1. ESPLORAZIONE; ASPETTAZIONE; ALTERCAZIONE



Nick uscì all’aperto, traversando la fitta vegetazione, si fermò, e impiegò diverse parole della specie che Fagin aveva sempre rifiutato di tradurre. Non rimase né sorpreso né sconcertato di trovare dell’acqua davanti a lui… era ancora mattino presto… fu spiacevole, comunque, trovarne da entrambi i lati. Pura e semplice sfortuna, apparentemente, quella che lo aveva condotto su una penisola, e non era quello il momento giusto perché qualcuno rintracciasse le sue orme.

Per essere davvero precisi, lui non sapeva di essere seguito, naturalmente; ma semplicemente non gli era capitato di dubitare del contrario. Aveva passato due giorni, dopo la fuga, a rendere per quanto possibile confuse e ingannevoli le sue tracce, dirigendosi verso occidente prima di prendere la strada di casa, e non intendeva, come d’altronde sarebbe accaduto a un essere umano, non intendeva dunque ammettere che i suoi sforzi fossero stati inutili. Certo, non aveva scorto il minimo segno della presenza di inseguitori. Era stato attardato dai soliti incontri con i terreni insuperabili e gli animali selvaggi, e nessuno dei suoi inseguitori era apparso; gli animali volanti e le piante che non era mai prudente ignorare del tutto non avevano manifestato segni di interesse per qualcosa dietro di lui; i suoi catturatori, durante il periodo che era rimasto con loro, si erano dimostrati dei cacciatori e dei cercatori di tracce di abilità insuperabile. Mettendo assieme tutti questi fatti, avrebbe potuto essere scusato se supponeva che la sua prolungata libertà poteva significare che essi non lo stavano seguendo. Era tentato, ma non poteva riuscire a crederci. Avevano voluto con tanto vigore che lui li guidasse da Fagin!

Tornò in sé, trasalendo, e forzò la sua mente a ritornare al presente. Teorizzare era inutile, per il momento; doveva decidere se tornare indietro, e correre il rischio di cadere tra le braccia dei suoi persecutori, oppure attendere, finché il terreno si fosse asciugato, correndo il rischio di essere raggiunto dagli inseguitori. Era difficile stabilire quale fosse il rischio minore, ma si trattava di una scelta indispensabile.

Si avvicinò all’acqua, guardò con attenzione il liquido, poi lo colpì vigorosamente. Le lente ondate che percorsero la superficie del lago, più o meno placida, non lo interessavano; lo interessavano piuttosto le gocce che schizzarono dal lago. Guardò mentre esse schizzavano lentamente verso di lui, e con soddisfazione notò che anche le più grosse sparivano prima di tornare a raggiungere la massa liquida. Evidentemente il lago non sarebbe durato a lungo; e lui si preparò ad aspettare.

La brezza si accentuava, lentamente, man mano che le piante si destavano per il nuovo giorno. Poteva sentirne l’odore. Guardò ansiosamente gli effetti del fenomeno sul lago… non onde, ma i turbolenti vortici di superficie che indicavano il passaggio di colonne d’aria più riscaldata. Questo sarebbe stato il segno; da quel momento in poi, l’acqua avrebbe cominciato a ritirarsi regolarmente. La brezza manteneva respirabile l’atmosfera, evitando però di avvicinarsi troppo all’acqua… sì, ormai non ci sarebbe voluto molto; il punto in cui si trovava era al di sotto del livello massimo di alcune parti del lago. Si stava prosciugando.

Mentre lui aspettava la differenza aumentò, e i margini delle acque si ritrassero seguendo strani percorsi. Seguì la secca con ogni cautela, finché da entrambi i lati non ci furono che due alte colonne d’acqua. A quanto pareva, la penisola era davvero un ponte sul lago; e in questo caso, tanto di guadagnato.

Non fu una cosa molto rapida. Anzi, fu costretto ad attendere un quarto d’ora, prima che il resto del lago fosse tornato a tramutarsi in aria. Era abbastanza impaziente da rischiare di respirare la sostanza a un intervallo di tempo poco prudente dalla trasformazione, ma riuscì a trattenersi. Dopo pochi minuti di attesa risalì la china per raggiungere l’alta vegetazione che cresceva sulla riva orientale dell’ex lago. Prima di tuffarsi tra le piante, dove sarebbe stato in grado soltanto di scorgere gli oggetti che volavano, si fermò un istante a guardare indietro, là dove fino a poco prima c’era stata l’acqua… e ancora, nessun segno di inseguitori. Un paio di volatori stavano dirigendosi da quella parte; preparò le sue lame, e rimpianse le lance che aveva perduto. Comunque, era sommamente improbabile che i volatori causassero qualche pericolo, se lui riusciva a procedere ad andatura normale… ed effettivamente, era consigliabile non perdere tempo. Scomparve tra gli arbusti.

Viaggiare non era troppo difficile; la sostanza era abbastanza cedevole da poter essere superata il più delle volte senza difficoltà. In qualche occasione era costretto ad aprirsi la strada, la qual cosa era spiacevole, non tanto per lo sforzo fisico, quanto per la necessità di esporre all’aria una lama. I coltelli si facevano sempre più scarsi, e Fagin controllava con un certo rigore le scorte.

Il mattino proseguì, e ancora senza alcun segno di inseguitori. Riuscì a procedere a un’andatura insolitamente sostenuta per la maggior parte del tempo, a causa della stupefacente assenza di animali selvatici… in genere un viaggio a piedi di quaranta miglia richiedeva almeno quattro o cinque combattimenti, mentre lui riuscì a cavarsela con uno solo. Comunque, egli perse con gli interessi il tempo guadagnato, quando si imbatté in una zona più accidentata di tutte quelle che aveva visto in vita sua. Le colline erano aguzze e contorte invece che rotonde; si scorgevano perfino rocce libere, e di quando in quando delle scosse insolitamente violente le mandavano a rotolare lungo le pendici dei colli con grande fragore. In certi punti fu costretto a scalare dei pendii assai ripidi, e a discenderne; in altri, dovette avanzare tra un reticolato di crepacci spaventosamente stretti… senza essere sicuro di trovare un’apertura, all’estremità opposta. Diverse volte, infatti, non ne trovò, e fu costretto a fare marcia indietro.

E perfino là lasciò la sua traccia, dato che le piante locali erano quello che erano; ma passata quella zona, trovò sempre meno credibile l’idea di essere stato seguito. Se i suoi catturatori erano davvero riusciti a seguirlo in quell’inferno, bisognava pur dire che essi meritavano davvero di prenderlo! Malgrado tutto, comunque, sorvegliò attentamente qualsiasi movimento alle sue spalle, senza però che apparisse il minimo segno dei temuti inseguitori.

Le ore trascorsero, e Nick viaggiò alla più alta velocità che fosse capace di mantenere. Il solo combattimento che gli capitò non lo ritardò che di poco; si trattò di un volatore che lo aveva avvistato dall’alto e si era abbassato al livello del suolo giusto in tempo per intercettarlo. Era piccolo, così piccolo che le braccia di Nick sopraffecero i suoi tentacoli; e un rapido colpo del suo coltello aprì le sue sacche di gas di quel tanto che bastò a renderlo del tutto inoffensivo. Rinfoderò l’arma e proseguì ad andatura di poco ridotta, strofinandosi un braccio che era stato leggermente scalfito dal veleno della creatura.

L’arto aveva cessato di far male, e Altair era alta nel cielo, quando finalmente egli si ritrovò in un ambiente familiare. Aveva già cacciato a quella distanza dalla sua valle natale; per quanto fossero rapidi i cambiamenti, la zona era ancora riconoscibile. Cambiò strada e fece un ultimo sforzo. Per la prima volta, si sentì sicuro di poter fornire il resoconto della sua cattura, e per la prima volta si rese pure conto di non averne preparato neppure un abbozzo. Raccontare semplicemente quanto gli era accaduto, fatto dopo fatto, avrebbe richiesto troppo tempo; era importante che Fagin e gli altri se ne andassero in fretta. D’altro canto, sarebbe stata necessaria una spiegazione abbastanza esauriente degli avvenimenti, per convincere il maestro di questa necessità. Nick inconsciamente rallentò, meditando sul problema. Fu distolto dalle sue meditazioni dal suono del suo nome, pronunciato ad alta voce.

«Nick! Ma sei proprio tu? Dove sei stato? Stavamo pensando che tu avessi dormito troppo, una volta per tutte!»

Al primo suono, Nick aveva estratto il coltello; ma riconoscendo la voce, si arrestò bruscamente.

«Johnny! È magnifico sentir parlare di nuovo come si deve. Che stai facendo così lontano? Il gregge ha mangiato tutto quello che c’era da mangiare, vicino a casa?»

«No, sono a caccia, non al pascolo.» John Doolittle uscì dagli arbusti. «Ma dove sei stato? Sei partito da diverse settimane, ed è un bel pezzo che abbiamo smesso di cercarti.»

«Mi avete cercato? Molto male. Pure, immagino che non faccia alcuna differenza, perché altrimenti l’avrei saputo prima.»

«Che vuoi dire? Non capisco quello che dici. E che significa «è bello sentire parlare di nuovo come si deve»? Quali altri modi di parlare esistono? Sentiamo.»

«È una lunga storia, e in ogni modo dovrò raccontarla a tutti, il più presto possibile. Andiamo a casa; è inutile raccontarla due volte.» Si diresse verso la valle che entrambi chiamavano «casa», senza attendere una risposta. John riprese le sue lance, e lo seguì. Anche senza le oscure allusioni di Nick, non avrebbe voluto perdere la storia dell’amico per nulla al mondo. Per quanto fosse riposato, comunque, trovò alquanto difficile seguire il passo dell’esploratore ritornato a casa; Nick sembrava davvero angustiato.

Lungo la strada incontrarono altri due membri del gruppo, Alice e Tom, che conducevano le bestie al pascolo. Alle parole brevi e imperiose di Nick essi lo seguirono verso il villaggio, alla massima velocità permessa dal loro compito.

Altri cinque membri del gruppo si trovavano al momento nel villaggio, e Fagin occupava il suo posto usuale, al centro dell’anello di abitazioni. Nick chiamò per nome il maestro, non appena lo scorse.

«Fagin! Siamo nei guai! Quali sono le armi che tu non ci hai ancora mostrato?»

Come al solito, ci fu una pausa di un paio di secondi, prima che arrivasse la risposta.

«Bene, è proprio Nick. Avevamo quasi rinunciato a ce. Cos’è questa storia delle armi? Ti aspetti di dovere combattere qualcuno?»

«Temo di sì.»

«Chi?»

«Bene, sembrano gente proprio come noi; ma non tengono degli animali, e non si servono del fuoco, e usano per definire le cose delle parole diverse dalle nostre.»

«Dove ti sei imbattuto in questa gente, e perché dovremo combatterla?»

«È una lunga storia, temo. Sarà meglio che cominci da principio, penso; ma non dobbiamo sprecare un solo minuto di tempo più del necessario.»

«Sono d’accordo; un rapporto completo ci farà capire meglio ogni cosa. Va’ avanti.» Nick spostò il peso del corpo sulle due gambe interne, e obbedì.

«Mi sono diretto a sud come avevamo deciso e sono avanzato lentamente, dedicandomi al mio compito di esploratore. Non era mutato nulla di notevole nei contorni della regione che di solito percorriamo; e dopo questa, naturalmente, era difficile stabilire se qualcosa era cambiato di recente, e come.

«Il migliore segno di riconoscimento che ho scorto alla fine della prima giornata è stato un monte, di forma conica abbastanza regolare, e molto più alto di quanti ne abbia mai visto prima. Fui tentato di scalarlo, ma decisi che i particolari, sarebbe stato meglio riservarli a più tardi; dopotutto, il mio compito era quello di scoprire nuove zone, non di misurarle.

«Passai a oriente della montagna poco dopo l’alba del secondo giorno. Il vento era notevolmente violento in quella regione e sembrava soffiare costantemente verso la montagna; sulla mappa, la chiamai Collina delle Tempeste. A giudicare dal vento, in quella zona avrebbero dovuto esserci moltissime piante notturne; e qualsiasi esplorazione dovrebbe tener conto dell’impossibilità di raggiungere la montagna dopo il tramonto.

«Fino a quel momento del viaggio, tutto era andato come al solito. Avevo ucciso per difendermi quello che mi era poi bastato per sfamarmi, ma nessuno degli animali mi era apparso fuori del normale, in quel giorno.

«Il terzo mattino, però, scomparsa dietro di me la montagna, mi imbattei in qualcosa che viveva in un buco nella terra e allungava da esso un braccio per afferrare le cose che passavano. Il braccio mi afferrò per le gambe, e la mia lancia parve non procurare alcun effetto sensibile. Non credo che sarei riuscito a cavarmela, se non avessi ricevuto aiuto.»

«Aiuto?» La sbalordita domanda giunse senza la pausa caratteristica nelle osservazioni del maestro; era stato Jim a formularla. «E come hai potuto ricevere aiuto? Nessuno di noi era da quelle parti.»

«E infatti non era nessuno di noi… almeno, non esattamente. Aveva però il nostro aspetto, e si serviva di lance come le nostre; ma quando infine riuscimmo a uccidere la cosa nella fossa e cercammo di parlarci, le sue parole mi parvero del tutto diverse; a dire il vero, mi ci volle del tempo per capire che stava parlando. Faceva gli stessi rumori che noi facciamo per parlare, ma li mescolava ad altri che non abbiamo mai appreso da te.

«Dopo un certo periodo compresi che i rumori dovevano essere parole, e allora mi domandai per quale motivo non ci avessi pensato prima… dopotutto, se quella persona non era stata istruita da te, doveva avere creato da sola le sue parole per definire le cose, e sarebbe stato sciocco immaginare che avesse potuto ottenere i medesimi risultati. Decisi di andare con costui per saperne di più; in fondo, questo mi pareva ben più importante che tracciare delle semplici mappe. Se avessi potuto imparare il suo linguaggio, certo lui avrebbe potuto dirmi cose che per scoprire da soli avremmo dovuto impiegare mesi e mesi di esplorazioni.

«Non parve curarsi del fatto che lo seguivo, e lungo la strada cominciai ad afferrare qualche parola del suo linguaggio. Non fu certo facile, perché le metteva assieme in modo assai strano; non dovevo soltanto scoprire il suono che usava per definire un particolare oggetto. Cacciammo insieme, comunque, e andando avanti imparammo a parlarci. Non viaggiavamo in linea retta, ma ho tenuto bene a mente la strada che seguimmo, e potrei indicare il suo villaggio sulla mappa alla prima occasione.»

«Villaggio?» Ancora una volta era stato Jim a interromperlo; Fagin non aveva proferito verbo.

«È la sola parola che conosca per definirlo. Non era per niente simile al nostro; era un posto ai piedi di una erta collina, e c’erano dei buchi su tutta la parete di roccia. Alcuni erano assai piccoli, come i pori che possiamo scorgere in qualsiasi roccia; altri erano molto più grandi, e c’erano delle persone che ci vivevano dentro. Il mio compagno era uno di loro.

«Furono molto sorpresi nel vedermi, e cercarono di farmi un gran numero di domande; ma io non fui in grado di comprenderli tanto da poter fornire una sola risposta. Quello che aveva viaggiato con me parlò ai suoi compagni, e immagino abbia riferito di avermi incontrato; ma il loro interesse non calò, e molti continuarono a guardarmi, qualsiasi cosa facessi.

«Il pomeriggio era assai inoltrato quando raggiungemmo l’altura, e io cominciavo a pormi il problema del luogo in cui sostare per la notte. Non mi fu subito chiaro che quegli individui vivevano nella roccia, e quando alfine me ne resi conto, non ne fui troppo soddisfatto. Ci sono molte più scosse da quella parte che qui, già me n’ero reso conto, e quella altura pareva davvero una residenza di dubbia sicurezza. Quando il sole fu vicino a scomparire, decisi di lasciare la mia nuova compagnia e di accamparmi più avanti, sulla cima di una collina che avevo scoperto, e fu allora che scoprii come essi non intendessero affatto lasciarmi andare. Erano perfino pronti a usare delle maniere rudi, pur di farmi restare. A quel punto avevo imparato qualche altra parola del loro linguaggio, però, e alla fine riuscii a convincerli di non avere alcuna intenzione di lasciarli del tutto, e che il mio unico intento era quello di passare la notte da solo. C’era una quantità rimarchevole di legna da ardere intorno, e potei raccoglierne a sufficienza per la notte senza troppi inconvenienti… anzi, alcuni dei più piccoli mi aiutarono, quando capirono quello che volevo.»

«Piccoli? Non erano tutti grossi uguale?» domandò Dorothy.

«No! È una delle cose strane che non ho fatto in tempo a menzionare. Alcuni non erano più alti di un piede e mezzo, e altri erano il doppio di noi… nove piedi, se non di più. Però avevano tutti la nostra forma. Non ho scoperto il motivo di questo fatto. Uno dei più grossi, a quanto mi parve, diceva agli altri quello che doveva essere fatto, in quasi tutte le occasioni, e ho pure scoperto che i piccoli erano quelli coi quali era più facile andare d’accordo.

«Ma questo ci allontana dalla storia. Quando accesi i miei fuochi furono in molti a guardarmi, ma non parvero in grado di capire finché non sprizzò la fiamma, e allora si radunò una folla di persone meravigliate quale non credo se ne siano mai viste. Non sapevano nulla del fuoco; e penso fosse per questo che intorno alla collina era rimasta tanta legna da ardere.

«Naturalmente aveva cominciato a piovere quando accesi il fuoco, e fu divertente guardarli; sembrava che avessero una terribile paura di restare fuori, sotto la pioggia, e che pure non riuscissero a rinunciare allo spettacolo delle fiamme. Andarono avanti e indietro, ma gradualmente sparirono nei loro buchi. Dopo qualche tempo se ne erano andati tutti, anche se pochi restarono finché non videro quello che il fuoco faceva alla pioggia.

«Non vidi più nessuno per tutto il resto della notte. L’acqua non si fece troppo profonda sulla collina, e non appena il mattino l’ebbe prosciugata, uscirono tutti fuori.

«Potrei fare una lunga storia degli eventi che seguirono, ma questo dovrà aspettare. Imparai a parlare con loro in maniera soddisfacente… il modo in cui mettono insieme le loro parole è di grande aiuto, una volta scoperto il meccanismo… e riuscii pure a conoscerli abbastanza bene. La cosa più importante, direi, è che loro erano grandemente interessati a tutto quello che a me era noto e a loro no, come il fuoco, il tenere greggi di animali, e la coltivazione di piante per trarne del cibo; e vollero sapere come io fossi riuscito a sapere tutte queste cose. Parlai di te, Fagin; e non è escluso che questo sia stato un errore. Pochi giorni or sono il loro maestro, o capo, comunque tu voglia chiamarlo, venne a dirmi che voleva che io tornassi qui a prenderti, in modo che tu potessi insegnare al suo popolo tutte le cose che sai.

«Ti dirò, questo mi sembrava davvero giusto. Ho pensato che più persone tu conosci, in grado di contribuire a quello che tu desideri che noi facciamo, meglio potrà andare per tutti.» Fece una pausa, per dare a Fagin la possibilità di rispondere.

«Non è del tutto errato,» disse infatti la voce della macchina, dopo il consueto intervallo. «Che è successo, poi?»

«La mia risposta non fu pronunciata bene, a quanto pare. Interpretai la proposta come una richiesta, e risposi che sarei tornato qui di buon grado a domandarti se tu avessi voluto andare ad aiutare il popolo delle grotte. Il capo… il suo nome significa Veloce, nella loro lingua; tutti i loro nomi significano qualcosa… divenne furioso per davvero. A quanto sembra, si aspetta che gli altri facciano come lui dice, senza domande né esitazioni. Questo lo avevo già notato, ma temo di essere stato lento a utilizzare questa mia scoperta. Comunque, non vedo come lui potesse aspettarsi che tu obbedissi ai suoi ordini.

«Ma purtroppo era così; e lui decise, ascoltando le mie parole, che tu e gli altri del villaggio avreste probabilmente rifiutato. Quando accade questo, il suo primo pensiero è di ricorrere alla forza; e dal momento in cui gli diedi la mia risposta egli iniziò a progettare un assalto al nostro villaggio, per portarti via con lui, che tu volessi andare o no.

«Mi ordinò di dirgli dove si trovava il nostro villaggio, e quando rifiutai tornò a infuriarsi. Il corpo di una capra morta che qualcuno aveva portato come provvista di cibo si trovava nelle vicinanze, e lui si gettò sul cadavere e cominciò a fare su di esso delle cose terribili con il suo coltello. Dopo qualche tempo tornò a parlarmi.

««Hai visto cosa hanno fatto i miei coltelli», mi disse. «Se la capra fosse stata viva, non l’avrebbero uccisa; ma non sarebbe stata certo felice. Lo stesso sarà fatto a te con l’inizio del prossimo giorno, finché non deciderai di guidare i miei cacciatori al tuo villaggio, dal tuo Maestro. Adesso l’oscurità è troppo vicina perché tu possa tentare di scappare; avrai tutta la notte per riflettere su quanto ti ho detto. Partiremo per il tuo villaggio domattina… in caso contrario, rimpiangerai di non averci guidati». Fece restare con me due dei suoi più grossi combattenti, finché non cominciò a cadere la pioggia. Malgrado il lungo periodo che avevo trascorso con loro, nessuno osava ancora uscire dalle caverne quando cadeva la pioggia, così mi lasciarono solo quando accesi i miei fuochi.

«Impiegai molto tempo prima di decidere il da farsi. Se mi avessero ucciso, vi avrebbero comunque scoperto, prima o poi, e voi non sareste stati avvertiti in tempo; se fossi andato con loro avrebbe potuto andare tutto bene, ma non mi erano piaciute certe cose che Veloce aveva detto. A quanto pareva, lui era convinto che le cose sarebbero andate meglio se, dopo la tua cattura, nessuno dei tuoi fosse rimasto al mondo. Questo avrebbe potuto significare che io sarei stato ucciso, in ogni modo, ma forse, se mi fossi comportato bene, sarei stato l’unico a non morire. Fu allora che pensai di viaggiare di notte; era un modo come un altro per morire, ma almeno sarei morto dormendo… ed esisteva una remota possibilità di farcela. Dopotutto, molti animali che non hanno caverne né fuochi e che si svegliano dopo i mangiatori di carne riescono pure a cavarsela!

«Allora ebbi un’altra idea; pensai che potevo portare il fuoco con me. Dopotutto, spesso noi portiamo un bastone con un’estremità accesa per brevi distanze, quando accendiamo i fuochi per la notte; e perché io non potevo portare una provvista di lunghi bastoni, e tenerne sempre acceso uno? Forse il fuoco non sarebbe stato abbastanza grande per proteggermi, ma valeva la pena tentare. Insomma, che avevo da perdere?

«Raccolsi il maggior numero di bastoni possibile, li ammucchiai, e aspettai che due dei miei tre fuochi venissero spenti dalla pioggia. Allora presi su i miei bastoni, accesi l’estremità di uno di essi con le fiamme del fuoco rimasto, e partii più in fretta che potevo.

«Non ho mai scoperto se quella gente resta sveglia nelle caverne oppure no… come ho detto, l’acqua non giunge fin lassù… ma ora suppongo proprio di no. In ogni modo, nessuno parve accorgersi della mia fuga.

«Vedete, viaggiare di notte è molto meno brutto di quanto abbiamo sempre pensato. Non è troppo difficile evitare la caduta delle gocce, se c’è luce sufficiente per vederle avvicinare, e si può trasportare il legno sufficiente a fornire luce per un lungo periodo. Devo avere percorso più di venti miglia, e sarei andato più oltre se non avessi commesso uno stupidissimo errore. Non avevo pensato a rifornire la mia provvista di legna, finché non mi trovai in mano l’ultimo bastone acceso, e in quel momento non trovai nulla di utile ai miei bisogni nelle vicinanze. Non conoscevo affatto quella zona; mi ero diretto verso occidente, invece che a nord, per ingannare quelli del popolo delle caverne che avessero potuto vedere la mia fuga. Come risultato, mi trovai immerso in una goccia d’acqua un minuto dopo che l’ultimo tizzone si era spento; e quando mi colpì era troppo tardi perché la sostanza fosse irrespirabile. Però ero restato sul terreno più in alto, fino a quel momento, e così mi svegliai al mattino prima che qualcosa avesse potuto mangiarmi per colazione.»

Nick fece una pausa, e come gli altri che lo ascoltavano… eccettuato Fagin… si mise in una posizione più comoda, sulle sue gambe da riposo, mentre il terreno tremava sotto di lui.

«Feci una lunga curva verso occidente, poi verso nord, e di nuovo verso est, prima di dirigermi qui. Mi aspettavo di essere preso da un momento all’altro; quella gente è meravigliosamente abile nella caccia e nel seguire le tracce. Ogni notte ho viaggiato per diverse ore dopo l’oscurità, ma dopo la prima esperienza, mi sono sempre fermato a rifornirmi di legna e a costruire dei fuochi permanenti nei punti scelti per accamparmi. Non sono stato più sorpreso dalla pioggia, e gli altri non mi hanno mai raggiunto. Riusciranno a trovare questo villaggio ugualmente, prima o poi, e credo che faremmo meglio a partire al più presto.»

Quando Nick ebbe terminato il suo rapporto, ci fu un lungo momento di silenzio; poi gli abitanti del villaggio cominciarono a parlare, ciascuno esponendo la sua idea senza prestare molta attenzione a quelle del vicino. Avevano raccolto un buon numero di caratteristiche umane. Il cicaleccio proseguì per qualche minuto, con il solo Nick che aspettava in silenzio i commenti di Fagin.

Alla fine la macchina parlò.

«Hai certamente ragione quando dici che gli abitatori delle caverne troveranno il nostro villaggio; direi anzi che probabilmente essi già sanno dove si trova. Sarebbero stati degli idioti, se ti avessero raggiunto e catturato, quando sapevano che molto verosimilmente tu saresti tornato a casa. Non mi pare che ci sia nulla da guadagnare, comunque, ad andarcene; potrebbero seguirci dovunque. Adesso che essi sono al corrente della nostra esistenza, dobbiamo attenderci di incontrarli entro breve tempo.

«Non voglio che voi li combattiate. Voglio molto bene a voi tutti, e ho trascorso molto tempo a istruirvi, e preferirei di non vedervi massacrati. Voi non avete mai combattuto… questa è una cosa che io non posso insegnarvi… e contro quella tribù non avreste la minima speranza di successo.

«Perciò, Nick, io voglio che tu e un altro andiate loro incontro. Verranno lungo la tua pista, così non sarà difficile incontrarli. Quando vedrai Veloce, digli che saremo felici di trasferirci nel suo villaggio, o di far trasferire loro nel nostro, e che io insegnerò a lui e al suo popolo tutto ciò che desidera. Se gli spiegherai bene che io non conosco la sua lingua e che avrò bisogno di voi per parlargli, probabilmente egli sarà tanto intelligente da non farvi alcun male.»

«Quando dobbiamo andare? Subito?»

«Sarebbe la cosa migliore, ma tu hai fatto un lungo viaggio e hai bisogno di un po’ di riposo. Comunque, una buona parte del giorno è trascorsa, e probabilmente non perderemo molto concedendoti una notte intera di riposo. Partirai domani mattina.»

«Va bene, Maestro.» Nick non lasciò trasparire il suo disagio, all’idea di incontrare di nuovo Veloce. Aveva avuto modo di conoscere il selvaggio nelle settimane trascorse con lui; e Fagin non lo aveva mai visto. Eppure, il Maestro sapeva molte cose; aveva insegnato a Nick praticamente tutto quello che egli conosceva, e per una vita intera… almeno, per l’intera vita di Nick… il Maestro era stato l’unica autorità del villaggio. Molto verosimilmente tutto sarebbe andato secondo le previsioni di Fagin.

E forse sarebbe stato così, se gli uomini che manovravano la macchina non avessero grossolanamente sottovalutato l’abilità di cacciatori di piste degli abitatori delle caverne. Nick non aveva avuto neppure il tempo di addormentarsi accanto al suo fuoco, dopo averlo acceso all’inizio della pioggia, che un grido di sorpresa, pronunciato dalla voce di Nancy, risuonò da un punto che si trovava a quattro fuochi di distanza, alla sua sinistra; e un attimo dopo egli vide Veloce in persona, affiancato da un gruppo dei suoi combattenti più grossi, e gli intrusi scomparvero dietro la collina, da entrambi i lati, risalendo silenziosamente il pendio e dirigendosi verso di lui.



Загрузка...