con veemenza.

— Ho pensato a te ogni giorno, quasi ogni minuto — le garantì Miri.

— E tutte noi abbiamo pensato intensamente a te, in gruppo, ogni sera dopo cena — aggiunse Melissa. — Ci sedevamo qui in cerchio sul tappeto e pensavamo a te.

— Specialmente quando la tua assenza ha cominciato a prolungarsi così tanto — mormorò Miri. — Avevamo tanta paura. Abbiamo continuato a chiamarti, in silenzio, ma tutte insieme. Abbiamo continuato a chiamarti a casa.

— Vi ho sentito — disse Molly. La sua voce suonò quasi aspra. Vide Miriam che scuoteva la testa rivolta alle sorelle, a tutte si azzittirono. — Tutti noi vi abbiamo sentito, che chiamavate. Siete state voi a ricondurci a casa — concluse Molly, ammorbidendo con uno sforzo il tono della sua voce.

Esse non le avevano chiesto niente del viaggio, di Washington, dei suoi blocchi di schizzi, che avevano tolto dalle borse e dovevano pure aver guardato. Molte volte Molly aveva cominciato a parlare del fiume, delle rovine, ma, sempre, non era riuscita a continuare. Non c'era alcun modo per riuscire a farglielo capire. Tra non molto avrebbe dovuto mettersi al lavoro su quegli schizzi, usandoli come guida per riprodurre fin nei minimi particolari ciò che aveva visto, com'era stato il viaggio dall'inizio alla fine. Finì perciò per non parlarne. Esse invece si dilungarono a riferirle di ciò che era avvenuto nell'alta valle, durante le sette settimane della sua assenza. Niente, lei pensò. Niente del tutto. Ogni cosa era continuata esattamente come prima.

Le sorelle erano state esonerate dal lavoro per accelerare la guarigione di Molly. Esse passavano il tempo a chiacchierare tra loro, a spettegolare, a mettersi alla pari con le rammendature, oppure, man mano Molly recuperava le forze, leggevano, facevano passeggiate, e giocavano insieme sul tappeto in mezzo alla stanza. Molly, però, non prese parte ai loro giochi. Ma verso la fine della settimana, quando tirarono fuori il tappeto e lo srotolarono, Miriam riempì i bicchierini di vino ambrato e tutte insieme fecero un brindisi a Molly e la trascinarono con loro sul tappeto. La testa le girava piacevolmente, ed ella guardò Miriam con un sorriso.

Com'erano belle le sue sorelle, pensò; i loro capelli sembravano seta, la loro pelle era liscia e morbida; ognuno di quei corpi era integro, privo del più piccolo difetto.

— Sei stata via così a lungo — le bisbigliò Miriam.

— Qualcosa di me è rimasto laggiù sul fiume — replicò Molly, e assurdamente provò il desiderio di piangere.

— Riportalo a casa con te, cara. Protendi te stessa giù lungo la valle, prendilo e riportalo qui.

E lentamente Molly dilatò se stessa fino a percepire distintamente l'altra parte di sé, la parte che aveva ascoltato e osservato, serenamente, le sue traversie, e le aveva apportato quei momenti di pace. Quella era la parte di sé che aveva eretto quella parete dura e trasparente, pensò lei, con un sospiro. Quella parete che era stata eretta per proteggerla, e che ora lei stava per abbattere.

Sentì che stava accelerando giù lungo il fiume, volando sopra l'acqua ora turbinante, torbida e minacciosa, ora liscia nella sua quasi totale placidità, di un invitante verde-azzurro, ora bianca e schiumeggiante mentre s'infrangeva sulle rocce… Lei continuò a volare sempre più veloce lungo il fiume, alla ricerca di quell'altro suo io, per avvilupparlo, sommergerlo in sé e diventare ancora una volta un tutt'uno con le sue sorelle… Sopra di lei gli alberi mormoravano e sotto di lei l'acqua faceva eco gorgogliando sommessamente, e lei si trovava nel mezzo, senza toccare nessuno dei due, e seppe che, una volta trovato quell'altro io, avrebbe dovuto ucciderlo, distruggerlo completamente, altrimenti i sussurri non sarebbero mai cessati. Ma ripensò alla pace che aveva conosciuto, alle visioni…

Non ancora! gridò ella in silenzio, e arrestò la sua corsa lungo il fiume, e ancora una volta si ritrovò nella stanza insieme alle sue sorelle. Non ancora, pensò di nuovo, nel profondo della sua mente. Riaprì gli occhi e sorrise a Miriam, che la stava osservando con sguardo ansioso.

— Va tutto bene, adesso? — le chiese Miriam.

— Tutto è a posto — disse Molly, e in qualche punto, chissà dove, le parve di udire quell'altra voce che mormorava qualcosa, sommessa, prima di svanire. Molly protese le braccia e le strinse intorno al corpo di Miriam, la trascinò giù dal tappeto e le accarezzò la schiena, il fianco, la coscia. — Tutto è a posto — tornò a bisbigliarle.

Più tardi, mentre le altre dormivano, Molly rimase in piedi, rabbrividendo, accanto alla finestra, a guardare la valle sotto di lei. L'autunno era giunto presto, quell'anno. Ogni anno giungeva un po' più presto dell'anno precedente. Ma faceva caldo nella grande stanza. Il brivido che la pervadeva non era provocato dall'irrigidirsi della stagione o dall'aria della notte. Ella pensò al gioco del tappeto e gli occhi le si riempirono di lagrime. Le sorelle non erano cambiate. La valle era immutata. Eppure ogni cosa era diversa. Lei sapeva che qualcosa era morto. E qualcos'altro era venuto alla vita, e ciò la spaventava e l'isolava in un modo che né la distanza né il fiume erano stati capaci di fare.

Fece vagare il suo sguardo dall'una all'altra delle sagome indistinte sui letti, e si chiese se Miriam sospettasse. Il corpo di Molly aveva reagito, lei aveva riso e pianto insieme alle altre, e se una parte di lei non si era impegnata, tenendosi in disparte, vibrante e vigile, comunque non aveva interferito.

Lei avrebbe potuto farlo invece, pensò. Avrebbe potuto distruggere quell'altra parte di sé con l'aiuto di Miriam e delle altre sorelle. Avrebbe dovuto farlo, pensò, e nuovamente rabbrividì. I suoi pensieri erano confusi, caotici. C'era qualcosa che era venuto alla vita, dentro di lei, qualcosa che rappresentava una vaga minaccia ma che, altresì, poteva darle pace, tanta pace, quanta nient'altro poteva. L'inizio della pazzia, pensò Molly, mentre la paura cresceva nuovamente dentro di lei. Sarebbe diventata incoerente, il suo comportamento assurdo, si sarebbe messa a urlare per nulla, avrebbe cercato di usare violenza sugli altri, o perfino su se stessa. Oppure, forse, sarebbe morta. La pace eterna. Ma ciò che lei aveva provato non era semplicemente l'assenza del dolore o della paura, ma la pace che segue un ambito successo, l'esaudimento di un vivo desiderio.

Ora sapeva che era importante lasciare che le visioni venissero a lei, e di trovare il tempo d'esser sola per consentire ad esse di colmarla. Pensò alle sue sorelle con disperazione: non le avrebbero mai consentito di restare di nuovo sola. Lei e le sue sorelle costituivano un tutto; l'assenza anche di una sola di esse lasciava le altre incomplete. Le sue sorelle l'avrebbero sempre chiamata a sé, incessantemente.

CAPITOLO QUATTORDICESIMO

Il raccolto era stato ormai completato; le mele pendevano rosse dai rami, gravandoli del loro rorido peso, e gli aceri fiammeggiavano come torce sullo sfondo dell'eterno cielo azzurro. I sicomori e le betulle bruciavano d'oro, e il rosso del sumac s'incupiva fino ad apparire quasi nero. Ogni mattina, non c'era filo d'erba che non fosse bordato di brina, scintillante d'iridescenze finché la vampa del sole, alto sopra l'orizzonte, non la scioglieva. L'intensità, l'intima vibrazione dei colori autunnali non erano mai state così intense, pensò Molly. Come cambiava il riflesso del giorno sotto gli aceri! E quel pallido bagliore incantato che avvolgeva i sicomori!

— Molly? — La voce di Miriam la sorprese alla finestra, facendola trasalire. Si voltò con riluttanza. — Molly — insisté Miriam. — Che cosa stai facendo?

— Niente. Stavo pensando a voi… al lavoro.

Miriam continuò a fissarla: — Ti ci vorrà ancora molto? Sentiamo la tua mancanza.

— Oh, non molto — replicò Molly, e accennò a dirigersi verso la porta. Anche Miriam accennò a muoversi, e questo bastò perché Molly si arrestasse. — Altre due o tre settimane — disse rapidamente.

Non voleva che Miriam la toccasse, sentire la sua mano che le afferrava il braccio.

Miriam annuì, e il momento in cui avrebbe potuto toccare Molly, stringerla, passò. Ne fu sconcertata. Ormai non si contavano più le volte che ciò era avvenuto: quando sembrava che, finalmente, avrebbe potuto abbracciare Molly, per qualche ragione il momento passava, proprio com'era avvenuto un istante prima, ed esse restavano separate, senza toccarsi.

Molly si allontanò lasciando Miriam, sola, nella grande stanza. Poco dopo Miriam raggiunse a piedi l'ospedale. — Hai molto da fare? — chiese, comparendo sulla soglia dello studio di Ben. — Vorrei parlarti.

— Miriam? — Il particolare tono della sua voce e il lieve cenno del capo furono istintivi. Soltanto Miriam sarebbe venuta sola; una sorella più giovane sarebbe stata accompagnata da lei. — Entra pure. Si tratta di Molly, vero?

— Sì. — Miriam chiuse la porta e si sedette di fronte a lui, sull'altro lato della scrivania ricoperta di carte, appunti, il taccuino medico che aveva portato con sé nel viaggio. Miriam fissò le carte, poi l'uomo, e pensò che anche lui era diverso. Come Molly. Come tutti quelli che erano stati via.

— Mi avevi detto di ritornare, se non avesse migliorato — gli ricordò. — È peggio di prima. Sta rendendo infelici tutte le sorelle. Non puoi fare qualcosa per lei?

Ben sospirò, si lasciò andare contro lo schienale e fissò il soffitto: — Ci vuole tempo.

Miriam scosse la testa. — Lo hai già detto prima. E come stanno Thomas e Jed? E tu, come stai?

— Ci stiamo tutti rimettendo — rispose Ben, con un pallido sorriso. — Anche Molly si riprenderà, Miriam. Credimi, si riprenderà.

Miriam si sporse verso di lui: — Non ti credo. Non credo che voglia ritornare da noi. Oppone resistenza. Davvero, vorrei che non fosse ritornata affatto, se d'ora in poi dovrà essere così. È troppo gravoso per le altre sorelle. — Era paurosamente impallidita, e la voce le tremava. Distolse il suo sguardo da lui.

— Le parlerò — disse Ben.

Miriam tirò fuori un pezzo di carta dalla tasca. Lo dispiegò e lo depose sulla scrivania: — Dai un'occhiata a questo. Che cosa significa?

Erano le caricature dei fratelli, che Molly aveva schizzato durante il viaggio di andata. Ben le studiò, quella sua in particolare. Lui aveva davvero un aspetto così arcigno? Quell'implacabile determinazione nello sguardo? E le sue sopracciglia, certo non erano così folte e minacciose…

— Si fa beffe di noi! Si fa beffe di voi tutti! Non ha alcun diritto di prendersi gioco così dei nostri fratelli — esclamò Miriam. — Passa tutto il suo tempo ad osservarci, scruta le sue sorelle mentre lavorano e giocano. Non è disposta a partecipare, a meno che non abbia bevuto del vino, prima, e anche in questo caso sento la differenza. Ci osserva, sempre. Ci osserva tutti.

Ben lisciò il foglio di carta con le caricature, e chiese: — Che cosa proporresti di fare, Miriam?

— Non lo so. Non farla più lavorare ai disegni del viaggio. Questo non fa altro che mantenere vivo, in lei, il ricordo del viaggio e di tutto ciò che è accaduto. Dille che è tempo che si unisca alle sue sorelle per il lavoro di tutti i giorni, come una volta. Dille che è un ordine, che deve farlo. Impediscile di continuare a isolarsi per ore e ore, ogni giorno.

— Ma dev'essere sola per completare i suoi disegni — obiettò Ben, — come io devo esser solo per stendere il mio rapporto, e Lewis dev'essere solo per valutare il comportamento della barca durante il viaggio e progettare i cambiamenti necessari.

— Ma tu, e Lewis, e gli altri lo fate perché dovete farlo. Lei lo fa perché vuole farlo. Lei vuole restar sola! Cerca tutte le scuse per restar sola, e lavora su altre cose, non soltanto sui disegni del viaggio. Lascia che ti accompagni nella sua stanza, e vedrai che cosa sta facendo!

Ben annuì lentamente: — Oggi andrò a vederla — disse.

Quando Miriam se ne fu andata, Ben studiò nuovamente le caricature, e sorrise. Certo, Molly aveva saputo coglierli com'erano nell'intimo. Freddamente, con estrema e crudele abilità. Ripiegò il foglio e l'infilò nella borsa di cuoio, e pensò a Molly e agli altri.

Egli aveva mentito a proposito di Thomas. Non era tornato alla normalità, e probabilmente non sarebbe mai più stato normale. La sua dipendenza dai fratelli era praticamente diventata totale. Si rifiutava di essere separato da loro anche per un solo istante, e ogni notte dormiva nel letto dell'uno o dell'altro. Jed era in condizioni leggermente migliori, ma anche lui aveva bisogno di essere continuamente rassicurato.

Lewis sembrava esser uscito dalla prova indenne. Era uscito dalla vita della comunità e vi era rientrato in apparenza senza alcun trauma, nel modo più disinvolto. Harvey era ancora nervoso, ma meno di quanto lo era una settimana prima, molto meno di quanto lo era quando si era riunito ai fratelli subito dopo il viaggio. Si sarebbe rimesso completamente, Ben ne era convinto.

E lui, Ben? Come stava, Ben? si chiese, beffardo. Decise di essersi ripreso in modo soddisfacente.

Si recò dunque a parlare con Molly. Lei aveva una piccola stanza tutta per sé, per lavorare, nell'ala amministrativa dell'ospedale. Ben bussò leggermente alla porta, poi l'aprì prima che lei rispondesse. Essi chiudevano raramente le porte, e non lo facevano quasi mai di giorno, ma sembrava naturale che lei l'avesse chiusa, come lui sentiva che era naturale chiudere la propria, quando lavorava. Restò immobile per un attimo a guardarla. Molly aveva forse fatto scivolare furtivamente qualcosa sotto l'ampio foglio disteso sopra il tavolo da disegno? Non poté esserne certo. Lei sedeva con la schiena rivolta alla finestra, il ripiano del tavolo inclinato davanti a lei.

— Ciao, Ben.

— Puoi dedicarmi qualche minuto?

— Sì. Ti ha mandato Miriam, non è vero? Ero sicura che l'avrebbe fatto.

— Le tue sorelle sono molto preoccupate per te.

Molly abbassò gli occhi sul tavolo da disegno e toccò il foglio.

Era, sì, diversa, pensò Ben. Nessuno avrebbe più potuto scambiarla per Miriam o per qualcun'altra delle sue sorelle. Egli girò intorno al tavolo e diede un'occhiata ai disegni. Il blocco degli schizzi di Molly era aperto su una pagina piena di abbozzi di edifici e strade in rovina, montagne di macerie, il tutto tratteggiato a rapide linee. Molly stava riempiendo l'intero foglio davanti a lei con quel quartiere desolato e distrutto di Washington. Per un attimo, Ben ebbe la strana sensazione di trovarsi lì, di esplorare con i suoi occhi la devastazione, la tragedia di un'era perduta: Molly aveva il potere di trasferire la realtà tangibile delle cose dalla sua mente alle immagini da lei tracciate. Poi Ben si voltò e guardò fuori della finestra, facendo errare lo sguardo sulle colline, vivide chiazze di colore con la luce del sole che pioveva direttamente su di esse.

Molly a sua volta osservò Ben e pensò: né Thomas né Jed sarebbero stati disposti a parlarle, adesso. Thomas l'evitava come la peste, e Jed aveva sempre altre cose urgenti da fare, non appena lei gli si avvicinava. Harvey, al contrario, parlava troppo ma non diceva niente. E Lewis era davvero troppo occupato.

Ma lei poteva parlare con Ben, pensò. Essi potevano rivivere insieme il viaggio, potevano cercare di capire che cos'era successo, poiché qualunque cosa fosse successa a lei, era successa anche a lui. Lei poteva leggerlo nel suo viso, nel modo in cui aveva distolto così repentinamente gli occhi dal suo disegno. C'era qualcosa dentro di lui pronto a destarsi, pronto a bisbigliare, se lui gliel'avesse permesso, lo stesso qualcosa che era dentro di lei, e che aveva cambiato così profondamente il mondo ai suoi occhi. Qualcosa che non le parlava con le parole, ma con i colori, con simboli che lei non capiva, con sogni e visioni che le attraversavano fugaci la mente. Lei guardò Ben, sempre immobile davanti alla finestra, illuminato dal riflesso del sole. La luce gli cadeva sul braccio, facendo luccicare la peluria dorata, una foresta di minuscoli alberi dorati su un pianoro bruno. Poi Ben si mosse, e la minuscola distesa d'alberi, non più illuminata direttamente, s'incupì sul pianoro.

— Sorellina — cominciò lui, ma lei sorrise e scosse la testa.

— Non chiamarmi così — gli disse. — Chiamami… in qualunque modo, ma non così. — Ben si sentì turbato: una ruga segnò per un attimo la sua fronte, e poi sparì, lasciando un volto imperscrutabile. — Molly — lei disse ancora. — Chiamami soltanto Molly.

Ma adesso Ben si era dimenticato di ciò che aveva cominciato a dirle. La differenza stava nella sua espressione, pensò all'improvviso. Fisicamente Molly era identica a Miriam, alle altre sorelle, soltanto la sua espressione era mutata. Ella aveva un aspetto più maturo… più duro? No, non era esattamente questo, ma era vicino a ciò che lui intendeva. Un'espressione più decisa. Più profonda.

— Voglio vederti regolarmente, per un po' — disse Ben all'improvviso.

Non aveva affatto incominciato a dir questo, prima, non ci aveva neppure minimamente pensato fino al momento in cui l'aveva detto.

Molly annuì lentamente.

Tuttavia egli esitò ancora, perplesso su ciò che avrebbe dovuto ancora dire.

— Dovresti stabilire un orario — disse gentilmente Molly.

— Lunedì, mercoledì, sabato, subito dopo il pranzo — fece Ben, in tono brusco. Prese un appunto sul suo taccuino.

— Cominciando da oggi, oppure dovrò aspettare fino a lunedì?

Lei si stava facendo beffe di lui, pensò Ben rabbiosamente, e chiuse di scatto il taccuino. Girò su se stesso, e si diresse verso la porta. — Oggi — rispose.

La voce di lei l'obbligò a fermarsi: — Credi che io stia perdendo la testa, Ben? Miriam ne è convinta.

Egli restò immobile, la mano sulla maniglia, senza voltarsi a guardarla. La domanda l'aveva fatto sussultare. Sapeva che avrebbe dovuto rassicurarla, dirle qualcosa che l'avrebbe calmata, qualcosa che giustificasse la preoccupazione di Miriam… qualcosa, insomma. — Subito dopo il pranzo — disse in tono aspro, e facendosi forza uscì.

Molly recuperò il foglio che aveva fatto scivolare sotto il disegno delle rovine di Washington, e lo studiò per un po', socchiudendo gli occhi. Era una veduta della valle, leggermente distorta così da poterci far entrare il vecchio mulino, l'ospedale e la fattoria dei Sumner, tutti disposti in modo da suggerire una relazione fra loro. Tuttavia, non le appariva giusto, anche se non riusciva a decidere che cosa ci fosse di sbagliato. C'erano sottili tratti, nel disegno, appena accennati, nei punti in cui avrebbe dovuto trovarsi la gente, un gruppo nei pressi del mulino, altri all'ingresso dell'ospedale, numerosi, sparsi qua e là, nel campo dietro la vecchia fattoria. Molly cancellò tutti questi segni e schizzò, molto leggermente, una singola figura d'uomo in piedi nel campo. Poi tracciò un'altra figura, una donna che camminava fra l'ospedale e la fattoria. Erano le dimensioni, Molly pensò, le dimensioni delle cose e della gente. Gli edifici, in particolare il mulino, così grandi, e le persone così piccole, rimpicciolite dalle cose che esse avevano costruito. Molly pensò agli scheletri che aveva visto a Washington: un corpo ridotto alle sole ossa era ancora più piccolo. E lei aveva disegnato le sue figure scarne, rigide, quasi scheletriche…

Improvvisamente afferrò il foglio, lo accartocciò strettamente fino a farne una palla, e lo gettò nel cestino. Poi affondò il viso tra le braccia.

Per lei, pensò torbidamente, vi sarebbe stata una «Cerimonia per il Perduto». Le sue sorelle sarebbero state confortate dagli altri, e la festa sarebbe durata fino all'alba, mentre tutti avrebbero dimostrato la propria solidarietà di fronte a quella dolorosa perdita. Le sorelle superstiti si sarebbero prese per mano, alla luce del sole nascente, formando un cerchio, e dopo di ciò, lei avrebbe terminato di esistere per loro. Non le avrebbe più tormentate con la sua estraneità, col suo isolamento. Nessuno aveva il diritto di rendere infelici i fratelli e le sorelle, pensò Molly. Nessuno aveva il diritto di esistere, se questa esistenza costituiva una minaccia per la famiglia. Era la legge.

Molly raggiunse le sue sorelle per il pranzo alla tavola calda e cercò di condividere la loro allegria, unendosi alle gioiose anticipazioni della Festa della Maggiore Età, in programma quella sera per le sorelle Julie.

— Ricordatevi — sorrise maliziosamente Meg — non importa quante offerte riceveremo, e da chi, noi rifiuteremo tutti i braccialetti. E a nostra volta, chiunque di noi veda un fratello Clark, gli infili un braccialetto prima che lui possa fermarla. — E scoppiò apertamente a ridere. Due volte esse avevano tentato di avere i fratelli Clark, ma altre sorelle le avevano sempre battute. Quella sera si sarebbero separate, prendendo posizione lungo il sentiero che conduceva all'auditorium, restando in agguato in attesa dei fratelli Clark, le cui guance erano appena ricoperte da una morbida peluria, avendo varcato le soglie dell'età adulta soltanto poche settimane prima.

— Ma grideranno tutti «Slealtà!» — protestò debolmente Miriam.

— Lo so — disse Meg, continuando a ridere.

Melissa rise con lei, e Martha sorrise, guardando Molly. — Io mi nasconderò dietro la prima siepe — spiegò Martha. — Tu aspetterai accanto al sentiero che porta al mulino. — I suoi occhi scintillarono. — Ho già preparato tutti i braccialetti. Sono rossi, con appesi sei campanellini d'argento. Ah, come tintinnerà chiunque si troverà con uno di questi braccialetti! — Le sei campanelle significavano che tutte le sorelle invitavano tutti i fratelli.

Un po' dappertutto, alla tavola calda, c'erano gruppi come il loro, pensò Molly, guardandosi intorno. Piccoli gruppi di persone, tutti intenti a cospirare, a progettare le proprie conquiste con gioia, preparando agguati, trappole… Tutti uguali, pensò, come bambole.


Le sorelle Julie avevano i capelli biondi, sciolti, tenuti stretti da un diadema di fiori rosso cupo. Avevano scelto lunghe tuniche che scendevano vertiginosamente dietro ed erano alte sul davanti, con panneggi che sottolineavano deliziosamente il loro seno. Erano timide, sorridenti, non parlavano molto, non mangiavano niente. Erano quattordici. Molly distolse all'improvviso lo sguardo da esse; gli occhi le bruciavano. Sei anni prima lei si era trovata lì, allo stesso modo, rossa in volto, timorosa e orgogliosa, con infilato al polso il braccialetto dei fratelli Henry. I fratelli Henry, pensò Molly all'improvviso. Il suo primo uomo era stato Henry, e lei se ne era dimenticata. Il suo sguardo corse al braccialetto che aveva al polso sinistro, ma subito lo distolse. Una delle sue sorelle era riuscita a pigliare Clark per prima, e più tardi Molly e le sue sorelle avrebbero giocato sul tappeto con i fratelli Clark. I loro volti ancora così lisci… quasi quanto quelli delle sorelle Julie.

La gente continuava ad affaccendarsi lungo i tavoli, con questo gioco dei braccialetti; c'era un gran ridere, nel complicato gioco degli accoppiamenti.

— Perché non sei venuta nel mio studio, questo pomeriggio?

Molly si girò di scatto e scoprì Ben accanto a lei. — Me ne sono dimenticata — disse.

— Non te ne sei dimenticata.

Molly abbassò gli occhi e vide che lui aveva ancora il proprio braccialetto al polso. Era semplice, di erba intrecciata, senza alcun ornamento, senza il simbolo dei fratelli. Lentamente, senza guardarlo, lei cominciò a staccare le campanelle d'argento dal proprio braccialetto, e quando ne rimase una sola, si sfilò il braccialetto protendendo la mano e accennando a volerlo infilare al polso di lui.

Per un attimo, egli resistette, poi a sua volta le porse la mano e il braccialetto gli scivolò sopra le nocche, sopra l'osso sporgente del polso. Soltanto allora Molly lo guardò in viso. Era una maschera, dura, per niente familiare, severa. Se avesse potuto togliergli quella maschera, pensò, era convinta che avrebbe colto anche in lui quella diversità…

Ben annuì brusco, si girò e la lasciò. Lei lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava. Miriam e le altre si sarebbero arrabbiate, pensò. Ci sarebbe stato, adesso, un fratello Clark in più. Non aveva grande importanza, ma per Miriam era essenziale che tutte loro partecipassero ai gioco, e adesso, invece, sarebbero state soltanto in cinque.

Le sorelle Julie stavano danzando con i fratelli Lawrence, a due a due, e all'improvviso avvertì una fitta di tristezza. Lewis era fertile, forse altri del suo gruppo lo erano. Se una delle sorelle Julie avesse concepito, l'avrebbero mandata fra le riproduttrici ed anche per lei vi sarebbe stata una Cerimonia del Perduto. Continuò a fissare le coppie danzanti, ma non avrebbe saputo dire quale degli uomini era Lewis, quale Lawrence, o Lester…

Lei danzò con Barry, poi con Meg e Justin, poi con Miriam e Clark, poi ancora con Meg e Melissa e due dei fratelli Jeremy; non con Jed, tuttavia, che era rimasto appoggiato alla parete a fissare i suoi fratelli, il volto teso, quasi angosciato. Portava ancora infilato il suo braccialetto. Gli altri fratelli avevano un assortimento di braccialetti, l'uno differente dall'altro, al polso. Povero Jed, pensò Molly, e desiderò di aver dato a lui il suo.

Sedette insieme a Martha e a Curtis, mangiò un panino di manzo tritato e bevette ancora di quel vino ambrato che le faceva così deliziosamente girare la testa. Poi danzò con una delle sorelle Julie, le quali, man mano che passavano le ore, avevano assunto un'aria sempre più solenne. Ben presto i fratelli Lawrence le avrebbero rivendicate per il resto della notte.

La musica cambiò. Uno dei fratelli Lawrence venne a rivendicare la ragazza con cui Molly aveva danzato. La ragazza lo fissò e un timido sorriso le aleggiò sulle labbra, svanì e ricomparve. Egli la portò via con sé, danzando.

Molly sentì che qualcuno le batteva delicatamente la spalla. Si voltò e si trovò davanti a Ben. Egli non sorrideva. Si limitò a porgerle il braccio, ed entrambi cominciarono a danzare, senza profferir verbo, senza che nessuno dei due si aprisse all'altro in un sorriso. Egli la portò danzando vicino a uno dei tavoli; qui si fermarono, e Ben le porse un bicchiere di vino.

Lo inghiottirono a piccoli sorsi, sempre in silenzio, poi uscirono insieme dall'auditorium. Molly intravide con la coda dell'occhio il volto di Miriam, mentre se ne stavano andando. E ciò che vi lesse la spinse ad assumere un atteggiamento di sfida: irrigidì la schiena, drizzò la testa e uscì nella fredda notte, con Ben.

CAPITOLO QUINDICESIMO

— Vorrei sedermi vicino al fiume per un po' — aveva detto Molly. — Hai freddo? — le aveva chiesto Ben, e quando lei aveva accennato di sì, egli era andato a prendere dei mantelli per entrambi.

Molly contemplò l'acqua pallida, mutevole… sempre mutevole ma sempre la stessa, e percepì la presenza di Ben accanto a lei, che taceva e non la toccava.

Nuvole sfilacciate si rincorrevano attraverso la faccia rigonfia della Luna. Ben presto sarebbe stata piena, la luna degli ultimi raccolti, la fine dell'estate indiana. I contorni della luna erano così netti, così espliciti, pensò Molly. Una scodella sformata, come un oggetto realizzato da mani inesperte che sarebbero migliorate con la pratica.

L'immagine della luna nel fiume si mosse, si separò in lunghi fili scintillanti, che s'intrecciarono, tornarono a dividersi, quindi si fusero in un'ampia fascia di acqua luminosa che sembrava solida, per poi frantumarsi di nuovo in una miriade di liquide scintille. Contro la sponda, il mormorio del fiume era un sottile, discreto sospiro.

— Hai freddo? — le chiese di nuovo Ben. Il suo volto era pallido alla luce della luna, le sue sopracciglia più scure che alla luce del giorno, folte, diritte. Forse la stava fissando corrucciato, minaccioso, quasi; era difficile dirlo. Molly scosse la testa, ed egli si voltò nuovamente verso il fiume.

Il fiume era vivo, pensò lei, e proprio quando si credeva di conoscerlo, ecco che cambiava e mostrava un'altra faccia, un altro umore. Quella notte il fiume aveva un aspetto allettante, pieno di promesse, e anche se lei sapeva che tali promesse erano false, la voce che le bisbigliava era accattivante, persuasiva.

Ben rivide il fiume gonfiato dalla piena che rifulgeva luminoso sopra la ghiaia e le rocce, che si frangeva schiumeggiando contro i macigni. Rivide il piccolo fuoco sull'argine, la ragazza accanto ad esso, i cui contorni si stagliavano contro l'acqua luccicante, mentre i fratelli trainavano la barca su per la collina.

— Mi spiace non essere venuta oggi — lei disse all'improvviso, con un filo di voce. — Ero quasi arrivata alla tua porta, poi mi sono fermata. Non so perché.

Uno scroscio di risa giunse fino a loro dall'auditorium, e Ben desiderò che lui e Molly si fossero inoltrati più a lungo giù per il fiume, prima di fermarsi. Una nuvola coprì la faccia della luna, e il fiume diventò nero, restò soltanto il suo eterno mormorio e il sentore dell'acqua fresca.

— Hai freddo? — lui le chiese una volta ancora, come se la luce della luna avesse irradiato un calore adesso svanito.

Lei gli si fece più vicina: — Sulla via del ritorno — bisbigliò, con voce sognante, — ho continuato a sentire il fiume che mi parlava, e gli alberi, e le nuvole. Immagino che fossero la fatica e la fame, ma io li ho veramente sentiti, soltanto, per la maggior parte del tempo non riuscivo a sentire le parole. Tu li hai sentiti, Ben?

Egli scosse la testa, e anche se lei ora non poteva vederlo a causa della nuvola che copriva la luna, seppe che Ben stava negando l'esistenza delle voci. Sospirò.

— Che cosa accadrebbe se tu avessi un'idea, qualcosa che vorresti risolvere da solo? — lei gli chiese, un attimo dopo.

Ben si agitò incerto. — Può accadere, infatti — cominciò, cauto. — Ne discutiamo, e di solito, a meno che non ci sia qualche valida ragione contraria, e non vi siano materiali o attrezzature sufficienti, chiunque abbia avuto l'idea procede alla sua realizzazione.

Ora la luna risplendeva nuovamente, sgombra di nuvole; la luce sembrò più intensa, dopo la breve oscurità. — Ma se gli altri non capissero il valore dell'idea? — insisté Molly.

— In tal caso non avrebbe davvero alcun valore, e nessuno vorrebbe perderci sopra del tempo.

— Ma se fosse qualcosa che non riesci a spiegare esattamente, qualcosa che non riesci a esprimere in parole?

— Che cosa mi stai chiedendo, veramente, Molly? — le domandò Ben, voltandosi verso di lei. Il volto di Molly era pallido come la luna, due ombre profonde al posto degli occhi, la bocca era nera, senza un sorriso. Lei a sua volta sollevò lo sguardo a fissarlo; la luna si rifletté nei suoi occhi, e sembrò quasi, adesso, che fosse in qualche modo luminosa, che la luce provenisse da dentro di lei. Ben si rese conto che Molly era bella. Non se n'era mai accorto prima, e il fatto che questo pensiero fosse nato in lui, imponendosi con tanta forza, lo sconvolse.

Molly si alzò in piedi, all'improvviso. — Ti farò vedere — disse. — Nella mia stanza.

Essi ritornarono all'ospedale, fianco a fianco, senza toccarsi, e Ben pensò: naturalmente le sorelle Miriam erano tutte belle, ma quasi tutte le sorelle lo erano. Così come la maggior parte dei fratelli erano aitanti. Questo era scontato. E non significava nulla.

Molly chiuse le imposte della finestra della sua piccola stanza, e gettò il mantello sulla sedia dietro il tavolo da disegno. Poi tirò fuori un fascio di disegni. Li esaminò a lungo. Alla fine gliene porse uno.

Era una donna, nessuna che lui conoscesse intimamente, ma il suo volto era vagamente familiare. Infine la riconobbe: era Sarah; cambiata, ma era Sarah. Accanto a lei una successione di specchi che si perdeva all'infinito, e in ogni specchio c'era un'altra donna, ognuna di esse era Sarah, ma non esattamente come lei. Qui una smorfia le torceva la bocca, là invece vi era un ampio sorriso, un'altra Sarah rideva, un'altra aveva i capelli grigi, rughe… Ben fissò Molly, disorientato.

Molly gli porse un altro disegno. Un albero, niente più. Ma un albero che usciva dalla solida roccia. Qualcosa d'impossibile, e il turbamento di Ben fu ancora maggiore.

Un altro disegno. Lei glielo gettò impulsivamente. Una minuscola barca in un mare immenso che riempiva il foglio da margine a margine. E nella barca una figura solitaria, così piccola da risultare insignificante, impossibile a riconoscersi.

Questi disegni lo sconvolgevano. Guardò Molly sull'altro lato del tavolo da disegno: lo stava fissando con febbricitante intensità, le guance arrossate, gli occhi troppo brillanti.

— Ho bisogno di aiuto, Ben — gli disse, con voce bassa, fremente. — Tu devi aiutarmi.

— Che cosa?

— Ben, io non voglio più disegnare queste cose, voglio dipingerle. Devo dipingerle. Non so perché. E non soltanto queste cose, ma altre ancora. La matita, la penna e l'inchiostro non vanno più bene. Ho bisogno di colori e di luce! Ben, ti prego!

Molly stava piangendo. Ben la fissò sorpreso. Era dunque questo il suo segreto? Lei voleva dipingere? Ben soppresse l'impulso di sorriderle come se fosse una bambina che implorava che le concedessero ciò che era già suo.

Molly vide la sua espressione, l'interpretò correttamente. Si sedette e alzò la testa, appoggiandola al mantello, sullo schienale della sedia. Chiuse gli occhi. — Miriam capisce, e anche le mie sorelle — disse, in tono esausto; il vivace colore delle sue guance svanì, ed ella apparve molto giovane e affaticata. — Ma esse non vogliono lasciarmelo fare.

— Perché no? Che cosa c'è che non va nella pittura?

— Io… a Miriam non piace quello che queste immagini le fanno provare. E così pure non piace alle mie sorelle. Pensano che sia pericoloso. O meglio, è Miriam che lo pensa, ma ben presto tutte le altre saranno d'accordo con lei.

Ben guardò nuovamente la minuscola barca nell'oceano infinito: — Ma tu, devi proprio dipingere queste cose? Non puoi dipingerne altre?

Molly scosse la testa. Teneva ancora gli occhi chiusi. — Se qualcuno avesse il cuore malato, cureresti invece i suoi orecchi perché è più facile? — Aprì gli occhi e lo fissò. Non c'era niente d'ironico nel suo sguardo.

— Ma ne hai parlato a Miriam?

— Ha preso alcuni dei disegni dei fratelli che avevo fatto durante il viaggio. Non le sono piaciuti. Li ha tenuti. Non devo parlarne a lei o alle altre. So che cosa direbbero. Ormai non faccio altro che procurar loro dolore.

Il suo pensiero andò alle sue sorelle insieme ai fratelli Clark, sul tappeto, che ridevano, sorseggiavano il vino ambrato, che accarezzavano i corpi dei ragazzi/uomini. Non era sesso di gruppo, pensò all'improvviso. Erano un solo maschio e una sola femmina scomposti, allo stesso modo in cui il disco della luna si era scomposto sulla superficie del fiume. Le sorelle costituivano un unico organismo femminile; i fratelli Clark costituivano l'organismo maschile; ma quella notte, mentre si abbracciavano, l'organismo femminile non sarebbe stato completamente soddisfatto perché non era completo. Una parte del suo corpo mancava, era mancato da troppo tempo. E la parte mancante, come un arto amputato, causava un dolore fantasma.

— Molly — La voce di Ben suonò dolce. Egli le sfiorò il braccio e lei trasalì. — Vieni con me nella mia stanza. È molto tardi. Tra poco sarà l'alba.

— Oh, non sei obbligato a farlo, se non vuoi — lei rispose. — Ero convinta che non sarei riuscita a dirti tutto questo… per questa ragione sono ritornata indietro, oggi, quand'ero quasi arrivata al tuo studio. Poi, stanotte, ho pensato che dovevo assolutamente dirtelo, perché ho un disperato bisogno di aiuto… Non devi farlo, se non vuoi — ripeté.

Quasi con riluttanza, Ben insisté: — Vieni con me, Molly. Nella mia stanza. Io voglio farlo.

CAPITOLO SEDICESIMO

La neve cadeva in un pigro silenzio; non soffiava un alito di vento, e il cielo sembrava così basso da poterlo toccare. La neve si accumulava sulle superfici orizzontali, sui rami degli alberi, sugli aghi dei pini e degli abeti rossi. Filtrava giù da una fenditura fra una grondaia e il tetto dell'ospedale, erigendo una sorta di muro bianco che ben presto sarebbe crollato sotto il suo stesso peso.

La neve ricopriva il suolo, immacolata, pura, strato dopo strato, cosicché nei punti riparati, dove il sole, nelle sue irregolari apparizioni, non poteva fonderla, o il vento disturbarla, il suo spessore era cresciuto fino a un metro e mezzo, due metri, tre metri, perfino. Sullo sfondo di tanto candore, che sfumava qua e là nel grigio e nell'azzurro, il fiume scorreva, nero, mandando cupi barbagli. Le nuvole erano così fitte che tutta la luce del giorno sembrava irradiarsi dalla neve, una luce diffusa, spenta; in distanza, il manto di neve e il cielo e l'aria sembravano fondersi in un tutto privo di confini.

Sì, un tutto senza confini, pensò Molly. Era accanto alla finestra della sua piccola stanza di lavoro. Dietro di lei un cavalletto aspettava, con sopra un dipinto, ma per lei, adesso, era impossibile concentrarsi su di esso. La neve, la strana luce che s'irradiava dal basso, l'intera scena, lì fuori, l'incantavano.

— Molly!

Ella si girò di scatto. Miriam era lì, sulla soglia, ancora infagottata negli indumenti pesanti, con la neve che le era rimasta rappresa sulle spalle e il cappuccio.

— Ho detto che Meg è rimasta ferita. Non hai sentito?

— Meg ferita? E come? Che cosa è accaduto?

Miriam la fissò per un attimo, poi scosse la testa: — Tu non lo sapevi, vero?

Molly si sentì disorientata, come un'estranea che fosse capitata lì senza capir nulla. Il dipinto le sembrò brutto, sgargiante, privo di significato. Ora riuscì a percepire il dolore e la paura di Meg, e la presenza delle sorelle che le alleviavano l'angoscia. Esse avevano bisogno di lei, questo pensiero le giunse inequivocabile… ma lei non capiva il perché, e Meg tornò a svanire dalla sua mente. — Dov'è? — chiese ugualmente. — Che cosa è accaduto? Vengo con te.

Miriam la guardò e scosse la testa. — No, non venire. Resta qui — le disse. E se ne andò.

Quando Molly seppe dov'era Meg, e si recò nella stanza dell'ospedale per trovarsi insieme alle sue sorelle, esse non vollero lasciarla passare.


Ben guardò i fratelli e scrollò le spalle. Che cosa dovevano fare di Molly? Esiliarla, come avevano esiliato David? Isolarla in una stanza dell'ospedale? Obbligarla a vivere con le riproduttrici, le madri? O ignorare del tutto il problema? Essi avevano discusso di tutte le alternative, e non erano soddisfatti di nessuna.

— Non c'è niente che indichi che stia facendo progressi — disse Barry. — Niente che indichi anche soltanto che voglia riprendere una vita normale.

— Dal momento che per una cosa simile non esistono precedenti, qualunque cosa decideremo dovrà essere quella giusta — intervenne Bruce, in tono pacato. Le sue folte sopracciglia s'intrecciarono, poi tornarono a separarsi. — Ben, è una tua paziente. Tu non hai detto nulla. Tu eri certo che il fatto di lasciarla dipingere come voleva avrebbe avuto un effetto terapeutico, ma non è stato così. Hai qualche altro suggerimento?

— Quando vi chiesi il permesso di lasciare il mio lavoro al laboratorio per studiare invece psicologia, me l'avete rifiutato. Gli altri di noi che hanno compiuto il viaggio a Washington si sono completamente ripresi — disse, in tono asciutto. — Eccetto Molly. E non ne sappiamo abbastanza per conoscerne il perché, e il modo di curarla, sempre che sia possibile. Io comunque, ora dico: date tempo al tempo, non c'è assoluto bisogno di lei alla scuola, lasciate che dipinga. Datele una stanza tutta per lei e lasciatela sola.

Barry aveva già cominciato a scuotere la testa: — La psicologia è un vicolo cieco, per noi — dichiarò. — Fa rivivere il culto dell'individuo. Quando un gruppo, un'unità funziona, i suoi membri si curano e guariscono all'interno di esso. In quanto a consentirle di restar qui, all'ospedale… Molly rappresenta una costante fonte di dolore e di confusione per le sue sorelle. Meg guarirà, ma Molly neppure sapeva che era caduta, che si era fratturata un braccio. Le sorelle avevano bisogno di lei, e Molly non ha risposto. Noi tutti sappiamo e siamo d'accordo che il nostro primo dovere è salvaguardare il benessere del gruppo, non dei singoli individui che lo compongono. Se esiste un conflitto fra due scelte di questo tipo, è l'individuo che dobbiamo abbandonare. Questo è un dato di fatto. L'unico problema è come farlo.

Ben si alzò in piedi e raggiunse la finestra. Poteva vedere gli alloggi delle riproduttrici sull'altro lato della siepe. Non lì! Pensò con veemenza. Esse non l'avrebbero mai accettata. Perfino avrebbero potuto ucciderla, se fosse stata messa in mezzo a loro. Soltanto un mese prima era stata tenuta la Cerimonia del Perduto per Jane, la quale adesso si trovava a tutti gli effetti fra le riproduttrici, sottoposta continuamente a droghe e a condizionamento ipnotico per costringerla ad accettare la sua nuova condizione di femmina fertile che avrebbe partorito un figlio tutte le volte che i medici avrebbero deciso che era necessario. E i nuovi bambini sarebbero stati trasferiti alla nursery un istante dopo la nascita, e poi le riproduttrici avrebbero avuto il tempo di rimettersi in buona salute, di acquistare nuovamente le forze sufficienti a farlo ancora, e ancora, e ancora…

— Non c'è ragione di metterla là dentro — dichiarò Bob, venendo accanto a Ben, davanti alla finestra. — Meglio sarebbe semplicemente ammettere che non esiste alcuna soluzione, e far ricorso all'eutanasia. Sarebbe meno crudele.

Ben sentì come un peso gravargli il petto, e tornò a girarsi verso i fratelli. Avevano ragione, pensò, freddamente. — Se dovesse accadere di nuovo — disse, parlando lentamente, quasi incerto di dove i suoi stessi pensieri lo stessero conducendo — torneremo ad avere questa stessa angosciosa riunione, le stesse inutili alternative da discutere e scartare.

Barry annuì: — Lo so. È appunto questo che mi fa fare brutti sogni. Ci occorre un numero sempre maggiore di persone per i raccolti, per la manutenzione delle strade, per organizzare spedizioni da inviare nelle città. Non possiamo permetterci che i casi come quelli di Molly si moltiplichino.

— Lasciatela a me — replicò Ben, bruscamente. — La metterò nella vecchia casa dei Sumner. Terremo la Cerimonia del Perduto e la dichiareremo scomparsa. Il vuoto, tra le sorelle Miriam, si chiuderà spontaneamente, esse non sentiranno più alcun dolore, ed io sarò in grado di studiare le sue reazioni.

— Questa casa è molto fredda — disse Ben — ma la stufa scalderà. Ti piacciono queste stanze?

Avevano passato in rassegna l'intera casa e Molly aveva scelto il secondo piano dell'ala prospiciente il fiume. C'erano ampie finestre senza tende, e la fredda luce del pomeriggio riempiva la stanza, ma d'estate sarebbe stato caldo, la luce avrebbe vividamente illuminato ogni cosa e vi sarebbe sempre stato il fiume da guardare. La stanza accanto a questa, pensò Molly, doveva essere stata la stanza di uno dei bambini, oppure un ripostiglio. Era più piccola, con doppie finestre alte quasi fino al soffitto. Si sarebbe servita di questa piccola stanza per dipingere; fuori dalle finestre c'era un terrazzino.

Già la musica si spandeva nella valle: la cerimonia era cominciata. Ci sarebbero state feste, danze, e molto vino.

— L'impianto elettrico non funziona — annunciò, corrucciato, Ben. — I fili sono troppo vecchi. Li sostituiremo non appena la neve si scioglierà.

— Non m'importa. Mi piacciono le lanterne e il fuoco del caminetto. E ci sarà sempre legna da bruciare nella stufa.

— I fratelli Andrew te ne hanno preparato una buona provvista. Essi ti porteranno tutto ciò di cui avrai bisogno. Lo lasceranno sulla veranda.

Molly si avvicinò alla finestra. Il sole, velato da nuvole sottili, era come sospeso sopra l'orlo della collina. Ben presto, però, sarebbe calato oltre i crinali, lasciando rapidamente posto all'oscurità. Per la prima volta nella sua vita ella sarebbe rimasta sola nella notte. Restò immobile, la schiena rivolta a Ben, fissando il fiume, il pensiero rivolto a quella vecchia casa, così lontana dagli altri edifici della valle, nascosta tra gli alberi e i cespugli che in quegli anni erano cresciuti alti quanto gli alberi.

Se avesse fatto un brutto sogno, se si fosse agitata nel sonno o avesse urlato, nessuno l'avrebbe sentita, nessuno sarebbe stato al suo fianco per calmarla, per confortarla.

— Molly. — La voce di Ben era ancora troppo aspra, come se fosse tremendamente arrabbiato con lei… anche se lei non sapeva perché mai dovesse essere arrabbiata. — Posso restare qui con te, questa notte, se hai paura…

Allora lei si voltò a guardarlo, il volto in ombra, in quella fredda luminosità, con la sterminata distesa di neve e il cielo grigio che le facevano da sfondo, e Ben seppe che non aveva paura. Egli provò le stesse sensazioni che aveva provato con lei quella notte in riva al fiume: Molly era bella, la luminosità che s'irradiava dai suoi occhi bastava da sola a illuminare la stanza. — Tu sei felice, non è vero? — le chiese, meravigliato.

Lei annuì: — Accenderò un fuoco nel caminetto. Poi gli trascinerò vicino una sedia e me ne starò seduta a guardare le fiamme e ad ascoltare la musica. Dopo un po' andrò a letto, e forse leggerò qualcosa, alla luce della lanterna, fino a quando non sentirò di aver sonno… — Gli sorrise. — Va tutto bene, Ben. Mi sento… non so come mi sento. Come se mi fossi liberata di qualcosa con cui vivere era diventato pesante e difficile. Se n'è andato… ed io mi sento leggera leggera, libera e… sì, anche felice. Perciò forse sono pazza. Forse questo vuol dire diventare pazzi. — Tornò a voltarsi verso la finestra. — Le riproduttrici sono felici? — chiese, dopo un attimo di silenzio.

— No.

— Com'è la vita, per loro?

— Ti preparerò il fuoco. La canna del camino è sgombra. Ho controllato.

— Cosa succede a una ragazza quando diventa riproduttrice?

— Le facciamo seguire un corso per imparare ad esser madre. Credo che la loro nuova vita finisca per piacerle.

— Si sentono libere?

Egli aveva cominciato a sistemare i ceppi sulla griglia. Lasciò cadere a terra quello che stringeva fra le mani, che rimbalzò con un tonfo, e si alzò in piedi. Si avvicinò con due rapidi passi a Molly e la trasse via a forza dalla finestra. — Non cessano mai di soffire per la separazione — le disse. — Notte dopo notte piangono fino ad esserne esauste e si addormentano, anche se per tutto il tempo sono sotto l'effetto di droghe e sono sottoposte a sedute di condizionamento, perché accettino la nuova condizione di vita. Ma ugualmente ogni notte piangono fino ad addormentarsi stremate. È questo che volevi sentirti dire? Volevi credere che sono libere, come tu lo sei adesso, libere di esser sole, di fare ciò che vogliono senza alcun pensiero, nessuna responsabilità nei confronti degli altri? Non è affatto così! Noi abbiamo bisogno di loro, e le usiamo nell'unica maniera possibile, perché facciano il minor danno possibile alle sorelle non riproduttrici. E quando non sono più in grado di aver bambini, le mettiamo a lavorare nella nursery. Se non sono adatte… le mettiamo a dormire. È questo che volevi sentire?

— Perché mi dici tutto questo? — bisbigliò lei, terrea in volto.

— Perché non ti faccia alcuna illusione su questo tuo piccolo nido! Noi possiamo, anzi, vogliamo usarti, capisci? Fino a quando sarai utile alla comunità, ti sarà concesso di vivere qui come una principessa. Soltanto fino a quando sarai utile.

— Utile… come? — Molly lo fissò sbalordita. — Nessuno vuole guardare i miei dipinti. E ho finito tutte le mappe e i disegni del viaggio.

— Io dissezionerò ogni tuo più fugace pensiero, ogni tuo desiderio, ogni tuo sogno. Scoprirò quello che ti è successo, ciò che ti ha separato dalle tue sorelle, ciò che ti ha fatto decidere di diventare un singolo individuo, e quando l'avrò scoperto, io e gli altri sapremo come impedire che accada di nuovo.

Molly lo fissò, e adesso i suoi occhi non erano più luminosi, ma cupi, profondamente nascosti nell'ombra. Delicatamente si liberò dalle mani di lui, che l'avevano afferrata per le spalle, e replicò: — Guarda piuttosto dentro di te, Ben. Sorprenditi ad ascoltare le voci che nessun altro riesce a udire. Osserva, studia te stesso. Chi altri, se non te, è infuriato per il modo in cui sono trattate le riproduttrici? E perché mai hai lottato per salvare la mia vita, quando il bene della comunità avrebbe richiesto che io venissi messa a dormire, come una riproduttrice esaurita? Chi altro di voi è disposto a degnare anche di una sola occhiata i miei dipinti? Chi altro sarebbe disposto a trovarsi qui, in questa stanza fredda e buia, insieme a una pazza, invece che partecipare alla festa? I nostri accoppiamenti non sono felici, Ben. Quando ci abbracciamo, sentiamo che è qualcosa di amaro e crudele, siamo pieni di tristezza e nessuno di noi sa il perché. Scruta dentro te stesso, Ben, e poi dentro me stessa, trova, se c'è, una causa che tu possa sradicare e distruggere senza distruggere i portatori.

Impetuosamente, egli l'attrasse a sé e le premette il viso, con forza, contro il proprio petto, per impedirle di continuare a parlare. Molly non lottò contro di lui. — Menzogne, tutte menzogne — disse più volte, dolorosamente, tra i denti. — Sei davvero pazza a parlare così. — Le appoggiò una guancia sui capelli, e le braccia di lei si alzarono per stringerlo a sua volta. Ben si liberò bruscamente e si trasse in disparte. Ora l'oscurità era scesa fitta nella stanza e lei era soltanto un'ombra sullo sfondo di altre ombre.

— Ora andrò via — disse lui. — Non dovresti avere alcuna difficoltà ad accendere il fuoco, quassù. Ho comunque acceso la stufa al piano di sotto e il calore dovrebbe arrivare ben presto quassù. Non sentirai freddo.

Lei non gli rispose. Ben si girò e uscì in fretta dalla stanza. Non appena fuori dalla casa, cominciò a correre attraverso la neve alta. E continuò ostinatamente a correre finché le forze gli mancarono e il respiro si trasformò in un rantolo doloroso. Si voltò a guardare la vecchia casa dei Sumner, ma non era più visibile attraverso l'oscura barriera degli alberi.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO

Cadeva una pioggia sottile e costante, e il vento era scemato. Le cime delle colline erano nascoste dalle nuvole e il fiume dalla bruma. Si udiva un continuo, rassicurante battere di martelli, per quanto attutito dalla pioggia. Dentro il capannone delle barche c'era gente al lavoro, intenta a costruire la terza barca. L'anno prima erano stati agricoltori, insegnanti, tecnici, scienziati; quest'anno erano costruttori di barche.

Ben scrutò la pioggia; la breve calma subito ebbe fine e il vento riprese a ululare attraverso la valle, spingendo la pioggia davanti a sé, una raffica dopo l'altra. Ogni cosa scomparve, all'esterno, e vi fu soltanto la pioggia che scrosciava contro la finestra.

Molly si sarebbe chiesta se lui, sfidando la furia degli elementi, si sarebbe ugualmente recato da lei. La finestra tremò violentemente sotto la spinta crescente della pioggia. Si sarebbe sfondata! pensò. E poi: no, Molly non se lo sarebbe chiesto. Non avrebbe neppure notato la sua assenza. Improvvisamente com'era venuta, quell'esplosione di violenza cessò, le nubi si diradarono al punto che il sole riuscì a perforarle, proiettando pallide ombre. Per lei non faceva differenza, continuò Ben a pensare. Che lui ci fosse, oppure no, era la stessa cosa, per lei. Mentre lei gli parlava, o rispondeva alle sue domande, continuava a dipingere, o tracciava schizzi, oppure ripuliva i pennelli; a volte, quand'era inquieta, si faceva accompagnare da lui in lunghe passeggiate fra le colline, dentro il bosco, lontano dalla valle abitata dove la sua presenza era proibita. E tutte queste cose avrebbe potuto farle anche da sola.

Tra poco sarebbero venuti da lui i suoi fratelli, per l'incontro ufficiale che gli avevano chiesto, e durante il quale lui avrebbe dovuto concordare la data per il completamento del rapporto che non aveva neppure cominciato. Diede un'occhiata al suo taccuino, sopra la scrivania, quindi rivolse nuovamente lo sguardo alla finestra. Il taccuino era pieno zeppo di annotazioni: lui non aveva più nulla da chiederle, più nulla da estrarle con abili domande; e oggi ne sapeva quanto ne aveva saputo in autunno, molto, troppo poco.

In tasca aveva un pacchetto di sassofrassi, i primi della stagione: il suo dono per lei. Avrebbero fatto bollire l'acqua del tè, seduti davanti al fuoco, sorseggiando poi la bevanda calda e fragrante. Sarebbero giaciuti assieme, e lui avrebbe parlato della valle, del continuo sviluppo e miglioramento delle attrezzature dei lavoratori, delle nuove barche che stavano progettando, dei progetti per clonare foraggiatori e lavoratori in grado di riparare strade e costruire ponti, e fare tutto quello che sarebbe stato necessario per riaprire una via di comunicazione fino a Washington, a Filadelfia, e magari New York. Molly gli avrebbe chiesto delle sue sorelle, che stavano lavorando sui libri di testo, ricopiandone attentamente le illustrazioni, le mappe, i grafici, e avrebbe annuito gravemente alle sue risposte, mentre il suo sguardo avrebbe guizzato sui suoi dipinti, che nessuno, nella valle, poteva o voleva capire. Molly era pronta a parlare di qualunque cosa, a rispondere a qualunque domanda lui le facesse, fuorché sui suoi dipinti.

Lei stessa capiva ben poco — poco quanto lui — di ciò che faceva. Ben l'aveva scritto nei suoi appunti. Lei era costretta a dipingere, a disegnare, a rendere tangibili quelle visioni ambigue, confuse, perfino dannose. Ciò che la costringeva a questo era più forte della sua stessa volontà di vivere, pensò lui amaramente. E tra pochi minuti, i suoi fratelli sarebbero venuti lì nel suo studio, e avrebbero deciso che cosa fare di Molly.

Le avrebbero offerto un sacco di sementi e una scorta giù lungo il fiume?

Nuvole grevi calarono giù dalle montagne e offuscarono la già debole luce, ancora una volta il vento sferzò con violenza la finestra, facendovi scrosciare sopra la pioggia che cadeva a dirotto. Ben era ancora lì immobile a contemplare quello spettacolo, quando i suoi fratelli entrarono nel suo studio e presero posto.

— Andremo direttamente al punto — disse Barry, proprio come Ben avrebbe fatto al suo posto. — Lei non è affatto migliorata, vero?

Ben prese posto anche lui su una sedia, per completare il cerchio, e scosse la testa.

— In effetti, sta semmai ancora peggio di quand'è ritornata a casa — continuò Barry. — L'isolamento ha consentito che la sua malattia si aggravasse, installandosi stabilmente in lei, e tu, unendoti a lei nell'isolamento, sia pure temporaneamente, hai permesso che la malattia contagiasse anche te.

Ben guardò i propri fratelli, sorpreso e confuso. C'erano forse stati indizi, in precedenza, che la pensassero in quel modo? Si rese conto che ponendosi questa domanda, lui aveva risposto a un'altra. Egli avrebbe dovuto saperlo. In una unità perfettamente funzionante non potevano esserci segreti. Scosse lentamente la testa, e a sua volta parlò, scegliendo con cura le parole: — Per un po' ho creduto anch'io di essere malato, ma ho continuato ad operare secondo i nostri programmi, i nostri bisogni, e ho respinto quei pensieri che mi turbavano. In qual modo vi avrei offeso?

Barry scosse la testa con impazienza.

Per un attimo, Ben percepì la loro infelicità. — Ho una teoria a proposito di Molly che forse si applica anche a me. — Essi attesero. — Prima di noi, vi era sempre stato nell'infanzia dell'uomo un periodo nel quale lo sviluppo dell'ego avveniva naturalmente, e se tutto si svolgeva correttamente, in quel periodo, l'individuo veniva completamente formato e infine si separava dai suoi genitori. Per noi, invece, un simile sviluppo non è necessario, e neppure possibile, poiché i nostri fratelli e sorelle ovviano al bisogno di un'esistenza separata, per cui in noi si forma una coscienza unitaria, di gruppo. Vi sono studi assai antichi sui gemelli identici, che già conoscevano questa coscienza di gruppo, ma i ricercatori non erano preparati a comprenderne il meccanismo. Vi prestarono perciò poca attenzione, e gli studi in questo campo vennero ben poco approfonditi. — Ben si alzò in piedi e si avvicinò nuovamente alla finestra. Ora la pioggia cadeva a raffiche violente e irregolari. — Io sono convinto che tutti abbiamo dentro di noi la possibilità latente di sviluppare un ego individuale. Esso si assopisce, quando niente lo stimola durante il periodo fisiologicamente adatto per la sua emergenza spontanea. Ma in Molly — e forse questo è accaduto anche ad altri — sotto l'azione di un particolare stimolo, e in adatte condizioni, lo sviluppo dell'ego individuale è ripreso.

— Le condizioni adatte sarebbero la prolungata separazione dai fratelli e dalle sorelle, in una situazione di grave tensione? — chiese Barry, soprappensiero.

— Credo di sì. Ma ora la cosa importante — si affrettò ad aggiungere Ben, — è lasciare che lo sviluppo continui e vedere che cosa succede. Non sono in grado di prevedere il futuro comportamento. Sinceramente, non so che cosa aspettarmi da un giorno all'altro.

Barry e Bruce si scambiarono un'occhiata, poi guardarono gli altri fratelli. Ben si sforzò d'interpretare queste occhiate, ma non vi riuscì. Si sentì raggelato, e preferì voltarsi a guardare la pioggia.

— Decideremo domani — disse infine Barry. — Ma qualunque cosa decideremo per Molly, c'è comunque un'altra cosa che abbiamo deciso per te, ed è inappellabile. Tu non la vedrai più, Ben. Per il tuo stesso bene, e per il nostro, noi dobbiamo proibirti di vederla.

Ben assentì con un cenno del capo: — Dovrò pure avvertirla — replicò.

Al tono della sua voce, Barry guardò nuovamente i suoi fratelli e, riluttanti, essi acconsentirono.


— Perché sei così sorpreso? — chiese Molly. — Ciò doveva accadere.

— Ti ho portato un po' di tè — disse brusco Ben.

Molly prese il pacchetto, e restò a fissarlo a lungo, a capo chino: — Ho un dono per te — mormorò. — Avevo intenzione di dartelo in un'altra occasione, ma… Vado a prenderlo. Uscì dalla stanza e ritornò quasi subito con un pacchetto, un foglio di carta ripiegato più volte, che quando si aprì si rivelò suddiviso in piccoli riquadri, e in ognuno di essi una variazione del volto di Ben. Al centro, la testa massiccia di un uomo, folte, minacciose sopracciglia e due occhi penetranti; intorno alla testa centrale, altre quattro, che si rassomigliavano quanto bastava da mostrare una qualche parentela fra esse.

— Chi sono?

— Questo nel mezzo è il vecchio al quale apparteneva questa casa. Ho trovato alcune fotografie nell'attico. Quello è suo figlio, il padre di David. E quello è David. E questo… sei tu.

— Oppure Barry, o Bruce, o chiunque degli altri prima di noi — replicò seccamente Ben. Non gli piaceva quell'immagine composita. Non gli piaceva guardare il viso di uomini che avevano vissuto una vita così diversa e inesplicabile, e che assomigliavano tanto a lui.

— Non credo — disse Molly, studiando le immagini con gli occhi socchiusi, e poi aprendoli e guardando lui. — C'è qualcosa che Barry e gli altri semplicemente non hanno. I loro occhi, ne sono convinta, guardano soltanto verso l'esterno, mentre i tuoi, e quelli degli altri uomini, in queste immagini, possono guardare sia verso l'esterno sia verso l'interno.

Improvvisamente Molly scoppiò a ridere e lo trascinò verso il fuoco. — Su, non pensarci. Beviamoci il nostro tè e mangiamo qualche dolce. Ne ho ricevuti fin troppi, e ne ho fatto provvista. Su, facciamo festa!

— Non voglio il tè — dichiarò Ben. Senza guardarla, gli occhi fissi sulle fiamme nel caminetto, le chiese: — Non te ne importa neppure un po'?

— Importarmene?

Nel modo in cui fu pronunciata questa parola Ben percepì dolore. Un dolore acuto. Chiuse gli occhi, con forza.

— Dovrei mettermi a piangere, ululare, strapparmi i vestiti e picchiare la testa contro il muro? Dovrei forse implorarti di non lasciarmi, di restare per sempre con me? Dovrei buttarmi dalla finestra più alta di questa casa? Dovrei diventare magra e pallida e appassire come un fiore in autunno, ucciso da un freddo che non è mai riuscito a comprendere? Come dovrei dimostrare che me ne importa, Ben? Dimmi che cosa dovrei fare.

Egli sentì la mano di lei leggera sulla sua guancia, aprì gli occhi e scoprì simultaneamente che gli bruciavano.

— Vieni con me, Ben — lei gli disse gentilmente. — E dopo, forse, piangeremo insieme quando ci diremo addio.


— Abbiamo promesso di non farle del male — disse, in tono pacato, Barry. — Se avrà bisogno di uno di noi, qualcuno andrà a prendersi cura di lei. Le sarà consentito di vivere la sua vita nella casa dei Sumner. Non esporremo mai, né permetteremo mai ad altri di esporre i suoi dipinti, ma li conserveremo con tutte le cautele, cosicché i nostri discendenti possano studiarli e capire il perché dei provvedimenti che abbiamo preso oggi. — Fece una pausa, e disse ancora: — Inoltre Ben, nostro fratello, accompagnerà quelli di noi che discenderanno il fiume per installare un campo-base che servirà ai futuri gruppi d'esplorazione. — Sollevò gli occhi dal documento che stava leggendo.

Ben annuì gravemente. Le decisioni erano giuste, anche se dolorose. Egli condivideva l'angoscia dei suoi fratelli, e sapeva che le sofferenze non sarebbero finite fino a quando le barche non fossero ritornate ed essi non avessero potuto tenere la Cerimonia del Perduto per lui. Soltanto allora essi sarebbero stati nuovamente liberi.

Molly guardò le barche scivolar giù per il fiume, Ben a prua della barca di testa, il vento che gli scompigliava i capelli. Egli non si voltò a guardare la casa dei Sumner fino a quando la barca non s'inoltrò nella prima curva che l'avrebbe portata fuori dalla sua vista, e allora ella intravide per un attimo il suo pallido viso; poi egli sparì, e la barca sparì.

Molly continuò a sostare accanto alle alte finestre per molto tempo dopo che la barca fu scomparsa. Ella ricordò la voce del fiume, le altre voci che gli giungevano in risposta dalle cime più alte degli alberi, il modo in cui il vento riusciva a farle danzare, lassù, senza agitare in basso un solo filo d'erba. E ricordò il silenzio e l'oscurità che avevano premuto su di loro, a notte fonda, toccandoli, saggiandoli fin nel loro intimo, essi, gli intrusi. E si portò la mano al ventre, schiacciandovela contro… accarezzando, quasi, la nuova vita che stava crescendo dentro di lei.

Il calore dell'estate lasciò il posto alle prime gelate di settembre; le barche tornarono, ma adesso vi era un altro, in piedi a prua. Gli alberi ardevano di rosso e oro; la neve prese a cadere. A gennaio, Molly diede alla luce suo figlio, sola, senza aiuto, e giacque sul letto guardando l'infante nel cavo del suo braccio e gli sorrise: — Ti amo — gli bisbigliò teneramente. — Il tuo nome sarà Mark.

Durante tutti gli ultimi stadi della gravidanza, Molly si era detta quasi ogni giorno che domani avrebbe mandato un messaggio a Barry, che si sarebbe sottomessa alle autorità e avrebbe consentito che la relegassero negli alloggi delle riproduttrici. Ora, guardando l'infante paonazzo, gli occhi chiusi così strettamente che il neonato sembrava senz'occhi, Molly seppe che non avrebbe mai rinunciato a lui.

Ogni mattina i fratelli Andrews portavano legna da ardere, un cesto ricco di rifornimenti — qualunque cosa lei chiedesse — depositavano il tutto sulla veranda e se ne andavano, ed ella non vide mai nessuno, se non in distanza. Non appena Mark poté capire le sue parole, Molly cominciò a instillare in lui la necessità di mantenere il più assoluto silenzio mentre i fratelli Andrews erano vicini alla casa. Quando Mark crebbe e cominciò a chiedere il «perché» di ogni cosa, lei dovette dirgli che, se i fratelli Andrews l'avessero scoperto, l'avrebbero portato via e messo in una scuola, e loro due non si sarebbero visti mai più. Fu la prima e l'unica volta che lei lo vide terrorizzato, e da quel giorno restò silenzioso quanto e più di lei, quando il gruppo dei giovani si avvicinava alla casa dei Sumner.

Mark imparò a parlare e a camminare molto presto. Cominciò a leggere a quattro anni; per lunghe ore si accoccolava accanto al caminetto con uno dei fragili libri prelevati dalla libreria nel piano di sotto. Qualche volta era un libro per bambini, ma per lo più non lo era: non sembrava che gli importasse granché la letteratura infantile. Essi giocavano a nascondino per tutta la casa e, quando il tempo era tiepido e sereno, su e giù lungo il fianco della collina dietro la casa, nascosti alla vista degli altri nella valle, i quali mai, per nessuna ragione, sarebbero entrati nel bosco, a meno che non gli venisse ordinato.

Molly cantò per lui e gli raccontò storie prese dai libri, e una volta che le ebbe esaurite, inventò altre storie. Un giorno a sua volta Mark le raccontò una storia, ed ella rise deliziata: da quel giorno, a volte fu lei la narratrice, a volte fu lui il narratore. Mentre lei dipingeva, lui disegnava, o dipingeva anche lui, e sempre più spesso si divertiva con la creta del fiume che lei gli portava, modellando figure che faceva seccare al sole sul terrazzo.

Man mano egli cresceva e diventava più vigoroso, si spingevano sempre più in alto lungo il fianco della collina. Un giorno d'estate, quand'egli aveva cinque anni, essi rimasero nei boschi per parecchie ore, e Molly gli mostrò le felci e gli anemoni, attirando la sua attenzione sul modo in cui la luce del sole cambiava i colori sulle delicate foglie verdi, moltiplicandone le sfumature, fino a farne apparire alcune quasi nere.

— È ora di tornare — disse lei, infine.

Mark scosse la testa: — Saliamo fino in cima e diamo un'occhiata al mondo intero.

— La prossima volta — lei disse. — Ci porteremo da mangiare, e saliremo fino in alto. La prossima volta.

— Promesso?

— Promesso.

Ridiscesero lentamente, fermandosi spesso ad esaminare una roccia, una pianta dalla forma insolita, la corteccia di un albero antico, tutto ciò, insomma, che attirava il loro interesse. Giunti al confine del bosco, si guardarono intorno con cautela prima di lasciare il riparo degli alberi. Poi corsero fino alla porta della cucina, la mano nella mano e, ridendo, cercarono di entrare insieme.

— Stai diventando troppo grosso! — gridò Molly, e lo lasciò entrare per primo.

Mark si arrestò di colpo, e le diede uno strattone alla mano, nel tentativo di voltarsi e di correre via. Uno dei fratelli Barry era entrato in cucina dalla sala da pranzo, un secondo fratello chiuse la porta che dava sull'esterno, e si piazzò davanti ad essa, sbarrando loro ogni via di fuga. Gli altri tre fratelli Barry entrarono a loro volta silenziosamente in cucina e fissarono increduli il ragazzo.

Finalmente, uno di essi parlò: — È di Ben?

Molly annuì. La sua mano stringeva quella di Mark in una morsa che doveva fargli male. Egli si strinse a lei e fissò timoroso i fratelli.

— Quando? — chiese il fratello che aveva parlato.

— Cinque anni fa, in gennaio.

Il portavoce diede un profondo sospiro. — Dovrai venire con noi, Molly. E anche il ragazzo.

Molly scosse la testa, e sentì quasi piegarsi le ginocchia per il terrore. — No! Lasciateci soli! Noi non facciamo del male a nessuno! Lasciateci soli!

— È la legge! — replicò aspramente il fratello. — Tu lo sai bene quanto noi.

— Lo avete promesso!

— Il nostro accordo non comprendeva… questo. — Fece un altro passo verso di lei.

Mark si liberò con uno strappo dalla mano di lei, spasmodicamente stretta, e si lanciò verso la porta, gridando: — Lasciate stare mia madre! Andate via! Non fate del male a mia madre!

Qualcuno afferrò Molly per un braccio e le impedì di seguire suo figlio, e un altro di loro agguantò Mark, e lo sollevò mentre scalciava furiosamente e sferzava l'aria con le braccia, continuando a gridare come un indemoniato.

— Non fategli del male! — gridò a sua volta Molly, e si dibatté per liberarsi. Ella sentì appena la puntura dell'iniezione. Vagamente percepì un ultimo urlo angosciato di Mark, e poi più nulla.

CAPITOLO DICIOTTESIMO

Molly ammiccò, e tornò a chiudere gli occhi per proteggersi dal bagliore della brina argentea che ricopriva ogni cosa. Restò immobile e cercò di ricordare dove si trovava, chi era… tutto. Quando tornò a riaprire gli occhi, l'accecante bagliore tornò a stordirla. Si sentì come se si fosse svegliata da un lungo sogno popolato da incubi, che si faceva sempre più vago mentre si sforzava inutilmente di ricatturarlo. Qualcuno l'urtò col gomito.

— Gelerai, qua fuori! — le disse qualcuno lì vicino. Molly si girò e fissò la donna, un'estranea. — Suvvia, vieni dentro — le disse la donna, alzando la voce. Poi si sporse in avanti, e fissò Molly più da vicino. — Oh, hai ripreso coscienza, non è vero?

Prese Molly per un braccio e la guidò all'interno di un caldo edificio. Altre donne alzarono distrattamente gli occhi, poi tornarono a curvarsi sul loro lavoro di cucito. Tra esse, alcune erano chiaramente gravide. E qualcuna, qua e là, aveva lo sguardo offuscato, vuoto, e non faceva nulla.

La donna che stava aiutando Molly la condusse fino a una sedia, e si fermò accanto a lei, dicendole: — Intanto, rimani seduta per un po'. Fra poco comincerai a ricordare. — Poi si allontanò, prese posto davanti a una delle macchine e cominciò a cucire.

Molly fissò il pavimento, aspettando che i ricordi le ritornassero; ma per molto tempo non vi fu nulla, soltanto i vaghi contorni di un incubo terrificante, rievocato attraverso le vivide emozioni ma non i particolari.

Essi l'avevano legata a un tavolo, più e più volte, lei pensò, e le avevano fatto cose che non riusciva a ricordare. E c'era stata un'altra volta, quando alcune donne l'avevano tenuta giù, e le avevano fatto… Un violento brivido l'attraversò, ma il ricordo si dileguò prima di acquistare contorni precisi. Poi, all'improvviso… Mark! Un ricordo non più confuso, ma chiaro, vivido. Mark! Molly balzò in piedi e si guardò intorno, spiritata. La donna che le si era mostrata amica fu subito al suo fianco e l'afferrò per un braccio.

— Senti Molly, ti daranno un'altra dose massiccia di sedativo, se farai storie. Capisci? Resta seduta, immobile, fino all'intervallo. Poi ti dirò.

— Dov'è Mark? — bisbigliò Molly.

La donna si guardò intorno e disse sottovoce: — Mark sta bene. Ora, siediti! Sta venendo un'infermiera.

Molly tornò a sedersi e a fissare il pavimento, fin quando l'infermiera, dopo aver dato un'occhiata in giro, tornò ad uscire. Mark stava bene. C'era ghiaccio sul terreno, là fuori. Era inverno. Dunque Mark aveva sei anni. Lei non ricordava nulla dell'ultima parte dell'estate, dell'autunno. Che cosa le avevano fatto?

Le ore fino all'intervallo passarono dolorosamente lente. Ogni tanto l'una o l'altra donna alzavano gli occhi e le lanciavano uno sguardo fugace, ma non c'era più indifferenza, bensì una viva attenzione. Si stava spargendo la voce che aveva ripreso coscienza, ed esse la osservavano, forse per vedere che cosa avrebbe fatto adesso, forse per darle il benvenuto, forse per delle ragioni che lei non riusciva a indovinare. Continuò a fissare il pavimento, le mani strette spasmodicamente a pugno, le unghie piantate nei palmi. Aprì le mani, distese le dita. Essi l'avevano portata in una stanza d'ospedale, ma non il solito ospedale, un reparto che si trovava negli alloggi delle riproduttrici. Qui l'avevano sottoposta a un completo esame. Lei ricordò le iniezioni, le pressanti domande che le avevano fatto e alle quali, in qualche modo, aveva risposto, ricordò le pillole… Ma il tutto era ancora confuso. Tornò a stringere le mani a pugno.

— Molly, vieni. Berremo del tè e ti dirò tutto quello che potrò.

— Chi sei?

— Sondra. Vieni.

Avrebbe dovuto saperlo, pensò Molly, seguendola. Ricordò all'improvviso la cerimonia che era stata tenuta per Sondra, la quale aveva soltanto tre o quattro anni più di lei. Lei, Molly, a quell'epoca aveva avuto nove o dieci anni.

Il tè era una bevanda giallo-pallida che non riuscì a identificare. Dopo un sorso, mise giù la tazza e guardò dall'altra parte del soggiorno, verso la finestra: — Che mese è?

— Gennaio. — Sondra terminò il suo tè, e sporgendosi in avanti le disse a bassa voce: — Ascolta, Molly, hanno smesso di somministrarti le droghe e ora ti controlleranno per alcune settimane per vedere come ti comporterai. Se farai storie, ricominceranno. Ti hanno sottoposta a una terapia di condizionamento. Tu non opporre resistenza, e tutto andrà bene.

Molly riusciva a capire soltanto la metà di ciò che Sondra le stava dicendo. Si guardò intorno ancora una volta; la sala era arredata confortevolmente, con tavolini e gruppi di poltroncine qua e là. Le donne si erano raccolte a piccoli gruppi, chiacchieravano fra loro e di tanto in tanto si voltavano a guardare nella sua direzione. Alcune di esse sorridevano, una le strizzò l'occhio. C'erano trenta donne nella sala, si disse Molly, incredula. Trenta riproduttrici!

— Sono incinta? — chiese all'improvviso, e si premette le mani sul ventre.

— Non credo. Se lo sei, è ancora tremendamente presto, ma non credo. Ci hanno provato ogni mese, da quando sei qui, ma non ha mai attecchito. Non credo che ci siano riusciti neppure l'ultima volta.

Molly si accasciò sulla poltroncina e chiuse con forza gli occhi. Ecco che cosa le avevano fatto ogni volta, sul tavolo. Sentì le lagrime salirle agli occhi e rotolar giù lungo le guance, senza riuscire a fermarle. Ma subito il braccio di Sondra le circondò le spalle e la strinse forte.

— Ci ferisce tutte allo stesso modo, Molly. È la separazione; l'essere sole per la prima volta. Non ci si abitua, ma si impara a viverci, e dopo un po' non fa più così tanto male.

Molly scosse la testa, ancora incapace di parlare. No, pensò lucidamente, non era la separazione, era l'umiliazione di essere trattate come oggetti, di essere drogate e poi usate, costrette a cooperare ciecamente a quel procedimento.

— Ora dobbiamo tornare — disse Sondra. — Tu non dovrai far nulla ancora per un giorno o due, e intanto potrai raccogliere le idee, abituarti nuovamente a ogni cosa.

— Sondra, aspetta. Hai detto che Mark sta bene. Dov'è?

— È a scuola con gli altri. Non gli faranno del male, niente del genere. Hanno molta cura dei bambini. Te ne ricordi, non è vero?

Molly annuì. — Lo hanno clonato?

Sondra scrollò le spalle: — Questo non lo so, ma non credo. — Improvvisamente fece una smorfia e portò una mano allo stomaco. Sembrò molto vecchia e stanca, e a parte il ventre gonfio, eccessivamente magra.

— Quante volte sei rimasta incinta? — le chiese Molly. — Da quanto tempo sei qui?

— Questa è la settima volta che rimango incinta — rispose Sondra, senza esitare. — Sono stata portata qui venti anni fa.

Molly la fissò e scosse la testa. Lei… aveva avuto nove o dieci anni quando avevano pianto Sondra: — Da quanto tempo io sono qui? — chiese, in un sussurro.

— Molly, non voler far troppo presto. In questo primo giorno cerca di rilassarti.

— Quanto tempo?

— Un anno e mezzo. E adesso vieni.

Per tutto il pomeriggio Molly sedette in silenzio, i suoi ricordi divennero leggermente meno confusi, ma ugualmente lei non riusciva a spiegarsi quell'anno e mezzo scomparso dalla sua vita come se fosse stata fatta una piega nel tempo, incollandone i bordi ed escludendo così tutto ciò che era accaduto nel cappio.

Lui allora aveva sette anni. Sette: non era più un bambino. Molly scosse la testa.

Nel pomeriggio uno dei dottori attraversò la stanza, fermandosi a parlare con molte di quelle donne. Si avvicinò a Molly, e lei disse: — Buon pomeriggio, dottore — proprio come avevano fatto le altre.

— Come ti senti, Molly?

— Bene, grazie.

Il dottore proseguì.

Molly riprese a fissare il pavimento. Le parve di aver assistito a quel brevissimo interludio da grande distanza, incapace di modificarlo, di aggiungervi qualcosa di suo, di diverso. Condizionamento, pensò. Ecco che cosa aveva voluto dire Sondra. E quali altri condizionamenti le avevano instillato? Le avevano insegnato ad allargare servizievolmente le gambe quando si avvicinavano con i loro strumenti, per iniettarle la giusta dose di sperma.

Molly alzò gli occhi di scatto, ma il dottore se n'era andato. Chi era? Per un attimo, si sentì colta da una vertigine, poi la stanza smise di rotearle intorno. Lei l'aveva chiamato «dottore», e basta. Non aveva fatto il minimo sforzo per aggiungervi un nome. Era Barry? O Bruce? Un'altra parte del suo condizionamento, pensò amaramente. Le riproduttrici appartenevano ai «perduti», esse non avevano più il diritto di distinguere i cloni l'uno dall'altro. Il «dottore». L'«infermiera». Tornò ad abbassare il capo.

Le bastarono pochi giorni ad impratichirsi della routine. Le venivano dati dei sonniferi all'ora di coricarsi, e stimolanti alla prima colazione, tutti dissimulati in quel tè giallo per cui Molly provava tanta repulsione. Di notte alcune donne piangevano, altre invece cedevano quasi subito all'effetto della droga e sprofondavano nel sonno. C'era molta attività sessuale. Esse avevano i propri tappeti, proprio come chiunque altro. Durante la giornata lavoravano nei diversi reparti della sezione abbigliamento. Nel tardo pomeriggio avevano un intervallo di tempo libero, avevano a disposizione dei libri da leggere, alcuni giochi nel soggiorno, chitarre e violini.

— Non è poi così male — disse Sondra, pochi giorni dopo il risveglio di Molly. — Si prendono cura di noi nel miglior modo possibile. Se ti pungi un dito, arrivano di corsa e ti curano come un bambino. Non è male.

Molly non rispose. Sondra era alta e pesante, al suo sesto mese; i suoi occhi a volte erano vivaci e luminosi, altre volte spenti, apatici. Essi tenevano d'occhio Sondra, pensò Molly, e al minimo segno di depressione o di turbamento emotivo essi cambiavano le dosi e la mantenevano così a un livello costante di funzionalità.

— Non tengono la maggior parte delle nuove venute sotto sedativo così a lungo quanto hanno tenuto te — le disse Sondra, in un'altra occasione. — Immagino che ciò sia dovuto al fatto che la maggior parte di noi aveva soltanto quattordici o quindici anni quando siamo venute qui, mentre tu eri più vecchia.

Molly annuì. Loro erano state bambine, facili da condizionare per farle diventare macchine da riproduzione, anche se in effetti non era poi una vita cosi brutta. Eccetto durante la notte, quando molte di loro piangevano per la mancanza delle loro sorelle.

— Perché vogliono tanti bambini? — chiese Molly. — Noi pensavamo che avrebbero ridotto il numero dei bambini nati da una fecondazione sessuale, invece che aumentarlo.

— Gli servono operai e costruttori di strade e di dighe. Ed esploratori. Hanno un bisogno estremo del materiale che si trova nelle città in rovina, soprattutto sostanze chimiche, credo. Abbiamo sentito che hanno anche aumentato il numero dei cloni per ogni bambino. Così disporranno di un vero e proprio esercito da mandar fuori per costruire le loro strade e controllare il corso dei fiumi.

— Come fai a sapere tante cose di ciò che sta succedendo fuori di qui? Noi pensavamo che vi tenessero molto più isolate.

— Non c'è niente che possa restar segreto, di ciò che vien fatto in questa valle — replicò Sondra, compiaciuta. — Alcune delle ragazze lavorano all'infermeria, altre nelle cucine, e sentono tutto quello che si dice.

— E Mark? Hai saputo niente di lui?

Sondra scrollò le spalle: — Non so nulla di lui — disse. — È un ragazzo come gli altri, m'immagino, soltanto, lui non ha fratelli. Dicono che giri parecchio da solo.

Avrebbe dovuto tenere gli occhi ben aperti, pensò Molly. Presto o tardi, sarebbe riuscita a vederlo oltre la siepe di rose. Ma prima che arrivasse quel giorno, Molly fu convocata nello studio del medico. Questi l'aspettava, seduto alla scrivania.

— Buon pomeriggio, Molly.

— Buon pomeriggio, dottore — rispose lei, e si chiese se era Barry, o Bruce, o Bob…

— Le altre donne ti trattano bene?

— Sì, dottore.

Tutta una serie di domande di questo tipo, seguite da Sì, dottore, oppure No, dottore. Dove mai voleva arrivare?, si chiese Molly, e si fece più guardinga.

— C'è qualcosa che vorresti, o di cui hai bisogno?

— Potrei avere un blocco per schizzi?

Qualcosa cambiò, e lei seppe che quella era la ragione della visita. Lei aveva commesso un errore; forse essi avrebbero voluto condizionarla a non pensare mai più agli schizzi, a non pensare mai più a dipingere… Lei cercò di ricordare che cosa le avevano detto, o fatto. Non le venne in mente nulla. Comunque, non avrebbe dovuto chiederlo, pensò di nuovo. Un errore.

Il dottore aprì il cassetto della scrivania e ne tirò fuori il suo blocco per schizzi e un carboncino. Li spinse verso di lei, sul lato opposto della scrivania.

Disperatamente Molly cercò di ricordare. Che cosa si aspettava, lui? Che cosa avrebbe dovuto fare, lei? Lentamente, Molly allungò la mano verso il blocco e il carboncino; e per un attimo avvertì un tremore nella mano e il suo stomaco ribollì, investito da un'ondata di nausea. Le sensazioni passarono, ma il movimento in avanti della sua mano si era arrestato. Molly fissò la propria mano, e seppe. S'inumidì le labbra e ricominciò a muovere la mano; vi fu un rapido ritorno delle sensazioni di prima, quel tanto da costituire un avvertimento. Poi svanirono. Lei non sollevò lo sguardo verso il dottore, che la stava fissando con estrema attenzione. Ancora una volta Molly s'inumidì le labbra. Ora le sue dita erano vicinissime al blocco. All'improvviso lei ritrasse di scatto la mano, balzò in piedi e si guardò intorno come impazzita, stringendosi lo stomaco con una mano, l'altra premuta contro la bocca.

Fece per precipitarsi verso la porta, ma la voce del dottore la trattenne: — Su, vieni, Molly. Torna a sederti. Ora starai meglio.

Quand'ella tornò a guardare la scrivania, il blocco e il carboncino erano scomparsi. Tornò quindi a sedersi con riluttanza, timorosa di altri scherzi che lui avrebbe potuto averle preparato, timorosa degli inevitabili errori che lei avrebbe compiuto, e poi… un altro anno e mezzo nel limbo?

O addirittura, un'intera vita nel limbo? Non osò guardare il dottore.

Ci furono altre domande, vuote, puramente formali, quindi fu congedata. Quando fece ritorno a piedi nella sua stanza, comprese perché le riproduttrici non cercassero mai di lasciare l'area ad esse riservata, perché non parlavano mai a un clone, anche se erano separate soltanto da una siepe.


Il vento soffiò per tutto il mese di marzo e il suolo fu gonfio d'acqua, con gelide piogge che non smettevano per giorni e giorni. Le piogge di aprile furono più clementi, ma il fiume continuò a crescere durante la maggior parte del mese, man mano l'acqua prodotta dallo scioglimento delle nevi si precipitava giù dalle colline. Maggio agli inizi fu freddo e umido, ma verso la sua metà il sole era caldo, e i lavoranti della fattoria si affaccendavano nei campi.

Molto presto, pensò Molly fissando con sguardo intenso il fianco delle colline, da un punto della zona riservata ai produttori dove nessuno poteva vederla. I cornioli erano in boccio, ma tutta la vegetazione fioriva. Gli alberi erano ricoperti da folti mantelli di un vivido verde e il suolo rapidamente perdeva la sua consistenza di una spugna impregnata d'acqua. Molto presto, ripeté Molly fra sé, e rientrò, riprendendo il suo posto alla macchina per cucire.

Tre volte aveva attraversato l'area abitata della valle. La prima volta, aveva vomitato con violenza. La seconda, messa sull'avviso, aveva lottato contro la nausea e il terrore, ma quand'era passata davanti all'ospedale dei cloni era quasi svenuta. La terza volta, tutte queste reazioni erano state molto meno intense, ed erano durate pochi istanti, niente più che non un fugace ricordo.

Forse altre reazioni, anche più violente, l'aspettavano quando fosse passata davanti alla casa dei Sumner, pensò; ma ora lei sapeva che era possibile opporsi ai riflessi condizionati, lottare e non cedere. Molto presto, pensò nuovamente, ostinata, curva sul suo lavoro di cucito.

Quattro volte l'avevano messa nel reparto dell'ospedale destinato alle riproduttrici, installando un misuratore di precisione per la temperatura. E quando la temperatura era quella giusta, subito compariva l'infermiera con un vassoio, e le diceva, con voce allegra: — Proviamo di nuovo, vuoi, Molly?

E Molly, obbediente, apriva le gambe e rimaneva immobile mentre lo sperma le veniva iniettato con quello strumento luccicante e gelido. — Ora, ricorda di non muoverti per un po' — diceva l'infermiera, sempre allegra, vivace, e la lasciava lì distesa, immobile, sulla stretta branda. Due ore più tardi le permettevano di vestirsi e di andarsene. Quattro volte, pensò lei amaramente. Una cosa, un oggetto, premi questo pulsante, e di qui uscirà quest'altro. Tutto perfettamente previsto, al millimetro.

Ella scivolò via dal quartiere delle riproduttrici una notte buia, senza luna. Portava con sé una grande borsa per la biancheria che aveva riempito lentamente, segretamente, per tre mesi. Nessuno era sveglio, non c'era nessun pericolo nella valle, forse non c'era un solo pericolo in tutto il mondo. Ma egualmente lei si affrettò, evitando la strada battuta, camminando sull'erba che avrebbe attutito i rumori. La fitta vegetazione che circondava la casa dei Sumner creava una macchia d'oscurità che era come un buco nello spazio, una voragine che avrebbe inghiottito qualunque cosa avesse osato avvicinarsi troppo. Molly esitò, poi avanzò a tentoni fra alberi e cespugli, finché non ebbe raggiunto la casa.

Aveva ancora due ore prima dell'alba, e un'altra ora, o giù di lì, prima di essere scoperta. Lasciò la pesante borsa sulla veranda, poi girò intorno alla casa fino alla porta sul retro, che si aprì soltanto a sfiorarla. Non accadde nulla quando entrò, e Molly sospirò di sollievo. Ma d'altronde, nessuno si sarebbe mai aspettato che riuscisse ad arrivare così lontano. Ella salì a tentoni le scale fino alla sua vecchia stanza; è tale e quale l'ho lasciata, pensò sulle prime. Ma c'era qualcosa di cambiato, in realtà, di sbagliato. Era troppo buio per riuscire a distinguere qualcosa, ma la sensazione di una diversità persisteva; Molly trovò il letto e si sedette ad aspettare che sorgesse l'alba, così da poter vedere la stanza… e i suoi dipinti.

Quando riuscì a vedere, restò a bocca aperta. Qualcuno aveva sparso qua e là i suoi dipinti, li aveva messi in piedi tutto intorno, alle pareti, sulle sedie, sul vecchio scrittoio che lei non aveva mai usato. Poi entrò nell'altra stanza, che aveva usato come studio per dipingere, e qui, sulla panca che Mark aveva usato, anni prima, per i suoi primi esperimenti con la creta, invece della mezza dozzina di rosse figure che aveva plasmato, c'erano dozzine di oggetti di creta, vasi, teste, animali, pesci, un piede, due mani… Molly si sentì mancare; si appoggiò contro lo stipite e pianse.

La stanza era ormai piena di luce quando lei si staccò dalla porta. Aveva tardato troppo; ora avrebbe dovuto affrettarsi. Corse giù per le scale e fuori dalla casa, afferrò la borsa e cominciò a risalire la collina. Quando giunse a una settantina di metri di quota, si fermò e cominciò a cercare il punto che lei e Mark avevano trovato, un giorno: un angolo riparato dietro un cespuglio di more. Da lassù lei poteva vedere la casa ma nessuno avrebbe potuto scorgerla, da sotto. I cespugli erano cresciuti, e il luogo era ancora più riparato di quanto lei ricordasse. Quando Molly finalmente lo trovò, si lasciò cadere al suolo con un sospiro di sollievo. Il sole era alto. Ormai sapevano che lei era fuggita. Fra poco alcuni di loro sarebbero venuti a dare un'occhiata alla casa dei Sumner, non perché si aspettassero di trovarla nascosta là dentro, ma perché erano gente scrupolosa.

Giunsero, infatti, prima di mezzogiorno, passarono un'ora a cercare dentro casa e nel cortile, poi se ne andarono. Probabilmente adesso lei avrebbe potuto ritornare laggiù in tutta sicurezza, ma non si mosse dal suo nascondiglio sulla collina. Ed essi, infatti, ritornarono poco prima dell'oscurità e sprecarono dell'altro tempo a esplorare e a frugare le stesse parti che avevano ispezionato prima. Ora sì, lei sapeva che sarebbe stato assolutamente sicuro scender giù nella casa. Essi non uscivano mai quando l'oscurità era calata completamente, e perciò non avrebbero assolutamente ritenuto possibile che lei si aggirasse nel buio da sola. Lei si alzò in piedi, sgranchendosi le gambe e la schiena. Il terreno, in quel punto riparato dal sole, era impregnato d'umidità.

Molly si distese sul letto. Sapeva che l'avrebbe sentito comunque, quando fosse entrato in casa, ma non riuscì ugualmente a dormire; sprofondò a metà di una sonnolenza costellata di lontani ricordi: Ben che giaceva con lei; Ben seduto davanti al fuoco che sorseggiava il tè roseo e fragrante; Ben che guardava i suoi dipinti e impallidiva… Mark che saliva i gradini quattro a quattro, sgambettando alla brava, un fiero cipiglio sul volto. Mark accucciato che osservava attentamente una fronda di felce ancora arrotolata stretta stretta all'estremità, studiandola con tale intensità da dar l'impressione di volerla obbligare a srotolarsi con la sua pura forza di volontà. Mark, le mani grassocce sporche di terra, tutto schizzato d'acqua, che scavava la creta, la lisciava, tornava a scavarla, fissandola con la fronte corrugata, dimentico della sua presenza…

Molly si rizzò a sedere di scatto, completamente sveglia. Egli era entrato nella casa. Sentì il leggero scricchiolio delle scale sotto i suoi piedi. Mark si arrestò, tendendo l'orecchio. Doveva aver percepito la sua presenza lassù, lei pensò, e il suo cuore accelerò i battiti. Molly andò fino alla porta, in attesa.

Mark aveva in mano una candela. Per un attimo non la vide. Mise giù la candela sul tavolo, e soltanto allora si guardò intorno con cautela.

— Mark! — bisbigliò Molly. — Mark!

Il volto di Mark era in piena luce. Il volto di Ben, pensò lei, con qualcosa del suo. Poi quel volto si contorse, e quando Molly fece un passo verso di lui, Mark fece un balzo indietro.

— Mark? — fece lei di nuovo, in tono interrogativo, mentre una mano gelida, spietata, le stringeva il cuore, rendendole il respiro doloroso. Che cosa gli avevano fatto? Avanzò di un altro passo.

— Perché sei venuta qui? — gridò lui all'improvviso. — Questa è la mia stanza! Perché sei tornata? Ti odio! — La sua voce era diventata un urlo.

CAPITOLO DICIANNOVESIMO

La gelida mano le strinse il cuore con forza ancora maggiore. Molly cercò lo stipite alle sue spalle e vi si aggrappò, disperatamente. — Ma perché tu vieni qui? — gli chiese, in un sussurro. — Perché?

— È tutta colpa tua! Hai guastato tutto. Essi ridono di me e mi chiudono a chiave…

— Ma continui a venire qui. Perché?

All'improvviso lui si lanciò verso il tavolo da lavoro e spazzò via tutto. L'elefante, la testa, il piede, le mani, ogni cosa andò a frantumarsi sul pavimento ed egli prese a calpestare selvaggiamente i frammenti, singhiozzando, gridando suoni che erano parole. Molly non si mosse. Quell'impeto di furore cessò con la stessa subitanea rapidità con cui era nato. Mark fissò la polvere grigia, i pochi frammenti rimasti.

— Ti dirò io perché ritorni qui — gli disse Molly, con calma, pur continuando a tenersi aggrappata con forza allo stipite. — Ti puniscono rinchiudendoti nella tua stanzetta, non è vero? E la cosa non ti spaventa. Nella stanzetta riesci ad ascoltare te stesso, non è vero? Con l'occhio della tua mente tu vedi la creta, e ciò che con essa plasmerai. Tu vedi emergere la forma, ed è quasi come se tu, semplicemente, ti limitassi a liberarla, permettendole di nascere. L'altro io che ti parla sa qual è la forma nella creta. Te lo dice tramite le tue mani, nei sogni, nelle immagini che soltanto tu puoi vedere. Ed essi ti dicono che tutto questo è insano, cattivo, oppure che è una grave disobbedienza da parte tua. Non è vero?

Adesso lui la stava guardando fissamente. — Non è vero? — lei ripeté. Mark annuì leggermente col capo.

— Mark, essi non capiranno mai. Essi non possono sentire quell'altro io che bisbiglia… che bisbiglia sempre. Non riescono a vedere le immagini. Non riusciranno mai a udire, a intravedere l'altro io. I fratelli e le sorelle lo schiacciano, lo soffocano. Il bisbiglio diventa più debole, le immagini più vaghe, e finiscono per scomparire, quando l'altro io si arrende, e forse muore. — Tacque e lo guardò, poi riprese, in tono sommesso: — Tu vieni qui, perché, qui, tu riesci a trovare quell'io. E questo è più importante di qualunque altra cosa possano darti, o toglierti.

Mark guardò per terra, alla strage che aveva fatto, e si asciugò il viso col braccio. — Madre — disse, e si fermò.

Ora Molly si mosse. In qualche modo gli fu vicina prima che lui potesse riprendere a parlare, lo strinse a sé con forza, e lui le restituì l'abbraccio, ed entrambi piansero.

— Mi dispiace di aver distrutto tutto.

— Ne farai altri.

— Volevo mostrarteli.

— Li ho guardati tutti. Erano molto ben fatti. Le mani specialmente.

— È stato difficile. Le dita erano… strane, ma non ho potuto fare a meno di farle strane.

— Le mani sono più difficili di tutto.

Infine, egli si staccò da lei, e Molly lo lasciò andare. Mark tornò ad asciugarsi il viso. — Hai intenzione di restare nascosta qui?

— No. Torneranno a cercarmi.

— Perché sei venuta qui?

— Per mantenere una promessa — lei mormorò. — Ricordi la nostra ultima passeggiata su per la collina? Tu volevi salire fino in cima, ed io ti dissi la prossima volta… Ricordi?

— Ho del cibo che potremo portare con noi — disse Mark, tutto eccitato. — Lo nascondo qui per mangiare qualcosa quando sono affamato.

— Bene. Useremo il tuo cibo, allora. C'incammineremo non appena farà abbastanza luce.

Era una splendida giornata, qualche ciuffo di nuvole diafane verso nord, ma il resto del cielo era terso, limpido da togliere il fiato. Ogni collina, ogni montagna si stagliava nitida in distanza; non si era formata ancora alcuna foschia, la brezza era leggera e tiepida. Il silenzio era così profondo che Mark e sua madre erano entrambi riluttanti a interromperlo con le parole, e procedevano senza pronunciar verbo. Quando sostarono per riposare, lei gli sorrise, e lui le rispose sorridendo a sua volta, poi si distese al suolo, le mani sotto la testa, a fissare il cielo.

Più tardi, quand'ebbero ripreso a salire, lui le chiese: — Che cos'hai in quella grande borsa?

Lui aveva un piccolo zaino; lei si era legata dietro le spalle la grande borsa che aveva portato con sé.

— Vedrai — gli disse. — Una sorpresa.

Più tardi, Mark disse ancora: — È più lontano di quanto sembrava, non è vero? Ci arriveremo prima del buio?

— Molto prima del buio — lei rispose. — Ma è ancora lontano. Vuoi che ci fermiamo ancora a riposare?

Egli annuì, e si sedettero sotto un abete rosso. Gli abeti rossi stavano scendendo dalla montagna, lei pensò, ricordando nei particolari le antiche mappe forestali della regione.

— Leggi ancora molto? — gli chiese.

Mark si agitò, a disagio, e guardò il cielo, gli alberi, e poi bofonchiò qualcosa, annuendo.

— Anch'io — disse Molly. — La vecchia casa ha molti libri, non è vero? Sono così fragili, tuttavia, che bisogna maneggiarli con estrema cura. Quando ti eri addormentato, ogni notte io mi mettevo seduta sul letto e leggevo tutto quello che c'era in casa.

— Hai letto quel libro sugli indiani? — lui le chiese. Si girò a pancia in giù, e sollevò la testa, appoggiandola alle mani ripiegate a conca. — Sapevano fare ogni cosa, il fuoco, le canoe, le tende, tutto.

— E ce n'è uno su come i ragazzi, un club o qualcosa di simile, andavano al campeggio e imparavano di nuovo tutto quello che sapevano fare gli indiani. Sarebbe senz'altro possibile farlo ancora — fece lei, con aria sognante.

— E quel libro sulle cose che si possono mangiare, nel bosco, e tanti altri consigli utili? Ho letto anche quello.

Ripresero a camminare, fecero altre tappe, continuarono a parlare dei libri nella vecchia casa, Mark descrisse a sua madre tutto quello che aveva intenzione di fare, continuando sempre a salire, finché, sul tardo pomeriggio, raggiunsero la sommità della montagna e spaziarono con lo sguardo l'intera valle, fino allo Shenandoah, quasi all'orizzonte. Molly trovò un punto ben riparato, e finalmente Mark poté vedere la sorpresa che ella gli aveva preparato: coperte, cibo conservato, frutta, carne, sei grossi pezzi di pane, e pop corn, da arrostire sui fuochi all'aperto. Dopo aver mangiato, essi fecero dei mucchi di aghi di abete, Mark si arrotolò nella sua coperta e sbadigliò.

— Che cos'è questo rumore? — chiese un attimo dopo.

— Gli alberi — gli rispose sommessamente Molly. — Lassù il vento soffia anche quando non possiamo sentirlo qui sotto, e gli alberi e il vento si raccontano i loro segreti.

Mark rise e sbadigliò di nuovo. — Stanno parlando di noi — disse. Molly sorrise nel buio. — Riesco quasi a sentire le parole — aggiunse Mark.

— Siamo i primi esseri umani che vedono dopo tanto tempo — lei replicò. — Probabilmente sono sorpresi che ci sia ancora qualcuno di noi, in giro.

— Neppure io tornerò! — le gridò Mark. Avevano mangiato l'ultimo pezzo di pane e le mele avanzate, il fuoco era stato spento e il terreno accuratamente lisciato intorno ad esso.

— Mark, ascoltami. Essi mi rimetteranno fra le riproduttrici, Capisci? Non mi lasceranno mai più uscire. Mi daranno medicine che mi terranno buona, anzi, molto buona, non saprò più nulla e non riconoscerò più nessuno. Questa sarà la mia vita, laggiù. Ma tu? Tu hai tante cose da imparare. Leggi tutti i libri della vecchia casa, impara tutto ciò che puoi da essi. E un giorno potrai decidere di andartene, ma non fino a quando non sarai un uomo, Mark.

— Rimango con te.

Molly scosse la testa: — Ricordi le voci degli alberi? Quando ti sentirai solo, vai nel bosco e lascia che gli alberi ti parlino. Forse sentirai anche la mia voce. Non sarò mai lontana, se saprai ascoltare.

— Dove hai intenzione di andare?

— Giù per il fiume, allo Shenandoah, a cercare tuo padre. Là non mi daranno fastidio.

Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma riuscì a trattenerle. Mark s'infilò io zaino. Ripresero a scendere la montagna. Giunti a metà del pendio si fermarono. — Da qui puoi vedere la valle — disse Molly. — Non ti accompagnerò più oltre.

Lui non la guardò.

— Addio, Mark.

— Gli alberi mi parleranno anche se tu non ci sarai?

— Sempre. Se ascolterai. Gli altri stanno cercando la salvezza nelle città, e le città sono morte e in rovina. Ma gli alberi sono vivi, e quando avranno bisogno di te, essi ti parleranno. Questo io ti prometto, Mark.

Ora Mark si avvicinò a Molly e la strinse forte fra le braccia. — Ti amo — disse. Poi si voltò e cominciò a scendere la collina, e lei restò lì a guardarlo fino a quando le lagrime non l'accecarono e non riuscì più a vederlo.

Aspettò finché Mark non emerse dal bosco, incominciando ad attraversare la parte scoperta della valle. Poi si girò e s'incamminò verso sud, verso lo Shenandoah. Durante tutta la notte successiva gli alberi bisbigliarono. Quando si svegliò, Molly seppe che essi l'avevano accettata.

Gli alberi non cessarono il loro mormorio, come avevano sempre fatto in passato quand'ella si aggirava tra loro. Sopra e sotto e attraverso le loro voci Molly poteva sentire l'altra voce, quella del fiume, ancora lontano, e al di là del fiume ella era certa di udire la voce di Ben, che diventava sempre più forte man mano si affrettava verso di lui.

Adesso Molly poteva percepire il sentore dell'acqua fresca; e le voci del fiume e degli alberi, e la voce di Ben, si fusero insieme, mentre le gridavano di affrettarsi. Ella corse verso di lui gioiosamente. Egli la prese ed essi si smarrirono giù, sempre più giù, fra le acque fresche e carezzevoli.

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