9 Rigor di logica

Il progresso dell’uomo dipende in larga misura dall’individuo. Migliaia di milioni di uomini vivono organizzati in una società che somiglia a quella delle formiche. Ma invece non è così. Le idee nuove, causa di ogni sviluppi, nascono dall’individuo, non da una comunità o da uno Stato. Le nuove idee, fragili come fiori di primavera, e che la moltitudine con facilità calpesta, trovano invece accoglienza presso il pensatore solitario.

Fra tutta la gente che stava ad aspettare l’arrivo della Nuvola, nessuno, tranne Kingsley, ne aveva compreso in modo coerente la natura, nessuno tranne Kingsley aveva inteso il motivo per cui la Nuvola faceva quella strana visita al sistema solare. Quella sua decisa affermazione fu respinta persino dai suoi compagni scienziati — eccettuato Alexandrov.

Weichart si espresse francamente.

«È un’idea ridicola,» disse.

Marlowe scosse il capo.

«Ecco quel che succede a leggere la fantascienza.»

«Niente fantascienza, accidenti: Nuvola venuta dritta su Sole, accidenti. Niente fantascienza se Nuvola fermata. Niente fantascienza, accidenti, se jonizzazione,» borbottò Alexandrov.

McNeil, il medico, era perplesso. Questa nuova storia per lui era anche peggio delle antenne e dei trasmettitori.

«Vorrei sapere, Chris, che cosa intendi, in questo contesto, con la parola

«Be’, John, tu sai meglio di me che la distinzione fra animato e inanimato è più un fatto di convenzione verbale che altro. All’incirca possiamo dire che la materia inanimata ha struttura semplice e proprietà relativamente semplici. La materia animata o vivente invece ha struttura molto complicata, ed è capace di un comportamento assai complesso. Dicendo che la Nuvola può esser viva. intendevo dire che la materia all’interno di essa può essere organizzata in modo complesso, sì che il suo comportamento e di conseguenza il comportamento di tutta la Nuvola, è molto più complicato di quel che noi non avessimo prima supposto.»

«Non c’è per caso una tautologia in questo discorso?» chiese Weichart.

«Ho detto che e sono solo termini di comodo. Ci paiono tautologici se li spingiamo troppo avanti. Parliamo in termini più scientifici: io ritengo che la chimica dell’interno della Nuvola sia estremamente complessa: molecole complicate, attività nervosa complicata. Io ritengo che la Nuvola abbia un cervello.»

«Conclusione netta, accidenti,» annuì Alexandrov.

Quando ebbero smesso di ridere Marlowe si rivolse a Kingsley.

«Ebbene, Chris, sappiamo quel che lei vuol dire, o ad ogni modo ci siamo vicini. Ora stia a sentire noi. Un po’ di calma. Vediamo la cosa punto per punto.»

«Benissimo, facciamo in questo modo. Punto primo: la temperatura interna della Nuvola può favorire la formazione di molecole assai complesse.»

«Giusto, è un punto a suo vantaggio. Infatti la temperatura è di poco meno favorevole di quella della Terra.»

«Secondo punto: le condizioni sono favorevoli alla formazione di grandi strutture composte di molecole complesse.»

«E perchè?» chiese Yvette Hedelfort.

«Adesione in superficie di particelle solide. La densità all’interno della Nuvola è così alta che masse di materiale solido — forse ghiaccio comune — quasi certamente vi si trovano dentro. A mio avviso le molecole complesse si uniscono quando urtano sulla superficie di queste masse solide.»

«Benissimo, Chris,» convenne Marlowe.

«Mi dispiace, ma non mi arrendo.» McNeil scuoteva il capo. «Tu parli di molecole complesse che si uniscono urtando insieme sulla superficie di corpi solidi. Non regge. Le molecole di cui è composta la materia vivente possiedono in grande quantità energia interna, e i processi della vita dipendono da tale energia. Se le molecole si uniscono urtandosi, l’energia non entra in questo modo nelle molecole.»

Kingsley non si scompose.

«E da quale fonte traggono la loro energia interna le molecole delle creature viventi qui sulla Terra?» chiese a McNeil.

«Le piante la traggono dal Sole, gli animali dalle piante, o da altri animali. Perciò in ultima analisi l’energia viene sempre dal Sole.»

«E la Nuvola da dove sta ricavando l’energia?»

E poichè nè McNeil nè altri parevano disposti a contraddirlo, Kingsley continuò.

«Accettiamo pure l’obiezione di John. Supponiamo che la mia bestia, dentro la Nuvola, sia fatta delle stesse molecole di cui siamo fatti noi. In questo caso, perchè le molecole si formino occorre la luce di qualche stella. Certo, la luce delle stelle si trova anche nello spazio interstellare, ma è molto debole, quindi per avere una fonte di luce davvero forte la bestia dovrebbe avvicinarsi molto a una qualche stella. Ed è proprio quello che ha fatto.»

Marlowe si agitò.

«Dio mio, in questo modo tre punti sono collegati. Primo, il bisogno di luce solare. Secondo, la Nuvola piomba diritta sul Sole. Terzo, la Nuvola si ferma appena giunta al Sole. Benissimo, Chris.»


«È un ottimo inizio davvero, ma lascia alcuni punti oscuri,» osservò Yvette Hedelfort. «Non vedo,» continuò, «in che modo la Nuvola si trovasse nello spazio. Se ha bisogno della luce del Sole o di una stella, avrebbe potuto restarsene vicino a una stella lontana. Ritieni forse che questa tua bestia sia nata da qualche parte nello spazio e ora sia venuta a porsi vicino al nostro Sole»

«E già che ci sei, Chris, ci vuoi spiegare in che modo la tua amica bestia controlla la propria energia? Come ha fatto a sparare tutto quel gas a velocità così fantastica per rallentare il suo moto?» chiese Leicester.

«Una domanda alla volta. Prendiamo per prima quella di Harry, perchè forse è la più facile. Noi abbiamo cercato di spiegare l’espulsione di quel gas ricorrendo ai campi magnetici, e abbiamo visto che la spiegazione non funzionava. C’era un inconveniente: i campi magnetici avrebbero dovuto essere così forti da spaccare la Nuvola. Diciamolo in un altro modo: è impossibile che grandi quantità di energia si localizzino, grazie a una forza magnetica, in uno spazio relativamente piccolo. Guardiamo ora il problema da un altro punto di vista. E per cominciare chiediamoci cosa avremmo fatto noi per produrre un’intensa concentrazione locale di energia.»

«Esplosione!» sussurrò Barnett.

«Giusto, esplosione, o per fissione nucleare, o — che è più probabile — per fusione nucleare. L’idrogeno non manca all’interno di questa Nuvola.»

«Dici sul serio, Chris?»

«Certamente. Se è giusta la mia supposizione, che all’interno della Nuvola ci sia una bestia, allora perchè non dovrebbe essere intelligente almeno quanto noi?»

«C’è la piccola difficoltà dei prodotti radioattivi. Non sarebbero assai pericolosi per la materia vivente?» chiese McNeil.

«Certo, se possono raggiungere la materia vivente. Ma se non è possibile produrre esplosioni coi campi magnetici, è possibile impedire a due tipi di materia di mescolarsi. Immagino che la bestia ordini magneticamente il materiale della Nuvola, che per mezzo dei campi magnetici essa possa muovere a suo piacimento la materia all’interno della Nuvola. Immagino che la bestia stia bene attenta a tenere il gas radioattivo ben staccato dalla materia vivente — ricordate che il termine è di puro comodo. Ma non voglio entrare in una discussione filosofica.»

«Lo sa, Kingsley,» disse Weichart, «che funziona molto meglio di quel che non mi sembrava? In altre parole lei vuol dire questo: come noi riuniamo la materia con le mani, o con l’aiuto di macchine costruite dalle nostre mani, la bestia unisce la materia con l’aiuto dell’energia magnetica.»

«All’ingrosso è così. E devo aggiungere che la bestia è privilegiata rispetto a noi. Intanto essa ha maggiore energia di noi.»

«Mio Dio, lo credo, un’energia miliardi di volte superiore, almeno,» disse Marlowe. Comincio a credere, Chris, che ti daremo ragione. Non possiamo far altro che aggrapparci alla domanda di Yvette, che mi sembra ottima. Quale può essere la risposta?»

«È davvero un’ottima domanda, Geoff, e non sono certo di avere una risposta convincente. Ma l’idea è questa: forse la bestia non può resistere molto a lungo negli immediati paraggi di una stella. Forse di tanto in tanto si sposta da una stella all’altra, crea le sue molecole, che formano, per così dire, il suo alimento, e poi riparte. Forse lo sta facendo da chissà quanto tempo.»

«Ma perchè non dovrebbe, la bestia, poter restare in permanenza presso una stella?»

«Be’, una nuvola comune, domestica, una nuvola senza bestia dentro, rimanendo per sempre accanto a una stella, a poco a poco si condenserebbe, trasformandosi in un corpo compatto o in una serie di corpi compatti. Lo sappiamo tutti del resto: la nostra Terra forse è nata da una nuvola, che si è condensate. È chiaro che alla nostra bestia dispiacerebbe molto vedere la sua Nuvola protettiva condensarsi e diventare un pianeta. È chiaro perciò che essa avrà deciso di andarsene prima di correre questo rischio. E quando se ne va si porta dietro la Nuvola.»

«Secondo lei quanto tempo ci vorrà?» chiese Parkinson.

«Non lo so. Secondo me la bestia se ne andrà non appena avrà terminato di ricostruire la sua riserva di cibo. Forse settimane, forse mesi, anni, millenni…»

«Mi par di sentire puzzo di bruciato,» osservò Barnett.

«Può darsi. Io non so ancora se hai il naso buono Bill. Cos’è che non va?»

«Molte cose. Intanto quello che hai detto sulla condensazione può valere soltanto per una nuvola inanimata. Ma se noi ammettiamo che la Nuvola possa controllare la distribuzione del materiale nel suo interno, allora essa può anche impedire, e facilmente, che avvenga la condensazione. Dopo tutto la condensazione è un fenomeno di instabilità, e basterebbe un minimo di controllo da parte della bestia per impedirla.»

«Ci sono due risposte. Prima: credo che la bestia possa perdere il controllo se rimane troppo tempo vicina al Sole. Se vi rimane troppo a lungo, il campo magnetico del Sole penetrerà nella Nuvola. Poi la rotazione della Nuvola intorno al Sole farà esplodere il campo magnetico, e quindi non ci sarà più possibilità di controllo.»

«Dio mio, è un’osservazione eccellente.»

«Vero? Ed eccone un’altra: per quanto la bestia possa differire dalla vita terrestre, essa deve avere una cosa in comune con noi: come noi deve obbedire alle regole fondamentali biologiche della selezione e dello sviluppo. Voglio dire che la Nuvola non può aver avuto sempre, fin dall’inizio, una bestia compiuta nel suo interno. All’inizio deve aver avuto un essere piccolo e semplice, come è accaduto sulla Terra. Perciò, all’inizio, non deve essere stato complesso il controllo della distribuzione della materia all’interno della Nuvola. Quindi, se all’inizio la Nuvola era situate in prossimità di una stella, non avrebbe potuto impedire di condensarsi in un pianeta o in un gruppo di pianeti.»

«Perciò secondo te come è avvenuto l’inizio della Nuvola?»

«Dev’essere stato un incidente nello spazio interstellare. Agli inizi la vita della Nuvola deve essere dipesa dal campo generale di radiazione delle stelle. Anche in questo modo la radiazione — in quanto capace di creare molecole — dev’essere stata più forte che sulla Terra. Poi immagino che, sviluppandosi l’intelligenza, essa abbia scoperto che le riserve di cibo — cioè la formazione di molecole — potevano accrescersi enormemente se la Nuvola si spostava accanto a una stella per un periodo di tempo relativamente breve. Insomma la Nuvola deve essere un cittadino temporaneo dello spazio interstellare. Avanti, Bill, tira fuori qualche altra obiezione.»

«Be’… avrei un altro problema. Non potrebbe la Nuvola creare da sola le sue radiazioni? Perchè prendersi la briga di venire presso una stella? Se essa si intende di fusioni nucleari, al punto di produrre quelle gigantesche esplosioni, perchè non dovrebbe servirsi della fusione nucleare per produrre la sua riserva di radiazioni?»

«Per produrre radiazioni in maniera controllabile occorre un reattore lento, e una stella è appunto un reattore lento. Il Sole altro non è se non un reattore lento a fusione nucleare. Per produrre radiazioni paragonabili a quelle del Sole, la Nuvola dovrebbe addirittura trasformarsi in una stella. In questo modo la bestia finirebbe arrostita, perchè all’interno ci sarebbe troppo calore.»

«Ma anche così io non credo che una nuvola di quella massa riesca a produrre grandi radiazioni,» osservò

Marlowe. «La sua massa è troppo piccola. In quanto al rapporto massa-luminosità, in confronto a quello del Sole, quello della Nuvola sarebbe niente. No, è un discorso sbagliato, Bill.»

«Anch’io vorrei fare una domanda,» fece Parkinson. «Perchè dite sempre al singolare? Non potrebbe darsi che nella Nuvola ci siano tante… bestioline?»

«Ho una risposta, ma mi ci vorrà del tempo a spiegarla.»

«Be’, credo che stanotte non avremo voglia di dormire, perciò vada avanti.»

«Cominciamo col supporre, come dice Parkinson, che dentro la Nuvola ci siano tante bestioline, invece di una sola, grossa. Dovrete concedermi in questo caso che fra gli individui interni alla Nuvola si sia stabilito un qualche rapporto di comunicazione.»

«Certamente.»

«E allora che forma dovrebbe avere tale comunicazione?»

«Ce lo devi dir tu, Chris.»

«Era una domanda retorica. Ritengo che non sarebbe possibile la comunicazione così come la intendiamo noi. Noi comunichiamo con mezzi acustici.»

«Vuoi dire parlando. Certo, tu almeno fai così, Chris,» disse Ann Halsey.

Kingsley non raccolse e continuò.

«Qualsiasi tentativo di far uso del suono sarebbe frustrato dall’enorme volume di fondo che deve esistere all’interno della Nuvola. Sarebbe come — anzi peggio — voler parlare mentre infuria la tempesta. Possiamo quindi ritenere che una possibile comunicazione all’interno della Nuvola dovrebbe avvenire elettricamente.»

«Mi sembra giusto.»

«Bene, andiamo avanti. La distanza fra i singoli individui all’interno della Nuvola dovrebbe essere molto grande — sempre sul nostro metro — perchè la Nuvola è molto grande. Sarebbe quindi difficilissimo, con tali distanze, usare metodi C.C.»

«Metodi C.C.? Chris, cerca di evitare il gergo.»

«Corrente continua.»

«Ah sì, ora capisco.»

«Insomma come succede al telefono. Detto all’ingrosso: la differenza fra comunicazione C.C. e comunicazione C.A. è la stessa che tra telefono e radio.»

Marlowe guardò Ann Halsey e sorrise.

«Chris sta cercando di spiegarci, a modo suo, che la comunicazione deve avvenire per propagazione radiante.»

«Se crede che in questo modo sia più chiaro…»

«Ma certo che è chiaro, non fare il sabotaggio, Ann. La propagazione radiante avviene quando emettiamo un segnale luminoso o un segnale radio. Questo viaggia per lo spazio, nel vuoto, a una velocità di 300.000 km al secondo. Ma anche a questa velocità ci vorrebbero circa dieci minuti perchè un segnale traversasse la Nuvola.

«Secondo: la quantità di informazioni che si possono trasmettere per propagazione radiante è enormemente più grande di quella che si può trasmettere nella maniera comune, con il suono. Lo abbiamo visto poco fa coi nostri radiotrasmettitori. Perciò se la Nuvola contenesse individui distinti, essi dovrebbero poter comunicare fra di loro in maniera molto più veloce della nostra. Quel che noi riusciamo a dire con un’ora di chiacchiere, essi lo direbbero in un centesimo di secondo.»

«Ah, comincio a capire,» intervenne McNeil. «Se le comunicazioni avvengono in questo modo, allora non si può più nemmeno parlare di individui distinti.»

«Ci sei, John.»

«Ma non ci sono io,» disse Parkinson.

«In parole povere,» rispose McNeil, «Chris vuol dir questo: se nella Nuvola ci sono degli individui, essi devono avere un’alta capacità telepatica, al punto che non significa più nulla considerarli separati l’uno dall’altro.»

«E allora perchè non lo ha detto subito?» fece Ann Halsey.

«Perchè come tutte le , il termine non significa niente.»

«Ma per me significa molto.»

«E cosa significa per te, Ann?»

«Significa comunicare i propri pensieri senza parlare, anzi senza nemmeno scrivere o fare un cenno o… niente, insomma.»

«In altre parole significa — ammesso che significhi qualcosa — comunicazione con mezzi non acustici.»

«E ciò si chiama propagazione radiante,» intervenne Leicester.

«E propagazione radiante significa usare correnti alternate, e non le correnti continue e i voltaggi che usa il nostro cervello.»

«Ma io pensavo che in qualche misura noi fossimo capaci di comunicare per telepatia,» disse Parkinson.

«Ah! Il nostro cervello non ha la possibilità di comunicare per telepatia. Si basa tutto su voltaggi C.C., e in quel modo è impossibile la trasmissione radiante.»

«Forse dico una sciocchezza, ma credevo che tutti questi tipi di poteri extrasensoriali fossero riusciti a stabilire comunicazioni tra di loro,» insistè Parkinson.

«Cattiva scienza, accidenti,» brontolò Alexandrov. «Comunicazioni dopo esperimento molto male. Solo predizione in scienza.»

«Non capisco.»

«Alexis vuol dire che nella scienza contano soltanto le predizioni,» spiegò Weichart. «È proprio in questo modo che Kingsley mi ha messo alle corde. Non serve far prima un sacco di esperimenti e poi scoprire un sacco di rapporti, a meno che questi rapporti non possano essere utilizzati per avere nuove predizioni. Altrimenti è come puntare su un cavallo dopo che la corsa è finita.»

«Le idee di Kingsley sono molto interessanti anche

per ciò che implicano da un punto di vista neurologico,» osservò McNeil. «Per noi la comunicazione è un problema di enorme difficoltà. Anche in noi avviene un passaggio di energia elettrica — essenzialmente energia C.C. -; avviene nei nostri cervelli. Per far questo buona parte del cervello è occupata a controllare i muscoli delle labbra, e le corde vocali. Ma anche così questo processo è assai difficile. Ce la caviamo meglio con le idee semplici, ma la comunicazione dei sentimenti è molto difficile. Invece le bestioline di Kingsley dovrebbero essere in grado di comunicare anche i sentimenti, ed ecco un’altra ragione per cui non ha senso parlare di individui distinti. Fa spavento pensare che tutte le cose di cui abbiamo parlato stasera, e che ci siamo in tal modo scambiate, in maniera tanto approssimativa, quelle stesse cose le bestioline di Kingsley, in un centesimo di secondo, se le potrebbero comunicare con precisione enormemente maggiore.»

«Vorrei che si parlasse ancora di questi individui distinti,» disse Barnett, volgendosi a Kingsley. «Tu ritieni che ciascun individuo, all’interno della Nuvola, sia in grado di costruire un qualche tipo di trasmettitore radiante?»

«Non di costruirlo. Ecco come vedo l’evoluzione biologica all’interno della Nuvola. Agli inizi io ritengo che debba esserci stata una quantità di individui singoli, senza alcun rapporto fra l’uno e l’altro. Poi è cominciata la comunicazione, non per creazione inorganica dei mezzi per la trasmissione radiante, ma attraverso un lento sviluppo biologico. Gli individui si sono creati un mezzo di trasmissione radiante a mo’ di organo biologico, allo stesso modo che l’uomo si è creato la bocca, la lingua, le labbra, le corde vocali. Poi tale comunicazione si è sviluppata in un a misura che noi non riusciremmo nemmeno a immaginare. Basta pensare, ed il pensiero, immediatamente, è trasmesso. Basta provare un sentimento, e subito tutti gli altri ne partecipano. In questo modo l’individuo scompare, e si evolve un complesso coerente. La bestia, così la vedo io, non ha bisogno di collocarsi in un punto qualsiasi della Nuvola. Può darsi che le sue parti costitutive siano sparse per tutta la Nuvola, ma dal punto di vista neurologico abbiamo sempre unità, tenuta insieme da un sistema di comunicazione, nel quale i segnali son trasmessi avanti e indietro alla velocità di 300.000 km al secondo.»

«Dovremmo considerare più da vicino la natura di quei segnali. Ritengo che debbano avere una lunghezza d’onda piuttosto rilevante. Non credo che possa servire la luce ordinaria, perchè la Nuvola è opaca,» disse Leicester.

«Secondo me i segnali sono onde radio,» continuò Kingsley. «E c’è un buon motivo per crederlo. Perchè il sistema funzioni, occorre controllare alla perfezione la fase, e questo è possibile con le onde radio, ma non con quelle corte.»

McNeil sobbalzò.

«Le nostre trasmissioni!» esclamò. «Può darsi che abbiano interferito con il controllo neurologico della bestia.»

«Certo, se la bestia lo avesse consentito.»

«Cosa vuoi dire, Chris?»

«Bene, la bestia ha a che fare non con la trasmissione nostra soltanto, ma con tutto il complesso delle onde radio dell’universo. Da ogni angolo del cosmo ci sono onde radio che interferiscono con la sua attività neurologica, a meno che essa non abbia creato una qualche forma di protezione.»

«Che genere di protezione?»

«Scariche elettriche nelle parti esterne della Nuvola, che provocano la jonizzazione necessaria a impedire l’ingresso delle onde radio esterne. Per la Nuvola una protezione simile dev’essere indispensabile, come il cranio per il cervello dell’uomo.»

La stanza era piena di fumo, odoroso d’anice. All’improvviso Marlowe si accorse che la pipa era troppo calda e la depose.

«Dio mio, crede che questo spieghi l’aumento di jonizzazione nell’atmosfera quando agiscono i nostri trasmettitori?»

«All’ingrosso sì. Abbiamo già parlato di un meccanismo di alimentazione. Proprio questo, credo, ha fatto la bestia. Se un’onda estranea penetra troppo a fondo, allora aumenta il voltaggio e si formano le scariche, fino a che le onde non possono più avanzare.»

«Ma la jonizzazione avviene nella nostra atmosfera.»

«Ai nostri fini possiamo considerare l’atmosfera nostra come parte della Nuvola. Sappiamo dal tremolio del cielo notturno che il gas si estende dalla Terra fino alle parti più dense della Nuvola, cioè le parti a forma di disco. Insomma, elettronicamente parlando, noi siamo all’interno della Nuvola. Si spiegano in questo modo, credo, i disturbi che abbiamo sperimentato durante le trasmissioni. Prima, cioè quando eravamo fuori della Nuvola, la bestia non si proteggeva jonizzando la nostra atmosfera, ma faceva uso del suo scudo elettronico esterno. Una volta che siamo entrati dentro lo scudo, le scariche son cominciate ad avvenire nella nostra atmosfera. Insomma la bestia ha iscatolato la nostra trasmissione.»

«Ottimo ragionamento, Chris,» disse Marlowe.

«Ottimo, accidenti,» annuì Alexandrov.

«E le trasmissioni sulla lunghezza di un centimetro. Quelle son passate benissimo,» obbiettò Weichart.

«Avrei una risposta che fa al caso nostro, ma implica un ragionamento piuttosto lungo. Credo che valga la pena di tentarlo, perchè ci può suggerire qualcosa sul da farsi. A me sembra assai improbabile che questa Nuvola sia unica. La Natura non fa mai esemplari unici. Supponiamo perciò che vi siano molte bestie ad abitare la Galassia. Perciò io ritengo che ci sia un sistema di comunicazione fra una nuvola e l’altra. Questo implicherebbe che certe lunghezze d’onda occorrano per le comunicazioni esterne, lunghezze d’onda che perciò entrano nella Nuvola senza farle alcun danno neurologico.»

«E la lunghezza di un centimetro sarebbe di questo tipo?»

«All’incirca.»

«Ma allora perchè non c’è stata alcuna risposta alla nostra trasmissione sulla lunghezza di un centimetro?» chiese Parkinson.

«Forse perchè non abbiamo inviato alcun messaggio. Che risposta potevamo aspettarci da una trasmissione assolutamente a vuoto?»

«Ma allora noi dovremmo cominciare a spedire messaggi sulla lunghezza di un centimetro,» esclamò Leicester. «Ma la Nuvola come può decifrarci?»

«Non è un problema urgente. Sarà palese che le nostre trasmissioni contengono una notizia — palese perchè noi ripeteremo frequentemente lo stesso messaggio. Appena la Nuvola si accorge che dietro le nostre trasmissioni c’è un controllo intelligente, credo che potremo attenderci una qualche risposta. Quanto tempo ci vorrà per cominciare, Harry? Tu non sei ancora in condizione di modulare la lunghezza di un centimetro, vero?»

«No, ma lavorando anche di notte possiamo esser pronti in un paio di giorni. Ho avuto una specie di presentimento, che stanotte non sarei andato a letto. Avanti, ragazzi, si attacca.»

Leicester si alzò stiracchiandosi e uscì. La riunione si sciolse Kingsley tirò Parkinson da un lato.

«Guardi, Parkinson,» disse, «non c’è bisogno di andare in giro a spargere la voce; ne sappiamo ancora troppo poco.»

«Certo. Oltretutto il Primo ministro crede già che io sia impazzito.»

«Però c’è una cosa che si potrebbe lasciar trapelare. Se Londra, Washington, e il resto del circolo politico mettono in azione i trasmettitori sui 10 centimetri, è possibile evitare l’inconveniente del fading.»

Più tardi, quando furono soli, Ann osservò.

«Come hai fatto a trovare quell’idea, Chris?»

«Be’, mi sembrava abbastanza ovvia. C’è un solo guaio: noi tutti abbiamo una sorta di inibizione verso questo modo di pensare. Nonostante tutti i libri di fantascienza c’è radicata in noi l’idea che la vita sia possibile solo sulla Terra. Se avessimo guardato le cose con occhio imparziale, ce ne saremmo accorti molto prima. Le cose sono cominciate a andar male fìn dall’inizio, sistematicamente. Ma una volta superato questo blocco psicologico, mi sono accorto che era facile superare ogni difficoltà con un primo passo semplice e assolutamente plausibile. Uno alla volta i pezzi del rompicapo sono andati al loro posto. Credo che anche Alexandrov abbia avuto la stessa idea; purtroppo il suo inglese non è eccellente.»

«Non è eccellente, accidenti. Scusa, ritieni che questo affare della trasmissione funzionerà?»

«Lo spero moltissimo. Ha un’importanza capitale.»

«Perchè?»

«Pensa alle sciagure che si sono scatenate sulla Terra senza che la Nuvola facesse niente di proposito contro di noi. È bastato un po’ di riflessione sulla superficie esterna per arrostirci quasi. È bastato un breve oscuramento del Sole per congelarci quasi. Se la Nuvola dovesse dirigere su di noi la più piccola frazione della sua energia, ci farebbe fuori tutti, piante e animali.»

«Ma perchè dovrebbe accadere questo?»

«Chi lo sa? Ti preoccupi tu delle formiche, delle bestioline che schiacci sotto il piede quando vai a passeggio? Basterebbe una di quelle pallottole di gas che hanno colpito la Luna tre mesi fa per distruggerci. Prima o poi la Nuvola se ne andrà, scagliando ancora del gas. Eppure basterebbe una scarica elettrica per distruggerci.»

«Può davvero far questo la Nuvola?»

«Con molta facilità. Essa possiede un’energia semplicemente mostruosa. Ma se noi possiamo inviare qualche messaggio, allora forse la Nuvola avrà la premura di guardare dove mette i piedi.»

«E perchè dovrebbe avere premura di noi?»

«Ecco, se una formica ti dicesse: , tu non saresti disposta a mettere il piede un po’ più in là?»


1 °Contatto!


Di lì a quattro giorni, dopo 33 ore di trasmissione da Nortonstowe, giunse la prima comunicazione dalla Nuvola. Impossibile descrivere l’agitazione che si diffuse nel gruppo: basti dire che si fece subito qualche frenetico tentativo di decifrare il messaggio, perchè di messaggio si trattava, evidentemente, giudicando dai moduli ricorrenti fra i rapidi impulsi dei segnali radio. Quei tentativi andarono falliti. Non c’era da meravigliarsi perchè, come già aveva osservato Kingsley, è difficile scoprire la cifra anche quando il messaggio è stato pensato in una lingua conosciuta; ora poi il messaggio veniva in una lingua ignota, nella lingua della Nuvola.

«Capisco,» osservò Leicester. «Il problema per noi non è più facile che per la Nuvola; nemmeno la Nuvola capirà i nostri messaggi fino a che non avrà scoperto la lingua inglese.»

«No, il problema è anche più complesso,» disse Kingsley. «Abbiamo tutti i motivi per credere che la Nuvola sia più intelligente di noi, perciò la sua lingua — qualunque essa sia — sarà probabilmente più complessa della nostra. Propongo quindi di non cercar più di decifrare i messaggi che riceviamo. Meglio aspettare che la Nuvola riesca a decifrare i nostri.»

«Buona idea, accidenti. Sempre obbligare straniero imparare inglese,» disse Alexandrov ad Yvette Hedelfort.

«Tanto per cominciare, noi dovremmo attenerci, per quanto è possibile, alle scienze e alla matematica: questo probabilmente è il miglior denominatore comune. Poi tenteremo di parlare anche di sociologia. Sarà un grosso lavoro registrare tutte le notizie che vogliamo trasmettere.»

«Vuoi dire che dovremmo trasmettere una specie di corso elementare di matematica e scienze, servendoci di un inglese elementare?» chiese Weichart.

«Esatto. E credo che dovremmo cominciare subito.»

L’idea di Kingsley ebbe successo, anche troppo. Due giorni dopo giunse la prima risposta comprensibile. Diceva:

«Messaggio ricevuto, informazioni scarse. Mandatene altre.»

Per una settimana intera tutti si misero a leggere libri scelti apposta. Le letture venivano registrate e trasmesse. E ogni volta veniva una risposta breve che chiedeva altre notizie e altre ancora.

Marlowe disse a Kingsley:

«Non funziona, Chris, dobbiamo pensare qualcosa di nuovo. Questa bestiaccia ci farà morire di esaurimento. A forza di leggere la voce mi è diventata rauca, come quella di un vecchio corvo.»

«Harry Leicester sta lavorando a un’idea nuova.»

«Ne sono contento. Di che si tratta?»

«Di prendere due piccioni con una fava. L’unico inconveniente, ora, non è soltanto la lentezza del nostro sistema. C’è un’altra difficoltà: molte delle notizie che trasmettiamo paiono incomprensibili, assolutamente. Ci sono nella nostra lingua un mucchio di parole che si riferiscono a oggetti sensibili, oggetti che noi vediamo e tocchiamo. Se la Nuvola non conosce questi oggetti, non vedo come possa intendere buona parte di quel che le raccontiamo. Chi non ha mai visto un arancio, o non ha fatto in qualche modo l’esperienza di un arancio, non vedo come possa sapere cosa significa la parole , per quanto sia intelligente.»

«Capisco, cosa propone di fare?»

«È stata un’idea di Harry. Pensa che possiamo servirci della televisione. Per fortuna son riuscito a convincere Parkinson, e ce ne hanno mandato qualche apparecchio. Harry ritiene di poterne collegare uno al nostro trasmettitore, e spera anche di poterlo modificare, fino ad avere qualcosa come 10.000 linee, invece delle miserande 450 o giù di lì della televisione normale.»

«E questo perchè la lunghezza d’onda è molto più bassa, vero?»

«Si, certo. Dovremmo riuscire a trasmettere un quadro eccellente.»

«Ma la Nuvola non ha un ricevitore.»

«Certo no. Sta alla Nuvola decidere in che modo analizzare i nostri segnali. Noi dobbiamo preoccuparci solo di trasmettere informazioni importanti. Finora abbiamo fatto un lavoro scadente e la Nuvola ha ragione di lamentarsi.»

«In che modo possiamo usare la macchina da presa televisiva?»

«Prima di tutto faremo una lista di parole, nomi e verbi. È indispensabile, e va fatto con cura. Non ci dovrebbe volere più di una settimana per trasmettere circa cinquemila parole. Quindi potremo trasmettere il contenuto di libri sfogliando per così dire le pagine con la macchina da presa. Con questo metodo dovremmo poter trasmettere tutta l’Enciclopedia Britannica in pochi giorni.»

«In questo modo dovremmo saziare la sete di conoscenza di quella bestiaccia. Be’, è meglio che torni alle mie letture! Mi tenga avvisato quando la macchina da presa è pronta. Non s’immagina quanto sia contento di liberarmi di questo fastidio.»

Qualche tempo dopo Kingsley andò a trovare Leicester. «Scusa, Harry,» disse, «ma c’è qualche altro problema.»

«Spero che te lo terrai per te.»

«Scusa ancora: è questione tua, e temo che richiederà altro lavoro.»

«Senti, Chris, perchè non ti levi la giacca e cominci a far qualcosa invece di infastidire il proletariato? Be’, che c’è? Sentiamo.»

«Mi sembra che non diamo troppa importanza al problema della ricezione. Quando avremo cominciato a trasmettere con la televisione, probabilmente avremo le risposte nella stessa forma. Cioè un messaggio che appaia sotto forma di parole sul televisore.»

«Ebbene? Che difficoltà c’è? Sarà facile a leggersi?»

«Si, fin qui tutto va bene. Ma ricorda che noi possiamo leggere solo 20 parole al minuto, mentre speriamo di trasmettere a una velocità almeno cento volte superiore.»

«Be’, diremo a quel tipo lassù di diminuire la velocità delle risposte. Gli diremo che non possiamo ricevere più di 10 parole al minuto, invece delle decine di migliaia che a quanto pare, lui riesce a raccogliere.»

«Benissimo, Harry, tutto quello che dici è giusto.»

«Però vuoi che lavori di più, eh?»

«Preciso. Come hai fatto a indovinare? Pensavo che sarebbe bello sentire i messaggi della Nuvola, invece che leggerli sul televisore. Ci si stanca meno ad ascoltare che a leggere.»

«Idea terribile, accidenti, direbbe Alexis. Ti rendi conto di cosa significa?»

«Significa che bisogna tenere alla pari video e suono. Ci può servire il calcolatore elettronico. Si tratta solo di ficcarci dentro cinquemila parole.»

«Solo!»

«Non mi pare che significhi molto lavoro. Dovremo trasmettere le singole parole lentamente alla Nuvola. Prevedo che ci vorrà una settimana circa. Man mano che trasmettiamo una parole, registreremo le parti chiave del nostro segnale TV sul nastro perforato. Non dovrebbe esser difficile. Si può incidere anche il suono delle parole, usando un microfono, naturalmente che traduca il suono in forma elettrica. Una volta che tutto è stato inciso, lo possiamo inserire nel calcolatore, a nostro piacimento Con questo doppio inserimento — l’attrezzatura magnetica ci servirà, data la mole delle notizie, e la velocità richiesta — che noi potremo, a piacimento, leggere i messaggi della Nuvola sul televisore o sentirli dall’altoparlante.»

«Senti una cosa, Chris. Non ho mai conosciuto una persona capace quanto te di trovar lavoro al prossimo. Tocca a te, però, preparare tutto il programma.»

«Certo.»

«Bel lavoro, eh? E intanto noi poveracci ci dobbiamo massacrare con quei ferri da saldatura, bruciarci i pantaloni e Dio sa cos’altro. Per il suono, che voce debbo usare?»

«La tua, Harry. Te lo concedo come compenso a tutti quei buchi nei pantaloni.»

Col passar del tempo Harry Leicester parve sempre più propenso ad accettare l’idea di tradurre in suono i messaggi della Nuvola. Dopo qualche giorno se ne andava in giro con uno strano ghigno sul volto, ma nessuno ne comprese il motivo.

Il sistema della televisione si dimostrò ottimo. Dopo quattro giorni fu ricevuto un messaggio che diceva:

«Congratulazioni per il miglioramento tecnico.»

Questo messaggio comparve sullo schermo televisivo, perchè non funzionava ancora il sistema di conclusione sonora.

La trasmissione delle parole singole si dimostrò alquanto più difficile del previsto, ma finalmente ci riuscirono. La trasmissione di opere matematiche e scientifiche invece fu più semplice. Fu presto chiaro che queste trasmissioni servivano soltanto a mettere la Nuvola al corrente delle condizioni del progresso umano: come quando un bambino fa vedere i compiti a un grande. Poi si cominciarono a trasmettere libri sui problemi sociali. Difficile fu scegliere il migliore: decisero alla fine di trasmetterne diversi, scelti a caso. Fu subito chiaro che la Nuvola trovava più difficile assorbire questo materiale. Alla fine venne la risposta, sempre sullo schermo televisivo. -

«Le ultime trasmissioni paiono assai confuse e strane. Ho molte domande da porre: ma preferisco rimandarle a dopo. Sia detto tra parentesi, le vostre trasmissioni interferiscono molto seriamente, essendo vicino il vostro trasmettitore, con vari messaggi esterni che desidero ricevere. Per questo motivo vi mando la cifra che segue. In seguito userete sempre questa. Voglio creare uno schermo elettronico contro il vostro trasmettitore. La cifra servirà a segnalare che volete passare oltre lo schermo. Se è opportuno vi sarà concesso di farlo. Attendetevi un’ulteriore trasmissione tra circa 48 ore.»

Sul televisore si disegnò un complicato gioco di luci. Poi seguì un altro messaggio:

«Prego confermare che avete ricevuto la cifra e che potete usarla.»

Leicester tentò questa risposta:

«Abbiamo registrato la vostra cifra. Crediamo di poterla usare, ma non ne siamo certi. Ve ne daremo conferma con la prossima trasmissione.»

Ci fu una pausa di circa 10 minuti poi giunse la replica:

«Benissimo. Addio.»

Kingsley spiegò ad Ann Halsey:

«La pausa dipende dal tempo necessario perchè la trasmissione raggiunga la Nuvola e perchè la risposta torni fino a noi. Per questo motivo sarà bene evitare i messaggi brevi.»

Ma ad Ann Halsey non interessavano tanto le pause quanto il tono dei messaggi della Nuvola.

«Pareva proprio un essere umano,» disse con gli occhi spalancati dallo stupore.

«Certo. Come avrebbe potuto essere altrimenti? Usa il nostro linguaggio, il nostro frasario, per questo pare un essere umano.»

«Ma era tanto carino quell’

«Che sciocchezza! Per la Nuvola, forse, è solo un termine convenzionale per significare che la trasmissione è finita. Ricorda che la Nuvola ha imparato la nostra lingua a pezzi e bocconi, e in una quindicina di giorni. Non mi sembra una cosa tanto umana.»

«Oh, Chris, quanto sei tetro; sei proprio — come si suol dire — un funerale. È vero, Geoff?»

«Funerale? Direi di si, signora, il più grosso e possente funerale della cristianità. Signor sì! Ma senti, Chris, cosa ne pensi?»

«Pensavo che è buon segno che la Nuvola ci abbia mandato la cifra.»

«Anch’io. Ci tira su il morale, e Dio sa se ne abbiamo bisogno. Non è stata un’annata facile. Mi par di sentirmi meglio, se penso al giorno che ti venni a prendere all’aeroporto di Los Angeles: quanto tempo è passato!»

Ann Halsey arricciò il naso.

«Non capisco perchè la fate tanto lunga con questa cifra, mentre poi vi siete affrettati a buttare acqua fredda sul mio

«Perchè, mia cara,» rispose Kingsley, «l’invio di quella cifra è un gesto ragionevole e razionale. È un contatto, un segno di comprensione, senza alcun rapporto col linguaggio, mentre quel tuo è solo una glossa linguistica superficiale.»

Leicester venne loro incontro.

«Questa pausa di due giorni è proprio una fortuna Credo che nel frattempo riusciremo a mettere a punto il sistema sonoro.»

«E la cifra?»

«Son certo che funzionerà, ma ho pensato che sia meglio premunirsi.»

Due giorni dopo, a sera, erano tutti riuniti nel laboratorio di trasmissione. Leicester e i suoi amici si apprestavano a dare gli ultimi ritocchi. Erano quasi le 8 quando sullo schermo comparvero i primi segnali luminosi. Poi le parole.

«Azioniamo il sonoro,» disse Leicester.

Si misero tutti a ridere quando dall’altoparlante si sentì la voce perchè era la voce di Joe Stoddard che parlava. Per un paio di minuti pensarono quasi tutti che fosse uno scherzo, ma poi si accorsero che la voce ripeteva esattamente le parole comparse sullo schermo. E poi quel che diceva la voce non poteva essere farina del sacco di Joe Stoddard.

Lo scherzo di Leicester serviva a qualcosa. Evidentemente non aveva avuto tempo sufficiente per dare inflessioni alla voce: ogni parola era pronunciata sempre allo stesso modo, tra una parola e l’altra c’era sempre lo stesso intervallo, tranne che per la fine dei periodi, dove la pausa era un po’ più lunga. Per questo andava meglio la voce di Joe Stoddard, quasi priva di inflessioni. E Leicester aveva abilmente regolato il ritmo della trasmissione con quello di Joe Stoddard. Perciò, anche se la voce della Nuvola era un’imitazione artificiale di Joe, tuttavia come imitazione era buona ma nessuno riuscì ad abituarsi al fatto che la Nuvola parlasse con la lenta cadenza del West, nè agli errori di pronuncia di Joe. Da quel momento la Nuvola fu ribattezzata Joe.

Il primo messaggio di Joe diceva press’a poco così:

«La vostra prima trasmissione mi ha sorpreso, perchè è molto insolito trovare sui pianeti animali forniti di capacità tecniche.»

Chiesero a Joe il perchè.

«Per due semplici ragioni. Vivendo alla superficie di un corpo solido, voi siete soggetti a una grande forza gravitazionale. Questo fatto limita grandemente la crescita dei vostri animali, e quindi limita anche l’estensione della vostra attività neurologica. Vi costringe a crearvi una struttura muscolare per potervi muovere, vi costringe a portarvi dietro una corazza protettiva contro gli urti violenti: per esempio il cranio è una protezione indispensabile per il vostro cervello. Il peso morto dei muscoli e della corazza riduce ancora l’ambito delle vostre attività neurologiche. Infatti anche i vostri animali più grossi sono fatti principalmente di ossa e di muscoli, con pochissimo, cervello. Come ho già detto, la causa di questa difficoltà è il forte campo gravitazionale. In linea generale non ci si attende vita intelligente sui pianeti, ma solo in un mezzo gassoso e diffuso.

«Secondo fattore a voi sfavorevole è l’estrema carenza di alimenti chimici fondamentali. Per costruire alimenti chimici su vasta scala è necessaria la luce delle stelle. Il vostro pianeta invece assorbe solo una parte piccolissima della luce del Sole. In questo momento mi sto costruendo gli alimenti chimici fondamentali in misura di dieci miliardi di volte più grande di quella che si realizza su tutta la superficie del vostro pianeta.

«Questa carenza di alimenti chimici vi costringe a vivere mangiando; e in questa situazione è difficile che i primi barlumi dell’intelletto abbiano il sopravvento sui muscoli e sulle ossa. Certo, una volta che si sia affermata l’intelligenza, diventa più facile la lotta coi muscoli e con le ossa, ma i primi passi sono i più difficili — tanto più che il vostro caso è una rarità tra le forme di vita dell’universo.»

«Vorrei che lo sentissero i fanatici dei viaggi spaziali,» disse Marlowe. «Harry, chiedigli perchè qui sulla Terra si è formata l’intelligenza.»

Fu posta la domanda e poco dopo venne la risposta:

«Forse dalla combinazione di varie circostanze. la più importante, secondo me, è la nascita, cinquanta milioni di anni fa, di un nuovo tipo di pianta: la pianta che voi chiamate erba. La nascita di questa pianta provocò l’improvvisa riorganizzazione di tutto il mondo animale, dovuta al fatto singolarissimo che l’erba, a differenza di tutte le altre piante, si può cogliere a livello del terreno. Diffondendosi su tutta la Terra i prati erbosi, sopravvissero e si svilupparono quegli animali che potevano profittare di questa singolarità. Altri animali invece si estinsero. Mi pare che sia stato questo grande successo di riadattamento a permettere che l’intelligenza comparisse sul vostro pianeta.

«Ci sono alcuni fattori assai insoliti che hanno reso difficile decifrare il vostro sistema di comunicazione,» continuò la Nuvola. «In particolare mi sembra stranissimo che i vostri simboli di comunicazione non abbiano alcun rapporto stretto con l’attività neurologica dei vostri cervelli.»

«Avremmo dovuto dir qualcosa in proposito,» osservò Kingsley.

«Ma certo. Mi pareva impossibile che tu riuscissi a star buono un po’ di tempo, Chris,» osservò Ann Halsey.

Kingsley spiegò la differenza fra comunicazione C.A. e C.C., e chiese a Joe se anche lui funzionava su base C.A. Joe rispose affermativamente e continuò:

«Non è la sola stranezza. Quella maggiore è l’estrema somiglianza, presso di voi, fra un individuo e l’altro. Questo vi consente di adoperare un metodo di comunicazione molto rudimentale. Voi applicate tante etichette ai vostri stati neurologici: ira, mal di testa, fastidio, felicità, malinconia, sono tutte etichette. Se il signor A vuol dire al signor B che gli fa male la testa, non tenta neppure di descrivere la disfunzione neurologica che avviene nella sua testa. Preferisce mostrargli un’etichetta, e cioè dirgli:

«Quando il signor B sente queste parole, prende la etichetta e la interpreta secondo la sua propria esperienza. Così il signor B si rende conto della disfunzione del signor A, anche se nè il primo nè il secondo sanno minimamente che cosa sia in realtà . Questo singolarissimo metodo di comunicazione è possibile solo tra individui quasi identici.»

«Possiamo dirlo anche così,» fece Kingsley. «Dati due individui assolutamente identici, non è necessaria alcuna comunicazione fra di essi, perchè ognuno sa automaticamente l’esperienza dell’altro. Tra individui quasi identici basta un metodo di comunicazione rudimentale. Invece fra due individui molto differenti, è necessario un sistema di comunicazione assai più complesso.»

«È proprio quel che stavo cercando di spiegare. A questo punto dovrebbe esser chiara la difficoltà che ho incontrata per decifrare il vostro linguaggio. È un linguaggio che si adatta a individui molto simili, mentre fra me e voi c’è una grande differenza, molto più grande di quella che forse voi immaginate. Per fortuna i vostri stati neurologici mi sembrano abbastanza semplici. Appena sono riuscito a comprenderli in qualche misura, ho potuto decifrare le vostre comunicazioni.»

«Abbiamo qualcosa in comune da un punto di vista neurologico?» chiese McNeil. «Per esempio, avete qualcosa che corrisponda al nostro

Giunse la risposta:

«In senso lato anche noi proviamo i sentimenti del piacere e del dolore, ma questo è possibile solo in una creatura che possieda un complesso neurologico. Il sentimento del dolore corrisponde a un’acuta disfunzione degli schemi neurologici, e questo può accadere tanto a me che a voi. La felicità è una condizione dinamica, nella quale si estendono gli schemi neurologici e non si guastano: questo può accadere tanto a me che a voi. A parte queste somiglianze, immagino che le mie esperienze soggettive siano molto diverse dalle vostre. Ma anche in questo siamo simili: anch’io considero i sentimenti dolorosi tali che bisogna evitarli, mentre ricerco quelli piacevoli.

«Più precisamente: i vostri mal di testa derivano da un errato afflusso di sangue che interrompe, nei vostri cervelli, l’esatta sequenza delle scariche elettriche. Io provo qualcosa di simile al mal di testa se nel mio sistema nervoso entra del materiale radioattivo. Ciò provoca scariche elettriche, in maniera simile a quella che si dà nei vostri contatori Geiger. Queste scariche interferiscono con il mio senso del tempo e producono un’esperienza soggettiva estremamente spiacevole.

«Ora voglio farvi una domanda d’argomento diverso. Mi interessano quelle che voi chiamate . Capisco la letteratura, deve essere l’arte di disporre idee e sentimenti in parole. Le arti visive hanno un chiaro rapporto con la vostra percezione del mondo. Ma non capisco affatto la natura della musica. Non vi dovrebbe sorprendere la mia ignoranza al proposito, perchè non mi avete ancora, che io sappia, trasmesso della musica. Volete per cortesia colmare questa lacuna?»

«Ecco la tua occasione, Ann,» disse Kingsley. «E che occasione! Nessun musicista ha suonato mai di fronte a un pubblico simile.»

«Cosa devo suonare?»

«Che ne pensi di quel Beethoven che hai eseguito l’altra sera?»

«L’opera 106? È un po’ difficile per un principiante.»

«Avanti, Ann. Fatti sentire dal vecchio Joe,» intervenne Barnett.

«Non c’è bisogno che tu suoni se non vuoi, Ann. Ho fatto la registrazione,» disse Leicester.

«Come è venuta?»

«Ottimamente, da un punto di vista tecnico. Se tu sei soddisfatta dell’esecuzione, possiamo cominciare a trasmettere quasi subito.»

«Forse è meglio la registrazione. Vi parrà sciocco, ma temo che sarei nervosa se dovessi mettermi a suonare per quel coso.»

«Non far la sciocca. Il vecchio Joe non morde.»

«Forse no, ma preferisco la registrazione.»

La trasmisero. E dall’altra parte venne la risposta.

«Molto interessante. Vi prego di ripetere la prima parte a velocità maggiorata del trenta per cento.»

Fatto questo venne ancora un messaggio:

«Meglio. Benissimo. Intendo pensarci sopra. Addio.»

«Dio mio, lo hai distrutto, Ann!» esclamò Marlowe.

«Mi chiedo come possa la musica aver qualche effetto su Joe. Dopo tutto la musica è suono, e noi abbiamo convenuto che il suono non dovrebbe significar nulla per lui,» osservò Parkinson.

«Non sono d’accordo,» fece McNeil. «Non c’entra nulla il suono con la nostra capacità di apprezzare la musica, anche se a prima vista può sembrare altrimenti. Il nostro cervello apprezza non il suono, ma gli stimoli elettrici che riceve dall’orecchio. Noi usiamo il suono solo come espediente per produrre certi schemi di attività elettrica. Ci sono prove a sufficienza per dimostrare che i ritmi musicali riproducono sostanzialmente i ritmi elettrici che avvengono nel cervello.»

«È molto interessante, John,» esclamò Kingsley. «Perciò potremmo dire che la musica dà la più diretta espressione delle attività del cervello.»

«No, non arriverei a dire tanto. Direi piuttosto che la musica ci dà il migliore indice degli schemi generali del cervello, mentre le parole sono il miglior indice degli schemi particolari.»

E la discussione continuò fino a notte alta. Esaminarono sotto ogni aspetto i messaggi della Nuvola. L’osservazione più interessante fu forse quella di Ann Halsey.

«Il primo movimento della sonata in si bemolle maggiore reca una indicazione di metronomo che implicherebbe una velocità di esecuzione fantastica, superiore alle possibilità di qualsiasi pianista. Ricordate che la Nuvola ci ha chiesto di aumentare la velocità? Mi viene da tremare a pensarci, anche se forse è stato un semplice caso.»


A questo punto furon tutti d’accordo che bisognava passare alle autorità politiche tutte le notizie sulla vera natura della Nuvola. I vari governi cercavano di organizzare le comunicazioni radio. Scoprirono che, lanciando verticalmente le trasmissioni di tre centimetri, la jonizzazione dell’atmosfera poteva limitarsi abbastanza da rendere possibile le comunicazioni. Perciò Nortonstowe divenne ancora di più un centro importante per la trasmissione delle notizie.

In verità a nessuno piaceva dover dare tante informazioni sulla Nuvola, e tutti ritenevano che le comunicazioni dirette con essa sarebbero uscite dal controllo di Nortonstowe. E c’erano molte cose che gli scienziati volevano ancora sapere. Per questo Kingsley si oppose decisamente all’idea di informare le autorità politiche, ma fu sopraffatto dal parere degli altri, i quali ritenevano che, pur a malincuore, bisognava rivelare il segreto.

Leicester aveva registrato le discussioni con la Nuvola e le trasmise sui canali di tre centimetri. In quanto ai governi di tutto il mondo, non si fecero alcuno scrupolo a tener segreta la notizia. L’uomo qualunque non seppe mai che dentro la Nuvola c’era la vita, perchè col passare del tempo le cose si misero in maniera tale che fu inevitabile il segreto assoluto.

A quell’epoca nessun governo possedeva un trasmettitore da un centimetro e un ricevitore appositamente costruito. Almeno per qualche tempo ancora solo Nortonstowe poteva comunicare con la Nuvola. I tecnici degli Stati Uniti, tuttavia, fecero notare che grazie alle trasmissioni di Nortonstowe il governo statunitense e anche gli altri, potevano mettersi in contatto con la Nuvola.

Pertanto fu deciso di servirsi di Nortonstowe non solo pel il passaggio delle comunicazioni terrestri, ma anche per i contatti con la Nuvola.

Quelli di Nortonstowe si divisero in due gruppi quasi pari. Da una parte Kingsley e Leicester che volevano opporsi decisamente al progetto dei politici e dire a muso duro che i vari governi andassero all’inferno. Altri, i con Marlowe e Parkinson, sostenevano che con quell’atteggiamento non c’era da guadagnare nulla, perchè i politici avrebbero fatto con la forza quel che desideravano. Mancavamo poche ore alla prossima comunicazione dalla Nuvola e il dibattito fra i due gruppi era giunto a una fase assai acuta. Trovarono una soluzione di compromesso. Mediante un accorgimento tecnico fecero in modo che i ricevitori del governo potessero udire la Nuvola, ma non parlarle.

E così accadde. Quel giorno i più alti e venerabili rappresentanti della specie umana ascoltarono la Nuvola senza tuttavia poterle rispondere. Su quell’augusto uditorio i discorsi della Nuvola ebbero un pessimo effetto, perchè Joe si mise, con tutta franchezza, a parlare del sesso.

«Vorrei che mi risolveste questo paradosso. Noto che larga parte della vostra letteratura si occupa di ciò che voi chiamate , e soprattutto di . Dagli esempi che mi sono disponibili credo di poter dedurre che quasi il quaranta per cento della vostra letteratura si occupa di questo argomento. Eppure non sono riuscito a trovare in che cosa consista realmente l’: questo punto viene sempre evitato con cura. Ciò mi induce a credere che l’ sia un avvenimento assai interessante e complicato. Vi lascio quindi immaginare la mia sorpresa quando, dai testi di medicina, ho appreso che è soltanto un processo ordinario molto semplice, comune alla grande varietà degli animali.»

Gli augusti rappresentanti della specie umana protestarono di fronte a questa affermazione, ma Leicester li costrinse al silenzio staccando i collegamenti.

«Basta,» disse. Quindi porse il microfono a McNeil. «Credo che sia la volta tua, John. Cerca di dare a Joe la risposta.»

McNeil fece del suo meglio.

«Se lo guardiamo da un punto di vista interamente logico, la nascita e la crescita dei bambini è un fatto privo di ogni attrattiva speciale. Per la donna significa dolore e preoccupazione infinita. Per l’uomo significa lavoro in più per molti anni, per sostenere la famiglia. Perciò se il nostro atteggiamento riguardo al sesso fosse solamente logico, forse non ci prenderemmo la cura di riprodurci. Se ne assume l’incarico la natura, facendo dell’amore una cosa assolutamente irrazionale. Può sembrare contraddittorio, ma se non fossimo irrazionali non potremmo sopravvivere. La stessa cosa probabilmente vale anche per gli altri animali.»

Joe riprese la parola:

«Questa irrazionalità, che avevo sospettato, e che son lieto di sentirvi riconoscere, ha un aspetto più grave e più triste. Vi ho già avvisati che sul vostro pianeta le riserve di alimenti chimici sono assai limitate. È quindi probabile che tale atteggiamento irrazionale nei riguardi della riproduzione vi porti a dar vita a un numero di individui troppo alto per poterlo sostenere con quelle scarse risorse. In tale situazione c’è un grande pericolo. In verità è assai probabile che la scarsezza di vita intelligente sui pianeti derivi dalla grande diffusione di queste forme di irrazionalità, collegata alla carenza di alimenti. Non è improbabile, a mio avviso, che fra poco tempo la vostra specie sarà estinta. Tale opinione mi par confermata dal ritmo troppo rapido con cui cresce la popolazione umana.»

Leicester indicò un gruppo di luci lampeggianti.

«I politici stanno cercando di inserirsi: Mosca, Londra, Washington, Parigi, Timbuctu, tutti quanti. Li vogliamo lasciar sentire, Chris?»

A questo punto Alexandrov fece il primo discorso politico della sua vita.

«Bene bastardi di Kremlino sentire,» disse.

«Alexis, nella buona società non si dicono quelle parole,» ammoni Kingsley.

«Forse avremmo dovuto consigliargli qualche buona lettura. Ma è tempo di tornare al nostro gioco,» disse Marlowe.

«Harry, non collegarci con i politici. Tienili staccati. John, tu chiedi a Joe come si riproduce,» fece Kingsley.

«Anch’io glielo volevo chiedere,» fece McNeil.

«Allora avanti. Vediamo come se la caso.»

McNeil fece la domanda alla Nuvola.

«Ci interesserebbe sapere che differenza c’è fra il nostro sistema di riproduzione e il vostro.»

«La riproduzione, nel senso di dar vita a un nuovo individuo, nel nostro caso avviene con un criterio completamente diverso. A parte un incidente imprevisto, o un desiderio troppo forte di autodistruzione — che a volte si dà anche presso di noi — io posso vivere all’infinito. Perciò non ho la necessità, come voi, di generare un nuovo individuo che prenda il mio posto dopo la morte.»

«Quanti anni avete?»

«Più di cinquecento milioni.»

«E la vostra nascita, la vostra origine, cioè, è stata la conseguenza di un’azione chimica spontanea, come crediamo che sia accaduto qua sulla Terra?»

«No, non è stato così. Viaggiando per la Galassia, noi cerchiamo aggregati di materia, cioè nuvole adatte a impiantarvi la vita. Ciò avviene, tanto per darvene un’idea, come quando da un albero nasce un virgulto. Se per esempio noi troviamo una nuvola adatta, non ancora fornita di vita, vi piantiamo una struttura neurologica relativamente semplice. Una struttura simile potrei considerarla mia creature, parte di me.

«In questo modo è escluso che per mero caso possa la vita intelligente avere origine spontanea. Voglio farvi un esempio. I materiali radioattivi devono restare rigorosamente esclusi dal mio sistema nervoso, per un motivo che vi ho già spiegato in un’altra conversazione. Per esserne certo ho uno schermo elettromagnetico complesso, che serve ad impedire l’ingresso di gas radioattivi nelle mie parti neurologiche — nel mio cervello, per dirla col vostro linguaggio. Se questo schermo non funzionasse, proverei grande dolore e potrei anche morire. È questo uno dei possibili incidenti di cui vi ho parlato qualche minuto fa. Continuando nell’esempio, sappiate che noi possiamo dare ai nostri sia lo schermo protettivo, sia l’intelligenza necessaria per farlo funzionare; è assai improbabile che, nel caso di origine spontanea della vita, possa funzionare uno schermo del genere.»

«Ma tutto questo non può essere accaduto per il primo esemplare della vostra specie,» obbiettò McNeil.

«Non si può dire che vi sia stato un primo esemplare,» disse la Nuvola. McNeil non comprese l’osservazione, ma Kingsley e Marlowe si scambiarono un’occhiata di intesa, come per dire: «Oh, lo dovrebbero sentire quelli che sostengono la teoria dell’universo in espansione!»

«A parte i mezzi protettivi,» continuò la Nuvola, «i nostri sono liberi di crescere come meglio credono. A questo punto devo spiegarvi una differenza importante fra noi e voi. Il numero delle cellule che compongono il vostro cervello è, più o meno, fissato fin dal momento della nascita. Il vostro sviluppo perciò consiste nell’imparare a usare nel miglior modo possibile il cervello di capacità prestabilita. Per noi le cose stanno in tutt’altro modo. Noi siamo liberi di accrescere a piacere la capacità dei nostri cervelli. Naturalmente possiamo togliere e sostituire le parti logore e difettose. Così lo sviluppo per noi consiste nell’espansione del cervello, oltre che nell’apprendimento a usarlo nel modo migliore: voglio dire nel modo migliore per risolvere i problemi che ci si presentano. Capirete quindi che come noi cominciamo con un cervello relativamente semplice e che, crescendo, il nostro cervello diventa molto più grande e complesso.»

«Potete descriverci, in maniera a noi comprensibile, come fate a creare una parte nuova del vostro cervello?» chiese McNeil.

«Credo di sì. In primo luogo trasformo gli alimenti chimici in molecole complesse dei tipi richiesti. Ne tengo sempre a disposizione una certa riserva. Poi dispongo con cura le molecole in una struttura neurologica, alla superficie di un corpo solido. La materia di questo corpo dev’esser tale che non abbia un punto di fusione troppo basso — il ghiaccio per esempio avrebbe un punto di fusione troppo basso e pericoloso — e che funzioni bene come isolatore elettrico. La parte esterna del corpo deve essere accuratamente preparata, per potervi ancorare la materia neurologica al posto giusto.

«La parte più difficile di tutto questo è lo schema della struttura neurologica. Essa è disposta in modo che il nuovo cervello agisca come strumento per un fine specifico. È disposta in modo, altresì, che il nuovo cervello non entri spontaneamente in azione, ma solo quando riceve segnali da quella parte del mio cervello che già esisteva. Tali segnali entrano nella nuova struttura da varie porte. E similmente la parte vecchia del mio cervello si apre a ricevere stimoli dalla parte nuova. In tal modo la sua attività può essere controllata e integrata nel complesso della mia attività neurologica.»

«Ci sono due altri punti,» disse McNeil. «In che modo rifornite di energia la vostra materia neurologica? Nel caso dell’uomo ciò avviene per mezzo del sangue. Possedete qualcosa che corrisponda alla nostra circolazione sanguigna? In secondo luogo qual è la grandezza approssimativa delle nuove parti che riuscite a creare?»

Ecco la risposta:

«La grandezza varia a seconda del fine particolare a cui ciascuna parte è destinata. Il corpo solido che la sostiene può variare da uno a qualche centinaio di metri.

«Sì, possiedo qualcosa che somiglia alla vostra circolazione sanguigna. Le sostanze necessarie vengono fornite da un flusso di gas continuo fra le varie parti di cui sono composto. Tale flusso, anzichè da un è regolato da una pompa elettromagnetica. Cioè la pompa è di natura inorganica. Anche a questo provvediamo quando si tratta di creare una nuova vita. Il gas scorre dalla pompa a una sorgente di alimenti chimici, poi traversa la mia struttura neurologica, la quale assorbe le materie che servono per far funzionare il cervello. Il flusso del gas provvede anche a portar con sè la materia scartata. Quindi il gas ritorna alla pompa, ma prima passa per il filtro che sottrae i prodotti scartati: questo filtro somiglia un po’ ai vostri reni.

«Il fatto ch’io abbia un cuore, un rene e un sangue essenzialmente inorganico, costituisce un grosso vantaggio. È facile infatti ovviare a una disfunzione. Se il mio per caso non faccio altro che sostituirlo con uno di riserva. Se mi si ammala il io non muoio, alla maniera del vostro Mozart, il musicista. Lo sostituisco con uno di ricambio. Allo stesso modo posso crearmi nuovo in grande quantità.»

Poco dopo Joe sospese la trasmissione.

«La cosa che più mi sorprende è la sbalorditiva somiglianza dei principi su cui si fonda la vita,» osservò McNeil. «Naturalmente i particolari sono molto diversi: gas invece di sangue, rend e cuore elettromagnetici, e così via. Ma la logica generale mi sembra la stessa.»

«E la logica con cui la Nuvola crea il suo cervello mi fa pensare a quando noi prepariamo i calcoli nella macchina elettronica,» disse Leicester.

«Lo hai notato, Chris? È come quando noi approntiamo un settore di calcolo.»

«Credo che le somiglianze siano reali. Ho sentito dire che l’articolazione del ginocchio di una mosca somiglia moltissimo alla nostra articolazione del ginocchio. E perchè? Proprio perchè c’è una maniera sola per costruire un’articolazione che funzioni. Allo stesso modo c’è una sola logica, una sola maniera di progettare il quadro generale dell’intelligenza.»

«Ma perchè ritieni che debba esserci una logica soltanto?» chiese McNeil a Kingsley.

«È difficile a spiegarsi: in questo mi avvicino al sentimento religioso. Noi sappiamo che l’universo possiede una fondazione strutturale interiore: questo scopriamo o cerchiamo di scoprire con la scienza. E quando ci riusciamo, eccoci inorgogliti, come se fosse l’universo a seguire la nostra logica. Mettiamo il carro avanti ai buoi. Non è l’universo che segue la nostra logica, siamo noi costruiti secondo la logica dell’universo. Da questo potremmo trarre una definizione dell’intelligenza: qualcosa che riflette la struttura fondamentale dell’universo. Questo facciamo noi, questo fa Joe, ecco perchè ci accorgiamo di aver tante cose in comune, ecco perchè possiamo discutere su una base comune, anche se nei particolari ci sono tante differenze. Tanto noi che Joe siamo fatti in una maniera in cui si riflette la struttura interiore dell’universo.»

«Quei bastardi dei politici cercano ancora di inserirsi. Accidenti, ora spengo le luci,» fece Leicester.

Andò fino al quadro delle luci che avvisavano le varie trasmissioni in arrivo. Tornò dopo un attimo ridendo a crepapelle.

«Bell’affare,» fece. «Mi ero dimenticato di chiudere la trasmissione sui dieci centimetri. Hanno sentito tutto quel che abbiamo detto: l’accenno di Alexis al Kremlino, la frase poco rispettosa di Chris. Chissà come sono arrabbiati. Comunque ormai è cotto il riso.»

Nessuno sapeva che fare. Alla fine Kingsley andò al quadro di controllo, toccò un certo numero di pulsanti e disse al microfono:

«Qui Nortonstowe. È Christopher Kingsley che parla. Se avete qualche messaggio, avanti.»

All’altoparlante si sentì una voce adirata.

«Ah, siete voi, Nortonstowe! Sono tre ore che cerchiamo di metterci in contatto.»

«Chi parla?»

«Grohmer, ministro della Difesa americana. Debbo dirle, signor Kingsley, che sono molto adirato. Attendo che lei mi spieghi la condotta offensiva di stasera.»

«Temo che dovrà aspettare ancora. Le do trenta secondi, e se i suoi discorsi non avranno assunto una forma ragionevole e coerente, stacco la comunicazione.»

La voce si fece più calma, ma più minacciosa.

«Signor Kingsley, ho già sentito parlare del suo contegno ostruzionistico e insopportabile, ma questa è la prima volta che ne faccio esperienza di persona. L’avverto che sarà anche l’ultima. Non esagero, le dico semplicemente che fra breve la trasferiremo da Nortonstowe. Lascio a lei immaginare dove la trasferiremo.»

«Temo che nei suoi programmi, signor Grohmer, lei abbia dimenticato di considerare attentamente un punto importantissimo.»

«Quale, se è lecito?»

«Che io posso cancellare dalla faccia della Terra tutto il continente americano. Se non mi crede domandi ai suoi astronomi cosa è accaduto alla Luna la sera del 7 agosto. Forse le piacerà sapere anche che mi occorrono meno di cinque minuti per attuare questa minaccia.»

Kingsley toccò ancora un gruppo di pulsanti e scomparvero le luci dal quadro di controllo. Marlowe era impallidito e qualche goccia di sudore gli si imperlava sulla fronte e sul labbro. «Chris, non hai fatto bene, non hai fatto bene,» diceva. Kingsley era sinceramente accorato.

«Mi dispiace, Geoff. Mentre parlavo non mi è venuto in mente che l’America è il tuo paese. Scusami e sappi che avrei detto la stessa cosa a Londra o a Mosca o a chiunque altro.»

Marlowe scosse il capo.

«Non mi hai capito, Chris. Non è perchè l’America sia il mio paese, e poi so che stavi bluffando. Mi preoccupa il fatto che le conseguenze del tuo bluff possono diventare pericolose.»

«Macchè: è una tempesta in un bicchier d’acqua, non devi darle troppa importanza. Ancora non hai abbandonato l’idea che i politici sono gente importante, perchè lo dicono i giornali. Forse anche loro si sono accorti che stavo bluffando, ma finchè c’è la possibilità che credano alla mia minaccia, si guarderanno dall’agire, vedrai.»

Ma questa volta Marlowe aveva ragione e Kingsley torto: lo dimostrarono i fatti seguenti.

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