XV

Valery sbatté gli occhi, sbalordita.

— Dan! Non sei…

Dan, ancora lontano dalla scrivania, non era che un’altra esile ombra. — È partito Joe Haller con la scialuppa. Gli ho chiesto di sostituirmi all’ultimo momento.

— Cosa… cosa sei venuto a fare quassù?

— La stessa cosa che ho tentato di fare quando tuo padre si è intestardito nell’idea assurda di cercare un altro pianeta.

Val ebbe l’impressione di non capire più niente. — Ma… io ho creduto…

Dan rise. — Tu hai fatto tanti sbagli, Val, tanti quanti ne potevi fare. Hai attribuito al povero Larry tutte le mie imprese.

— Sei tu il pazzo? — la domanda le sfuggì involontaria.

Sempre seminascosto nell’ombra, Dan rispose seccamente: — Ti sbagli ancora. Io non sono affatto pazzo. Non è pazzia difendersi dai falsi amici che ridono alle tue spalle, congiurano contro di te, tentano di portarti via tutto quello che hai.

— Io non ho mai riso di te, Dan.

— Hai fatto anche tu la tua parte. — La voce di Dan s’indurì. — Sei stata tu a convincere Larry a farsi eleggere presidente. E probabilmente l’avevi convinto anche a uccidere mio padre. Chissà le matte risate che vi siete fatti alle mie spalle.

— Dan, sbagli in pieno… Possibile che tu non capisca?

— Io capisco tutto, ho sempre capito tutto. Avete ammazzato mio padre per relegarmi contemporaneamente all’infermeria e intanto Larry s’è fatto eleggere presidente al posto mio e tu sei passata a lui. Poi, insieme, avete architettato il piano di far ripartire l’astronave verso un altro pianeta, un’altra stella. Mentre noi siamo destinati a fermarci qui, dobbiamo fermarci qui.

Valery si accorse di tenere sempre in mano la pistola sonica.

— Sei riuscita a convincere perfino tuo padre a collaborare con voi cercando un altro pianeta — continuò Dan. — L’ho tolto di mezzo, ma non è bastato a fermarti. E così devo eliminare anche te… — La voce gli si ruppe.

— Dan? Dan, ti prego.

— No — disse Dan, sul punto di scoppiare in lacrime. — Val, io ti ho amato. Avrei dato la vita per te. Ma tu mi sei sempre stata contro. Hai sempre amato Larry più di me. Mi sei sempre stata nemica, sempre.

— Ma non è vero, Dan. Vieni qui — Val strinse forte la pistola. — Vieni, ti dimostrerò che ti sbagli.

— Vengo, sì. — La voce di Dan si fece più decisa. — Ma prima butta la pistola.

Valery alzò l’arma per sparare, ma Dan svanì nell’ombra senza darle il tempo di premere il grilletto.

— È un’arma a gittata brevissima, non ci puoi fare gran che — disse la sua voce, beffarda. — Mentre il mio laser è solo un arnese da lavoro, è vero… ma anche a questa distanza può incenerirti un braccio.

Un sottile fascio d’energia rosso sangue passò vicinissimo all’orecchio di Valery, che sussultò urlando.

— La prossima volta farò centro, Val. Butta la pistola.

Valery scagliò lontano l’arma, che roteò senza peso nel buio.

Dan allora si avvicinò. Non aveva né la faccia stravolta né gli occhi spiritati; sembrava perfettamente tranquillo e sereno.

— Cosa hai intenzione di fare? — chiese Val.

— Cosa posso fare? Non mi hai lasciato alternative. Volevo chiederti di sottoporti al criosonno, così non avrei dovuto ucciderti. Ma ormai non è più possibile.

— Dan, fermati. Non puoi uccidere tutti quelli che…

— Tutti quelli che si mettono sulla mia strada? Che mi derubano di quello che è mio? Sì che posso ucciderli tutti. Vedrai se non lo faccio.

— Tu sragioni!

— Ragiono benissimo. Sono solo stufo di essere circondato da traditori. — Fece un gesto con la mano che stringeva il laser. — Cancella i nastri con le tue osservazioni.

— Non… — La mente di Val lavorava a velocità vertiginosa. — Se cancello tutto, mi lascerai vivere?

— Non posso.

— Mi farò addormentare. Puoi portarmi tu, subito.

Dan esitò un attimo. — Cancella i nastri.

Val si voltò e sfiorò alcuni tasti. Sul terminale dell’elaboratore si accesero e si spensero delle luci.

Val si girò di nuovo verso Dan e disse: — Vedi? Non c’è bisogno che uccidi nessuno.

Dan gettò un’occhiata alla figura inerte di Larry. — Mi stai chiedendo di lasciare che anche lui si faccia addormentare?

— Sì.

— Così che poi vi risvegliate insieme? No. Ha ucciso mio padre.

— Tuo padre non è stato ucciso — disse Valery.

— Non contraddirmi! — urlò Dan. — Larry ha ucciso mio padre, e io adesso ucciderò lui. Ha sempre voluto quello che era mio. Finalmente la pagherà una volta per tutte.

— Allora dovrai uccidere anche me! — gridò Val.

Dan le puntò contro il laser. Val scivolò di lato, scostandosi dal terminale dell’elaboratore.

— Guarda! — urlò. — Non cancella, registra! E ho anche messo in funzione l’interfono. Quello che hai detto è stato sentito in tutta l’astronave, e sicuramente c’è un gruppo di soccorso in arrivo!

— Sei… — Gli occhi di Dan brillarono pericolosamente, e il respiro gli si fece rauco, ansimante.

— Non ti servirà a niente ammazzarci, Dan — disse Val, sforzandosi di usare un tono calmo. — Quello che sappiamo noi, lo sanno tutti. Arrenditi, e affidati ai medici.

Con un ruggito, Dan sparò contro il terminale dell’elaboratore, che esplose in una pioggia di scintille. Le luci della scrivania si spensero, e Val fece un balzo verso l’alto e poi si spostò di lato, tentando disperatamente di allontanarsi.

— Io vi ammazzo! — urlava Dan. — Ammazzo tutti!

Larry! Nel buio chissà dove, Larry fluttuava, privo di sensi. Se Dan lo trovava… Valery vide venire verso di lei la scarna ossatura d’ombra del telescopio. Tese tutt’e due le mani e si aggrappò a una delle traverse.

Sospesa lassù, scrutò nel buio, adattando gli occhi alla fioca luce delle stelle. E lo vide, un corpo che fluttuava silenziosamente. È Larry, o è un trucco di Dan?

Lo scatto e il cigolìo d’un portello che si apriva le fece voltare la testa. Un fascio di luce guizzò nell’osservatorio, e Valery vide Dan calarsi dal portello e richiuderlo sopra di sé.

Si lanciò verso Larry, e in quel momento un altro portello si aprì, e una voce d’uomo gridò: — Tutto bene, signorina Loring?

— Sono qui! Accendete le luci e venite ad aiutarmi. Larry Belsen è privo di sensi.


Ironia del caso, pensò Larry.

Era seduto alla scrivania di Dan nell’ufficio del gruppo Propulsione e Potenza. Qualcuno gli teneva appoggiato alla nuca un vibratore, per placare l’infernale mal di testa che gli aveva lasciato la pistola sonica.

Valery era in piedi davanti a lui, pallida e affranta.

Mezza dozzina d’ingegneri e operatori stavano ai loro posti, tutti con una pistola sonica appesa alla cintura.

— Come va? — disse la voce di una ragazza alle spalle di Larry.

Rigido e dolorante, Larry rispose senza voltarsi: — Mi sembra d’essere uno che fa andare un motore a razzo standoci dentro.

La ragazza gli venne davanti, e Larry vide che indossava la tuta bianca delle infermiere. — Vi prendo un analgesico — disse, e aprì una cassetta di pronto soccorso sulla scrivania.

Larry guardò Valery, e notò che aveva gli occhi rossi. — Dunque hai creduto che fossi un assassino.

— Ho temuto che lo fossi — rispose Val, sottovoce.

— E ti senti meglio — chiese Larry amaramente, — ora che sai che l’assassino è Dan?

— Non molto, no — confessò Val. — Ma… sono contenta che non sia tu.

— Non si sa dove s’è cacciato Dan? — chiese Larry, dopo una pausa.

— No — disse Val. — Mort Campbell ha preso il comando della squadra d’emergenza. Stanno frugando l’astronave.

— Me lo chiami, per favore?

Val andò al videofono, e poco dopo sul video apparve la faccia di Campbell.

— Dove sei? — chiese Larry.

— Al deposito diciassette. Uno degli uomini che lavorano alle scialuppe di riserva ha sentito rumori strani.

— Avete trovato niente?

La faccia bovina di Campbell si rabbuiò. — È dura. Quest’area è tanto grande che ci potrebbe stare nascosto tutto l’equipaggio dell’astronave. Abbiamo chilometri di corridoi e tubi da perlustrare, migliaia di sezioni e comparti… e tutto con poche decine di uomini, quando non ne basterebbero centinaia.

— Metto sotto sorveglianza le aree di lavoro e gli alloggi. Da qualche parte dev’essere, e prima o poi uscirà… se non altro per procurarsi da mangiare.

— Già. Ma non ci conterei troppo. In ogni caso, ci sono monitor dappertutto. Ho messo una squadra speciale a controllare i videoschermi sul ponte di comando.

— Bene.

— Ho sentito dire che è armato.

— Sì — disse Larry. — Ma lo voglio vivo. Se dovete proprio usare delle armi, usate le pistole soniche.

— Dev’essere malato sul serio.

— È spaventato. Abbiate riguardo per lui. Ma non correte rischi inutili: è deciso a uccidere.

Gli occhi di Campbell ebbero un impercettibile guizzo di sorpresa. — Va bene.

La faccia bovina svanì dallo schermo.

Larry si alzò in piedi. Per un attimo fu preso da un violento capogiro, e appoggiò una mano sulla spalla di Val.

— Vieni — le disse. — Dal ponte di comando avremo sott’occhio tutta l’astronave.

— Aspetta un momento — disse Val. — M’è venuta un’idea, mentre parlavi con Campbell.

— Che idea?

— Il dottor Hsai ha passato molto tempo con Dan, ci ha parlato a lungo…

— Senza capirci niente — brontolò Larry.

— Può darsi, ma chissà che non ricordi qualcosa… o trovi qualcosa fra le sue note… che ci possa dare un indizio di dove Dan è andato a nascondersi.

Larry ci pensò su un momento. — Forse vale la pena di tentare. — Si rivolse all’operatore più vicino, seduto a una telescrivente di controllo a guardare i grafici con cui l’elaboratore descriveva secondo per secondo il funzionamento dei reattori e dei generatori. — Vi chiamate Peterson, vero?

Il giovane operatore sorrise, visibilmente lusingato che il presidente sapesse ricordare il suo nome. — Sì, signore.

— Fatemi un favore. Chiamate il dottor Hsai e ditegli di venire da me sul ponte appena può.

— Sì, signore. Subito.

Quando Larry e Val arrivarono sul ponte di comando, il dottor Hsai era già lì in paziente attesa. Larry aveva fatto la discesa per i tubi, ora vividamente illuminati, aspettandosi di gradino in gradino che Dan sbucasse fuori e li attaccasse. Invece non l’aveva visto, come non aveva visto nessuno della squadra di Campbell.

L’astronave è enorme, pensò. Volendo, uno potrebbe vagarci per settimane senza vedere anima viva.

Anche sul ponte, tutti gli operatori erano armati, e alla porta c’erano due guardie dall’espressione truce.

Il dottor Hsai non era armato, naturalmente. Larry gli spiegò rapidamente cosa voleva.

Lo psicotecnico arricciò pensosamente le labbra. — In questo momento non mi vieni in mente niente. Ma farò passare le mie note, e chissà che non trovi una frase involontariamente rivelatrice.

Speriamo, pensò Larry. E mormorò a Val: — Se vuole, Dan può danneggiare gravemente l’astronave.

— Ma le aree vitali sono tutte protette, no?

Larry diede un’occhiata circolare ai video e annuì. — In apparenza sì… ma l’astronave è troppo grande, e ha troppi punti deboli. Dan potrebbe tagliare i collegamenti elettrici, i condotti dell’aria e dell’acqua… tutto.

— Ma perché dovrebbe farlo? — chiese Val.

— E chi lo sa? — rispose Larry, aspro. — Perché ha fatto tutto quello che ha fatto? Perché è pazzo!

Val non disse niente, ma abbassò gli occhi.

— Scusami — disse subito Larry. — Non volevo essere brutale. Ma purtroppo ho i nervi a fior di pelle.

— Lo so.

Passò del tempo, e alla fine Larry non ce la faceva più a stare in piedi e dovette andare a dormire. Si svegliò dopo circa due ore e, pur pesto e intontito, ritornò sul ponte.

Ci trovò Mort Campbell, con la barba lunga e gli occhi cerchiati, che beveva caffè da una tazza fumante.

— Novità? — gli chiese.

— Cento falsi allarmi. — Campbell bevve un sorso e sussultò: — Cristo, se scotta! No… tutti lo vedono, e non lo troviamo da nessuna parte. S’è proprio nascosto bene.

Larry resse altri due turni. Passò parte del tempo sul ponte e parte con gli uomini di Campbell a perlustrare corridoi e aree di lavoro e di deposito inutilizzate, tutte ermeticamente chiuse e sepolte sotto una polvere di mezzo secolo.

Cenò con Val al self-service.

— Voglio assegnarti due guardie di scorta.

— A me?

— Dan non ha detto che voleva ucciderti?

— Ma solo perché gli ho detto che il pianeta più interno di Epsilon Indi è praticamente uguale alla Terra. Voleva impedirmi di annunciarlo al Consiglio.

— Ah… E adesso sa che era una bugia.

Val sorrise, imbarazzata. — No, è la verità. È a te che ho detto una bugia.

— Cosa? Mi hai detto…

— Era una bugia. Volevo vedere se… insomma, se avresti tentato di… d’impedirmi di fare la relazione al consiglio.

Larry la guardò strabiliato. — Vuoi dire che Epsilon Indi ha davvero un pianeta simile alla Terra?

Val annuì, sorridendo.

Larry ebbe voglia di mettersi a ballare. Ma poi gli tornò in mente Dan. — In ogni caso voglio che tu sia protetta. Dan è pericoloso… e io ti amo ancora.

— Lo so — disse Valery, a voce molto bassa, quasi un sussurro. — Io non ho mai smesso un attimo di amarti.

Larry si protese sul tavolo e la baciò. Settanta persone nel self-service smisero di mangiare per godersi la scena. Larry non se ne curò affatto. Se pure se ne accorse.


— Dev’essere da qualche parte. — Larry aveva un diavolo per capello.

Era sul ponte di comando e parlava con Mort Campbell, che era stancamente abbandonato su una sedia.

— Uno non può sparire per tre giorni — smaniò. — Va bene che l’astronave è grande, ma ormai dovreste averlo scovato.

— Lo so, è quello che penso anch’io — disse Campbell. — O è di una furbizia diabolica o…

— O cosa?

— O ha amici che lo aiutano.

Larry fece un gesto secco trinciando l’aria. — No, questo no. Che ci sia un matto a bordo passi, ma che ce ne siano degli altri che lo aiutano… no, non ci posso credere…

— Però Joe Haller ha preso il suo posto sulla scialuppa.

— Ho parlato con Joe. Non aveva la minima idea delle intenzioni di Dan. Gli aveva chiesto di sostituirlo, e lui l’ha fatto. Tutto qui.

Campbell buttò in aria le braccia disgustato. — Ma allora dove può essersi ficcato? Perché non riusciamo a trovarlo?

— Se lo sapessi, Mort…

— Segnale di emergenza! — annunciò un’operatrice.

Larry fu da lei in un balzo. — Che succede?

La ragazza indicò una luce rossa sul pannello che aveva davanti e premette alcuni tasti. Uno dei due video ai lati del pannello si illuminò, e apparve una guardia che perdeva sangue da una vistosa ferita sulla testa.

— È qui… è qui…

— Da dove è stato inviato il segnale? — urlò Larry alla ragazza.

— Camera di compensazione quattordici, livello tre. Campbell schizzò dalla sedia e in un lampo fu alla porta. Larry disse: — Voglio parlare all’interfono.

La ragazza annuì e armeggiò coi tasti. — Parlate pure.

Larry si chinò sul microfono incassato nel pannello, e disse: — Parla il presidente. Dan Christopher ha aggredito una guardia alla camera di compensazione quattordici, livello tre. Tutte le squadre di perlustrazione si dirigano là. Gli addetti alla sorveglianza restino ai loro posti. — Fece per raddrizzarsi, poi ebbe un’idea. — Dan… Dan Christopher. Arrenditi, Dan. Noi vogliamo aiutarti. Non puoi farcela. Arrenditi, non ti faremo del male.

Ma suonava inefficace a lui per primo.

Passeggiò nervosamente per il ponte ancora per qualche minuto, poi disse: — Vado anch’io al livello tre. Se ci sono chiamate per me, passatemele là.

Arrivò alla camera di compensazione 14 che stavano portando la guardia all’infermeria, su una barella. Campbell era dentro con le mani sui fianchi.

Larry si fece strada tra una decina di uomini e s’infilò nel portello interno.

— Finalmente sappiamo dov’è — gli disse Campbell.

— Che cosa è successo?

Campbell indicò col pollice le tute pressurizzate appese nel corridoio fuori della camera di compensazione. — Ha tramortito la guardia, ha preso una tuta ed è uscito nello spazio.

— Cosa? Sei sicuro?

Campbell annuì. — Sì. Quando siamo arrivati, pochi minuti fa, il portello era aperto.

— Ed è fuori?

— Già. Si sta suicidando.

Larry rimase un po’ pensieroso. — No. Sta cercando di arrivare a una parte dell’astronave, non so quale… Dio mio, potrebbe sfondare le paratie, magari della zona degli alloggi…

Perfino Campbell perse un po’ della sua abituale calma. — Meglio dare l’allarme. Far sigillare i portelli…

Larry annuì. — E far sorvegliare tutte le camere di compensazione.

— Bene. Nient’altro?

— Sì. Raduna una squadra di volontari. Dobbiamo uscire e inseguirlo. Vengo anch’io.

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