Dissolvenza in chiusura

Lasciatemi in disparte.

Sam Goldwin

Senza ricordare come vi fosse giunta, Cirocco si ritrovò a percorrere la Scala che conduceva in Paradiso.

Lei e Gaby l'avevano salita per la prima volta quasi un secolo avanti, conquistando l'agognata mèta del mozzo dopo l'interminabile ascesa lungo il cavo e all'interno del Raggio di Rea. In quella circostanza s'erano trovate sommerse in una sarabanda d'effetti speciali tratti di peso dal Mago di Oz… il film, non il libro, che probabilmente Gea non aveva mai letto. Al culmine della scalinata avevano incontrato una voluminosa, panteistica creatura che s'era adoprata a convincerle di essere Gea.

Gli scalini non apparivano in condizioni particolarmente buone. Ma, osservando meglio, Cirocco si accorse che qualcuno doveva averci lavorato. Il grosso della polvere era stato spazzato contro i bordi, e si sentiva odore d'un qualche disinfettante forte, tipo quello che viene usato nei gabinetti della metropolitana.

Giunta in cima, vide che la porta della stanza appartenuta a Gea era socchiusa.

Dentro c'era Gaby. Semplicemente Gaby. Non una mistificazione pseudosovrannaturale, non un ingannevole gioco di specchi. Gaby.

Se ne stava giù gattoni, indossava un paio di jeans scoloriti, una blusa da lavoro turchina e, attorno alla vita, una cintura portautensili. Molti dei pannelli translucidi che costituivano uno degli elementi caratteristici di quell'ambiente — tratto pari pari da una delle scene finali di 2001: Odissea nello Spazio - erano stati rimossi dal pavimento e ammucchiati contro una parete. Apparivano decisamente luridi, ma accanto ad essi figuravano in bella mostra pile di stracci e bottiglie di detersivo bluprussia. Il mobilio era stato scansato verso un'altra parete.

Con un braccio infilato attraverso il pavimento, Gaby era intenta a trafficare su un normalissimo dispositivo d'illuminazione fissato a una traversa di legno. I due tubi fluorescenti lampeggiavano.

Alzò il capo a guardare Cirocco, poi si tirò a sedere sui calcagni, e s'asciugò la fronte col dorso d'una mano sudicia che impugnava una chiave esagonale.

— C'è un sacco di lavoro da fare, quassù — disse Gaby.

— Sembrerebbe di sì.

Gaby si alzò in piedi, agganciò la chiave ad uno dei fermagli che le pendevano, dalla cintura, e restò lì con le mani sui fianchi, sorridendo a Cirocco.

— Ti posso offrire qualcosa? C'è birra, vino.

— Mi andrebbe molto un bicchier d'acqua, se non ti spiace.

— Prenditi una sedia.

Gaby varcò una porta. Cirocco sentì scorrere l'acqua. Trovò due seggiole dall'aria solida, e le mise una accanto all'altra. Si sedette. Tornò Gaby, avvicinò alle sedie un tavolinetto basso e ci appoggiò due bei bicchieri appannati, colmi di acqua freschissima. Cirocco prese un sorso dal suo, poi bevve a lungo. Ah, che buon sapore, l'acqua…

Il silenzio fra loro minacciava di farsi imbarazzante.

— Dunque l'hai spuntata — disse finalmente Gaby. — Sono proprio orgogliosa di te.

Cirocco si strinse nelle spalle.

— Non è che il mio ruolo sia stato poi così importante come pensa tutta quella gente laggiù. Ma tu lo sai meglio di chiunque altro.

— Già, però è toccato a te rimanere lì ferma ad affrontare Gea. Quanti sarebbero stati capaci di fare una cosa del genere?

— Non molti, forse. — Diede un'altra occhiata per la stanza. C'erano le solite cose. Accennò col bicchiere in mano. — Insomma ti staresti sistemando quassù, eh?

Gaby parve imbarazzata.

— Be', da qualche parte devo pur vivere. Non che sia proprio quello che avevo in mente, ma per ora può anche andare.

— Gaby… che cosa sei?

Evitando lo sguardo di Cirocco, Gaby annuì alla svelta, inghiottì con difficoltà, inalò un respiro profondo che lasciò andare lentamente, portò gli occhi a vagare sul soffitto.

— C'ero anch'io, sai, e vedevo e ascoltavo tutto… quando venisti quassù a pretendere da Gea certe risposte. Lei non ti mentì, in quell'occasione. Non pensava che ce ne fosse bisogno. Era praticamente certa che avresti tentato di ucciderla, ma non gliene importava nulla. E comunque era stufa di quel corpiciattolo sgraziato. Però alla tua fedeltà ci teneva ancora. Fra un momento ti dirò perché. Se ti ricordi, si offrì di riportarmi in vita esattamente uguale a prima… senza però quella voglia matta di darle addosso a tutti i costi. E tu rifiutasti. Allora ti fece un'altra proposta. Mi avrebbe rifatta identica, senza nemmeno quella, modifica lì. Mi avrebbe resuscitato. E ti rammenti quello che le rispondesti?

— Me lo rammento benissimo.

Per un attimo lo sguardo di Gaby si fece vago e remoto.

— Le rispondesti che la tentazione era forte…

Quindi tornò al presente, appuntandosi su Cirocco.

— A proposito, grazie per esserti fatta tentare… E dopo continuasti dicendo …ma poi ho cercato d'immaginare cosa ne avrebbe pensato Gaby, e ho capito che sarebbe un'infame, ripugnante, abominevole negromanzia… lei avrebbe provato solamente orrore, di fronte alla prospettiva di sopravvivere nelle spoglie di un piccolo simulacro scaturito dalla tua carne corrotta, e mi avrebbe chiesto di ucciderla immediatamente…

— Probabilmente avevo esagerato un po'…

Rise, Gaby, scotendo la testa.

— Oh, no, per niente. Avevi assolutamente ragione. Non potevi certo sapere che una parte di me era ancora viva, e stava lì ad ascoltare… ma ti dico che avevi proprio indovinato. Se allora Gea mi avesse davvero in qualche modo riplasmato, non credo comunque che sarei più stata me stessa. E tu facesti benissimo, a non crederle in nulla. Pensava di essersi sbarazzata di me… — Accennò verso il soffitto. — Quella linea rossa, lassù… be', qui le cose si complicano abbastanza. Tu vorresti tutte le risposte, e io sono prontissima a dartele, però ti devo avvertire che alcuni punti saranno piuttosto difficili, da capire, e dovrai accontentarti di credermi sulla parola. Perché vedi… non sono in grado di spiegarti cosa sia la Linea Rossa. La sua natura, in massima parte, non è assolutamente esprimibile in concetti umani. Dunque. Gea m'imprigionò là dentro e credette di aver chiuso, con me. Ma io riuscii ad ingannarla. Non persi la ragione, come lei avrebbe voluto. Sopravvissi… però dovetti stare molto attenta. Lei c'era vissuta dentro molto più a lungo di me, e ne conosceva ogni segreto. Dovetti imparare a strisciare, poi a camminare, poi a correre, e sempre evitando di destare la sua attenzione. Ecco perché, di solito, facevo tanto la misteriosa… Quando imparavo a materializzare il mio corpo… anzi, qualunque cosa facessi, le possibilità che lei mi scoprisse aumentavano tremendamente. Tutte le volte che ti rivelavo cose che secondo lei non avresti dovuto sapere… era in pratica una fuga di notizie dal suo muro di segretezza. A un certo punto incominciò davvero a rendersi conto che doveva esserci una falla da qualche parte… ma dove? Forse, a dispetto di tutte le mie cautele, volendo avrebbe potuto scoprirmi ugualmente, ma per fortuna era sempre un po' distratta. Fu quello a salvarmi. Le sue manìe le assorbivano troppo del suo tempo, troppa della sua forza vitale, se così vogliamo chiamarla. Hai cominciato chiedendomi che cosa sono. Non sono una creazione di Gea. Mi sono creata da me. Sono vera. Sono viva. Sono… me stessa.

Cirocco non le staccava gli occhi di dosso. Gaby fu costretta nuovamente a distogliere lo sguardo. Poi si protese ad afferrarle una mano, e gliela strinse forte.

— Vedi, Rocky? Mi senti. Sono vera. Ho un corpo. Questo corpo è completamente umano. E io sono viva in esso, proprio come tu sei viva nel tuo.

Anche stavolta Cirocco esitò a lungo. Poi sollevò l'altra mano a strofinarsi la fronte.

— Sì, Gaby… però non mi hai ancora detto che cosa sei.

Gaby le abbandonò la mano, ritraendosi indietro sulla sedia.

— Sono quello che avresti dovuto essere tu. Il successore di Gea. Ma questo lo sapevi già, non è vero?

Lentamente, Cirocco annuì.

— Gea… — Gaby diede un'occhiata attorno per la stanza, lasciandosi andare a una risata amara. — Gea!… Che razza di baggianata! Quando l'incontrammo la prima volta era già completamente pazza. Il nome l'aveva preso dalla mitologia greca. E le sue idee migliori le andava tutte a pescare in quei porcai di film. Chissà qual era, il suo nome vero. Un giorno, molto tempo fa, capitò anche lei da queste parti. Non era un essere umano. E non credo che all'interno della ruota esista più alcuna traccia della sua razza. La creatura installata allora sul seggio del comando le parlò. Le disse che aveva bisogno di una Maga. A Gea l'idea non dispiacque, e per un migliaio d'anni ricoprì degnamente quel ruolo. Poi, quando il suo predecessore diede segno d'essere giunto allo stremo, prese il sopravvento e venne a vivere quassù. Bada bene che non sto parlando di quella ben distinta entità che è la Ruota. Essa risiede lassù, nella Linea Rossa. È lei ad occuparsi costantemente del buon andamento dei complessi meccanismi che mantengono in funzione questo mondo. Da molti punti di vista potremmo pressoché considerarla una divinità. Per altri versi è invece più simile a un computer. L'attuale sistema di controllo della ruota ha quasi un milione di anni. Di Maghe, nel frattempo, ce ne sono state un bel po'. Quando morivano, diventavano… Gea. Gaby. Me. Può darsi che tu sia stata l'unica Maga a non aver compiuto il grande passo.

Cirocco restò lì a guardare Gaby per molto, molto tempo. Sentiva una stanchezza immensa gravarle addosso.

— Gaby… non so dirti quanto mi dispiaccia…

Con gesto repentino, Gaby scaraventò il suo bicchier d'acqua attraverso la stanza.

— Accidenti, Rocky… vai al diavolo! Non ti devi dispiacere. Non è troppo tardi. Gea rinunciò a te dal momento che ti facesti estrarre Spione dal cranio, in quanto prima di giungere ad installarti al suo posto doveva assolutamente disporre di una serie completa e continua di ricordi tuoi. La serie venne interrotta, ma possiamo sempre ricostruirla. Posso registrare tutto, di te. E posso portarti quassù, a condividere con me questa esistenza. Perché questa non è la morte, Rocky. Non ha nulla a che vedere con la morte. Dapprincipio pensai d'essere morta, sì, quando venni trascinata qui, ma poi è stato proprio lassù, dentro la Linea Rossa, che ho compreso cos'è veramente la vita. Potremmo… potremmo governare insieme, tu ed io. Potremmo trasformare questo posto in un bel posto…

Cirocco sospirò, domandandosi come fare a dire quel che doveva dire. Decise che forse era meglio prendere la cosa un po' alla larga.

— Gaby… tante volte m'hai detto e ripetuto quanto sarebbe stato difficile uccidere Gea. E avevi ragione. Tutto quel che abbiamo dovuto escogitare… tutto per distrarla quanto bastava a consentirti di prendere il sopravvento su di lei, quassù nel mozzo, in un modo che non potrò mai comprendere. Non c'era… non c'era altro sistema per farla morire?

Gaby distolse lo sguardo, e si asciugò una lacrima. Poi, con violenza, scosse la testa.

— Vedi, Gaby… non è la morte, quello che mi spaventa di più.

Stavolta, con altrettanta violenza, Gaby annuì, poi si nascose il volto fra le mani. Cirocco rimase un poco in silenzio. Aveva paura, al pensiero di ferire la sua vecchia amica. Ma non temeva per sé. Temeva per Gaby.

— Non sai altro su com'era Gea appena arrivata quassù? — le domandò infine.

— Oggesù, Rocky… che vuoi che ti dica? Probabilmente era una creatura dolce e generosa. E sono certa che i primi tempi del suo regno saranno stati un'epoca di letizia e prosperità… Qualche aerostato potrebbe anche raccontarcelo, se ne avesse voglia. Ma non hai mica bisogno di suggerirmelo, che ti credi? Losaddìo se non ci ho già pensato abbastanza da me… Essì. Come mi sarò ridotta, io, fra ventimila anni? Eh? Come posso anche solo cominciare a immaginare quanto mi verrà a noia… ogni cosa? Adesso non riesco neppure lontanamente a figurarmelo. Ancora non vedo in me nessun cambiamento. Ricordo che quando superai i cent'anni mi sentii così assolutamente soddisfatta… proprio come se ne avessi avuti trenta. Ma un secolo non è niente.

— Già, mi rendo conto.

— Spero che non penserai che l'ho fatto perché mi andava, vero?

— No, non lo penso affatto.

— Non avevo altra scelta. Dovevo rassegnarmi a vedere te, e tutti quelli che amavo, uccisi da quella pazza scatenata, oppure fare ciò che ho fatto. Era una responsabilità cui non potevo sottrarmi… dal momento che non mi era concesso neppure di morire. — Si sporse di nuovo, con gran sollecitudine, verso Cirocco. — Ma, Rocky, ora che ti ho detto molte delle cose che non potevo dirti prima… ascoltami fino in fondo. Ho sperato fin dall'inizio che avresti deciso di unirti a me. Certo, ho l'impressione che sia un destino spaventoso, tutto sommato… ma anche la morte lo è, comunque si voglia considerarla. Ho visto, sai, cosa sei riuscita a fare a Bellinzona. Ti sei comportata in modo splendido. Io da sola non sarei mai capace di fare altrettanto… Perché non potremmo lavorare assieme?

— È stata una cosa orribile, Gaby. Tanta gente è morta… per obbedire ai miei ordini.

— La gente muore comunque, Rocky.

— Lo so. Però non voglio che succeda per colpa mia.

— Riflettici meglio. La gente potrà morire anche a causa di quello che non farai. Stuart, o Trini, oppure uno dei tuoi Generali… nessuno di loro avrà mai la tua ampiezza di vedute, il tuo senso del dovere. Chissà quanti pasticci combineranno…

— Capiterebbe comunque. Debolezza e imperfezione sono legate inscindibilmente alla natura umana. Ne sanno qualcosa i titanidi, con la loro istintiva percezione della malvagità. Ed esistono davvero persone malvagie, persone che meritano di morire. Ma non voglio essere più io a decidere. Ci son già passata, ed è una cosa che aborrisco. Non voglio più vivere la mia vita in funzione degli altri. Non voglio più salvare il mondo. Per quanto mi riguarda, ho chiuso.

Gaby si alzò e andò nella stanza accanto. Cirocco udì dei suoni che avrebbero potuto essere singhiozzi. Preferì non pensarci. Gaby tornò portando in mano un altro bicchiere d'acqua fresca.

— Gaby, credo di esserti amica. Per lo meno se tu la vuoi, la mia amicizia.

— Certo che sei mia amica — assentì Gaby con voce rauca.

— Voglio augurarmi che rimarrai di quest'idea finché vivrò. Ma a tutto c'è un limite. Anche a quello che si può chiedere ad un amico. Mi spiace che sia successo proprio a te, davvero. Mi rincresce che questo compito sia ricaduto sulle tue spalle invece che sulle mie, come avrebbe voluto Gea. E spero che non me ne porterai rancore.

— No di certo. È andata così. Non è stata colpa tua.

— Allora non insistere, ti prego. Sono certa che la tua vita sarà molto lunga e affascinante e piena di soddisfazioni. Se qualcuno deve farlo, non vedo chi possa farlo meglio di te. E sai che ti dico? Al posto tuo, mi comporterei esattamente come credo che ti comporterai tu… Cercherei di sfruttare al meglio la situazione, traendone tutto il possibile godimento senza mai perdere di vista il buonsenso e la prudenza.

— Brutto mestiere, quello del dio — commentò Gaby. — Ma qualcuno deve pur farlo, giusto? — Fece capolino, sul suo volto, un accenno di sorriso, e Cirocco lo ricambiò con solo un pizzico d'esitazione.

— Giusto.

Sedettero dunque, nella dolcezza della reciproca vicinanza, nel silenzio del rispetto e della comprensione, rimuginando ciascuna i propri pensieri. Finché Cirocco non pose fine a quella tregua sospesa movendosi impaziente sulla sedia.

— Allora, vediamo — disse, accompagnandosi con un gesto vago della mano. — Impegni a breve scadenza?…

Si guardarono, e scoppiarono a ridere.

— Oh, sai com'è, un po' di questo, un po' di quello…

— Che pensi di fare coi titanidi?

Gaby tornò seria.

— Per loro puoi stare tranquilla. Non rimarranno alla tua mercé, né a quella di Adam. C'è una cosettina che posso fare, e la farò subito. Non se ne accorgeranno neppure. In loro non cambierà nulla, a parte il fatto che diverranno in grado di avere figli tutte le volte che vorranno.

Cirocco fu immediatamente sul chi vive. Gaby se ne accorse, e scosse la testa.

— Ci ho già pensato, non credere. Riproducendosi senza alcun controllo finiranno per riempire la ruota. La stessa cosa vale per gli umani, ovviamente.

— Ovviamente.

Gaby si strinse nelle spalle.

— Quindi bisognerà prendere qualche provvedimento prima che la situazione sfugga di mano. Cosa di preciso, ancora non lo so. Ma fra un secolo o due, la Terra sarà tornata abitabile. E noi potremo ripopolarla. Il necessario l'abbiamo già. Comunque non starti troppo a preoccupare. Ho intenzione di applicare costantemente il tuo famoso principio del minimo intervento possibile nel minor numero di casi. Vedrai che non sarò un dio attivista… Però intendo anche operare, per quanto è in mio potere, allo scopo di preservare la razza umana e quella titanide, e molte altre, naturalmente. Verrà il momento di fare scelte difficili…

— Esattamente quelle in cui non voglio essere coinvolta.

— Consideriamo chiuso l'argomento, va bene? Ascolta… — Gaby si protese ancora una volta verso Cirocco. — M'hai dato la tua risposta, e io l'accetto… per ora. Ma rifletti un momento. Sappiamo tutt'e due che questo lavoro ha finito per fare uscire Gea completamente di cervello. Sono certa, però, che c'è voluto molto tempo. Migliaia di anni. Per quanto mi riguarda, credo di poter tirare avanti bene per otto o nove secoli almeno, prima d'aver bisogno della camicia di forza. Ti sembra una previsione ragionevole?

— Direi di sì. Ma anche di più, probabilmente. Gaby, tu potresti benissimo non impazzire affatto, e io non intendevo assolutamente insinuare che per forza…

— Stai un attimo zittina e fammi finire. Per quanto riguarda quest'aspetto della questione, abbiamo solo l'esempio di Gea, e non si può tracciare una curva partendo da un unico punto. Va bene. Ti ripeto che accetto la tua decisione di non entrare in società con me in quest'affare di dèi… per ora. Ma fra… diciamo due secoli, potrò rifarti la mia proposta?

Cirocco rimase a lungo in silenzio. E quando infine si decise a parlare, lo fece con estrema cautela.

— Prima rispondi a un paio di domande.

— Chiedimi tutto quel che vuoi.

— Quanto posso aspettarmi di vivere?

— Con visite regolari alla Fontana… andrai avanti tranquillamente per cinque o sei secoli. Forse più.

— Però non sono immortale?

— Non esiste malattia che possa ucciderti. Sei molto più resistente di un normale essere umano, oltre che più intelligente. Ma per rimanere viva dovrai fare affidamento sulle tue forze, esattamente come hai sempre fatto.

— Non godrò di alcuna protezione particolare? Nessun angelo custode appollaiato sulla spalla per tirarmi fuori dei guai?

Gaby scosse la testa.

— Eviterò nel modo più assoluto d'impicciarmi degli affari tuoi. Non veglierò su di te. Se ti metterai nei casini, dovrai tirartene fuori da sola. E se morirai, morta resterai.

Cirocco lesse l'intensità del desiderio nello sguardo implorante di Gaby. Sapeva, con certezza assoluta, che Gaby aveva bisogno di quella risposta…

E dopotutto, cosa le costava?

— Ti prego, Cirocco. Non voglio elemosinare la tua compagnia… ma vedi, ho la sensazione che forse il modo per sconfiggere il male che aveva colpito Gea… quella noia assoluta, definitiva, credo che in fondo non fosse altro… ecco, il modo possa consistere nel sodalizio di due creature che si aiutino l'un l'altra a conservare la propria umanità…

Cirocco le porse la mano.

— D'accordo. Allora ci vediamo fra due secoli… se sarò ancora viva.

Gaby le piantò in volto un lungo sguardo indagatore. Si schiarì la gola.

— Non starai mica pensando di… ucciderti o roba del genere, vero?

— Ti giuro di no. — Sorrise. — …Però neppure userò più tutte le cautele cui m'ero dovuta abituare. Correrò qualche rischio, insomma, tenterò la sorte… E poi chi può dirlo, cosa farò? Se ormai vivo solo per me stessa… — Ma qui dovette interrompersi. Gaby ne aveva già abbastanza, di pensieri.

Se ormai vivo solo per me stessa…

Forse posso anche trovare qualcun altro, per cui vivere. Ci sono infiniti modi di tentare la sorte. Robin, per esempio, aveva scommesso su Conal.


Tentare la sorte…

Cirocco sostò sul digradante bordo superiore del raggio di Dione. Sotto di lei l'immensa imboccatura si spalancava inabissandosi quasi all'infinito… seicento chilometri, di lassù fino a terra.

Nella debole accelerazione gravitazionale di Gea, crescente con lieve gradualità dal centro verso la periferia, ci voleva circa un'ora, per compiere l'intero tragitto. Un giro completo della ruota, mentre l'aria presente all'interno del raggio spingeva gradualmente il corpo, in sempre più veloce abbandono, lungo una traiettoria curva.

Cirocco spiccò la corsa.

Scomodo e goffo, correre quassù nel mozzo. I piedi non riuscivano a darsi molta spinta. Ma lei sapeva come fare, e dopo un certo numero di balzi smisurati eccola filare a buona andatura lungo il fianco obliquo del raggio. Quand'ebbe preso sufficiente abbrivo, saltò.

S'inarcò nel vuoto, penetrò nel lungo pozzo tenebroso.

Tentando la sorte.

Non era la prima volta che cadeva attraverso un raggio. E non era nemmeno la prima volta che lo faceva senza paracadute. Dopo avere ucciso la prima incarnazione di Gea era scesa lungo il Raggio di Rea, talmente saturo di fulmini e saette che non avrebbe mai creduto di poter arrivare in fondo tutta intera.

Eppure ce l'aveva fatta.

Robin era venuta giù in caduta libera per il medesimo raggio nei giorni ormai lontani in cui Gea aveva l'abitudine di giocare quello scherzetto a tutti i sui visitatori. L'aveva salvata un angelo. Cirocco sarebbe passata accanto ai nidi dei Sovràngeli di Dione. Poteva darsi benissimo che uno di loro sbucasse fuori a salvarla.

Anche Chris era capitombolato lungo un raggio… finendo per atterrare incolume sul dorso di un aerostato. Forse Cirocco avrebbe avuto pure lei la gran fortuna di atterrare sopra un aerostato.

Oppure avrebbe fatto un tuffo a capofitto nelle acque del lago Moira. Probabilmente sarebbe sopravvissuta.

O magari, chissà, avrebbe potuto anche volare.

Cose più straordinarie ancora, erano accadute…

Sorrise, Cirocco, e spalancò le ali.

FINE
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