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Io? Dovrei incoraggiare quella specie di selvaggio con il naso piatto e la faccia grigia? Preferisco crepare. — Yoninne Leg-Wot, irritata, incrociò le braccia spesse e muscolose e incenerì Bjault con lo sguardo.

Ajao si protese verso la donna pilota, per quanto i legacci di cuoio lo permettessero. — Ascolta, Yoninne, non ti sto chiedendo di fare niente di immorale. Dico solo che gli sei piaciuta e che lui è chiaramente un tipo importante. Se il suo titolo — e qui pronunciò una frase in Azhiri — significa quello che penso, allora è il numero uno o il numero due nella gerarchia di questo stato. Anche se sembra così giovane. E noi abbiamo bisogno della sua benevolenza.

Per un lungo istante Leg-Wot fissò con aria torva il ponte lucido della nave. Bjault si chiese all’improvviso se fosse davvero così disgustata all’idea di stringere amicizia con il giovane Azhiri, o se avesse invece subito tante scottature sentimentali in passato da rifiutare persino l’idea di una finzione romantica.

Prima che Pelio venisse a parlare con loro Ajao non si era mai reso conto di quanto Leg-Wot assomigliasse a una Azhiri. Era un po’ più alta, forse, ma aveva la stessa corporatura tarchiata e la stessa solidità degli alieni, sebbene il colorito fosse diverso. Naturalmente c’erano altre differenze: la struttura ossea e cartilaginea degli Azhiri si discostava molto da quella umana. I lineamenti sembravano ricavati in una specie di argilla chiara e poi compressi e lisciati fino a che il naso, il mento la fronte e le orecchie fossero un tutt’uno arrotondato e indistinto. Pelio doveva essere molto viziato o molto solo per incapricciarsi di una donna che ai suoi occhi doveva sembrare così strana ed esotica come Leg-Wot.

Ma era proprio il colpo di fortuna che avevano bisogno in quel momento. Meno di un’ora dopo che Pelio aveva lasciato la prigione, Bjault e Leg-Wot erano stati teletrasportati, non si poteva dirlo altrimenti, in una cella comoda e pulita, dove era stato loro offerto un bagno caldo e un pasto. Il mattino successivo erano stati condotti fino a un piccolo lago, per imbarcarsi sulla strana barca rotonda che vi era ancorata. Ormai Bjault indovinava la soluzione di parecchi dei misteri che li avevano lasciati perplessi prima della cattura. E se davvero Pelio li stava portando via, come aveva detto nella prigione, allora le sue semplici intuizioni avrebbero ricevuto presto una conferma.

— Secondo me, la cosa non ha nessuna importanza — replicò finalmente Yoninne. — Dici che leccare il culo a quel tizio è l’unica speranza che ci rimane per sopravvivere. Per me, invece, è solo un modo per morire più lentamente. Sei stato proprio tu a scoprire che le piante locali sono inquinate da metalli pesanti. Ne possiamo anche mangiare, forse, ma finiremo comunque per esserne avvelenati, indipendentemente dall’intimità che raggiungo con il tuo bel pezzo grosso. La nostra unica speranza è che ci vengano a prendere, ma le radio delle tute sono deboli e la ionosfera di questo pianeta è così maledettamente attiva che ogni segnale che mandiamo diventa irriconoscibile. E anche se a Novamerika sapessero che siamo vivi, sarebbe stupido da parte loro rischiare un’altra nave traghetto solo per tirarci fuori di qui. — Si sdraiò all’indietro, esangue. Il vecchio spirito battagliero sembrava completamente spento.

È come se cercasse scuse, pensò Bjault. Come se preferisse non essere affatto salvata. — Può darsi che a te non importi morire in fretta o no, cara Yoninne, ma per me la distinzione è importante e credo che sia molto importante anche per tutto il genere umano. Da quello che ha detto Pelio, c’è ragione di sperare che parte della nostra attrezzatura sia stata recuperata, la scialuppa di ablazione, per esempio, le pistole… e il maser. Con il maser potremmo farci sentire fino in Novamerika, dato che probabilmente saranno sintonizzati sulla stazione telemetrica che Draere ha impiantato sulla sua isola. Quanto al rischio che correrebbero per venirci a prendere, non ti rendi conto di che cosa ci è capitato sottomano? Questo mondo può rappresentare la più grossa scoperta che qualcuno abbia mai fatto fin dai tempi in cui l’Uomo ha lasciato la Vecchia Terra, tredicimila anni fa. Questi Azhiri si teletrasportano. Anche senza violare le leggi della relatività, o viaggiare a una velocità maggiore di quella della luce, significa pur sempre che l’intera struttura della colonizzazione umana potrà essere trasformata. Nel corso dei secoli, le nostre colonie sono state isolate da abissi di tempo e di spazio, oltre che dagli enormi costi di viaggio per andare da un sistema solare all’altro. Le civiltà coloniali, come è successo sul Mondo Natale, si sviluppano e poi decadono con la stessa inevitabile rapidità di quello che era accaduto sulla Vecchia Terra. Ormai l’Uomo ha colonizzato parecchie migliaia di mondi, ma noi ne conosciamo solo poche centinaia, e alcune solo per sentito dire. Qualunque livello di grandezza una civiltà abbia raggiunto, finisce sempre per esaurirsi, proprio a causa dell’isolamento.

Ajao si accorse che la sua voce si era gradualmente alzata di tono. Stava toccando un tasto caro a molti, anche a Yoninne. L’aveva sentita spesso criticare quasi con rabbia la Federazione del Mondo Natale perché non investiva abbastanza nella colonizzazione interstellare, nelle “relazioni di scambio” e nelle ricerche radio di civiltà ancora sconosciute.

— Ma ora — continuò in tono più suadente — potremmo aver trovato il modo di aggirare ogni ostacolo. Se riusciamo a scoprire il segreto del Talento Azhiri, o anche solo a comunicarne l’esistenza alla gente di Novamerika, che a sua volta lo comunicherà al Mondo Natale, il problema della distanza tra le stelle non avrà più importanza e finalmente sarà possibile la nascita di una vera civiltà interstellare.

Leg-Wot parve pensierosa, meno depressa. Bjault sapeva da tempo che l’unione dell’umanità era una delle poche cose in cui credeva davvero. — Capisco quello che vuoi dire — la sentì replicare. — È nostro dovere inviare l’informazione, indipendentemente dalle possibilità che abbiamo di sopravvivere. E dobbiamo imparare il più possibile da questa gente. — Il viso di Yoninne si illuminò di un entusiasmo improvviso e spontaneo. — Perché per teletrasportarsi usano sempre le polle d’acqua? Scommetto che dietro a tutte le loro mascherature questi ragazzi nascondono una tecnologia molto avanzata. Forse le polle sono dei dispositivi di trasmissione.

Dentro di sé Ajao tirò un sospiro di sollievo per essere riuscito a distogliere la ragazza dall’apatia in cui era precipitata. Era già abbastanza duro combattere contro il proprio scoraggiamento.

— Non credo che questo popolo sia più evoluto di come pensavamo, Yoninne — disse comunque scrollando la testa. — Ho l’impressione che il teletrasporto sia una loro capacità mentale congenita.

— E perché, allora, usano sempre delle polle di acqua?

La risposta di Bjault si perse nel fischio stridulo che uscì all’improvviso da uno dei ponti superiori della barca. Assomigliava al sibilo di una macchina a vapore, ma Ajao non riuscì a vedere da dove provenisse. Qualunque ne fosse la fonte, il sibilo ovviamente segnalava qualcosa di importante. Le due guardie che un attimo prima ammazzavano il tempo giocando a dadi o a qualcosa di molto simile, anche se in realtà di trattava di dodecaedri, scattarono in piedi. Uno di loro infilò in fretta i dadi in una custodia di pelle. Si sistemarono ciascuno nella propria nicchia imbottita e allacciarono le cinture di sicurezza. Non appena le aveva viste, Ajao aveva indovinato subito che quelle strane cuccette con le cinghie, tutte uguali, venivano usate solo casualmente per ospitare dei prigionieri. Quella era solo una dimostrazione secondaria della sua teoria. Nel giro di qualche minuto sperava di averne una conferma molto più esplicita.

Il sibilo continuò a lacerare l’aria per quasi un minuto, mentre i soldati e i membri dell’equipaggio raggiungevano i loro posti. Quando il suono terminò, di colpo come era iniziato, l’archeologo udì i cittadini lanciare grida di saluto dalla banchina, che evidentemente si trovava alle loro spalle. Si erano doverosamente riuniti, o erano stati invitati a farlo, per assistere alla partenza dei loro governanti. Concordava con l’immagine culturale che lui si era formato della società Azhiri.

Bjault si contorse nella cuccetta, per osservare ogni dettaglio del veicolo in cui si trovavano. Era la nave più strana che avesse mai visto in centonovantatré anni di vita. Come forma di base assomigliava a uno sferoide schiacciato ai poli. O, almeno, lo scafo rispecchiava tale descrizione, mentre la struttura a tre ordini di ponti rispettava solo in modo approssimativo il profilo di uno sferoide. L’imbarcazione pescava a fondo nell’acqua e nel complesso sembrava molto più solida di quanto non richiedesse là gravità del pianeta. Dovunque erano visibili pesanti travi di legno e tavolati spessi, e sebbene l’ambiente fosse ricco di decorazioni, pitture, arazzi, intarsi di metalli preziosi, non c’erano ornamenti mobili o pendenti. Non c’erano nemmeno mezzi visibili di propulsione: né alberi, né scalmiere.

Ajao si ritrovò a registrare tutti questi particolari con una rapidità e un interesse che non aveva più provato da quando… da quando aveva finito l’esumazione dei resti della biblioteca di Ajeuribad, sul Mondo Natale, più di un secolo prima. La sua ricostruzione della teoria della relatività sulla base di registrazioni su microfilm semicarbonizzati aveva messo finalmente il Mondo Nuovo in grado di entrare in contatto con le stelle, dopo un Interregno durato duemila anni. Ma quello che abbiamo scoperto qui può essere ancora più importante, pensò Ajao. Si sentì quasi ringiovanito di colpo.

L’equipaggio e le guardie attorno a loro parvero irrigidirsi. Di qualunque cosa si trattasse, ormai poteva succedere da un attimo all’altro, anche se per il momento lui non percepiva nulla. Guardò Leg-Wot e lei scrollò la testa con espressione incerta. Lanciò un’occhiata oltre l’acqua, verso la riva lontana duecento metri in direzione est. La terra al di là era brulla. La tripla corona dei pini verde-azzurri era appena impolverata di neve.

Non ci fu alcun tremolio. Il paesaggio svanì, semplicemente, e fu rimpiazzato da un altro molto più verde e più scuro. Simultaneamente Ajao sentì le orecchie che si tappavano e lo stomaco finiva in fondo ai piedi. La barca batté di nuovo contro la superficie dell’acqua e lui ebbe la sensazione che la schiena venisse schiacciata contro la cuccetta. Le acque del lago si alzarono ad anello, in un muro compatto tutt’intorno a loro, e insieme al suono dell’impatto violento contro l’acqua si udirono gli scricchiolii della struttura della nave, che assorbiva l’improvvisa accelerazione.

L’imbarcazione riprese a dondolarsi sul lago. Un lago lo era, in ogni caso, anche se non proprio quello in cui si erano trovati solo un momento prima.

Il cielo era buio, l’aria umida e tiepida. All’inizio Ajao pensò che fosse notte poi, quando gli occhi si abituarono al cambiamento, capì che si trattava solo di una normale giornata nuvolosa. Il fragore del loro arrivo si quietò e lasciò il posto al ticchettio costante della pioggia sullo scafo ricurvo. Sulla superficie del lago le gocce creavano una miriade di minuscoli crateri, che subito scomparivano.

Su quella stessa superficie, altre navi andavano e venivano dal nulla, provocando grandi onde che si disperdevano in tutte le direzioni. Delle navi mimetiche, forse militari, erano ancorate in file regolari lungo la riva, come imbarcazioni da diporto in un qualsiasi porto del Mondo Natale. Sulla terraferma, oscurata dalla pioggia e dagli alberi, c’era un’ampia schiera di edifici bassi e tozzi, con le finestre a fessura, del tutto simili alle fortificazioni di confine usate sul Mondo Natale verso la fine dell’Interregno. Sembrava di nuovo la prova che gli Azhiri possedevano qualcosa di simile alle armi automatiche e all’artiglieria. Una prova difficile da combinare con il resto della teoria che in qualche modo incominciava a formarsi nella mente dell’archeologo.

Ajao si girò verso Yoninne, che si era ripresa molto più in fretta di lui dal brusco arrivo e dall’improvviso cambio di panorama. — Hai sentito quel colpo al momento dell’impatto? — le chiese. — Ecco una buona ragione per cui questa gente preferisce il teletrasporto via acqua.

Leg-Wot sgranò gli occhi, alla luce di un’improvvisa intuizione. — La velocità gravitazionale del pianeta — replicò.

Lui annuì. — A prima vista, il teletrasporto sembra una faccenda semplice, anche se soprannaturale. Scompari in un punto e riappari in un altro, senza nemmeno l’inconveniente di un tempo intermedio. Ma basta un esame più attento per capire come la natura imponga certe restrizioni anche al soprannaturale. Se ci si sposta in relazione al punto di destinazione, è naturale che ci sia una collisione al momento dell’arrivo, e più in fretta si arriva, più forte sarà l’impatto. Questo mondo compie una rotazione completa in venticinque ore, sicché tutti i punti lungo l’equatore si muovono verso est a più di cinquecento metri al secondo, mentre i punti a nord e a sud ruotano a velocità proporzionalmente minori. Teletrasportarsi lungo la superficie del pianeta è come…

— Come giocare a “mondo” su una giostra in movimento — concluse Yoninne. — E così si servono dell’acqua per attutire l’impatto al momento dell’arrivo. Adesso è chiaro! Scommetto che la cosa riguarda anche quella catena di laghi che abbiamo visto quando eravamo ancora in orbita. Questa gente deve teletrasportarsi con salti brevi da una pozza all’altra. — Ajao annuì. Anche con il sistema ammortizzante offerto dall’acqua, le navi sarebbero andate in mille pezzi se fossero giunte a destinazione a più di qualche metro al secondo. Per questo era più sicuro effettuare teletrasporti di poche centinaia di chilometri per volta. Non era tutto. Da un punto dato dell’emisfero nord era possibile teletrasportarsi nell’opposto emisfero sud, e viceversa, a patto che la latitudine fosse la stessa, perché le coppie di punti con latitudine uguale avevano la stessa velocità di rotazione. Ma questo era un cavillo. A viaggi di lunga distanza corrispondeva inevitabilmente una lunga serie di salti, e quindi una lunga serie di laghi di trasporto.

— Avremmo dovuto capirlo anche senza scendere fin qui — continuò Leg-Wot. — Avevamo montagne di fotografie che riprendevano i laghi e le navi che li popolavano. Se quei somari su Novamerika ci avessero dotato di qualche ricognitore decente avremmo potuto ottenere una copertura continua del tracciato a terra e avremmo visto questi bei tizi che si teletrasportavano. Diavolo, se i ragazzi di Draere non fossero stati così ansiosi di impiantare quella dannata stazione telemetrica a terra, avrebbero potuto rimanere in orbita abbastanza a lungo per…

Fu interrotta dal fischio di avvertimento della nave e Ajao si chiese da che cosa fosse prodotto. Un altro salto. Ajao avvertì di nuovo lo schiacciamento della schiena contro la cuccetta mentre la nave si alzava dalla superficie del lago di partenza, verso ovest, e poi ripiombava nell’acqua. Diluviava come prima, ma non c’era dubbio che si erano spostati. Il nuovo lago era immenso, e nell’aria cupa le altre navi si contavano a dozzine. A riva c’era una ricca serie di edifici bassi in legno. Magazzini, forse? Lungo i bordi del lago alcuni operai muniti di galleggiante legavano le imbarcazioni al molo. C’era movimento, ma Bjault si sarebbe aspettato un numero maggiore di lavoratori in un porto medioevale. Questo sembrava piuttosto un moderno scalo aereo o uno spazioporto, dove un numero limitato di tecnici era in grado di effettuare la movimentazione di migliaia di tonnellate di carichi grazie ad attrezzature automatiche. E solo allora Ajao capì la ragione di quèll’apparente anacronismo. Ma certo! Gli operai Azhiri potevano semplicemente teletrasportare i carichi dai magazzini alle stive delle navi, e viceversa. Con ogni probabilità, l’unico tipo di lavoro manuale era quello legato alla manutenzione delle navi e degli edifici.

Di nuovo il fischio, che precedette il salto successivo. Ajao cercò di formare mentalmente un tracciato degli spostamenti, ma non era facile. Non tutti i laghi erano circondati da fortificazioni o magazzini, alcuni si trovavano nel mezzo di foreste decidue, e le foglie trilobate formavano un tappeto sulla riva con colori che andavano dal rosso-arancio al verde pallido. I salti si susseguirono e il paesaggio attorno alla barca cambiò rapidamente. I minuti passarono e l’aria assunse una temperatura quasi tropicale. Ormai la pioggia era lontana e i raggi del sole si facevano strada nel cielo azzurro attraverso cumuli compatti di nuvole che, a nord, si confondevano in una linea grigia e scura contro l’orizzonte.

Lo scossone al momento dell’arrivo in ciascun nuovo lago era sempre nella medesima direzione e più o meno della medesima intensità. Ajao ne dedusse che si stavano dirigendo costantemente a sud-est. C’era un altro particolare che rimaneva invariato di salto in salto. Una minuscola imbarcazione mimetica si trovava sempre a un centinaio di metri di distanza dalla loro al momento dell’arrivo, e scompariva sempre in un gorgo d’acqua pochi istanti prima della loro partenza. A quanto sembrava, avevano una scorta.

Un altro. salto… e la pressione nelle orecchie aumentò e divenne all’improvviso dolorosa. Ajao deglutì in fretta e si scoprì appena in grado di compensare la rapidità con cui la pressione dell’aria era diminuita. Aprì gli occhi e si guardò intorno. Quest’ultimo lago era piccolo, quasi un cerchio perfetto. La spiaggia sabbiosa si presentava costeggiata da una vegetazione tropicale a foglia larga. Nel verde che tappezzava i fianchi ripidi della collina erano sparpagliate residenze in marmo bianco e rosa.

— Credi davvero che gli Azhiri siano in grado di teletrasportarsi solo con la forza del pensiero? — chiese Leg-Wot, ritrovando per la prima volta la parola, dopo molti minuti. — lo non ne sono convinta. Secondo me, se si trattasse di una capacità naturale della mente, per farla funzionare non ci sarebbe bisogno di energia.

— Già. O perlomeno sembrerebbe la supposizione più logica. — Bjault si chinò in avanti, cercando di vedere quanto più possibile del paesaggio.

— Ma quest’ultimo salto ci ha portato in alto di un buon migliaio di metri, no? Immagino che anche a te si saranno tappate le orecchie. Questa specie di scialuppa su cui ci troviamo deve mettere insieme più di un centinaio di tonnellate. Hai un’idea di quanta energia ci voglia per sollevarla di un chilometro? Con o senza teletrasporto, è roba per macchinari pesanti, non per un chilo scarso di tremula materia cerebrale.

— Non… — incominciò a dire lui, prima di interrompersi di colpo. A sinistra, il fianco ricurvo della collina era spezzato quasi fino al livello dell’acqua, e Ajao poteva spingere lo sguardo in fuori, al di là e verso il basso. Lontanissimo, oltre quella spaccatura a forma di V, c’era l’oceano. E l’orizzonte era segnato da una piccolissima striscia verde. Per un attimo l’archeologo rimase a contemplarla immobile, quasi incapace di trovare la giusta prospettiva per ciò che vedeva. Poi capi. L’ultimo salto li aveva portati fino a un lago sistemato nel cono ormai inattivo di un’isola vulcanica.

Risultava difficile credere che meno di mezz’ora prima si fossero trovati in mezzo alla neve, con la faccia sferzata da un vento gelido.

— Allora? — chiese Leg-Wot con voce piatta.

Ajao si sforzò di ritrovare il filo dei propri pensieri. — No, non credo che gli Azhiri spendano energie per il teletrasporto. Hai potato che quando le altre barche saltano una massa d’acqua si sprigiona dal loro punto di partenza?

— Sì… — Dall’altra parte della nave si udirono dei passi e delle risa. Un gruppetto di Azhiri, tutti vestiti con gonnellini leggeri, scavalcò il parapetto e si tuffò in acqua. Qualche secondo più tardi, Ajao scorse gli stessi tre individui che uscivano a guado dal lago per dirigersi verso altri individui riuniti sulla spiaggia luminosa che li salutavano gridando e sventolando allegramente la mano. Significava senz’altro che il viaggio era finito. Possibile che Yoninne non l’avesse notato?

— Secondo me — disse Ajao — il teletrasporto per loro è solo uno scambio di materia. Quando saltano da qualche parte, rispediscono simultaneamente al punto di partenza la materia che spostano. — Aveva senso. Bisognava pure che ci si facesse qualcosa con l’aria e l’acqua che occupava il loro punto di destinazione. Altrimenti, la materia sarebbe stata trasportata all’interno della materia, con esiti esplosivi. Secondo la legge di Archimede, il peso di una barca è uguale al peso dell’acqua e dell’aria che sposta, cosicché in caso di teletrasporto verso l’alto, il lavoro richiesto per alzare la loro nave era bilanciato dall’energia rilasciata abbassando la massa di scambio nel punto di partenza.

Le guardie avevano incominciato a slegare i due prigionieri e cercavano di aiutarli a rimettersi in piedi. Ma Yoninne si aggrappò con tenacia alla conversazione e Ajao non faticò a capirne il perché. Il nobile, Pelio, stava scendendo le scale di legno dei ponti superiori, con il seguito alle spalle. Ajao scorse lo sguardo triste, quasi imbronciato, sul volto del ragazzo e udì la conversazione allegra che si svolgeva attorno a lui. Povera Yoninne.

— Capisco che cosa intendi — disse Leg-Wot, con voce stranamente tesa. — Ecco un’altra ragione per cui gli Azhiri viaggiano servendosi dell’acqua.

— Credo che stia venendo qui, Yoninne — osservò Bjault.

Lei si morse il labbro e annuì, rigida. — Che cosa… che cosa dovrei fare?

— Basta che ti sforzi di essere cordiale. Non dirgli troppo a proposito delle nostre origini, almeno finché non saremo davvero sicuri che gli Azhiri sono tecnologicamente più arretrati di noi Ma soprattutto, cerca di recuperare il maser.

Pelio e gli altri avevano raggiunto il primo ponte e si dirigevano senza incertezze verso i Novamerikani.

— Va bene… ci proverò — disse finalmente Yoninne, con voce fievole, quasi addolorata. Per un istante lui pensò che potesse cedere sotto il peso dell’imbarazzo e della paura, ma nel giro di pochi secondi le guardie li obbligarono a mettersi sull’attenti e loro si trovarono a fare i conti con Pelio.

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