La grande astronave hakh’hli è alimentata da tre propulsori principali. Ognuno di questi propulsori è in grado di spingere la nave attraverso lo spazio a 1,4 g. Tuttavia, per una questione di semplice prudenza da parte degli ingegneri, ciò avviene assai raramente. In condizioni normali, la nave si sposta grazie all’apporto di due di questi propulsori usati al 50 per cento delle loro possibilità. Il terzo propulsore rimane quindi disponibile per i lavori di manutenzione o per eventuali, anche se rarissime, riparazioni. Il vantaggio fondamentale dei propulsori a materia anomala è che non esauriscono mai il loro carburante. Il problema casomai è l’opposto. La materia anomala, infatti, tende a riprodursi. Quando si introduce una molecola di materia normale all’interno di una massa di materia anomala, questa materia si converte, diventando anomala a sua volta. Questo però non significa che se si lascia cadere una goccia di materia anomala sulla superficie del pianeta Terra tutto il pianeta si trasformerà in materia anomala; il processo non è così semplice. La materia anomala infatti tende inevitabilmente a respingere la materia ordinaria. Per superare la forza di questa naturale repulsione, le particelle di materia ordinaria devono essere letteralmente sparate dentro la materia anomala con grande energia. Nei motori dell’astronave hakh’hli, questo processo avviene spontaneamente, e di conseguenza più strada la nave percorre, più “carburante” accumula. I blocchi di materia anomala che si trovano all’interno dei propulsori della nave hanno ora una massa superiore di sei volte rispetto alla loro massa iniziale. E dato che ora pesano così tanto, ne consegue inevitabilmente che vi è molta più massa da accelerare e da decelerare. Questo naturalmente significa che vi è bisogno di un quantitativo di energia maggiore per farlo, e di conseguenza i blocchi di carburante diventano sempre più grandi con un tasso di crescita sempre maggiore. Gli hakh’hli non devono fare altro che alimentarli con materia ordinaria, che è disponibile in quantità letteralmente infinita in tutto l’universo. Ogni volta che la nave si ferma, i tecnici hakh’hli si occupano di estrarre da asteroidi, nubi gassose o venti stellari la materia necessaria, ogni singola particella della quale viene ad aggiungersi alla massa della nave. Gli hakh‘hli sono consapevoli ormai da secoli del fatto che prima o poi dovranno pensare di liberarsi di almeno una parte di quella massa in più… solo che allo stesso tempo quella massa ha un grande valore per loro. Come un avaro che si aggrappa al suo lingotto d’oro mentre sta annegando, anche loro devono rimanere aggrappati alla loro massa. Solo che non possono continuare a farlo ancora per molto tempo.
Il mattino seguente, quando i membri della coorte di Sandy si riunirono per prepararsi al turno di lavoro, percepirono due lievi mutamenti del loro senso dell’orientamento, come se il pavimento si fosse spostato leggermente. Naturalmente, si trattava di piccole correzioni di rotta effettuate dai navigatori; la grande nave stava lentamente decelerando, ed entro breve sarebbe giunta alla sua orbita di parcheggio attorno al pianeta Terra. La meta del loro lungo viaggio era ormai prossima, e tutti i componenti della coorte sembravano piuttosto emozionati. Tutti meno Sandy.
E il loro Tutore Primario ChinTekki-tho, quando finalmente apparve, non poté fare a meno di rendersene subito conto. — Che cosa gli è successo? — domandò indicando Sandy.
Anche gli altri componenti della coorte non avevano mancato di notare il pessimo umore del loro compagno umano. — È per via di MyThara — spiegò Obie. — Deve fare il suo esame di idoneità fisica.
— Sandy non vuole che venga terminata — aggiunse Elena.
— Vuole che rimanga in vita perché le vuole più bene che a tutti noi — concluse in maniera sprezzante Polly.
ChinTekki-tho si leccò le labbra in un gesto di disapprovazione. — Volersi bene a vicenda è una buona cosa — disse rivolto a Sandy — ma Thara-tok sta diventando vecchia. Ha già passato i diciotto-dodici di dodici dodi-giorni da tempo — (più o meno l’equivalente di 50 anni terrestri) — e di conseguenza deve essere esaminata ogni dodici dodigiorni. Questa è la regola, Lisandro.
— Lo so — rispose Sandy cupo.
— Senza contare che potrebbe benissimo passare — aggiunse ChinTekki-tho. — Io stesso ho passato finora ben cinque esami di idoneità, e molti hakh’hli arrivano persino a passarne otto o nove. Guardate i Grandi Anziani, per esempio…
— I Grandi Anziani passano sempre — intervenne Tania.
— Non sempre — la corresse ChinTekki-tho. — Di solito passano, perché dopotutto sono Grandi Anziani, ma non c’è niente di strano.
— MyThara non crede che lo passerà — disse Sandy.
— E se lo dice lei…
Il Tutore Primario inclinò leggermente il capo. — Be’, se deve essere così, Sandy, non ci si può fare nulla. Non vi è alcun motivo per rattristarsi. Accade a tutti noi, prima o poi, altrimenti la nostra nave sarebbe piena all’inverosimile e nessuno avrebbe la possibilità di sopravvivere. E se non lasciamo che se ne vadano i più vecchi e i più deboli, come potremmo mai tirare fuori altre uova dai congelatori per dare inizio a nuove vite?
— Fra l’altro, noi non esisteremmo nemmeno — intervenne Polly. — Possibile che tu non riesca mai a ragionare, Sandy?
Il Tutore Primario fu costretto a rimproverarla. — Certo che riesce a ragionare. Sandy è un essere intelligente a tutti gli effetti, anche se non è hakh’hli. E per questo sa anche che MyThara-tok ha moltissime uova nel congelatore, che prima o poi verrà concesso il permesso di schiudere alcune di quelle uova, e che allora lei vivrà di nuovo nella sua progenie. E sa anche che queste decisioni sono state prese dai Grandi Anziani. E tu non metti in dubbio le decisioni dei Grandi Anziani, vero Lisandro?
Lisandro trasalì. — Oh, no, certo che no! Solo che… — Si morse il labbro. — Solo che pensavo che magari si potrebbero anche fare delle speciali eccezioni, quando si tratta di una persona particolarmente valida come lo è MyThara…
— E non ritieni che anche questa sia una decisione che spetta ai Grandi Anziani? — domandò il Tutore Primario gentilmente.
Sandy scrollò le spalle. Era stanco di quella discussione, che si stava protraendo da quando si erano svegliati. — Arriveremo in ritardo per il nostro turno di lavoro — disse, evitando la risposta.
ChinTekki-tho accettò di buon grado il cambiamento di argomento. — Bene — commentò. — In fondo è proprio per questo che sono venuto qui. Quale compito vi è stato assegnato per oggi?
— Dobbiamo occuparci degli animali da macello, ChinTekki-tho — rispose Chiappa rispettoso. — Gli hoo’hik stanno figliando.
— Certo — disse il tutore con aria pensierosa. — Be’, temo che il mandriano dovrà rimanere un po’ a corto di aiuto per oggi. Ho delle nuove istruzioni per voi da parte dei Grandi Anziani.
I componenti della coorte si sollevarono leggermente sulle zampe posteriori, evidentemente interessati. ChinTekki-tho li scrutò con aria benevola. — Come ben sapete — iniziò — ieri Obie è entrato nel suo periodo di fertilità, interrompendo la nostra riunione con i Grandi Anziani.
— Lo sappiamo, lo sappiamo — intervenne Polly acida rivolgendo un’occhiataccia a Obie.
— Ebbene, i Grandi Anziani hanno pensato che se una cosa del genere dovesse accadere durante la missione, potrebbe aumentare notevolmente i rischi a essa connessi. Immaginate che cosa potrebbe accadere se Chiappa o Demetrio dovessero diventare fertili proprio nel mezzo di qualche importante trattativa con i terrestri.
Polly assunse un’espressione allarmata. — Oh, Chin-Tekki-tho! Non vorrai mica dire che hai intenzione di dare ai maschi qualcosa per evitare che entrino nel loro periodo di fertilità?
— No, no, nulla del genere — disse il tutore incrociando le zampe con fare affabile. — Anzi, sarà esattamente il contrario. I Grandi Anziani hanno deciso di accelerare il processo e di fare entrare i maschi nel loro periodo subito, così non vi saranno problemi in seguito. In questo modo, trascorreranno almeno sei o dodici dodigiorni prima che il problema si ripresenti.
— Davvero? — esclamò Chiappa. — Vuoi dire che avremo la possibilità di farlo adesso?
L’intera coorte iniziò subito a gioire, ma Polly interruppe i festeggiamenti con una considerazione. — Ma Obie è appena uscito dal suo periodo!
— Certo — assentì ChinTekki-tho. — Naturalmente, lui sarà esentato dal farlo di nuovo. Probabilmente fornirebbe a una di voi un numero ridotto di cellule spermatiche, e immagino che nessuna di voi voglia deporre uova sterili. Oberon sarà esentato per oggi.
Obie assunse un’espressione abbattuta, ma neanche le femmine del gruppo parvero particolarmente felici di quest’ultima informazione. — Ma allora ci saranno solo due maschi, e noi siamo tre… — protestò Tania con apprensione.
— Abbiamo pensato anche a questo — disse il Tutore Primario con tono indulgente. — La soluzione è che anche io accetterò una puntura assieme a voi, così non mancherà il terzo maschio.
— E io? — domandò Obie fra le grida di esultanza delle femmine.
— Naturalmente, tu e Lisandro vi dedicherete al vostro normale turno di lavoro. Lisandro, ti faccio presente che quando una persona si sente abbattuta per qualsiasi motivo, il lavoro con gli animali può risultare molto consolante. Quando ero un cheth, provavo un grande conforto nell’occuparmi delle bestie.
Se il Laboratorio di Genetica era un luogo pieno di strani odori, le stalle degli hoo’hik erano qualcosa di realmente disgustoso. Sandy non provò alcun tipo di conforto recandovisi. Tanto più che per arrivare alle stalle bisognava per forza passare attraverso le vasche coperte piene di quegli esseri schifosi, copulanti e divoranti che erano i titch’hik, e questo per Sandy non solo non era confortante, ma era addirittura quasi insostenibile. (Che cosa stavano divorando in quel momento? O meglio, chi? E che cosa avrebbero divorato da lì a pochi giorni?) Sandy alzò lo sguardo, e in quel momento vide una squadra di operai hakh’hli che calava rispettosamente il cadavere di qualche loro compagno in una delle vasche.
Sandy rabbrividì. L’unica cosa confortante era che almeno quel giorno lui e Obie non erano costretti a lavorare con le ossa o con i titch’hik. Non erano nemmeno costretti a imbrattarsi tutti nelle stalle degli hoo’hik; quattro femmine di quei placidi animali avevano figliato proprio negli scorsi giorni, e il compito assegnato alla sua coorte per quel turno di lavoro consisteva solamente nel siringare il midollo spinale dei cuccioli appena nati.
— Tu — disse la mandriana rivolgendosi a Lisandro con un sorriso — va’ a prendere i cuccioli. No, non ti preoccupare — aggiunse con gentilezza. — Le madri non ti faranno niente. Basta che lasci che ti annusino.
Da’ loro qualche carezza magari, e non farle innervosire. Poi portami qui i cuccioli uno per volta.
Lisandro scrutò all’interno della stalla più prossima. Si era già occupato di quel compito in passato, ma non si sentiva ancora del tutto sicuro di ciò che lui doveva fare.
La femmina hoo’hik non mostrò alcun timore quando lo vide entrare nella stalla, limitandosi a rivolgergli uno sguardo incuriosito mentre stringeva a sé con fare protettivo due dei suoi cuccioli con le zampe anteriori. I due succhiavano dalle mammelle con estremo vigore.
— Non metterci un dodicesimo di giorno intero — disse la mandriana con tono irritato.
— Quale prendo per primo? — domandò Lisandro.
— Uno qualunque! E sbrigati, per favore. Ne abbiamo 40 da fare, e poi c’è l’allattamento…
Lisandro inspirò profondamente e infilò una mano sotto il petto della femmina hoo’hik, dove si agitavano ciecamente una mezza dozzina di cuccioli in attesa del loro turno. Ne prese uno a caso, un cosino miagolante delle dimensioni della sua testa che si agitava emettendo preoccupati guaiti fra le sue mani. Trasportò l’animaletto dalla mandriana. — Giralo — ordinò questa mentre prendeva in mano una siringa con un lungo ago. Il manico della siringa era anatomico, e sopra il manico vi erano un quadrante e un pulsante. La mandriana controllò il quadrante, quindi attese pazientemente che Lisandro immobilizzasse la piccola bestia. A quel punto afferrò la testa dell’animale con una mano, tenendola con forza ma senza stringere troppo, e cercò con l’ago il punto giusto alla base del cranio, proprio dove iniziava il collo.
— Avete visto il film terrestre che hanno proiettato ieri sera? — domandò, chiacchierando mentre continuava a lavorare. Sandy scosse il capo, sperando che la mandriana la facesse finita alla svelta. — Si chiamava Quell’ultimo ponte, e parlava di persone in guerra e non in pace. Oh, Lisandro, mi raccomando, sii molto cauto quando vai su quel pianeta…
La mandriana emise un grugnito di soddisfazione. — Ecco fatto — disse. Quando premette finalmente il pulsante della siringa, si udì un bip quasi impercettibile. Il cucciolo si irrigidì tutto emettendo un piccolo guaito, poi si rilassò.
— Va’ a prenderne un altro ora — ordinò la mandriana.
Lisandro era di pessimo umore, e il fatto che Obie, che si alternava con lui a prendere i cuccioli, fosse a sua volta depresso non aiutava di certo a migliorare il suo stato d’animo. Naturalmente, i due avevano motivi completamente diversi per essere abbattuti. Obie non faceva altro che pensare a quanto stava avvenendo in quel momento nella loro sezione dormitorio, mentre Lisandro non faceva altro che pensare a MyThara-tok.
Malgrado ciò, Lisandro non poté fare a meno di trovare molto carini i cuccioli, che fra l’altro non sembravano soffrire assolutamente delle iniezioni praticate nel loro midollo spinale dalla mandriana. Quando li riportava dalla madre dopo l’iniezione, erano molto affettuosi con lui, e venivano accettati apparentemente di buon grado dalla stessa madre. Questi hoo’hik in particolare, notò Sandy, erano decisamente più piccoli e chiari di manto rispetto agli altri hoo’hik con i quali aveva avuto modo di lavorare in passato. Quelli del Laboratorio di Genetica si preoccupavano sempre di cambiare un poco la stirpe, introducendo variazioni di sapore e di consistenza della carne in continuazione, ma le bestie mantenevano sempre il loro atteggiamento fiducioso e sottomesso, fino al giorno in cui arrivavano a leccare le dita dei loro stessi carnefici.
Persino Obie sembrava incantato dai cuccioli. Mentre ne riportava uno da sua madre, gli infilò un pollice in bocca ed emise una risatina quando questi prese a succhiarlo con convinzione. Quando ebbero finito con i 40 cuccioli, era già passato il primo dodicesimo di giorno. Quando Sandy si unì a Obie per il latte con biscotti, il suo compagno di coorte stava lacrimando per la felicita, canticchiando con l’onnipresente musica, i suoi guai completamente dimenticati.
Lisandro invece era ancora piuttosto preoccupato, tanto che rifiutò i wafer che gli vennero offerti. — Mangia, Sandy — gli disse Obie con gentilezza. — Non sarai ancora triste per MyThara?
— No, è solo che non ho fame.
— Non è vero, sei ancora triste — diagnosticò Obie. — E dire che il nostro Tutore Primario ti ha spiegato tutto stamattina.
— Lo so.
Obie annuì in silenzio, ascoltando con aria assente la musica di sottofondo. Si trattava di musica hakh’hli, decisamente diversa dai motivi terrestri diffusi nel loro settore. La musica terrestre era ritmica e ballabile; che si trattasse di un valzer, di una polka o di una marcia, era sempre musica legata a dei precisi movimenti dei piedi. Gli hakh’hli invece non avevano nulla di simile ai piedi umani, e quindi la loro musica era completamente diversa, proprio per una questione anatomica. A quel punto a Obie venne di nuovo in mente il motivo della sua precedente afflizione. — E in ogni modo, come credi che mi senta io? — sbottò improvvisamente. — Nella nostra sezione dormitorio sono tutti occupati con la loro anfilassi, e io invece sono qui con te in questo buco!
— Tu l’hai fatta ieri — osservò Sandy. — Ah, scusami se sono così, Obie. È solo che non mi piace molto questo lavoro di siringare il midollo dei cuccioli.
— Perché, cosa c’è che non va? Tanto più che lo hai già fatto altre volte.
— Non mi è piaciuto molto nemmeno allora — confessò Lisandro.
— Ma dobbiamo siringarli — disse Obie con tono ragionevole. — È per il loro bene, lo sai no? Così non diventano troppo furbi.
Lisandro sbatté le palpebre. — Cosa intendi con “troppo furbi”?
— Oh, troppo furbi — fu la risposta vaga di Obie. — Riesci a immaginarti come sarebbe terribile per loro se crescessero con… sai, con una specie di intelligenza rudimentale? Voglio dire, se si rendessero conto di essere vivi solo per essere uccisi e mangiati?
— Non possono essere così furbi!
— Dopo la siringata, no di sicuro — disse Obie convinto.
— Ma… Ma… Uccidere delle creature intelligenti è sbagliato, non è così?
— Ma loro non sono intelligenti. È proprio per questo che siringhiamo il loro midollo spinale.
— Però lo sarebbero, se non li siringassimo. Deve pur esserci un modo migliore! Quelli del Laboratorio di Genetica non possono semplicemente fare in modo che non siano intelligenti punto e basta?
— Oh, Lisandro — disse Obie con un sospiro. — Credi forse che non ci abbiano già pensato? Ci provano in continuazione, ma rovina inevitabilmente il sapore della carne!
Quando, ormai esausti, fecero ritorno alla loro sezione, era quasi l’ora del pasto di mezzogiorno. Gli altri membri della coorte erano impegnati in una partita apparentemente durissima di ciò che secondo loro doveva essere football americano. — Com’è andata? — domandò subito Obie con evidente invidia.
— Oof — disse Tania mentre Polly le piombava violentemente addosso, facendole cadere la “palla” di stracci. — Oh, è andata benissimo, Obie. Immagina, mi sono accoppiata con ChinTekki-tho! Non avevo mai visto così tante uova in vita mia!
— Scommetto che quelle che ho visto io ieri erano molte di più — ribatté Obie. Ma era inutile serbare rancore per una cosa del genere. Obie si accucciò sulle sue possenti zampe posteriori per caricarsi, quindi si lanciò con un lungo balzo in direzione di Polly, che stava cercando di scappare con la palla stretta fra le braccia.
— Vuoi entrare nel gioco, Sandy? — domandò Elena mentre rincorreva a sua volta la palla.
Sandy scosse il capo. — No, grazie — rispose. Nessuno si sorprese più di tanto, poiché sapevano tutti benissimo che Sandy non era molto adatto agli sport di contatto degli hakh’hli; soprattutto quando avevano luogo prima del pasto di mezzogiorno, un momento in cui la competitività dei giocatori veniva ulteriormente acuita dalla fame.
Sandy si recò nel suo angolo di studio personale e si sedette. Non accese lo schermo, non aprì il suo armadietto per guardare la foto di sua madre, e non rimase nemmeno lì a sognare a occhi aperti beandosi nell’aspettativa del loro ormai prossimo atterraggio sulla Terra, con tutte le sue femmine umane e con la prospettiva quasi certa di un glorioso accoppiamento da parte sua. Si limitò a sedersi e a fissare con rabbia il vuoto attorno a sé, pensando al corpo di MyThara che veniva fatto a pezzi da un titch’hik. Nel frattempo la partita finì, il carrello del cibo arrivò, e la coorte si lanciò con avidità, gridando e sbavando, sul pasto giornaliero.
Sandy non si avvicinò nemmeno al carrello finché l’ultimo dei suoi compagni si riversò a terra, con gli occhi vuoti e spalancati, nel suo periodo di intontimento. Solo a quel punto Sandy emise un sospiro, si alzò in piedi e si avvicinò per vedere che cosa era avanzato.
In verità c’era ancora parecchia roba. L’arrosto che costituiva la pietanza principale era stato letteralmente squartato, ma vi erano diversi bocconi di dimensioni adatte per un essere umano sparsi in giro.
Sandy prese un pezzo di carne e fece per infilarselo in bocca, ma poi si fermò improvvisamente per guardarlo.
Si trattava di un arrosto di hoo’hik giovane, di quello più tenero, fatto con la carne dei cuccioli.
Sandy ebbe un attimo di esitazione. Poi però mandò giù il boccone, lo masticò e, continuando a masticare, tornò al suo angolo personale dove accese lo schermo e si guardò un film musicale terrestre pieno di ragazze terrestri in abiti succinti.