«Padrona?»
La Morte rimaneva in piedi con la terza clessidra in mano, fissando pensosamente il gioco di luci sulla sua superficie. Sospirò.
«UNA COSÌ GIOVANE…»
«Si sente bene, padrona?» chiese Albert con voce molto preoccupata.
«IL TEMPO, COME UN FIUME CHE SCORRE PERENNEMENTE, SOPPORTA TUTTO QUESTO…»
«Padrona!»
«COSA?» chiese la Morte uscendo dallo stato di malinconia.
«Ha un po’ esagerato ultimamente, padrona, ecco di che si tratta…»
«DI CHE VAI BLATERANDO, UOMO?»
«Ha uno strano atteggiamento, padrona.»
«SCIOCCHEZZE. NON MI SONO MAI SENTITA MEGLIO. ADESSO, DI CHE STAVAMO PARLANDO?»
Albert alzò le spalle e sbirciò le voci sul librone.
«Goodie è una strega» disse. «Si potrebbe irritare un po’ se lei inviasse Morty.»
Tutti i praticanti di arti magiche avevano il diritto, nel momento in cui la loro sabbia fosse terminata, di essere visitati dalla Morte in persona, piuttosto che da un suo qualche impiegato di second’ordine.
Sembrò che la Morte non avesse nemmeno sentito quello che aveva detto Albert. Stava fissando nuovamente la clessidra della principessa Keli.
«CHE COS’È QUELLA SENSAZIONE DI MALINCONICO RAMMARICO CHE SI PROVA ALL’INTERNO DELLA TESTA PER IL FATTO CHE LE COSE STANNO NEL MODO IN CUI SEMBRANO STARE?»
«Tristezza, padrona. Almeno penso. Adesso…»
«IO SONO TRISTEZZA.»
Albert rimase in piedi a bocca aperta. Alla fine riuscì a riprendersi tanto da essere in grado di farfugliare «Padrona, stavamo parlando di Morty!»
«MORTY CHI?»
«Il suo apprendista, padrona» disse pazientemente Albert. «Quel giovanotto alto.»
«CERTO. BENE, MANDEREMO LUI.»
«È già pronto per andare da solo, padrona?» chiese Albert con aria dubbiosa.
La Morte rifletté. «CE LA PUÒ FARE» rispose alla fine. «È UN TIPO SVEGLIO, IMPARA VELOCEMENTE E POI» aggiunse «LE PERSONE NON POSSONO PRETENDERE CHE IO CORRA LORO DIETRO PER TUTTO IL TEMPO.»
Morty fissò con sguardo vacuo le tende di velluto che si trovavano a pochi centimetri dai suoi occhi.
"Sono passato attraverso un muro" pensò. "Ed è impossibile."
Spostò di lato, con grande circospezione, le tende in modo da vedere se ci fosse una porta nascosta da qualche parte, ma non c’era nulla oltre l’intonaco grumoso che si era staccato in determinati punti per mettere a nudo dei mattoni ammuffiti, ma inequivocabilmente solidi.
Lui spinse, tanto per provare. Era abbastanza evidente che non sarebbe stato in grado di uscire di nuovo da quella parte.
«Benissimo» disse alla parete. «E adesso?»
Una voce dietro di lui disse: «Ehm. Scusi?»
Lui si voltò lentamente.
Raggruppati attorno alla tavola che si trovava al centro della stanza, c’era una famiglia di Klatchiani formata da padre, madre, una mezza dozzina di bambini di dimensione decrescente. Otto paia di occhi spalancati erano fissati su di lui. Un nono paio, appartenente a un nonno anziano di sesso indefinibile, non lo erano, in quanto il loro proprietario aveva colto l’occasione dell’interruzione per portar via una bella porzione dalla ciotola comune di riso, ritenendo che un pesce bollito in mano valesse più di una qualsiasi quantità di manifestazioni inspiegabili e il silenzio venne sottolineato dal rumore di una robusta masticazione.
In un angolo della stanza affollata c’era un tempietto ad Offler di Klatch, il Dio Coccodrillo dalle sei zampe. Stava ghignando proprio come la Morte, a parte il fatto che la Morte non aveva uno stormo di uccelli sacri che gli portavano notizie dei suoi fedeli e, come compenso, aveva anche i denti puliti.
I Klatchiani stimavano l’ospitalità al di sopra di ogni altra virtù. Mentre Morty si guardava attorno, la donna prese un altro piatto dalla mensola che si trovava dietro di lei e cominciò silenziosamente a riempirlo con i contenuti della grossa terrina, strappando un pezzo di pesce gatto dalle mani del vecchio dopo una breve colluttazione. Gli occhi della donna, orlati di nero col carboncino, rimanevano comunque fissi su Morty.
Era stato il padre quello che aveva parlato. Morty si inchinò con atteggiamento nervoso.
«Mi spiace» disse. «Ehm, sembra che io sia passato attraverso questo muro.» Era un’affermazione che non reggeva, doveva ammetterlo.
«Come, scusi?» chiese l’uomo. La donna, con i bracciali che tintinnavano, aggiunse con cura qualche grano di pepe sul piatto e vi spruzzò sopra una salsa verde scura che Morty temette di avere riconosciuto. L’aveva provata qualche settimana prima e, sebbene si trattasse di una ricetta complicata, un singolo assaggio era stato sufficiente per sapere che essa era a base di interiora di pesce marinate per parecchi anni in un vaso di bile di squalo. La Morte aveva detto che era un gusto da acquisire. Morty aveva deciso di non volersi sforzare troppo.
Cercò di svicolare attorno ai lati della stanza verso l’arco della porta schermato da una tenda a palline, mentre tutte le teste si giravano per guardarlo. Tentò di fare un sorrisetto storto.
La donna domandò: «Come mai il demone mostra i suoi denti, uomo della mia vita?»
Il marito le rispose: «Potrebbe essere fame, luna dei miei desideri. Aggiungi un po’ più di pesce!»
L’antenato grugnì: «Lo stavo mangiando io, quello, figlio infame. Che sia maledetto il mondo in cui non esiste più rispetto per l’età!»
Ora il fatto era che mentre le parole penetravano nell’orecchio di Morty nel loro Klatchiano parlato, con tutti gli svolazzi e i sottili dittonghi di un linguaggio tanto antico e sofisticato da possedere quindici diversi termini per la parola "assassinio" prima che il resto del mondo fosse arrivato a comprendere il solo concetto relativo allo sfracellarsi la testa l’uno con l’altro con delle pietre, esse gli arrivavano nel cervello chiare e comprensibili come se fossero state pronunciate nella sua lingua madre.
«Non sono un demone! Sono un umano!» disse bloccandosi per lo shock quando le sue stesse parole gli emersero dalla bocca in un perfetto Klatchiano.
«Sei un ladro?» chiese il padre. «Un assassino? Per insinuarti qui in questo modo, sei forse un esattore delle tasse?» La sua mano scivolò sotto la tavola e riemerse tenendo una mannaia da macellaio con la lama affilata allo spessore di un foglio di carta. Sua moglie strillò e fece cadere il piatto stringendosi forte al petto i figli più piccoli.
Morty osservò la lama roteare nell’aria e lasciò perdere.
«Vi porto i saluti dagli estremi gironi dell’inferno» provò a dire.
Il cambiamento fu repentino e significativo. La mannaia venne abbassata e la famiglia cominciò a rivolgergli ampi sorrisi.
«Ci verrà grande fortuna se un demone viene a visitarci» disse il padre raggiante. «Qual è il tuo desiderio, o corrotta pedina dei lombi di Offler?»
«Prego?» disse Morty.
«Un demone porta benessere e fortuna all’uomo che lo aiuta» rispose l’uomo. «Come possiamo fornirti assistenza, oh, malefico fiato di cane della fossa più profonda?»
«Be’, non ho troppa fame» disse Morty «ma se sapete dove io possa procurarmi un cavallo veloce potrei arrivare a Sto Lat prima del tramonto.»
L’uomo sorrise radiosamente e si inchinò. «Conosco il posto adatto, dannosa estrusione di budella, se sarai tanto gentile da seguirmi.»
Morty si affrettò dietro di lui. Il vecchio antenato li guardò andare via con una espressione critica, mentre le mandibole masticavano ritmicamente.
«Quello sarebbe ciò che da queste parti chiamano demone?» disse. «Offler ha fatto marcire questo paese con l’umidità, perfino i demoni qui sono di terza categoria, non sono nulla in confronto ai demoni che avevamo nel Vecchio Stato.»
La donna sistemò una piccola tazza di riso nella coppia centrale di mani ripiegate della statuetta di Offler (sarebbe sparita per la mattina successiva) e indietreggiò.
«Il mio uomo ha detto che il mese scorso nel Curry Gardens ha servito una creatura che non era lì» disse. «È rimasto molto impressionato.»
Dieci minuti dopo l’uomo tornò e, in solenne silenzio, depose un mucchietto di monete d’oro sulla tavola. Esse rappresentavano una ricchezza sufficiente per acquistare una bella parte della città.
«Ne aveva un sacchetto pieno» disse.
L’intera famiglia fissò il denaro per qualche tempo. La donna sospirò.
«Le ricchezze portano con sé molti problemi» disse. «Che cosa faremo, adesso?»
«Torneremo nel Klatch» esclamò fermamente il marito «dove i nostri figli potranno crescere in un paese adeguato, fedele alle gloriose tradizioni della nostra antica razza, e gli uomini non hanno bisogno di lavorare come camerieri per malefici padroni e possono camminare a testa alta, con orgoglio. E dobbiamo partire immediatamente, fragrante bocciolo di palma da dattero.»
«Perché tanto presto, oh, indefesso lavoratore figlio del deserto?»
«Perché» rispose l’uomo «ho appena venduto il campione dei cavalli da corsa del Patrizio.»
Il cavallo non era altrettanto bello, né veloce quanto Binky, ma spazzò via le miglia sotto i suoi zoccoli e distanziò facilmente alcune guardie a cavallo che, per qualche strano motivo, sembravano essere estremamente ansiose di parlare con Morty. Presto si lasciò alle spalle i sobborghi a bidonville di Morpork e la strada si dipanò lungo il paese caratterizzato dalla fertile terra nera della pianura di Sto, creata nel corso dei secoli dalle mondazioni periodiche del grande e lento Ankh che forniva alla regione prosperità, sicurezza economica e artriti croniche.
Era anche un paesaggio tremendamente noioso. Mentre la luce si distillava passando dal colore argentato a quello dorato, Morty galoppava attraverso un territorio piatto, poco gradevole, pieno di appezzamenti piantati a cavoli da un’estremità all’altra. C’erano molte cose da dire sui cavoli. Si poteva parlare a lungo del loro cospicuo contenuto vitaminico, del loro vitale apporto di ferro, della loro ricchezza di cellulosa e del loro lodevole valore nutritivo. Nel conplesso, tuttavia, mancavano di un certo non so che: nonostante le loro rivendicazioni di essere infinitamente superiori a livello nutrizionale e morale rispetto ai… diciamo… ai narcisi, non avevano mai fornito una visuale che ispirasse la musa del poeta. A meno che il poeta non avesse fame, ovviamente. C’erano soltanto venti miglia per arrivare a Sto Lat, ma in termini di insignificante esperienza umana, sembravano duemila.
Alle porte di Sto Lat c’erano delle guardie anche se, confrontate con quelle che pattugliavano Ankh, esse avevano un aspetto mansueto e amichevole. Morty trotterellò oltre di esse e uno dei soldati, sentendosi perfettamente pazzo, gli chiese dove stesse andando.
«Temo di non potermi fermare» rispose Morty.
La guardia era nuova del mestiere e piuttosto intelligente. Fare la guardia non era esattamente quello che si era aspettato. Stare tutto il giorno in piedi con una cotta di maglia e un’ascia fissata su una lunga asta non era propriamente quello per cui si era arruolato: si era aspettato di avere avventure eccitanti, sfide, una balestra e una uniforme che non si arrugginisse sotto la pioggia.
Fece un passo avanti, pronto a difendere la città contro la gente che non rispettava gli ordini dati da un impiegato civico autorizzato. Morty osservò per benino la lama della picca che gli ondeggiava a pochi centimetri dalla faccia. Le cose si stavano complicando.
«D’altra parte» disse in tono calmo «che ne diresti se io ti facessi dono di questo bel cavallo?»
Non fu difficile trovare l’entrata del castello. Anche lì c’erano delle guardie, esse avevano balestre e una concezione di vita sensibilmente meno simpatica della prima che aveva incontrato, e poi, in ogni caso, Morty era a corto di cavalli. Girellò un po’ lì attorno finché esse non cominciarono a rivolgergli una esagerata attenzione e quindi si allontanò, sconsolato, vagando per le strade della cittadina, sentendosi molto stupido.
Dopo tutto quello che aveva passato, dopo miglia di cavoli e un posteriore che gli sembrava ora un blocco di legno, non sapeva nemmeno perché si trovasse lì. Lei lo aveva visto anche quando lui era invisibile, e allora? Significava forse qualche cosa? Certo che no. Il fatto era soltanto che lui continuava a rivedere quel volto e il barlume di speranza negli occhi di lei. Voleva dirle che tutto sarebbe andato bene. Voleva raccontarle tutto di sé e di quello che desiderava diventare. Voleva scoprire quale fosse la stanza di lei nel castello e controllarla tutta la notte finché le luci non si fossero spente. E così via.
Un po’ più tardi, un fabbro, la cui bottega si trovava in una delle viuzze che davano sulle mura del castello, sollevò lo sguardo dal proprio lavoro per vedere un ragazzotto alto e dinoccolato, piuttosto paonazzo in viso, che continuava a cercare di passare attraverso le mura.
Parecchio tempo dopo, un giovane con qualche escoriazione superficiale sulla testa entrò in una taverna della città e chiese indicazioni per arrivare dal mago più vicino.
Ancora più tardi, Morty si trovò davanti ad una casa con l’intonaco staccato che proclamava essere, su una targa di ottone annerita, la dimora di Ingneous Bentagliato, DM (Invisibile), Maestro dell’Infinito, Illuminartus, Mago di Principi, Guardiano del Sacro Portale, Se Fuori Casa Lasciare la Posta alla Signora Nugent, Porta Accanto.
Adeguatamente impressionato, nonostante il cuore gli battesse forte, Morty sollevò il pesante battaglio, che aveva la forma di una ripugnante gargolla con un grosso anello di ferro in bocca, e bussò due volte.
Si udì un breve tumulto provenire dall’interno, la tipica serie di veloci rumori domestici che sarebbero potuti, in una casa meno importante, essere stati prodotti da… diciamo… qualcuno che rovesciava i piatti sporchi del pranzo nel lavello e nascondeva la biancheria sporca alla vista.
Alla fine la porta si aprì, lentamente e misteriosamente.
«Farai bene a far finta di effere rimafto molto impreffionato» disse il battaglio con atteggiamento confidenziale, e tuttavia un po’ impedito nella pronuncia dall’anello che aveva in bocca. «Lo fa con una carrucola e un pezzo di fpago. Non è bravo negli incantefimi di apertura, vedi?»
Morty guardò la faccia metallica sogghignante. "Io lavoro per uno scheletro che può camminare attraverso le pareti" pensò fra sé. "Come potrei rimanere sorpreso da qualche cosa?"
«Grazie» disse a voce alta.
«Fei il benvenuto. Puliffiti i piedi fullo zerbino, è il giorno di libera uffita del luftraftivali.»
La grande e bassa stanza all’interno era scura, piena di ombre ed era caratterizzata principalmente da un odore di incenso, ma anche, leggermente, di cavolo bollito, di biancheria sporca e del tipo di persona che getta tutte le calze contro la parete e indossa quelle che non ci si sono conficcate. C’era una grande sfera di cristallo con una crepa dentro, un astrolabio al quale mancavano parecchi pezzi, un ottogramma piuttosto mal fatto sul pavimento e un alligatore impagliato che pendeva dal soffitto. Un alligatore impagliato costituisce, in assoluto, l’arredamento base di qualsiasi istituto di magia ben condotto. Questo sembrava non avesse particolarmente gradito la cosa.
Una tenda di palline che si trovava sulla parete opposta venne scostata di scatto con un gesto drammatico e mise in luce una figura incappucciata.
«Costellazioni propizie brillano sull’ora del nostro incontro!» echeggiò quella.
«Quali?» chiese Morty.
Seguì un improvviso ed imbarazzato silenzio.
«Prego?»
«Quali costellazioni sarebbero?» chiese ancora Morty.
«Quelle propizie» disse la figura, leggermente incerta. Si riprese però alla grande. «Perché mai disturbi Igneous Bentagliato, Detentore delle Otto Chiavi, Viaggiatore delle Dimensioni Sotterranee, Supremo Mago di…»
«Scusa» disse Morty «lo sei davvero?»
«Davvero che?»
«Maestro del coso, Sua Signoria Comesichiama dei Sacri Sotterranei?»
Bentagliato tirò indietro il cappuccio con uno svolazzo annoiato. Al posto dell’eremita dalla barba grigia che si era aspettato, Morty vide una faccetta rotonda, alquanto paffuta, bianca e rosa come uno sformato di porco al quale assomigliava anche sotto altri aspetti. Per esempio, come uno sformato di porco, non aveva la barba e, come la maggior parte degli sformati di porco, aveva un aspetto fondamentalmente allegro.
«In senso figurato» disse Bentagliato.
«Che cosa vuol dire?»
«Be’, vuol dire no» rispose Bentagliato.
«Ma avevi detto…»
«Quella era pubblicità» disse il mago. «È una specie di magia alla quale sto lavorando. In ogni caso, che cosa volevi?» Sogghignò in modo allusivo. «Un filtro d’amore, eh? Qualcosa che incoraggi le giovani donzelle?»
«È possibile passare attraverso le pareti?» domandò Morty con atteggiamento disperato. Bentagliato si fermò con una mano già a mezza via verso una grossa bottiglia piena di liquido vischioso.
«Usando la magia?»
«Ehm» disse Morty «penso di no.»
«Allora prendi pareti sottilissime» disse Bentagliato. «Meglio ancora poi, usa la porta. Quella laggiù in fondo sarebbe adattissima, se sei soltanto venuto per farmi perdere tempo.»
Morty esitò, quindi appoggiò sul tavolo il sacchetto pieno di monete d’oro. Lo stregone le fissò, emise un debole mugolio strozzato all’interno della gola e allungò una mano. La mano di Morty però saettò verso il suo polso e lo bloccò.
«Io sono passato attraverso le pareti» disse, lentamente e con grande sicurezza.
«Certo che sì, certo che sì» bofonchiò Bentagliato, senza allontanare lo sguardo dal sacchetto. Estrasse il turacciolo dalla bottiglia di liquido blu e ne ingollò un sorso, soprappensiero.
«Soltanto che prima di farlo non sapevo di essere in grado di farlo, quando lo stavo facendo non sapevo di stare facendo e adesso che l’ho fatto non riesco a ricordare come ho fatto. E vorrei farlo ancora.»
«Perché?»
«Perché» disse Morty «se potessi passare attraverso le pareti, potrei fare tutto.»
«Davvero profondo» annuì Bentagliato. «Filosofico. E il nome della giovane fanciulla dall’altra parte della parete?»
«Lei è…» Morty deglutì. «Non conosco il suo nome. Sempre che ci sia di mezzo una ragazza» aggiunse altezzosamente «e non ho detto che ci sia.»
«Giusto» disse Bentagliato. Bevve un altro sorso e rabbrividì. «Benissimo. Come camminare attraverso le pareti. Farò qualche ricerca. Tuttavia potrebbe essere costoso.»
Morty sollevò lentamente il sacchetto e tirò fuori una piccola moneta d’oro.
«Questo è un acconto» disse appoggiandola sulla tavola.
Bentagliato prese in mano la moneta come se si aspettasse che esplodesse o che evaporasse e la esaminò minuziosamente.
«Non ho mai visto una moneta di questo tipo prima d’ora» disse in tono accusatorio. «Che cos’è questa scritta intricata?»
«Comunque è oro, non è vero?» disse Morty. «Voglio dire, non devi accettarla a tutti i costi…»
«Certo, certo che è oro» disse tutto d’un fiato Bentagliato. «È assolutamente oro. Mi stavo soltanto chiedendo da dove venisse, tutto qui.»
«Non mi hai creduto» disse Morty. «A che ora scende il tramonto da queste parti?»
«Noi facciamo generalmente in modo che cali fra la notte e il giorno» disse Bentagliato, continuando a fissare la moneta e traendo brevi sorsi dalla bottiglia blu. «Più o meno adesso.»
Morty gettò un’occhiata fuori dalla finestra. La strada all’esterno aveva già un aspetto crepuscolare.
«Tornerò» bofonchiò e si diresse verso la porta. Udì il mago gridargli qualcosa alle spalle ma egli stava già correndo lungo la strada a una velocità folle.
Cominciò a provare un senso di panico. La Morte l’avrebbe aspettato a quaranta miglia di distanza. Ci sarebbe stato un bel trambusto. Ci sarebbe stato un tremendo…
«AH, RAGAZZO.»