Maggiore William Theodore Moresby 4 Luglio 1999

Vaticinio a carico di Duma.

A me si grida da Seir:

— Sentinella, a che punto è la notte?

Sentinella, a che punto è la notte?

La sentinella risponde:

— È venuto il mattino, ed è notte;

se lo volete sapere,

domandate ancora, tornate, tornate.

Il Primo Libro di Isaia

Capitolo dodicesimo

Moresby era un uomo metodico.

La luce rossa si spense. Lui allungò la mano per aprire il portello, e spinse. La luce verde si spense. Moresby afferrò le due maniglie, e si issò in una posizione più comoda, con la testa e le spalle che sporgevano dal portello. Era solo nella stanza illuminata, come si era aspettato. L’aria era fresca, e sapeva di ozono. Moresby usci dal portello, e si calò lungo il fianco del veicolo. La scaletta non c’era; fu costretto a farne a meno. Riuscì ugualmente a chiudere il portello dall’esterno, poi, in fretta, si diresse verso l’armadietto, per prendere gli abili. Alni due vestiti, appartenenti a Saltus e a Chaney, erano appesi accanto al suo, avvolti nei soliti sacchi di carta, in attesa dei proprietari. Moresby notò che sull’armadietto si era accumulato un discreto strato di polvere. Quando ebbe finito di vestirsi, si lisciò l’uniforme dell’aviazione che aveva stabilito d’indossare, cercando di spianare delle pieghe immaginarie.

Controllò l’orologio. Le dieci e cinque. Guardò il calendario elettrico e l’orologio appesi alla parete, per controllare la data e l’ora: 4 Luglio 99. Erano le quattro e dieci; sei ore di discrepanza dal momento del lancio. La temperatura era normale, circa 22 gradi.

Moresby decise che l’orologio doveva sbagliarsi; si sarebbe fidato del suo cronometro. Il suo ultimo gesto, prima di lasciare la stanza, fu di rivolgere un perfetto saluto militare alle due lenti delle telecamere. Pensò che il pensiero sarebbe stato apprezzato da quelli che si trovavano dall’altra parte del muro.

Moresby percorse il corridoio, immerso in un silenzio spettrale, e si avviò verso il deposito; i suoi piedi lasciarono delle orme, nello strato sottile di polvere che copriva il pavimento. Aprì la porta del deposito, e le luci automatiche si accesero immediatamente. Si guardò intorno ispezionando l’ambiente. Nulla indicava che qualcuno avesse usato il deposito negli ultimi anni; le provviste erano accuratamente riposte, come le aveva viste l’ultima volta. Moresby accese una lampada a petrolio, per controllarne l’efficienza dopo tanto tempo; guardò la rianima brillare, e fu soddisfatto, e poi la spense. Le provviste erano in buone condizioni, dopotutto. Prima di passare oltre, pensò di aprire un contenitore d’acqua, per assaggiarla c giudicarne la qualità: era insipida, stantia. Ma era prevedibile, se quell’anno l’acqua non era stata sostituita. Considerò la cosa una semplice dimenticanza dei tecnici.

Tre scatole gialle erano posate sul banco di lavoro… scatole che non vi aveva mai visto prima.

Aprì la prima scatola, e trovò un panciotto a prova di proiettili, fatto di una sconosciuta libra di nylon. Si tolse la giacca dell’uniforme per il tempo necessario a indossare il panciotto, e poi si mise al lavoro.

Moresby prese un registratore, inserì il nastro, fece un rapido controllo dell’apparecchio, e con rapidità ed efficienza registrò le osservazioni fatte lino; i quel momento: la scaletta mancava, il sotterraneo aveva accumulato polvere, l’acqua non era stata cambiata, il tempo del suo arrivo, indicato dall’orologio murale, era diverso da quello previsto - la differenza era di sei ore e cinque minuti. Non offrì alcuna opinione personale, limitandosi all’esposizione dei fatti. Spostò il registratore da una parte del banco. La sua azione successiva fu quella di scegliere una radio, collegarla ai fili di caduta d’antenna, sistemarla in una posizione adatta, nella parete, e poi spostare il registratore accanto alla radio, in modo che potesse registrare quanto Moresby avesse sentito. Moresby accese la radio, e si sintonizzò su di un canale militare.

Voce: — … girando intorno all’angolo di nord-ovest, in direzione sud… verso di voi. Forze approssimative, dai dodici ai quindici uomini. Attenzione, caporale, hanno dei mortai. Passo. — Il rumore di un forte cannoneggiamento si udiva in sottofondo.

Voce: — Roger. C’è una breccia nel recinto, a nordovest… un dannato bastardo ha cercato di far passare un autocarro. Sta ancora bruciando, forse li fermerà. Passo.

Voce: — Lei deve trattenerli, caporale. Non posso mandarle neanche un uomo… qui siamo sul doppio rosso. Chiudo.

Il canale non fece udire più alcun suono; anche il rumore delle cannonate cessò.

Moresby non era avvezzo a farsi prendere dal panico, né a cadere nell’eccesso opposto, la sicurezza troppo frettolosa. Provando una lieve sorpresa, cominciò metodicamente a equipaggiarsi per la ricognizione. Si infilò una cintura con fondina, prese una pistola automatica con un rotolo di munizioni; scelse un fucile a ripetizione, dopo averlo esami nato e soppesato attentamente, poi si infilò una buona provvista di munizioni nelle tasche della giacca. Staccò dall’uniforme tutti i gradi che potevano farlo riconoscere come ufficiale; ma ormai c’era poco da fare, per quello che riguardava l’uniforme. L’aveva scelta e doveva tenerla.

Il deposito non conteneva un elmetto da combattimento, né caschi. Moresby si mise a tracolla una borraccia d’acqua, e si legò sulla schiena uno zaino pieno di provviste alimentari. Decise di non portare con sé il registratore, perché il peso sarebbe stato eccessivo, ma prese la radio, studiando, nel contempo, una mappa dell’Illinois. Un’intuizione improvvisa gli diceva che la battaglia doveva svolgersi nelle vicinanze di Chicago: l’aeronautica si era preoccupata già da molto tempo della difesa di quella città, perché era il mozzo della grande raggera di traffico ferroviario e autostradale… e c’era il problema minaccioso delle imbarcazioni straniere che attraversavano i Grandi Laghi e si fermavano ai porti di Chicago. La sorveglianza di questi arrivi era sempre stata inadeguata.

Stava per staccare l’antenna esterna, quando la radio ricominciò a parlare.

Voce: — Aquila Uno! I banditi ci hanno colpito… ci hanno colpito sull’angolo di nord-ovest. Riesco a contarne dodici, disseminati sul pendio sotto il recinto. Hanno due… accidenti!… due mortai, e ci stanno martellando. Passo. — La voce rauca, quasi stridula, era sottolineata da un continuo, cupo cannoneggiamento.

Voce: — Sono penetrati nel recinto? Passo.

Voce: — Negativo… negativo. Quell’autocarro in fiamme li trattiene. Penso che proveranno qualche altro metodo… se possono, faranno un buco nel recinto a cannonate, o qualche altro mezzo. Passo.

Voce: — Li deve trattenere, caporale. È un’azione diversiva; il vero attacco l’abbiamo qui. Chiudo.

Voce: — Accidenti, tenente… Silenzio.

Moresby allungò di nuovo la mano, per staccarne l’apparecchio dai fili di caduta di antenna, ma si fermò, perché improvvisamente gli era venuta un’idea. Cambiò canale, spostandosi su un altro canale militare, uno dei sei che l’apparecchio poteva captare, e schiacciò il pulsante di trasmissione.

— Moresby, Servizio Segreto del l’Aviazione, chiama Chicago o la zona di Chicago. Rispondete, Chicago.

Il canale restò silenzioso. Moresby ripeté la chiamata, aspettò, con impazienza, che la lancetta dei secondi del suo orologio compisse un giro completo, e poi fece un terzo tentativo. Non ci fu alcuna risposta. Allora scelse un altro canale militare.

— Moresby, Servizio Segreto dell’Aviazione, chiama Chicago o la zona di Chicago. Rispondete, per favore.

Nella radio si udirono dei crepitii: scariche di statica o armi da fuoco leggere. Una voce debole, affievolita dalla lontananza o da un’energia scarsa di trasmissione, rispose:

— Qui Nash. Qui Nash, a ovest di Chicago. Usi prudenza. Risponda, Moresby. Passo.

Moresby approfittò subito del successo.

— Maggiore William Moresby, Servizio Segreto dell’Aviazione in missione speciale. Sto cercando di raggiungere Joliet o Chicago. La prego di informarmi sulla situazione. Passo.

Voce: — Sergente Nash, signore, Comando della Quinta Armata. Chicago negativa, ripeto, negativa. Eviti, eviti. Non può entrare là, signore… il lago è caldo. Passo.

Moresby rimase sbalordito.

Caldo? Mi informi, per favore. Passo.

Voce: — Mi dia il suo numero di matricola, signore.

Moresby lo pronunciò in fretta, e ripeté la domanda.

Voce: — Sì, signore. I ramjets hanno chiamato una H sulla città. Siamo sicuri che siano stati loro a chiamarla, ma quel dannato ordigno ha mancato il bersaglio, cadendo nel lago verso Glencoe. Non può andare da nessuna parte in città, signore. La città è stata incendiata, e l’acqua del lago ha inondato tutto per miglia e miglia, lungo la costa. È caldo laggiù, signore. Raccogliamo le vittime civili che riescono a uscire dai confini della città, ma non possiamo fare molto per loro. Muoiono immediatamente. La città ò chiusa. Passo.

Moresby: — È riuscito a fare uscire i suoi soldati? Passo.

Voce: — Sissignore. I soldati si sono ritirati, formando un nuovo perimetro difensivo. Non posso dire dove. Passo.

Una scarica di statica si udì, fortissima.

Moresby avrebbe voluto disperatamente ottenere delle altre informazioni, ma non poteva correre il rischio di rivelare la sua ignoranza, facendo delle domande troppo dirette. La richiesta del suo numero di matricola gli aveva rivelato che il lontano interlocutore era sospettoso, e se non avesse recitato prontamente e con esattezza il numero, il contatto sarebbe stato irrimediabilmente perduto. Questo suggeriva l’ipotesi che i canali radio militari fossero aperti all’ascolto del nemico.

Moresby: — È sicuro che siano stati quei demoni a chiamare la H? Passo.

Voce: — Sì, signore, ragionevolmente sicuro. La polizia di frontiera ha scoperto una stazione relè a Nuevo Leon, a ovest di Laredo. Sembra che ne sia stata trovata un’altra a Baja California, una grande stazione in grado di trasmettere un segnale transoceanico. La marina ha individuato una base di lancio a Tienpei. Passo.

Moresby, furioso: — Maledetti! Dobbiamo aspettarcene ancora, se la marina non interviene subito. Lei conosce la situazione di Joliet? Passo.

Voce: — Negativo, signore. Non siamo in possesso di rapporti recenti dal sud. Quel è la sua posizione? Faccia attenzione nella risposta, signore. Passo.

Moresby colse al volo l’avvertimento.

— Approssimativamente a otto miglia da Joliet. Per il momento sono ben protetto. Ho sentito il rumore di un nutrito fuoco di mortaio ma non sono riuscito a scoprirne l’origine. Credo che cercherò di raggiungere la città, sergente. Passo.

Voce: — Signore, siamo riusciti a isolare il suo segnale, e pensiamo di conoscere la sua posizione. Là è veramente ben protetto. Il suo segnale è forte e chiaro. Passo.

Moresby: — Ho elettricità, qui, ma quando lascerò il riparo mi servirò delle batterie. Passo.

Voce: — Bene, signore. Se Joliet non fosse raggiungibile, le suggerisco di fare un giro completo a nord-ovest e di venire qui. Il Quartier Generale della Quinta Armata è stato ristabilito a ovest della Base di Addestramento Navale, ma lei attraverserà le nostre linee molto prima di quel punto. Cerchi le sentinelle. Usi molta cautela, signore. Stia in guardia, perché ci sono molti ramjets tra la sua posizione e la nostra. Sono pesantemente armati. Passo.

Moresby: — Grazie, sergente. Cercherò di raggiungere un obiettivo o l’altro, a seconda delle condizioni. Passo e chiudo.

Moresby spense la radio, e staccò i fili di caduta d’antenna. Fatto questo, spense il registratore e lo lasciò sul banco di lavoro, ripromettendosi di usarlo nuovamente al suo ritorno.

Studiò di nuovo la mappa, seguendo le due strade che portavano all’autostrada e la variante che portava a Joliet. Il nemico doveva conoscere bene quelle strade, come pure la ferrovia, e se si era spinto così a sud avrebbe presidiato certamente le diverse vie d’accesso. Non sarebbe stato sicuro usare un’automobile; i grossi bersagli mobili attiravano il pericolo.

Un’ultima, rapida ricerca nella stanza non gli mostrò altri oggetti che avrebbero potuto essergli utili fuori. Moresby bevve un lungo sorso d’acqua stantia, e lasciò il deposito. Il corridoio era polveroso e silenzioso, ma sempre illuminato; le telecamere fissavano il suo passaggio. Guardò le porte chiuse, lungo il corridoio, chiedendosi chi ci fosse, là dietro… a guardarlo. Obbedendo agli ordini, non sfiorò neppure una maniglia, tanto per vedere se le porte erano chiuse oppure no. Continuò a camminare, e il corridoio terminò, e una scala saliva verso la porta delle operazioni. Il cartello che vietava di portare armi oltre la porta era stato cancellato; un tratto di vernice nera annullava le lettere che erano state scritte. In ogni caso, Moresby avrebbe ignorato l’avviso.

Moresby guardò di nuovo l’orologio, controllando l’ora, e infilò le due chiavi gemelle nelle serrature, prima l’una e poi l’altra. Un campanello suonò, in basso, e lui aprì la porta, uscendo all’aria aperta.

L’orizzonte di nord-est era immerso in una luce livida; l’alba era vicina. Erano le cinque meno dieci. Il parcheggio era vuoto.

In quel momento Moresby capì di aver commesso un errore di valutazione.

Il primo suono che udì fu il cupo tonfo del mortaio, a nord-ovest, e il secondo suono fu un crepitio di armi leggere… vicino al cancello est. Moresby chiuse la porta alle sue spalle, si assicurò che le serrature fossero ben chiuse automaticamente, e si gettò al suolo; tutto in un solo movimento. Scoprire che la battaglia era così vicina costituiva uno choc. Imbracciò il fucile, tenendolo davanti a sé, e strisciò a terra verso l’angolo dell’edificio, guardandosi intorno alla ricerca di eventuali oggetti in movimento.

Niente si muoveva nello spazio tra l’edificio del laboratorio e la costruzione più vicina, dall’altra parte. Quando raggiunse l’angolo e lo superò, il rumore degli spari si fece più forte.

Un vento forte spirava sul tetto del laboratorio, portando rifiuti e foglie con sé, e piegando le cime degli alberi piantati lungo il vialetto. Il vento pareva soffiare da ogni parte, da ogni direzione, ululando con intensità sempre più violenta nella sua corsa verso nord-est. Moresby guardò in quella direzione, sbalordito, e capì di avere commesso un altro errore, immaginando che il chiarore fosse dovuto all’alba vicina. Quello non era il sole. La luce sanguigna oltre l’orizzonte era fuoco, e il vento furioso gli diceva che Chicago stava ardendo in una tremenda tempesta di fuoco. Quando l’incendio sarebbe diventato più tremendo, quando l’acciaio avrebbe cominciato a fondersi e il vetro a liquefarsi, un uomo non avrebbe potuto restare in piedi, nell’impeto spaventoso del vento che alimentava le terribili fiamme.

Moresby si guardò di nuovo intorno, guardò di nuovo il parcheggio, poi improvvisamente si alzò in piedi e si mise a correre, attraverso la strada verso il rifugio offerto dall’edificio più vicino. La sua apparizione non fu accolta da nessuno sparo. Raggiunse il muro, si voltò per un istante, e poi girò intorno a un angolo. I cespugli e gli arbusti gli offrivano un parziale nascondiglio. Quando si fermò per riprendere fiato e guardare lo spazio aperto che gli si apriva davanti, si accorse di avere perduto la radio.

Il rumore martellante e continuo dei mortai lo preoccupava.

Era facile immaginare che il corpo di guardia del caporale, che teneva l’angolo di nord-ovest, fosse stato sopraffatto dal numero dei nemici, e probabilmente già ridotto all’impotenza. La prima voce, alla radio, aveva detto di essere alle prese con una lotta spaventosa… “doppio rosso” era una nuova terminologia, ma non era difficile scoprirne il significato… al cancello o lungo il perimetro orientale, e che non poteva rinunciare neppure a un uomo per difendere l’angolo di nord-ovest. Una decisione sbagliata. Moresby giudicò quell’ufficiale colpevole di un grave errore di giudizio. Poteva sentire il crepitio delle armi leggere al cancello… interrotto di quando in quando dal rumore inconfondibile di un fucile da caccia… e questo faceva immaginare che nella scaramuccia fossero coinvolti dei civili… ma quei mortai martellavano l’angolo opposto della base, e la loro presenza cambiava radicalmente le carte in tavola.

Moresby lasciò di corsa il nascondiglio dei cespugli. Non aveva visto alcun segno di attività intorno al laboratorio, nessun segno di difensori o di nemici.

Si diresse verso nord-ovest, spostandosi frequentemente e approfittando di tutti i nascondigli che gli si offrivano, ma compiendo alcuni tratti di corsa, nella strada, per guadagnare tempo… restando sempre in guardia, pronto a cogliere il minimo movimento. Moresby si rendeva conto, dolorosamente, dello svantaggio dal quale era appesantito in quella azione: lui non conosceva l’identità dei banditi, dei ramjets, come li avevano chiamati, non sai ebbe stato in grado di riconoscere gli amici dai nemici, a meno che essi non indossassero delle uniformi riconoscibili. I fucili da caccia erano delle armi civili; lui non sarebbe certamente rimasto inerte, di fronte a qualcuno incontrato nel recinto della base in abiti borghesi. Sospettava che la maledetta faccenda fosse una rivolta civile, non un’operazione militare.

Il mortaio tuonò di nuovo, seguito da un altro colpo. Se quello schema si ripeteva, voleva dire che i mortai erano due, fianco a fianco. Moresby rallentò il passo, per non restare senza fiato. Pensò all’attacco cinese, alla bomba H che aveva colpito Chicago. Qualcuno l’aveva chiamata, erano state le parole testuali. Ma chi avrebbe potuto attirare i cinesi su di una città americana? Chi avrebbe potuto allearsi con loro?

Passò accanto a una serie di vecchie caserme, poste a una certa distanza dalla strada, e ne riconobbe una… era l’edificio nel quale aveva abitato per alcune settimane… più di vent’anni prima. Ora appariva in condizioni deplorevoli. Continuò ad avanzare senza fermarsi, costeggiando il marciapiede che spesso aveva usato, ai suoi tempi, ritornando dalla mensa. Il vento caldo gli soffiava alle spalle, quasi lo sospingeva. Il colossale incendio che rischiarava l’orizzonte si alimentava di quel vento, e dei detriti che il vento portava con sé.

Seguendo un impulso improvviso… e non dovendo cambiare direzione… Moresby si voltò, e attraversò uno spazio deserto che portava nella Strada E; la piscina era vicina. Guardò il cielo, e vide che era notevolmente più chiaro; la vera aurora stava arrivando, portando la promessa di una torrida giornata di luglio.

Moresby raggiunse il recinto che circondava la piscina e il centro ricreativo, e smise di correre, perché gli mancava il fiato. Cautamente, tenendo pronto il fucile, varcò l’ingresso per esplorare l’interno della zona. Il centro ricreativo era deserto. Moresby camminò fino a raggiungere le piastrelle di ceramica del bordo della piscina, e guardò in basso; la piscina era asciutta, il fondo era pieno di detriti e di oggetti vari… durante quell’estate nessuno vi aveva nuotato. Fece un sospiro di disappunto. Quando aveva visto la piscina per la penultima volta… pochi giorni prima, dopotutto!, malgrado quei vent’anni… Katrina aveva giocato allegramente nell’acqua verde-azzurra, indossando quei costume risibilmente esiguo, mentre Art le aveva dato la caccia come un avvoltoio famelico, senza toglierle mai le mani dal corpo. Un bel corpo, quello di Katrina. Art sapeva quel che faceva. E Chaney era rimasto seduto al sole, mangiandosi con gli occhi la donna, scuro in volto per essere rimasto in disparte… il civile mancava della giusta iniziativa; non sapeva lottare per ottenere quel che voleva.

I mortai tuonarono di nuovo, secondo lo schema familiare, uno-due, rapidamente. Moresby sobbalzò, e si girò di scatto.

Oltre il recinto del centro vide l’automobile parcheggiata accanto ai marciapiede, a poca distanza dall’uscita, e maledisse il modo stupido in cui aveva fatto i suoi piani. L’angolo di nord-ovest distava più di un miglio, ed era una maledetta distanza da percorrere a piedi.

Moresby si fermò, deluso, quando riuscì a vedere il cruscotto.

L’auto era piccola… di colore verde-oliva… e somigliava molto di più a un “maggiolino” tedesco che a una normale automobile americana, ma il cruscotto era privo di ornamenti e di comandi. Non c’era la chiavetta d’accensione, solo un interruttore con le indicazioni delle due posizioni abituali, on e off; il veicolo aveva una guida automatica, che offriva solo tre posizioni: parcheggio, indietro e avanti. C’era un interruttore per i fari, e un altro interruttore per il tergicristallo; il cruscotto non aveva altri comandi.

Moresby si mise al volante, e abbassò l’interruttore di accensione. Una luce ammiccò per un istante, e poi si spense. Non accadde altro. Abbassò ancora la leva della guida automatica nella posizione di “parcheggio”, e accese e spense l’apparecchio, senza ottenere altri risultati se non nuovi lampeggiamenti della luce. Maledicendo quella stupida macchina, spinse con forza la leva… nella posizione di “avanti”… e l’auto si mosse rapidamente, allontanandosi dal marciapiede. Moresby afferrò il volante e spinse con forza il pedale del freno, ma non prima che la macchina fosse rimbalzata sul marciapiede opposto, con uno scossone che si ripercosse dolorosamente in tutto il suo corpo. La macchina si fermò, tremando e traballando, al centro della strada, e Moresby batté col petto contro il volante. Non si era udito alcun rumore di motore o di altri macchinari in azione.

Guardò il cruscotto, sempre più stupito, e finalmente capì di essere a bordo di un veicolo elettrico. Allentando la pressione sul pedale del freno, permise all’auto di muoversi, acquistando velocità. Questa volta il passaggio non fu così brusco, e Moresby, cautamente, spostò la leva, cercando col piede l’acceleratore. L’auto rispose ai suoi comandi, silenziosamente e senza alcuno sforzo.

Moresby aumentò la velocità, dirigendosi verso il recinto di nord-ovest. Dietro di lui, il crepitio di mitragliatrici, fucili e armi leggere intorno al cancello sembrava essersi affievolito.


Il camion stava ancora bruciando. Una colonna di fumo nero saliva nel cielo del mattino.

Il maggiore Moresby abbandonò l’auto, e balzò a terra, quando fu a meno di cinquanta passi dal perimetro. Una seconda breccia era stata aperta nel recinto, uno squarcio prodotto da colpi di mortaio a breve distanza, e nel primo, rapido sguardo che abbracciò l’insieme, Moresby vide i cadaveri di due aggressori distesi nella stessa apertura. Indossavano degli abiti civili… camicie sudice e pantaloni… e l’unico segno d’identificazione visibile su entrambi i cadaveri era una fascia gialla che portavano al braccio, uno straccio annodato poco sotto la spalla. Moresby si avvicinò al recinto, cercando di scoprire qualcosa di più.

Il mortaio era così vicino che udì il rumore prima dell’esplosione. Moresby nascose il viso nel terreno, e aspettò. Il proiettile cadde dietro di lui, più in alto, scagliando terra e roccia verso il cielo; i frammenti gli caddero addosso, sulla testa scoperta e indifesa. Lui conservò la posizione, immobile ai suolo, in attesa che il secondo mortaio sparasse.

Non sparò.

Dopo un lungo momento sollevò il capo per guardare in basso, sul pendio, oltre il recinto squarciato. Il pendio non offriva un valido riparo, e il nemico aveva pagato un prezzo molto alto per questo svantaggio: sette cadaveri erano disseminati sul terreno, tra il recinto e una catasta di tronchi che si trovava a duecento iarde di distanza. Tutti i cadaveri erano vestiti allo stesso modo: luridi abiti civili, abiti stracciati, e una fascia gialla al braccio sinistro.

Ramjets.

Moresby distolse lo sguardo, per studiare il terreno.

Il terreno scendeva dolcemente dalla posizione in cui lui si trovava e oltre il recinto protettivo, scendendo per duecento iarde prima di livellarsi in un’area pianeggiante. La spianata, in basso, pareva essere stata arata in primavera, ma ora non c’erano germogli, non era spuntato niente. Una impalcatura era stata eretta alla base del pendio, e guardava verso la linea ferroviaria, ad altre cinquecento iarde dal campo arato. Trenta iarde a nord dell’impalcatura, più in alto, lungo il pendio, di circa cinque iarde, c’era una catasta di sette od otto grossi tronchi d’albero, che erano stati sradicati dal terreno e ammucchiati in disparte: il contadino aveva sgomberato il terreno coltivabile per l’aratura, ma non aveva ancora bruciato i tronchi indesiderati. Le tracce degli pneumatici dell’autocarro invasore si vedevano chiaramente sul campo.

Moresby studiò l’impalcatura, e poi i tronchi d’albero. Se lui avesse organizzato un attacco, avrebbe sistemato un mortaio dietro ognuno dei due ostacoli; erano le uniche protezioni visibili.

Muovendosi cautamente, sollevò il fucile e sparò rapidamente due colpi, mirando contro l’impalcatura, a poca distanza dalla base. Fece seguire altri due colpi, che affondarono nell’erba alta e nei cespugli che crescevano subito sotto l’impalcatura, alla quale era appoggiato un enorme cartello. Udì un grido, un improvviso urlo di dolore, e vide un uomo uscire dalla sterpaglia e correre verso i tronchi. Il bandito barcollava, correndo, e teneva la mano appoggiata alla coscia.

Era un bersaglio facile. Moresby aspettò, seguendolo con lo sguardo.

Quando il fuggiasco fu a metà strada, tra l’impalcatura e il cartello e il primo dei tronchi abbattuti, Moresby sparò una volta sola… un colpo preciso, diretto al petto. Il corpo, cadendo, avanzò di qualche passo, spinto dalla stessa velocità della sua corsa, e cadde a poca distanza dai tronchi, bocconi. Non si mosse più.

Il rumore soffocato del mortaio che stava per sparare fu un’eco grottesca di quella caduta.

Moresby aspettò un secondo… non di più… e poi nascose il viso nel terriccio. C’era stato un movimento furtivo, dietro i tronchi. Il proiettile esplose alle sue spalle, e questa volta colpì del metallo, e non il terreno; Moresby si girò, restando sempre disteso a terra, e vide l’auto elettrica esplodere. Centro perfetto. I frammenti caddero sopra di lui, e Moresby sollevò le mani per proteggersi il capo e la nuca. Provò un acuto dolore alle dita.

La pioggia di frammenti metallici cessò. Moresby si rialzò e, rabbiosamente, sparò una serie di colpi contro i tronchi, sperando di mettere una paura del diavolo nell’invisibile artigliere. Si gettò di nuovo a terra, aspettando il rumore di accensione del secondo mortaio. Il rumore non si udì. Silenzio; si udiva solo il sibilo impetuoso del vento, e il lontano crepitio di armi in direzione del cancello principale. Moresby d’un tratto si sentì in preda a una vera esaltazione; il secondo mortaio era stato tolto di mezzo. Fuori uno. Alzandosi, con aria deliberata, prendendo la mira con calma, rovesciò una salve di proiettili contro il gruppo di tronchi. Nessuno rispose al fuoco, benché il maggiore offrisse un ottimo bersaglio. Lui aveva a clic fare soltanto con un mortaio… un mortaio dietro il quale si trovava un civile. Un miserabile, dannatissimo civile, dopotutto!

Moresby notò che le sue dita erano bagnate di sangue, e sentì l’inebriante esaltazione della battaglia. Un grido sottolineò la sua gioiosa scoperta. Si gettò al suolo, per ricaricare l’arma, e gridò di nuovo, mettendo in quel grido tutto il suo scherno per il nemico.

Osservò attentamente il terreno dietro il recinto, alla ricerca dei difensori, il corpo di guardia del caporale che aveva intercettato per radio. Avrebbero dovuto unirsi a lui, quando aveva aperto il fuoco contro i nemici in fondo al pendio. Il suo sguardo notò tre uomini, dalla sua parte del recinto, vicino al camion in fiamme, ma loro non avrebbero potuto aiutarlo. Le scarpe vuote e l’elmetto di un quarto uomo giacevano sul terreno bruciato, a dieci iarde dal camion. Nel buco prodotto da un proiettile colse una traccia di movimento… forse era stato soltanto un battito di palpebre, o il tremito di labbia socchiuse… e in questo modo scoprì l’unico superstite. Un viso esangue lo fissava, con occhi sbarrati, dal bordo della fossa.

Moresby strisciò sul pendio, e si calò nella fossa, accanto al soldato.

L’uomo era rimasto con un braccio solo; e su quel braccio c’erano i gradi di un caporale, e stringeva una cinghia che doveva essere stata attaccata a una radio; il resto del corpo e della radio erano saltati in aria, con l’esplosione. Il caporale non si mosse, quando Moresby gli calò accanto, nascondendosi nella fossa insanguinata. Il caporale fissava, impotente, il punto in cui era stato Moresby, la colonna di fumo nero che si sollevava dal camion, il sole nascente, il cielo. Non poteva girare il capo. Moresby gettò via l’inutile sacca delle provviste, e accostò la borraccia alle labbra del caporale. Un po’ d’acqua scese tra le labbra, ma la maggior parte del liquido cadde lungo il mento, e sarebbe andata perduta se Moresby non l’avesse raccolta con la mano, passandola poi sulla bocca dell’uomo. Cercò di farne entrare ancora tra le labbra rigide.

Il caporale mosse il capo, in un lieve, debole gesto di diniego, e Moresby si fermò, comprendendo che l’uomo stava soffocando per l’acqua bevuta; allora versò un altro po’ d’acqua nella mano, e bagnò il viso del caporale; nello stesso tempo, con dolcezza, abbassò le palpebre dell’uomo. Il caporale non vide più il cielo pieno di luce, quel cielo e quella luce che gli facevano male.

Il vento ululava lungo il pendio e per il campo arato, in basso; il vento ululava, soffiando verso il lago rovente, radioattivo, lontano.

Moresby alzò lo sguardo, pei studiare il pendio e il campo. Dietro un tronco d’albero erano visibili un piede e una caviglia, esposti. Con calma — senza la fretta che avrebbe potuto fargli sbagliare la mira — Moresby sollevò il fucile, e sparò contro la caviglia. Udì un terribile grido di dolore, e l’imprecazione che gli veniva diretta. Il bersaglio scomparve alla vista. Lo sguardo di Moresby indugiò sulle scarpe vuote e sull’elmetto caduti a terra, oltre il bordo del piccolo cratere. Decise di muoversi… sapeva che adesso era necessario muoversi, per non cadere vittima dei colpi di quel mortaio.

Sparò di nuovo contro i tronchi, per fare restare ai riparo l’artigliere nemico, e poi si mise a correre verso la breccia nel recinto, dove giacevano i cadaveri dei due assalitori. Si buttò a terra, disteso sul ventre, e sparò un’altra bordata di proiettili, poi si mise carponi, si appoggiò al cadavere più vicino, usandolo come uno scudo. Il vento furioso soffiava nella breccia.

Moresby toccò la camicia del bandito, e strappò il bracciale, portandolo davanti agli occhi per esaminarlo bene.

Era soltanto una striscia di stoffa gialla, probabilmente di cotone, strappata da un telo o da un sacco; sulla striscia era disegnata, con inchiostro di china nero, una rozza croce. Non c’erano parole, o slogan, o altri segni d’identificazione, per stabilire la natura del nemico e del suo movimento. Croce nera su campo giallo. Moresby frugò nella memoria, cercando di identificare il simbolo in qualche organizzazione civile. Doveva far parte di un disegno compiuto, dopotutto. La sua mente precisa e ordinata si occupò del termine sconosciuto: ramjet. Cercò di ricordare qualcosa, anche su quello.

Niente. Né il distintivo né il nome erano stati noti prima del lancio, prima del 1978.

Girò il cadavere sulla schiena, per vedere meglio il volto, e provò una sorpresa sconvolgente, terribile. Il viso nero e insanguinato era ancora contorto nell’agonia di sofferenza che aveva preceduto la morte. Due proiettili, o forse più, erano penetrati nel torace dell’uomo, mentre un altro aveva squarciato la gola, inondando di sangue il mento e il viso; non era stata una morte istantanea. Era morto urlando di dolore, accanto all’uomo che era morto vicino a lui, tentando vanamente di varcare il recinto e di ridurre all’impotenza i difensori.

Il maggiore Moresby era avvezzo da molto tempo alla morte sul campo di battaglia; il modo in cui era morto lo sconosciuto non lo aveva sconvolto… ma il vedere da vicino il nemico lo sconvolse, come niente l’aveva sconvolto prima di allora. Perché bruscamente aveva capito il significato della rozza croce nera tracciata sul campo giallo, benché prima di quel giorno non l’avesse mai vista. Questa era una rivolta civile… un’insurrezione organizzata.

I ramjets erano dei guerriglieri negri.

Il mortaio fece udire un rumore soffocato, in fondo al pendio, e il maggiore Moresby si nascose dietro il cadavere. Aspettò, con impazienza, che il proiettile cadesse da qualche parte dietro di lui, sopra di lui, e allora, per Dio, lui avrebbe preso quel mortaio.


Erano le sei e venti del mattino del 4 luglio 1999. Il sole sorgente ardeva all’orizzonte.

Un artigliere ramjet con la caviglia ferita si affacciò cautamente dietro un tronco d’albero, e si ritenne il vincitore.

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