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— Così noi avevamo questi ragazzi, ci sei, tutti intorno a noi ed eravamo piuttosto agitati a causa della battaglia, capisci? Ed eravamo seduti, pensando, be’, sai com’è, cosa potevamo fare con loro? Cosa potevamo fare di divertente, voglio dire. Così abbiamo chiesto agli ingegneri di portare questa bobina di cavi: è materiale davvero pesante, sai, e noi…

— Scusami. — Axxter alzò una mano nel tentativo di porre fine al monologo del vecchio guerriero. — Ehi, devo uscire solo per un minuto… — Dovette muovere le dita davanti agli occhi giallastri dell’uomo per attirare la sua attenzione. — D’accordo?

— …e noi l’abbiamo messo al collo del primo ragazzo, ma non ha funzionato, capisci, perché si è sciolto quando l’abbiamo sollevato, allora… — Lo sguardo del vecchio guerriero mise a fuoco la mano di Axxter e riuscì ad abbandonare i suoi ricordi. — Dove stai andando?

— Io… be’, devo respirare un po’ d’aria fresca — Axxter indicò l’uscita della tenda. — Siamo stati qui dentro per più di due ore e ho bisogno di schiarirmi le idee. D’accordo? — Non gli piaceva il modo in cui il guerriero lo guardava.

— Non vuoi sentire il resto?

Il guerriero fece una smorfia tale per cui riuscì a toccarsi i baffi con i denti e socchiuse gli occhi sotto le scure sopracciglia, tanto che s’intravvedevano solo due bagliori rossi.

Axxter diede un colpetto al registratore che pendeva da una delle corde. — Non c’è problema. Sto registrando tutto. — La piccola scatola ondeggiava nella sua custodia. — È una storia forte, davvero forte. — Sentì ancora lo stomaco arrivargli in gola: gli faceva sempre quello scherzo quando sentiva raccapriccianti storie di guerra. — Continua a parlare. Ascolterò tutto più tardi. — Si girò e uscì dalla tenda prima che l’altro avesse il tempo di ribattere.

Fuori, si arrampicò sul più vicino cavo di transito, ancorandovi la cintura che aveva alla vita. Guardò verso il basso per assicurarsi che non ci fosse nessuno sotto, nel caso si fosse sentito male veramente; anche sé in quel momento gli avrebbe fatto molto piacere vomitare su qualcuna delle sentinelle della Folla Devastante che controllava i confini. Malgrado fosse diventato l’artigiano prediletto dal Generale Cripplemaker, quei bastardi erano tutti suscettibili come l’inferno. Per un affronto al loro onore erano capaci di trivellarti, senza curarsi affatto di quale punizione avrebbero potuto subire. Trivellarti oppure qualcosa di peggio… sulla falsariga di quello che stava raccontando quel vecchio bastardo nella tenda. Axxter scosse il capo mentre si rilassava contro il cavo, come se potesse scrollare via le parole del veterano. A giudicare dai suoi aneddoti, quello doveva aver scalato la gerarchia della Folla non tanto per le sue imprese militari, quanto per le sue fantasiosissime torture agli sfortunati prigionieri di guerra. Che brutto figlio di puttana… Axxter guardò verso il basso, verso le nuvole; si rincorrevano al margine dell’atmosfera creando strane forme. Chiuse gli occhi per un attimo, ma continuava a vedere il vecchio guerriero e a sentirne la voce orgogliosa che raccontava antichi ricordi di violenza.

Eppure quel lavoro era redditizio per lui e quel pensiero gli sciolse il nodo allo stomaco, rilassandolo. Sputò per liberarsi del sapore acido che aveva in bocca; lo sputo colpì il metallo e sparì. Un lavoro redditizio, ma non solo: il secondo che quella gente gli affidava. Il che significava che era fatta.

Ce l’ho fatta. Con una delle tribù più importanti. Con la più importante, se si escludeva l’Amalgama che era ai vertici del potere da tanto tempo da poter essere paragonata all’aria o al muro verticale che aveva alle spalle: insomma era parte della natura delle cose. Ma lavorare per la Folla… avendo eluso la DeathPix… ce l’aveva fatta, perché era in gamba e il suo materiale era dannatamente buono… Quello significava che i suoi giorni duri erano finiti. Valeva la pena ascoltare quelle tremende storie di battaglie, anche un’infinità di quelle storie.

La prima commissione che gli aveva ordinato il Generale — la nuova icona di morte per il megassassino — l’aveva messo in luce. E aveva ingrassato il suo portafoglio; per anni aveva elaborato nuove idee, per tutto il tempo che aveva trascorso sul muro aspettando che gli procurassero un buon lavoro. Materiale che non si poteva sprecare per qualche piccola banda di teppisti, il tipo di gentaglia che aveva frequentato prima che gli capitasse quel colpo.

Evidentemente parte del suo lavoro era stato notato: non avrebbe potuto restare nascosto a lungo, visto che doveva lavorare, anche per mantenersi in esercizio. Eppure si chiedeva ancora come aveva fatto a catturare l’attenzione della Folla; forse uno dei profondi subliminali che aveva fatto per la Squadra degli Arrabbiati, i denti neri nascosti nell’oscurità, le rotanti immagini a specchio in una gola che avrebbe potuto inghiottire chiunque l’avesse guardata troppo a lungo. Ma quello era materiale raffinato; quei ragazzi non avevano nemmeno capito che razza di lavoro fosse, stavano solo a brontolare sul tempo che ci impiegava — molto più di quello per cui era pagato. L’aveva fatto solo per verificarne l’effetto finale. Ma qualcuno della Folla l’aveva individuato, o forse aveva visto qualche altra sua creazióne, e aveva capito che meritava; quello significava che in alto doveva esserci qualcuno che se ne intendeva davvero di arte. Forse lo stesso Cripplemaker. Axxter ne dubitava; l’uomo era troppo pratico e interessato alla politica. Doveva trattarsi di qualcuno che stava dietro le quinte, uno che reggeva le fila di nascosto, il tipo che sapeva sempre tutto, tessendo la sua ragnatela, tanto sottile da non accorgersi nemmeno quando ci si rimaneva impigliati. Non che gli importasse di rimanere impigliato: l’aveva sperato per molto. Gli sarebbe solo piaciuto poter conoscere chi l’avesse catturato, in modo da potersi aggrappare alla ragnatela sempre più saldamente.

Si sfregò gli occhi, ancora stanco morto per le levatacce che aveva fatto lavorando giorno e notte all’icona di morte. Era distrutto, vero, ma ne era valsa la pena. Non aveva usato nessun espediente subliminale in quel lavoro; aveva voluto qualcosa che colpisse immediatamente Cripplemaker, che fosse subito percepibile. Effetti a piegatura che creavano l’idea di passaggio da macro a micro erano la cosa migliore; un trucchetto semplicissimo quando si volevano sottolineare bene i dettagli, ma che funzionava sempre con chi non era un esperto. Sembrava che tornassero bambini — se mai chi era nato in una tribù era stato bambino — quando guardavano quei dragoni. E quando questi si muovevano, grazie al codice predisposto che veniva inviato alla Piccola Luna, impazzivano di gioia. Vecchi assassini grinzosi che si contorcevano come marionette. Si poteva condurli dove si voleva.

Strane stelle gli pulsavano davanti agli occhi, mentre se li sfregava. Non era il momento di brontolare: bisognava sopportare ed essere pronti ad affrontare la vita. Si tolse le mani dagli occhi, asciugandosi una lacrima sulla guancia. Sbatté gli occhi e scrutò tra le nuvole. Non era là, almeno non questa volta. Forse si era finalmente stancata di restare sospesa come una luna fuori dalla sua orbita e probabilmente si era decisa a raggiungere gli altri angeli nelle loro peregrinazioni. Era scomparsa, e Axxter aveva provato una strana sensazione scoprendolo: da un lato una certa soddisfazione, dall’altro una strana tristezza. Ma… eccola comparire di nuovo, una sfera distante, una figura accanto al sole. Era piuttosto coraggiosa a ciondolare là fuori, vicina alle grinfie di qualche annoiato guerriero della Folla. A loro non piace sparare senza avere un bersaglio a disposizione.

Il suo stomaco stava meglio. Ci si poteva abituare a qualunque cosa purché si fosse pagati. Si sganciò dal cavo di transito e si diresse verso la tenda.

Ancora prima di entrare sentì che il guerriero stava russando profondamente. All’interno, in una luce soffusa, vide che le sue mani erano appoggiate sulla pancia e che con le unghie sporche stava grattandosi qualche prurito. Il viso coperto dalla barba sembrava quello di un bambino e il sorriso che vi era stampato rivelava i suoi sogni piacevoli. Axxter non voleva nemmeno sapere cosa gli passasse per la testa: era senz’altro qualcosa di disgustoso.

Un odore chimico, lo stesso dell’alito del guerriero, aveva invaso la tenda. Axxter urtò con un ginocchio una bottiglia che cominciò a girare rumorosamente. Un po’ di liquido rosa si mosse sul fondo quando la raccolse. Stava per buttarla fuori dalla tenda, quando si rese conto che c’era qualcuno alle sue spalle con la testa appoggiata alla trave portante.

— Che gran vecchio compagno! — Disse il Generale Cripplemaker osservando il guerriero che dormiva. S’accoccolò vicino ad Axxter appoggiando una mano al pavimento della tenda per mantenere l’equilibrio. Con le nocche dell’altra mano sfiorò la barba del guerriero, che emise strani suoni e sollevò un braccio, come per scacciare una mosca fastidiosa e invisibile.

Cripplemaker annuì. — Questo vecchio figlio di puttana… — e continuava a guardare l’uomo — …è stato uno dei miei primi istruttori. Mi ha spremuto come un limone… cazzo se l’ha fatto. Un’occhiata ad Axxter, quasi timida, imbarazzata nel rivelargli quel suo aspetto sentimentale. — Alla fine del corso ha violentato il dieci per cento della classe, i peggiori; e di questi ha violentato e mangiato il peggior un per cento. — Gli occhi del Generale si fissarono con fervore su Axxter. — Non puoi immaginare il desiderio di emergere che si prova!

— Be’… credo di sì. — La mano di Cripplemaker afferrò il polso di Axxter, stringendolo così forte da fargli scricchiolare le ossa. Egli si chiese impacciato cosa significasse quel gesto. In quel momento, notò che il Generale era tutto vestito di nero, un abbigliamento adatto a spie o assassini che si aggirano nel buio. Ogni volta che aveva visto il Generale in precedenza, questi indossava una doppia fila di medaglie sul petto.

— La tradizione… è importante, lo sai. — Il Generale guardò di nuovo la figura addormentata e aveva le narici così dilatate che pareva potesse inalarsi tutto il guerriero. — Non c’è nulla che potremmo fare senza la tradizione. Non saremmo nulla senza… non saremmo guerrieri, solo una folla portata dal vento che verrebbe presa a calci nel culo da qualunque mezza calzetta si trovasse sul muro. — La voce del Generale era diventata più calma e sicura, più vibrante. I suoi occhi tornarono a posarsi su Axxter, come scintille in due piccole fessure. — Ecco perché il lavoro che ti abbiamo affidato è così importante. Quest’uomo… — lasciò il polso di Axxter e sfiorò teneramente i capelli del guerriero — quest’uomo rappresenta la storia della tribù; lui è la nostra storia.

Axxter tenne la bocca chiusa. Aveva già sentito quel racconto quando Cripplemaker gli aveva affidato la commissione… non aveva proprio idea del perché gliela stesse ripetendo.

— Mi capisci?

— Be’… certo — Axxter scrollò le spalle. — Voglio dire… è per questo che ho passato tanto tempo a sentire le storie che mi ha raccontato. — Non ho intenzione di ascoltare ancora questa merda… pensò, sforzandosi di non dirlo ad alta voce. — Tutte le campagne, la grande marcia, le battaglie… insomma, tutto questo genere di roba. — Cristo, cosa cazzo d’altro gli aveva raccontato quel vecchio sadico? Prese il registratore che penzolava vicino alle loro teste. Lo appoggiò al petto e riawolse il nastro. — Sono grandi racconti… voglio dire, è un materiale eccezionale che posso sfruttare benissimo. Volete ascoltare qualcosa? — E porse il registratore al Generale.

— No, no; va bene così. — Il Generale sorrise e gli diede una pacca amichevole sul ginocchio. — Sono certo che hai lavorato sodo.

— Be’… lo faccio sempre quando devo fare un buon lavoro — Axxter sentì che il registratore stava diventando scivoloso: aveva le mani sudate. In qualche modo il Generale aveva inghiottito tutto lo spazio della tenda, tranne quel poco che c’era tra loro. E avrebbe potuto inghiottirsi anche quello in un sol boccone.

— Un buon lavoro… già… — La faccia di Cripplemaker si fece più tesa e la pelle sembrava roccia levigata. Gli occhi spiccavano tra le rughe causate dal sole. — Ma dev’essere più di questo. Un… un lavoro grandioso. Io so che sei in grado di farlo.

Axxter scrollò di nuovo le spalle, come se la sua pelle fosse diventata improvvisamente scomoda e volesse liberarsene. — Be’… grazie. Farò del mio meglio. — Si allontanò leggermente dall’altro, appoggiando la schiena alla tenda.

Le due piccole scintille lo seguirono. — L’intera storia della tribù, ecco cosa devi cogliere — il Generale annuì, sprofondando sempre più nella propria convinzione — e in un solo uomo. — Colpì l’ampia curva della corazza del guerriero. — L’incarnazione vivente di… di una saga! — Questi particolari sprizzavano scintille.

Quel tipo si stava davvero eccitando per quell’affare. Axxter non capiva perché stesse facendo tutta quella scena. I guerrieri “storici” erano un cliché nell’industria grafica. Ogni tribù ne aveva di simili, qualche zoticone che non poteva vantarsi più di niente, se non di un fortunato furto in una delle bancarelle delle Fiere Equatoriali. Saga, che cazzata. Non lo disse ad alta voce, ovviamente, visto che il Generale era tanto eccitato, ma quello era un lavoro di innesto grafico estremamente tipico. C’erano sempre un sacco di dettagli da mettere a punto e Dio sapeva quante storie di guerra si dovevano ascoltare; e solitamente c’erano una cinquantina di pezzi grossi che volevano un posto di rilievo nella grande saga… Eppure Cripplemaker gli aveva risparmiato quell’ultima fase dei preparativi; sembrava che dovesse trattarsi del progetto per un solo uomo.

Forse era questo il motivo per cui gli stava offrendo quello spettacolino, la ripetizione di quel bel discorso. Quell’uomo era un entusiasta, era evidente. Sempre meglio che morire di fame sul muro.

Axxter sentì il tessuto della tenda sfregargli contro la nuca. — Credo… credo che vi piacerà.

Il Generale sorrise. — Non vedo l’ora. Al banchetto… l’avrai già finito per allora?

La solita fretta. Il cliente è sempre in ansia. — Non preoccupatevi. — Se avesse potuto svegliare quel vecchio bastardo rincoglionito che russava e farsi raccontare le ultime informazioni interessanti, avrebbe fatto proprio una bella figura. Aveva chiamato la Chiedi Ricevi alcuni giorni prima, quando Cripplemaker gli aveva commissionato il lavoro, e si era fatto dare un resoconto completo sull’evoluzione storica della Folla Devastante. Segretamente: i clienti di solito non vogliono che si ricerchino all’esterno le informazioni che li riguardano, inclusi i loro insuccessi. Vogliono che siano utilizzate le loro banche dati. — Sarà pronto. Non dovete preoccuparvi. — E diede una pacchetta alla corazza del guerriero, che risuonò come un grigio battito cardiaco sotto il bianco biofoglio. Nessuna preoccupazione: per innestare ogni cosa avrebbe dovuto darsi parecchio da fare, ma aveva già schizzato i pannelli principali e programmato quelli secondari.

Il Generale si alzò e si diresse verso l’uscita della tenda. — Non mollare! — Un largo sorriso e una strizzatina d’occhio che raggrinzì il suo viso come se qualcuno gli avesse messo un dito in un occhio. La nera figura furtiva uscì e raggiunse la presa d’aggancio più vicina.

Cosa diavolo c’era dietro a tutto quello… Axxter si grattò una guancia, riflettendo. Ma non si sforzò molto. Era troppo stanco e aveva gli occhi così pesanti che non avrebbe potuto preoccuparsi d’altro.

Il vecchio guerriero stava ancora russando, grattandosi con una mano la corazza. Era riuscito a togliere il margine del biofoglio; un sottilissimo rivolo rosso filtrò da sotto. Axxter aveva rimosso il vecchio biofoglio dall’armatura e l’aveva sostituito con uno nuovo; era possibile riciclarli e lo si faceva spesso se si aveva un contratto duraturo: si cancellava il vecchio materiale oppure ci si limitava a codificare i nuovi segnali d’animazione se lo schema di base era abbastanza simile a quello che si voleva rifare. Era però impossibile in quel caso. Di solito era un lavoro a buon mercato e i dettagli più delicati tendevano a essere confusi. Inoltre — quello era il problema maggiore — la decodificazione del vecchio biofoglio del guerriero dipendeva ancora dal Consorzio della Piccola Luna ed era pagata dalla DeathPix. Avrebbero anche potuto non essersi accorti che il loro biofoglio era stato rimosso e gettato via, ma se lui fosse stato così stupido da tentare di stipulare un contratto per un ulteriore segnale, quella sarebbe stata la prova inconfutabile che stava fregando loro un cliente. E a quel punto non poteva essere certo che la Folla Devastante l’avrebbe difeso dalla vendetta della DeathPix. Oltretutto, sovrapporre dei segnali a quelli già esistenti era una cosa dannatamente costosa; il Consorzio della Piccola Luna aveva stabilito parcelle proibitive per simili operazioni, proprio per scoraggiare i grafici dal sabotarsi a vicenda e per evitare di crearsi così una pessima reputazione.

Il guerriero tirò su col naso quando Axxter lo scosse. La faccia da bambino invecchiato fece delle smorfie per l’intrusione del mondo esterno nei suoi deliziosi ricordi. — Ehi, forza. Svegliati. — Rendersi conto di quanto fosse stanco aveva reso Axxter snervato. La vecchia barba non gli faceva più paura; voleva solo portare a termine il suo lavoro.

Le dita del guerriero avevano sparso le poche gocce di sangue sulla corazza all’altezza delle costole. Si era lamentato nervosamente, proprio come un bambino, che il nuovo biofoglio “gli faceva il solletico”. Axxter sapeva bene che qualunque terminazione nervosa del vecchio era sepolta così in profondità sotto l’armatura e i tessuti coperti di cicatrici, che questi non poteva avvertire assolutamente nulla.

Devo innestarlo di nuovo. E poi coprirlo con delle bende in modo che il vecchio scemo non possa continuare a stuzzicarlo. Andò a prendere la sua cassetta da lavoro in un angolo della tenda. Fino a quando il suo soggetto era relativamente tranquillo perché addormentato…

Appena Axxter si piegò per cominciare il suo lavoro, il guerriero aprì i suoi occhi giallo-rossi: la barba gli coprì il petto quando sollevò la testa per vedere cosa stesse accadendo.

— Questo è proprio quello che è successo. — Il guerriero annuì. — Esattamente così. Io ero là, l’ho visto, puoi credermi.

— Puoi scommetterci. — Guardò la punta del saldatore che seguiva il contorno del biofoglio. Grandioso; uno stupido aneddoto in meno da dover ascoltare. Il vecchio doveva aver sognato e parlato tra sé, convinto di avergli raccontato ogni cosa. — È stato davvero grandioso.

Axxter continuò a lavorare, mentre il guerriero chiuse gli occhi e sorrise.


Quando chiamò il Consorzio della Piccola Luna e chiese accesso prima ai SERVIZI GRAFICI e poi a INFORMAZIONI (NUOVE e PROSEGUIMENTI), Axxter parlò con la sua impiegata preferita. Da qualche parte ai livelli più alti, dove il Consorzio aveva i suoi uffici sempre in competizione con i loro antagonisti del Sindacato delle Comunicazioni, da qualche parte lassù un corpo ospitava quella voce allegra e un po’ roca. Axxter lo considerò un segno della sua fortuna.

— Ny… come stai? — Nelle sue orecchie risuonò la voce della donna. — Sono secoli che non ti sento. Almeno da… uhm… — Stava controllando i suoi dati, lui lo sapeva bene. — Gesù, saranno almeno un paio di mesi!

— Ho avuto un periodaccio — disse scuotendo le spalle, anche se lei non avrebbe potuto vederlo. — Sai come vanno le cose.

— Povero scemo — la solita solfa che lo uccideva — dovresti piantarla con questa merda e cominciare a fare qualcosa che ti procuri davvero del denaro.

Ogni libero professionista sul muro, fosse uomo o donna, aveva un debole per lei, o meglio, per la sua voce.

Non sapeva nemmeno come si chiamasse, malgrado ritenesse, su basi storico-culturali, che Lauren le sarebbe stato a pennello. — Non preoccuparti per me. Mi aspettano grandi guadagni.

— Cosa? — La voce della donna era triste e allegra contemporaneamente. Aveva già sentito quella frase, da tutti loro. — Spero sinceramente che sia vero. Saresti in grado di farne buon uso.

Ci vollero un paio di minuti per caricare il codice d’animazione. — Accidenti — disse la ragazza quand’ebbe finito — questo è qualcosa di grosso.

Lui non poté trattenersi dal ridere: la donna conosceva tutte le vecchie linee. — Tutti i miei lavori sono grandi, dolcezza. Rispecchiano la mia personalità.

Rise anche lei. — Sii serio, hai davvero un grosso lavoro per le mani?

— Te l’ho detto. — Nelle ultime ventiquattr’ore era rimasto sveglio solo per mettere a punto il codice. E avrebbe potuto dormire solo quattro ore prima di dover incidere gli schemi sull’armatura del vecchio guerriero e sul biofoglio. Tutto questo, dopo ore e ore in cui aveva ascoltato storie di guerra per creare i progetti finali per quel vecchio “pezzo” di storia. Aveva gli occhi pieni di sabbia e ai margini, appena visibili, vedeva danzare strane e confuse figure. L’ultima volta che gli era successo, aveva imparato che, sfregandosi gli occhi, li avrebbe fatti sanguinare. — Questa è una vera svolta per me.

— Mhmm… ci credo. — Il tono della voce della donna si abbassò di un’ottava. — Per chi stai lavorando?

Axxter, malgrado la stanchezza, sentì un campanello d’allarme. — Oh… una nuova tribù emergente. Hanno avuto forti finanziamenti. Capitali dalle alte sfere. — Era meglio essere molto prudenti. Non pensava che lei l’avrebbe fregato — gli avrebbe spezzato il cuore — eppure… Le cose facevano in frettissima a complicarsi se non si stava sempre all’erta.

L’anticipo del Generale Cripplemaker aveva aumentato il suo conto corrente al massimo livello che avesse mai toccato nel corso della sua storia. Guardava i numeri che scorrevano all’indietro ai margini del suo schermo mentre ne trasferiva una cospicua quota al Consorzio. Sufficiente per i costi organizzativi del codice e per la sua trasmissione protetta per il successivo periodo di sei mesi.

— Vuoi che cominci immediatamente?

Axxter scosse il capo. — No, c’è un momento preciso in cui dovrà partire — Cripplemaker aveva già discusso con lui i dettagli del banchetto, fino alla cerimonia di presentazione in cui avrebbero mostrato il vecchio guerriero. La scusa era quella di assegnare al veterano qualche altra medaglia — per l’ottima condotta, per lo scarso assenteismo e per qualcos’altro ancora — ma in realtà volevano rivelare il suo nuovo ruolo. Il megassassino sarebbe stato colpito da un fascio di luce poco prima che l’animazione prendesse vita: un coro di stupite esclamazioni si sarebbe alzato da ogni tavolo. Sapeva bene che con le tribù militari una perfetta messa in scena era fondamentale. Axxter estrasse un pezzo di carta dalla tasca della giacca e glielo lesse. — Proprio in questo preciso istante.

— Sarai servito — La voce della donna si abbassò, divenne un sussurro, quasi un bacio. — Ehi… buona fortuna.

— Già, grazie. — Lei era già sparita, sostituita dal costo della chiamata. Una parte da pagare al Sindacato delle Comunicazioni che aveva allacciato il collegamento all’inizio, il resto al Consorzio che era subentrato una volta che aveva superato l’edificio e aveva raggiunto l’angolazione adatta per poter trasmettere.

Dovresti dormire un po’. Lo sapeva; mancavano più o meno sei ore al banchetto. Stavano già preparando le tende da cerimonia, quando Axxter scivolò fuori dall’accampamento e si allontanò a bordo della sua Norton per poter stare un po’ da solo. Cripplemaker voleva che lui fosse là come ospite d’onore. Ovviamente, con qualche limite: senza uccidere qualcuno non si poteva mai avanzare molto agli occhi delle tribù. Le alte sfere, comunque, avevano un certo rispetto per gli artigiani.

Distrattamente, si sfregò gli occhi, ma vide con sollievo che le sue dita non erano macchiate di sangue. Desiderò non aver fatto un lavoro di precisione così accurato, terminando il codice e trasmettendolo. Aveva dedicato gran parte delle ultime ore a rifinire e perfezionare della dannata merda che non si sarebbe potuta vedere senza un sofisticato microscopio. Ben distante dal livello di percezione di un pubblico grezzo come quello. Lascia perdere, e vedi di non farteli scappare. Il grande colpo, la svolta.

Dormire. Non gli restava che accovacciarsi nel suo sidecar e programmare il suo nervo ottico perché lo svegliasse dopo circa cinque ore. Aveva un sacco di tempo.

Ma sapeva che non sarebbe mai riuscito ad addormentarsi. Era troppo agitato. E l’eccitazione era più forte della stanchezza.

Avrebbe potuto uscire dal proprio corpo… aveva il denaro necessario. Valutò l’idea di fare una breve visita alla sua fidanzata, ma decise che non era il caso. Non voleva che il suo umore venisse minato dalle sue solite menate.

Oppure avrebbe potuto rivolgersi a Guyer, dovunque fosse sul muro. Sarebbe stato carino. Si paga, ma si ha qualcosa di… davvero piacevole.

Stava riflettendo, combattuto su quello che avrebbe dovuto fare, quando gli si illuminò una lampadina.

Chi sogna il nulla resta sempre spaventato…

Uno di quei maledetti consigli che erano stati programmati dal proprietario precedente.

…come chi denuncia colpe private, ma non si aspetta alcun riconoscimento per i suoi meriti.

Cristo, che cazzo voleva dire? Lasciò che quel discorso proseguisse.

Simili persone sono meravigliosamente superstiziose quando osservano ogni minimo fatto che accade loro; e la loro superstizione li tormenta con la forza di mille furie. Mai in questo mondo potranno godere di un giorno felice finché ne saranno schiavi. Le orecchie di questi individui non potranno mai udire davvero, o il loro naso prudere e gli occhi brillare: il loro destino è nelle mani della superstizione e fino a quando non saranno capaci di liberarsene saranno degli infelici e dei miserabili.

Le parole scivolarono via, nel silenzio. Bene, vaffanculo… lo avevano lasciato stordito.

Accucciato vicino alla sua moto e agganciato a uno dei cavi di transito, lasciò vagare lo sguardo attraverso il cielo scuro. Lei era là, l’angelo; poteva vederla in lontananza. Gli ultimi raggi del sole che si dirigeva verso l’altra parte del mondo la illuminavano ancora: come una piccolissima luna di cui ricordava ancora il viso.

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