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Starline, del Programma Generale delle Relazioni Pubbliche, Computer Commerciale Principale, StarLine, Ltd. Lettura di II Classe.

Chi poteva pensare che sbagliassero? Nessuno. Lo sa il cielo da quanto la gente cercava di trovare qualcosa fra le stelle. Già quando continuava a misurare il tempo nel vecchio modo, si era cominciato a stare in ascolto nell’ambito del Progetto Ozma. Niente da fare. Più tardi puntammo le grandi orecchie in un’altra direzione. Centauri, Lupo, Lalande, Procione, 40 Eridani. Silenzio, silenzio completo. Li ascoltammo tutti. Nessun ronzio.

Poi ci spingemmo molto più lontano. Al di là di Plutone, il doppio di quella distanza, e ci credereste? Voci!

Be’, non proprio voci, ecco. Ticchettii di computer. Per molto tempo nessuno riuscì a leggerli. (Dovreste dargli un’occhiata! Fateli stampare e vedrete uno zilione di ettari di macchioline di mosche.) Neppure i computer sapevano di cosa si trattasse. Ma un paio di circostanze erano sicure. Su 70 Ophiucus c’era qualcuno con un laser gigantesco, voleva parlare, e non riusciva a tirare diritto!

Aspettate un momento! Forse non mirano a noi. Così guardarono dietro, ma trovarono solo un paio di stelle sotto l’ascella di Orione. Tiravano a noi, d’accordo. Ma com’era che sbagliavano? Non avrebbero costruito un laser come quello se, non avessero saputo puntarlo!

Non era possibile che sbagliassero. Qualcuno disse: «Ehi! Forse non volevano parlare con noi finché non eravamo pronti! Volevano che fossimo abbastanza intelligenti per arrivare laggiù, o qualcosa del genere.» Ragionevole, eh? Certo. Ora sono quattrocento anni che ci parlano. Ci hanno sparato davanti di quindici miliardi di clic, come uno che tiri al piattello. Volete ascoltare, dovete venire quassù.

Un altro disse: «Perché non costruiamo anche noi un grosso laser e rispondiamo?» Scherzi? Chi è che tira fuori i soldi?


Anche nel migliore momento economico, un viaggiatore poteva portare poco su Plutone. Le tasse di importazione erano le più alte di tutto il sistema solare, e il prezzo che le linee di navigazione facevano pagare per il bagaglio rendeva più conveniente lasciare tutto a casa e comprare un guardaroba nuovo all’arrivo. Normalmente la sola cosa che valesse la pena portare su Plutone erano le informazioni, e anche quelle venivano trasportate nel modo meno ingombrante possibile.

Ora Plutone attraversava un periodo di depressione. Erano due anni che il governo stava perdendo una guerra economica contro Mercurio e gli effetti erano drastici. Vaffa aveva usato la sua Carta di Credito Intersistematica su Marte per prendere un po’ di denaro. Ma anche così dovettero pagare molto per il proprio bagaglio.

Lilo e Vaffa sbarcarono dall’espresso a cinque gi a Porto Florida, malferme e depresse dopo aver galleggiato per otto giorni in una vasca per accelerazione. Lilo continuava a tossire emettendo umori bavosi e verdastri, e una specie di catarro le gocciolava costantemente dal naso. Aveva provato a leccarlo, ma era stato peggio.

Alla ricerca di qualcosa per eliminare quel sapore, vide un distributore di bevande e ci infilò una delle banconote marziane datele da Vaffa.

«Questo non posso cambiarlo,» disse la macchina. «Ma se depositi il denaro possiamo contrattare.» La macchina spiegò che era una filiale autorizzata della Banca Planetaria della Florida. Per pochi secondi si accese una scritta luminosa: INTERESSI MATURATI. Lilo prese la bottiglia di bevanda, e le venne rilasciato il conto insieme ad alcune monete plutoniane. Vaffa le consigliò di gettarle nel riciclatore, visto che non valevano praticamente niente.

Plutone era in piena spirale inflazionistica. Il denaro veniva datato alla stampa e doveva essere speso alla svelta prima che il suo valore scendesse. Ogni lunedì mille Marchi Vecchi diventavano equivalenti a un Marco Nuovo. Se il denaro aveva più di una settimana, poteva anche essere bruciato; non ci si sarebbe potuto comprare nemmeno la carta su cui era stampato.

Lilo e Vaffa aspettarono nella stanza di ricovero dello spazioporto che i medici certificassero che avevano superato gli effetti dell’alta accelerazione. A pochi passi di distanza c’era una fila di negozi specializzati nel rivestire i viaggiatori nudi che emergevano dai voli provenienti dai Pianeti Interni. Lilo voleva fermarsi.

«Qui no,» le consigliò Vaffa. «Sono dei ladri.»

«Che importa?» fece Lilo. «Siamo ricche, no?» Entrò nella Underworld Boutique.

Dentro venne insaponata, lavata, oliata e massaggiata finché si sentì più un essere umano e meno un sottaceto. Cominciò a perdere alcuni dei nodi ai muscoli che per giorni affliggono i viaggiatori a gravità elevate. Disse ai commessi di rivestirla.

Fra tutto quello che le portarono, scelse una camicia rossa con borchie in vita, ai polsi e al collo. Aveva maniche a sbuffo, ma per il resto era pratica, con molte tasche e un cronometro incorporato. Volevano dipingerle le gambe, ma rifiutò con fermezza. Comprò un cappello e delle pantofole; aveva le piante dei piedi avvizzite come prugne. I commessi cercarono di venderle tintura da viso, un vestito da olomista, pantaloni e una pelliccia di visone vivo, ma lei pagò e uscì. Non era abituata ai venditori aggressivi e non le piacevano. Vaffa non comprò niente.

«Non porti mai vestiti?» le chiese Lilo.

«Non mi piacciono. Impacciano nella lotta. Qualche volta porto una cintura con una fondina, ma non in pubblico.»

Vaffa si guardava intorno nervosamente. Lilo aveva notato che non amava la folla, neppure sulla Luna. Qui sembrava molto a disagio. I suoi movimenti erano rapidi e scattanti, come se cercasse di controllare tutti gli angoli contemporaneamente.

«Dove andiamo?»

«Ho un indirizzo. Forse è meglio se troviamo una carta.»

A Plutone piaceva considerarsi un luogo di frontiera. Ma dopo trecento anni di colonizzazione continua, l’idea cominciava a dar segni di invecchiamento. Nel complesso, Plutone era urbanizzato quanto qualunque altro degli Otto Mondi. Le sue città, però, tendevano a essere più rumorose e appariscenti. C’era un’atmosfera di ostentazione, un assalto continuo del cattivo gusto e dell’esibizionismo commerciale e personale. Entrambe le donne lunari lo trovarono sgradevole.

Gli spigoli irregolari delle costruzioni talvolta non venivano terminati. I tappeti nei corridoi erano alti e soffici, ma in alcuni punti non combaciavano, e avevano i bordi sfilacciati che non arrivavano alle pareti e macchie marrone chiaro agli angoli. A un certo punto il marciapiedi mobile le fece passare davanti a una sezione di roccia nuda dove gli operai stavano installando materiale isolante e un rivestimento di plastica. La roccia era ricoperta di ghiaccio; succhiò il calore da un lato del corpo di Lilo.

Arrivarono al Centro, cuore della rete di marciapiedi mobili e stazione principale per le capsule metropolitane che andavano versò i sobborghi, gli avamposti e le comuni. Scesero e si guardarono intorno. Il soffitto era due « chilometri sopra di loro, ma alcuni degli alberi del Parco del Centro sembravano sfiorarlo. La vasta zona cilindrica era percorsa da otto arcate alle quali si accedeva con ascensori di vetro sospesi a cavi trasparenti. Sembrava che tutto si muovesse o lampeggiasse per richiamare la loro attenzione.

Lilo si sentiva oppressa, estranea. Le venivano le vertigini. Era una vera Lunare, conservatrice sotto molti aspetti. Si vestiva per comodità, non per bellezza. Lo spreco e la frivolezza la offendevano. Era una conseguenza dell’Invasione, che in svariati modi distingueva la società lunare dal resto dello spazio umano.

La Luna era stata colonizzata direttamente dalla Terra. All’arrivo degli Invasori, le poche migliaia di esseri umani sulla Luna si prepararono alla lunga lotta per l’autosufficienza. Non erano pronti; l’autonomia sarebbe dovuta arrivare trent’anni dopo. Ma la sopravvivenza della specie dipendeva da quello che sarebbero riusciti a fare.

I primi cinquant’anni furono durissimi. Molti erano morti nei sorteggi selettivi e nella violenta lotta contro di essi quando era risultato chiaro che la popolazione doveva essere ridotta. I sopravvissuti si erano sacrificati ancora di più, per far sì che i martiri non fossero morti invano.

La lotta aveva lasciato il suo segno sui Lunari. Avevano la tendenza a essere conservatori in politica e nella morale. Rimanevano attaccati a un fantasma di democrazia rappresentativa, mentre le colonie tendevano verso un Selettivismo a Prove. Il sesso neutro non aveva mai fatto presa. Le mode di Marte e di Mercurio avevano poco successo sulla Luna. Con il tabù della pudicizia ormai diventato un’aberrazione quasi dimenticata, il Lunare medio di solito indossava un panciotto-di-tasche, portava una borsa a spalla o andava in giro nudo. Era quasi un’uniforme, e il resto dell’umanità ci faceva sopra innumerevoli battute.

Sulla Luna un chirurgo creativo poteva fallire. Pochi si impegnavano in gambe extra in posti strani, in teste invertite, in nuove forme nasali o ih code prensili. Cambiavano sesso in media una volta ogni otto anni, il periodo più lungo dell’intero sistema solare. Il rapporto fra chirurgia di mantenimento e chirurgia estetica era di nove a uno. La maggior parte dei Lunari che volevano cambiare faccia lo facevano a casa, come hobby.

Plutone era all’altra estremità dello spettro. Lilo lo trovava volgare. Era un disgusto radicato che non riusciva a eliminare razionalmente. I Plutoniani erano pavoni. Indossavano il loro status sociale sulle loro pelli.

Lilo e Vaffa avanzavano in un labirinto di cartelli pubblicitari galleggianti, fatti di fumo e di ologrammi, che seguivano il possibile cliente sottoponendolo a trucchi prospettici da mozzare il fiato e trasmettendogli sempre direttamente nell’orecchio interno, per non violare le leggi sull’inquinamento acustico.

Riuscirono a uscire dal flusso principale e a entrare nell’oasi verde del parco. Il tronco di un albero fornì sedili intagliati che spuntavano direttamente dalla corteccia. Lilo alzò gli occhi e calcolò che le ci sarebbero voluti cinque minuti solo per girare intorno all’albero.

Era come essere nell’occhio di un ciclone. Le pubblicità olografiche si dirigevano verso di loro, ma venivano arrestate da un muro invisibile.


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CAMBIATE I VOSTRI PIEDI OGGI. COMPRATE I NUOVI ASTAIRES.

METTETEVI IL RITZ.


Il Parco era deserto. Sembrava che i Plutoniani non avessero bisogno di calma e di silenzio. Lilo e Vaffa rimasero sedute a guardare i passanti.

«Sembra che quest’anno i seni siano di moda,» osservò dopo un po’ Vaffa. «Quasi tutti ne hanno almeno due. Ehi, e quello cosa è?»

«Testicoli elettrici. Li avevo visti su un giornale.»

«Graziosi,» esclamò sarcasticamente Vaffa. «Sembrano lanterne.»

«Dovrebbero essere il modo più veloce per assicurare al partner che si è sterili. Senti, hai idea di dove stiamo andando? Ho bisogno di fare un altro bagno, e di un posto tranquillo.»

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