CAPITOLO 14 QUANDO COSTRUISCO SONO CONTENTO DI ME STESSO

Ma noi siamo spiriti di un’altra sorta.

Shakespeare, SOGNO D’UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE.


Viaggiando così, lentamente, arrivammo in una zona dove l’aria aveva un odore di sale e di alghe, come succede talvolta a Nuber o nelle nazioni orientali dove il vento soffia dall’Atlantico, l’oceano che nessuno attraversa più, adesso, e forse ancora nessuno attraverserà per molto tempo; ma qui, nel posto dove la Penn non ha confine, dove il noto e l’ignoto si uniscono, senz’altro segno di contatto che l’unirsi delle onde del mare, il vento soffiava da sudovest, ed era caldo. — Forse una palude salata, — disse Bosco. — Ma posso dirvi che è molto simile all’aria che sentivo vicino alla costa del Mare d’Acqua Dolce che non è dolce, la zona dei terremoti nel Moha occidentale. Direi di essere proprio là, se non sapessi che siamo tanto più a sud.

Era la costa del mare interno; nient’altro poteva essere così immenso e soverchiante con quel senso d’eternità… eppure era nuovo, formato dall’affluire delle acque là dove fino a tempi recenti c’erano state terre coltivate, foreste, città, strade. Nuovo e vecchio… nei millenni andati, ci aveva detto Demetrios, un oceano poco profondo aveva coperto quella terra per secoli incommensurabili. Eravamo già a sud e a ovest della Penn, forse. Demetrios aveva detto che non saremmo passati dalla città di Alberedo. Quando Nod gli chiese come faceva ad esserne così sicuro, la risposta del vecchio fu dubbiosa. Egli disse che il suo viaggio (doveva intendere il viaggio di noi tutti) conduceva attraverso il tempo e non solo attraverso lo spazio.

— È così anche il viaggio di una roccia, — disse Wynken, — quando la terra, girando, la porta con sé, e l’orbita della terra si muove con la galassia. — Demetrios la guardava con bontà e un po’ di divertimento. Wynken non piace a tutti, ma erano diventati amici intimi. Demetrios l’avrebbe portata volentieri, quando le sue gambe minuscole si stancavano, ma in quei giorni non ne aveva la forza; gli altri erano appesantiti dagli zaini e dal resto.

— Fatti portare da Brand, — diceva Angus, e qualche volta Wynken lo faceva, gli stava in groppa per brevi tratti, e il cane grigio camminava orgoglioso e ridente, con la lingua penzolante da un lato della bocca.

Ma arrivati sulla costa, ci fermammo. C’era una città deserta, e l’antica strada che aveva portato fin lì la Compagnia scendeva nel mare. Non c’era nessuno. Una piazza vuota, quasi tutte le case crollate, alcune coperte da rampicanti, i vecchi cartelli indicatori che penzolavano. Oltre la piazza abbandonata, in una zona aperta, un tempo asfaltata, dove numerosi semi avevano sfruttato le crepe per crescere — credo che nel Tempo Antico venisse chiamata parcheggio — ebbene, in quello spazio aperto e desolato arrivavano le acque, mormorando, crestate di bianco.

A occidente il mare si incontrava con l’orizzonte, sebbene a sud dì quell’arco, un rialzo di azzurro nebuloso suggerisse la presenza della terraferma. Il sole splendeva, dalle nostre spalle, su quell’isola appena accennata, perché eravamo arrivati in quel luogo a metà mattina. Vedemmo la luce forte toccare qualcosa che poteva essere una scogliera a picco o una cascata, e Demetrios la descrisse ad Angus. Poi si allontanarono, e io li vidi fermarsi proprio al limite delle piccole onde. Demetrios parlava ancora, ma a voce troppo bassa perché potessi udirlo, con il braccio sinistro intorno alle spalle di Angus, e l’altra mano, che impugnava il bastone, indicava qua e là… ma era con turbamento e tenerezza; ed è vero che quell’isola a sud era così lontana da noi che si sarebbe detto che solo un sogno potesse raggiungerla.

In precedenza, quel mattino, eravamo passati davanti a un vecchio tabellone indicatore con parecchi nomi, seguiti da numeri che indicavano le distanze, e mi sembra che uno di essi fosse Aberedo. Eppure Demetrios non ne parlava, e guardava le rovine di quella città senza mostrare di riconoscerla o di soffrirne; e chiese a Garth — forse all’inizio soltanto per scherzo — se sapeva costruire una barca.

— No, uomo Demetrios, — disse Garth, serio come sempre, — ma se tu mi dici come si fa, e se è di legno e nessuno mi fa fretta, credo di poterci riuscire.

— Settembre si sta avviando verso l’inverno, — disse Bosco. — Un paio di mesi, è probabile. Il riparo d’una casa, anche una di quei ruderi, farebbe comodo, se per costruire la vostra barca ci vorrà tempo fino ai grandi freddi.

— Si potrebbe riparare una casa per viverci, — disse Nod. — Caso mai fossimo ancora qui quando viene freddo, e adoperare le altre come legname per costruire la nostra barca.

Egli disse «nostra»; Bosco aveva detto «vostra»; probabilmente lo notò tutta la Compagnia.

Discutemmo tranquillamente l’idea, durante il pranzo allietato dalle mele colte nel frutteto di qualcuno morto da tanto tempo, dove ci eravamo seduti, protetti contro il forte vento umido dell’oceano. Sembrava una buona idea: pratica, ragionevole, e abbastanza folle da risultare interessante. — Se il mio bambino nasce in mare, — disse Eve che era stata Solitaire, — vivrà a lungo e non correrà mai pericoli nella tempesta. È una vecchia superstizione di Lowelltown, no?

— Di’ quanto è antica, — disse Wynken.

— Di un giorno. Me l’ha inventata Blynken ieri, mentre cucinavamo la pancetta e confrontavamo le nostre pance.

— Tante, tante ore fa, — disse Blynken. — La mia è più grossa della tua.

— Pooh!

— Non posso farne a meno, — disse Nod. — Amo tutte queste donne. Bene, sono favorevole alla barca. Avremo bisogno di carne affumicata. Io andrò a caccia, mentre Garth costruisce.

— Abbiamo bisogno di un’isola. Demetrios e io ne stavamo parlando quando Frankie ha fatto scappare i puma.

— E ha cavalcato quello grosso, facendogli fare tre volte il giro del prato, — disse Frankie. — Non dimenticarti questo particolare.

— L’isola che vediamo da qui, — disse Demetrios, — non è molto lontana. Forse ce ne servirebbe una ancora più in là. Se deve essere un’altra repubblica… un altro tentativo di creare una repubblica, avrà bisogno di crescere per un po’, senza che gli estranei, preoccupati, cerchino di distruggerla. — Guardò il Professore, che di solito era pronto a confermare o a smentire il buon senso delle sue osservazioni; il Professore annuì. — La nostra isola non deve essere troppo facile da scoprire, — disse Demetrios, — e abbastanza grande da sostentare alcune centinaia o migliaia d’anime con il gusto per l’amore e il gusto per l’intimità.

Così fu deciso — sebbene Bosco ci tenesse a dichiarare che non gliene importava niente in nessun caso — di costruire una barca.

Garth esaminò la sparuta struttura grigia che ci riparava dal vento del mare, e Frankie gli stava vicino, nel caso che avesse bisogno dell’Accetta. Prese a calci le tavole, bussò alle pareti. — Qui ci si può vivere, — disse. — E qui e altrove troveremo il materiale per la barca. — Poi egli e Frankie entrarono per studiare travi, sostegni, pavimenti, le condizioni del tetto, mentre noi esploravamo la città.

Demetrios fu attratto da un mucchio di rifiuti, dove scorse su un cartello carbonizzato le lettere FERRAMENTA. Lo smosse con il bastone di noce, scoprendo un martello arrugginito ma non rovinato, con il manico metallico, ancora fasciato di una stoffa a noi sconosciuta. Il negozio di ferramenta doveva essere bruciato prima che finisse il saccheggio, e il suo tesoro era rimasto sepolto sotto l’intonaco, le macerie e il legno carbonizzato. Bosco e Nod ci aiutarono. Ci sporcammo tra quelle macerie, ma trovammo due seghe a mano ancora coperte di cera, alcuni barili di chiodi, un’ascia a doppio taglio, un succhiello con una scorta di punte, una pialla. Naturalmente c’erano anche utensili molto più complicati; Demetrios disse che erano elettrici e li buttammo da parte.

Tornando alla nostra casa con giardino, trovammo Garth e Frankie già impegnati nei lavori. La stanza d’ingresso aveva un’enorme finestra di vetro molto spesso, sorprendentemente intatta. Altre finestre, sventrate e desolate, potevano venire chiuse con qualche tavola, per difesa contro i venti invernali, e dalla grande finestra del Tempo Antico potevamo guardare l’oceano che cambiava al calar del sole. Il comignolo era solido, il camino nella stanza principale era abbastanza grande per poterci far cucina, e lì c’era posto anche per dormire. Notammo tracce di ratti, ma dopo che Brand ebbe passato un paio di notti a correre per la casa, non sentimmo più fruscii nelle pareti.

Garth, quando ebbe il bottino che gli avevamo procurato nel negozio di ferramenta, fu un uomo felice. La sua felicità si irradiava attorno a lui, come una luce, investendo Blynken d’una particolare radiosità. — Con questa roba si può far molto, — disse Garth. — Quando costruisco, sono contento di me stesso. — Più tardi, quando si fu fissato un programma di lavoro, e il mite inverno portò giorni di pioggia durante i quali non poteva lavorare alla barca, Garth ci fece altre piccole sculture, che a lui non sembravano affatto meravigliose. Per Blynken scolpì un cigno con le ali sollevate, ed ella disse, quella stessa ora, di sperare che Garth sarebbe stato il padre di un suo altro bambino. Noi siamo così: spero che la nostra disinvoltura continui quando il modo di vivere diventerà più complicato, come immagino debba essere.

Anche Frankie splendeva di soddisfazione, quel primo giorno nella città che probabilmente non era Aberedo, quando fu deciso che certi ganci fissati alle pareti della cucina del Tempo Antico venissero consacrati ai preziosissimi utensili, e che proprio lui dovesse diventare il custode, autorizzato a strillare con quelli che avessero dimenticato di rimetterli a posto dopo averli adoperati… e ben puliti. Angus posò le mani sulle spalle di Frankie e anche se intendeva farlo per scherzo, lo disse in tono solenne: — Da oggi voi siete Custode degli Utensili.

… E quello è più o meno il modo in cui da allora abbiamo usato l’antico «voi»… per enfasi, o in speciali eventi solenni come quello, o in quelle occasioni sorprendenti in cui due o tre persone (magari anche di più, ma non so se sia mai successo), non spinte dal desiderio o dall’egoismo, possono entrare le une nelle vite delle altre, sia pur brevemente, facendolo con amore e senza paura. Può succedere anche senza parole, ma non con grande profondità, perché le parole le parole adatte, che si sentono di rado — sono diverse da ogni altro tipo di abbraccio. È per questo che il Professore mi turba, sebbene lo ami teneramente; ma sull’isola di Peranelios (che abbiamo chiamato cosi perché l’invenzione viene dalle storie di Demetrios) noi non violiamo mai l’intimità di un altro con suggerimenti sul modo in cui dovrebbe fare questo e quello. Sì, la vostra romanziera è corsa avanti di parecchi passi, anche se è una cosa puerile. Chiedo scusa. Avevo solo cominciato a dire che quella di Custode degli Utensili non è una posizione di poco conto, e nessuno avrebbe potuto occuparla, negli anni, meglio di Frankie.che deve ancora scrivere il suo primo libro; ma aspettate un po’.

La barca che Garth si era accinto a costruire poteva essere solo una dignitosa zattera con una vela, una deriva, un timone, una cabina. I nostri utensili e le nostre conoscenze non ci permettevano di modellare le lunghe curve grandiose di una vera nave. Non importava… dopo le prime prove capimmo che avrebbe fatto il suo dovere. Bosco diceva che non sarebbe rimasta a galla. La varammo, molto incompleta — era poco più di una piattaforma — per risolvere alcuni problemi del timone e della deriva, e parecchie volte, anche, prima che Garth fosse soddisfatto dell’assetto dell’albero; ma Bosco non era convinto. Non avrebbe retto il peso della cabina, diceva, né di tutta quella gente.

Ma il vero guaio, Bosco ce l’aveva dentro. Non voleva andare da nessuna parte, almeno non con noi. Finalmente ci pensò Angus, dopo che il resto della Compagnia, Bosco compreso, aveva perso tempo e fatica a rimuginarci sopra: sapete bene, a parlottarne in segreto negli angoli, a fare gli offesi e così via. Una sera, Angus sedette vicino a Bosco (faceva ancora abbastanza caldo, e mangiavamo in giardino, qualche volta) e disse: — Tu non ci tieni davvero a venire all’ovest con noi, vero, Bosco?

— Per essere proprio sincero, — disse Bosco, — non ci tengo. Ma non volevo abbandonarvi.

— Preferiamo lasciarti andare, piuttosto che portarti dove non vuoi, — disse Angus, e aggiunse con quel suo tono serio, come se lo pensasse davvero: — Sentiremo la tua mancanza, naturalmente.

O forse lo pensava davvero. Forse ci vuole un Aristocratico per metterci abbastanza burro, mai troppo, però, così non capisci mai se c’è o non c’è. Per esempio, egli non imburrava mai Demetrios, perché lo amava, e neppure me, perché sapeva che me ne sarei accorta. Forse di tanto in tanto con l’impaziente Nod, per calmarlo, e con Garth (meno sveglio ma più suscettibile), solo perché ci teneva che Garth fosse contento: ditemi una ragione migliore, se la conoscete.

— Visto che la metti così e non mi serbi rancore, credo che farò meglio ad andare, — disse Bosco. — Vedi, è per quella faccenda dei Nomadi di Gammo. Se sono andati all’ovest da quella città di cui ci ha parlato T.S., non possono essere arrivati lontano. L’oceano e le terre spopolate non attirano i nomadi, perché gli piace trovarsi in mezzo alla gente tra un giro e l’altro, vendere qualcosa e divertirsi. E comunque, ho l’idea fissa di trovare il Capo Gammo. Neanche tanto per via che potrebbe essere mio padre, ma perché gli devo una battuta. Anche se adesso deve avere passato i settanta, sarà sempre carogna lo stesso, e dovrò… beh, pestarlo un po’. Naturalmente non ne farò niente, se non sarà capace di tenermi testa.

Perciò la mattina dopo, sul presto, Bosco si congedò, ricevendo piccoli doni da tutti, e con l’arco che gli aveva fatto Garth, e un paio di sandali di daino tagliati e annodati da Nod, e così via: tutti gli demmo qualcosa. Mentre tutti gli altri erano occupati a fargli gli auguri, io sussurrai a Frankie di andare a dare un’occhiata agli utensili, e lui andò, e tornò indietro a dirmi che era tutto in ordine, perché?; anzi era un po’ irritato con me, sebbene mi amasse tanto e mi ami ancora (Oh, adesso è venuto fuori!) — Cosa credevi, Wynken? — disse il mio Frankie, il mio Cervello della Banda. — (Ma non per la vostra astuzia; per la mia, la mia.) — Oh, beh, — gli dissi. — Così.

Soltanto a sera, quando Bosco se ne era andato da un pezzo per tornare al suo modo di vivere, Angus si accorse che gli mancava l’orologio.

— Devo averlo lasciato sulla Roccia di Billy quando sono andato a nuotare ieri, — disse Angus, pur sapendo che non era mai così distratto. Avevamo una piccola spiaggia, che quell’oceano apparentemente pigro ci aveva riempito di sabbia, e Angus amava correre a tuffarsi là, anche quando l’aria era diventata troppo fredda per tutti noi. Vicino al bordo della spiaggia, la statua di un signore chiamato William Penn era caduta, oppure era stata spinta giù: quella era una zona di terremoti. Adesso il vecchio è là sdraiato e guarda il cielo con benevola perplessità.

Andai con Angus, per aiutarlo a cercare. Egli passò la mano sul piedestallo, io frugai qua e là; quando rinunciammo, egli si sedette e rise. — Oh, quel maledetto bastardo! — disse, e rise ancora, ma lo faceva per nascondere il fatto che piangeva… Angus piange abbastanza facilmente; credo che sia meglio, piuttosto che covare un’infelicità frustrata. E io capii che era perché Demetrios, quel pomeriggio, s’era lasciato sfuggire una parola durante un attacco della malattia. Voleva dire, o almeno Angus l’aveva interpretato così, che Demetrios sentiva che non sarebbe vissuto per partire con noi, quando la barca fosse stata pronta.

— Lui ha vissuto in due mondi, — dissi io. — E ne ha avuto piacere.

— Tu vedi dentro di me. — (Beh, la natura umana è il mio paese… devo vedere dove vado.) Poi Angus si batté un pugno sul ginocchio, angosciato. — Due mondi… perché non tre? Perché non può vivere tanto da vedere il terzo mondo che vuole per noi, la repubblica? È il suo sogno: tutti noi ci limitiamo a seguire alla cieca quello che lui vuole dire… tranne te, forse.

— Stai cercando la giustizia nella natura?

— Una volta sì, — disse lui. E smise di piangere. — Ha detto, vedi, quando i dolori l’avevano lasciato, ma era esausto, stava quasi per addormentarsi, credo, e forse non sapeva che ero seduto vicino a lui… Ha mormorato qualcosa a proposito di Mosè.

— Forse voleva dire solo che tutti i profeti sono come Mosè, perché la terra promessa è sempre un po’ più lontana. — Non mi rispose, ma mi prese la mano e se la portò alla gola, una sua abitudine, e così io sentii le pulsazioni del suo buon sangue. — La terra promessa, quando ci si arriva, dà sempre qualche grattacapo.

— E non lo so, amore? Ma a lui piacerebbe occuparsene. Gli piacerebbe vedere… ah, vado a fare un tuffo. — Saltò in piedi e si liberò dei vestiti. — Vieni con me?

Era freddo ma ci andai lo stesso… perché lui è un bel pezzo di ragazzo così caro, immagino, con i capelli brunorossicci e la sua figura da angelo Raffaele, e non volevo lasciarlo. Ci tuffammo e nuotammo un po’, e ci asciugammo nella brezza, e facemmo l’amore. Solo nei modi che Angus permise, perché aveva paura per me.

È vero che per una nana sarebbe un rischio, senza chirurghi in giro per praticare un taglio cesareo. Eppure avevo avuto un parto facile con la bambina di Nod — era morta di malattia — e avevo corso lo stesso rischio con quella gravidanza, perché ci hanno detto che i nani possono avere figli normali. Ma Nod e io non abbiamo, in proporzione le gambe corte e la testa grossa non potremmo essere qualcosa di nuovo? Vorrei che fosse così… e persino Demetrios, poi, un pomeriggio in cui il suo male gli dava un po’ di tregua, non disse di augurarsi che la Repubblica potesse avere molta gente come Nod e me? E non cominciammo subito a pensare a case dove grandi e piccoli potessero vivere insieme e starci comodi?

Era così minuscola, la mia bambina che visse tre mesi, e di proporzioni così perfette…

Avevo latte per lei, in abbondanza. La uccise la difterite… una delle malattie sconfitte nel Tempo Antico che non tornerà più.

L’aria selvaggia di Nod è bella e accende in me una scintilla, ma mi piace anche la gentilezza. Angus è dolce. Eve, che era stata Solitaire, ci sorrise senza malizia, nella sua giovane maternità, quando tornammo a casa, più tranquilli e consolati.

Nella prima parte dell’inverno lavorammo sulla nostra nave, seguendo le istruzioni di Garth. Nella Penn meridionale, se eravamo lì, l’inverno porta aria più fredda per qualche mese, ma senza quelle gelate tremende che ci aspettavamo a Lowelltown in dicembre e gennaio. Piove molto, non nevica quasi mai. Non sapevamo cosa adoperare per la vela; Demetrios ci avvertì che le coperte di lana non sarebbero andate bene, perché assorbivano l’umidità invece di respingerla. Pensammo di mandare qualcuno per la strada da cui eravamo arrivati, fino all’ultima cittadina che avevamo passato, per comprare stoffa di lino; ma era un posto piccolo e misero, e probabilmente non aveva niente da offrire, e Angus non voleva dividere la Compagnia.

Angus non poteva lasciare Demetrios. Aveva promesso al suo amico un servizio che nessun altro poteva o doveva compiere. Me lo confidò, e poiché mi autorizza a scriverne, gli altri lo sapranno (forse senza troppa sorpresa) quando leggeranno ciò che ho scritto qui, quindi molto più tardi.

In quanto alla vela, cucimmo insieme i nostri indumenti, e tagliammo le coperte per farne stracci di vestiti. La cabina della nave era abbastanza solida per conservare il nostro calore e per darci riparo; probabilmente avremmo navigato in una regione di calore tropicale. A tutti noi piace star nudi, ed eravamo giovani.

Il Professore (giovane? beh, sì, davvero, in tutto quello che conta) passava gran parte del tempo con il nostro amico, studiando la sua faccia, mentre il liuto faceva musica per lui, sapendo (spesso senza che Demetrios dicesse niente), quale tipo di musica il vecchio preferiva ascoltare. Passava improvvisamente dalla gioia al dolore, o viceversa, o dalla semplicità a un contrappunto così sottile che Demetrios aggrottava la fronte felice, seguendolo… e tutto questo in risposta a qualche messaggio di Demetrios che a noi era sfuggito. E qualunque fosse il cambiamento d’umore, Demetrios annuiva soddisfatto, e prendeva parte al viaggio fino a quando il dolore colpiva di nuovo distruggendo la possibilità del piacere.

Non ho il coraggio né il desiderio di scrivere delle sofferenze di Demetrios, né delle mille indegnità che accompagnano una lunga morte, se non per dire: le sopportò, finché venne il momento in cui poté dire al suo amato che non voleva più sopportarle. Parlò una volta sola, placidamente ma con un certo disprezzo, delle abitudini agli eufemismi del Tempo Antico, quando ci si avvolgeva nel conforto per difendersi dalla realtà della morte e della sofferenza e della fine. E una volta, mentre Garth e Frankie e il Professore ed io eravamo con lui, disse: — Non ho niente di complicato da dirvi sulla morte. La morte è necessaria, come la nascita; morire è spiacevole, e non è importante. A parte questi truismi, questi piccoli commenti ovvi… oh, non c’è niente che valga la pena di dire; è la vita che parla. Suonaci un po’ di Mozart, Professore… era un brav’uomo gaio che sapeva piangere.

Venne un caldo giorno di marzo in cui, per tacito accordo, lasciammo Angus solo con lui, e indugiammo fuori di casa, talvolta guardando la nostra barca pronta, che tirava l’ancora, spinta da una brezza dall’est.

Forse vi chiederete alcune cose. Scrivo nell’anno in cui la bruna figlia di Demetrios, la figlia dì Eve, ha sette anni. La figlia di mia sorella nacque due giorni dopo: è bionda e vivace, e piccolina come Nod e me.

Come ho accennato molto più indietro, tomai a fare una visita alle nazioni orientali Viaggiai sicura, insieme a Garth e a Frankie, che era cresciuto parecchio. Passammo qualche giorno a Nuber. Madam Estelle era morta. Babette tornò con noi, portando il Diario, i quadri di Shawn, e qualche altra cosa preziosa. Fu bello ritornare; è bello scoprire la fine di questo libro, e volgere i miei pensieri ad altro. Fra poco sarà sera, e Miranda, la figlia di Eve, andrà a caccia di lucciole.

Là, mentre guardavamo il Mare Interno, non provammo la necessità di pronunciare un addio, perché ultimamente ogni volta che eravamo stati con Demetrios era stato un addio: ed egli lo sapeva. Dopo un’ora o due, Angus uscì dalla casa e sedette al suolo, e quando Eve andò da lui, raccolse una manciata di terra e se la lasciò scorrere tra le dita.

Poi mi disse che Demetrios aveva chiesto di noi, uno dopo l’altro, se eravamo di buon animo e in pace con noi stessi. — E poi mi ha detto, — raccontò Angus, — che il dolore aveva vinto sulla gioia di vivere, e quindi era il momento di fare quello che avevamo concordato. E ha detto… com’è possibile, Wynken?… ha detto che nel breve tempo che siamo stati insieme egli ha conosciuto più gioie del corpo e della mente di quante, a sua conoscenza, molti uomini avessero ammassato in una vita intera. Può essere vero, Wynken? — mi chiese, come se lo sapessi. Non so in quanti sensi può essere vero. Ma io penso, e lo dissi ad Angus, che era certamente l’aspetto della verità che Demetrios accettava.

Poi Angus aveva baciato il suo amico, e gli aveva messo un cuscino sulla faccia e l’aveva tenuto fermo fino a quando era finita, perché era quella la morte che aveva chiesto Demetrios, dicendo che non avrebbe sofferto, per mano di Angus, e augurandosi che in seguito Angus fosse libero di dirci tutta la verità o no, come riteneva opportuno.

Avevamo pensato di seppellirlo in mare. Ma la buona barca di Garth ci portò, più rapidamente di quanto avessimo previsto, all’isola che avevamo visto dalla terraferma. Era solitaria e piccola, una chiazza di foresta innocente. Non era un posto per fondarci la repubblica, ma potemmo fermarci lì, prima di ripartire e trovare l’isola che avremmo chiamato Peranelios, dove finisce questa parte della storia. E ci piacque seppellire là il corpo di Demetrios, presso una vite selvatica che lo avrebbe accettato e che ad ogni stagione avrebbe dato frutti al sole.


FINE
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