45 Una rimpatriata

Elayne si svegliò nel suo letto, gli occhi annebbiati. «Egwene?» disse disorientata. «Cosa?»

Gli ultimi ricordi del sogno si stavano dissolvendo come miele consumato dal tè caldo, ma le parole di Egwene rimanevano fisse nella mente di Elayne. Il serpente è caduto, aveva trasmesso Egwene. Il ritorno di tuo fratello è stato tempestivo.

Elayne si mise a sedere, provando un moto di sollievo. Aveva trascorso l’intera notte cercando di incanalare abbastanza da far funzionare il suo ter’angreal del sogno, ma senza successo. Quando aveva scoperto che Birgitte non aveva fatto entrare Gawyn — mentre Elayne se ne stava dentro, inviperita ma incapace di partecipare alla riunione con Egwene — era andata su tutte le furie.

Be’, pareva che Mesaana fosse stata sconfitta. E cosa voleva dire quella cosa su suo fratello? Sorrise. Forse lui ed Egwene avevano appianato i loro problemi.

La luce del mattino filtrava attraverso le tende. Elayne si rilassò, percependo il potente calore attraverso il legame con Rand che era apparso lì. Luce, quella era una sensazione stupenda. Nel momento in cui aveva iniziato a percepirla, la coltre di nubi attorno all’Andor si era aperta.

Era passata una settimana dalla dimostrazione dei draghi e lei aveva messo tutti i campanari nella sua nazione al lavoro per costruirli. In questi giorni, si poteva sentire un suono costante a Caemlyn, boati ripetuti mentre i membri della Banda si esercitavano con quelle armi sulle colline fuori città. Finora lei aveva lasciato che solo poche armi fossero usate per addestramento; le diverse squadre facevano a rotazione per esercitarsi su di esse. Elayne aveva riunito il grosso dei draghi in un magazzino segreto dentro Caemlyn per tenerli al sicuro.

Ripensò al messaggio del sogno. Bramava dettagli. Be’, probabilmente prima o poi Egwene avrebbe mandato un messaggero via passaggio.

La porta si socchiuse e Melfane guardò dentro. «Maestà?» chiese la bassa donna dal volto tondo. «Va tutto bene? Mi è parso di sentire un grido di dolore.» Fin da quando aveva annullato il veto per Elayne di rimanere a letto, la levatrice aveva deciso di dormire nell’anticamera fuori dalla sua stanza da letto per tenerla bene d’occhio.

«Quella era un’esclamazione di gioia, Melfane» disse Elayne. «Un saluto alla mattinata meravigliosa che è giunta a noi.»

Melfane si accigliò. Elayne cercava di comportarsi in modo allegro quando lei era nei paraggi, per convincerla che non era necessario altro riposo a letto, ma forse quell’ultima parte era stata un po’ troppo. Elayne non poteva permettersi di far sembrare come se stesse costringendo sé stessa a essere felice. Perfino se lo era. Donna insopportabile.

Melfane entrò e aprì le tende: la luce del sole faceva bene a una donna incinta, aveva spiegato. Parte della terapia di Elayne di recente era consistita nello stare seduta a letto con le tende aperte, lasciando che la luce del sole primaverile le inondasse la pelle. Mentre Melfane si muoveva, Elayne percepì un tremolio da dentro. «Oh! Eccone un altro. Stanno scalciando, Melfane! Vieni a sentire!»

«Non sarò ancora in grado di sentirlo, maestà. Non finché non saranno più forti.» Iniziò il suo normale ciclo giornaliero. Ascoltare il battito del cuore di Elayne, poi quello del bambino. Melfane ancora non voleva credere che fossero gemelli. Fatto questo, esaminò e pungolò Elayne, eseguendo tutte le prove nella sua lista segreta di cose irritanti e imbarazzanti da fare alle donne.

Infine, posò le mani sulle anche, fissando Elayne, che si stava abbottonando la camicia da notte. «Penso che tu ti sia sforzata troppo, di recente. Voglio che tu sia certa di riposare in maniera adeguata. La figlia di mia cugina Tess due anni fa ha avuto un bambino che alla nascita respirava a malapena. Sia ringraziata la Luce che è sopravvissuto, ma lei aveva lavorato nei campi fin tardi fino al giorno prima e non aveva mangiato adeguatamente. Tu immagina! Prenditi cura di te, mia regina. I tuoi bambini ti ringrazieranno.»

Elayne annuì, rilassandosi. «Aspetta!» disse, mettendosi a sedere. «Bambini?»

«Sì» disse Melfane, dirigendosi verso la porta. «Ci sono due cuori che battono nel tuo ventre, sicuro come che io ho due braccia. Non so come facessi a saperlo.»

«Hai sentito i battiti del cuore!» esclamò Elayne, euforica.

«Sì, sono lì, chiari come il sole.» Melfane scosse il capo e se ne andò, mandando dentro Narid e Sephanie per vestirla e spazzolarle i capelli.

Elayne sopportò quel processo in uno stato di stupore. Melfane credeva! Non riusciva a smettere di sorridere.

Un’ora più tardi, si sistemò nel suo salotto piccolo, le finestre tutte spalancate per lasciar entrare la luce del sole, sorseggiando latte di capra caldo. Mastro Norry entrò su lunghe gambe gracili, ciuffi di capelli che gli spuntavano dietro le orecchie, faccia lunga e appuntita, cartellina sottobraccio. Era accompagnato da Dyelin, che di solito non partecipava all’incontro mattutino. Elayne sollevò un sopracciglio verso la donna.

«Ho le informazioni che hai richiesto, Elayne» disse Dyelin, versandosi del tè mattutino. Oggi era ai lamponi. «Mi è giunta voce che Melfane ha sentito battiti di cuore?»

«Proprio così.»

«Le mie congratulazioni, maestà» disse mastro Norry. Aprì la sua cartellina e iniziò a disporre le sue carte sul tavolo alto e stretto accanto alla sedia di Elayne. Di rado lui sedeva in sua compagnia. Dyelin occupò una delle altre sedie confortevoli accanto al focolare.

Quali informazioni le aveva richiesto Elayne? Non si ricordava di aver domandato nulla di specifico. Quel dubbio la distrasse mentre Norry procedeva con i rapporti giornalieri sui vari eserciti nella zona. C’era una lista di alterchi fra gruppi di spade prezzolate.

Parlò anche di problemi di cibo. Malgrado le donne della famiglia creassero passaggi verso le terre di Rand al Sud per ottenere delle provviste — e malgrado le riserve di cibo inaspettate che erano state scoperte nella città — Caemlyn era a corto di alimenti.

«Infine, per quanto riguarda le nostre... ehm... ospiti,» disse Norry «sono arrivati dei messaggeri con le risposte previste.»

Nessuno delle tre Casate le cui nobildonne erano state catturate poteva permettersi di pagare un riscatto. Un tempo le terre di Arawn, Sarand e Marne erano state tra le più produttive ed estese nell’Andor... e adesso erano in miseria, i loro forzieri vuoti, i loro campi improduttivi. Ed Elayne aveva lasciato due di esse senza una guida. Luce, che confusione!

Norry procedette. C’era una lettera da Talmanes, che acconsentiva a spostare diverse compagnie di soldati dalla Banda della Mano Rossa a Cairhien. Elayne ordinò a Norry di mandargli un decreto con il suo sigillo, autorizzando i soldati a 'prestare aiuto e ripristinare l’ordine’. Quelle ovviamente erano delle sciocchezze. Non c’era nessun ordine da ripristinare. Ma se Elayne aveva davvero intenzione di reclamare il Trono del Sole, avrebbe avuto bisogno di fare qualche mossa preliminare in quella direzione.

«È questo di cui volevo discutere, Elayne» disse Dyelin mentre Norry iniziava a mettere via le sue carte, disponendo ciascuna con cura meticolosa. Che la Luce li aiutasse se una di quelle preziose pagine si fosse strappata o macchiata.

«La situazione a Cairhien è... complessa» disse Dyelin.

«E quando non lo è?» chiese Elayne con un sospiro. «Hai informazioni sul clima politico lì?»

«È un caos» disse Dyelin semplicemente. «Ci occorre parlare di come hai intenzione di gestire il mantenimento di due nazioni, una in tua assenza.»

«Abbiamo passaggi» disse Elayne.

«Vero. Ma devi trovare un modo per prendere il Trono del Sole senza lasciare che sembri che l’Andor sta sottomettendo Cairhien. I nobili cairhienesi potrebbero accettarti come loro regina, ma solo se si ritengono eguali degli Andorani. Altrimenti, non appena saranno fuori dalla tua vista, i complotti cresceranno come lievito in una ciotola d’acqua calda.»

«Loro saranno eguali degli Andorani» disse Elayne.

«Non la vedranno in questo modo se ti rechi lì con le tue truppe» disse Dyelin. «I Cairhienesi sono un popolo orgoglioso. Pensare di vivere conquistati sotto la Corona dell’Andor...»

«Sono vissuti sotto il potere di Rand.»

«Con tutto il dovuto rispetto, Elayne» disse Dyelin. «Lui è il Drago Rinato. Tu no.»

Elayne si accigliò, ma come si poteva controbattere a quella affermazione?

Mastro Norry si schiarì la gola. «Maestà, il consiglio di lady Dyelin non nasce da oziose congetture. Io... ehm... ho sentito cose. Conoscendo il tuo interesse per Cairhien...»

Era migliorato nel radunare informatori. In poco tempo lei l’avrebbe trasformato in un vero e proprio capo di una rete di spie!

«Maestà» proseguì Norry a voce più bassa. «Le voci affermano che presto andrai a occupare il Trono del Sole. Si parla già di una ribellione contro di te. Oziose congetture, ne sono certo, ma...»

«I Cairhienesi potrebbero vedere Rand al’Thor come un imperatore» disse Dyelin. «Non un re straniero. Questa è una cosa diversa.»

«Be’, non abbiamo bisogno di dislocare delle truppe per prendere il Trono del Sole» disse Elayne pensierosa.

«Io... non sono certo di questo, maestà» disse Norry. «Le voci sono piuttosto diffuse. Pare che non appena il lord Drago ha annunciato che il trono sarebbe stato tuo, alcuni elementi nella nazione si siano messi al lavoro — con molta sottigliezza — per impedire che questo accadesse. Per via di queste voci, molte persone si preoccupano che toglierai i titoli alla nobiltà cairhienese per darli invece a quella andorana. Altri affermano che relegherai ogni Cairhienese a una condizione di cittadinanza secondaria.»

«Idiozie» disse Elayne. «Questo è proprio ridicolo!»

«Ovviamente» disse Norry. «Ma ci sono molte voci. Tendono a... ehm... crescere come rampicanti. Il sentimento è forte.»

Elayne digrignò i denti. Il mondo stava diventando rapidamente un posto per quelli con forti alleanze, legati assieme da vincoli sia di sangue che di documenti. Lei aveva la migliore opportunità di unificare Cairhien e l’Andor rispetto a qualunque regina da generazioni. «Sappiamo chi ha dato inizio alle voci?»

«Questo è stato molto difficile da determinare, mia signora» disse Norry.

«Chi è che ne trae maggior beneficio?» chiese Elayne. «Quello è il primo posto dove dovremmo cercarne la fonte.»

Norry lanciò un’occhiata a Dyelin.

«Qualunque numero di persone potrebbe beneficiarne» disse Dyelin, mescolando il suo tè. «Suppongo che quelli con le maggiori possibilità di prendere il trono per sé stessi ne beneficerebbero di più.»

«Quelli che si sono opposti a Rand» ipotizzò Elayne.

«Forse» disse Dyelin. «O forse no. I più forti tra gli elementi rivoltosi hanno ricevuto grande attenzione dal Drago, e molti di loro sono stati o convertiti o spezzati. Perciò i suoi alleati — quelli di cui lui si fidava di più o che gli professavano la maggior fedeltà — sono quelli di cui probabilmente dovremmo sospettare. Stiamo parlando di Cairhien, dopotutto.»

Daes Dae’mar. Sì, avrebbe avuto senso che gli alleati di Rand si opponessero alla sua ascesa al trono. Quelli che erano stati favoriti da Rand sarebbero stati avvantaggiati per il trono, se Elayne si fosse rivelata incapace. Comunque, quelle persone avrebbero anche indebolito le loro probabilità professando fedeltà verso un usurpatore straniero.

«Mi viene da pensare» disse Elayne meditabonda «che quelli nella posizione migliore per il trono siano quelli nel mezzo. Chiunque non si sia opposto a Rand e in tal modo non si sia guadagnato la sua ira. Ma anche qualcuno che non lo abbia sostenuto in maniera totale... qualcuno che possa essere visto come un patriota che possa farsi avanti con riluttanza e prendere il potere una volta che io abbia fallito.» Fissò gli altri due. «Procuratemi i nomi di chiunque la cui influenza sia aumentata lentamente negli ultimi tempi, un nobiluomo o una nobildonna che rientri in quei criteri.»

Dyelin e mastro Norry annuirono. Prima o poi lei avrebbe dovuto probabilmente costruire una rete più forte di spie e nessuno di questi due era la persona più adatta per gestirla. Norry era troppo esplicito e aveva già abbastanza da fare con gli altri suoi compiti. Dyelin... be’, Elayne non era certa di cosa fosse Dyelin.

Doveva molto a quella donna, che pareva essersi assunta il ruolo di fungere da sostituta di sua madre. Una voce di esperienza e saggezza. Ma alla fine Dyelin avrebbe dovuto fare qualche passo indietro. Nessuna di loro poteva permettersi di favorire l’idea che Dyelin fosse il vero potere dietro il trono.

Ma Luce! Cosa avrebbe fatto Elayne senza di lei! Dovette farsi forza contro l’improvviso impeto di emozione. Sangue e maledette ceneri, quando avrebbe superato questi sbalzi d’umore? Una regina non poteva permettersi che la vedessero piangere per un capriccio!

Elayne si asciugò gli occhi. Saggiamente, Dyelin non disse nulla.

«Questo sarà per il meglio» disse Elayne con fermezza, per distrarre l’attenzione dai suoi occhi traditori. «Sono ancora preoccupata per l’invasione.»

Dyelin non disse nulla a quelle parole. Non credeva che Chesmal avesse parlato di un’invasione specifica dell’Andor; pensava che la Sorella Nera si riferisse all’invasione delle Marche di Confine da parte dei Trolloc. Birgitte aveva preso le notizie più seriamente, rimpolpando i soldati ai confini dell’Andor. A Elayne sarebbe piaciuto molto avere il controllo di Cairhien; se i Trolloc stavano per marciare sull’Andor, il regno gemello sarebbe stato una delle strade che avrebbero potuto usare.

Prima che la conversazione potesse procedere oltre, la porta per il corridoio si aprì, ed Elayne avrebbe potuto fare un balzo dallo spavento se non avesse percepito che si trattava di Birgitte. La Custode non bussava mai. Entrò a grandi passi, portando una spada — malvolentieri — e i suoi stivali neri alti fino al ginocchio sopra i pantaloni. Stranamente, era seguita da due figure avvolte in mantelli, le loro facce nascoste dai cappucci. Norry fece un passo indietro, portandosi una mano al petto per l’irregolarità di quella situazione. Tutti sapevano che Elayne non gradiva ricevere visitatori nel salotto piccolo. Se Birgitte stava portando qui delle persone...

«Mat?» azzardò Elayne.

«Proprio no» disse una voce familiare, ferma e chiara. La più grande delle due figure si abbassò il cappuccio, rivelando un volto mascolino dalla bellezza perfetta. Aveva la mascella squadrata e un paio d’occhi determinati che Elayne ricordava bene dalla sua fanciullezza... perlopiù quando lui l’aveva scorta a fare qualcosa di sbagliato.

«Galad» disse Elayne, sorpresa del calore che provava verso il suo fratellastro. Elayne si alzò, protendendo le mani verso di lui. Aveva passato buona parte della sua fanciullezza irritata verso di lui per un motivo o per l’altro, ma era davvero bello vederlo vivo e in salute. «Dove sei stato?»

«In cerca della verità» disse Galad, rivolgendole un inchino esperto, anche se non si avvicinò per prenderle le mani. Si rimise dritto e lanciò un’occhiata di lato. «Ho trovato quello che non mi aspettavo. Fatti forza, sorella.»

Elayne si accigliò nel vedere la seconda figura più bassa togliersi il proprio cappuccio. Sua madre.

Elayne rimase senza fiato. Era davvero lei! Quel viso, quei capelli dorati. Quegli occhi che da bambina avevano guardato spesso Elayne, giudicandola, valutandola... non semplicemente come un genitore valutava la propria figlia, ma come una regina valutava colei che le sarebbe succeduta.

Elayne sentì il cuore batterle forte in petto. Sua madre. Sua madre era viva.

Morgase era viva. La regina viveva ancora.

Morgase fissò Elayne negli occhi, poi — stranamente — abbassò lo sguardo. «Maestà» disse con una riverenza, restando ancora accanto alla porta.

Elayne mise sotto controllo i suoi pensieri, il suo panico. Lei era regina, o sarebbe stata regina, o... Luce! Lei aveva preso il trono ed era almeno l’erede. Ma ora sua madre tornava indietro dalla maledetta tomba?

«Ti prego, siediti» si ritrovò a dire Elayne, facendo cenno a Morgase verso la sedia accanto a Dyelin. A Elayne fece bene vedere che Dyelin non stava reagendo alla sorpresa molto meglio di lei. Sedeva con la mano avvinghiata attorno alla sua tazza di tè le nocche bianche, gli occhi strabuzzati.

«Grazie, maestà» disse Morgase venendo avanti, con Galad che si univa a lei e posava una mano sulla spalla di Elayne in maniera confortante. Poi andò a prendere una sedia per sé dall’altra parte della stanza.

Il tono di Morgase era più riservato di come lo ricordava Elayne. E perché continuava a chiamarla col suo titolo? La regina era venuta in segreto, col cappuccio tirato. Elayne osservò sua madre, mettendo assieme i pezzi mentre lei si sedeva. «Hai rinunciato al trono, vero?»

Morgase rispose con un solenne cenno di assenso.

«Oh, grazie alla Luce» disse Dyelin, esalando rumorosamente fiato, la mano sollevata al seno. «Senza offesa, Morgase. Ma per un momento ho immaginato una guerra fra Trakand e Trakand!»

«Non si sarebbe arrivati a quello» disse Elayne, praticamente nello stesso momento in cui sua madre diceva qualcosa di simile. I loro occhi si incontrarono ed Elayne si concesse di sorridere. «Avremmo trovato un... accomodamento ragionevole. Questo andrà bene, anche se sicuramente mi domando quali siano state le circostanze di quell’avvenimento.»

«Ero stata presa in custodia dai Figli della Luce, Elayne» disse Morgase. «Il vecchio Pedron Niall era un gentiluomo in molti aspetti, ma il suo successore no. Io non avrei lasciato che mi usassero contro l’Andor.»

«Dannati Manti Bianchi» borbottò Elayne sottovoce. Luce, avevano detto proprio la verità quando avevano scritto, affermando di avere in loro possesso Morgase?

Galad la fissò, inarcando un sopracciglio. Posò la sedia che aveva portato, poi si slacciò il mantello, rivelando l’uniforme bianco brillante che portava sotto, con il sole raggiato sul petto.

«Oh, giusto» disse Elayne esasperata. «Me l’ero quasi dimenticato. Di proposito.»

«I Figli avevano risposte, Elayne» disse lui, mettendosi a sedere. Luce, quanto era irritante. Era bello vederlo, ma lui era irritante!

«Non desidero discuterne» disse Elayne. «Quanti Manti Bianchi sono venuti con te?»

«L’intera forza dei Figli mi ha accompagnato nell’Andor» disse Galad. «Sono il loro lord Capitano Comandante.»

Elayne sbatté le palpebre, poi lanciò un’occhiata a Morgase. La Trakand più anziana annuì. «Be’,» disse Elayne «vedo che abbiamo molto su cui aggiornarci.»

Galad la prese come una richiesta — poteva essere molto letterale — e iniziò a spiegare come aveva ottenuto la sua posizione. Fornì un resoconto piuttosto dettagliato e, di tanto in tanto, Elayne lanciò occhiate a sua madre. L’espressione di Morgase era indecifrabile.

Una volta che Galad ebbe terminato, chiese della guerra di Successione. Conversare con Galad era spesso così: uno scambio, più formale che familiare. Un tempo questo l’aveva irritata, ma stavolta trovò che — contro tutte le sue aspettative — lui le era mancato davvero. Così ascoltò con affetto.

Alla fine, la conversazione si esaurì lentamente. C’era altro di cui parlare con lui, ma Elayne non vedeva l’ora di poter parlare solo con sua madre. «Galad,» disse Elayne «mi piacerebbe continuare la nostra conversazione. Saresti così cortese da cenare con me stasera? Puoi darti una rinfrescata nei tuoi vecchi alloggi fino ad allora.»

Lui annuì, alzandosi in piedi. «Questo andrà bene.»

«Dyelin, mastro Norry» disse Elayne. «Il fatto che mia madre sia ancora viva porterà ad alcune... delicate questioni di stato. Sarà necessario pubblicare la sua abdicazione in modo ufficiale, e rapido. Mastro Norry, lascio a te la documentazione formale.

Dyelin, ti prego di informare i miei più stretti alleati di questa notizia in modo che non siano colti di sorpresa.»

Dyelin annuì. Lanciò un’occhiata a Morgase: Dyelin era una delle persone che l’ex regina aveva messo in imbarazzo durante i giorni dell’influenza di Rahvin, ma senza dubbio aveva udito le storie. Quindi Dyelin si ritirò con Galad e mastro Norry. Morgase lanciò un’occhiata a Birgitte non appena la porta si chiuse; la Custode era l’unica altra persona nella stanza.

«Mi fido di lei come una sorella, madre» disse Elayne. «Una sorella insopportabile, a volte, ma comunque una sorella.»

Morgase sorrise, poi si alzò e prese Elayne per le mani, tirandola in un abbraccio. «Ah, figlia mia» disse, le lacrime agli occhi. «Guarda cos’hai fatto! Regina grazie ai tuoi meriti!»

«Tu mi hai istruito bene, madre» disse Elayne. Si ritrasse. «E sei nonna! O lo sarai presto!»

Morgase si accigliò, abbassando lo sguardo sul suo ventre. «Sì, mi era parso, guardandoti. Chi...?»

«Rand» disse Elayne, arrossendo. «Anche se non è cosa risaputa e preferirei che restasse così.»

«Rand al’Thor...» disse Morgase, il suo umore che si rabbuiava. «Quel...»

«Madre» disse Elayne, sollevando una mano per afferrare la sua. «È un brav’uomo e io lo amo. Quelle che hai sentito sono esasperazioni o voci astiose.»

«Ma lui è... Elayne, è un uomo in grado di incanalare, il Drago Rinato!»

«È comunque un uomo» disse Elayne, sentendo il nodo di emozioni di Rand in fondo alla sua mente, così caldo. «Solo un uomo, nonostante tutto quello che si pretende da lui.»

Morgase contrasse le labbra in una linea sottile. «Mi asterrò dal giudizio. Anche se per certi versi penso che avrei dovuto gettare quel ragazzo nelle segrete nel momento in cui lo trovammo a intrufolarsi nei giardini. Non mi piaceva come ti guardava nemmeno allora, bada bene.»

Elayne sorrise, poi fece un gesto di nuovo verso le sedie. Morgase si accomodò e stavolta Elayne si sedette proprio accanto a lei, ancora tenendo le mani di sua madre. Percepì divertimento da Birgitte, che se ne stava con le spalle contro il muro opposto, un ginocchio piegato in modo che la suola del suo stivale fosse posata contro le pannellature in legno.

«Cosa c’è?» chiese Elayne.

«Nulla» disse Birgitte. «È bello vedere voi due comportarvi come madre e figlia, o almeno come donna e donna, piuttosto che fissarvi a vicenda come due pali.»

«Elayne è regina» disse Morgase in tono rigido. «La sua vita appartiene al suo popolo e il mio arrivo minacciava di sconvolgere la sua Successione.»

«Potrebbe ancora confondere le cose, madre» disse Elayne. «La tua ricomparsa potrebbe riaprire vecchie ferite.»

«Dovrò scusarmi» disse Morgase. «Forse offrire risarcimenti.» Esitò. «Avevo intenzione di restare lontano, figlia mia. Sarebbe meglio che quelli che mi odiavano mi pensassero ancora morta. Ma...»

«No» si affrettò a dire Elayne, stringendole le mani. «Questo è per il meglio. Dovremo semplicemente gestire la faccenda con abilità e cautela.»

Morgase sorrise. «Mi rendi orgogliosa. Sarai una regina stupenda.»

Elayne dovette sforzarsi per non essere troppo raggiante. Sua madre non era mai stata prodiga di complimenti.

«Ma dimmi, prima di andare avanti» disse Morgase, la voce più esitante. «Ho udito rapporti che Gaebril era...»

«Rahvin» disse Elayne, annuendo. «È vero, madre.»

«Lo odio per quello che ha fatto. Posso vederlo usarmi, conficcare chiodi nel mio cuore e nella lealtà dei miei più cari amici. Eppure c’è una parte di me che, irrazionalmente, brama vederlo.»

«Ha usato la Coercizione su di te» disse Elayne piano. «Non c’è altra spiegazione. Dovremo vedere se qualcuno della Torre Bianca può Guarirla.»

Morgase scosse il capo. «Qualunque cosa fosse, è debole ora, e gestibile. Ho trovato qualcun altro a cui dare il mio affetto.»

Elayne si accigliò.

«Te lo spiegherò in un’altra occasione» disse Morgase. «Non sono certa di comprenderlo io stessa. Prima dobbiamo decidere cosa fare per il mio ritorno.»

«È facile» disse Elayne. «Festeggiamo!»

«Sì, ma...»

«Niente ma, madre» disse Elayne. «Sei tornata da noi. La città, la nazione intera festeggerà.» Esitò. «Dopodiché ti troveremo un ruolo importante.»

«Qualcosa che mi tenga lontana dalla capitale, in modo da non proiettare una spiacevole ombra.»

«Ma un compito che sia importante, in modo che non si pensi che ti è stato dato il benservito.» Elayne fece una smorfia. «Forse possiamo conferirti il controllo sulla parte occidentale del regno. Non mi piacciono molto i rapporti su quello che sta accadendo lì.»

«I Fiumi Gemelli?» chiese Morgase. «E lord Perrin Aybara?»

Elayne annuì.

«È un tipo interessante, questo Perrin» disse Morgase pensierosa. «Sì, forse potrei essere di qualche utilità lì. Abbiamo già una sorta di comprensione reciproca.»

Elayne sollevò un sopracciglio.

«C’è lui dietro il mio ritorno da te sana e salva» disse Morgase. «È un uomo onesto e anche onorevole. Ma anche un ribelle, malgrado le sue buone intenzioni. Non avrai vita facile con lui se arrivi a uno scontro.»

«Preferirei evitarlo.» Elayne fece una smorfia. Il modo migliore per occuparsi di quella faccenda sarebbe stato trovarlo e giustiziarlo, ma ovviamente lei non aveva intenzione di fare una cosa del genere. Persino se i rapporti l’avevano irritata tanto da desiderare di potere.

«Be’, cominceremo a lavorare a un modo.» Morgase sorrise. «Ti aiuterà sentire cosa mi è successo. Oh, e Lini è sana e salva. Non so se fossi preoccupata per lei o no.»

«A essere sincera, no» disse Elayne, con una smorfia e provando una punta di vergogna. «Sembra che Lini non si lascerebbe scomporre nemmeno dal crollo di Montedrago.»

Morgase sorrise, poi cominciò la sua storia.

Elayne ascoltò con stupore e non poca eccitazione. Sua madre era viva. Che fosse benedetta la Luce, di recente così tante coso erano andate storte, ma almeno una era andata per il verso giusto.


Di notte la Terra delle Tre Piegature era pacifica e silenziosa. Parecchi animali erano attivi verso il crepuscolo o l’alba, quando non faceva né troppo caldo, né si gelava.

Aviendha era seduta su un piccolo affioramento di roccia, le gambe piegate sotto di sé, guardando giù verso il Rhuidean, nelle terre degli Aiel Jenn, il clan che non era. Quello era prima dell’arrivo di Rand. Lui aveva infranto la città in tre modi molto importanti e per nulla confortanti.

Il primo era il più semplice. Rand aveva fatto sparire la nebbia. La città si era spogliata della sua cupola come un algai’d’siswai che si togliesse il velo. Lei non sapeva in che modo Rand avesse provocato la trasformazione; dubitava che lo sapesse lui stesso. Ma, nello scoprire la città, lui l’aveva cambiata per sempre.

Il secondo modo in cui Rand aveva infranto il Rhuidean era portandovi acqua. Un grande lago si trovava accanto alla città e una spettrale luce lunare ne faceva risplendere le acque, filtrando attraverso le nubi. La gente lo chiamava il lago Tsodrelle’Aman. Lacrime del Drago, anche se il lago si sarebbe dovuto chiamare Lacrime degli Aiel. Rand al’Thor non sapeva quanto dolore avrebbe causato in ciò che aveva rivelato. Era così che faceva lui. Le sue azioni erano spesso talmente innocenti.

Il terzo modo in cui Rand aveva infranto la città era il più profondo. Aviendha lo stava arrivando a comprendere lentamente. Le parole di Nakomi la preoccupavano, la innervosivano. Avevano risvegliato in lei ombre di ricordi, immagini di futuri possibili che Aviendha aveva visto negli anelli durante la sua prima visita al Rhuidean, ma che la sua mente non riusciva a rievocare del tutto, almeno non direttamente.

Lei era preoccupata che presto il Rhuidean avrebbe smesso di essere importante. Una volta, lo scopo supremo della città era stato mostrare alle Sapienti e ai capiclan il passato segreto del loro popolo. Prepararli per il giorno in cui avrebbero servito il Drago. Quel giorno era giunto. Allora chi sarebbe venuto al Rhuidean adesso? Mandare i capi degli Aiel attraverso le colonne di vetro sarebbe stato come ricordare loro del toh che avevano cominciato ad assolvere.

Questo turbava Aviendha in modi che le causavano una specie di prurito sotto la pelle. Non voleva accettare queste domande. Voleva continuare con la tradizione. Ma non riusciva a togliersele dalla testa.

Rand causava così tanti problemi. Eppure lei lo amava. Lo amava per la sua ignoranza, in un certo senso. Gli permetteva di imparare. E così lei lo amava per il modo sciocco in cui cercava di proteggere coloro che non volevano essere protetti.

Soprattutto, lo amava per il suo desiderio di essere forte. Aviendha aveva sempre voluto essere forte. Imparare la lancia. Combattere e ottenere ji. Essere la migliore. Lei poteva percepirlo ora, distante. Erano così simili in questo senso.

I piedi le facevano male per la corsa. Li aveva sfregati con la resina di una pianta di segade, ma poteva ancora sentirli pulsare. I suoi stivali erano posati sulla pietra accanto a lei, assieme alle ottime calze di lana che Elayne le aveva dato.

Era stanca e assetata; quella notte avrebbe digiunato, rimanendo in contemplazione, poi avrebbe riempito il suo otre al lago prima di andare dentro il Rhuidean l’indomani. Quella notte era lì seduta a meditare, preparandosi.

Le vite degli Aiel stavano cambiando. Era un segno di forza accettare il cambiamento quando non poteva essere evitato. Se una fortezza veniva danneggiata durante una scorreria e tu la ricostruivi, non la rifacevi mai esattamente allo stesso modo. Coglievi l’occasione per aggiustare i problemi: la porta che cigolava al vento, la sezione del pavimento sconnessa. Farla esattamente come prima sarebbe stata follia.

Forse era necessario che le tradizioni — come andare al Rhuidean e perfino vivere nella stessa Terra delle Tre Piegature — prima o poi venissero riviste. Ma per ora gli Aiel non potevano lasciare le terre bagnate. C’era l’Ultima Battaglia. E poi i Seanchan avevano catturato molti Aiel e reso damane delle Sapienti; quello non poteva essere permesso. E la Torre Bianca presumeva ancora che tutte le Sapienti aiel in grado di incanalare fossero delle selvatiche. Bisognava fare qualcosa al riguardo.

E lei? Più ci pensava, più si rendeva conto di non poter tornare alla sua vecchia vita. Doveva stare con Rand. Se lui fosse sopravvissuto all’Ultima Battaglia — e Aviendha aveva intenzione di combattere con tutta la forza di cui disponeva per assicurarsi che lo facesse — sarebbe stato comunque un re delle terre bagnate. E poi c’era Elayne. Aviendha e lei sarebbero state sorelle-mogli, ma Elayne non avrebbe mai lasciato l’Andor. Si sarebbe aspettata che Rand rimanesse con lei? Questo avrebbe voluto dire che avrebbe dovuto farlo anche Aviendha?

Era così difficoltoso, sia per lei che per il suo popolo. Le tradizioni non dovevano essere mantenute solo perché erano tradizioni. La forza non era forza se non aveva scopo o indirizzo.

Esaminò il Rhuidean, un posto tanto magnifico di pietra e maestosità. Molte città la disgustavano per la loro putrida sporcizia, ma il Rhuidean era diverso. Tetti a cupola, monoliti e pinnacoli non terminati, zone abitative attentamente pianificate. Adesso nelle fontane scorreva acqua, anche se una vasta sezione portava ancora i segni di quando Rand aveva combattuto lì. Molto di ciò era stato ripulito dalle famiglie che vivevano qui, Aiel che non erano andati in guerra.

Non ci sarebbero stati negozi. Niente alterchi per le strade, niente assassini nei vicoli. Il Rhuidean poteva essere stato privato di significato, ma sarebbe rimasto un luogo di pace.

Andrò avanti, decise lei. Passerò tra le colonne di vetro.

Forse le sue preoccupazioni erano vere e ora il passaggio era meno significativo, ma era sinceramente curiosa di vedere quello che gli altri avevano visto. Inoltre, conoscere il proprio passato era importante per capire il futuro.

Sapienti e capiclan avevano visitato quel posto per secoli. Tornavano con la conoscenza. Forse la città le avrebbe mostrato cosa fare riguardo al suo popolo e al suo stesso cuore.

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