12. CAPITOLAZIONE; OPERAZIONE; ELEVAZIONE



Easy si svegliò quando Nick raggiunse il batiscafo. Nick non aveva avuto nessuna difficoltà a trovarlo; la sua luce era visibilissima dalla costa. Il vento soffiava verso la luce, ma in quel momento Nick e i suoi amici non sapevano nulla del vulcano e così non si domandarono se la luce verso la quale si stavano dirigendo fosse o meno quella giusta. Sbarcarono, si issarono in spalla la zattera, e si diressero verso la loro mèta.

Fagin e gli altri quattro allievi erano arrivati prima di loro; viaggiare a piedi era molto più rapido, anche per la macchina. Veloce pareva di ottimo umore. Certo, non accolse con grandi effusioni i nuovi venuti, ma fu abbastanza loquace. Accettò come scontato il fatto che essi erano del suo popolo… figlioli che si erano un po’ perduti, e che delle volte non sapevano come comportarsi, ma che avrebbero potuto senz’altro diventare come gli altri, dopo un certo tempo. Finché lo consideravano il loro capo, non ci sarebbe stata alcuna difficoltà.

Pochi minuti dopo l’arrivo di John, Nancy, Oliver, Dorothy e della macchina, Veloce aveva domandato di mostrargli come si accendeva il fuoco. Easy, con il suo vantaggio di due secondi nei tempi di risposta, disse a John di obbedire prima che Raeker avesse ascoltato la domanda. John, sapendo che la persona che si trovava nel batiscafo apparteneva alla razza del suo Maestro, obbedì senza discussioni. Tirò fuori tutto il suo apparato e dopo tre minuti il fuoco si accese.

Veloce allora domandò che gli insegnassero il modo di farlo; e quando Nick, Betsy, Jim e Jane arrivarono con la zattera, il capo era riuscito ad accendere da solo il fuoco ed era veramente di ottimo umore.

Questo non si poteva certo dire degli occupanti della Vindemiatrix. Aminadabarlee era più che mai convinto dell’assoluta incapacità degli esseri umani; e in quel momento aveva delle ragioni anche più solide di prima per pensarla così. Tutti gli esseri umani dell’astronave erano furiosi con il drommiano, seguendo l’esempio di Easy Rich. Una notte di sonno non aveva fatto riacquistare alla ragazza il solito temperamento allegro; Easy era indignata per gli insulti della sera precedente, e non solo rifiutava di spiegare ad Aminadabarlee le ragioni sulle quali fondava la sua certezza di abbandonare Tenebra nel giro di un giorno locale, ma non intendeva dire niente a nessuno, nel timore che il diplomatico potesse venirlo a sapere. Si trattava, naturalmente, di una reazione infantile; ma dopotutto Easy era una bambina, malgrado i suoi atteggiamenti e i suoi discorsi da adulta. Era stato chiesto a suo padre di persuaderla a parlare; lui aveva fissato il volto della figlia sullo schermo per un minuto buono, ma non era stata pronunciata una sola parola. Però una invisibile corrente di comprensione doveva essere passata tra di loro, perché dopo un momento Rich si voltò e disse:

«Per favore, dite al signor Sakiiro di preparare la lancia per l’operazione di recupero del batiscafo. Credo che sia necessaria una certa preparazione.»

Lasciò subito il locale, ignorando le domande che gli venivano rivolte, e sparì nei suoi quartieri.

«Che facciamo?» La domanda, niente affatto retorica, era stata formulata da un geofisico, che era uno strettissimo amico di famiglia dei Rich.

«Quello che ha detto lui, direi,» rispose un altro scienziato. «Rich sembra certo che la ragazza sappia il fatto suo.»

«Lo so che lui ne è sicuro; ma lei? Rich è suo padre; la bambina è rimasta con lui per dieci anni, è stata per lui tutta la famiglia, tutta la sua vita, e devo dire che l’ha allevata magnificamente; ma a volte è portato a sopravvalutarla. In questo momento lei è riuscita a convincerlo che tutto va bene; ma io… noi non lo sappiamo. Che si fa?»

«Faremo quello che ha detto lui,» disse un altro. «Anche se la bambina si sbaglia, non perdiamo niente a preparare la lancia. Perché siete così perplessi?»

«Perché sappiamo quello che accadrà a Easy e a suo padre se la bambina si sbaglia,» replicò l’amico di famiglia. «Se lei ha parlato per cognizione propria, tutto va bene; ma se quella lontra a dieci zampe le ha fatto perdere la pazienza, facendole dire qualcosa solo per giustificare le proprie azioni…» Scosse il capo, cupamente. «In questo momento lei crede a quello che dice, e così pure suo padre. Se rimangono delusi… ebbene, la bambina è sopravvissuta finora grazie all’autocontrollo della famiglia Rich.» Pose termine alla discussione, schiacciando un pulsante e trasmettendo a chi di competenza l’ordine di Rich padre.

Raeker aveva sempre mangiato e, occasionalmente, dormito nell’osservatorio; ormai aveva dimenticato quando era uscito di là per l’ultima volta. La macchina ormai aveva perduto il controllo della situazione, ma lui poteva sempre vedere attraverso i suoi «occhi». I suoi allievi, a quanto pareva, erano stati riassorbiti dalla tribù di Veloce, e ricevevano gli ordini alternativamente dal capo e da Easy. Nessuno chiedeva a Fagin quello che doveva fare né come farlo, ma, malgrado questo, gli avvenimenti si succedevano a ritmo vertiginoso, tanto che Raeker a malapena riusciva a tener loro dietro. Lui sapeva che Easy aveva avuto una discussione con Aminadabarlee, però non conosceva con esattezza i particolari; aveva saputo della promessa di lasciare il pianeta al termine della giornata, ma non aveva più idee degli altri sulle intenzioni della ragazza. Aveva ricevuto la sua razione di ira drommiana, perché Aminadabarlee non era stato affatto messo a tacere dalle parole di Easy, e aveva trascorso un certo periodo nell’illustrare a Raeker l’entità della sciocchezza che egli aveva commesso, tentando di separare i suoi allievi dalla loro civiltà, e l’entità delle cognizioni che sarebbero state ottenute in tanti anni se Raeker si fosse degnato di prendere immediatamente contatto con Veloce e i suoi cacciatori. Raeker non era stato affatto brusco, ma le sue risposte erano state vaghe, a causa della sua preoccupazione per gli avvenimenti che si svolgevano sul pianeta, ed era così riuscito a ferire i sentimenti della grossa faina più che mai. Se ne era accorto, ma non riuscì a preoccuparsi seriamente delle conseguenze di una rottura diplomatica tra il Sole e Dromm.

In linea generale sapeva quello che stavano facendo coloro che si trovavano sul pianeta, ma non riusciva a capire tutto, e nessuno si prese il disturbo di illuminarlo. Raeker non pensò neppure che questo potesse essere stato causato da Easy stessa; e invece era così, perché Easy aveva preso degli estremi provvedimenti per impedire che il minimo indizio trapelasse nel luogo in cui le orecchie profane di Aminadabarlee, che l’aveva così duramente offésa fa sera prima, avrebbero potuto ascoltare. Così Raeker restò a guardare, a fotografare, a registrare quelle poche conversazioni che riuscì a captare, e a cercare di interpretare quello che stava succedendo.

La zattera venne messa in «acqua», e Nick e Betsey trasportarono Veloce proprio davanti agli oblò di osservazione del batiscafo. Raeker poté assistere all’incontro tra i tenebriani e gli occupanti dell’astronave, ma non poté udire quello che si dicevano… Easy stava, naturalmente, usando i microfoni esterni, e la macchina era troppo lontana per sentire direttamente quello che veniva detto. La discussione fu lunga, e piuttosto animata, a giudicare dai gesti dei suoi partecipanti… l’oblò era grande a sufficienza per guardare all’interno, dal punto in cui si trovava la macchina di Raeker. Lui cercò di interpretare il significato dei gesti, ma senza fortuna. La conversazione durò fin quasi a sera; poi la zattera ritornò alla riva, e tutti cominciarono a prepararsi per la partenza. Una dozzina di cavernicoli contribuirono al trasporto della zattera, altri contribuirono al trasporto del carro. Per la prima volta, Veloce prestò attenzione alla macchina; le ordinò di accompagnarlo, servendosi di Nick come interprete. Raeker acconsentì; il viaggio aveva lo scopo evidente di sfuggire al mare, che presumibilmente si sarebbe addentrato nell’interno almeno quanto la notte prima.

«Dove andrà stanotte la grande nave?» domandò, a titolo puramente accademico, dato che la risposta non gli importava poi molto. Credeva che Veloce non avrebbe neppure risposto, ma il capo era di ottimo umore… tutto era andato secondo i suoi desideri, quel giorno. Quando il gruppo si fu messo in cammino, si affiancò alla macchina e parlò in tono più che allegro. Nick riferì le sue parole, ed egli descrisse nei minimi particolari la regione verso la quale si stavano dirigendo e il punto in cui secondo lui sarebbe stato trascinato il batiscafo. Spiegò anche i motivi sui quali fondava le proprie opinioni, e i geofisici ascoltarono, presero appunti, e fissarono con aria amorosa i registratori che stavano incidendo la conversazione. Per le prime due ore di quella notte ci fu un’ondata di felicità generale, sconosciuta da decenni nel settore di Altair. Praticamente, le uniche due persone che non partecipavano all’euforia collettiva erano Aminadabarlee e Raeker.

Veloce arrestò la sua marcia dopo circa due ore di viaggio piuttosto lento. La notte era caduta, e la pioggia cominciava a imitarla; il capo mandò tutti a raccogliere legna da ardere, e ordinò a Nick di piazzare i fuochi di guardia per l’accampamento. Nick e i suoi compagni obbedirono senza discutere; Raeker immaginava che fossero sufficientemente umani per approfittare con gioia della possibilità di dimostrare la loro bravura che veniva loro offerta. I cavernicoli accesero tutti i fuochi, e dopo poco tempo tutto fu a posto.

Da sedici anni l’accensione dei fuochi notturni segnava l’inizio di un periodo di quarantott’ore di distensione e riposo, a bordo della Vindemiatrix, dato che su Tenebra, di notte, c’era soltanto la pioggia. Adesso era tutto cambiato; iniziarono numerose discussioni, alcune anche violente, in tutti i settori dell’astronave. I tecnici stavano alacremente preparando la lancia ad accogliere il batiscafo. I diplomatici non si sarebbero rivolti la parola, se avessero potuto seguire le loro inclinazioni personali, ma l’orgoglio professionale fece giungere i loro rapporti a un tono di cortesia che non aveva precedenti. Quelli che li conoscevano, comunque, ascoltarono i loro discorsi con estremo disagio.

Pochi entusiasti continuarono a guardare attraverso gli occhi della macchina, in parte nella speranza che fosse accaduto qualcosa, e in parte per tenere compagnia a Raeker. Il biologo non volle saperne di lasciare l’osservatorio; era sicuro che si stava avvicinando la scena madre dell’intera vicenda, ma non riusciva a immaginare neppure lontanamente quello che sarebbe accaduto. Durante le prime ore della notte, la sensazione divenne ancora più forte… particolarmente quando gli capitava di vedere o di ascoltare uno dei diplomatici. A dire il vero, Raeker soffriva di un’improvvisa mancanza di fiducia in se stesso; e si domandava come sarebbe riuscito a insegnare ai suoi allievi il modo in cui avrebbero potuto riparare i fili del batiscafo, anche se se ne fosse presentata l’opportunità, e anche se loro avessero voluto ascoltare proprio lui. In caso contrario, non avrebbe voluto più vedere né Rich né Aminadabarlee: si era convinto, senza alcun fondamento, che le sue parole avevano convinto i due diplomatici a riporre la loro fiducia in lui, evitando così di pensare a qualche altra operazione di salvataggio.

Malgrado l’ansia che lo fece dormire solo per brevi intervalli, riuscì a superare la notte. La partenza della lancia lo distrasse per qualche minuto… a un certo momento pensò di partire anche lui, ma il buon senso lo trattenne. Accaddero diversi incidenti nell’accampamento, e tutti gli furono mostrati dagli «occhi» della macchina; usualmente avrebbe riso di cuore, ma adesso la situazione era diversa. I cavernicoli non erano ancora accostumati al fuoco, e avevano delle idee un po’ strane a proposito delle sue proprietà, usi e limitazioni. Diverse volte Nick o un altro dei nativi in possesso di educazione umana furono costretti ad andare a salvare un uomo che si era immerso nella zona di «aria morta» di una goccia evaporata, per andare a riaccendere un fuoco che si era spento. Quando finalmente si accorsero che una goccia di pioggia appena evaporata aveva le stesse proprietà di un lago appena evaporato, al mattino, ci volle del tempo prima che qualche ardimentoso andasse a rinfocolare un falò spento, facendo così raffreddare oltre misura la legna, tanto che un semplice tocco della torcia non era più sufficiente a riaccenderlo. Diversi cominciarono a preoccuparsi per le riserve di combustibile, che il gruppo degli esperti aveva giudicato sufficienti, e si misero a perorare presso Veloce la causa dell’utilità di un’immediata spedizione di rifornimento. Raeker non era naturalmente in grado di ascoltare queste richieste, ma udì due dei suoi allievi commentarle in tono di malcelato disprezzo. Questo lo fece sentire un po’ meglio; se i suoi allievi consideravano così i cavernicoli, forse conservavano ancora un po’ di attaccamento per il loro maestro.

Il mattino finalmente arrivò, senza che nessun incidente serio fosse occorso all’accampamento e al batiscafo; e quando la collina sulla quale era stato posto l’accampamento cessò di essere un’isola… era stata circondata dalla solita acqua piovana, ma non dall’oceano, almeno con ogni verosimiglianza… il gruppo si diresse verso il luogo in cui avrebbe dovuto trovarsi il batiscafo. Questo significava che il viaggio sarebbe stato più o meno lungo come quello della sera prima, perché Veloce e i suoi avevano previsto uno spostamento minimo da parte dell’astronave in panne. Raeker non sapeva se Easy avesse riferito sullo spostamento; non aveva udito molto spesso la voce della ragazza, nel corso delle ultime quarantott’ore.

Raeker poi non sapeva quale fosse l’effettiva attendibilità delle previsioni degli indigeni, e non sapeva neppure se doveva crederci. Se i nativi avessero dimostrato di avere ragione, naturalmente, i geofisici avrebbero toccato il cielo con un dito; ma questo avrebbe pure significato che Easy aveva dei motivi fondati sui quali basare il suo ottimismo per la giornata entrante. Questo era un bene solo se si trattava di motivi solidi; e Raeker non riusciva a immaginare in qual modo il batiscafo potesse raggiungere la lancia. La cosa gli appariva del tutto impossibile. Nei brevi intervalli di sonno, i suoi sogni erano stati turbati da folli visioni d’incubo che raffiguravano vulcani, volatili, e forme di vita sottomarina il cui aspetto non era mai chiaro.

Non ci furono dubbi su quello che i geofisici provarono quando il batiscafo non venne ritrovato nel posto previsto. Le ipotesi si accavallarono, e l’intera astronave parve invasa da uno sciame di api impazzite. Aminadabarlee venne meno, e costituì un impellente problema di pronto soccorso per diversi minuti, finché non rinvenne da solo, senza che nessuno degli uomini avesse la minima idea su quello che avrebbe dovuto essere fatto per soccorrerlo. Fortunatamente, l’astronave fu ritrovata dopo un quarto d’ora di ricerche, nel punto esatto in cui era stata lasciata la sera prima, sollevando non poco i genitori, ma lasciando gli scienziati e molti tenebriani con un problema di difficile soluzione tra le mani. Il mare era certamente arrivato fin là; lo aveva riferito Easy. Apparentemente, la sua forza era stata minore del previsto. Alcuni scienziati elaborarono delle teorie che, secondo loro, erano soddisfacenti. Altri si dichiararono soddisfatti, ma Raeker rimase perplesso. Si domandò quale spiegazione avrebbe fornito Veloce, ma non riuscì a scoprirlo.

E non riuscì neppure a scoprire la natura del piano che veniva eseguito sotto gli occhi della macchina.

Gruppi di cacciatori… a giudicare dal loro armamento… vennero mandati in missione in gran numero, e ciascun gruppo venne accompagnato da un membro del gruppo di Fagin, fornito di ascia. La zattera raggiunse il batiscafo in diverse riprese, e Veloce e diversi altri esaminarono la sua superficie con estrema attenzione; mentre questo si verificava, Easy parlava con i nativi, a quanto sembrava, ma Raeker e i suoi compagni non riuscirono a sentire quello che veniva detto. Gli indigeni si interessarono moltissimo alla zona calda che si trovava in cima al batiscafo, dove l’impianto di condizionamento espelleva il calore che era stato «succhiato» dai quartieri abitabili; gli indigeni cercarono di arrampicarsi sullo scafo, grazie ai numerosi appoggi, per esaminarlo più da vicino. Questa azione, visto che il batiscafo era di forma circolare e non galleggiava del tutto, ma solo parzialmente, fece inclinare l’intero apparecchio verso la zattera; gli arrampicatori lasciarono istantaneamente la presa. Uno di loro cadde nel lago, perse i sensi prima di riuscire ad afferrare il remo che gli veniva teso, e dovette essere ripescato dai suoi compagni, molto maldestramente e con un certo rischio. Questo portò la zattera più vicino alla macchina, e Raeker fu in grado di sentire quello che Nick stava dicendo a Betsey:

«Questo ci farà risparmiare un bel po’ di tempo. Se non dispiace al maestro che c’è dentro, possiamo far rotolare quell’aggeggio fin qui, dove potremo lavorarci sopra.»

«Se l’idea viene anche a Veloce, lo faremo qualsiasi cosa pensino i maestri,» fu la risposta. «Sarà meglio chiederlo prima in inglese.»

«Giusto. Torniamo laggiù.» I due rimisero in acqua la zattera e remarono verso il batiscafo. Questa volta Raeker conosceva l’argomento della conversazione, anche se non poteva sentire le parole, e riuscì a capirne l’esito… vide che Easy chinava il capo in segno di assenso. Dopo qualche istante un pensiero spaventoso lo colpì, ed egli chiamò immediatamente la sezione tecnica.

«Sarà dannoso ribaltare il batiscafo?» domandò senza preamboli. «Gli indigeni hanno intenzione di tirarlo fuori da quello stagno, facendolo ruotare.»

I tecnici si scambiarono delle rapide occhiate, e poi si strinsero nelle spalle.

«Direi di no,» rispose uno di loro. «L’astronave avrebbe dovuto volare, col presupposto della possibilità di un’inversione di rotta. Può darsi che i bambini siano un po’ sballottati, e le cose che non avranno fermato si rovesceranno senz’altro, ma non dovrebbe accadere niente di pericoloso.»

«Grazie al cielo,» disse Raeker, con sentimento, e tornò a guardare i suoi schermi. La zattera stava ritornando a riva, e Nick stava dicendo qualcosa a Veloce. Raeker riuscì ad afferrare solo un paio di parole, dato che veniva usato il linguaggio indigeno, ma capì ugualmente quale fosse l’argomento del colloquio. Veloce salì subito a bordo. Quando furono di nuovo accanto al batiscafo, lui e Betsey afferrarono i «pioli» e cominciarono ad arrampicarsi, mentre Nick restava sulla zattera per evitare una possibile collisione. Raeker si aspettava qualche incidente, ma i due arrampicatori dimostrarono una grande perizia e una buona coordinazione, restando proprio al di sopra della superficie liquida, mentre il batiscafo girava lentamente su se stesso. Per fortuna i pioli si stendevano per tutta la lunghezza dello scafo; Raeker era certo che questo punto non fosse stato controllato, prima dell’inizio delle operazioni.

Un quarto di giro portò lo «scarico» caldo a contatto con il liquido, che cominciò a ribollire furiosamente… o, almeno, raggiunse l’equivalente tenebriano della definizione terrestre. Il fenomeno fu abbastanza notevole da attirare l’attenzione di quelli che si trovavano a riva, ma non fu però visibile a occhio nudo.

Due giri completi portarono il batiscafo in acque meno profonde, e il terzo lo fece giungere sulla riva. Una lieve complicazione si verificò quando i due arrampicatori scesero, e il batiscafo cominciò di nuovo a rotolare verso il liquido; questo diede a Raeker la prima occasione di farsi sentire: impartì delle rapide istruzioni a Nick, che sistemò dei rami in modo da fermare l’oggetto. Quando lo scafo fu stabilizzato e i bambini guardarono la macchina da pochi metri di distanza, Raeker pensò che era giunto il momento di saperne qualcosa di più, e si servì dei microfoni di Fagin.

«Salve, Easy. Siamo finalmente insieme.»

«Salve, dottore. Sì, i suoi uomini sono qui. Credevo di poterne fare anche senza, ma devo ammettere che ci sono stati di grande aiuto. Lei resta a vedere il seguito?»

La domanda stupì non poco il biologo.

«Restare? Stiamo proprio per metterci al lavoro. Chiamerò i tecnici e spiegheremo il funzionamento dei circuiti dell’impianto di elettrolisi a Nick e agli altri; i tecnici dovrebbero essere già qui, però io non mi aspettavo di avere a disposizione il batiscafo così presto. Scopriremo quali fili sono corrosi, o non sono stati collegati, e…» Easy doveva avere cominciato a parlare prima, ma il ritardo nella trasmissione fece iniziare la sua interruzione a questo punto.

«Mi dispiace molto, dottore, ma preferirei che Nick non pasticciasse coi fili dell’astronave. Non ne capisco niente io, e non vedo come sia possibile evitare degli errori. Decolleremo tra breve, inoltre, così gradirei che nessuno si avvicinasse a quei quadri di controllo esterni, se sono davvero aperti.»

La ragazza parlò in tono cordiale, ma nella sua voce ci fu una nota di fermezza che non sfuggì a nessuno degli ascoltatori umani. Raeker rimase sorpreso, e poi indignato.

«Cosa intendi dire… «preferiresti» che Nick non lavorasse? E chi può lavorare, allora? Se tu pensi che lui non se ne intende di elettricità, perché dovresti intervenire tu… o Veloce? Questo piano è iniziato da molte settimane, e tu non puoi…»

«Il periodo di organizzazione non mi interessa,» rispose la ragazza, sempre con estrema gentilezza. «Veloce farà quello che gli chiederò di fare, e Nick obbedirà agli ordini di Veloce. Tenteremo prima l’idea di Veloce; sono certa che funzionerà, ma in caso contrario, magari riprenderemo in esame più tardi il suo piano.»

Raeker si guardò intorno, del tutto impotente; la bambina aveva ragione. Lui non poteva costringerla a obbedire. Forse suo padre… no, Rich stava ascoltando nella sala delle comunicazioni, e lo schermo mostrava un’espressione soddisfatta sul viso del diplomatico. Il biologo si arrese.

«D’accordo, Easy. Vuoi dirmi qual è questo piano di Veloce? E vuoi spiegarmi come mai, se non ti fidi di me e di Nick, puoi fidarti di un selvaggio ignorante, come quel cavernicolo?»

«I suoi amici scienziati si fidano di lui,» replicò freddamente Easy. «E se le spiegassi il piano, il padre di ‘Mina lo sentirebbe, e comincerebbe subito a pensare ai possibili incidenti, così anche mio babbo si preoccuperebbe. Lei stia a vedere; ormai non ci vorrà molto.»

«Cosa ne pensa il tuo giovane amico del fatto che non si dice niente a suo padre?»

«Non gliene importa, vero, ‘Mina?»

«No!» pigolò il giovane drommiano. «Papà mi ha detto di fare come diceva Easy, e inoltre, l’ha trattata male. Gliela faremo vedere noi!»

Raeker sollevò un sopracciglio, udendo queste parole, e si sentì più ottimista. Se qualcuno poteva far fare la figura dello stupido ad Aminadabarlee…

E poi il piano di Veloce divenne perfettamente evidente. Riapparve un gruppo di cacciatori, che trasportavano la figura immobile di un volatore. I pericolosi tentacoli della creatura erano stati tagliati… ecco perché ogni gruppo era stato accompagnato da un uomo con l’ascia… ed erano state sgonfiate diverse delle sue sacche di gas, così da poterlo tenere fermo; ma alcune sacche erano ancora intatte, ed era ovvio l’uso che si intendeva fare di esse.

Le celle dell’idrogeno del batiscafo possedevano, naturalmente, degli sbocchi per regolare la pressione, posti nella parte inferiore dello scafo. Mentre questi sbocchi si aprivano nelle celle della parte sbagliata della membrana plastica progettata per impedire all’idrogeno e all’aria di mescolarsi, anche l’altra parte possedeva un tubo in plastica che sboccava dalla stessa parte, all’esterno, per liberare l’eccedenza di idrogeno elettrolitico eventualmente immesso nelle celle. Questo tubo di solito era tenuto chiuso, o meglio, appiattito, dalla pressione esterna; ma era perfettamente possibile infilare in esso un altro tubo dall’esterno, facendo così entrare sostanze liquide e gassose nel compartimento. E questo fu quanto cominciarono a fare i nativi; Raeker non individuò la natura del tubo, ma essi erano perfettamente capaci di improvvisarne uno. Nel processo di ricarica senza dubbio molto gas andò perduto, ma questo non parve importare a nessuno. Dopotutto, di volatori ce n’erano in abbondanza.

«Vedo,» disse attraverso la macchina, dopo qualche tempo. «Ma mi sembra di vedere anche un punto debole.»

«Quale?» Easy formulò la domanda così in fretta che tutti poterono capire che aveva a sua volta dei dubbi.

«Quell’astronave è stata costruita per un’alimentazione a base di idrogeno. Come fai a sapere che quella sostanza che stai usando ti potrà portare a un’altezza sufficiente per fare entrare in azione i razzi, anche se un tecnico potrà salire a bordo per…»

«Cosa le fa pensare che questo gas non sia idrogeno?»

«Cosa ti fa pensare che lo sia?»

«Quale altro elemento è più leggero dell’acqua, allo stato gassoso, tra quelli che sono reperibili su questo pianeta?»

«Be’, un sacco di cose, penso… io… io non lo so; non ci ho mai pensato.» Fu colpito da un’ispirazione. «Tu hai parlato ai tecnici!»

«Naturalmente. Non voglio offenderla, ma da chi avrei potuto scoprire qualcosa di utile, a proposito di questa astronave, se non da loro? Ammetto che lei conosce il pianeta, ma questo non è abbastanza.»

«Capisco,» disse lentamente Raeker, «non ho pensato al batiscafo come avrei dovuto; ma avevo fatto delle domande ai tecnici, a proposito dei fili… ma senti! Non sarà necessario lo stesso pensare ai fili? Che cosa hai intenzione di fare, quando avranno pompato nelle celle gas a sufficienza per sollevarti al di là della loro portata, ma insufficiente per farti salire più in alto? Per lo meno, non sarebbe meglio far legare a terra il batiscafo? Sarà meglio che tu aspetti finché noi…»

Fu interrotto da uno scoppio di risa. Non era venuto da Easy, che anzi era sembrata colpita per un momento, ma dagli scienziati che gremivano l’osservatorio. Raeker capì che stavano ridendo di lui, e per un istante si sentì pieno di collera; poi capì che l’aveva voluto lui. Cercò di affrontare con il migliore dei sorrisi il piccolo corso di fisica elementare che uno dei tecnici cominciò a impartirgli.

E questo, veramente, fu tutto. Nick mise a frutto le cognizioni che aveva appreso quando aveva tentato di mantenere in equilibrio la sua zattera sperimentale, e fece in modo che le celle anteriori fossero più cariche di quelle posteriori. Quando l’astronave si sollevò, naturalmente fu afferrata dalla corrente d’aria del vulcano; e dapprima si sollevò così lentamente che i bambini poterono vedere molto bene il terrificante spettacolo. Scesero spaventosamente verso la montagna fiammeggiante, quando penetrarono in una zona di aria più calda, ma si ripresero in tempo, quando l’idrogeno contenuto nelle celle del batiscafo si riscaldò a sua volta. Gradualmente la luce si affievolì sotto di loro, ed Easy e il suo amico felicemente aspettarono di incontrare la lancia.



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