Se lo si considera come un immobile, il pianeta Marte non è esattamente ciò che si definisce “abitabile”. In termini immobiliari potrebbe rientrare nella categoria degli “appartamenti da ristrutturare”. Ciò nonostante, ha un ottimo potenziale per gli affittuari che sono disposti a darsi un po’ da fare per rimetterlo a posto. Le uniche cose che mancano sono l’aria, l’acqua e il calore. Per il resto, c’è veramente un sacco di spazio. La superficie edificabile è decisamente superiore a quella del pianeta Terra, soprattutto per via del fatto che lo spazio non viene sprecato da mari e oceani. Ed è proprio per questo che il pianeta Marte può risultare molto utile per gli hakh’hli. Grazie ai propulsori a materia anomala della loro grande nave interstellare, gli hakh’hli sono in grado di convogliare sulla superficie del pianeta abbastanza energia da estrarre acqua dalle rocce cristalline, da trasformare gli ossidi in aria, da ottenere metallo da minerali grezzi per costruire tutti gli habitat che desiderano, e persino da vetrificare la pietra affinché lasci penetrare la luce del sole. Gli hakh’hli posseggono energia in abbondanza. E sul pianeta Marte vi è tutto lo spazio necessario per far schiudere, sviluppare e proliferare i loro 73 milioni di uova.
Sandy fissava con espressione vacua il silenzioso schermo della console del modulo di atterraggio. Dalla parte di Sandy vi era silenzio; dall’altro capo del circuito, sia sulla Terra sia sulla nave hakh’hli, era esattamente l’opposto. Gridavano tutti. Sandy non aveva dubbi in proposito, poiché vedeva chiaramente il modo in cui agitavano le braccia e contorcevano labbra e mascelle mentre discutevano fra loro. Non aveva alcuna intenzione di alzare nuovamente il volume.
Marguery non stava nemmeno guardando lo schermo. La sua attenzione era focalizzata unicamente su Sandy. Come primo impulso, le era venuta voglia di gettargli le braccia attorno al collo per confortarlo, poiché se vi era mai stata una persona che aveva bisogno di essere confortata, era proprio Sandy in quel momento. Tuttavia, Marguery non osava farlo. Il volto di Sandy era come un pezzo di granito. Quando gli accarezzò una guancia, sentì il pulsare del muscolo sotto la sua pelle.
Lisandro si allontanò di scatto, girando il viso dal lato opposto. Disse qualcosa, ma con voce talmente bassa che Marguery non si rese nemmeno conto che aveva parlato finché non si voltò nella sua direzione con espressione interrogativa. — Che cosa hai detto, Sandy?
— Che cosa sono, allora? — domandò lui con voce plumbea. — Non posso nemmeno essere considerato un essere umano?
Marguery inspirò profondamente. — Caro Sandy — disse — tu sei John William Washington, e non hai bisogno di essere nient’altro. Secondo i biologi, puoi fare tutto ciò che può fare un essere umano. Puoi pensare, puoi camminare, puoi fare l’amore…
— E farti star male facendolo!
Marguery scosse il capo. — Non se prendo i miei antistaminici. Lo abbiamo già provato, ricordi? Hanno persino detto che… — Ebbe un attimo di esitazione. — Hanno persino detto che potresti mettere al mondo un figlio.
Sandy la fissò con disprezzo. — Questo è impossibile!
— No — ribatté prontamente Marguery. — È solo, forse, un poco difficile.
— Non ti credo — ribatté Sandy con rabbia. — Perché tutti quanti mi raccontano solo menzogne? Persino MyThara mi ha mentito, per tutti quegli anni! — Si prese il volto fra le mani, e vi scoprì qualcosa di caldo e bagnato. Scostò le mani per guardarle, e si ritrovò a ridere. — Almeno sono abbastanza umano da piangere — disse con voce rotta.
— Sei abbastanza umano per me — rispose Marguery, ma lui scosse il capo con fare scoraggiato. — Sandy? — continuò Marguery dopo un attimo di riflessione. — Quando eravamo sull’aereo, non hai detto che avresti scritto una poesia?
Sandy assunse un’espressione perplessa per un istante, poi prese a frugare in una tasca. — Ce l’ho qui — disse. — Tanto vale che tu la veda, credo.
— Certo, vorrei senz’altro vederla, ma ciò che volevo dirti era un’altra cosa…
Sandy non la stava nemmeno ascoltando. Aveva tirato fuori il foglietto dalla tasca e glielo stava porgendo. Era tutto pieghettato e strappato, ma quando Marguery lo spiegò rimase a bocca aperta. — Sarebbe una bara questa? — domandò.
— Sarebbe una poesia — disse Sandy cupo. — Sai cos’è una poesia? È come ti senti, messo su carta, nero su bianco. E quella rappresenta il modo in cui mi sentivo in quel momento.
— Sì, questo lo capisco, Sandy caro, ma…
— Non c’è bisogno che tu la legga, se non hai voglia di farlo — la interruppe Sandy sempre più abbattuto. — E in ogni caso non so nemmeno se ne vale la pena.
Marguery rinunciò a ulteriori discussioni. Raddrizzò bene il foglio e lesse la poesia con attenzione.
Marguery tornò ad abbassare lo sguardo su Sandy, uno sguardo a metà fra l’arrabbiato e il divertito. — Sandy, questa poesia è realmente triste. Chi mai potrebbe scrivere una roba del genere?
— Chiunque si guardasse attorno con un minimo di attenzione lo farebbe! È un mondo triste, Marguery, non te ne sei accorta? Guarda un po’ quella gente! — Indicò con un gesto sconsolato le figure che gesticolavano sullo schermo.
Marguery guardò, e rimase perplessa. Boyle stava agitando le mani sopra la testa, come se si trovasse in uno stadio e volesse attirare l’attenzione del venditore di bibite. — Che cosa sta facendo Boyle? — domandò. — Forse vuole parlarti.
Sandy scosse il capo. — A che scopo? È inutile che parli con me. Devono parlare fra loro, ma non hanno alcuna intenzione di farlo. — La navetta ebbe un leggero sussulto, dopodiché si ritrovarono a galleggiare in assenza di gravità. Lisandro diede una rapida occhiata alla console. — Siamo entrati nell’orbita di avvicinamento — disse. — Durerà per un’ora circa, ma farai meglio a sederti e ad allacciarti le cinture con un certo anticipo, perché poco prima che si riaccendano i propulsori la navetta si girerà su se stessa per decelerare. — Marguery emise un piccolo suono indecifrabile. Sandy alzò lo sguardo verso di lei con una smorfia. — Che cosa c’è?
— Credevo che tu avessi intenzione di speronare la nave hakh’hli — disse.
La fissò per un istante con aria incredula, poi scoppiò a ridere. — E perché mai dovrei fare una cosa del genere? — domandò. — Moriremmo entrambi.
— Sandy caro — disse Marguery con tono sincero — non sai quanto sono felice di sentirtelo dire. Ma allora per quale motivo hai rubato la navetta?
— Per impedire a voi di fare la stessa cosa, naturalmente — rispose sorpreso. — Pensavo di andare alla nave e tentare di ragionare con i Grandi Anziani.
— Assieme a me?
— Io non volevo portarti, Marguery — disse — ma tu hai voluto venire lo stesso…
A quel punto Marguery iniziò a essere nuovamente preoccupata. — E adesso?
— Che altro possiamo fare? Magari in due riusciamo a inculcare in loro un po’ di buon senso. Inoltre, sarebbe una grande avventura per te, non è vero? Non ti piacerebbe essere il primo essere umano… cioè, il primo essere umano nativo della Terra, a salire a bordo della grande nave interstellare degli hakh’hli?
Marguery ci rifletté sopra. — L’idea mi spaventa un poco — disse infine — ma credo che mi piacerebbe, se potessi farlo assieme a te.
Sandy sbatté le palpebre. — Vedi — continuò Marguery — quando ti ho parlato della poesia, poco fa, non volevo che tu mi mostrassi la tua. Stavo solo cercando di dirti che anche io ne ho scritta una per te.
— Ma tu non mi hai mai detto che scrivevi poesie.
Marguery scoppiò a ridere. — Forse non le so scrivere veramente. Leggila, e dimmi cosa ne pensi.
Sandy abbassò lo sguardo incredulo sul foglio di carta che gli stava porgendo, poi lo sollevò verso il viso di Marguery. — Oh, mio Dio — disse.
— Leggila, maledizione! Sandy ubbidì.
— Ne sei sicura? — domandò Sandy con il cuore in gola.
— Sciocco — rispose lei con tono amorevole. — Non fare domande. Baciami.
Solo dopo che si furono baciati, diverse volte, l’occhio di Marguery colse per un attimo lo schermo. A quanto pareva, i personaggi sullo schermo non stavano più discutendo fra loro. Hamilton Boyle aveva entrambi i pollici sollevati. ChinTekki-tho stava secernendo lacrime di felicità e Demetrio e Chiappa, ridacchiando fra loro, stavano stringendosi la mano a vicenda in maniera teatrale.
— Sandy — domandò Marguery con voce tremante. — Vedi anche tu quel che vedo io? Credi che sia possibile che stiano cercando di dirci che si sono messi d’accordo sul da farsi?
Sandy non mollò la presa sulla sua compagna, ma allungò il collo, producendosi in una smorfia di stupore. — Non posso crederci — disse, ma nella sua voce vi era un velo di incertezza.
— Che altro può essere? Sicuramente stanno cercando di dirci qualcosa.
— È assolutamente impossibile che mi capitino due cose così belle nello stesso giorno — disse Sandy serio. — Non posso credere che abbiano deciso di cooperare.
— Sciocco — lo rimproverò lei in tono affettuoso. — Invece è possibile. Perché non alzi il volume così lo scopriamo?
Sandy scosse il capo. — È impossibile — disse con cocciutaggine. Poi però alzò il volume… E scoprì che era proprio così.