II

Stavo calcolando la breve distanza che ci separava, quando mi ricordai che anche il sottufficiale che aveva ucciso i prigionieri su Nuova Terra aveva parlato di Prescelti da Dio.

— Se guarda sotto ai documenti che la interessano — dissi — troverà gli altri. La rete giornalistica a cui appartengo è imparziale e non può prendere le parti di nessuno.

— Giusto — disse, fissandomi. — Prendere le parti.

— Sì, Colonnello — risposi. — È esatto, resta solo da decidere, qualche volta, da che parte è il giusto. Voi e le vostre truppe siete ora degli invasori di un Mondo del sistema planetario che i vostri antenati non hanno mai colonizzato. Di fronte avete delle truppe mercenarie assoldate da due Mondi che non solo appartengono al sistema dei Soli di Procione, ma hanno il preciso compito di difendere i Mondi più piccoli di tale sistema, come S. Maria. Non sono sicuro che il giusto sia dalla vostra parte.

Scosse lentamente la testa e aggiunse: — Non ci aspettiamo che i non prescelti capiscano — e iniziò a esaminare i documenti.

— Posso sedermi? — chiesi. — Ho una gamba malconcia.

— Prego — disse, indicandomi con il capo una sedia di fianco alla scrivania. Quando mi sedetti, fece altrettanto. Fra le carte sparse sulla scrivania vidi, in piedi da un lato, la solidografia di una di quelle chiese alte, appuntite e senza finestre che gli Amici costruivano. Gli era sicuramente permesso di possedere un tale simbolo, ma, in primo piano sull’immagine, c’erano, quasi per caso, tre persone, una donna e un uomo anziani e una ragazzina di circa quattordici anni; tutti e tre assomigliavano parecchio a Jamethon Black. Alzò lo sguardo dalle Credenziali e vide che stavo fissando il gruppo; i suoi occhi si spostarono sull’immagine, quasi per proteggerla, poi tornarono a fissarmi.

— Da quanto leggo — disse, cercando il mio sguardo — mi si chiede di fornirle cooperazione e sistemazione. Le troveremo un alloggio qui dentro. Ha bisogno di una vettura e di un autista?

— Grazie — dissi. — Quella che ho qui fuori andrà benissimo, e posso guidare da solo.

— Come preferisce. — Staccò la parte dei documenti che rimaneva a lui, mi restituì la mia e si piegò verso un microfono sulla scrivania. — Caporale.

— Signore. — Risposta immediata dall’altra parte.

— Faccia approntare un alloggio per un civile maschio, un posto macchina e del personale a sua disposizione.

— Subito, signore.

La voce si spense e Jamethon Black mi guardò, dandomi la sensazione che volesse congedarmi al più presto.

— Colonnello — dissi, riponendo le Credenziali — due anni fa, gli Anziani delle Chiese Unite di Armonia e Cooperazione si accorsero che il governo planetario di S. Maria era in ritardo nel saldo di alcuni discussi crediti e inviarono una Spedizione che occupasse il pianeta e lo obbligasse al pagamento. Di quella Spedizione, quanto, in termini di uomini ed equipaggiamenti, è rimasto?

— Queste, Signor Olyn — disse — sono informazioni militari riservate.

— Tuttavia — aggiunsi, chiudendo la valigetta — lei, con il suo grado di Colonnello, è l’effettivo Comandante delle Forze rimaste di questa Spedizione. Una tale posizione dovrebbe appartenere a qualcuno con almeno cinque gradi più del suo. Aspettate un ufficiale che abbia l’autorità di assumere il comando?

— Sono spiacente, ma dovrebbe porre la domanda al Quartier Generale su Armonia, Signor Olyn.

— Aspettate forse rinforzi e rifornimenti?

— Anche se fosse — disse con voce uniforme — la considererei un’informazione riservata.

— Lei è al corrente che ci sono molte voci sul fatto che lo Stato Maggiore di Armonia consideri ormai questa Spedizione su S. Maria una causa persa? Ma che, per non perdere la faccia, preferiscano abbandonarvi qui, piuttosto che farvi ritirare?

— Capisco — disse.

— Non desidera commentare?

Il volto scuro, giovane e imperscrutabile non rivelò alcuna emozione. — Non commento mai le semplici voci, Signor Olyn.

— Un’ultima domanda. Quando l’offensiva primaverile dei mercenari Esotici inizierà, avete in programma di ritirarvi verso ovest?

— I Prescelti da Dio non si ritirano mai — disse. — Né abbandonano, o vengono abbandonati dai loro Fratelli in Dio. — Si alzò. — Ho del lavoro da sbrigare, Signor Olyn.

Mi alzai anch’io. Ero più alto, più vecchio e più massiccio di lui, ma il suo innaturale portamento lo faceva sembrare uguale a me, se non più grosso. — Le parlerò ancora più ardi, quando avrà più tempo — aggiunsi.

— Certamente. — Sentii la porta che si apriva alle mie spalle. — Caporale — si rivolse all’uomo che era entrato — si occupi del Signor Olyn.


Il Caporale che mi era stato assegnato mi aveva trovato una piccola stanzetta con le pareti di cemento, una sola finestra in alto, un lettino da campo e un armadietto. Mi lasciò entrare per un istante e tornò con un permesso firmato.

— Grazie — dissi, prendendolo. — Dove posso trovare il Quartier Generale degli Esotici?

— Le ultime notizie, signore — disse — li segnalano a novanta chilometri a est da qui, a Nuova San Marco. — Era alto come me, ma, come la maggior parte di loro, più giovane di almeno una dozzina di anni, e l’innocenza contrastava con lo strano autocontrollo che tutti possedevano.

— San Marco — lo fissai. — Suppongo che voi soldati sappiate che il Quartier Generale su Armonia ha deciso di non sprecare uomini per sostituirvi qui.

— No, signore — disse. Se avessi parlato del tempo, la sua reazione sarebbe stata uguale. Quei ragazzi erano ancora forti e difficili da spezzare. — C’è altro?

— No — dissi. — Grazie.

Uscì e lo seguii, poi salii in macchina e mi diressi verso est, attraverso novanta chilometri di paesaggio sempre uguale, verso Nuova San Marco. Ci misi circa tre quarti d’ora per arrivarci, ma non andai subito al Quartier Generale degli Esotici. Avevo altra carne da mettere al fuoco.

Trovai facilmente il negozio del gioielliere, tre gradini sotto al livello del marciapiede, una porta con il vetro smerigliato e, all’interno, una stanza lunga, piena di espositori in vetro e poco illuminata. Un uomo anziano era dietro al banco in fondo alla stanza e notai che stava osservando il mio trench e il distintivo da reporter, mentre mi avvicinavo.

— Signore? — disse, quando fui fermo davanti a lui. Alzò i vecchi occhi grigi che spiccavano su un viso ancora fresco.

— Penso conosciate ciò che rappresento — dissi. — Tutti i Mondi conoscono i servizi giornalistici e sanno che non sono politicamente coinvolti.

— Signore?

— Scoprireste comunque come sono venuto a conoscenza del vostro indirizzo. — Continuai a sorridere. — Le dico subito che è stato il Signor Imera, dello spazioporto, a segnalarmelo. Gli ho promesso protezione in cambio dell’informazione. Apprezzerei quindi se rimanesse sano e integro.

— Sono spiacente… — Mise le mani, su cui spiccavano molte vene dovute all’età, sul bancone. — Desidera acquistare qualcosa?

— Sono disposto a pagare con molta riconoscenza le buone informazioni — dissi.

Tolse le mani dal banco. — Signore — disse con un sospiro — credo che abbiate sbagliato negozio.

— Io credo di no — aggiunsi. — Il negozio forse è sbagliato per ciò che rappresenta in realtà. Io credo di essere in una sezione del Fronte Azzurro e di stare parlando con un suo rappresentante.

Scosse la testa, lentamente, ritraendosi.

— Il Fronte Azzurro è illegale — disse. — Arrivederci, signore.

— Un momento, ho un paio di cose da dire.

— Sono spiacente. — Indietreggiò fino a una tenda che copriva una porta. — Non posso ascoltare. Nessuno starà in questa stanza con lei, finché si ostinerà a parlare di queste cose.

Scostò la tenda e scomparve, lasciandomi solo a esaminare la lunga stanza vuota.

— Bene — dissi, alzando la voce — suppongo di dover parlare ai muri, ma sono sicuro che mi possono sentire.

Feci una pausa, ma non udii alcun rumore, perciò continuai.

— Vediamo! Sono un corrispondente e tutto ciò che mi interessa è qualche informazione. Secondo le nostre valutazioni sulla situazione militare qui a S. Maria, le Forze di Spedizione degli Amici sono state abbandonate dal loro Quartier Generale, e, credetemi, non c’è niente di più vero. Inoltre, non appena il terreno sarà abbastanza asciutto da consentire lo spostamento di mezzi pesanti, verranno certamente attaccate e schiacciate dalle Forze Esotiche.

Ancora nessuna risposta, ma il mio sesto senso mi diceva che mi stavano ascoltando e anche guardando. Continuai.

— Da ciò deduciamo — e questa volta stavo mentendo, ma non avrebbero potuto scoprirlo — che sia inevitabile che il Comando Amico sia obbligato a mettersi in contatto con il Fronte Azzurro. L’assassinio di Comandanti nemici viola espressamente il Codice dei Mercenari e i Patti di Guerra Civile, ma i civili possono fare ciò che i soldati non possono.

Ancora nessun rumore o movimento al di là della tenda.

— Un giornalista come me — aggiunsi — è in possesso di Credenziali di Imparzialità, che, come ben sapete, sono tenute in alta considerazione. Voglio solo farvi qualche domanda e le risposte rimarranno confidenziali…

Attesi, per l’ultima volta, poi, non ottenendo risposta, mi voltai e attraversai la stanza fino all’uscita. Solo quando fui fuori in strada lasciai che il senso di trionfo mi pervadesse e mi rinfrancasse.

Avrebbero abboccato; la gente come loro ci casca sempre. Salii in macchina e mi diressi al Quartier Generale Esotico.

Si trovava fuori città. Un Colonnello mercenario di nome Janol Marat mi prese in consegna, scortandomi alla struttura a pallone dell’edificio adibito a Quartier Generale.

C’era un’atmosfera di determinazione, un’accogliente e sicura operosità; erano tutti armati e ben addestrati. Era una cosa che saltava all’occhio dopo essere stati dagli Amici, e lo dissi a Janol.

— Abbiamo un Generale Dorsai e siamo in numero superiore ai nostri avversari. — Replicò, con un sorriso compiaciuto. Il viso era lungo e molto abbronzato, con due profonde rughe ai lati della bocca. — Ciò renderebbe ottimista chiunque. Inoltre, il nostro Comandante, se vince, viene promosso e torna a casa, probabilmente in una posizione che lo terrà lontano dai campi di battaglia. Vale la pena di vincere.

Ridemmo entrambi.

— Continui — lo invitai. — Devo trovare sostegno a tutte le informazioni che spedisco alla mia agenzia.

— Dunque — disse, rispondendo al saluto di un Caporale che passava di lì, un Cassidiano — suppongo che si possa parlare del solito fatto che i nostri datori di lavoro, gli Esotici, non usano la violenza e sono quindi sempre piuttosto generosi quando si tratta di pagare uomini e attrezzature. E, come lei sa, il Governatore Aggiunto è l’Ambasciatore degli Esotici a S. Maria.

— Lo so.

— Ha sostituito il precedente Governatore tre anni fa. È una persona speciale, anche per uno che viene da Mara o Kultis, ed è un esperto in calcolo ontogenetico, non so se mi spiego, qualcosa fuori dalla portata delle menti normali. — Janol si toccò la testa. — Ecco l’ufficio del Generale Kensie Graeme.

— Graeme? — dissi, e un tremito mi scosse. Avevo passato un’intera giornata a L’Aia alla ricerca di Kensie Graeme, prima di venire, ma volevo vedere la reazione di Janol. — Questo nome mi è familiare. — Ci stavamo avvicinando all’ufficio. — Graeme…

— Sta probabilmente pensando a un altro membro della famiglia. — Aveva abboccato. — Donald Graeme, un nipote, quello che ha fatto quel colpo di testa attaccando Newton con appena una manciata di navi di Freiland. Kensie è lo zio di Donald, non così esibizionista come il nipote, ma scommetto che lo apprezzerete molto più del giovane. Kensie gode della simpatia di due persone. — Mi guardò, con un lieve sorriso.

— Devo pensare che questo significa qualcosa di speciale — dissi.

— Esatto — disse Janol. — La simpatia di se stesso e quella del suo gemello, Ian; potrebbe capitarle di incontrarlo a Blauvain, verso est, dove c’è l’Ambasciata Esotica. Ian è un uomo scuro.

Entrammo nell’ufficio.

— Non potrò mai abituarmi — aggiunsi — al fatto che così tanti abitanti di Dorsai sembrano imparentati.

— Nemmeno io, ma suppongo che questo dipenda dal fatto che non ce ne sono molti. Dorsai è un Mondo piccolo, e quelli che vivono più di qualche anno… — Janol si fermò a fianco di un ufficiale seduto a una scrivania.

— Possiamo vedere il Vecchio, Hari? Quest’uomo è un giornalista.

— Penso di sì — disse l’altro guardando l’agenda degli appuntamenti. — È con il Governatore Aggiunto, ma sta per finire. Entrate.

Janol mi fece strada fra le scrivanie, fino a una porta sul fondo che si aprì prima che noi arrivassimo. Ne uscì un uomo di mezza età, dal viso tranquillo, che indossava una veste azzurra e aveva capelli bianchi a spazzola. Era strano, ma non ridicolo, soprattutto se incontravi i suoi occhi furbi color nocciola.

Era un Esotico.


Conoscevo Padma, così come conoscevo gli Esotici. Li avevo osservati proprio a casa loro, su Mara e Kultis. Un popolo dedito alla non violenza, mistico, ma molto pratico, maestro di quelle che erano chiamate “strane scienze”, discendente, più o meno legittimo, dei vecchi psicologi, sociologi ed esperti in dottrine umanistiche, con in più un pizzico di magia.

— Signore — disse Janol a Padma — questo è…

— Tam Olyn, lo conosco — rispose Padma gentilmente e mi sorrise. I suoi occhi sembrarono catturare, per un istante, una luce che mi accecò. — Mi è spiaciuto quando ho saputo di suo cognato, Tam.

Mi raffreddai un poco. Ero pronto a entrare, ma mi fermai e lo guardai.

— Mio cognato? — replicai.

— Il giovane morto vicino a Castlemain, su Nuova Terra.

— Certo — dissi a labbra serrate. — Mi sorprende che lei ne sia al corrente.

— Lo so proprio da te, Tam. — Ancora una volta gli occhi nocciola di Padma sembrarono catturare la luce.

— Abbiamo una scienza, chiamata ontogenetica, con la quale calcoliamo le probabilità delle azioni umane in situazioni presenti e future. Lei è stato un fattore importante di tali calcoli, per un certo periodo. — Sorrise. — Ecco perché mi aspettavo di incontrarla qui e in questo momento. Avevamo calcolato che lei sarebbe stato qui a S. Maria in questa attuale situazione, Tam.

— Davvero — dissi. — Interessante.

— Pensavo che lo sarebbe stato — aggiunse Padma a bassa voce. — Specialmente per uno come lei, un reporter.

— E lo è — confermai. — Sembra che lei ne sappia più di me su ciò che farò in futuro qui.

— Abbiamo i calcoli per questo — disse con la sua voce calma. — Venga a trovarmi a Blauvain, Tam, e glieli mostrerò.

— Lo farò — dissi.

— Sarà il benvenuto. — Padma mi salutò con un cenno del capo e, mentre si voltava e usciva dalla stanza, la sua veste sembrò sussurrare.

— Da questa parte — disse Janol, toccandomi il gomito. Sobbalzai, come se fossi stato svegliato. — Il Generale è qui dentro.

Lo seguii, come un automa. L’uomo che dovevo incontrare era in piedi ad aspettarmi. Alto, magro, con l’uniforme da campo e un viso robusto, ma aperto e sorridente sotto a capelli neri, leggermente ondulati. Traspariva una personalità calda, insolita per un Dorsai, che mi trasmise con la stretta di una mano possente e lunga, che inghiottì la mia.

— Prego — disse — lasci che la metta a suo agio con un drink. Janol — si rivolse al Colonnello mercenario di Nuova Terra — non abbiamo più bisogno di lei. Vada a mangiare e dica agli altri dell’ufficio di fare altrettanto.

Janol salutò e uscì. Mi sedetti, mentre Graeme si avvicinava al mobile bar dietro alla scrivania. E, per la prima volta in tre anni, per una sorta di magia che traspariva dall’insolito militare che avevo di fronte, ci fu un po’ di pace nella mia anima. Con una persona di questo stampo al mio fianco, non potevo perdere.

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