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Niente, cioè, se si considera che la sparizione di una palla da golf non ha importanza. E Charlie decise che non l’aveva. Le palle da golf scompaiono spessissimo. È normale che un giocatore inesperto ne perda almeno una su diciotto buche.

Su per giù andò così.

Charlie aveva sparato la palla con un colpo lungo dalla piazzuola di partenza e l’aveva vista uscire di pista, urtare, rimbalzare e andare a fermarsi dietro un grosso albero, che così era venuto a trovarsi proprio tra lei e la buca della piazza d’arrivo.

L’imprecazione di Charlie era stata particolarmente calorosa, perché se la pallina fosse entrata in quella buca, lui avrebbe avuto eccellenti probabilità di fare cento. Così doveva, invece, perdere un colpo per rimandarla in pista.

Aveva aspettato che Pete lanciasse a sua volta una palla, che pure era finita tra i cespugli, sul lato opposto del campo, poi si era messo la sacca dei bastoni in spalla e si era diretto verso il punto in cui si era fermata la sua.

Ma era rimasto stupito.

Dietro l’albero, suppergiù dove avrebbe dovuto trovarsi la palla, c’era invece una ghirlanda di fiori appassiti, intrecciati a un cordoncino rosso che spuntava a tratti. Charlie l’aveva sollevata per guardarci sotto, ma la palla non c’era. Doveva essere finita più lontano. Aveva cercato ancora, senza riuscire a trovarla. Pete, intanto, aveva ripescato la sua e sparato il colpo di ricupero. Poi era andato in aiuto di Charlie, e insieme avevano fatto segno al quartetto seguente di continuare a giocare.

— Mi pareva che fosse proprio qui — aveva detto Charlie — ma dev’essere rotolata più avanti. Be’, se non la troviamo prima che quelli abbiano finito, ne lancerò un’altra. Ehi, com’è arrivata qui questa roba? — aveva aggiunto, accorgendosi di tenere ancora in mano la ghirlanda.

Pete l’aveva guardata con disgusto. — Santo Cielo, che combinazione di colori! Viola, rosso e verde, con un nastro rosso. Fa allegare i denti!

— Sì, ma che cos’è? Come è finita qui?

Pete aveva riso. — Ha l’aria di una di quelle ghirlande che gli hawaiani mettono intorno al collo ai turisti. “Lei”, la chiamano, no?… Ehi!

Aveva notato l’espressione di angoscia apparsa all’improvviso sulla faccia di Charlie. Allora, strappatagli di mano la ghirlanda, l’aveva gettata lontano, tra gli arbusti.

— Senti, ragazzo mio — aveva detto — adesso non aggiungerai anche questa al tuo rosario di fatti strani! Cosa importa chi l’ha buttata qui e perché? Andiamo, cerchiamo la palla e prepariamoci. Gli altri hanno già finito.

Non l’avevano trovata.

Charlie aveva dovuto sostituirla. Aveva lanciato la nuova palla in mezzo alla pista con il “niblick”, poi con un colpo di “brassie” l’aveva mandata a finire a trenta metri dal piolo. Infine un “putt” l’aveva fatta entrare nel buco. E aveva fatto cento, nonostante la penalità per la palla perduta.

Più tardi, nello spogliatoio del club, mentre si rivestivano, Charlie aveva detto a Pete: — Senti, tornando alla palla che ho perso… Non ti sembra un po’ strano che…

— Sciocchezze! — aveva grugnito l’altro. — Mai perso una palla, prima d’ora? A volte sembra di vedere dove vanno a finire, e poi sono sessanta, ottanta metri più in là. La prospettiva inganna spesso.

— Sì, ma…

Ancora quel “ma”. Sembrava l’ultima parola adatta a concludere tutto quello che gli capitava da un po’ di tempo a quella parte. Fatti bizzarri che si susseguivano l’uno all’altro; ciascuno aveva una sua spiegazione, se considerato in se stesso, ma…

— Bevi qualcosa — aveva suggerito Pete, allungandogli una bottiglia.

Charlie aveva ubbidito e si era sentito subito meglio. Aveva mandato giù parecchi bicchieri senza preoccuparsi. Infatti, quella sera Jane andava a un ricevimento tra amiche e non avrebbe sentito l’alito.

— Pete, che progetti hai per stasera? Jane ha un impegno, e questa è una delle mie ultime notti da scapolo…

Pete si era messo a ridere. — Vuoi dire che dovremmo sbronzarci? Va bene, conta pure su di me. Forse possiamo trovare qualche altro buontempone. È sabato e nessuno lavora domani.

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