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Ma il lunedì…

Lunedì cadde la goccia che fece traboccare il vaso. Alle diciassette e cinquantacinque di lunedì, Charlie capì che non c’era più niente da fare.

La mattina era stato dal prete per fissare l’ora della cerimonia, e il pomeriggio fece un mucchio di compere di articoli di vestiario, mettendoci assai più tempo del previsto.

Alle cinque e mezzo, cominciò a temere di non arrivare in tempo a ritirare l’anello nuziale, che era già stato pagato, ma che si trovava ancora dall’orefice per l’incisione delle iniziali.

Era già tardi e lui era ancora dalla parte opposta della città, in attesa che il sarto terminasse di dare alcuni piccoli ritocchi al vestito. Così telefonò a Pete Johnson.

— Ciao, Pete. Mi faresti un favore?

— Ma certo, Charlie. Di’ pure.

— Dovrei ritirare la vera prima che chiudano i negozi, alle sei, per non tornare di nuovo in centro domattina. L’orefice sta proprio nel tuo stesso isolato: “Scorwald Benning”. L’anello è già pagato. Ti spiace ritirarlo? Gli telefono di consegnarlo a te.

— Figurati. Dove sei, adesso? Stasera io ceno in centro; mi fai compagnia?

— Senz’altro. Può anche darsi che arrivi in tempo, però. Ti ho telefonato solo per essere più tranquillo. Sai cosa facciamo? Diamoci appuntamento dall’orefice. Tu ci andrai alle sei meno cinque per essere sicuro di trovare ancora aperto, e io cercherò di arrivare alla stessa ora, se ce la faccio. Altrimenti aspettami fuori: al massimo alle sei e un quarto sarò lì.

Charlie riappese il ricevitore, e vide che il sarto aveva terminato il lavoro. Pagò, poi uscì e cercò un tassì.

Gli ci vollero cinque minuti per trovarne uno, tuttavia ormai era certo di arrivare dal gioielliere in orario. Aveva fatto male, a disturbare Pete! Alle sei meno cinque sarebbe stato là.

Mancavano appunto pochi secondi a quell’ora, quando scese dal tassì, pagò la corsa e si diresse verso il negozio.

E proprio mentre alzava il piede per attraversare la soglia di “Scorwald Benning”, avvertì un odore singolare. Fece un passo e si accorse subito di cosa si trattava; ma ormai era troppo tardi!

Aveva inspirato profondamente per identificare l’odore, e questo era così forte e puro, che l’aveva riconosciuto in un secondo. Ma i polmoni erano ormai saturi.

Gli sembrò che il pavimento, lontanissimo, si alzasse per venirgli incontro, distorcendosi. Lentamente, ma ineluttabilmente. Gli sembrò di restare sospeso nell’aria per un certo tempo. Poi, prima di atterrare, tutto si fece buio e scomparve.

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