A ondate alternate, sentimenti di colpa e di eccitazione quasi insopportabile investirono Clawly I, mentre correva lungo i corridoi deserti della Blue Lorraine verso l’ufficio di Oktav. Con la più assoluta serietà, si chiese se non fosse diventato veramente il folle Pifferaio Magico, se la sua mente… e quelle di Firemoor e degli altri complici che lavoravano con lui nella simulazione della minaccia marziana… non fossero già quasi schiave di menti diabolicamente perverse il cui unico scopo, o meglio, piacere, fosse quello di vedere un mondo perfetto ridotto al caos.
Perché la falsa minaccia di un’invasione marziana stava producendo tutti gli effetti che Clawly aveva immaginato, e anche di più, come provavano le scene alle quali aveva appena assistito. Quelle scene gli erano rimaste impresse. L’aria, intorno alla Blue Lorraine, era brulicante di uomini in abiti di volo, anziani e giovani. File di macchinari, provviste e materiali diversi, sostenute da correnti subtroniche, si dirigevano verso vari punti della campagna, perché era stato stabilito che i pigliastelle erano obiettivi troppo vulnerabili, di fronte a un attacco dallo spazio… tutte le uova della Terra in poche centinaia di cestini. Gli ingegneri lavoravano sulla cima della Blue Lorraine per installare a tempo di record proiettori di energia e altre improvvisate armi subtroniche… perché, sebbene i pigliastelle fossero vulnerabili, erano pur sempre i simboli orgogliosi e le case amate della civiltà e sarebbero stati difesi fino alla fine. Tutti gli occhi si erano sollevati ansiosamente verso il cielo, quando un’astronave aveva tuonato, passando a velocità incredibile nell’azzurro, poi si erano nuovamente abbassati con sollievo, quando tutti avevano capito di che si trattava, che l’astronave non apparteneva, certo, a nessun invasore spaziale, ma era semplicemente parte della flotta terrestre, e si dirigeva verso l’astroporto più vicino per essere rifornita di armi subtroniche. Tutti gli occhi si erano rivolti per qualche istante verso occidente, dove venivano sistemati degli schermi difensivi, per osservare una grande cupola iridescente apparire per un attimo, tramutando in fumo una vasta zona di campagna. Occhi eccitati, tutti, pronti al sollievo e all’allegria come alla tensione, all’ansia e alla paura. Occhi che dicevano, per sette ottavi “Non ci sarà probabilmente alcuna invasione” e per un ottavo “Ci sarà”. Occhi che rendevano Clawly orgoglioso di appartenere all’umanità, ma che risvegliavano in lui dubbi tormentosi sull’opportunità di questo suo inganno.
E pensava che questo accadeva in tutto il mondo. L’impiego dell’energia subtronica nei trasporti e nella fabbrica rendeva possibile una rapidità di preparazione mai riscontrata nella storia della Terra. L’organizzazione era un punto debole, dato che la Terra era stata addormentata dai lunghi anni di pace sicura e di libertà individuale, ma diverse agenzie locali erano già al lavoro, mentre il Consiglio Mondiale aveva iniziato a organizzare un’autorità militare centralizzata. Forse confusamente, e un po’ disordinatamente, ma con ansia, con decisione, e soprattutto con rapidità, la Terra si stava armando per affrontare la minaccia.
Era tutto più grosso di quanto chiunque avesse potuto prevedere, si disse Clawly per la centesima volta, affrettando senza accorgersene il suo passo già sostenuto, nell’avvicinarsi all’ufficio di Oktav. Era stato lui a dare il via a tutto quanto, ma ora la faccenda gli era sfuggita di mano. Poteva soltanto attendere e sperare che, quando fosse giunta la vera invasione, gli attuali preparativi si rivelassero utili per gli sbalorditi difensori della Terra. In ogni caso, tutto si sarebbe risolto tra poche ore, perché quello era il terzo giorno.
Ma se l’invasione transtemporale non fosse avvenuta dopo tre giorni? Ormai l’inganno poteva essere scoperto da un momento all’altro… Firemoor si stava già pentendo dell’intera faccenda, spaventato a morte… e durante il periodo di rata reazione non sarebbe stato creduto alcun rapporto d’invasione. Allora lui si sarebbe trovato nella posizione di colui che ha gridato “Al lupo” al mondo.
E se l’invasione transtemporale non fosse affatto avvenuta? Tutte le sue azioni si erano basate su prove così vaghe… gli studi sui sogni di Thorn, il mormorio di un Conjerly drogato, che aveva detto «…Invasione… tre giorni…» Stava convincendosi sempre più che da un momento all’altro si sarebbe svegliato, come da un incubo, e sarebbe stato accusato di essere un pazzo o un ciarlatano.
Certo, i suoi nervi ormai erano a pezzi. Aveva bisogno di Thorn. Non aveva mai compreso prima d’ora quanto lui e Thorn avessero bisogno l’uno dell’altro per mantenere il reciproco equilibrio. Ma Thorn non si trovava, e le agenzie d’investigazione non avevano fatto alcun progresso. Malgrado le immense preoccupazioni che lo assillavano, Clawly era talmente sconvolto dall’assenza di Thorn, che gli era sembrato diverse volte di vederlo nella folla che si trovava intorno alla Blue Lorraine.
Ma ancora più che di Thorn, lui aveva bisogno di Oktava. Ora che la crisi era giunta, poteva capire fino a qual punto le parole del veggente avevano determinato ogni sua azione, dalla prima seria convinzione della possibilità di un’invasione transtemporale all’organizzazione della falsa minaccia marziana. Sia che fosse superstizione, credulità ignorante o ipnotismo, lui credeva in Oktav, era convinto che Oktav avesse accesso a cose sconosciute a chiunque. E ora che Oktav non c’era più, la disperazione e l’impotenza lo assalivano, ed egli non aveva saputo resistere al desiderio di tornare un’altra volta nell’ufficio misteriosamente deserto.
Quando sollevò la mano per aprire la porta, la sua mente fu assalita dai ricordi… ricordi di altri colloqui nell’ufficio, dell’ultimo colloquio, dello strano individuo che aveva chiamato Oktav, paludato negli abiti dell’Alba della Civiltà, dell’inesplicabile scomparsa di colui che aveva chiamato e del veggente nella stanza interna priva di uscite.
Ma prima che la sua mano potesse attivare la porta, questa si aprì.
Vestito del suo solito abito nero, Oktav era seduto alla scrivania.
Come in un sogno nel bel mezzo di un sogno, Clawly entrò.
Sebbene il veggente fosse sempre sembrato incredibilmente vecchio, la prima impressione di Clawly fu che Oktav fosse enormemente invecchiato negli ultimi tre giorni. Qualcosa era accaduto, e le sue ultime risorse di energia vitale si erano ormai ridotte all’ultima goccia. Le mani erano scheletriche. Il volto era un mero rivestimento di pelle tesa e trasparente su ossa fragili e sottili. Ma negli occhi profondi la saggezza brillava più vivida che mai. E non solo la saggezza, ma qualcosa di nuovo… una determinazione incrollabile di usare quella saggezza. Fu uno sguardo che fece rabbrividire Clawly… di paura e di eccitazione… quello che il veggente sollevò su di lui.
Tutte le domande che avevano torturato la sua mente per tanto tempo, nell’attesa di quel colloquio, scomparvero d’incanto.
— Ho fatto un viaggio molto lungo — disse il veggente. — Ho visitato molti mondi che dovevano essere morti, e ho visto quali strani orrori possono verificarsi quando dei semplici esseri umani cercano di usare saggiamente un potere degno solo degli dèi o di creature simili a dèi Sono stato in costante pericolo, perché quegli uomini erano coloro contro i quali mi sono ribellato, ed essi di conseguenza ora cercano di uccidermi; ma per un po’ di tempo sono al sicuro. Siedi, e ti dirò ciò che penso.
Clawly obbedì. Oktav si piegò in avanti, e le sue dita tamburellarono sul piano della scrivania.
Continuò: — Per molto tempo ti ho parlato per enigmi, ho trattato con te in maniera vaga, perché stavo cercando di fare il doppio gioco… impartirti istruzioni essenziali, e nello stesso tempo, non farlo. Questo periodo è passato. D’ora in poi parlerò chiaro. Tra poco partirò per una missione disperata. Se riuscirò, non credo che tu debba più temere la minaccia dell’invasione sul tuo mondo. Ma potrei fallire, e di conseguenza prima devo mettere a tua disposizione tutte le informazioni che possiedo, in modo che tu possa scegliere il miglior modo di agire al momento giusto.
Sollevò lo sguardo, di scatto. Clawly udì che nel corridoio qualcuno si muoveva. Ma l’interruzione veniva dalla stanza interna.
Ancora una volta, la persona che era venuta a chiamare Oktav era in piedi nel vano della porta interna. Ancora una volta quel volto giovane e vecchio, ignorante e saggio, animalesco e divino era rivolto su Oktav Il volto era duro come una pietra. Un braccio, all’interno della manica a cilindro di stoffa rigida e antica, era teso verso il veggente.
Ma Clawly ebbe appena il tempo di dare una rapida occhiata, e Oktav non ebbe nemmeno quello… stava voltandosi, e i suoi occhi non erano ancora stati illuminati da un barlume di comprensione… prima che una lunga lingua di fiamma bluastra fosse uscita dalla mano del nuovo venuto e, senza spegnersi, come ogni fiamma, si fosse avvolta intorno a Oktav come un sudario.
Davanti agli occhi di Clawly, l’abito di Oktav si incendiò. Il corpo dell’uomo rabbrividì, si annerì, si contorse nell’agonia, si raggrinzì come una foglia. Poi rimase immobile.
La fiamma bluastra ritornò nella mano del nuovo venuto.
Incapace di muoversi e di ragionare e di provare qualcosa, all’infuon di una cupa disfatta, Clawly guardò. Il nuovo venuto si avvicinò alla scrivania di Oktav… goffamente, come se non fosse abituato ai mondi tridimensionali, ma anche con disprezzo, come se i mondi a tre e più dimensioni per lui non fossero che cose molto banali. Estrasse dai resti bruciati della veste di Oktav una piccola sfera grigia, che Clawly scoprì essere uguale a una tenuta in mano dal nuovo venuto. Poi, con uguale goffaggine e disprezzo, con un ultimo sguardo d’assieme che si posò su Clawly e lo ignorò, l’uomo ritornò verso la porta interna, e ne varcò la soglia.
Clawly sentì che il suo corpo era come un ammasso di gelatina. Non riuscì a distogliere gli occhi dalla cosa che si trovava dietro la scrivania. Sembrava più una mummia bruciata che un uomo bruciato. Chissà come, la fiamma bluastra aveva risparmiato l’alta fronte di Oktav, dando a quel volto annerito e contorto un aspetto assolutamente grottesco.
La porta esterna fu aperta, ma Clawly non si voltò, non si mosse. Udì un rapido sospiro… probabilmente quando il nuovo venuto vide il cadavere orrendo… ma il nuovo venuto dovette avvicinarsi e mettersi di fronte a lui, prima che Clawly riconoscesse… perlomeno parzialmente… il suo volto. E anche in quel momento Clawly non provò né sollievo, né stupore, né qualsiasi reazione immaginabile. L’incredibile scena alla quale aveva appena assistito si svolgeva ancora davanti ai suoi occhi, e altri pensieri, altri sentimenti, rifiutavano di sostituirsi a essa. Il cadavere di Oktav dominava la sua vista e la sua mente, come se emanasse un alone palpabile, capace di cancellare tutto il resto.
Il nuovo venuto notò la mancanza di reazione da parte di Clawly, perché disse:
— Sì, sono Thorn, ma, penso che tu lo sappia, non il Thorn che è stato tuo amico, sebbene mi trovi nel suo corpo. — Le parole sembrarono giungere da un’immensa distanza; Clawly fu costretto a lottare contro un desiderio folle di non ascoltare, di dormire, di annullarsi. Le parole continuarono. — Quel Thorn è al mio posto, nel mio mondo, e tre giorni or sono ho gioito al pensiero delle sofferenze che avrebbe dovuto patire in esso. Il fatto è che io vero tuo nemico… tuo, e suo nemico… ma ora non ne sono più tanto certo. Sto perfino cominciando a pensare che potremmo aiutarci moltissimo. Ma sono responsabile di molte vite, oltre la mia, e così fino a quando non sarò sicuro di te, non potrò correre alcun rischio. Ecco la ragione di questo.
E indicò il piccolo oggetto tubolare che teneva in mano, che sembrava l’unità propulsiva di un abito di volo, smantellata e riaggiustata… un’arma rozza ma efficiente.
Clawly cominciò a notarlo, sebbene gli fosse difficile vedere qualcosa che non fosse la cosa dietro la scrivania. Sì, era il volto di Thorn, certo, ma con un’espressione affatto inconsueta di determinazione incrollabile e sicura.
Il nuovo venuto continuò:
— Ti ho seguito perché le registrazioni di Thorn dimostravano che tu e lui stavate lavorando insieme in ciò che sembrava il tentativo di avvertire questo mondo del pericolo imminente. Ma sono accadute altre cose che mi hanno reso dubbioso… cose che vorrei fossero spiegate. Cos’è questa invasione marziana? È autentica? O è un tentativo di far preparare il tuo mondo? O un trucco per rendere più facile l’invasione dei Servitori? E poi, perché sei venuto qui, e chi è quella creatura, e come è morta? — Con un gesto di ripugnanza, indicò il cadavere di Oktav. — Ciò che ho sentito dall’esterno ha rafforzato il mio sospetto che esista qualcuno dietro a questa faccenda di mondi duplicati, qualcuno che cerca di ottenere qualcosa, qualcuno…
La sua voce si spezzò d’incanto. In un attimo, tutta la concentrazione sparì dal suo volto. Molto lentamente, come un uomo che si accorga di avere un mostro alle spalle, cominciò a voltarsi.
Nello stesso istante, Clawly sentì di cominciare a tremare… e per la stessa ragione.
Si trattava di una cosa trascurabile e comunissima… un piccolo colpo di tosse, il rapido rumore emesso da chi cerca di schiarirsi la gola. Ma veniva da dietro la scrivania.
Il corpo annerito e contorto stava muovendosi; le mani bruciate si appoggiavano alla scrivania, lasciando su di essa una nera impronta; un tremito era visibile nel volto annerito.
Per un istante, i due uomini guardarono, gelati dall’orrore. Poi, guidati dal medesimo impulso irresistibile, si avvicinarono lentamente alla scrivania.
I movimenti ciechi e allucinanti continuarono.
Poi le labbra bruciate si schiusero; udirono il mormorio… il mormorio che in ogni sillaba portava una vittoria sui tessuti bruciati.
— Dovrei essere morto, ma strane forze vitali rimangono in colui che ha posseduto un talismano. I miei occhi sono tizzoni consumati, ma riesco a vedervi vagamente. Avvicinatevi, in modo che possa dirvi ciò che deve essere detto. Ho un testamento da fare, e poco tempo per farlo, e nessuna scelta di colui al quale dovrò farlo. Avvicinatevi, in modo che possa dirvi ciò che deve essere fatto per il bene di tutti i mondi.
Obbedirono, con le fronti imperlate di sudore, sbalorditi dalla vitalità inumana che permetteva a quella mummia carbonizzata di parlare.
— Esclusivamente per caso, un uomo dell’Alba della Civiltà scoprì un talismano… un piccolo motore non meccanico comandato dal pensiero… che gli diede il potere di viaggiare nel tempo, e al di là del tempo, in regioni al di fuori del tempo. Là trovò altri sette talismani, e un motore simile ma più grande, dei poteri ancor più sconfinati, che chiamò il Motore della Probabilità. Prese con sé sette complici, tra i quali me, e usammo insieme il Motore della Probabilità per dividere il tempo, e rendere reali tutti i mondi possibili, preservando solo il migliore di essi, e… così pensavamo… distruggendo il resto.
Il mormorio lentamente cominciò a diminuire d’intensità. Clawly e l’altro si fecero ancor più vicini al volto carbonizzato, dalla fronte bianca.
— Ma ho scoperto che quei mondi distrutti esistono ancora, e so anche troppo bene quali pazzeschi rimedi escogiteranno gli altri, quando faranno la medesima scoperta. Voi dovete impedirli, come io desideravo fare. In particolare, dovete trovare il Motore della Probabilità e chiamare i suoi veri possessori, di qualsiasi creatura si tratti, coloro insomma che lo costruirono e che smarrirono il primo talismano. Sono gli unici in grado di affrontare i problemi che noi abbiamo creato. Ma per trovare il Motore della Probabilità, voi dovete avere un talismano. Ters, che mi ha distrutto, ha preso il mio, ma quello lo avevo rubato. Il mio talismano è ora in possesso di Thorn, il Thorn di questo mondo, che me lo ha rubato, ora lo so, o almeno lo credo, per una sollecitazione inconscia dei Veri Possessori, che brancolano attraverso i molti strati di realtà alla ricerca del loro motore perduto. Quel Thorn si trova in un altro mondo, di cui non sospettate neppure l’esistenza. Ma tu — le sue dita si mossero, sfiorarono quelle dell’altro Thorn, il quale non ritrasse la mano… — tu puoi entrare in contatto… con lui… attraverso le vostre menti… inconsce collegate. — Il mormorio era quasi inaudibile. Era chiaro che anche la forza concessa dal talismano stava per esaurirsi. — Quel talismano… che lui possiede… è inerte. Ci vuole un pensiero-chiave… per liberarne i poteri. Devi trasmettere… il pensiero-chiave… a lui. Il pensiero-chiave… è… “Tre mondi… sbagliati…”
Il mormorio divenne incomprensibile, poi ci fu un momento di silenzio. Il volto carbonizzato si distese. La testa cadde in avanti. Clawly posò una mano sulla fronte intatta, e appoggiò gentilmente il capo al piano della scrivania, dove le dita avevano tracciato un disegno irregolare e nero.
E allora il suo sguardo e quello dell’altro Thorn si incontrarono.