2

Ann, che in quella mano di bridge faceva il morto, accese la radio per ascoltare il notiziario delle nove. John aveva contratto un tre-senza, che non avrebbe potuto mantenere, dichiarato soltanto per creare un ostacolo a Roger e Olivia, cui mancavano trenta punti per vincere la partita.

Roger Buckley disse in tono allegro: — Forza, vecchio mio. Che ne diresti di mettermi in difficoltà con quel nove?

Roger era l’unico compagno d’armi col quale John fosse rimasto in contatto. Ad Ann, quando lo aveva conosciuto, non era piaciuto. Né il frequentarlo in seguito l’aveva portata a qualcosa di più della semplice sopportazione. La urtava tanto il suo atteggiamento goliardico quanto i suoi rari momenti di depressione. La urtava, soprattutto, la durezza che lei intuiva dietro i due aspetti della sua personalità esteriore.

Era quasi certa che Roger sapeva quali fossero i sentimenti che lei nutriva nei suoi confronti, e che li riteneva, come molte altre cose, del tutto privi d’importanza. In passato queste considerazioni avevano aumentato la sua antipatia per lui, e per un motivo soltanto non aveva privato John di quell’amicizia.

Il motivo era Olivia. Quando Roger, poco dopo che lei lo aveva conosciuto, era arrivato con una ragazza grassoccia, tranquilla, piena di pudori, e l’aveva presentata come la sua fidanzata, Ann era rimasta sorpresa, e aveva sperato che quel fidanzamento (l’ultimo, secondo John, di una lunga serie) non si sarebbe mai concluso con un matrimonio. Si era sbagliata. Aveva stretto amicizia con Olivia prevedendo di doverla consolare quando Roger l’avrebbe abbandonata; in seguito, dopo il matrimonio, per poterla proteggere il giorno in cui Roger si fosse tolto la maschera. Aveva provato l’umiliazione di scoprire, a poco a poco, non solo che Olivia aveva fatto un matrimonio che sembrava perfetto, ma che in realtà era lei a dover confidare nella calda comprensione di Olivia per risolvere le sue piccole crisi. Senza provare mai la minima simpatia per Roger, aveva cominciato a tollerarlo, per andare d’accordo con Olivia.

John uscì con una scartina di quadri contro il Re e il Fante del morto. Olivia calò lentamente un otto. John ebbe un attimo di esitazione, poi prese il Fante. Con una esclamazione di trionfo Roger calò la Regina sulle tre carte.

Dalla radio giunse la voce dell’annunciatore della BBC: “Nazioni Unite: il Comitato di emergenza per la Cina, nel rapporto interno pubblicato oggi, dichiara che probabilmente il bilancio minimo di vittime della carestia in Cina si aggira attorno ai duecento milioni di persone…”

— Il morto mi sembra un po’ debole di cuori — commentò Roger. — Vediamo un po’ cos’ha in mano.

— Duecento milioni — balbettò Ann. — Non ci posso credere.

— Cosa sono duecento milioni? — disse Roger. — La Cina è spaventosamente piena di cinesi. Fra due generazioni saranno di nuovo al completo.

In precedenti discussioni, Ann aveva già notato il cinismo di Roger. Questa volta preferì lasciar correre. La sua mente era sconvolta dagli orrori che stava immaginando.

“Dal rapporto” continuava la voce dell’annunciatore “risulta inoltre che le sperimentazioni effettuate con l’isotopo 717 hanno ottenuto il contenimento quasi completo del virus di Chung-Li. L’isotopo verrà ora spruzzato a tappeto su tutte le risaie dalle Squadre aeree di soccorso recentemente costituite dalle Nazioni Unite. Si prevede che le scorte dell’isotopo siano sufficienti a disinfestare entro pochi giorni tutte le risaie più minacciate. L’opera completa di risanamento verrà portata a termine entro un mese.”

— Grazie a Dio — disse John.

— Quando avrai finito il Magnificat - disse Roger — potrai notare che ho giocato cuori.

— Roger! — esclamò Olivia, con un leggero tono di protesta.

— Duecento milioni — disse John. — Un gigantesco monumento all’orgoglio e alla cocciutaggine umana. Se ci avessero chiesto d’intervenire sei mesi fa, ora tutte quelle persone sarebbero ancora vive.

— A proposito di monumenti all’orgoglio umano, e dal momento che non ti decidi a calare l’Asso di cuori che hai in mano, come procede la costruzione del tuo piccolo Taj Mahal? Mi è giunto all’orecchio che hai avuto delle noie con gli operai.

— Esiste forse qualcosa che non ti arrivi all’orecchio?

Roger era incaricato delle relazioni pubbliche al ministero delle Risorse agricole e industriali. Viveva in un mondo di gossip che non faceva che accrescere, secondo Ann, la sua già naturale inumanità.

— Niente che non sia importante — disse Roger. — Pensi di finire i lavori in tempo?

— Di’ pure al tuo ministro di informare il suo collega di non aver paura. La sua elegante dimora sarà pronta per tempo.

— Il fatto — commentò Roger — è di sapere se sarà pronto il collega.

— Altre dicerie?

— Altro che dicerie! Naturalmente potrebbe risultare che ha il collo a prova di capestro. Sarebbe interessante da vedere.

— Roger! — esclamò Ann. — Possibile che ti divertano così tanto le sventure umane?

Si pentì immediatamente di essersi lasciata trasportare dalla collera. Roger la guardò divertito. Aveva una faccia ingannevolmente bonaria, con quel suo mento sfuggente e i grandi occhi castani.

— Sono il ragazzino che non cresce mai — disse. — Quando avevi la mia età, probabilmente ridevi vedendo un ciccione scivolare su una buccia di banana. Adesso invece prendi in considerazione la possibilità che il ciccione si rompa l’osso del collo, e che lasci una moglie disperata e orde di figli affamati. Lascia che mi diverta con i miei giocattoli preferiti, come meglio posso.

— È un caso disperato — disse Olivia. — Non volergliene, Ann.

Parlò con la tolleranza divertita della madre indulgente nei confronti del figlio discolo. Ma se questo modo di trattare era scusabile nei confronti di un ragazzo, pensò Ann irritata, non era certo il modo adatto di trattare un adulto moralmente ritardato.

Sempre guardando Ann, Roger continuò: — Quello che voi adulti dovete mettervi in testa, è che le cose, in questo momento, sono a vostro favore. Vivete in un mondo dove tutto favorisce gli atteggiamenti sensibili e civili. Ma è una situazione precaria: pensate a quanto era antica la civiltà in Cina, e guardate che cosa sta succedendo laggiù adesso. Quando la pancia comincia a brontolare, la risata che sale dal ventre ha una sua precisa ragione.

— Comincio anch’io a pensare che tu sia un ritardato mentale, Roger, o un barbaro — disse John.

— Sotto certi aspetti — disse Olivia — lui e Steve hanno la stessa identica età.

Steve era il figlio dei Buckley, e aveva nove anni. Roger gli voleva troppo bene per mandarlo lontano, in collegio. Era un ragazzo piccolo, molto precoce, e capace di eccessi addirittura da selvaggio.

— Steve, però, finirà col crescere — disse Ann.

— Se lo farà — esclamò Roger ridendo — vuol dire che non è figlio mio.


I ragazzi vennero a casa per un periodo di vacanze, e i Custance e i Buckley andarono a trascorrere un week-end al mare. Noleggiavano sempre una roulotte in società: trainata all’andata da una macchina e al ritorno dall’altra, serviva da casa ai genitori, mentre i ragazzi dormivano in una tenda montata accanto alle automobili.

Ebbero tempo eccellente per tutta la durata del viaggio, e il sabato mattina si stesero sui sassi caldi di sole, di fronte al mare, cullati dal rumore delle onde. I ragazzi trascorsero il tempo facendo bagni, o andando a caccia di granchi lungo la spiaggia. Degli adulti, John e le due donne si accontentarono di riposare al sole. Roger, più irrequieto per natura, prese in un primo tempo parte ai giochi dei ragazzi, poi si coricò accanto agli altri, in uno stato di evidente e crescente frustrazione.

Dopo aver visto Roger guardare l’orologio varie volte, John disse: — Be’, andiamo a cambiarci.

— Perché? — domandò Ann. — Perché cambiarvi? Non avrete intenzione di preparare il pranzo, vero?

— Roger è sulle spine da circa mezz’ora — disse John.

— Penso che sia meglio fargli fare un salto fino al villaggio. I locali dovrebbero essere aperti adesso.

— Sono già aperti da mezz’ora — fece Roger. — Prendiamo la tua macchina.

— Si mangia all’una — disse Olivia. — I ritardatari non troveranno più niente.

— Non abbiate paura.

Davanti ai bicchieri, Roger disse: — Così va meglio. Al mare mi viene sempre una sete terribile. Dev’essere la salsedine che c’è nell’aria.

John bevve un sorso, poi posò il bicchiere sul tavolo.

— Sei un po’ nervoso, Rodge. L’ho già notato ieri. C’è qualcosa che non va?

Sedevano nella sala del bar. Dalla porta aperta si vedeva il sentiero sassoso e il verde che si stendeva oltre la strada. L’aria era calda e mite.

— “Questo è il tempo dei cuculi” — citò Roger. — “Quando le donne vengon fuori con gli abiti di primavera, e tutti sognano il Sud e l’Ovest. Come me.” Nervoso hai detto? Forse.

— Posso fare niente per te?

Roger lo studiò per un attimo. — Il primo dovere di un addetto alle pubbliche relazioni è la lealtà — disse. — Il secondo è la discrezione. Il guaio è che io invece ho la lingua lunga, e incrocio le dita quando giuro lealtà e discrezione a qualcuno che non sia mio amico personale.

— Di che cosa si tratta?

— Se tu fossi me, non mi diresti niente — disse Roger.

— L’onestà è uno dei tuoi scogli di inibizione. Così ti posso chiedere di serbare il massimo segreto. Non devi dire niente ad Ann, come io non ho detto niente a Olivia.

— Se è così importante — disse John — forse faresti meglio a tacere anche con me.

— Francamente, penso che sarebbe stato molto più saggio non serbare il segreto, ma non è questo il punto. Mi preoccupo solo che non mi si incolpi se le notizie trapelano. Comunque, lo si verrà lo stesso a sapere, questo è certo.

— Adesso sono diventato curioso — disse John.

Roger vuotò il bicchiere, e aspettò che John facesse altrettanto. Poi andò al banco per farli riempire nuovamente. Quando tornò al tavolo bevve lentamente in silenzio.

— Ricordi l’isotopo 717? — chiese alla fine.

— La sostanza con cui hanno disinfestato le risaie?

— Sì. C’erano due diverse idee sul modo di combattere il virus. Una mirava alla scoperta di qualcosa che uccidesse il virus, l’altra alla produzione di una qualità di riso resistente al virus. La seconda, ovviamente, richiedeva più tempo, e fu scartata. Poi gli scienziati che studiavano la prima possibilità scoprirono il 717, lo trovarono efficace, e si lanciarono all’attacco.

— Ha ucciso veramente il virus — osservò John. — Ho visto le immagini in TV.

— Per quel che ho sentito dire, i virus sono bestie strane. Se avessero scoperto un tipo di riso in grado di resistere, il problema sarebbe stato bell’e risolto. Si possono trovare delle specie resistenti a qualsiasi cosa. Basta condurre degli studi attenti e su larga scala.

— Continua — disse John guardandolo attentamente.

— In apparenza, era un virus complesso. Fino a questo momento hanno stabilito almeno cinque fasi di sviluppo. Quando hanno scoperto il 717 ne avevano identificato quattro, e il 717 le uccideva tutte. Hanno identificato la quinta quando si sono accorti che il virus non era affatto scomparso.

— Ma allora…

— Chung-Li è sempre in testa di parecchie lunghezze — disse Roger.

— Vuoi dire che nelle risaie rimane qualche traccia di virus attivo? — domandò John. — Deve essere comunque una traccia minima, data l’efficacia del 717.

— Solo una traccia — fece Roger. — Forse, naturalmente, abbiamo solo avuto fortuna. La fase numero 5 può essersi sviluppata lentamente, mentre le altre quattro si sono sviluppate con grande rapidità. Ora però, da quel che ho sentito, si diffonde con la stessa velocità delle prime quattro.

— Così siamo tornati al punto di partenza — disse John lentamente. — O forse non proprio. Dopotutto, se hanno scoperto qualcosa in grado di uccidere le prime quattro fasi, dovrebbero essere in grado di trovare qualcosa per poter sconfiggere anche la quinta.

— È quello che mi sono detto anch’io. C’è solo una cosa che sconcerta.

— Quale?

— La quinta fase è rimasta mascherata sotto le altre fino all’impiego del 717. Non so come vadano queste faccende, ma pare che i primi virus, più forti, abbiano mantenuto inattivo quest’ultimo. Quando il 717 ha eliminato gli altri, la quinta fase è stata in grado di mostrare i denti. Si differenzia dai fratelli maggiori per un particolare importante.

John rimase in silenzio, e Roger bevve un sorso di birra.

— Il virus primario di Chung-Li agisce sulle Oryzae. La fase 5 va molto meno per il sottile. Attacca tutte le graminacee senza distinzione.

— Graminacee?

Roger sorrise con tristezza. — Recentemente ho imparato anch’io a parlare in gergo. “Graminacee” significa erbe, tutte le erbe.

John pensò a David. “Siamo stati fortunati” gli aveva detto.

— Anche il grano è un’erba.

— Grano, avena, orzo, segale… Questo è soltanto l’inizio. In seguito spariranno la carne, i formaggi e il pollame. Entro un paio d’anni vivremo soltanto di pesci e di patatine, ammesso che si trovi l’olio per friggerle.

— Troveranno la soluzione anche a questa nuova minaccia.

— Sì — fece Roger — certo. Sono riusciti a debellare il virus originale, vero? Io mi domando in quale direzione si svilupperà la fase 6… Verso le patate?

John ebbe un pensiero improvviso. — Se fanno tanto mistero, a livello internazionale, intendo, non può essere che siano ragionevolmente sicuri di avere la soluzione a portata di mano?

— È una possibilità come un’altra. Io penso che stiano aspettando di avere tutte le mitragliatrici in postazione.

— Mitragliatrici?

— Dovranno pur pensare agli altri duecento milioni.

— Non si arriverà mai a tanto. Non dimenticare che tutte le menti del pianeta si stanno concentrando sulla soluzione del problema. Dopotutto, se i cinesi hanno avuto il buon senso di chiedere aiuto…

— Noi siamo una razza intelligente — osservò Roger. — Abbiamo scoperto come usare il carbone e il petrolio, e quando abbiamo notato i primi segni che stavano per esaurirsi, siamo stati pronti a saltare sulla carrozza dell’energia nucleare. La mente vacilla al pensiero dei progressi compiuti dall’uomo negli ultimi cento anni. Se fossi un marziano non scommetterei, nemmeno a cento contro uno, che un’intelligenza simile possa venire distrutta da una cosetta minuscola come un virus. Non credere che non sia ottimista, ma mi piace muovermi con cautela anche quando tutte le probabilità sembrano buone.

— Anche se consideri la situazione dal punto di vista peggiore — disse John — probabilmente riusciremo a sopravvivere nutrendoci di pesce e verdura. Non sarà la fine del mondo.

— Pensi davvero che sia possibile? — domandò Roger. — Io non credo, se consideriamo la quantità di cibo che si consuma oggi.

— Quando si ha un parente contadino si apprendono delle informazioni utili — disse John. — Un acro di terra produce dai cinquanta ai cento chili di carne, o una tonnellata e mezzo di pane. Ma può produrre anche dieci tonnellate di patate.

— Mi dai coraggio — commentò Roger. — Comincio a credere che la fase 5 non riuscirà a distruggere l’umanità. L’unica preoccupazione che mi resta è il mio orticello. Posso distrarre l’attenzione dalla catastrofe incombente.

— Accidenti, Roger! Questa non è la Cina.

— No. È soltanto una nazione con cinquanta milioni di abitanti che importa circa la metà del cibo che consuma.

— Stringeremo la cinghia.

— Può fare un effetto grottesco, attorno a uno scheletro.

— Te l’ho appena detto — fece John. — Se si piantano patate al posto del grano, si può ottenere una quantità di cibo sei volte maggiore.

— Non ti resta che dirlo al governo. Ripensandoci, è meglio di no. Quali che siano le prospettive, non voglio giocarmi l’impiego. Questo, a meno che io non sia totalmente fuori strada, è il punto della questione. Anche se ritenessi che tu sei la sola persona ad avere questa preziosa informazione sulle patate, e che solo questo ci può salvare dalla fame, ci penserei due volte prima di consigliarti di strombazzare in giro i miei fallimenti.

— Due volte, forse — disse John. — Ma non tre. C’è in gioco anche il tuo futuro.

— Ah, ma potrebbe esserci qualcun altro in possesso della tua stessa informazione, o possono esistere altre vie di salvezza, o il virus potrebbe morire spontaneamente, o la Terra potrebbe perfino andare a sbattere contro il Sole… e io avrei perso inutilmente il lavoro. Traduci tutto questo in termini politici. Logicamente, se non troviamo altri mezzi per fermare il virus, la sola cosa sensata da fare è piantare patate in ogni pezzo di terra adatta a produrle. Ma quando ci si convincerà che il virus non può essere fermato? E se riempiamo di patate tutte le verdi e dolci colline d’Inghilterra, e poi qualcuno scopre il modo di vincere il virus, cosa diranno gli elettori, l’anno prossimo, quando si vedranno offrire patate al posto del pane?

— Non so cosa potrebbero dire gli altri. Ma so cosa direi io. Ringrazierei Dio di non essere stato ridotto al cannibalismo, come i cinesi.

— La gratitudine — disse Roger — non è l’aspetto più evidente della vita nazionale. Comunque, non dal punto di vista politico.

John spostò lo sguardo verso la porta aperta del locale. Sul prato che si stendeva dall’altra parte della strada un gruppo di ragazzi giocava a cricket. Le loro voci portavano con sé i raggi del sole.

— Probabilmente siamo tutti e due degli allarmisti — disse. — C’è un bel salto dalla notizia che è comparsa la fase 5 e dalla prospettiva di una dieta a base di patate, alla carestia e al cannibalismo. Dal momento in cui gli scienziati hanno cominciato veramente a lavorare, ci sono voluti soltanto tre mesi per sviluppare il 717.

— È vero — ammise Roger — e anche questo mi preoccupa. Ogni governo di questo mondo si consola con questo, identico pensiero: gli scienziati non ci hanno mai tradito. Non lo crederemo mai possibile finché non capiterà veramente.

— Quando una cosa non è mai successa in passato, non è cattiva politica pensare che non capiti ora.

— Già — disse Roger. — Forse hai ragione. — Sollevò il bicchiere ormai quasi vuoto. — Pensa fino alla fine alle cose più piacevoli. Un mondo senza birra? Impensabile. Bevi, e ordiniamone un’altra.

Загрузка...