Parte Quarta IL REGNO DOVE NESSUNO MUORE

CAPITOLO 33

Yvonne Kitson lo raggiunse sul cellulare, mentre lui era diretto a St Albans.

«Tom, come stai?»

«Bene, e tu?»

«Anch’io. Senti…»

Thorne sapeva che Yvonne non stava affatto bene. Il marito le aveva portato via i figli, dopo aver scoperto la sua storia con un funzionario di polizia. Era stato lui a telefonare ai superiori di Yvonne, riferendo che cosa la moglie stava facendo e con chi. E ora la carriera di Yvonne era sul punto di crollare proprio come la sua famiglia.

«Pensavo che avresti voluto saperlo subito» disse lei. «È stata già fissata una data provvisoria per il processo.»

Erano passate sei settimane dall’arresto di Eve Bloom e Ben Jameson. Da quando Thorne era stato portato fuori dal proprio appartamento, pallido e con una coperta sulle spalle, come tante vittime che aveva visto in passato, e si era fatto strada a fatica tra auto della polizia e ambulanze.

Ora avrebbero dovuto riordinare e riesaminare tutto il materiale relativo al caso senza perdere tempo, essendo stata fissata la data del processo. Bisognava presentare la documentazione al procuratore della Corona e preparare i testimoni. Tutti i particolari dovevano essere sistemati con cura, in modo che gli avvocati potessero usarli in tribunale per ottenere una condanna.

A Thorne naturalmente la parte peggiore e meno interessante del lavoro era stata risparmiata.

Il suo momento sarebbe venuto dopo, sul banco dei testimoni.

Ma lui non smetteva mai di pensarci…

In netto contrasto con il suo atteggiamento nella vita reale, Eve Bloom si era dimostrata incredibilmente sincera negli “Incontri per una giustizia riparatrice” che Thorne teneva ogni giorno con lei nella propria mente. Eve non aveva mai provato per lui il minimo interesse sessuale. Altrimenti, sarebbe potuta benissimo andare a letto con lui nel proprio appartamento. Ma fare a Thorne ciò che lei e il fratello avevano progettato di fargli non sarebbe stato facile, con Denise tra i piedi.

L’unica ragione per cui Eve non era riuscita a portare Thorne là dove avevano deciso di ucciderlo, e cioè nell’appartamento di lui, prima di quella sera fatale era stata il furto di un tossico diciassettenne, il quale senza volerlo gli aveva salvato la vita.

Ma c’era anche un’altra ragione, in realtà…

Thorne l’aveva definita pigrizia. La paura di andare oltre, la riluttanza a proseguire una relazione. Avrebbe potuto essere qualcos’altro? Un indefinibile istinto di conservazione, per esempio? Di qualunque cosa si trattasse, Thorne l’apprezzava. E sperava di riconoscerla un domani, se ne avesse avuto bisogno di nuovo.

Dopo la telefonata di Yvonne Kitson, Thorne alzò il volume di Nixon. Aveva dato ai Lambchop una seconda possibilità ed era contento di averlo fatto. Il loro sound, ricco ed essenziale allo stesso tempo, era ipnotico. Ascoltando gli strani sussurri del cantante, Thorne pensò al processo. Pensò a ferite aperte e a cicatrici chiuse, ad altre persone la cui vita sarebbe stata rovinata, forse per sempre.

Sheila Franklin, Irene Noble, Peter Foley…

Denise Hollins, che aveva convissuto con due assassini, dividendo il letto con uno di loro. Thorne era rimasto in contatto con lei, ma le loro conversazioni non erano mai facili. Denise non aveva neppure cominciato a rimettere insieme i pezzi della sua vita.

Dave Holland, padre da tre giorni… Thorne era certo che Dave avrebbe fatto di tutto perché la storia della sua famiglia fosse il più semplice possibile.

Mentre si avvicinava l’uscita dell’autostrada, Thorne cercò di concentrarsi sugli elementi più terra terra dell’udienza in tribunale e, mentre metteva la freccia, pensò che forse era giunto il momento di radersi la barba che si era lasciato crescere per nascondere la cicatrice e di mandare in tintoria il suo abito. Ah, avrebbe fatto bene anche a ricordare a Phil Hendricks di togliersi tutti gli orecchini, prima di rendere testimonianza.


Il padre di Thorne aveva sparso sul tavolo i pezzi di tre radio diverse. Di tanto in tanto ne buttava giù uno, imprecando. Poi guardava il figlio seduto sul divano e sorrideva come un bambino colto in flagrante.

Thorne stava guardando una foto del padre di trent’anni prima. La maggior parte dei vecchi album erano ingialliti e rovinati. Dalla morte della madre, non erano mai stati tirati fuori dalla credenza. Era lei la fotografa, quella che ricordava sempre di portarsi dietro l’Instamatic, che comprava gli album da Boots e passava le serate incollando le foto…

Thorne spostò lo sguardo dalla foto all’uomo in carne e ossa, dal giovane al vecchio. Notò, come faceva sempre, i capelli che, come i suoi, erano più grìgi su un lato della testa che sull’altro.

«Ti andrebbe un tè?» disse suo padre.

Thorne capì il messaggio. «Vado a preparartelo tra un minuto.»

Voltò una pagina ingiallita e fissò la foto di una giovane coppia, con le mani sulle spalle di un bambino di sei o sette anni. Erano seduti al sole, in un mare verde di felci.

Thorne sorrise vedendo la lattina di birra nella mano del padre e l’espressione della madre, che doveva aver chiesto a un passante il favore di scattare quella foto. Poi fissò il bambino, che sorrideva felice al fotografo. Gli occhi castani tondi e brillanti, il viso ancora privo di ombre.

Molto prima che qualcuno morisse.

Ringraziamenti

Desidero ringraziare coloro che mi hanno aiutato a portare a termine il libro.

L’ispettore capo Neil Hibberd dell’Unità per i Reati Gravi (ancora una volta), per la sua intuizione, per aver combattuto e vinto la voglia di addormentarsi e per i suoi consigli, come al solito preziosi.

Victoria Jones, per aver risposto a migliaia di domande stupide e, ironia della sorte, per aver aperto la porta giusta.

Il direttore, lo staff e i detenuti del carcere di Birmingham.

Sarah Kennedy, per le parole gentili all’inizio, quando le immagini sono migliori.

Wendy Burns, soprintendente degli assistenti sociali (Ufficio Affidi) e Louise Spanner, responsabile dell’Assegnazione alle famiglie per i Servizi sociali dell’Essex.

E, naturalmente, Hilary Hale, Sarah Lutyens, Susannah Godman, Mike e Alice Gunn, Paul Thorne, Wendy Lee e Peter Cocks.

E mia moglie, Claire. Esigo ancora un resoconto dettagliato…


FINE
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