IV

— Te l’avevo detto che era una poco di buono. — Mi guardò mentre ripulivo la ferita con un disinfettante preso dal mio equipaggiamento e la spalmavo con tintura di iodio. Quando trasalii lui sorrise compiaciuto.

Ritirai i medicinali e rovistai nella caldaia, raccogliendo le munizioni rimaste e lasciando la Browning per la più pesante 30-06. Poi trovai qualcosa che doveva essere scivolata fuori dai suoi vestiti.

Era una piccola piastra di metallo, di circa dieci centimetri per quattro. Sopra c’era una fila di numeri e di fori, disposti a caso. — Che cos’è questo? — chiesi a Blood.

Lui lo guardò e annusò.

— Deve essere una carta di identità di qualche tipo. Forse è quella che ha usato per uscire dalla città sotterranea.

Questo mi fece decidere.

Me la cacciai in tasca e mi incamminai. Verso lo scivolo di accesso.

— Dove diavolo stai andando? — gridò Blood alle mie spalle. — Torna indietro, ti farai uccidere!

— Ho fame, dannazione!

— Albert, figlio di puttana, torna qui!

Continuai a camminare. Avrei trovato quella cagna e gliel’avrei fatta pagare. Anche se avessi dovuto andare là sotto per trovarla.

Mi ci volle un’ora per arrivare allo scivolo di accesso che portava a Topeka. Credetti di scorgere Blood che mi seguiva a distanza. Non me ne importava niente. Ero furioso.

Poi, eccolo. Un pilastro di lucido metallo nero, alto, diritto e privo di scanalature. Aveva un diametro di circa sei metri, perfettamente piatto sulla cima, e scompariva direttamente nel terreno. Camminai dritto verso di esso e frugai in tasca per prendere la tessera metallica. Poi qualcosa mi tirò il pantalone destro.

— Ascoltami, idiota, non puoi andare là sotto!

Gli mollai un calcio, ma lui si fece di nuovo sotto.

Ascoltami!

Io mi voltai e lo fissai.

Blood si sedette: la polvere si alzò con uno sbuffo intorno a lui. — Albert…

— Mi chiamo Vic, piccolo bastardo.

— D’accordo, d’accordo, niente prese in giro. Vic. — Il suo tono si addolcì. — Vic. Dài, amico. — Stava cercando di farmi ragionare. Io mi sentivo davvero ribollire di rabbia, ma lui cercava di rimanere lucido. Scrollai le spalle e mi accovacciai vicino a lui.

— Ascoltami — disse Blood. — Quella ragazza ti ha proprio fatto uscire di senno. Tu lo sai che non puoi andare laggiù. È tutto ordinato e pulito, e si conoscono tutti: odiano i singoli. Troppe bande hanno fatto razzie nei sotterranei, violentato le donne, rubato il loro cibo, avranno messo delle difese. Ti uccideranno, amico!

— Che cosa diavolo te ne importa? Dici sempre che te la caveresti meglio senza di me. — Questo lo fece vacillare.

— Vic, siamo insieme da quasi tre anni. Nel bene e nel male. Ma questo può essere peggio. Ho paura, ragazzo. Paura che tu possa non tornare indietro. E ho fame, e dovrò andare a cercarmi qualcuno che si prenda cura di me… e tu sai che molti singoli sono entrati nelle bande, ora, e non sarò nient’altro che un bastardo. Non sono più così giovane. E sono ferito.

Lo capivo. Stava dicendo delle cose sensate. Ma tutto quello a cui riuscivo a pensare era quella cagna, quella Quilla June che mi aveva colpito. E poi rivedevo l’immagine delle sue tette morbide e risentivo i suoi mugolii quando ero dentro di lei, e scossi la testa, e capii che dovevo pareggiare il conto.

— Devo farlo, Blood. Devo.

Respirò profondamente e si accasciò ancor di più. — Non ti accorgi nememnto di quello che ti ha fatto, Vic.

Mi alzai. — Cercherò di tornare in fretta. Mi aspetterai…?

Rimase a lungo in silenzio e io attesi. Alla fine disse: — Per un po’. Forse sarò qui e forse no.

Io capii. Mi guardai intorno e cominciai a girare intorno al pilastro di metallo nero. Finalmente trovai una fessura nel pilastro e vi feci scivolare la tessera di metallo. Ci fu un debole ronzio, poi una sezione del pilastro si dilatò. Io non avevo neppure visto le linee che delimitavano le sezioni. Si aprì un foro circolare e io mossi un passo attraverso di esso. Mi voltai e vidi Blood che mi guardava. Ci guardammo mentre il pilastro continuava a ronzare.

— Arrivederci, Vic.

— Abbi cura di te, Blood.

— Torna in fretta.

— Farò del mio meglio.

— Sì. Va bene.

Poi mi voltai ed entrai. Il portale di accesso a forma di iride si chiuse dietro di me.

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